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PREGHIERE DI S.AGOSTINO

Ultimo Aggiornamento: 19/09/2019 11:30
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31/01/2012 09:57
 
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Il canto della lode

Accetta l'olocausto delle mie confessioni dalla mano della mia lingua, formata e sollecitata da te alla confessione del tuo nome. Risana tutte le mie ossa, e ti dicano: "Signore, chi simile a te?". Chi a te si confessa non ti rende nota la sua intima storia, poiché un cuore chiuso non esclude da sé il tuo occhio, né la durezza degli uomini respinge la tua mano, bensì tu la stemperi a tuo piacere, con la pietà o la punizione; e nessuno si sottrae al tuo calore. La mia anima ti lodi per amarti, ti confessi gli atti della tua commiserazione per lodarti. L'intero tuo creato non interrompa mai il canto delle tue lodi: né gli spiriti tutti attraverso la bocca rivolta verso di te, né gli esseri animati e gli esseri materiali, attraverso la bocca di chi li contempla. Così la nostra anima, sollevandosi dalla sua debolezza e appoggiandosi alle tue creature, trapassa fino a te, loro mirabile creatore. E 11 ha ristoro e vigore vero (5, 1, 1).

Ovunque sei presente

Vadano, fuggano pure lontano da te gli inquieti e gli iniqui. Tu li vedi, ne distingui le ombre fra le cose. Così l'insieme risulta bello anche con la loro presenza, con la loro deformità. Che male poterono farti? dove poterono deturpare il tuo regno, se è giusto e intatto dall'alto dei cieli fino ai lembi estremi della terra? Dove fuggirono fuggendo dal tuo volto? in quale luogo non li puoi trovare? Fuggirono per non vedere la tua vista posata su di loro e urtare, accecati, contro di te, che non abbandoni nulla di ciò che hai creato: per non urtare contro di te, e ricevere l'equo castigo della loro iniquità. Si sottrassero alla tua mitezza per urtare nella tua giustizia e cadere nella tua severità. Evidentemente ignorano che tu sei dovunque e nessun luogo ti racchiude, che tu solo sei vicino anche a chi si pone lontano da te. Dunque si volgano indietro a cercarti: tu non abbandoni le tue creature come esse abbandonano il loro creatore. Se si volgono indietro da sé a cercarti, eccoti già lì, nel loro cuore, nel cuore di chiunque ti riconosce e si getta ai tuoi piedi, piangendo sulle tue ginocchia dopo il suo aspro cammino. Tu prontamente ne tergi le lacrime, e più singhiozzano allora e si confortano al pianto perché sei tu, Signore, e non un uomo qualunque, carne e sangue, ma tu, Signore, il loro creatore, che le rincuori e le consoli. Anch'io dov'ero quando ti cercavo? Tu eri davanti a me, ma io mi ero allontanato da me e non mi ritrovavo. Tanto meno ritrovavo te (5, 2, 2).

Dio degli umili!

Tu sei grande, Signore, e volgi lo sguardo sugli umili, mentre gli eccelsi li vuoi conoscere da lontano e solo ai cuori contriti ti avvicini; non ti riveli ai superbi neppure se con la loro curiosa destrezza sappiano calcolare le stelle e l'arena, misurare gli spazi siderei ed esplorare le piste degli astri (5, 3, 3).

Felice chi conosce Dio

Signore, Dio di verità, basta la conoscenza di queste cose per piacerti? Infelice davvero chi conosce tutte quelle e ignora te; felice chi conosce te, anche se ignora quelle. Chi poi sa e di te e di quelle, non per quelle è più felice, ma per te solo felice, se, oltre a conoscerti, ti glorifica per ciò che sei e ti ringrazia, anziché disperdersi nei suoi vani pensieri. Chi sa di possedere un albero e ti è grato di goderlo, sebbene ignori i cubiti della sua altezza o la sua estensione in larghezza, è migliore di chi lo misura e ne conteggia tutti i rami, però non lo possiede né riconosce il suo creatore né lo ama. Così all'uomo di fede il mondo intero con i suoi tesori appartiene; forse non ha quasi nulla, eppure tutto possiede perché unito a te, padrone di tutto. Non importa se nemmeno conosce i giri delle Orse: solo uno stolto dubiterebbe che non sia in ogni caso migliore di chi sa misurare il cielo, enumerare le stelle, pesare gli elementi, però fa nessun conto di te, che ogni cosa hai disposto nella sua misura e numero e peso (5, 4, 7).

Tu guidi i miei passi

Le tue mani, Dio mio, nel segreto della tua provvidenza non abbandonavano invero la mia anima; d'altra parte dal cuore sanguinante di mia madre ti si offriva per me notte e giorno il sacrificio delle sue lacrime. Agisti verso di me in modi mirabili. Fu azione tua, Dio mio, perché dal Signore sono diretti i passi dell'uomo, e gli imporrà la via. Come ottenere la salvezza, se la tua mano non ricrea la tua creazione? (5,7,13).

Dove eri, o Dio?

O speranza mia fin dalla mia gioventù, dov'eri per me, dove ti eri ritratto? Non eri stato tu a crearmi, a farmi diverso dai quadrupedi e più sapiente dei volatili del cielo? Ma io camminavo fra le tenebre e su terreno sdrucciolevole; ti cercavo fuori di me e non ti trovavo, perché tu sei il Dio del mio cuore. Ormai avevo raggiunto il fondo del mare: come non perdere fiducia, non disperare di scoprire più il vero? (6, 1, 1).

Guarda il mio cuore, Signore!

Cercavo avidamente onori, guadagni, nozze, e tu ne ridevi. Per colpa di queste passioni soffrivo disagi amarissimi, ma la tua benignità era tanto più grande, quanto meno dolce mi facevi apparire ciò che tu non eri. Guarda il mio cuore, Signore, per il cui volere rievoco e ti confesso questi fatti. Si unisca ora a te la mia anima, che hai estratta dal vischio tenacissimo della morte. Quanto era misera! E tu stuzzicavi il bruciore della piaga perché, lasciando tutto, si rivolgesse a te, che sei sopra tutto e senza di cui tutto sarebbe nulla; perché si volgesse a te e fosse guarita. Quanto ero misero, dunque, e tu come hai operato per farmi sentire la mia miseria! (6, 6, 9).

Il mio riposo

Lode a te, gloria a te, fonte di misericordia. Io mi facevo più miserabile, e tu più vicino. Ormai, ormai era accostata la tua mano, che mi avrebbe tolto e lavato dal fango, e io lo ignoravo. Solo, a trattenermi dallo sprofondare ulteriormente nel gorgo dei piaceri carnali, stava il timore della morte e del tuo giudizio futuro, mai dileguato dal mio cuore pur nel variare delle mie opinioni. Guai all'anima temeraria, che sperò di trovare di meglio allontanandosi da te. Vòltati e rivòltati sulla schiena, sui fianchi, sul ventre, ma tutto è duro, e tu solo il riposo. Ed eccoti, sei qui, a liberi dai nostri errori miserabili e ci metti sulla strada e consoli e dia: "Correte, io vi reggerò, io vi condurrò al traguardo e là ancora vi reggerò" (6,16, 26).

Signore, giudice giusto

In realtà tu, Signore, regolatore giustissimo dell'universo, all'insaputa dei consultori e dei consultati, con un'ispirazione misteriosa fai sempre udire a chi si consulta, dall'abisso di giustizia del tuo giudizio, la risposta vantaggiosa per lui secondo gli occulti meriti delle anime. Nessun uomo ti domandi: "Che è ciò", "A che ciò?". Non lo domandi, non lo domandi, perché è un uomo (7, 6, 10).

Il mio pungolo

Ma tu, Signore, permani in eterno, e non ti adiri in eterno verso di noi. Hai sentito pietà di questa terra e cenere, piacque ai tuoi occhi di racconciare le mie sconcezze. Mi agitavi con pungoli interni per rendermi insoddisfatto, finché al mio sguardo interiore tu fossi certezza. Il mio tumore scemava sotto la cura della tua mano nascosta, la vista intorbidata e ottenebrata della mia mente guariva di giorno in giorno sotto l'azione del collirio pungente di salutari dolori (7, 8, 12).

O eterna verità e vera carità e cara eternità

Ammonito da quegli scritti a tornare in me stesso, entrai nell'intimo del mio cuore sotto la tua guida; e lo potei, perché divenisti il mio soccorritore. Vi entrai e scorsi con l'occhio della mia anima, per quanto torbido fosse, sopra l'occhio medesimo della mia anima, sopra la mia intelligenza, una luce immutabile. Non questa luce comune, visibile a ogni carne, né della stessa specie ma di potenza superiore, quale sarebbe la luce comune se splendesse molto, molto più splendida e penetrasse con la sua grandezza l'universo. Non così era quella, ma cosa diversa, molto diversa da tutte le luci di questa terra. Neppure sovrastava la mia intelligenza al modo che l'olio sovrasta l'acqua, e il cielo la terra, bensì era più in alto di me, poiché fu lei a crearmi, e io più in basso, poiché fui da lei creato. Chi conosce la verità, la conosce, e chi la conosce, conosce l'eternità. La carità la conosce. O eterna verità e vera carità e cara eternità, tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Quando ti conobbi la prima volta, mi sollevasti verso di te per farmi vedere come vi fosse qualcosa da vedere, mentre io non potevo ancora vedere: respingesti il mio sguardo malfermo col tuo raggio folgorante e io tutto tremai d'amore e terrore. Mi scoprii lontano da te in una regione dissimile, ove mi pareva di udire la tua voce dall'alto: "Io sono il nutrimento degli adulti. Cresa, e mi mangerai, senza per questo trasformarmi in te, come il nutrimento della tua carne; ma tu ti trasformerai in me". Riconobbi che hai ammaestrato l'uomo per la sua cattiveria e imputridito come ragnatela l'anima mia. Chiesi: "La verità è dunque un nulla, poiché non si estende nello spazio sia finito sia infinito?"; e tu gridasti da lontano: "Anzi, io sono colui che sono". Queste parole udii con l'udito del cuore. Ora non avevo più motivo di dubitare. Mi sarebbe stato più facile dubitare della mia esistenza, che dell'esistenza della verità, la quale si scorge comprendendola attraverso il creato (7, 10, 16).

Mi risvegliai in te e ti vidi...

Non c'è sanità di giudizio in coloro che non gradiscono qualche cosa del tuo creato, come non ce n'era in me quando non gradivo molte delle cose da te create. E poiché la mia anima non osava non gradire il mio Dio, si rifiutava di riconoscere come opera tua tutto ciò che non gradiva. Di qui era giunta alla concezione delle due sostanze, senza trovarsi soddisfatta e usando un linguaggio non suo; poi aveva abbandonato quell'idea per costruirsi un dio esteso dovunque negli spazi infiniti, che aveva immaginato fossi tu e aveva collocato nel proprio cuore, ricostituendosi tempio del proprio idolo, abominevole ai tuoi occhi. Quando però a mia insaputa prendesti il mio capo fra le tue braccia e chiudesti i miei occhi per togliere loro la vista delle cose vane, mi ritrassi un poco da me, la mia follia si assopì. Mi risvegliai in te e ti vidi, infinito ma diversamente, visione non prodotta dalla carne (7, 14, 20).

Verso il monte di Dio

Ero sorpreso di amarti, ora, e più non amare un fantasma in tua vece. Ma non ero stabile nel godimento del mio Dio. Attratto a te dalla tua bellezza, ne ero distratto subito dopo dal mio peso, che mi precipitava gemebondo sulla terra. Era, questo peso, la mia consuetudine con la carne; ma portavo con me il tuo ricordo (7, 17, 23).
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È Lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri.. Ef 4,11
 
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