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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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04/03/2012 22:30
 
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Conclusioni


La comunità di Corinto vive una crisi diffusa, c’è qualcosa che all’interno della verità evangelica è andata come smarrita. Paolo che vive nella luce perenne e attuale dello Spirito del Signore sa cosa i Corinzi hanno perso della verità, sa quali principi, o parti di essa, sono andati smarriti. Con la sapienza e la saggezza dello Spirito li chiarifica uno per uno, rimettendo la verità sul suo candelabro.
La verità è la vita di ogni comunità, è la luce, il sale, la guida. Quando si smarrisce la verità, si smarrisce tutto, la comunità si incammina verso un traviamento totale nei costumi e nelle relazioni.
In queste brevi conclusioni saranno considerate alcuni crisi della comunità di Corinto, crisi che sono paradigmatiche di ogni altra comunità. Saranno anche evidenziate le soluzioni a queste crisi che è possibile trarre dallo Scritto di Paolo. Tutto questo potrà insegnarci una metodologia nuova, sovente ignorata dai pastoralisti, che dovrà aiutare anche noi a individuare le crisi di una comunità, prima di cercare e volere dettare le soluzioni, che inevitabilmente risulteranno inefficaci, a motivo del male che vogliamo curare, ma che non è in realtà il male vero che regna nella comunità e che ha scatenato la crisi.

1. Crisi di conoscenza. La prima crisi che regna nella comunità di Corinto è una crisi di conoscenza. Non si conosce più la verità della salvezza, non si sa chi è Cristo, non si sa chi è l’apostolo di Cristo, non si sa neanche chi sono in verità i fratelli nella fede.
Questa crisi è stata scatenata da quei superapostoli che si sono presentati come paladini del nuovo, del vero, del giusto, ma che in realtà hanno trasformato la verità della salvezza, facendone un uso personale a fini personali, con intendimenti di gloria terrena, mondana.
Questi superapostoli hanno separato la comunità del vero Cristo e dal vero Dio, l’hanno separata dalla via della salvezza e della redenzione, l’hanno allontanata dal cammino verso la perfezione cristiana, necessaria ad ogni uomo per poter entrare nel regno dei cieli.
È come se la verità non regnasse più in quella comunità. Apparentemente c’è il Vangelo, c’è la dottrina, ma è un Vangelo, una dottrina fuori dell’uomo, fuori del cristiano. Il Vangelo non è più la regola della comunità; è come se d’incanto un’altra regola avesse preso il suo posto, ma si tratta di una regola umana, di una sapienza umana e non più divina sulla quale ora la comunità si poggia.
A volte basta veramente un niente per rovinare una comunità cristiana; è sufficiente un falso predicatore della verità, un presuntuoso annunciatore del Vangelo, perché tutto vada perduto, anche il lavoro di lunghi anni di un apostolato serio, impegnativo, fatto a prova di martirio, irrorato con il sangue del missionario del Signore.
Soluzione. Se la crisi è di verità, di dottrina, di Vangelo, se è di non conoscenza di Cristo e di Dio, del vero Cristo e del vero Dio, è obbligatorio che si parta dalla nuova predicazione di Cristo, di Dio, del Vangelo e della verità.
Oggi si parla di nuova evangelizzazione. Questo termine è stato defigurato, sfigurato, “pastorizzato”, lo si è privato del suo vero significato. Nuova evangelizzazione deve significare per tutti: impostare, costruire, edificare nuovamente la comunità sulla vera dottrina, sulla verità di Cristo Gesù, sul Vangelo della salvezza. Significa, in ultima analisi, fondare la comunità sulla retta fede della Chiesa, sulla sana Tradizione, che è fondamento e principio della sana moralità.
Oggi c’è un pensiero che serpeggia in seno al popolo di Dio che va oltre l’eresia, oltre qualsiasi deformazione della stessa Parola, oserei dire che va oltre tutte le eresie finora conosciute. Questa eresia è latente, nascosta, subdola, invadente, persistente.
Questa eresia è difficile da debellare perché è nascosta nel cuore non di coloro che sono fuori la Chiesa, ma di quelli che sono nella Chiesa e lavorano, con coscienza o incoscienza, per la sua distruzione dall’interno.
Di questa falsificazione totale della verità, di questa dimenticanza piena del Vangelo nessuno vuol prendere coscienza. Paolo invece ci insegna che bisogna portare la verità al centro della vita cristiana.
Per certi versi stiamo vivendo oggi, in seno alle nostre comunità, lo stesso fenomeno religioso che era avvenuto al tempo di Gesù Signore. La Parola di Dio era stata annullata in nome di tradizioni religiose umane. Dio era stato soppiantato dall’uomo, sostituito da lui e in suo nome e con la sua autorità, usurpandola e vivendola male, governava il suo popolo sulla falsità e sulla menzogna.
Cristo Gesù portò in questo mondo religioso falso la vera Parola del Padre suo, il vero Vangelo della salvezza, iniziò la nuova evangelizzazione del suo popolo, iniziò la predicazione della Parola vera. Mostrò veramente qual era il volto del Padre suo ad un popolo che lo aveva dimenticato, aiutato in questo proprio da quanti avevano ricevuto da Dio il mandato di mostrarlo loro sempre vivo, sempre vero, sempre perfettamente identico alla sua vera natura.
Oggi c’è crisi di conoscenza, frutto di ignoranza, di arroganza, di presunzione, di non volontà di conoscere, di arroccamento nella falsità e nella menzogna circa le verità che sono via al cielo. Se la Chiesa vuole risolvere questa crisi deve riportare la Parola in mezzo al popolo di Dio, la deve far risuonare in tutta la sua verità, in ogni parte della verità, la deve proclamare secondo l’interezza della fede, chiamando ogni uomo a conversione, a credere nel Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Tutto il resto che si fa, senza risolvere la crisi della conoscenza del vero Dio e del vero Cristo nello Spirito Santo, alla fine si rivelerà un lavoro inutile, infruttuoso. Avremo lavorato invano e per niente, finché non avremo messo mano a quella nuova evangelizzazione del popolo di Dio, smarrito e confuso dietro ogni teoria umana, ogni dottrina insipiente con la quale pasce il suo cuore.

2. Crisi di indifferenza. La crisi di conoscenza del vero Dio, del Cristo di Dio, dello Spirito Santo Dio, nasce dalla crisi di Parola.
Lungo la trattazione della Lettera si è più volte accennato a questa crisi. Oggi nelle menti dei cristiani regna l’indifferentismo religioso. Regna anche l’indifferentismo di fede, regna l’indifferentismo di verità. Ogni verità è buona, ogni religione è buona, ogni via è buona, ogni fede è buona.
Cristo e gli altri sono una cosa sola, perché la Parola di Cristo e la parola degli altri sono una cosa sola. Non si riesce più a cogliere la differenza tra Cristo e gli altri, perché non si coglie più la differenza tra la Parola di Cristo e la parola degli altri. La relativizzazione della Parola di Cristo, diviene relativizzazione di Cristo; la proclamazione della verità della parola degli altri, diviene proclamazione degli altri, posti sullo stesso piano di Cristo Gesù.
Cristo Gesù non è superiore agli altri; Cristo Gesù è il Signore degli altri, è il Dio degli altri, è il Giudice degli altri, è il Messia degli altri, è l’Inviato di Dio degli altri, è la Parola degli altri, è la Verità degli altri, è la Salvezza degli altri. La confusione di verità genera confusione di fede, genera confusione di vita.

Soluzione. Chi vuole risolvere questa crisi di indifferenza, che è crisi del vero Cristo e del vero Dio, deve partire da un sano convincimento di fede nel suo cuore. La Parola del Vangelo è l’unica luce che illumina l’uomo e che lo introduce nella vita.
Chi vuole ricondurre l’uomo nella luce, lo deve ricondurre nella Parola; solo così gli sarà ridata la vita che ha perso. Né si pensi che lasciandolo fuori della Parola sarà mai possibile introdurlo nella vita. La vita è nella Parola; chi vuole la vita degli uomini deve dare loro la Parola, deve invitarli ad entrare nella Parola, deve mostrare loro con la sua esemplarità tutta la vita che nasce dalla Parola e che vive pienamente in lui. Per fare questo occorre operare una svolta e dall’insipienza dell’indifferentismo passare alla sapienza che l’unico Redentore dell’uomo, l’unico Salvatore, perché l’unico Messia di Dio, è Cristo Signore.
Questo non deve significare imposizione, costrizione, coercizione. Il Vangelo è invito, chiamata, proposta santa. Se vuoi la vita, accogli il Vangelo. Se non accogli il Vangelo, non vuoi la vita. Non la cercare altrove, perché altrove c’è parvenza di vita, ma non c’è la vita eterna. La vita eterna è solo in Cristo e solo nella sua Parola. Tutti gli altri danno una vita più o meno terrena, ma non possono dare la vita celeste, eterna, divina. Questa vita la dona sola Cristo ed è contenuta solo nella sua Parola. Questa proposta deve essere fatta ad ogni uomo, di ogni razza, di ogni cultura. Non perché l’uomo cristiano è qualcosa in più dell’uomo non cristiano. Siamo gli uni e gli altri ad immagine di Dio. Dio è il Creatore e il Signore degli uni e degli altri. In più nel cristianesimo non c’è un uomo, non ci sono gli uomini. In più c’è il vero Dio, il vero Dio che si è fatto vero uomo. È Dio la superiorità nel cristianesimo per rapporto ad ogni altra religione, ma è quel Dio che è l’Altro per rapporto ad ogni uomo e anche per rapporto al cristiano. Dio è il di più per noi e per gli altri, è superiore a noi stessi e agli altri. L’uomo cristiano diventa “superiore” agli altri uomini, se diviene in Dio, in Cristo e nello Spirito, partecipe della natura divina e vive della santità dello stesso Dio.
La superiorità del cristiano, in Cristo, per mezzo dello Spirito che la crea giorno per giorno, è però una superiorità di croce. È la superiorità di colui, che divenuto in tutto simile al suo Maestro e Signore, offre la vita, si lascia crocifiggere dall’uomo, per manifestargli tutto l’amore che Dio ha per lui. Superiorità di amore fino alla morte e alla morte di croce, superiorità di servizio di colui che si fa il servo dei suoi fratelli, perché tutti imparino l’amore misericordioso del Padre che offre suo Figlio dall’alto della croce per la salvezza dell’uomo.
La superiorità del cristiano per rapporto al pagano è una superiorità di abbassamento, di annullamento, di kenosi, di croce, di servizio, di amore, di dono totale di sé.
È questa la superiorità delle beatitudini, di quella giustizia più grande, che va al di là dell’Antico Testamento e che lo rende veramente superato, perché ora c’è il Nuovo che si stabilisce in Cristo sulla croce. Il cristianesimo è superiore per una sola ragione: per l’umiltà di Cristo e per l’umiltà dei suoi discepoli, per la croce di Cristo e dei suoi adoratori.

3. Crisi di ministero. È questa la crisi delle crisi, la crisi dalla quale ogni altra prende origine, viene come partorita, nutrita, sostenuta, alimentata, fatta prosperare.
Chi è il ministro di Cristo Gesù? È il servo della sua verità e del suo amore, della sua grazia e della sua Parola. Il ministro di Cristo Gesù deve sapere che lui non è signore, è servo, ma servo del suo Signore, al quale deve fedeltà, obbedienza, ascolto, con il quale deve vivere una relazione di comunione perfetta nello Spirito Santo.
Quando il ministro di Cristo si libera da Cristo, non vive una comunione di santità con lui, che è la fonte della sua fedeltà e della sua obbedienza, tra Cristo e il ministro regna solo una relazione cultuale. Questa non serve alla comunità. Questa relazione non fa santa la comunità, perché non è santo il ministro che governa la comunità in nome e con l’autorità di Cristo Gesù.
La crisi del popolo di Dio nell’Antico Testamento, quasi sempre, era crisi dei ministri della Parola, dei mediatori di essa, dei sacerdoti che Dio aveva costituito perché formassero il popolo nella conoscenza della verità e discernessero per esso il puro dall’impuro, il vero dal falso, il giusto dall’ingiusto, il bene dal male, la verità dalla menzogna. Essi questo non lo facevano e il popolo camminava nella dimenticanza della Parola di Dio, viveva senza l’osservanza dei comandamenti, viveva con una ritualità sterile che legalizzava il peccato anziché combatterlo. Questo Cristo lo afferma chiaramente quando dichiara che la Casa del Padre suo è casa di preghiera, mentre loro ne avevano fatto una spelonca di ladri.

Soluzione. Se la crisi del ministero cristiano è la crisi–madre di ogni altra crisi, si manifesta assai opportuno partire da una formazione esemplare di tutti coloro che domani dovranno essere ministri di Cristo, della sua grazia e della sua parola.
Questo oggi si rivela impossibile. C’è uno svuotamento del ministero sacerdotale dei suoi contenuti autentici di verità e di grazia, a beneficio di qualche elemosina in più e di qualche aiuto materiale di cui l’uomo può fare anche a meno, quando ha il vero Cristo e la verità santa della sua Parola che vivono nel suo cuore.
Chi legge attentamente Paolo in questa Lettera sa quali sono i compiti del vero ministro di Cristo. Egli deve essere sua voce, sua parola, sua verità, ma anche sua grazia, sua croce, sua risurrezione in mezzo ai suoi fratelli.
Il vero ministro è un riconciliatore degli uomini con Dio in Cristo Gesù per mezzo dello Spirito Santo. Deve essere un riconciliatore degli uomini tra di loro, conducendoli ad una adesione piena alla Parola di verità.
Il vero ministro è un educatore, un formatore della comunità; è uno che vigila giorno e notte su di essa, perché l’errore non si insinui e non renda vana la croce di Cristo Signore.
Lo spostamento, che è deviazione, avvenuto nel ministero cristiano è questo: da servo di Dio, il ministro si è fatto autonomamente servo dell’uomo, non nel senso che serve l’uomo con la carità e la verità che sono in Cristo Gesù, e nemmeno nel senso che dona loro la grazia, per la quale è stato costituito e inviato in mezzo al popolo di Dio; nel senso, invece, che chi comanda oggi il ministro non è più Cristo, ma l’uomo. L’uomo è diventato il signore del ministro, per obbedire, per compiere la sua volontà.
In fondo è questa una delle tentazioni cui è stato sottoposto Cristo Gesù. Satana lo invitava ad ascoltare il popolo, a soddisfare le esigenze del popolo, a rispondere alle sue attese.
Cristo rispose che non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Se il ministro di Cristo non pasce il suo popolo di verità, di grazia, di Parola del Signore, la sua missione è vana, il suo operare nullo, il suo lavoro non costruisce il regno di Dio sulla terra.
Il semplice fatto che oggi non si parli più del regno di Dio da edificare sulla terra, sta a significare che il ministro di Cristo Gesù è fuori Parola, fuori Grazia, fuori Verità, fuori lo stesso Cristo, fuori Dio e fuori la Chiesa. Non è ministro nella Chiesa colui che non edifica la Chiesa sulla terra, colui che non costruisce il regno di Dio tra gli uomini, colui che abbandona il suo gregge all’impulso e all’istinto del suo cuore.

4. Crisi di giusta valutazione. Altra crisi assai diffusa è quella della giusta valutazione della situazione spirituale della comunità.
Sovente non ci si accorge della gravità spirituale e morale in cui una comunità è venuta a trovarsi a motivo di pensieri e di idee dell’uomo che a poco a poco hanno sostituito totalmente il pensiero di Dio, la sua volontà, il suo Vangelo.
Questa crisi accade perché colui o coloro che sono preposti alla guida della comunità sono loro per primi caduti dalla verità del Vangelo. Chi è senza la luce del Vangelo per la sua mente, non potrà in nessun modo aiutare i fratelli a rimanere, o a ritornare nella volontà di Dio.
Su questa crisi, che spesso uccide le nostre comunità, bisogna intervenire con prontezza. Un solo giorno lasciato alla falsità e all’errore causa una rovina così grande che occorrono degli anni perché si possa rimediare a ciò che in un solo giorno ha provocato una predicazione non corretta, non vera, non giusta, perché senza o contro il Vangelo della salvezza.

Soluzione. Lo si è già detto durante la trattazione del testo della Lettera. Per vedere secondo Dio la reale condizione di una comunità, occorre che si abbiano anche gli occhi di Dio.
Questi occhi sono la luce dello Spirito Santo che si è posata su di noi e illumina la nostra mente a capire cosa sta succedendo nel popolo di Dio.
Sappiamo però che lo Spirito del Signore non agisce in colui che convive con il peccato. Sappiamo che il cammino nella santità è la via che bisogna percorrere perché si possa conoscere non sola la reale condizione, ma anche la gravità dinanzi a Dio di una comunità che non si nutre più di Parola del Signore.
La santità è essenziale a tutti coloro che vogliono presiedere una comunità. È necessaria per due motivi: perché si veda con gli occhi di Dio l’uomo; perché si valuti secondo la santità di Dio il peccato del mondo che è penetrato con potenza nella comunità.
Di questo si è già parlato a sufficienza; merita tuttavia che un’altra brevissima osservazione venga messa in evidenza. Il male peggiore che oggi grava e appesantisce la comunità cristiana è la leggerezza con la quale si valuta il peccato, si legge l’errore, si comprende la trasgressione.
È come se il peccato non fosse più peccato, l’errore fosse divenuto verità e la trasgressione necessità dell’uomo, necessità di natura, stimolo fisiologico che neanche lo costituisce peccatore dinanzi a Dio.
È come se il male non esistesse più. Mentre prima si parlava di immoralità, cioè di azione conforme alla morale di Cristo Gesù, oggi universalmente si parla di amoralità, o di normalità. Tutto è normale, tutto è santo, tutto è giusto, tutto è conforme alla volontà di Dio. C’è come un’assenza della legge morale nella coscienza dell’uomo, tranne poi ad esigerla e ad invocarla quando il male esplode in atti che ripugnano la coscienza collettiva. Allora si invoca la norma morale, ma la si invoca malamente, perché nessuno praticherà una norma morale particolare, quando non esiste la norma morale universale.
C’è oggi una diseducazione della coscienza a livello morale. Tutto viene giustificato e tutto consentito; tutto è dichiarato lecito e tutto fattibile. La bontà di un atto coincide con la volontà dell’uomo. Lo voglio, quindi è buono; lo desidero, quindi si può fare.
Dinanzi a questa mostruosità del pensiero dell’uomo, inutile poi lamentarsi che qualcosa non va. Chi pone in atto dei principi di comportamento, deve anche sapere assumersi tutte le conseguenze che un principio scatena nel cuore dell’uomo e della società intera.
Paolo ha il cuore di Cristo, pensa in tutto come Lui, conosce la gravità di ogni parola, di ogni gesto, di ogni comportamento che avviene nella comunità di Corinto. Interviene con tempestività perché si tolga il male, o meglio il principio che dona vita al male, perché nella comunità regni solo e sempre il Vangelo della salvezza.

5. Crisi di prudenza e fortezza . Altra crisi che spesso governa le nostre comunità è quella della prudenza e della fortezza.
Questa crisi consiste esattamente nel vedere il male che si compie, ma poi non si interviene. In certo qual modo è quanto abbiamo definito come esercizio passivo del potere.
Chi è preposto alla guida di una comunità è obbligato non solo a vedere il male che regna in una comunità, ma anche ad intervenire con tempestività, usando tutte quelle regole di saggezza e di prudenza, affinché il male venga estirpato, il bene invece aiutato a progredire, a svilupparsi, a maturare frutti di vita eterna, nella santificazione dei cuori.
Il male c’è. C’è male morale, male spirituale, male veritativo, male che inquina i cuori e le menti e li conduce verso un radicamento sempre più forte nella falsità.
La domanda è semplice: perché colui che è preposto alla guida della comunità non interviene, perché lascia che il male serpeggi e si propaghi, perché abbandona le sue pecore alla devastazione, perché non ha la forza dello Spirito Santo di intervenire efficacemente, al fine di rimettere la verità, la luce, il Vangelo sul candelabro della storia in modo che ogni uomo che viene in questo mondo possa essere illuminato?
Perché si lascia che uomini senza scrupolo danneggino la Chiesa di Dio in modo irreparabile?
Perché non si ha la volontà di prendere le giuste decisioni e quelle soluzioni necessarie perché si possa mettere fine una volta per sempre? La risposta non può venire se non dall’analisi delle giuste soluzioni che si richiedono per una simile situazione. Tuttavia non è di facile applicazione, perché ogni uomo è la sua storia. Se la storia di un uomo non è la storia di Cristo e dello Spirito, non è storia in Cristo e nello Spirito di Dio, mai costui potrà dare una soluzione al problema del male, anche se vede il male che regna nella sua comunità.

Soluzione. La soluzione c’è perché si possa intervenire, ma essa non è nell’uomo; essa è in Dio, è nello Spirito Santo, è in Cristo Gesù; è nella comunione di verità e di amore che l’apostolo del Signore vive con la Beata Trinità.
L’uomo, abbandonato solo a stesso, è fragile, ricattabile, vincibile, eliminabile, fragile, incapace, a volte anche inetto dinanzi a certe gravi decisioni da prendere.
Sovente, inoltre, non è libero per poter agire, in quanto legato a filo doppio con colui che dovrebbe riprendere.
La fragilità dell’uomo e la sua inettitudine a poter decidere per il bene della comunità non sono però la causa, sono il frutto di un’azione spirituale non compiuta, di un’ascesi non portata a perfezione, di un cammino nelle virtù non realizzato.
Per poter intervenire efficacemente in una situazione di non verità nella comunità è necessario che l’apostolo del Signore diventi una cosa sola con Cristo Gesù, una cosa sola con lo Spirito Santo, una cosa sola con il Padre dei cieli, che tra lui e la Beata Trinità esista veramente un legame d’amore, libero, povero, obbediente.
Questo però richiede una forte ascesi spirituale, un cammino quotidiano nella moralità, un pellegrinaggio giornaliero nel Vangelo della salvezza, una libertà piena, totale dal mondo, un povertà in spirito a prova di rinunzia anche alla propria vita.
Se questo non c’è, neanche si può intervenire. Non si ha la forza dello Spirito Santo, né la sua saggezza per poter decidere per il bene della comunità.

Altre crisi. Tante sono le crisi che attanagliano le comunità cristiane. Di alcune di esse neanche si sa che esistono. Sono come quel cancro che è nel corpo; ci si accorge che esso esiste, quando ha già devastato l’intero corpo. Di altre si vedono i frutti, ma spesso non si vuole indagare sulla causa. Di altre ancora si conoscono cause e frutti, ma non si interviene, si lascia che ogni cosa cammini e proceda per la sua strada. Infine ci sono crisi che si vorrebbe superare, ma si applicano medicine non consone al male e quindi resta il male, non si toglie la crisi, si sciupano energie spirituali e materiali semplicemente invano.
Un buon pastore della comunità, uno che sente su di sé la responsabilità della salvezza eterna delle anime, deve saperle individuare tutte e tutte eliminare con principi chiari, distinti, efficaci.
La Vergine Maria, Madre della Redenzione, ci conceda lo stesso ardore apostolico di Paolo, perché possiamo intervenire, per quel che ci riguarda, efficacemente, in modo che la luce di Cristo brilli inalterata e nella sua pienezza sulla comunità e la sua grazia, il suo amore e la sua benevolenza la spinga di virtù in virtù fino alla conquista del regno dei cieli.
Vergine Maria, Madre della Redenzione, ottienici tutto questo dal tuo Figlio Gesù. Il vino della verità e della grazia in molte comunità è finito. Intervieni e ottieni il miracolo, Tu, che sei la Madre di Dio, nelle cui mani è riposta ogni grazia e ogni tesoro celeste.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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