Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
Autore
Stampa | Notifica email    
24/02/2012 18:49
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

Come Dio si rivela. La rivelazione è un mistero che ha la sua origine solo in Dio. È Lui, e Lui solo, che sa quando, come, a chi manifestarsi. L’iniziativa e le forme storiche, concrete, appartengono solo alla sua volontà imperscrutabile. Generalmente la rivelazione è un movimento che dal cielo discende sulla terra. A volte potrebbe anche essere un movimento che dalla terra conduce al cielo. Paolo ha vissuto tutti e due questi movimenti. Sulla via di Damasco il cielo si è manifestato dinanzi ai suoi occhi. In altre occasioni, come lui stesso attesta in questa lettera, è stato lui ad essere rapito presso Dio, nel cielo. Nel rapimento di estasi è come se l’anima fosse senza il corpo. Nel Movimento Apostolico abbiamo una immagine di questa movimento di estasi ed è il canto della melodia, operato dall'Ispiratrice - Fondatrice dello stesso Movimento. Il coro degli Angeli che ella trasmette non è solo ascolto di ciò che avviene nel cielo, in qualche modo è anche estasi, elevazione presso Dio, uno stare con Lui per gustare le meraviglie del suo Cielo. Ultima parola da dire sull’estasi e sulla visione del paradiso: il Cielo non è sublimazione delle cose della terra. Il Cielo è divinamente, eternamente diverso da tutto ciò che esiste nel creato. Per questo motivo non c’è lingua che possa descriverlo, o parlarne con proprietà di linguaggio. Tutte le descrizioni del Paradiso sono una pallida idea di ciò che veramente e realmente c’è in esso. Una osservazione che merita di essere fatta è questa: la rivelazione privata è parte essenziale della nostra fede. Paolo riceve una rivelazione privata. Poiché questa rivelazione privata è nella Scrittura essa è rivelazione pubblica. La sua tuttavia è una manifestazione paradigmatica. Attraverso di lui il Signore ci manifesta qual è il suo agire con gli uomini, non solo durante il tempo degli Apostoli, ma in tutto l’arco della storia della Chiesa. Ci sono cose che solo Lui può fare e di fatto solo Lui le fa. La conversione di Paolo è solo opera del suo amore, della sua misericordia. Una rivelazione, anche se privata, non bisogna mai vederla dal punto di vista dell’uomo che la riceve, bisogna sempre osservarla dalla parte di Dio che la dona. Perché Dio dona una rivelazione? La può donare per la salvezza del singolo, ma la salvezza del singolo è un fatto sempre ecclesiale e quindi anche se fatta al singolo la rivelazione privata ha rilevanza ecclesiale sempre. Può anche farla a favore di un’intera comunità, oppure dell’intera Chiesa. Se lo fa, Egli è solo mosso dalla sua saggezza eterna. E ciò che Dio decide che è utile per la Chiesa, non possono gli uomini dichiararlo non utile. Quando Dio parla non è mai un fatto privato. È sempre un fatto di salvezza. Importante però è comprendere bene quello che il Signore vuole, per viverlo secondo tutta la santità che l’evento richiede.
Perché vantarsi delle debolezze. Perché San Paolo si vanta delle sue debolezze? La debolezza è proprio della natura umana. Questa è solo sua, il resto è del Signore. Di ciò che non è nostro noi non possiamo vantarci. Vantarsi della debolezza ha anche un altro significato. È affermare che solo la grazia agisce in noi e che tutto quello che facciamo è solo opera del Signore in noi, non è opera nostra. Nella confessione della propria debolezza si innalza a Dio ogni onore e gloria, perché lo si riconosce come il solo autore della salvezza e della carità che egli compie nel mondo proprio, attraverso la nostra debolezza e fragilità.
Giungere alla verità per sapienza, non per rivelazione. Ogni discepolo del Signore deve agire sempre con lo Spirito di Sapienza; non sempre può agire con lo Spirito di Rivelazione. Dio vuole che l’uomo metta tutta la sua intelligenza nel rapporto con Lui e con i fratelli. Il primo comandamento consiste proprio in questo, nell’amare il Signore con tutta la nostra mente. “Amerai il Signore Dio tuo con tutte le tue forze, con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutto te stesso”. Amare con tutta la mente ha un significato preciso: mettere tutta la saggezza e l’intelligenza, dono e frutto in noi dello Spirito Santo, perché possiamo cogliere la realtà in se stessa e profondere ogni energia al fine di condurla nella salvezza. Per conoscere la verità del cielo e della terra sarebbe sufficiente porsi alcune domande nello Spirito Santo, ma anche darsi le risposte nello stesso Spirito. Chi manca dello Spirito del Signore, queste domande non se le può fare, non si può dare neanche le giuste risposte. Si pone delle domande sbagliate, si dona delle risposte altrettanto errate, non giunge alla conoscenza della verità, non opera efficacemente nella pastorale, che è fatta sempre di giuste domande e di sane e sante risposte. Su questo bisognerebbe riflettere. Molti incontri, molti aggiornamenti, molti congressi, molte conferenze, molte relazioni che si fanno partono tutte da una domanda errata. Se è errata la domanda, necessariamente sarà errata anche la risposta. Quando poi nella realtà andiamo a incarnare le risposte, poiché queste non rispondono a verità, cadono tutte nel vuoto. È come se un medico, dovendo dare una medicina per un argano ammalato, ordinasse un collirio, che è per gli occhi, mentre è la mano che è ammalata. Di questi errori ne facciamo tanti. Questo avviene perché manca un serio cammino di santità, manca la potenza dello Spirito Santo che agisce dentro di noi.
Grandezza e umiliazione. San Paolo è ricco di ogni dono di Dio. Potrebbe montare in superbia. Il Signore invece vuole che lui rimanga sempre nella più grande umiltà e per questo lo affligge con una spina nella carne. Questa spina ha un solo scopo: manifestargli sempre la sua reale condizione, ciò che lui è realmente dinanzi a Dio. San Paolo pensa anche che sia giusto che questa spina venga tolta. Prega il Signore, il quale gli risponde che la spina deve rimanere là dove essa è. Ci chiediamo: è giusta questa preghiera di allontanamento? Ognuno deve sempre chiedere a Dio che tolga dal suo corpo, dalla sua carne ogni ostacolo per un amore sempre più grande verso il Signore. Ogni uomo però deve mettersi sempre e solo nella volontà di Dio. Paolo chiede di essere liberato perché vuole amare il Signore con tutto se stesso; il Signore gli risponde che non può amarlo con tutto se stesso se non attraverso questa spina che è nella sua carne, la quale deve essere sempre lì per evitare che lui possa essere tentato e cadere nel peccato della superbia. Paolo non conosce la natura umana, decaduta a causa del peccato e ciò che essa riesce a fare per allontanare un uomo da Dio attraverso il vizio capitale della superbia. Dio sa la potenza del male dentro di noi, specie della superbia, e tiene Paolo nell’umiltà, nella debolezza, nella fragilità. È giusta la preghiera, è giusta la risposta. Con la grazia di Dio tutto è possibile all’uomo e ogni vittoria sul male è già realtà per il cristiano. Questo episodio della vita di Paolo ci manifesta così che Dio agisce con potenza nella debolezza dell’uomo. Dove l’uomo è fragile lì interviene il Signore con la sua grazia, la sua misericordia, il suo Santo Spirito e conduce un uomo di verità in verità e di santità in santità, fino alla completa realizzazione in lui della Parola del Signore. Il tutto di Dio è nel niente dell’uomo e sempre la grazia di Dio aiuta e favorisce la ragionevolezza dell’uomo, lo aiuta a comprendere qual è il vero male per lui e come può vincerlo, rimanendo sempre un buon discepolo e un missionario di Cristo Gesù.
Caduta in grazia, caduta in sapienza. L’aiuto dall’esterno. Quando il cristiano cade dalla grazia, cade anche dalla sapienza. La grazia dona libertà allo Spirito del Signore, il principio soprannaturale, la fonte divina di ogni sapienza umana, di poter agire in noi con la sua luce, che è intelligenza, saggezza, prudenza, fortezza, giustizia, temperanza. Quando un cristiano oscura la grazia con il peccato, lo Spirito Santo è sempre in Lui, ma è privato di ogni libertà di azione. Poiché solo Lui è la sorgente in noi della vera sapienza, noi non possiamo più attingerla – parlo della sapienza soprannaturale, della conoscenza perfetta della volontà di Dio – subito, dalla sapienza divina, celeste, eterna, passiamo alla sapienza umana. Iniziamo a decidere secondo la nostra terrena intelligenza e sapienza, ma questa non è sicuramente la volontà di Dio. Chi vuole essere sapiente, intelligente, chi vuole esercitare le virtù della prudenza e della giustizia, della fortezza e della temperanza, lo deve fare attraverso una costante crescita in lui della grazia, che avviene mediante una quotidiana osservanza della Parola di Gesù. Inoltre c’è da aggiungere che quando si cade dalla grazia e si retrocede dalla via della santità, occorre sempre un aiuto esterno, quello della Chiesa, dei fratelli nella fede, che ci riprendano e ci riconducano nella via della verità e della giustizia. C’è una missione all’interno della Chiesa che è fondamentale: quella cioè di aiutare quanti cadono dalla grazia a farvi presto ritorno e in questo svolgono un ruolo fondamentale i sacerdoti che esercitano il ministero della riconciliazione e ogni altro cristiano con il dono dell’esortazione, della parola giusta, dell’incoraggiamento, del prendere l’altro per mano e ricondurlo nuovamente a Gesù.
I segni del vero apostolato. Paolo vuole che i Corinzi lo vedano quale lui veramente è: un vero apostolo del Signore, uno che realmente ama Gesù Cristo a tal punto da dare la vita per Lui nell’esercizio del ministero per il quale è stato chiamato. Perché i Corinzi possano sempre discernere il vero apostolo dai falsi, o da coloro che sono solo mercenari, lui ne dona le regole. Il vero apostolo di Gesù Signore si presenta dinanzi al mondo con una pazienza a tutta prova. È capace cioè di sopportare ogni cosa, ma anche di prendere su di sé il peccato di fragilità della stessa comunità al fine di espiarlo perché solo la verità e la pace di Gesù regnino nel suo seno. Deve essere un uomo che porta in sé tutta la ricchezza della grazia di Dio, non la porta solo nel cuore, la effonde intorno a sé allo stesso modo di Cristo Gesù: attraverso segni, miracoli e prodigi. Il vero apostolo del Signore è un vero amico dell’uomo e gli offre tutti quei segni della grazia, tutti quegli aiuti soprannaturali, perché possa aprirsi alla fede nel Signore Gesù. Segni, miracoli e prodigi sono sempre e soltanto la fruttificazione dell’onnipotenza di Dio che dimora nel vero apostolo del Signore. È il Signore che abita nel vero apostolo e attraverso di lui opera per la conversione dei cuori, parlando al loro spirito, alla loro anima, al loro corpo perché accolgano il vangelo ed entrino nella Chiesa, perseverando in essa, fino alla fine.
Ragioni in Dio, ragioni nell’uomo. Il mistero non si può abolire. Quando l’apostolo di Cristo Gesù va per il mondo ad annunziare il Vangelo, lui mette l’uomo dinanzi al mistero: mistero di Dio, dell’uomo, della grazia di Dio, del peccato dell’uomo; mistero dell’amore di Dio, ma anche mistero della libertà dell’uomo. L’apostolo di Cristo Gesù annunzia il mistero, per quanto è possibile dona anche le ragioni che sono in Dio e che sono nell’uomo che spingono ad accogliere il mistero. Ma lui non può andare oltre. Il mistero rimane. Dio è il mistero. È il mistero perché è Dio. Se non fosse Dio non sarebbe il mistero. Tuttavia, ed è questa la grandezza dell’amore di Dio per l’uomo, quando ci si apre alla sua verità, lo Spirito del Signore scende nel nostro cuore e dal di dentro lo illumina, lo rischiara, lo orienta, apre la sua mente alla conoscenza, la sua intelligenza alla comprensione, il suo cuore all’amore, la sua anima ad una grazia sempre più grande. Pur non potendo abolire mai il mistero, questo a poco a poco si rende più comprensibile, più amabile. Lo Spirito del Signore, che è comunione eterna di amore e di verità, tra il Padre e il Figlio, immette anche noi in questa comunione di amore e di verità, e man mano che cresciamo in grazia, la nostra comunione di amore e di verità cresce, si fa forte, assai forte, fino a divenire indistruttibile. L’uomo, dallo Spirito Santo, è condotto, introdotto nel mistero, vive nel mistero, ama il mistero, si sente parte di questo mistero e anche se non riesce a razionalizzarlo in tutto, perché il mistero è oltre la sua mente, a poco a poco la sua intelligenza si affina a tal punto da percepire anche le minime variazioni di verità che ci avvicinano al mistero e di falsità che ci allontanano da esso. I Santi, che sono immersi in questo mistero, hanno sempre sconvolto la Chiesa con la loro verità e il loro amore. I Teologi che studiano il mistero lasciano invece la Chiesa così come essa è. I Santi parlano dal mistero, dal di dentro, immersi in esso; i teologi parlano dello stesso mistero, ma dal di fuori, per sentito dire, per studio e per conoscenza indiretta. Ma la conoscenza indiretta non serve per la comprensione del mistero, serve invece la conoscenza diretta e questa si ha attraverso la nostra immersione in esso, per la via dello Spirito, per la via della santità.
Consumarsi per le anime. San Paolo ha un rapporto particolare con le anime. Il suo è un rapporto sacrificale, un legame d’amore. Il rapporto sacrificale è quello stabilito da Cristo Gesù sulla croce. Chi vuole salvare un’anima deve essere disposto a dare la vita per essa, a morire, a lasciarsi crocifiggere, a consumare ogni sua energia fisica e spirituale. Se manca questa volontà di andare fin sulla croce per la salvezza di un’anima, l’apostolato che si fa non sortisce alcun effetto, perché manca il sangue che deve irrorare l’anima per purificarla, lavarla, presentarla a Dio senza macchia, senza peccato, tutta splendente di grazia e di verità. Il legame sacrificale attinge la sua forza nel legame d’amore. Questo legame non è direttamente con le anime; è, sì, con le anime, ma prima è con Cristo. Il missionario di Gesù è legato a Cristo con un legame indissolubile d’amore che è compimento della volontà di Cristo anche nei minimi precetti della sua legge. Questo è l’amore: la volontà di obbedire in tutto. L’obbedienza a Cristo del missionario, che è legame d’amore con lui, vuole che lui compia la stessa opera di Cristo allo stesso modo, nelle stesse forme secondo le quali l’ha compiuta Cristo Gesù. Cristo Gesù morì per la salvezza della anime, il missionario di Cristo Gesù muore per la salvezza delle anime, muore perché ama Cristo, muore perché Cristo gli ha comunicato il suo stesso amore per le anime. Il missionario attinge tutto l’amore per le anime in Cristo Gesù e da questo amore si lascia consumare ogni giorno. Lui e Cristo divengono così un sacrificio d’amore, un’oblazione che si consuma in onore del Padre, a beneficio della salvezza eterna delle anime.
Non ama, chi distrugge l’amore dell’altro per Cristo. Chi ama veramente le anime altro non fa che rafforzare l’amore per Cristo che in esse si trova. Quando invece si distrugge questo amore, lo si rende debole, vuoto, vano, lo si priva della sua forza, che è la verità, è il segno che questo amore che si predica, o si annunzia, è un amore che non ama Cristo. Se questo amore non ama Cristo, che è amore è? È sicuramente un falso amore, è qualcosa che si traveste di amore, mentre in realtà è invidia, gelosia, superbia, concupiscenza, sete di denaro e di gloria; è ogni altro peccato che governa e schiavizza il nostro cuore. Noi possiamo sempre sapere se l’amore di colui che ci sta di fronte è vero, oppure è un amore falso. Basta osservare cosa produce nel nostro cuore. Se le sue parole distruggono Cristo in noi, il suo non è amore. È tutto, ma non è amore, perché è il peccato che parla attraverso di lui. Se invece le sue parole conducono a Cristo, Cristo edificano in noi, Cristo realizzano, perché ci donano il vero Cristo, allora questo amore è vero, è puro, è santo. Con questo amore possiamo lavorare, perché sicuramente ci arricchirà, ci farà crescere in esso, ci condurrà verso la pienezza dell’amore di Cristo in noi.
Chi predica secondo verità, ama secondo verità. È, questa, un’altra regola di discernimento per sapere chi è colui che ci porta a Cristo, che ci ama secondo verità, che ci conduce di verità in verità, ma anche di amore in amore. Per questa seconda verifica è sufficiente osservare come si predica, come si annunzia. Se si annunzia secondo verità il Vangelo, se lo si proclama nella sua interezza, se lo si dice secondo le regole della retta predicazione – quelle regole che abbiamo già esaminate in queste stesse pagine: pazienza a tutta prova, segni, miracoli e prodigi – allora è il segno che anche il suo amore per noi è vero, di lui ci possiamo fidare, con lui possiamo percorrere la stessa strada, perché di certo ci condurrà nel cuore di Cristo, nel cuore del Padre, nel cuore dello Spirito Santo. La retta, santa, vera predicazione è il segno del vero, retto, santo amore che abita in un cuore. Chi non ama secondo verità Cristo Gesù neanche lo può predicare secondo verità. La sua è una accomodazione della parola, una contraffazione, una trasformazione, una parvenza di verità. Se il predicatore non predica secondo verità, neanche ama Cristo secondo verità. Se non ama Cristo non può amare le pecore di Cristo, il suo gregge. Questo deve essere evidente per ogni cristiano. Nessuno può avere la presunzione di essere amato da chi non ama Cristo Gesù. Poiché la misura dell’amore di Cristo è la parola vera che noi diciamo, dalla parola vera, dalla retta predicazione, possiamo risalire all’amore vero del predicatore e stabilire quale dovrà essere la nostra relazione con lui, se di fiducia, o di allontanamento da lui, perché siamo più che certi che non ci condurrà al nostro Amore, all’Amato della nostra anima. Dove c’è un cristianesimo inquinato da pensieri strani, dove la predicazione è anch’essa pensiero strano della mente, anche se fatto passare per elaborati progetti culturali da attuare, lì non c’è vero amore per Cristo Gesù. Ci sono solo uomini che parlano di sé, fingendo di parlare del Signore Gesù. Da questi uomini bisogna guardarsi perché non insegnano come si ama Cristo, insegnano solo come piacere a se stessi e agli altri, ma non a Cristo, non a Dio, non allo Spirito Santo.
Camminare con lo stesso spirito, sulle medesime tracce. Quando si vuole raggiungere Cristo si deve camminare su una sola via, quella della verità che infonde la carità nella nostra anima. La Chiesa è comunità, è anche cammino d’insieme. Si può camminare con gli altri, senza prima aver operato un sano discernimento? La risposta è no. Per camminare con gli altri bisogna sapere dove conduce la strada degli altri. Se questa non porta ad un amore più grande per Cristo Signore, diviene assai pericoloso camminare assieme. Sicuramente, se non siamo sufficientemente forti, rischiamo di retrocedere dalla via della verità e incamminarci su una strada di menzogna e di falsità. Per questo è giusto che si possieda una conoscenza perfetta dell’altro, si conoscano i suoi pensieri e soprattutto le sue opere. Se le sue opere non sono buone, neanche i suoi pensieri sono buoni. Bisogna allora formarsi nell’unico Spirito di Dio per camminare nell’unico Spirito. È possibile formarsi nell’unico Spirito del Signore? È possibile se lo si vuole e se si prende la Parola di Cristo Gesù e la si pone come unica verità per la nostra mente, verità alla quale ogni giorno ci dobbiamo convertire, verità che ogni giorno dobbiamo incarnare, verità che sempre dobbiamo annunziare. Non è possibile separare questi tre momenti della verità: conversione alla verità, vita nella verità, annunzio e testimonianza della verità al mondo intero. In questo cammino di comunione nell’amore e nella verità occorre molta circospezione, molta prudenza, tanta attenzione affinché non ci lasciamo fuorviare dal retto cammino e percorriamo vie di menzogna e di falsità. La prudenza non è mai tanta e la saggezza è sempre poca per coloro che vogliono raggiungere Cristo nel regno dei cieli e portare con sé molte anime convertite al Vangelo e santificate attraverso la loro parola di verità e le loro opere di amore.
Parlare davanti a Dio, in Cristo. L’apostolo del Signore è sempre uomo pubblico, lui mai potrà essere uomo privato. Egli dovrà sempre parlare dinanzi a tutto il mondo, dovrà parlare perché il mondo ascolti la Parola di Cristo Signore. Dovrà però fare molta attenzione. La sua Parola sarà vera se lui la pronunzierà sempre davanti a Dio, la pronunzierà in Cristo Gesù. Cosa significa parlare davanti a Dio, in Cristo? Significa che il timore del Signore deve rivestire la sua anima, il suo spirito, il suo cuore, la sua volontà, ogni suo sentimento. Lui è servo di Dio, in tutto deve dire sempre le cose che sono gradite a Dio, deve dire solo la sua volontà, deve dirla come se Dio stesso fosse lì ad ascoltare, a verificare, ad esaminare se tutto corrisponde a verità. Questo obbliga il missionario a pesare ogni sua parola, a studiare e a conoscere ogni parola di Dio, a invocare lo Spirito del Signore, perché metta sulla sua bocca solo le parole di Dio, togliendo e allontanando ogni altra parola che non è di Dio, che non appartiene a Lui. Se il missionario vi metterà tutta questa attenzione, egli parlerà sempre davanti a Dio, avrà come suo unico ascoltatore il Signore, come suo unico suggeritore lo Spirito Santo. Tutto questo però non basta, non è sufficiente. Bisogna parlare in Cristo, con il suo amore, la sua carità, la sua obbedienza, il suo sacrificio, la sua croce, il suo martirio, il suo dono totale per la salvezza delle anime. Il cuore di Cristo che batte d’amore di salvezza dovrà essere lo stesso dell’apostolo di Cristo. Un solo cuore, un solo amore, una sola parola di verità, una sola parola di salvezza, un solo gesto d’amore, una sola croce, una sola vita eterna. Questa è la regola della predicazione cristiana.
Perfetto secondo la volontà di Dio. Ogni cristiano, e in modo del tutto particolare, il missionario del Vangelo deve impegnarsi per essere perfetto in tutto secondo la volontà di Dio. Il suo esercizio deve essere uno solo: divenire in Cristo parola vivente di Dio, parola vivente di Cristo, ma anche verità vivente dello Spirito Santo. È, questo, un cammino ininterrotto, da iniziare ogni giorno sempre daccapo. Mai si potrà raggiungere la perfezione di Cristo in noi e tuttavia verso questa perfezione siamo chiamati a progredire ogni giorno di più a causa del ministero che ci è stato affidato. Il nostro ministero non può essere dissociato dalla nostra persona, è invece la nostra persona il nostro ministero, come era la persona di Cristo Gesù il ministero del Padre sulla terra. È un cammino lungo, questo. I Santi ci mostrano che è possibile percorrerlo sino alla fine. Con la nostra buona volontà, con la forza dello Spirito Santo, con l’amore di Cristo che ci spinge e ci attrae è possibile compierlo. Il mondo vedrà che abbiamo la perfezione di Cristo in noi, vedrà Cristo in noi e se vuole si potrà convertire, accogliendo Cristo, per divenire opera di Cristo tra i fratelli da salvare e da condurre nel regno dei cieli.
L’opera missionaria: liberare dai vizi e dalle imperfezioni. L’apostolo di Gesù deve avere una forte convinzione nel suo cuore. Egli deve essere come un buon agricoltore. Questi svolge nei campi una duplice azione: la prima distruttiva, la seconda di coltivazione. Quella distruttiva è diretta a togliere dai campi tutte le erbe cattive che mangiano le buone sostanze destinate alle piante buone. Succhiamo il sangue del terreno ma con finalità inutili. Se lui non porta a compimento quest’opera di distruzione, il suo lavoro alla fine risulta infruttuoso, o assai poco redditizio. Le erbe cattive soffocano le piante buone e impediscono loro di produrre al massimo. Così è del missionario: egli deve distruggere dal cuore degli uomini vizi e imperfezioni, peccati e trasgressioni. Queste tolgono spazio vitale alla grazia, la quale, non potendosi sviluppare, arresta la sua crescita, fino ad atrofizzarsi e poi morire. Chi vuole lavorare con efficacia nel regno di Dio non solo deve piantare la verità, deve prima e contemporaneamente distruggere il peccato, il vizio, le trasgressioni, tutte quelle venialità che tolgono respiro all’anima e quasi la soffocano. Non è questo un lavoro da niente, o un lavoro secondario. È lavoro principale, che prepara la semina, ma anche la segue, perché il seme buono non venga soffocato e ostacolato nella sua produzione.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:36. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com