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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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22/02/2012 15:47
 
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DISINTERESSE DI PAOLO

[7]O forse ho commesso una colpa abbassando me stesso per esaltare voi, quando vi ho annunziato gratuitamente il Vangelo di Dio?
Si è detto qual è la caratteristica di Paolo: egli annunzia la Parola nella sua semplicità la più pura.
Perché allora i Corinzi non sono rimasti ancorati alla Parola? Perché si sono lasciati convincere dai superapostoli?
Forse Paolo ha commesso qualche torto, ha fatto qualche azione che in qualche modo li abbia potuti danneggiare?
La Parola di Paolo è semplice, pura, nuda. Se non è a causa della Parola, lo è forse a motivo del suo comportamento?
Paolo ora esamina con schiettezza e sincerità di cuore la sua storia, che essendo pubblica, può essere facilmente verificata.
Se c’è in lui qualche inganno, qualche sfruttamento, o un’altra grave ingiustizia, se non grave anche lieve, i Corinzi potrebbero avere anche ragione dell’abbandono della verità del Vangelo. La colpa sarebbe di Paolo e non loro.
Sarebbe stato Paolo a costringerli a cambiare Vangelo a causa della sua non coerenza di vita, o dell’uso personale che ha fatto del Vangelo. Invece nulla di tutto questo.
La prima nota con la quale lui si presenta ai Corinzi è la gratuità. Egli non si serve del Vangelo per vivere. Il Vangelo è una cosa, la sua vita è un’altra.
Il Vangelo deve essere dato gratuitamente. Per sostentarsi non si avvale del diritto che lo stesso Vangelo gli conferisce, quello cioè di vivere di Vangelo.
Si vive di Vangelo quando i fedeli aiutano il missionario in tutte quelle cose del quotidiano, quali vitto e alloggio e altro, che sono necessarie per la sua sussistenza.
Non si deve dare il di più, il non necessario; lo si deve aiutare mettendo a sua disposizione ciò che è indispensabile.
Paolo non ha voluto né il necessario e neanche l’indispensabile. Ciò che serviva alla sua persona se lo provvedeva lui stesso, attraverso un lavoro che lui svolgeva quando non era direttamente impegnato nella predicazione del Vangelo.
Paolo si abbassa nel senso che non chiede nulla ai Corinzi per il dono del Vangelo; si abbassa perché lo dona loro gratuitamente, ma per fare questo deve egli stesso lavorare. Lui lavora e predica il Vangelo, lavora al fine di poter predicare gratuitamente il Vangelo della salvezza.
È abbassamento perché si mette all’ultimo posto, al posto del vero servo. Lui serve i Corinzi attraverso il servizio sacro della predicazione, ma non si lascia servire dai Corinzi attraverso il dono delle cose utili, necessarie, indispensabili per vivere.
La gratuità è sempre vincente, poiché essa può essere frutto solo di un amore grande verso gli altri, amore che dimentica i propri interessi. In Paolo l’amore è talmente grande che diviene in lui rinunzia ai suoi interessi e questo perché nessun intralcio possa mai intromettersi da lui e il Vangelo di Dio e quanti lo ascoltano possano sempre vedere in lui un uomo che non si reca per ricevere qualcosa, ma solo per donare qualcosa.
Chi va solo per donare e mai per ricevere è solo il discepolo del Signore. Tutti gli altri se vanno per dare, vanno molto più per ricevere, anche se si camuffa ciò che si riceve sotto infiniti nomi.
[8]Ho spogliato altre Chiese accettando da loro il necessario per vivere, allo scopo di servire voi.
Non si tratta in nessun caso di un atto imposto da Paolo alle altre chiese; benevolmente egli ha acconsentito a che queste lo aiutassero in qualche modo al fine di poter predicare il Vangelo con serenità e in tutta tranquillità.
Perché da alcune chiese Paolo accetta il necessario per vivere e da altre no? Perché da alcune persone si lascia aiutare, mentre lo stesso aiuto da altre lo rifiuta?
Non ci sono motivi umani da ricercare, motivi di benevolenza, di gratitudine, di piacere o altro.
I motivi sono tutti soprannaturali e provengono dalla prudenza dello Spirito Santo che guida i suoi apostoli.
Quando un apostolo è nella luce costante dello Spirito, perché in tutto cerca la volontà di Dio, dallo stesso Spirito è reso prudente, capace cioè di discernere il bene attuale.
Per mozione dello Spirito non ha voluto nulla dai Corinzi. Perché non ha voluto essere aiutato non lo potremo mai sapere. Ci sono delle azioni che vengono mosse dallo Spirito Santo, lo Spirito sa perché muove ad agire così, l’uomo non lo sa, o se lo sa, lo apprende in un secondo momento, in tempi assai lontani dal fatto storico compiuto sempre per mozione dello Spirito Santo.
Non tutto ciò che fa l’apostolo del Signore può essere umanamente comprensibile, a volte è proprio incomprensibile; è incomprensibile all’uomo che lo fa e all’uomo che riceve l’azione. Lo Spirito che agisce e che muove non sempre spiega o dona le ragioni della sua mozione. Muove e basta. Chi è mosso non si turba più di tanto. Lui si è posto interamente nelle mani dello Spirito e con semplicità si lascia condurre da lui.
Chi invece subisce l’azione a volte potrebbe anche rimanere sconvolto. Costui deve essere informato che l’apostolo del Signore non agisce per sua volontà, bensì per azione misteriosa dello Spirito Santo e lo Spirito non rende ragione di ciò che fa, perché lo Spirito è intelligenza e sapienza infinita.
Lo Spirito Santo chiede un atto di fede da colui che egli muove e da coloro verso i quali è diretta la sua azione. Posto l’atto di fede, a sua tempo, gli uni e gli altri, sempre per grazia e per illuminazione dello Spirito, potranno capire il perché dell’azione e della sua modalità.
Volendo dare una risposta a questa mozione dello Spirito, che spinge Paolo verso la più grande gratuità nella città di Corinto, alla luce degli eventi posteriori, possiamo dire che il motivo è uno solo: nessuno a Corinto deve rimproverare Paolo di essere stato da loro assistito nella sua opera missionaria; nessuno deve vantare presso di lui un diritto che si sarebbe potuto trasformare in un accaparramento della benevolenza al fine di fare qualche sconto al Vangelo che lui annunziava.
Questo è uno dei possibili motivi. Il resto è nel cuore di Paolo ed è ben giusto che lì vi rimanga in eterno. Ma anche nella nostra vita ci sono tante mozioni dello Spirito Santo che, solo dopo molto tempo, noi, a poco a poco, comprendiamo e valutiamo secondo tutta l’ampiezza della verità storica in esse contenuta.
[9]E trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato d'aggravio a nessuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire.
Paolo è mosso dallo Spirito Santo. Sa cosa deve fare. Sa da chi prendere e da chi rifiutare.
Come già precedentemente detto è lo Spirito che muove Paolo ora in un senso, ora nell’altro, lui ascolta lo Spirito che parla al suo cuore e realizza quanto ha ricevuto come mozione.
Non solo per il passato lui non si è fatto aiutare dai Corinzi, neanche per il futuro permetterà che qualcuno di loro lo aiuti.
Il motivo lo dirà ben presto. A noi ora interessa sapere che questa è una decisione seria, impegnativa, che lo obbliga per sempre.
Spesso il Vangelo porta a queste obbligazioni. A tutto per il Vangelo bisogna rinunziare, anche a ciò che potrebbe essere un gesto di amore, di carità. Anche a ciò che potrebbe essere vita conforme al Vangelo.
Aiutare e lasciarsi aiutare è Vangelo. Servire e lasciarsi servire nel bisogno è Vangelo. Dare un bene spirituale e ricevere in cambio un dono materiale è Vangelo. Ma il Vangelo è anche oltre se stesso, perché il Vangelo obbliga a fare tutto per il Vangelo, perché Cristo sia creduto.
Se l’accoglienza di Cristo in un cuore necessita che il missionario del Vangelo vada oltre le regole che lo stesso Vangelo suggerisce, è giusto che lui lo faccia. Deve farlo per amore di Cristo Gesù.
Paolo a volte è nel bisogno, le necessità avvolgono anche la sua persona, ma lui non vuole essere di aggravio.
Come fa a sopperire a tutto ciò che gli necessita per il quotidiano? Lasciandosi aiutare dai fratelli della Macedonia, oppure lavorando con le sue mani, esercitando il mestiere di fabbricatore di tende, che lui conosceva molto bene.
È un mistero la vita di Paolo e come tale dobbiamo accoglierla. Ma accogliendo la sua vita come mistero, dobbiamo disporre il nostro cuore a che anche la nostra diventi un mistero, venga cioè consegnata interamente nelle mani dello Spirito Santo, perché sia Lui a dirigerla secondo i suoi imperscrutabili disegni di verità e di giustizia, perché la ricolmi dei suoi doni e in modo particolare del dono della saggezza che comprende in sé le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.
[10]Com'è vero che c'è la verità di Cristo in me, nessuno mi toglierà questo vanto in terra di Acaia!
È questa una forma solenne per ribadire quanto ha detto precedentemente.
Non solo per il passato, ma anche per il futuro egli ha deciso di non essere di aggravio presso i Corinzi.
Ora lo proclama solennemente. La sua parola è così certa, così vera, così sicura come è vero che la verità di Cristo abita in lui.
Poiché Cristo è la sua vita e i Corinzi questo lo sanno, anche la parola oro ora detta fa parte della vita di Paolo. Possono stare sicuri: da questa parola mai si allontanerà.
Se una decisione è così ferma e seria, altrettanto fermo e serio deve essere il motivo che l’ha posta in essere.
Sappiamo che per Paolo il motivo è solo uno: l’amore di Cristo e del suo Vangelo, l’amore della salvezza dei fratelli.
Come dirà in altre Lettere: egli si è fatto tutto a tutti per salvare qualcuno. Per la salvezza dei Corinzi egli è obbligato a passare per questa via.
Sappiamo però che in lui agisce lo Spirito Santo, che è vivo, è la sua guida in ogni pensiero, azione, decisione, realizzazione.
Se lo Spirito Santo ha deciso così, così ha voluto, dobbiamo noi ritenere che veramente, a causa della fragilità della fede in Cristo dei Corinzi, questa via fosse veramente necessaria.
Questo però deve insegnarci che anche per noi a volte delle vie potrebbero rivelarsi necessarie nel nostro andare per il mondo a predicare il Vangelo.
Chiedere allo Spirito Santo che ce le indichi, ce le manifesti e all’occorrenza diventi la nostra forza per percorrerle è la cosa più giusta e più santa da fare. A volte però noi siamo così presuntuosi che non solo non conosciamo le vie giuste e sante, ma neanche siamo rivestiti di quella santa umiltà che ci fa prostrare dinanzi allo Spirito di Dio per invocare da lui la luce necessaria che ci consenta di vedere dove mettere i nostri passi, in modo che le nostre azioni non siano in alcun modo di danno al Vangelo che predichiamo.
Su questo bisognerebbe esaminarsi ogni giorno, perché ogni giorno potrebbe succedere che il Vangelo venga da noi posto in serio pericolo di credibilità.
[11]Questo perché? Forse perché non vi amo? Lo sa Dio!
Poiché ancora Paolo non ha rivelato il motivo della sua decisione, qualcuno potrebbe pensare che in lui ci sia una differenza di amore.
Alcuni li ama di più e da loro si lascia servire. Altri li ama di meno e da costoro non vuole accettare neanche un bicchiere d’acqua.
Paolo conosce il cuore dell’uomo e sa che è un abisso, un baratro. Quanto pensa un cuore è difficile persino immaginarlo.
Ora lui non vuole che i Corinzi pensino ad un amore minore verso di loro da parte del loro Evangelizzatore.
Paolo ama i Corinzi. La profondità e la grandezza del suo amore per loro sono conosciute solo da Dio.
Loro non possono conoscere quanto amore è nel suo cuore per quella comunità. Anzi dobbiamo affermare che questa decisione è stata presa e sarà mantenuta proprio in ragione del grande amore che lui nutre per loro.
Per amore accetta dai Macedoni, e per lo stesso amore rifiuta da loro.
Non ci sono motivi personali in Paolo, né preferenze, né particolarità. Lo Spirito Santo vuole la loro salvezza, questa salvezza ha una strada obbligata: quella della gratuità del dono del Vangelo. Percorrendo questa strada egli deve andare verso di loro, oggi, domani, sempre.
Come si può constatare la ragione ultima di ogni azione che l’uomo compie deve essere solo una: l’amore di salvezza e di santificazione dei cuori.
In questo amore c’è l’assoluta libertà dell’apostolo del Signore, il quale sa che nel suo cuore ormai deve regnare un solo amore, lo stesso che regnò nel cuore di Cristo Gesù.
Quello di Cristo fu un amore di salvezza che lo spinse a dare la vita per ogni uomo sulla croce.
Quello dell’apostolo di Cristo deve essere un amore che lo spinge a fare una cosa o a non farla per lo stesso motivo: perché ogni uomo possa entrare e dimorare nella salvezza operata da Cristo Gesù.
Quando non c’è questa unica ragione nel nostro agire, il nostro amore è sempre imperfetto. Faremmo o non faremmo le cose per un motivo che sta in noi, o sta negli altri, ma non per un fine soprannaturale che è la redenzione del mondo.
Paolo così ci dona la suprema delle regole per agire. Ognuno può così esaminare la sua coscienza e se si accorge che si è posto fuori di questa regola, deve mettere tutto in atto perché ritorni nell’unica regola che dona valore ai suoi pensieri, alle sue decisioni, ai suoi comportamenti. Con questa regola ognuno potrà sempre sapere se agisce conformemente alla volontà di Dio, oppure si comporta così per motivi che sono immanenti all’uomo e che nulla hanno di santo, di giusto, di vero, di nobile, di onorato.
[12]Lo faccio invece, e lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che cercano un pretesto per apparire come noi in quello di cui si vantano.
Paolo vuole che i Corinzi - sempre esposti alla tentazione di abbandonare il Vangelo di Gesù, sempre in bilico tra la verità e la falsità, sempre sull’orlo di rinnegare la vera fede - sappiano sempre riconoscere un vero operaio del Signore da chi invece è falso.
Vuole che il loro discernimento sia sempre sicuro, certo. Ne va della loro salvezza eterna.
Dona loro un metro infallibile. Un vero missionario del Vangelo è sempre riconoscibile dal suo amore, dalla sua carità, dalla completa dedizione della sua vita al Vangelo della salvezza.
Ci sono alcuni invece che si sono vantati presso i Corinzi di essere come Paolo, con una differenza però non minima, non di poco importanza.
Paolo si è comportato verso di loro nella più grande libertà dai loro beni. Egli non si è lasciato aiutare da loro nelle sue necessità materiali. Lui si è comportato nella più assoluta delle gratuità.
Gli altri invece non lo hanno fatto. Si sono vantati di essere come Paolo, ma non hanno agito come lui.
I Corinzi, se vogliono, possono fare la differenza, possono scoprire la verità dell’amore di Paolo e dell’altro amore.
Ma scoprendo la differenza nell’amore, possono anche scoprire la differenza nella verità.
Quando l’amore non è puro, neanche la verità è pura. Quando l’amore è interessato, anche la verità è interessata, ma una verità interessata è una verità trasformata, cambiata, alterata. Non è la verità di Cristo Gesù. Non è la verità della salvezza.
È una verità umana che lascia l’uomo nella sua miseria spirituale, lo abbandona nella sua meschinità di peccato e di vizio, non lo eleva alle vette della santità e della purezza evangelica.
È giusto fare le differenze, non per esaltare l’uno e abbassare l’altro, non per glorificare il primo e umiliare il secondo, non per osannare questo e disprezzare l’altro.
Queste differenze di ordine morale non si devono mai fare in seno alle comunità cristiane. È giusto invece che si faccia la differenza nella verità e nell’amore e che si parta dalla differenza di amore per scoprire la differenza di verità che abita nel cuore degli uni e degli altri.
Questa differenza è necessaria che si faccia non in ragione del missionario del Vangelo, o di colui che si presenta come inviato di Cristo Gesù, bensì in ragione della nostra salvezza eterna. È giusto che uno abbraccia la verità più piena, la verità assolutamente la più pura, la più santa, la più bella, la più splendente.
Come si fa a conoscere questa verità? La si potrà conoscere dall’amore di colui che la porta. Se l’amore è puro, splendente, di sola misericordia, non interessato, libero, onesto, santo, è il segno che dietro ci sta una verità altrettanto pura e bella, c’è una verità che si differenzia dalle altre verità perché l’amore è diverso, il comportamento è diverso, la santità è diversa, le relazioni sono diverse.
Giudicare la verità dall’amore anche questa è regola infallibile per conoscere chi è da Dio da chi da Dio non è.
Le regole Paolo le ha donate. Spetta a noi metterle in pratica. Soprattutto è nostro dovere fare la differenza nell’amore, per cogliere anche la differenza nella verità.
Poiché è la verità pura che conduce all’amore puro, dove non c’è amore puro non c’è neanche verità pura. Dobbiamo saperlo, per prendere quelle decisioni che ci consentono di rimanere nella verità pura che ci conduce all’amore puro, che ci porta alla salvezza eterna.
Quando in un cuore c’è la luce radiosa dello Spirito Santo, tutto si chiarisce, tutto si appiana, tutto si rende comprensibile, tutto si riveste di santità e di verità. Con lo Spirito di Dio nel cuore si scoprono le vere ragioni dell’amore.
[13]Questi tali sono falsi apostoli, operai fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Cristo.
Paolo in questo versetto rivela tutta la sua forza, manifesta la potenza di verità che è in lui.
Questi tali che portano turbamenti nella comunità vengono chiamati con il loro nome: falsi e fraudolenti. Sono falsi apostoli. Sono operai fraudolenti.
Sono falsi perché la falsità è la loro arma di morte, non la verità la loro arma di vita e per la vita.
Sono fraudolenti perché ingannano i semplici e quanti non sono ancora sufficientemente formati nella verità di Cristo Gesù.
Si mascherano da apostoli di Cristo Gesù, in realtà sono solo dei nemici del Vangelo. Se nemici del Vangelo, sono anche nemici dell’uomo. Non vogliono la sua vita eterna, bensì la sua morte spirituale.
Può Paolo dare un giudizio così preciso sulle persone che ostacolano il cammino del Vangelo nel mondo? Se lo dà lui, possiamo darlo anche noi, senza peccare contro il Vangelo che ci comanda di non giudicare e soprattutto di non condannare?
Bisogna prima di tutto precisare che il giudizio e la condanna di cui parla il Vangelo è morale, cioè attribuzione di responsabilità e quindi vero e proprio giudizio forense, nel senso di assoluzione o di condanna di colui che ha commesso alcune azioni.
Questo giudizio Dio lo ha riservato per sé. Nessun uomo, neanche l’apostolo del Signore, può giudicare un uomo reo di morte eterna oppure degno di beatitudine nel cielo. La Chiesa esercita il giudizio di santità di una persona, ma solo dopo la sua morte e a condizioni ben precise, dopo un lungo studio sulla vita della persona e dopo che la persona dal cielo sia venuta incontro alla formulazione del giudizio della Chiesa operando segni evidenti della sua santità.
La Chiesa invece non ha il giudizio al negativo, quello cioè di dichiarare una persona dannata, all’inferno. Questo giudizio non le compete, spetta solo al Signore.
Solo di Giuda possiamo avere la certezza che sia dannato, perché il giudizio lo ha emesso Gesù nel Cenacolo quando disse di Lui: “Sarebbe meglio per lui se non fosse mai nato”.
Ora poiché solo la perdizione eterna ci fa rimpiangere di essere nati ed è un tormento eterno, dobbiamo dedurre con certezza infallibile che Giuda si è dannato. Degli altri non possiamo sapere nulla, perché non ci sono altre parole così esplicite e chiare per nessun altro.
C’è però un giudizio sulla verità del Vangelo che l’altro annunzia. L’apostolo deve saper sempre discernere chi è nella verità della salvezza da chi non lo è; chi annunzia secondo verità e chi annunzia secondo falsità.
Questo giudizio non solo è consentito, è obbligatorio. Guai se l’apostolo non lo emettesse, tutta la comunità verrebbe a trovarsi fuori del Vangelo a causa di un giudizio di conformità della parola che uno pronunzia al Vangelo che la Chiesa crede e proclama come l’unica verità che salva e redime l’uomo.
Ognuno, non solo l’apostolo del Signore, dovrebbe essere in grado di operare questo discernimento, dovrebbe essere capace di distinguere il buon grano dalla zizzania.
Questo discernimento compete ad ogni cristiano, anche se non tutti i cristiani sono capaci di poterlo fare, pur essendo obbligati a farlo sempre e comunque.
Paolo non emette un giudizio di responsabilità, di colpevolezza, di condanna; emette un discernimento veritativo. Egli sa la verità di Cristo Gesù, la conosce in tutta la sua perfezione, sa anche cosa questi tali dicono e predicano e constata che la loro parola non è quella proferita da Cristo Gesù.
Poiché lo fanno con malizia manifesta, essi sono fraudolenti. Sono falsi perché non dicono la parola di Gesù, pur annunziandola come tale; sono fraudolenti perché non solo ingannano la gente, hanno anche la coscienza di ingannare, fanno questo per ingannare e questo è manifesto.
Poiché è manifesto egli può benissimo dire che sono falsi e fraudolenti, che si mascherano da apostoli di Gesù, mentre in realtà non lo sono.
Se tutti nella Chiesa avessimo questa forza e questo coraggio di Paolo nello smascherare i falsi profeti, la verità di Cristo e del suo Vangelo brillerebbe con luce così intensa da abbagliare il mondo intero. Purtroppo molti guai della Chiesa sono frutto di omissione, di compromissione, di paura degli uomini, di quel timore umano che nessun uomo di Dio dovrebbe avere, specie quando si hanno posti carichi di tanta responsabilità.
La forza di un apostolo del Signore non sta nel lavoro che lui svolge quotidianamente; la sua prima forza, dalla quale tutto dipende è la sua capacità di discernimento e la volontà di intervenire sempre per mettere in guardia tutti coloro che potrebbero in qualche modo avere contatto con la falsità e restarne inquinati.
Se ad un uomo di Dio, ad un discepolo di Gesù manca la forza della verità, egli non potrà essere di giovamento ad alcuno. La falsità camminerà nella sua casa e inquinerà tutti coloro che in qualche modo hanno relazione con lui.
[14]Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce.
Paolo annuncia qui il principio che governa l’agire di questi uomini. Per poter lavorare essi devono mascherarsi da uomini di verità, di Vangelo, devono coprire la loro falsità e il loro inganno con un abito di luce e di amore.
Sono costoro perfetti imitatori di satana, il quale, anche lui, si veste da angelo di luce, si maschera da amico dell’uomo per la rovina dell’uomo.
Questo è il modo attraverso il quale, sia i falsi e fraudolenti operai sia satana, si presentano dinanzi alla gente per trarli nella loro falsità e nel loro inganno.
Se l’uomo si maschera, se satana si maschera, se costoro si rivestono con le vesti della luce, mentre in realtà sono tenebra, come facciamo noi a smascherarli? Abbiamo noi dei mezzi infallibili per conoscere la loro menzogna perpetrata ai danni del Vangelo e quindi ai danni della nostra vita eterna?
L’arma c’è ed è una sola: la luce dello Spirito che abita nel nostro cuore. Solo chi è perennemente nello Spirito Santo potrà conoscere infallibilmente chi è falso da chi è vero.
Chi non è nello Spirito del Signore facilmente cadrà; si lascerà abbindolare dalla falsità, la falsità abbraccerà, da essa sarà condotto da errore in errore e da male in male e questo perché non ha posto alcuna attenzione a crescere e ad abbondare nella saggezza ed intelligenza dello Spirito Santo di Dio.
Non basta possedere una buona istruzione, non è sufficiente neanche avere una formazione adeguata nella verità. La verità e la falsità sono separate da un sottilissimo filo di rasoio.
È facilissimo passare dalla verità nella falsità, basta cambiare una sola virgola al Vangelo per trovarsi in un baratro di menzogna e di non verità che salva.
Come per rimanere nella verità del Vangelo occorre lo Spirito Santo vivo dentro di noi, così per discernere la falsità proposta e annunziata come verità è solo possibile grazie allo Spirito Santo di Dio.
Chi è senza lo Spirito di Dio vivo ed operante dentro di lui, facilmente sarà conquistato dalla falsità, perché non ha la forza di respingerla, perché non possiede la sapienza per discernerla. Mentre chi possiede lo Spirito Santo vivo ed operante in lui, non solo rimane sempre attratto dalla verità e sta lontano dalle tenebre, ha in più la capacità di discernere falsità e verità e inoltre la fortezza per aggrapparsi alla verità e respingere la falsità che gli viene proposta come un bene maggiore, come una luce più grande.
Il cammino nella santità si rivela quindi come l’unica via possibile per un discernimento santo.
Da qui nasce l’obbligo per tutti coloro che rivestono qualche autorità nella Chiesa, a cominciare da tutti coloro che insegnano la dottrina cristiana e che sono i catechisti, ad attendere con tutte le loro forze a percorrere un cammino che dovrà condurli verso una santificazione sempre più grande, più matura, più elevata e perfetta.
Più si sale nella scala delle responsabilità e più l’acquisizione della santità diviene indispensabile, obbligatoria e questo in ragione dell’obbligo grave che essi hanno di discernere il vero operaio dal falso, l’autentico apostolo di Cristo Gesù da tutti quei lavoratori e operai fraudolenti che distruggono il gregge di Cristo e portano in rovina la sua vigna.
[15]Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia; ma la loro fine sarà secondo le loro opere.
A quanto già detto nel versetto precedente, bisogna ora aggiungere che Paolo identifica questi operai falsi e fraudolenti come ministri di satana, come suoi strumenti per portare morte eterna nel mondo.
Chi vuole ciò che vuole Cristo è suo strumento, apostolo, ministro, missionario; chi vuole ciò che vuole satana, anche costui è suo ministro, suo strumento, suo inviato.
La differenza però è grande. Cristo manda per la vita, satana invia per la morte.
Il principio della vita è la verità; il principio della morte è la falsità. Il principio della salvezza è il Vangelo; il principio della perdizione è la menzogna.
Altra osservazione è questa: chi semina la vita entrerà nella vita eterna; chi semina morte andrà nella morte eterna.
Non è concepibile che un seminatore di morte entri nella vita, né che un seminatore di vita vada a finire nella morte, a condizione che si perseveri sulla via, o della vita o della morte. Se avviene la conversione, ed è cosa sempre possibile per grazia di Dio, il seminatore di morte si trasforma in un seminatore di vita ed entra nella vita eterna.
Così deve essere detto per un seminatore di vita. Se si sconverte, se abbandona la via della verità ed inizia anche lui a seminare morte, la morte eterna lo ingoierà, l’inferno lo prenderà con sé e questo perché non ha perseverato sulla via del bene, non è rimasto fedele al Vangelo di Cristo Gesù.
D’altronde Gesù lo dice: “Chi persevererà sino alla fine si salverà”. Si salverà se avrà perseverato nell’annunzio e nella proclamazione della verità, nella testimonianza a Cristo Gesù, nella confessione e nel riconoscimento di lui dinanzi al mondo intero.
Purtroppo c’è da dire che oggi l’illusione governa i cuori e la falsità ha conquistato molte menti. Sono tanti, anzi moltissimi, coloro che credono, o pensano, di salvarsi facendo però una vita di peccato, di vizi e di ogni altra negazione della verità.
Paolo però ci avverte. Ognuno stia attento a ciò che semina. Chi semina vita raccoglierà vita eterna; chi semina morte raccoglierà morte eterna. Questa è la verità di Cristo e del suo Vangelo.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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