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COMMENTO DELLA LETTERA AGLI EBREI

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2019 14:01
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16/01/2012 23:03
 
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[22]Per fede Giuseppe, alla fine della vita, parlò dell'esodo dei figli d'Israele e diede disposizioni circa le proprie ossa.
La fede di Giuseppe è fede integra e pura nella Parola della promessa. L’Egitto non è la patria dei figli di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Questa terra è solo di transito, è un istante, un momento della loro storia, ma non è la loro storia. Questa la fede di Giuseppe. Giuseppe lo crede e dà anche disposizioni circa il suo futuro per dopo la sua morte.
Gn 50,15-26: “Ma i fratelli di Giuseppe cominciarono ad aver paura, dato che il loro padre era morto, e dissero: Chissà se Giuseppe non ci tratterà da nemici e non ci renderà tutto il male che noi gli abbiamo fatto? Allora mandarono a dire a Giuseppe: Tuo padre prima di morire ha dato quest'ordine: Direte a Giuseppe: Perdona il delitto dei tuoi fratelli e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male! Perdona dunque il delitto dei servi del Dio di tuo padre! Giuseppe pianse quando gli si parlò così.
E i suoi fratelli andarono e si gettarono a terra davanti a lui e dissero: Eccoci tuoi schiavi! Ma Giuseppe disse loro: Non temete. Sono io forse al posto di Dio? Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini. Così li consolò e fece loro coraggio. Ora Giuseppe con la famiglia di suo padre abitò in Egitto; Giuseppe visse centodieci anni. Così Giuseppe vide i figli di Efraim fino alla terza generazione e anche i figli di Machir, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe. Poi Giuseppe disse ai fratelli: Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese ch'egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe.
Giuseppe fece giurare ai figli di Israele così: Dio verrà certo a visitarvi e allora voi porterete via di qui le mie ossa. Poi Giuseppe morì all'età di centodieci anni; lo imbalsamarono e fu posto in un sarcofago in Egitto.
La fede di Giuseppe gli fa vedere Dio anche nelle vicende dolorose della sua vita. Essa gli fa vedere Dio con lui in ogni circostanza, lieta o triste.
Gli fa vedere anche la presenza di Dio che guida il suo popolo, come un pastore guida il suo gregge e lo conduce per il suo bene.
Con Giuseppe cambia qualcosa nella fede. Essa è fede, sì, nella Parola di Dio, ma prima ancora è fede nel Dio Signore della vita del suo popolo e di ogni singolo appartenente ad esso.
Dio è Signore non solo per il passato, non solo per il presente, ma anche e soprattutto per il futuro. Sempre Dio è il Signore del suo popolo.
Essendo Signore, Dio sempre può intervenire per condurre e conduce non secondo schemi dettati dalla ragione umana, bensì dalla sua sapienza divina ed eterna.
Perché si raggiunga questa fede è necessaria una lunga esperienza del cammino con Dio. Questa esperienza è data dalla storia della nostra fede. Così la storia diventa “luogo” della manifestazione di Dio.
Osservazione: Non è sufficiente che Dio si manifesti nella nostra storia, perché si abbia immediatamente la percezione della sua manifestazione, o la comprensione di essa. È necessaria una vera e propria rivelazione. Occorre sempre una sapienza che discende dall’Alto. Senza questa sapienza divina l’uomo non può comprendere la “storia” di Dio attraverso la storia degli uomini, o nella storia degli uomini. Se questo fosse possibile, non avremmo più bisogno di rivelazione. Invece ogni rapporto con Dio si può fondare solo ed esclusivamente su una rivelazione divina. Come questa rivelazione avvenga Dio solo lo sa. Lui solo infatti sa e conosce come parlare ad un cuore. A noi interessa sapere che non la carne e il sangue ci fanno vedere l’azione di Dio in noi, ma solo la sua grazia, la sua illuminazione, la sua sapienza, la sua rivelazione. Questo aiuto celeste è vera grazia di Dio. Con Giuseppe la fede in Dio si fa fede nella Provvidenza Dio che vigila e conduce il suo popolo per il suo bene e per il bene del mondo intero. Si passa dalla Parola di Dio all’opera di Dio, che si conosce però come opera di Dio perché Dio lo rivela e ce lo fa conoscere.
[23]Per fede Mosè, appena nato, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello; e non ebbero paura dell'editto del re.
Anche nel caso di Mosè la fede fa un passaggio essenziale. In questo caso la fede diviene scelta di obbedienza. Leggiamo il testo:
Es 2,1-10: “Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo. La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto.
Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. L'aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: E` un bambino degli Ebrei.
La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino? Va’, le disse la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del faraone le disse: Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario. La donna prese il bambino e lo allattò.
Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: Io l'ho salvato dalle acque!
Si è detto che la fede è ascolto della volontà di Dio. L’uomo però è governato da molte parole, ma anche da molte parole tentato: sono le parole degli angeli ribelli e degli uomini che si sono lasciati conquistare da loro e sono divenuti loro strumenti di male, di peccato, di morte.
La fede con Mosè diviene “testimonianza”, “martirio”, cioè scelta della voce di Dio contro ogni altra voce che le è contraria, in opposizione, in esclusione.
È questa la scelta di Dio che diviene perdita di se stessi, o rinnegamento di se stessi. Il rinnegamento avviene perché si vuole restare fedeli alla voce del Signore e alla sua obbedienza.
Osservazione: Con Mosè si passa dalla fede in una Parola di Dio, o in molte Sue Parole, alle conseguenze per l’intera vita del singolo o del popolo che queste Parole comportano. Forse è questa l’opera più difficile da compiere per l’uomo di retta e matura fede. Questa opera è frutto di un discernimento tagliente, capace di separare il bene e il male anche nella più piccola delle sue azioni. Questo discernimento però non può essere dono naturale, o per apprendimento di sapienza umana. Un così perfetto, nobile, santo discernimento è solo per grazia di Dio, per dono celeste, per rivelazione interiore, per sapienza ispirata. Dio che parla al suo popolo, lo muove anche nell’intelligenza, nella volontà, nel cuore, nei sentimenti, perché agisce sempre e comunque secondo la sua Parola, la Sua Verità, la Sua Volontà. Questa sapienza quotidianamente ispirata è la vera vita della fede. Questa sapienza bisogna chiedere costantemente al Signore, altrimenti o ci fermiamo alla sola lettera della Parola – e questa non è pienezza di verità per noi – oppure possiamo dare noi un’interpretazione alla Parola – ma neanche questa è verità.
[24]Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone, [25]preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. [26]Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; guardava infatti alla ricompensa. [27]Per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile.
L’Autore tiene a puntualizzare che tutto ciò che avviene in questi uomini di Dio è solo per fede. Le loro opere, decisioni, scelte, volontà, desideri, comportamenti, tutto in loro nasce dalla fede.
In questi versetti 24.25.26.27 egli aggiunge qualche altro concetto necessario per la comprensione della fede in ogni sua più piccola manifestazione. Il testo cui si riferisce è il seguente:
Es 2,11-25: In quei giorni, Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia. Il giorno dopo, uscì di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: Perché percuoti il tuo fratello? Quegli rispose: Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano? Allora Mosè ebbe paura e pensò: Certamente la cosa si è risaputa.
Poi il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo. Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame.
Tornate dal loro padre Reuel, questi disse loro: Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta? Risposero: Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge. Quegli disse alle figlie: Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a mangiare il nostro cibo!
Così Mosè accettò di abitare con quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora. Ella gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Gherson, perché diceva: Sono un emigrato in terra straniera!
Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero.
Per comprendere qual è lo specifico della fede di Mosè prima della chiamata che Dio gli fece nel deserto, occorre che ogni elemento di questi versetti venga esaminato singolarmente.
- Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone: Dal testo dell’Esodo sappiamo che Mosè conosceva la sua origine e la sua appartenenza. Ad un certo momento egli è chiamato dalla “voce interiore della coscienza” nella quale gli parlava il Signore ad una scelta: essere degli Egiziani, o essere degli Ebrei; essere con gli schiavi, oppure appartenere agli schiavizzatori e oppressori. È questo un elemento fondamentale della fede: l’ascolto della coscienza nella quale parla il Signore.
L’ascolto della coscienza trova nella Scrittura un posto non di poca importanza, o rilevanza. Essa è vera voce di Dio. Ma quando essa è vera voce di Dio? Questo ce lo rivela Il libro del Siracide (37,7-15):
“Ogni consigliere suggerisce consigli, ma c'è chi consiglia a proprio vantaggio. Guàrdati da un consigliere, infòrmati quali siano le sue necessità egli nel consigliare penserà al suo interesse perché non getti la sorte su di te e dica: La tua via è buona, poi si terrà in disparte per vedere quanto ti accadrà. Non consigliarti con chi ti guarda di sbieco, nascondi la tua intenzione a quanti ti invidiano. Non consigliarti con una donna sulla sua rivale, con un pauroso sulla guerra, con un mercante sul commercio, con un compratore sulla vendita, con un invidioso sulla riconoscenza, con uno spietato sulla bontà di cuore, con un pigro su un'iniziativa qualsiasi, con un mercenario annuale sul raccolto, con uno schiavo pigro su un gran lavoro; non dipendere da costoro per nessun consiglio.
Invece frequenta spesso un uomo pio, che tu conosci come osservante dei comandamenti e la cui anima è come la tua anima; se tu inciampi, saprà compatirti. Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui. La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Al di sopra di tutto questo prega l'Altissimo perché guidi la tua condotta secondo verità.
La coscienza è voce di Dio sempre, perché Dio parla sempre attraverso la coscienza. Per ascoltarla però è necessaria una grazia particolare, un suo particolare aiuto. Aiuto e grazia devono essere implorati da Dio, sempre.
Per il momento ci interessa sapere che la coscienza è vera via per la manifestazione della volontà di Dio. I “meccanismi” per l’ascolto della coscienza attualmente non fanno parte della trattazione ed è giusto che li rimandiamo in altra sede più appropriata.
Preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato: La voce della coscienza impone una scelta. Dio parla, all’uomo l’obbligo di ascoltare, di seguire quanto egli manifesta, rivela, suggerisce nell’intimo. Mosè opera questa scelta. Sceglie di essere con il popolo del Signore. Sceglie però non la gloria del popolo, ma i suoi maltrattamenti. Rifiuta la gloria degli Egiziani che è peccato per lui.
È peccato quella gloria perché costruita sull’oppressione, sul maltrattamento, sulla privazione della dignità della persona umana. Ogni gloria che è costruita sul sangue, sull’oppressione, sul maltrattamento, sul togliere qualcosa a qualcuno è una gloria peccaminosa. Questa gloria non si può scegliere, non si deve scegliere. Questa gloria è peccato.
Altra considerazione che matura nella coscienza di Mosè è questa: la vita del peccato è di breve durata. Il peccato consuma, ma non dura. Il peccato apparentemente dona vita, invece crea e genera solo morte. Mosè sceglie di non costruire la sua vita sul peccato.
Al peccato si deve preferire la miseria, la persecuzione, il maltrattamento, la stessa morte fisica. Tutto si deve preferire, tutto si deve scegliere, ma non il peccato. Questa è la lezione di vita che nasce per l’Autore dalla coscienza di Mosè, nella quale si manifesta il Signore.
Questo perché stimava l'obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto; guardava infatti alla ricompensa: L’Autore introduce un concetto nuovo, sul quale è più che giusto e necessario riflettere.
È questa vera e propria rivelazione. Come Mosè l’abbia avuta, nessuno lo sa, né può saperlo. Il testo sacro non lo rivela.
L’obbrobrio di Cristo per ora è la persecuzione del suo popolo, la sua umiliazione, la sua schiavitù, l’oppressione crudele e violenta.
È obbrobrio di Cristo, perché è obbrobrio della discendenza di Abramo dalla quale verrà Cristo, il Redentore e il Salvatore dell’uomo.
In certo qual modo già l’Autore vede quello che poi Paolo chiamerà “il corpo di Cristo”, cioè la Chiesa di Dio.
Mosè si vede una cosa sola con il suo popolo. Se vuole essere con il popolo, deve scegliere l’obbrobrio del popolo. L’obbrobrio del popolo è obbrobrio di Cristo, ma è proprio in questo obbrobrio che si compirà la promessa della benedizione fatta da Dio ad Abramo.
Non si può scegliere di essere oggi e domani nella benedizione e nella promessa, se non si sceglie oggi di essere nel popolo che la benedizione e la promessa porta nel lungo corso della storia.
Ma essere del popolo significa accogliere la vita del popolo. Il popolo ora è nella persecuzione. Mosè sceglie la persecuzione del popolo, per avere la benedizione dello stesso popolo.
È una verità assai carica di conseguenze, questa, per la vita della fede di una persona. La scelta della fede diviene la scelta del popolo che porta la fede. La scelta del popolo che porta la fede è la scelta della sua condizione di obbrobrio, di persecuzione, di morte.
Del popolo bisogna condividere tutto: la morte e la vita, la persecuzione e la gloria, l’acclamazione e la croce, il presente e il futuro.
Con Mosè la fede del singolo si fa fede della comunità, ma anche comunione di vita con la comunità. È questo un concetto nuovissimo, che merita di sicuro ulteriori sviluppi.
Per fede lasciò l'Egitto, senza temere l'ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l'invisibile. C’è una verità nascosta in quest’ultimo versetto che richiede particolare attenzione nella sua individuazione.
Mosè lasciò l’Egitto, quando si rifugiò nel deserto, dopo l’uccisione dell’Egiziano.
Lui avrebbe voluto liberare il suo popolo dalla schiavitù. Era però la sua una decisione immanente, non suggerita dallo Spirito del Signore. Né lui era stato ancora investito dello Spirito di Dio e quindi era nell’impossibilità di fare qualcosa. Nessuno può fare le cose di Dio, se Dio non è con lui. Questa è la verità prima dell’opera della salvezza.
Mosè da una forza misteriosa, invisibile è attratto verso il deserto, in attesa di tempi migliori e questi tempi migliori sono i tempi che Dio ha riservato alla sua scelta, secondo l’insegnamento che viene a noi dagli Atti degli Apostoli.
Cosa allora ci vuole insegnare l’Autore in questo suo versetto? Una cosa in verità semplice: Mosè avvertiva dentro di sé che era necessario operare la liberazione del suo popolo. Sapeva che esso era nella più dura delle schiavitù.
La conoscenza del male non si trasforma però in opera di salvezza per solo forze umane. Occorre per questo una forza divina e Mosè era ancorato verso questa forza divina. Lui non perde la fede nel Signore che può liberare il suo popolo. È questo l’invisibile che lui vede.
Vede Dio come il solo capace di operare una simile liberazione. Vede se stesso incapace di poterla fare. La vede però necessaria. Sa che uno solo può: Dio.
Lui si rifugia nel deserto, ma non senza questa fede nel Signore, nel Dio dei suoi Padri. Per questa fede lascia l’Egitto, abbandona il Faraone. Se non avesse avuto questa fede, sarebbe potuto ritornare a corte e lì riprendere la vita di prima. Invece aveva scelto l’obbrobrio del suo popolo e per questo se ne va in esilio.
Osservazione: Come si è potuto constatare in Mosè ci sono diversi elementi che fanno crescere la fede. La sua è una fede che trova nella coscienza una perfetta maturazione verso il bene. È inoltre una fede che porta il singolo a non separarsi dalla comunità. Una sola fede, un solo popolo, una sola vita. La comunione di fede diviene così comunione di vita. L’unità di fede si fa unità di appartenenza. Nell’appartenenza si condivide ogni cosa: gioie, dolori, persecuzioni, gloria, schiavitù. Se la fede è una, una deve essere anche la vita che la fede genera e fa fruttificare. Inoltre la fede di Mosè si specifica anche come coscienza della necessità di una liberazione. Questa coscienza però da sola non è sufficiente ad operare. L’opera di Dio deve essere fatta da Dio. Se Dio non dona inizio all’opera, nessun uomo da solo è in grado di portarla a compimento. Mosè non può fare l’opera, sa che è necessaria. Sa che Dio la porterà presto a compimento e per questo si ritira nel deserto, abbandonando per sempre l’Egitto e i suoi antichi privilegi. Scegliendo il suo popolo, egli fin da ora sceglie la salvezza che Dio darà al suo popolo, anche se ancora non sa come Dio interverrà, ma sa che il Signore interverrà. È questo l’invisibile che lui vede.
[28]Per fede celebrò la pasqua e fece l'aspersione del sangue, perché lo sterminatore dei primogeniti non toccasse quelli degli Israeliti.
C’è una fede senza una Parola attuale di Dio e c’è una fede con la Parola attuale di Dio. La celebrazione della Pasqua è da inserire in questa fede con Parola esplicita, circostanziata di Dio. Ecco la Parola della fede:
Es. 12,1-51: “Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa.
Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto.
Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. E` la pasqua del Signore!
In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dei dell'Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d'Egitto.
Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne. Per sette giorni voi mangerete azzimi. Già dal primo giorno farete sparire il lievito dalle vostre case, perché chiunque mangerà del lievitato dal giorno primo al giorno settimo, quella persona sarà eliminata da Israele. Nel primo giorno avrete una convocazione sacra; nel settimo giorno una convocazione sacra: durante questi giorni non si farà alcun lavoro; potrà esser preparato solo ciò che deve essere mangiato da ogni persona.
Osservate gli azzimi, perché in questo stesso giorno io ho fatto uscire le vostre schiere dal paese d'Egitto; osserverete questo giorno di generazione in generazione come rito perenne. Nel primo mese, il giorno quattordici del mese, alla sera, voi mangerete azzimi fino al ventuno del mese, alla sera. Per sette giorni non si troverà lievito nelle vostre case, perché chiunque mangerà del lievito, sarà eliminato dalla comunità di Israele, forestiero o nativo del paese. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre dimore mangerete azzimi.
Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la pasqua.
Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l'architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l'Egitto, vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire.
Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? Voi direte loro: E` il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case. Il popolo si inginocchiò e si prostrò.
Poi gli Israeliti se ne andarono ed eseguirono ciò che il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne; in tal modo essi fecero. A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito nel paese d'Egitto, dal primogenito del faraone che siede sul trono fino al primogenito del prigioniero nel carcere sotterraneo, e tutti i primogeniti del bestiame. Si alzò il faraone nella notte e con lui i suoi ministri e tutti gli Egiziani; un grande grido scoppiò in Egitto, perché non c'era casa dove non ci fosse un morto! Il faraone convocò Mosè e Aronne nella notte e disse: Alzatevi e abbandonate il mio popolo, voi e gli Israeliti! Andate a servire il Signore come avete detto. Prendete anche il vostro bestiame e le vostre greggi, come avete detto, e partite! Benedite anche me! Gli Egiziani fecero pressione sul popolo, affrettandosi a mandarli via dal paese, perché dicevano: Stiamo per morire tutti!
Il popolo portò con sé la pasta prima che fosse lievitata, recando sulle spalle le madie avvolte nei mantelli. Gli Israeliti eseguirono l'ordine di Mosè e si fecero dare dagli Egiziani oggetti d'argento e d'oro e vesti. Il Signore fece sì che il popolo trovasse favore agli occhi degli Egiziani, i quali annuirono alle loro richieste. Così essi spogliarono gli Egiziani. Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini capaci di camminare, senza contare i bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e insieme greggi e armenti in gran numero. Fecero cuocere la pasta che avevano portata dall'Egitto in forma di focacce azzime, perché non era lievitata: erano infatti stati scacciati dall'Egitto e non avevano potuto indugiare; neppure si erano procurati provviste per il viaggio. Il tempo durante il quale gli Israeliti abitarono in Egitto fu di quattrocentotrent'anni. Al termine dei quattrocentotrent'anni, proprio in quel giorno, tutte le schiere del Signore uscirono dal paese d'Egitto.
Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire dal paese d'Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli Israeliti, di generazione in generazione. Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: Questo è il rito della pasqua: nessun straniero ne deve mangiare. Quanto a ogni schiavo acquistato con denaro, lo circonciderai e allora ne potrà mangiare. L'avventizio e il mercenario non ne mangeranno. In una sola casa si mangerà: non ne porterai la carne fuori di casa; non ne spezzerete alcun osso. Tutta la comunità d'Israele la celebrerà. Se un forestiero è domiciliato presso di te e vuol celebrare la pasqua del Signore, sia circonciso ogni suo maschio: allora si accosterà per celebrarla e sarà come un nativo del paese. Ma nessun non circonciso ne deve mangiare. Vi sarà una sola legge per il nativo e per il forestiero, che è domiciliato in mezzo a voi. Tutti gli Israeliti fecero così; come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne, in tal modo operarono. Proprio in quel giorno il Signore fece uscire gli Israeliti dal paese d'Egitto, ordinati secondo le loro schiere”.
Es 13,1-22: “Il Signore disse a Mosè: Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti di uomini o di animali : esso appartiene a me. Mosè disse al popolo: Ricordati di questo giorno, nel quale siete usciti dall'Egitto, dalla condizione servile, perché con mano potente il Signore vi ha fatti uscire di là: non si mangi ciò che è lievitato. Oggi voi uscite nel mese di Abib. Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, dell'Hittita, dell'Amorreo, dell'Eveo e del Gebuseo, che ha giurato ai tuoi padri di dare a te, terra dove scorre latte e miele, allora tu compirai questo rito in questo mese.
Per sette giorni mangerai azzimi. Nel settimo vi sarà una festa in onore del Signore. Nei sette giorni si mangeranno azzimi e non ci sarà presso di te ciò che è lievitato; non ci sarà presso di te il lievito, entro tutti i tuoi confini. In quel giorno tu istruirai tuo figlio: E` a causa di quanto ha fatto il Signore per me, quando sono uscito dall'Egitto. Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente infatti il Signore ti ha fatto uscire dall'Egitto. Osserverai questo rito alla sua ricorrenza ogni anno.
Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato in possesso, tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del bestiame, se di sesso maschile, appartiene al Signore. Riscatterai ogni primo parto dell'asino mediante un capo di bestiame minuto; se non lo riscatti, gli spaccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell'uomo tra i tuoi figli. Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d'Egitto, i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile, e riscatto ogni primogenito dei miei figli. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento fra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto.
Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada del paese dei Filistei, benché fosse più corta, perché Dio pensava: Altrimenti il popolo, vedendo imminente la guerra, potrebbe pentirsi e tornare in Egitto. Dio guidò il popolo per la strada del deserto verso il Mare Rosso. Gli Israeliti, ben armati uscivano dal paese d'Egitto. Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi aveva fatto giurare solennemente gli Israeliti: Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa.
Partirono da Succot e si accamparono a Etam, sul limite del deserto. Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte. Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo, né la colonna di fuoco durante la notte”.
È vera fede quella di Mosè perché lui esegue ogni cosa che il Signore gli dice. Ogni Parola trova il suo compimento, la sua esecuzione, o realizzazione fedele.
Questa fede finisce nell’istante in cui la Parola è adempiuta, o realizzata. Continua, deve continuare, se perdura la Parola della fede.
In questo caso la Parola perdura nel memoriale del rito della Pasqua. Di generazione in generazione i figli di Israele vivevano secondo questa Parola alcuni momenti o tempi particolari della loro vita.
[29]Per fede attraversarono il Mare Rosso come fosse terra asciutta; questo tentarono di fare anche gli Egiziani, ma furono inghiottiti.
In questo versetto 29 è da notare un particolarità. Prima leggiamo gli eventi così come si sono svolti e poi sarà aggiunta qualche parola di commento, al fine di aiutare la comprensione.
Es 14,1-31: “Il Signore disse a Mosè: Comanda agli Israeliti che tornino indietro e si accampino davanti a Pi-Achirot, tra Migdol e il mare, davanti a Baal-Zefon; di fronte ad esso vi accamperete presso il mare. Il faraone penserà degli Israeliti: Vanno errando per il paese; il deserto li ha bloccati! Io renderò ostinato il cuore del faraone ed egli li inseguirà; io dimostrerò la mia gloria contro il faraone e tutto il suo esercito, così gli Egiziani sapranno che io sono il Signore! Essi fecero in tal modo.
Quando fu riferito al re d'Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: Che abbiamo fatto, lasciando partire Israele, così che più non ci serva! Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese poi seicento carri scelti e tutti i carri di Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi.
Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re di Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare: tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito si trovarono presso Pi-Achirot, davanti a Baal-Zefon. Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani muovevano il campo dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. Poi dissero a Mosè: Forse perché non c'erano sepolcri in Egitto ci hai portati a morire nel deserto? Che hai fatto, portandoci fuori dall'Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l'Egitto che morire nel deserto?
Mosè rispose: Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza che il Signore oggi opera per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli. Il Signore disse a Mosè: Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all'asciutto.
Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri.
L'angelo di Dio, che precedeva l'accampamento d'Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. Venne così a trovarsi tra l'accampamento degli Egiziani e quello d'Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte. Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d'oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero.
Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani! Il Signore disse a Mosè: Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri.
Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l'esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull'asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l'Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè”.
Il Mare si apre per miracolo. Il miracolo è per gli Ebrei. La parola della fede è per loro, non per altri.
Questo deve insegnarci che la Parola ha sempre un destinatario ben preciso. Essa agisce per il destinatario. Per quanti non sono destinatari della Parola, questa non può agire.
È questo il motivo per cui il Mare si apre per gli Ebrei e si chiude per gli Egiziani.
Se fosse stato un fatto naturale, come naturalmente si era aperto per gli Ebrei, così naturalmente sarebbe potuto anche rimanere aperto per gli Egiziani.
Essendo però l’apertura un fatto di fede, per fede si apre per coloro per i quali si deve aprire, per fede si chiude per coloro per i quali si deve chiudere.
È il frutto personalizzato della Parola che la costituisce Parola della fede, Parola di Dio.
Questa constatazione deve far sì che una fede più grande nasca nel cuore verso la Parola di Dio, o verso il Dio della Parola. Questa più grande fede deve nascere sia in colui che proferisce la Parola di Dio come anche in coloro che sono i beneficiari di essa.
Osservazione: Questa è lo specifico sia del fatto della notte della liberazione, che del giorno dell’attraversamento del Mar Rosso: la fede genera un frutto di fede. Dalla fede nasce la fede; dalla fede matura sempre una fede più grande.
[30]Per fede caddero le mura di Gerico, dopo che ne avevano fatto il giro per sette giorni.
Gerico è stata conquistata per grazia di Dio, non per stratagemma militare degli Ebrei. Ecco come sono andati i fatti.
Gs 6,1-27: “Ora Gerico era saldamente sbarrata dinanzi agli Israeliti; nessuno usciva e nessuno entrava. Disse il Signore a Giosuè: Vedi, io ti metto in mano Gerico e il suo re. Voi tutti prodi guerrieri, tutti atti alla guerra, girerete intorno alla città, facendo il circuito della città una volta. Così farete per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno sette trombe di corno d'ariete davanti all'arca; il settimo giorno poi girerete intorno alla città per sette volte e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando si suonerà il corno dell'ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, tutto il popolo proromperà in un grande grido di guerra, allora le mura della città crolleranno e il popolo entrerà, ciascuno diritto davanti a sé.
Giosuè, figlio di Nun, convocò i sacerdoti e disse loro: Portate l'arca dell'alleanza; sette sacerdoti portino sette trombe di corno d'ariete davanti all'arca del Signore. Disse al popolo: Mettetevi in marcia e girate intorno alla città e il gruppo armato passi davanti all'arca del Signore. Come Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe d'ariete davanti al Signore, si mossero e suonarono le trombe, mentre l'arca dell'alleanza del Signore li seguiva; l'avanguardia precedeva i sacerdoti che suonavano le trombe e la retroguardia seguiva l'arca; si procedeva a suon di tromba.
Al popolo Giosuè aveva ordinato: Non urlate, non fate neppur sentire la voce e non una parola esca dalla vostra bocca finché vi dirò: Lanciate il grido di guerra, allora griderete. L'arca del Signore girò intorno alla città facendo il circuito una volta, poi tornarono nell'accampamento e passarono la notte nell'accampamento. Di buon mattino Giosuè si alzò e i sacerdoti portarono l'arca del Signore; i sette sacerdoti, che portavano le sette trombe di ariete davanti all'arca del Signore, avanzavano suonando le trombe; l'avanguardia li precedeva e la retroguardia seguiva l'arca del Signore; si marciava a suon di tromba. Girarono intorno alla città, il secondo giorno, una volta e tornarono poi all'accampamento. Così fecero per sei giorni.
Al settimo giorno essi si alzarono al sorgere dell'aurora e girarono intorno alla città in questo modo per sette volte; soltanto in quel giorno fecero sette volte il giro intorno alla città. Alla settima volta i sacerdoti diedero fiato alle trombe e Giosuè disse al popolo: Lanciate il grido di guerra perché il Signore mette in vostro potere la città. La città con quanto vi è in essa sarà votata allo sterminio per il Signore; soltanto Raab, la prostituta, vivrà e chiunque è con lei nella casa, perché ha nascosto i messaggeri che noi avevamo inviati.
Solo guardatevi da ciò che è votato allo sterminio, perché, mentre eseguite la distruzione, non prendiate qualche cosa di ciò che è votato allo sterminio e rendiate così votato allo sterminio l'accampamento di Israele e gli portiate disgrazia. Tutto l'argento, l'oro e gli oggetti di rame e di ferro sono cosa sacra per il Signore, devono entrare nel tesoro del Signore.
Allora il popolo lanciò il grido di guerra e si suonarono le trombe. Come il popolo udì il suono della tromba ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono; il popolo allora salì verso la città, ciascuno diritto davanti a sé, e occuparono la città. Votarono poi allo sterminio, passando a fil di spada, ogni essere che era nella città, dall'uomo alla donna, dal giovane al vecchio, e perfino il bue, l'ariete e l'asino.
Ai due uomini che avevano esplorato il paese, Giosuè disse: Entrate nella casa della prostituta, conducete fuori lei e quanto le appartiene, come le avete giurato. Entrarono i giovani esploratori e condussero fuori Raab, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e tutto quanto le apparteneva; fecero uscire tutta la sua famiglia e li stabilirono fuori dell'accampamento di Israele. Incendiarono poi la città e quanto vi era, soltanto l'argento, l'oro e gli oggetti di rame e di ferro deposero nel tesoro della casa del Signore.
Giosuè però lasciò in vita Raab, la prostituta, la casa di suo padre e quanto le apparteneva, ed essa abita in mezzo ad Israele fino ad oggi, perché aveva nascosto gli esploratori che Giosuè aveva inviato a Gerico. In quella circostanza Giosuè fece giurare: Maledetto davanti al Signore l'uomo che si alzerà e ricostruirà questa città di Gerico! Sul suo primogenito ne getterà le fondamenta e sul figlio minore ne erigerà le porte! Il Signore fu con Giosuè, la cui fama si sparse in tutto il paese”.
Il Signore attraverso questo fatto vuole insegnare al suo popolo che non è per forza umana che la Terra Promessa sarà conquistata, ma per sua grazia e per un particolare dono della sua misericordia.
Vuole altresì insegnare al suo popolo che la vita è solo nella sua Parola e dalla sua Parola. Senza la sua Parola non c’è vita. Fuori della sua Parola non c’è vita.
La vita è nella sua e dalla sua Parola se fedelmente eseguita. Israele questo non dovrà mai dimenticarlo. Il giorno in cui confiderà in se stesso, sarà la morte per tutto il popolo del Signore.
[31]Per fede Raab, la prostituta, non perì con gl'increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori.
Quella di Raab è una fede che nasce dalla storia e diviene comunione con la storia della salvezza di Dio. La comunione è condivisione di quella stessa storia, accogliendo di farne parte, schierandosi dalla sua parte.
Gs 2,1-24: “In seguito Giosuè, figlio di Nun, di nascosto inviò da Sittim due spie, ingiungendo: Andate, osservate il territorio e Gerico. Essi andarono ed entrarono in casa di una donna, una prostituta chiamata Raab, dove passarono la notte.
Ma fu riferito al re di Gerico: Ecco alcuni degli Israeliti sono venuti qui questa notte per esplorare il paese. Allora il re di Gerico mandò a dire a Raab: Fa’ uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti per esplorare tutto il paese.
Allora la donna prese i due uomini e, dopo averli nascosti, rispose: Sì, sono venuti da me quegli uomini, ma non sapevo di dove fossero. Ma quando stava per chiudersi la porta della città al cader della notte, essi uscirono e non so dove siano andati. Inseguiteli subito e li raggiungerete.
Essa invece li aveva fatti salire sulla terrazza e li aveva nascosti fra gli steli di lino che vi aveva accatastato. Gli uomini li inseguirono sulla strada del Giordano verso i guadi e si chiuse la porta, dopo che furono usciti gli inseguitori. Quelli non si erano ancora coricati quando la donna salì da loro sulla terrazza e disse loro: So che il Signore vi ha assegnato il paese, che il terrore da voi gettato si è abbattuto su di noi e che tutti gli abitanti della regione sono sopraffatti dallo spavento davanti a voi, perché abbiamo sentito come il Signore ha prosciugato le acque del Mare Rosso davanti a voi, alla vostra uscita dall'Egitto e come avete trattato i due re Amorrei, che erano oltre il Giordano, Sicon ed Og, da voi votati allo sterminio.
Lo si è saputo e il nostro cuore è venuto meno e nessuno ardisce di fiatare dinanzi a voi, perché il Signore vostro Dio è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra. Ora giuratemi per il Signore che, come io ho usato benevolenza, anche voi userete benevolenza alla casa di mio padre; datemi dunque un segno certo che lascerete vivi mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e quanto loro appartiene e risparmierete le nostre vite dalla morte. Gli uomini le dissero: A morte le nostre vite al posto vostro, purché non riveliate questo nostro affare; quando poi il Signore ci darà il paese, ti tratteremo con benevolenza e lealtà.
Allora essa li fece scendere con una corda dalla finestra, perché la sua casa era addossata al muro di cinta; infatti sulle mura aveva l'abitazione. Disse loro: Andate verso la montagna, perché non si imbattano in voi i vostri inseguitori e là rimarrete nascosti tre giorni fino al loro ritorno; poi andrete per la vostra strada. Le risposero allora gli uomini: Saremo sciolti da questo giuramento, che ci hai fatto fare, a queste condizioni: quando noi entreremo nel paese, legherai questa cordicella di filo scarlatto alla finestra, per la quale ci hai fatto scendere e radunerai presso di te in casa tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre. Chiunque allora uscirà dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sulla sua testa e noi non ne avremo colpa; chiunque invece sarà con te in casa, il suo sangue ricada sulla nostra testa, se gli si metterà addosso una mano. Ma se tu rivelerai questo nostro affare, noi saremo liberi da ciò che ci hai fatto giurare.
Essa allora rispose: Sia così secondo le vostre parole. Poi li congedò e quelli se ne andarono. Essa legò la cordicella scarlatta alla finestra. Se ne andarono dunque e giunsero alla montagna dove rimasero tre giorni, finché non furono tornati gli inseguitori. Gli inseguitori li avevano cercati in ogni direzione senza trovarli. I due uomini allora tornarono sui loro passi, scesero dalla montagna, passarono il Giordano e vennero da Giosuè, figlio di Nun, e gli raccontarono quanto era loro accaduto. Dissero a Giosuè: Dio ha messo nelle nostre mani tutto il paese e tutti gli abitanti del paese sono già disfatti dinanzi a noi”.
Introducendo la fede di Raab si è detto che essa nasce dalla storia. Questa fede però da sola non dona salvezza.
Perché questa fede generi salvezza è necessario che diventi essa stessa nostra storia, o che noi apparteniamo ad essa.
Si appartiene ad essa con scelte puntuali, precise, chiare. Raab sceglie di essere con questa storia, scegliendo di salvare gli Esploratori.
Salva la fede che diviene condivisione di vita con coloro che la Parola della fede vivono e di cui noi vediamo i frutti attraverso la storia che si compie dinanzi a noi. L’ammirazione, lo stupore, la contemplazione di questa storia da sola non è sufficiente perché vi sia salvezza.
La salvezza è nella Parola che genera la storia. Per entrare nella salvezza occorre entrare nella storia. La storia è del popolo. Si entra nella storia facendo parte del popolo che la storia vive e realizza.
Osservazione: Questa verità deve insegnarci una sola cosa: non si può stare dinanzi alla porta della Parola o della storia che dalla Parola viene posta in essere per ricevere la salvezza. La Parola che diviene storia è il modo attraverso cui il Signore ci parla perché anche noi diveniamo parte di questa storia. La scelta però è nostra e solo nostra. Se entriamo nella Parola c’è anche per noi la salvezza ; se rimaniamo fuori anche per noi si chiude la porta della salvezza. Restiamo là dove eravamo prima, con la responsabilità colpevole di non aver ascoltato la Parola che Dio ci rivolgeva attraverso la storia. Altra osservazione assai importante è questa: spetta ad ognuno che ascolta la Parola della fede trasformarla in storia, affinché la storia che nasce dalla Parola divenga voce attraverso cui il Signore chiama altri ad entrare nella sua Parola. Così è via della fede la Parola ed è via della fede la storia che nasce dalla Parola.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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