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COMMENTO DELLA LETTERA AGLI EBREI

Ultimo Aggiornamento: 05/02/2019 14:01
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15/01/2012 15:25
 
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CAPITOLO DECIMO

IMPOTENZA DEI SACRIFICI ANTICHI
[1]Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.
Come si è già potuto constatare l’argomentazione dell’Autore si muove su due direttrici opposte: la prima è finalizzata a dimostrare l’inefficacia dei sacrifici antichi, offerti a Dio secondo la legge e dall’altra la potenza di redenzione e di salvezza contenuta nell’offerta che Cristo ha fatto di se stesso al Padre.
Così argomentando, viene messa in evidenza non solo l’inutilità quanto alla perfezione del vecchio culto, ma anche l’esigenza stessa che venga cambiato. I figli di Israele, o Ebrei, che sono i destinatari della Lettera, così non solo sanno che l’antico culto è stato inefficace, ma anche che è inefficace e sarà inefficace.
Se loro vogliono raggiungere la vera purificazione, di certo mai potranno ottenerla offrendo a Dio il sacrificio di tori e di vitelli, o in genere l’oblazione di cose della natura.
Se la natura creata avesse tanta forza di santificare l’uomo, dovremmo confessare che essa è più potente, più grande dello stesso uomo. Mentre sappiamo che l’intero creato è sotto il dominio dell’uomo e che nessuna cosa creata è superiore all’uomo – tranne gli Angeli. Lo attesta il libro sacro quando dice che l’uomo è stato fatto di poco inferiori agli Angeli.
Le verità insegnate dall’autore in questo primo versetto sono:
Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose: Questa verità è già stata precedentemente manifestata e chiarita in ogni suo più piccolo particolare. C’è l’ombra e c’è la realtà. Tutto ciò che avviene sotto la legge è solo ombra, non realtà. La realtà è un’altra ed è sostanzialmente diversa.
Non ha il potere di condurre alla perfezione: La perfezione è portare, o riportare l’uomo nella verità del suo essere per la realizzazione della sua vocazione eterna. Indipendentemente dall’inefficacia dei sacrifici e della loro inutilità quanto alla perfezione, la legge non ha potere di condurre alla perfezione per un motivo semplicissimo: essa non possiede quei beni come dono. Se non li possiede, neanche può donarli. Non donandoli, neanche può portare alla perfezione essendo questa nel possesso e nello sviluppo pieno di quei beni futuri. È giusto che questa verità venga presa seriamente in considerazione, se si vuole intraprendere l’unica via giusta che può portare alla vera purificazione e quindi alla vera perfezione. Accolta questa verità, che il sacrificio antico ci sia, o non ci sia, la perfezione non si potrà mai raggiungere. Ci si può chiedere allora per quale ragione, o motivo venissero offerti. La risposta la conosciamo già: L’ombra dei beni futuri aveva bisogno di rimanere sempre nella sua verità di ombra e i sacrifici le conferivano questa possibilità.
Per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio: In parte si è già risposto. Questi sacrifici erano a servizio di una legge che non possedeva la realtà, bensì solo un’ombra della realtà futura. La perfezione è nell’acquisizione della realtà. Questi sacrifici erano a servizio dell’ombra, mai sarebbero potuti essere servi della realtà, o dei beni futuri. L’Autore fa un ragionamento semplice: il meno non può dare il più. Ciò che è a servizio dell’ombra, non può essere a servizio della realtà, anche perché la realtà non esiste ancora, perché ancora non è stata donata, offerta, elargita. Anche sulla ripetizione dei sacrifici antichi si è già parlato in lungo e in largo.
La conclusione non può essere che una sola: la legge non possiede la realtà. Essa è a servizio dell’ombra e tutto ciò che avviene sotto di essa conserva e possiede la stessa finalità: servire l’ombra, non la realtà.
[2]Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?
Sotto diversa argomentazione l’Autore ribadisce l’idea, o verità, dell’inefficacia dei sacrifici antichi.
Se avviene la vera purificazione, avviene anche la perfezione; se avviene la perfezione avviene anche la purificazione della coscienza. Entrando nella verità del suo essere – questo deve significare purificazione – l’uomo avrebbe anche perso la coscienza dei peccati.
Avrebbe avvertito in sé la liberazione della sua coscienza da ogni colpa e da ogni pena.
Invece tutto questo non è avvenuto. Anzi i sacrifici si sono moltiplicati sempre più a causa dei peccati che divenivano assai numerosi.
Questa moltiplicazione dei peccati per l’Autore ha un solo significato: l’inefficacia dei sacrifici offerti nell’ottenere la purificazione della coscienza, che avviene non nel perdono, ma nella vittoria sul peccato, avviene cioè quando il peccatore smette di peccare e inizia un vero cammino nella giustizia e nella santità, che è compimento perfetto di ogni Parola che è uscita dalla bocca di Dio.
Questa è la vera purificazione: l’impeccabilità concessa ad un uomo. Questa impeccabilità non si otteneva con i sacrifici antichi. Questi attestano così la loro inefficacia e la loro inutilità quanto alla creazione di un nuovo uomo e di una nuova natura, capace di amare il Signore e di servirlo secondo ogni giustizia e verità.
Lo si è già detto – è giusto che lo ricordiamo al nostro cuore e alla nostra mente – l’inefficacia non è tanto nel sacrificio, ma è in tutta la legge. È già questa inefficace, perché non è a servizio della realtà dei beni futuri, quanto piuttosto delle ombre e delle figure di quei beni. Non essa è a servizio della verità piena, bensì di quanto verso la verità può solo accompagnare.
Quando una “cosa” ha prodotto il suo effetto, è inutile ripeterla ancora. È contro ogni ragionevolezza, ogni sapienza e intelligenza. Sarebbe stato irragionevole, non sapiente e non intelligente ripetere un sacrificio che aveva già prodotto i suoi effetti di perfezione sull’offerente e su coloro per i quali venivano offerti.
Se si ripete il sacrificio, è solo perché gli effetti non sono stati raggiunti. Poiché la ripetizione è continua e interminabile, è segno questo della loro inefficacia e inutilità quanto al raggiungimento della purificazione della coscienza dei peccati.
[3]Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati, [4]poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.
Il sacrificio cosa fa invece? Proprio questo: ci ricorda il peccato e la necessità che esso venga perdonato. Perché ce lo ricorda? Perché esso, il sacrificio, non ha la forza di eliminarlo, di cancellarlo, di toglierlo dal nostro cuore.
L’affermazione di questo versetto è categorica, assoluta. Poiché è in forma affermativa e non dimostrativa, essa è vera rivelazione che lo Spirito ci fa per mezzo dell’Autore.
Ci sono delle verità che l’Autore mutua dall’Antico Testamento, altre verità le trae dalla sua fede, altre ancora, come si è potuto già constatare sono rivelazioni contenute solo in questa Lettera e che fanno parte del grande patrimonio delle verità del Nuovo Testamento.
La verità è questa: è impossibile eliminare i peccato con il sangue di tori e di capri.
Il sangue di tori e di capri è segno, non realtà. Lo abbiamo già in qualche modo intravisto: esso è segno del sangue di Dio, non dell’uomo. Verso questa verità ci conduce l’Autore.
Se è segno, non può avere mai l’efficacia della realtà del vero sangue, del sangue di Dio.
Per questo motivo esso rinvia al sangue vero, il solo capace di eliminare il peccato, di toglierlo dal cuore, dalla coscienza, dall’essere stesso dell’uomo.
Questa affermazione, anche senza alcuna dimostrazione a sostegno – tutto l’Antico e il Nuovo Testamento sono a sostegno di essa – dichiara inefficaci quanto all’eliminazione dei peccati tutti i sacrifici antichi.
Se sono inefficaci, inutile continuare ad offrirli ancora. Inutile osservare una ritualità e un culto che non dona ciò che l’uomo desidera: l’eliminazione dei suoi peccati, il suo ritorno nella giustizia vera e nella perfezione, cui il Signore lo chiama e per la quale lo ha creato.
Nasce dalla verità l’unica conclusione possibile: chi vuole l’eliminazione dei propri peccati deve cercare un altro sangue capace di eliminarli. L’Autore lo ha già detto, ricordando anche il Levitico: senza sacrificio non c’è redenzione (sine effusione sanguinis non fit redemptio). Poiché la redenzione è nel sangue e il sangue dei tori e dei capri non opera l’eliminazione dei peccati, ognuno è obbligato a cercare l’altro sangue, quello capace, è questo sangue è solo quello di Dio, quello della Persona del Figlio di Dio. È il sangue della sua natura umana, quello che ha assunto nel momento dell’Incarnazione, quando è divenuto uomo, vero uomo, ed ha posto la sua dimora, la sua tenda in mezzo a noi.
Affermata questa verità, nasce l’obbligo di coscienza di cercare questo sangue. L’Autore però non solo deve dire che c’è bisogno dell’altro sangue, di un sangue diverso, di un sangue divino, deve dirci anche dove è possibile trovarlo e chi ce lo ha donato.
[5]Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Viene ora citato il Salmo 39 nella sua parte centrale. Tutto il Salmo così recita. Lo riportiamo tutto, perché dal contesto è più facile argomentare.
“Al maestro del coro. Di Davide. Salmo. Ho sperato: ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. Mi ha tratto dalla fossa della morte, dal fango della palude; i miei piedi ha stabilito sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, lode al nostro Dio. Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. Beato l'uomo che spera nel Signore e non si mette dalla parte dei superbi, né si volge a chi segue la menzogna. Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio, quali disegni in nostro favore: nessuno a te si può paragonare. Se li voglio annunziare e proclamare sono troppi per essere contati.
Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore. Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore, la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato. Non ho nascosto la tua grazia e la tua fedeltà alla grande assemblea. Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia, la tua fedeltà e la tua grazia mi proteggano sempre, poiché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non posso più vedere. Sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno. Degnati, Signore, di liberarmi; accorri, Signore, in mio aiuto. Vergogna e confusione per quanti cercano di togliermi la vita. Retrocedano coperti d'infamia quelli che godono della mia sventura. Siano presi da tremore e da vergogna quelli che mi scherniscono.
Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano, dicano sempre: Il Signore è grande, quelli che bramano la tua salvezza. Io sono povero e infelice; di me ha cura il Signore. Tu, mio aiuto e mia liberazione, mio Dio, non tardare.
È questo insieme il canto della Persona di Cristo, della Sua Santità, ma anche il canto dell’umanità nostra che è in Cristo. È il Canto della sua Passione e della nostra, perché è il canto di chi vede e sa l’umanità nel peccato e il peccato ha preso sulle sue spalle per toglierlo dal mondo. “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Lo toglie perché lo ha assunto. Può toglierlo, perché non lo ha mai conosciuto. Non lo ha mai conosciuto perché mai lo ha commesso. “Quello che non ha conosciuto il peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore”. Questa è la verità di questo Salmo e secondo questa verità bisogna pensare, ma anche credere.
Le affermazioni di questo v. 5 dono due, in verità una semplice e l’altra che serve a preparare le menti per accogliere la verità centrale del “punto capitale” che l’Autore sta trattando.
Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta: Cristo entra nel mondo con l’Incarnazione. Il Verbo che è Dio, presso Dio, che è in principio, si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi. Incarnandosi entra nel mondo. Entra nel mondo non come vero Dio solamente, ma anche come vero uomo. Quando entra nel mondo cosa dice? A chi lo dice? Dice a Dio, al Padre suo: tu non hai voluto né sacrificio né offerta. Si tratta dei sacrifici e delle offerte prescritti dalla Legge Antica. La prima verità è questa: Cristo non è venuto per continuare il sacerdozio secondo Aronne, altrimenti avrebbe dovuto continuare ad offrire questi sacrifici e le vittime ad essi legate. Dio non vuole, non ha voluto da Lui questo. Vuole da Lui altro. Perché vuole da Lui altro? Perché Dio ha già promesso altre cose e queste altre cose sono la Nuova Alleanza, che ha bisogno di un nuovo sacrificio, ma anche di un nuovo sacerdote. Questa è la verità, l’unica verità. È giusto osservare – spesse volte lo si è già rimarcato – che il sacerdozio di Cristo non è per volontà di Cristo, è invece per volontà di Dio. Di quale Dio? Di quello che gli Ebrei adorano. Quel Dio che essi adorano e nel quale credono vuole questo nuovo sacrificio e questo nuovo sacerdozio. Il problema vero così si sposta dalla redenzione alla fede. Chi crede in Dio deve credere in ogni Parola detta da Dio, pronunciata da Dio, manifestata da Dio. Non può credere in una Parola e in un’altra far finta che Dio non l’abbia mai detta. Cristo, anche Lui è dalla volontà del Padre, è per la volontà del Padre, è nella volontà del Padre, è con la volontà del Padre. Cristo è nella vera fede. Lo attesta l’espressione di questo Salmo: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta. Chi non ha voluto è Dio. Se è Dio che non ha voluto, che non vuole quei sacrifici e quelle offerte, crede in Dio chi passa in questa sua volontà attuale. Chi non passa, non crede più in Dio. Non crede, perché la fede in Dio non è nella Parola di ieri, è nella Parola di oggi. L’oggi della fede è la fede, tutta la fede. Senza l’oggi non c’è fede in Dio. O si passa nell’oggi, o si rimane fuori, si è tagliati dalla vera fede, dalla fede che salva, redime, giustifica, santifica, rende perfetti.
Un corpo invece mi hai preparato: si è detto che questa seconda verità è in funzione della verità centrale, del cuore dell’argomentazione dell’Autore. Il corpo che Dio prepara a Cristo, al Verbo eterno, è il corpo dell’Incarnazione, è la natura umana. Non si tratta semplicemente di un corpo senz’anima. Si tratta dell’anima e del corpo, si tratta della vera umanità di Cristo Gesù, che è vero Dio e vero Uomo, vero nella divinità e vero nell’umanità, consustanziale a Dio nella divinità, consustanziale all’uomo nell’umanità. Ancora una volta è manifestato che il Soggetto che agisce, che rivela la sua volontà, che agisce e che opera: è il Padre. Il Padre non vuole né sacrificio né offerta. Il Padre prepara un corpo a Cristo, gli dona la vera umanità. È il Padre che vuole l’Incarnazione del Verbo. Lo si è detto: Cristo Gesù è dal Padre e per il Padre. È dal Padre e per il Padre nell’eternità, quando non era Verbo Incarnato. È dal Padre e per il Padre nel tempo, ora che è Verbo Incarnato. Il Padre gli prepara la vera umanità perché da questa umanità egli deve attingere il sangue, sangue di Dio, per la purificazione dei peccati. Il sangue dell’umanità è sangue della Persona del Figlio di Dio, è sangue di Dio in ragione dell’unione ipostatica. La Persona Divina si incarna, la Persona divina acquisisce l’umanità, diviene umanità concreta, corpo e anima concreti, singolari. Il sangue è quindi della Persona, come tutta l’umanità è della Persona, ecco perché il sangue è di Dio.
[6]Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Prima aveva detto: Tu non hai voluto né sacrificio, né offerta. Ora aggiunge: Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Questa seconda affermazione, la si comprende bene, se si dona ad essa un senso limitativo, restrittivo.
La restrizione è questa: la Legge antica prescriveva i sacrifici e le offerte. Essendo quelle espressioni della Legge che è manifestazione della volontà di Dio, dobbiamo necessariamente escludere che questo versetto si riferisca a tutto l’Antico Testamento.
Dove è allora l’interpretazione restrittiva? Essa è proprio nell’esclusione da questo versetto di tutto l’Antico Testamento e di ogni sua prescrizione rituale, in modo che venga applicato solo a Cristo Gesù.
Da Cristo Gesù Dio non ha voluto né olocausti né sacrifici per il peccato. Cristo Gesù Dio ha escluso dall’esercizio del sacerdozio alla maniera di Aronne.
Poiché il sacerdozio secondo Aronne consisteva proprio nelle offerte degli olocausti e dei sacrifici, escludendo Cristo dall’offrire proprio tali cose, necessariamente lo esclude anche dal sacerdozio che tali cose offriva.
Cristo Gesù non può offrire queste cose, perché Dio da Lui non le gradisce. Non le gradisce perché Lui deve offrire altre cose.
Con quest’ultima affermazione si dimostra ancora una volta che non è Cristo che decide e vuole, o che sostituisce il sacerdozio antico, ma è il Padre che dice a Cristo le cose che gli sono gradite e quelle che lui non gradisce.
Dio non gradisce tutto ciò che è inefficace in ordine al compimento della perfezione dell’uomo che Lui ha in mente di realizzare. Per questa perfezione occorre un altro sacrificio e un altro sacerdozio.
Ad ogni uomo, Ebreo e non, la responsabilità di aprirsi alla fede, o di rinchiudersi nella sua vecchia fede e vecchia religiosità, o cultualità che non è più manifestazione della volontà del Padre.
Tutto diventa chiaro dalla volontà attuale di Dio su Cristo, ma anche sulla volontà attuale di Dio sull’umanità.
Fermarsi a ciò che fu, non solo significa arrestare il cammino della nostra vera umanizzazione, quanto anche ha il significato di rinchiudere Dio nei nostri vecchi schemi religiosi e in quelle forme che hanno accompagnato il cammino religioso dell’uomo fino ad oggi, ma che in nessun modo possono imprigionarlo in un passato che sarebbe solo morte per lui, perché ostacolo al suo vero farsi e ad ogni suo più autentico divenire.
Dio è. L’uomo diviene, si fa, si realizza, si compie. Diviene tutto questo camminando nella parola che Dio gli fa sentire oggi, in quest’ora e in questo tempo particolare della sua storia.
[7]Allora ho detto: Ecco, io vengo poiché di me sta scritto nel rotolo del libro per fare, o Dio, la tua volontà.
Possiamo definire questo versetto la chiave di lettura di tutta la Lettera agli Ebrei, ma anche di tutto il Nuovo e l’Antico Testamento.
Qui non viene manifestata qual è la volontà di Dio. Non la conosciamo.
Viene però manifestato qual è lo spirito di Cristo, il suo sentimento, il suo cuore, il suo pensiero.
Lui è da Dio. È da Dio sempre, nell’eternità e nel tempo, prima della croce, sulla croce e dopo di essa.
È da Dio perché è nella sua volontà, la sua volontà conosce, la sua volontà realizza, attua, compie in ogni sua parte.
Lo sappiamo attraverso il Vangelo secondo Giovanni: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere le sue opere”.
Questa volontà non è Lui, Cristo Gesù, a scriversela. È Dio che l’ha scritta per Lui fin dall’eternità.
Il rotolo del libro è il libro dei pensieri eterni di Dio. Da quando Dio esiste – ed esiste da sempre perché Dio è da sé e non da altri – Dio ha pensato, ha voluto l’Incarnazione del Verbo, del Suo Figlio Unigenito. Non solo ha voluto l’Incarnazione, da sempre ha voluto anche il Verbo della Vita, perché il Verbo è dal Padre, se è dal Padre è anche dalla Sua volontà eterna – questo però è mistero, è il mistero eterno di Dio: come il Dio eterno possa volere il Verbo Eterno e come il Verbo Eterno esista dall’Eternità, da sempre, ma esiste perché voluto dal Padre –. Dalla volontà eterna del Padre, ma non dall’eternità, da sempre è anche l’uomo nel pensiero di Dio.
L’uomo è stato fatto ad Immagine di Dio, ma nell’Immagine di Dio bisogna anche mettere la volontà eterna di Dio che ha pensato e voluto già l’Incarnazione.
L’uomo è quindi ad immagine del Verbo Incarnato, anche se l’Incarnazione ancora non era avvenuta. Era però nella mente eterna di Dio dalla quale è il Figlio eterno del Padre.
Anche l’uomo, ogni uomo, deve essere sempre dalla volontà del Padre. Non ci sono due volontà del Padre: quella verso Cristo, quella verso ogni altro uomo.
La volontà del Padre è una sola: Quella verso Cristo, che deve divenire volontà per ogni uomo. Ogni uomo deve trovare la volontà del Padre nella volontà che il Padre ha in Cristo Gesù per lui. Cristo Gesù, quindi, è il mediatore della volontà di Dio su ciascuno di noi e chi non trova la volontà di Dio in Cristo, è senza la volontà di Dio su di lui. Chi poi separa la volontà del Padre su Cristo dalla volontà che il Padre ha su di lui, rimane in eterno senza la volontà del Padre su di lui. Questa è verità eterna alla quale si assoggetta Cristo e in Cristo si deve assoggettare ogni uomo.
Questo principio dell’unica verità – verso Cristo e in Cristo verso di noi del Padre – deve convincerci di un grave errore che si commette nel mondo cristiano. L’errore è questo: la confusione tra verità di Dio e volontà di Dio.
La verità di Dio è universale, per tutti. Il Vangelo è universale, vale per ogni uomo, per sempre.
La volontà di Dio è personale, singolare. Ciò che è per una persona in particolare, non può essere per un’altra. Ogni uomo è avvolto da una particolare, singolare, volontà di Dio.
Possiamo dare la verità di Dio, possiamo insegnare il Vangelo. Non possiamo però dare al singolo la personale volontà di Dio, cioè: ciò che lui deve fare concretamente in ordine alla vita secondo il Vangelo. Il come, il dove, il quando non appartiene a nessun uomo deciderli per un altro.
La volontà di Dio, Dio non la dona a nessuno per un altro. Ognuno la riceve per se stesso.
Ognuno pertanto deve chiedere che il Signore gli manifesti la volontà perché lui la attui pienamente. Deve pregare che ogni altro accolga la volontà di Dio, ma in nessun caso può dirgli: questo vuole il Signore da te come volontà attuale di Dio sulla sua persona.
Nella Chiesa si insegna e si dona la verità. Nella Chiesa nessuno può dare la volontà di Dio. Chi la può donare è uno solo: il vero profeta, al quale il Signore la manifesta. “Dice il Signore: fa’ questo, vivi questo, scegli questa via…”. Lo dice il Signore, non l’uomo.
La vera adorazione è nel rispetto della volontà di Dio sugli altri. La vera adorazione, il vero culto è il compimento della volontà di Dio su di noi.
Leggendo secondo questa comprensione le parole del Salmo: “Allora ho detto: Ecco, io vengo poiché di me sta scritto nel rotolo del libro per fare, o Dio, la tua volontà”: dobbiamo dire tre verità:
Allora ho detto: L’accoglienza e la risposta di Cristo. Il rapporto in Dio, ma anche tra Dio e gli uomini è di volontà. Il Padre manifesta la sua volontà. Il Figlio l’accoglie. Dona il suo sì. Dice sì al Padre. Senza l’accoglienza della volontà del Padre, tutto rimane nel Padre, niente viene nell’uomo. Senza il dono della volontà dell’uomo alla volontà del Padre, niente si compie nell’uomo, ma anche niente si compie nella Trinità, se il Verbo non avesse dato la sua volontà eterna, quella della sua Persona divina, al Padre. In Dio, nella Trinità, regnando il perfettissimo amore, la comunicazione della volontà del Padre è già accettazione da parte del Figlio e dono della propria volontà al Padre perché compia il suo pensiero eterno di creazione, di redenzione, di giustificazione, di santificazione, di perfezione dell’uomo, di ogni uomo. Come in Dio, nella Trinità, c’è manifestazione ed accoglienza, così anche deve esserci nella relazione tra Dio e l‘uomo. Dio manifesta, all’uomo la libertà, ma anche la responsabilità di accogliere, o di rifiutare.
Poiché di me sta scritto nel rotolo del libro: Il libro è l’eternità stessa di Dio. È in questo libro dell’essenza divina la vocazione che Dio ha stabilito per ogni uomo. Questo libro bisogna conoscere, non per sapere ciò che devono fare gli altri, ma perché ognuno conosca ciò che il Signore ha stabilito, o scritto per Lui. La vera adorazione, il vero culto spirituale, la vera obbedienza a Dio è il compimento nella nostra vita di ciò che Dio ha scritto per noi in questo libro. Esso si conosce solo per rivelazione, per manifestazione. Dio lo rivela a chi glielo chiede con preghiera insistente nella manifestazione della volontà di accogliere tutto e ogni singola parte che in esso vi è scritto per noi. È l’accoglienza di quanto è scritto in questo libro per noi il passaggio dalla religiosità alla fede, dall’immanenza alla trascendenza, dalla pura e semplice moralità alla santità e alla perfezione cui chiama il Signore. Cristo sa cosa Dio ha scritto per Lui. Cristo questo vuole compiere. Per questo si incarna: per obbedienza al Padre. Per questo muore: per obbedienza al Padre, per compire ciò che il Padre ha scritto per Lui fin dall’eternità. Ciò che è scritto per noi nel rotolo del libro conosciuto e attuato fa la differenza tra la religione e la vera fede. È questo il sacrificio che Dio vuole: l’annullamento, o annientamento della nostra volontà umana, perché solo questa è ciò che ci appartiene e che Dio non potrà prendersi senza che noi glielo doniamo. È solo la volontà che possiamo sacrificare al Signore e nel sacrificio della volontà tutta intera la persona. Pensarsi il bene è religione ed è immanenza. Lasciarci pensare il bene da Dio e accoglierlo è fede ed è trascendenza. È obbligo del cristiano entrare nel rotolo del libro e portare in esso ogni altro uomo. È questa la sua vocazione e anche missione.
Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà: Non basta conoscere ciò che c’è scritto nel libro. Bisogna anche farlo. Per farlo è necessario rinunciare alla nostra volontà, perché solo quella di Dio viva ed operi in noi. Cristo nell’eternità accoglie la volontà del Padre. Sulla terra fa la volontà del Padre. La fa tutta. La fa in ogni sua parte. La fa in ogni istante della sua vita. Urge allora chiedersi come Gesù fosse in grado di conoscere sempre ciò che il Signore ha scritto e scriveva per Lui. La risposta non può essere che una sola: Cristo conosceva il pensiero, o la volontà del Padre su di Lui, perché viveva in una comunione di amore, di verità, di sapienza, di saggezza, di conoscenza con lo Spirito Santo. È lo Spirito di Dio la comunione di verità e di amore all’interno della Trinità. È anche Lui la comunione di verità e di amore tra noi e Dio in Cristo Gesù. Più ci si lascia muovere dallo Spirito Santo, più si è nella capacità di fare la volontà di Dio. Lo Spirito ci dona la conoscenza, ma anche la fortezza; ci dona la scienza, ma anche il consiglio, ci dona la sapienza, ma anche il timore di Dio assieme alla pietà, o Spirito di amore, perché nulla venga tralasciato di quanto Dio ha scritto per noi nel suo rotolo. È giusto però che si dica che lo Spirito non può intervenire nella nostra vita senza la nostra invocazione e lo si invoca nella preghiera. Agisce con una più sempre maggiore opera in noi, se noi lo ascoltiamo e ne viviamo la mozione. La crescita in sapienza e grazia con Lui deve essere inarrestabile. Fino all’ultimo giorno della nostra vita sulla terra Lui ci chiama a crescere in sapienza e grazia, perché è solo in questa crescita che Lui potrà dirci le ultime e definitive cose che dobbiamo fare perché tutto ciò che è scritto nel rotolo per noi, lo possiamo compiere tutto. Cristo Gesù è l’uomo inabitato dallo Spirito Santo, da Lui perennemente mosso e spinto nel perfetto compimento di quanto il Signore aveva scritto per Lui sul suo rotolo. Cristo e lo Spirito vivono però una intensissima comunione di amore e di verità e una perenne invocazione di aiuto, di sostegno, di fortezza, di ogni altro aiuto spirituale per assolvere ad ogni desiderio del Padre.
Non basta la vocazione eterna. Occorre la disponibilità anche a compierla. Ma prima ancora bisogna conoscerla. Gesù la conosce, la realizza, impegna tutto il suo essere umano e divino nel compimento della volontà del Padre.
[8]Dopo aver detto prima: non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose tutte che vengono offerte secondo la legge, [9]soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.
Su questi due versetti, o meglio sui versetti del Salmo 39: “ Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore”, è stato detto ogni cosa.
L’Autore tuttavia sente la necessità di ricordarli, avendo come intenzione di affermare due verità:
Cose tutte che vengono offerte secondo la legge: Sacrifici, offerte, olocausti, sacrifici per il peccato sono, queste, tutte prescrizioni che nascono dalla Legge. La Legge, lo si è visto, è una delle parti dell’Alleanza. Se cade l’Alleanza, cade anche la promessa, la legge, lo stesso rito antico del sangue. Gesù non è venuto per fare queste cose, perché il Padre queste cose né vuole, né gradisce. Se il Padre non le vuole, Cristo non le compie. Se il Padre non le gradisce, Cristo non le offre. Ancora una volta siamo rinviati alla Volontà di Dio. È Dio che ha stabilito una nuova alleanza. È Lui che l’ha voluta. È Lui che ha stabilito forme e modalità nuove. È Lui che invita e chiama a passare alla Nuova ed Eterna Alleanza.
Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo: Avendo Cristo scelto di fare la volontà di Dio – e la volontà di Dio è una sola: la stipula della Nuova Alleanza nel Suo Sangue – Egli abolisce il primo patto. Abolendo il primo patto, abolisce anche il primo sacrificio. L’Alleanza Nuova comporta un sacrificio nuovo, una legge nuova, un sangue nuovo, una promessa nuova. Tutto è nuovo nella Nuova Alleanza. Così il sacrificio antico, il primo, viene abolito nel momento stesso in cui Cristo accoglie di fare la volontà di Dio, anche se effettivamente, o realmente, lo diviene nel momento in cui l’Alleanza Nuova ed Eterna è stata sigillata sulla croce.
In questi versetti del Salmo 39 è assai importante comprendere che la volontà che Cristo sceglie di fare è quella di realizzare la Nuova Alleanza. Questa è la sola, l’unica verità secondo la quale bisogna leggere questo Salmo. Altre volontà di Dio non esistono per riguardo a Cristo Gesù. Altre volontà neanche è giusto che le supponiamo come possibili per Lui.
[10]Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.
Anche le verità contenute in questo versetto sono ormai patrimonio acquisito: la santificazione è per opera di Cristo Gesù, grazie al suo corpo offerto una volta per tutte.
Tuttavia è bene aggiungere qualche altra parola di commento ad ogni singola affermazione contenuta in esso:
Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati: La volontà è quella di Dio Padre, fatta propria da Cristo Gesù. La volontà di Dio Padre è quella di stabilire una Nuova Alleanza. Cristo Gesù accoglie tutta la volontà del Padre. La porta a compimento in ogni sua parte. Niente della Volontà del Padre è rimasto incompiuto in Lui. Tutto invece è stato compiuto. Poiché la santificazione è propria della Nuova Alleanza, accogliendo la volontà del Padre e portandola a realizzazione, Gesù dona ad ogni uomo di entrare in questa Nuova ed Eterna Alleanza e di ricevere la santificazione da parte di Dio Onnipotente. L’iter è questo: Volontà del Padre, Volontà di Cristo, realizzazione della Volontà del Padre fatta propria da Cristo, stipula dell’Alleanza, santificazione dei credenti.
per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo: La santificazione è per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo. L’offerta però è il frutto dell’accoglienza da parte di Cristo Gesù della volontà del Padre: “Ecco io vengo, o Padre, per fare la tua volontà”. Il corpo di Cristo è il corpo del sacrificio, dell’immolazione. È il corpo offerto per sigillare la Nuova ed Eterna Alleanza. Come nel Vecchio Patto l’Alleanza veniva sigillata con l’aspersione del sangue dell’animale, così la Nuova è sigillata nel versamento del sangue di Cristo Gesù. È il Sangue del Suo Corpo, il corpo è della Persona divina. Per questo esso è sangue e corpo di Dio, perché Gesù è vero Dio. Quello che interessa affermare in questo versetto è che il corpo di Cristo è vero corpo del sacrificio e il sangue, vero sangue dell’Alleanza. Altra cosa che dobbiamo puntualizzare è la seguente: il sangue e il corpo dell’animale è stato sostituito con il corpo e il sangue di Cristo Gesù, sangue e corpo della Sua natura umana e per questo corpo e sangue del Signore, del Signore che è Dio. In Cristo, ciò che nell’Antico Patto si faceva nel segno del sangue dell’animale, ora lo si fa nella realtà del corpo e del sangue di Cristo. Ciò che prima era nel segno, nella figura, ora è nella sostanza, nella verità, nella realtà del vero corpo e del vero sangue di Dio.
Fatta una volta per sempre: Anche questa è verità centrale della nostra fede. Un solo sacrificio, una sola immolazione, un solo olocausto, una sola morte, una sola vita donata, una sola offerta. Ciò che ha fatto Cristo lo ha fatto una volta per sempre. Questo vuol dire che non c’è più ripetizione né di sacerdozio, né di offerta, né di sacrificio. Quanto al sacrificio c’è l’attualizzazione in ogni celebrazione dell’Eucaristia. Quanto invece al Sacerdozio, Gesù partecipa alla sua Chiesa il suo unico ed eterno sacerdozio. Tutto è in Cristo. Niente più fuori di Lui. Tutti si offre in Cristo, si offre in Cristo perché Lui oggi è l’offerente e lo è per tutta l’eternità. Quanti offrono Lui lo fanno in Lui, con Lui, per Lui. Lo fanno perché Lui ha reso loro partecipi del Suo unico ed eterno sacerdozio. Questo è anche il motivo dell’unità del Sacerdozio all’interno della Chiesa di Dio. Tutti sono veri sacerdoti, ma tutti esercitano l’unico ed eterno sacerdozio che Cristo ha loro partecipato. Il sacerdozio è di Cristo ed è Cristo che dona unità al sacerdozio della Chiesa, quello ordinato.
[11]Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.
Quanto l’Autore afferma in questo versetto si riferisce alla Legge antica e in modo particolare all’Antica Alleanza.
Nell’Antica Alleanza molti erano i sacerdoti, molti i sacrifici, molte le offerte.
A quei tempi si viveva in una perenne ripetizione di sacrifici e di offerte sacre per il Signore.
L’Autore dice: “ogni giorno” e “molte volte”. Ogni giorno si offrivano vittime e le vittime venivano offerte molte volte.
Ciò che è importante puntualizzare è che nonostante la molteplicità delle offerte, o i sacrifici senza numero, questi non avevano la capacità di eliminare il peccato.
Si è detto cosa si deve intendere per eliminazione del peccato. Non solo si toglie la colpa, perché perdonata e la pena perché espiata, si dona anche all’uomo un cuore nuovo, uno spirito nuovo, una mente nuova, una volontà nuova perché possa vivere sempre in un crescendo di grazia e di verità, di scienza e di sapienza, fino al perfetto compimento di tutta la volontà di Dio.
Finché la nostra teologia non smetterà di considerare l’eliminazione del peccato solo come un atto giuridico, cioè come sua non più imputazione, a causa del sacrificio di Cristo, o dell’offerta del suo corpo, che è per tutti gli uomini di tutti i tempi, essa mai potrà dare una svolta nella costruzione della vera società cristiana. Non può perché lascia l’uomo nel peccato, concedendogli però la remissione della colpa e della pena. Lo lascia peccatore nella natura e lo fa santo solo giuridicamente, ma non essenzialmente, intrinsecamente, sostanzialmente, realmente, veramente, nella natura umana che è anima, spirito, corpo.
L’eliminazione del peccato è sia di quello originale che attuale; è eliminazione per atto giuridico, nel senso che presso il Signore esso è cancellato, ma anche eliminazione per nuova creazione.
Cristo ci immerge nella sua morte e con ciò distrugge la nostra natura fatta di peccato (prima eliminazione), in questa immersione avviene la cancellazione della colpa e della pena. L’uomo è rigenerato a vita nuova. È questo il primo frutto dell’eliminazione del peccato. Il sacrificio di Cristo, che produce come suo vero frutto il dono dello Spirito Santo ai credenti, conferisce a chi crede in Cristo e si pente, la remissione dei peccati, che è insieme cancellazione della colpa e della pena, ma anche dono dello stesso Spirito di Dio che rigenera i credenti e li rende partecipi della natura divina.
L’eliminazione è quindi per “deificazione” dell’uomo. L’uomo viene come divinizzato, deificato, perché pienamente conformato all’immagine di Cristo Gesù.
Il sacrificio antico non aveva questo potere. Quel sacrificio antico dava la conoscenza del peccato, ma non la sua eliminazione. Ricordava ciò che eravamo e che siamo, ma non dava il cambiamento per rigenerazione e per partecipazione della natura divina della nostra vecchia natura.
Vecchio Testamento, vecchia natura, vecchio uomo, vecchia società, vecchio rapporto dell’uomo con l’uomo. Tutto è vecchio perché tutto è intriso di peccato.
Il peccato rende una persona vecchia. Perché vecchio nella natura umana è solo il peccato. Tolto il peccato, tutto nella natura umana ritorna e ridiviene nuovo. Nuova Alleanza, Nuovo Sacrificio, Nuova Offerta, Nuovo Uomo, Nuova Rigenerazione, Nuova Santità. Tutto è Nuovo nella Nuova Alleanza perché Nuova è la carne che Cristo ha assunto dalla Vergine Maria, Nuovo è il Corpo che Lui offre, Nuovo è il Sangue che Lui versa. Il Cristo Nuovo fa nuove tutte le cose, perché inizia a fare l’uomo nuovo, facendolo a sua immagine e somiglianza.
[12]Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre si è assiso alla destra di Dio, [13]aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi.
L’Autore tiene a ribadire che il sacrificio è uno, uno solo; è stato offerto una volta per sempre; è stato offerto per i peccati, non di questo o di quell’altro uomo, non di questo o di quell’altro popolo, come avveniva sotto la Legge Antica.
Nell’Antico Patto per ogni peccato si offriva un sacrificio. Cristo offre un solo sacrificio per i peccati del mondo e lo offre una volta sola.
È questa l’unicità del sacrificio di Cristo: un solo sacrificio, offerto una volta per sempre per i peccati del mondo.
Che Lui non debba offrire alcun altro sacrificio lo attesta l’altra verità, che appartiene al suo stesso sacerdozio.
Egli è ora nella tenda del cielo, assiso alla destra di Dio, aspettando ormai solo che i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi.
Questa frase è del Salmo 109:
“Di Davide. Salmo. Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell'aurora, come rugiada, io ti ho generato. Il Signore ha giurato e non si pente: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedek. Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra. Lungo il cammino si disseta al torrente e solleva alta la testa”.
Finora si è citato questo Salmo per attestare l’eternità del sacerdozio di Cristo e la sua modalità: sacerdote per sempre al modo di Melchisedek.
Gesù lo cita ai Giudei per affermare la Sua Figliolanza divina, naturalmente assieme alla sua eternità: Oracolo del Signore al mio Signore. Questo lo dice Dio, il Padre, al Signore di Davide, che sarà anche suo Figlio. Il Messia è Figlio di Dio e Figlio di Davide. È eterno, perché nell’eternità è generato da Dio, ma nasce anche nel tempo, perché nel tempo sarà fatto Figlio di Davide.
Ora è giusto che dello stesso Salmo vengano prese in considerazione altre due verità:
Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra: Chi fa sedere Cristo Gesù alla sua destra è il Padre. La citazione del Salmo assume in questo contesto un valore del tutto singolare. Chi innalza Cristo alla sua destra è lo stesso Dio Padre, è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Mosè, dei loro Padri, è il loro Dio. È quel Dio che loro ogni giorno pregano e invocano. Come si fa a pregare quel Dio che esalta quel Cristo che loro abbassano, rinnegano, crocifiggono. Quale Dio potrà mai essere il loro, dal momento che non innalzano Colui che il Dio della loro fede innalza? È, come si può constatare, un problema di coerenza, di onestà, semplicemente di fede. O si crede nel Dio che innalza Cristo, o semplicemente non si crede in Dio. Gesù non si è esaltato da Sé, è stato esaltato da Dio. Da quale Dio? Dal Dio che essi invocano e nel quale credono. Come si può osservare riemerge o in un modo o nell’altro che il problema prima che cristologico e problema di fede, è un problema teologico. È la teologia che fa la cristologia, perché è Dio che genera Cristo, lo esalta, lo costituisce Messia, lo fa suo sacerdote eterno alla maniera di Melchisedek. L’”Autore” di Cristo è il Padre. Lo si è detto, è giusto che lo si ricordi: Cristo è dal Padre, è per il Padre, è con il Padre, è nel Padre, è presso il Padre.
Finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: Domina in mezzo ai tuoi nemici. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori [...]. Il Signore è alla tua destra, annienterà i re nel giorno della sua ira. Giudicherà i popoli: in mezzo a cadaveri ne stritolerà la testa su vasta terra: Questa frase del Salmo se da una parte attesta che Cristo è nel Cielo e attende che il Signore giudichi il mondo a partire dal Suo Vangelo e dalla Sua Croce, essa in ordine al nostro tema ci insegna il non ritorno di Cristo sulla nostra terra. Egli è nel Cielo. Non scende più sulla terra. Esercita nel Cielo il suo sacerdozio in nostro favore, come memoriale presenta al Padre il suo sacrificio, la sua obbedienza, la sua morte. Essendo Lui l’eterno, il sommo e il solo sacerdote della Nuova Alleanza non ci sarà più in eterno alcuna ripetizione del sacrificio. Nessuna altra vittima dovrà essere offerta. Finisce così la ripetizione delle offerte e dei sacrifici, si entra nell’offerta del memoriale della morte e della risurrezione di Cristo al Padre, vero sacrificio, ma nel segno del pane e del vino, non più nel segno e nella realtà dell’uccisione cruenta della vittima.
Ora Gesù è nel Cielo. Ora è il tempo dell’attesa della sua venuta per giudicare i vivi e i morti. Ora non è più il tempo di pensare ad offrire altri sacrifici cruenti al Signore.
L’Antico Sacerdozio con l’Antica ritualità è finita per sempre. Il Nuovo Testamento non potrà reggersi sulla Legge Antica, deve reggersi su quella Nuova e quella Nuova è una sola: un solo sacrificio, una sola vittima, una sola immolazione per sempre per tutti i peccati di ogni uomo, di ogni popolo.
Altre Leggi non esistono, mai dovranno esistere. Chi le dovesse fare esistere, si porrebbe fuori della vera, autentica fede nel Dio dei Padri. La sua non sarebbe più retta fede, ma semplice pensiero e volontà di uomini.
[14]Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.
Viene ora ribadita l’unicità del sacrificio di Cristo, riaffermando la potenza redentrice, salvatrice, santificatrice dello stesso.
Poiché con un'unica oblazione: L’oblazione, il sacrificio, l’offerta è una, unica, una sola. È una ed è stata fatta una volta per sempre. Perché non c’è bisogno di altre offerte, o di altri sacrifici?
Egli ha reso perfetti per sempre: La risposta è chiara, inequivocabile. Perché con una sola offerta e un solo sacrificio ha reso perfetti per sempre. Il sacrificio di Cristo si riveste di onnipotenza di grazia, di infinità di grazia. Questa onnipotenza e questa infinità è in ragione della Persona che si offre al Padre e la Persona è lo stesso Figlio eterno di Dio che sacrifica la sua volontà umana e con essa la sua vita umana, che è vita della Persona del Figlio di Dio. Ma qualcuno potrebbe obiettare: è vero. Il sacrificio è rivestito dell’onnipotenza e dell’infinità di Dio, ma è sufficiente per ogni uomo, da Adamo fino all’ultimo suo figlio che nascerà sulla nostra terra? Anche questa obiezione è risolta con chiarezza inequivocabile.
Quelli che vengono santificati: L’unica oblazione di Cristo Gesù rende perfetti per sempre quelli che vengono santificati. Qualcuno potrebbe dire: anche questo è vero. Ma chi sono e a chi appartengono quelli che sono santificati? Sono semplicemente i figli di Abramo, o anche altri uomini, di altri popoli? La risposta a questa obiezione è una sola: sono santificati, o vengono santificati tutti coloro che accolgono la Parola del Vangelo e si lasciano rigenerare da Dio da acqua e da Spirito Santo. Quelli che vengono santificati sono tutti quelli che accolgono la Parola, nessuno escluso. Possono accogliere la Parola tutti gli uomini. Nessuno escluso. Il sacrificio di Cristo è stato offerto per ogni uomo, di ogni tempo, di ogni luogo, di ogni discendenza. Cristo è venuto per la salvezza dell’uomo, non di un uomo in particolare. Questa verità deve essere proclamata oggi con chiarezza, anche perché serpeggia qui e là un errore che è la distruzione della nostra fede nell’unico sacrificio, nell’unica offerta, nell’unica Parola, nell’unica Chiesa, nell’unico sacramento, nell’unica salvezza. Quest’errore consiste nell’affermare che ogni religione è via di salvezza. Se è via di salvezza, Cristo viene relativizzato. Non è più il Salvatore dell’uomo, al massimo può essere un Salvatore dell’uomo. Le religioni non sono vie di salvezza, via di salvezza è la coscienza. La coscienza non appartiene alla religione, appartiene al singolo uomo. La coscienza ha però l’obbligo di conoscere la verità, di accoglierla, di viverla. La Chiesa però ha l’obbligo di annunziare la verità, di testimoniarla vivendola, secondo quando la stessa Lettera agli Ebrei ci ha insegnato circa la Parola: che deve essere promulgata, annunziata, testimoniata. Citiamo di nuovo il passo. Per la spiegazione rimandiamo alla sua trattazione già fatta in questo stesso commento:
“Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all'inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l'avevano udita, mentre Dio testimoniava nello stesso tempo con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà” (Eb 2,1-4).
La Chiesa è il grande testimone della verità della Parola. Per questo essa esiste: per portare la Parola agli uomini e gli uomini nella Parola. Il resto, tutto il resto lo farà il Signore. Lo farà anche attraverso la Chiesa, suo strumento per testimoniare con segni e prodigi la verità della Parola che essa annunzia e proclama.
[15]Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto: [16]Questa è l'alleanza che io stipulerò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: io porrò le mie leggi nei loro cuori e le imprimerò nella loro mente, [17]dice: E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità.
Lo Spirito Santo che lo attesta è lo Spirito Santo che ha parlato per mezzo dei profeti. Il testo ora citato è quello di Geremia 31,33-34, sul quale tutto è stato detto. Perché allora l’Autore della Lettera lo cita in questo contesto?
La risposta è di per sé evidente. Lo cita per avvalorare l’ultimo versetto e cioè questo: [14]Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.
L’Autore cita il testo in cui viene annunziata la Nuova Alleanza, perché vuole che noi ci soffermiamo sulla seconda delle promesse: e non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità.
È questa la vera efficacia del sacrificio di Cristo, del suo unico e solo, eterno sacrificio.
La promessa che Dio fa di non ricordare né peccati e né iniquità è verso tutti coloro con i quali egli si sta accingendo a stringere questa nuova alleanza e costoro non sono solo i figli di Israele, bensì i figli di Adamo, cioè tutti gli uomini.
Questa è la potenza, il valore infinito dell’unico sacrificio di Cristo: donare a Dio la possibilità di non ricordare i peccati e le iniquità di nessun uomo. Sull’universalità del perdono, del condono, del non ricordo non possono esistere eccezioni, di nessun genere, per nessun uomo, per nessun tempo, per nessun luogo. Questa verità è il punto centrale della Lettera e senza questa verità la Lettera perde tutto il suo valore.
[18]Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.
Il sacrificio di Cristo ha ottenuto il perdono del peccato dell’uomo. Questa è la verità della fede nel suo mistero di morte e di risurrezione.
Se il perdono è stato ottenuto, non c’è più bisogno di altre offerte, di altri sacrifici.
Che senso avrebbe offrire altri sacrifici per il perdono dei peccati dal momento che il perdono è stato concesso dal Signore?
Ancora una volta l’Autore insiste perché venga abolita una volta per sempre dalla mente dei destinatari l’antica concezione che per ogni peccato occorre un sacrificio.
A volte è difficile sradicare mentalità religiose, o di fede. È anche difficile condurre un popolo, una coscienza da una fede imperfetta ad una fede perfetta.
Lui insiste e fa bene. Il perdono è stato concesso da Dio. Finisce l’offerta dei sacrifici senza numero, finisce il tempo della ripetizione del sacrificio.
Una, una sola volta, una volta per tutte, per tutti i peccati del mondo, dall’unico sommo ed eterno sacerdote Cristo Gesù nostro Signore: è questa la verità che l’Autore ci ha voluto insegnare e lo ha fatto con ogni argomentazione.
Una domanda pertinente da fare è questa: perché allora la Chiesa celebra ripetutamente il Sacramento dell’Eucaristia?
La risposta è semplice. La celebrazione della Cena del Signore è finalizzata al prendere e al mangiare. Si prende e si mangia il corpo e il sangue di Cristo che si fa nel Sacramento. Si prende e si mangia il corpo e il sangue di Cristo per vivere quanto ci insegna lo stesso Gesù, nel Vangelo secondo Giovanni, e Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Riportiamo i due Testi, perché ognuno se ne renda personalmente conto. L’Eucaristia è ordinata alla vita, o meglio: al compimento della vita di Cristo in noi. Essa è vero sacrificio, perché si mangia il corpo e il sangue del sacrificio e perché lo stesso sacrificio viene offerto al Padre come memoriale. Non è sacrificio cruento, è sacrificio incruento.
Gv. 6,1-70: “Dopo questi fatti, Gesù andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e una grande folla lo seguiva, vedendo i segni che faceva sugli infermi. Gesù salì sulla montagna e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo.
Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cos'è questo per tanta gente? Rispose Gesù: Fateli sedere. C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto. Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d'orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, cominciò a dire: Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!
Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: Sono io, non temete. Allora vollero prenderlo sulla barca e rapidamente la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, notò che c'era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti. Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: Rabbì, quando sei venuto qua?
Gesù rispose: In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo. Gli dissero allora: Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? Gesù rispose: Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato.
Allora gli dissero: Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo. Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dá  il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dá  la vita al mondo.
Allora gli dissero: Signore, dacci sempre questo pane. Gesù rispose: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. Tutto ciò che il Padre mi dá, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: Io sono il pane disceso dal cielo. E dicevano: Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo? Gesù rispose: Non mormorate tra di voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: Come può costui darci la sua carne da mangiare?
Gesù disse: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao.
Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo? Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? E` lo Spirito che dá  la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.
E continuò: Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio. Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: Forse anche voi volete andarvene? Gli rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio. Rispose Gesù: Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!. Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.
Mirabile unità tra: Cristo, fede in Cristo inviato dal Padre, Fede nella Parola di Cristo, vita secondo la Parola di Cristo, Eucaristia vita di Cristo in voi perché noi la viviamo come Lui l’ha vissuta.
Questa unità deve ricomporre la Chiesa assieme all’altra che ci insegna San Paolo. È questo il suo lavoro pastorale.
Seguiamo ora San Paolo in tutta la sua argomentazione contenuta nella Prima lettera ai Corinzi cap. 10:
“Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.
Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila.
Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla. Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria.
Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane. Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare? Che cosa dunque intendo dire? Che la carne immolata agli idoli è qualche cosa? O che un idolo è qualche cosa? No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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