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RAZIONALITA’ E RAGIONI DELLA FEDE

Ultimo Aggiornamento: 09/02/2018 11:53
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08/12/2011 19:14
 
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Capitolo 14: NORBERTO BOBBIO: PERCHE’ L’UOMO RIMANE UN ESSERE RELIGIOSO


La filosofia è quella forma di sapere che si risolve sempre e alla fine nel sapere di non sapere (Bobbio).

Le risposte globali della filosofia del passato (tutto è materia, è spirito, è storia etc.) non reggono più, ora si sviluppa un pensiero negativo che ha le sue radici nell’ultimo grande filosofo: Heidegger.

Non ci sono più i grandi filosofi, ci sono invece i grandi scienziati, così dopo il crollo delle metafisiche la domanda filosofica non è più domanda di verità, ma domanda di senso, una richiesta di senso.

La domanda riguarda il senso generale dell’universo all’interno del quale si collocano gli accadimenti, la stessa possibilità teorica di una autodistruzione che toglierebbe senso a tutta la storia rischia di far precipitare tutto nell’assurdo.

La risposta non può più essere filosofica, le soluzioni del caso e della necessità sono impossibilitate a dare un senso ai fatti (dunque non hanno senso).

L’unica risposta è credere in una Provvidenza, dunque supponiamo Dio per dare un senso alla nostra vita, è un postulato della ragion pratica.

La filosofia pone le grandi domande ma non può dare le grandi risposte, essa però veglia contro chi non crede a niente e contro chi ha una fede cieca.


Capitolo 15: LUIGI GIUSSANI: L’OPZIONE DELLA FEDE TRA RAGIONE CHIUSA E RAGIONE APERTA


La ragione può intervenire anche per custodire il senso religioso per dirci che Dio non è comprensibile alla ragione, la quale ci dice che siamo di fronte ad un mistero.

“L’uomo che ammette la possibilità di una rivelazione divina è più razionale di coloro che questa possibilità negano” (221-222).

L’uomo è un essere religioso perché vi è una sete dei assoluto cui l’uomo razionale non può rispondere.

L’ingresso del divino nella storia dà la possibilità di una libera scelta.

Così quella dell’uomo è una ragione aperta alla possibilità di un senso donato grazie all’irruzione dell’eterno nel tempo in Cristo Gesù.

Dunque una ragione aperta alla fede è per l’uomo il massimo della razionalità e il razionale non si può identificare con il dimostrabile (come dimostrare il perché delle cose ?).

La risposta alla domanda ultima non può venire dall’uomo che è limitato, essa può venire solo da Dio.

La ragione non può così dimostrare Dio, ma ci aiuta, ci apre al mistero, ci preserva il senso religioso, ci accompagna verso di esso.

Ma alla fin fine l’opzione è decisiva.


Camillo Ruini, PICCOLA RISPOSTA TEOLOGICO-FILOSOFICA AL PROFESSOR DARIO ANTISERI


Capitolo 1: RIVELAZIONE, FEDE E RAGIONE, LIBERTA’


Non è corretto parlare di una ragione forte che, p. es., dimostra l’esistenza di Dio, come di una ragione in grado di fondare la fede, dato che la fede cristiana non si basa sulla ragione, bensì sulla rivelazione.

Non è la stessa cosa, cioè, affermare di poter dimostrare l’esistenza di Dio e fondare la fede cristiana sulla ragione.

Inoltre la fede a cui Kant fa riferimento è quella della ragion pratica “non la fede nella rivelazione divina che Kant respinge in nome dell’autonomia religiosa del soggetto umano” (240).

Poiché dunque la fede è risposta alla rivelazione essa non può che essere dono di Dio e risposta libera e intellettualmente onesta dell’uomo (resa possibile dalla grazia dello Spirito Santo).

Il sé della fede è un sì che coinvolge tutto l’uomo nella sua costituzione, anche nella sua dimensione razionale, dunque la ragione deve entrare in gioco (no al fideismo).

In altre parole la fede chiede la conoscenza di ciò in cui si crede e dei motivi che giustificano tale scelta.

Comprendere e volere entrano entrambi in gioco nella scelta di fede, non c’è spazio qui per una dimostrazione che sarebbe coercitiva (eliminerebbe la libertà della scelta), c’è invece uno spazio doveroso per giustificare la razionalità di tale scelta, e questo è compito della ragione la quale entra in gioco nell’atto di credere.

Antiseri vede invece nella ragione un agire previo, un ruolo esterno, che si limita ad arrendersi e fa dell’atto di fede un gesto che risponde soltanto a se stesso e non Anche alla ragione.

La certezza assoluta della fede è opera di Dio in noi, incerti possono essere i motivi di credibilità che la ragione cerca, ma l’atto di fede è atto umani, quindi ragionevole, anche se la grazia lo perfeziona e lo rende possibile (gratia supponit naturam, fides supponit et perficit rationem).

Certamente la ragione umana è storica e si deve tener conto del suo condizionamento storico, eppure essa può raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, una conoscenza sempre perfettibile, anche del mistero di Dio, per quel che può.

La questione di Lessing (verità storiche non possono diventare prove di verità eterne) non nega il dato della ragione.

L’appartenenza alla comunità credente nell’allontanarsi nel tempo dall’evento fondante fa sì che non diminuisca la comprensione, ma che anzi essa aumenti, con sempre maggior studio e grazie allo Spirito che ci guida alla verità tutta intera.

Così siamo aiutati nella scelta di fede dalla ragione pur mantenendosi la dimensione del salto, sia pure non nella radicalizzazione kierkegaardiana.


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