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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno B)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:20
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28/03/2012 09:40
 
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V DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Geremia 31,31-34
Ebrei 5,7-9
Giovanni 12,20-33

1. Amore e croce

Il Signore ci esorta poi a seguire gli esempi che egli ci offre della sua passione: Chi ama la propria anima, la perderà (Gv 12,25).
Queste parole si possono intendere in due modi: «Chi ama, perderà», cioè: se ami, non esitare a perdere, se desideri avere la vita in Cristo, non temere la morte per Cristo. E nel secondo modo: «Chi ama l`anima sua, la perderà», cioè: non amare in questa vita, se non vuoi perderti nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più conforme al senso del brano evangelico che leggiamo. Il seguito infatti dice: "E chi odia la propria anima in questo mondo, la serberà per la vita eterna" ("ibid."). Quindi, la frase di prima: «Chi ama», sottintende: in questo mondo; cosi come poi dice: «Chi invece odia in questo mondo», la conserverà per la vita eterna.
Grande e mirabile verità, nell`uomo c`è un amore per la sua anima che la perde, e un odio che la salva. Se hai amato smodatamente, hai odiato; se hai odiato gli eccessi, allora hai amato. Felici coloro che hanno odiato la loro anima salvandola, e non l`hanno perduta per averla amata troppo. Ma guardati bene dal farti venire l`idea di ucciderti da te stesso, avendo inteso che devi odiare in questo mondo la tua anima. Così intendono certi uomini perversi e male ispirati, crudeli e scellerati omicidi di sé stessi, che cercano la morte gettandosi nel fuoco, annegandosi in mare o precipitandosi da una vetta. Non è questo che insegna Cristo. Quando il diavolo gli suggerì di gettarsi nel precipizio, egli rispose: "Torna indietro, Satana; sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo" (Mt 4,7). E nello stesso senso disse a Pietro, per fargli intendere con quale morte egli avrebbe glorificato Dio: "Quando eri più giovane, ti cingevi da te stesso e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, un altro ti cingerà e di condurrà dove tu non vuoi" (Gv 21,18-19). Parole queste che chiaramente ci indicano che non da sé ma da altri, deve essere ucciso colui che segue Cristo. Quando dunque un uomo si trova nell`alternativa, e deve scegliere tra infrangere un comandamento divino, oppure abbandonare questa vita perchè il persecutore gli minaccia la morte, ebbene egli scelga la morte per amore di Dio, piuttosto che la vita offendendo Dio; così avrà giustamente odiato la sua anima in questo mondo per salvarla per la vita eterna.

(Agostino, Comment. in Ioan., 51, 10)


2. Cristo ci ha fatto dono della sua vittoria

Qual sacrificio fu mai più sacro di quello che il vero Pontefice posa sull`altare della croce immolando su di lei la propria carne? Benchè, invero, la morte di molti santi sia stata preziosa agli occhi del Signore (cf. Sal 115,15), mai tuttavia l`uccisione di un innocente ebbe come causa la propiziazione del mondo. I giusti hanno ricevuto la propria corona di gloria, non ne hanno donate, la forza d`animo dei fedeli ha prodotto esempi di pazienza, non doni di giustizia. La loro morte rimase propria a ciascuno di loro e nessuno con il proprio transito acquistò il debito di un altro; nostro Signore, invece, unico tra i figli degli uomini, è stato il solo in cui tutti sono stati crocifissi, tutti sono morti, tutti sono stati sepolti, tutti del pari sono risuscitati; ed è di loro che egli stesso diceva: "Quando sarò levato in alto attirerò tutto a me" (Gv 12,32). In effetti, la vera fede che giustifica gli empi (cf. Rm 4,5) e crea i giusti (cf. Ef 2,10; 4,24), attratta a colui che condivide la sua natura, acquista in lui la salvezza, in lui nel quale essa si è ritrovata innocente; e poiché "non vi è che un unico mediatore tra Dio e gli uomini, l`uomo Cristo Gesù (1Tm 2,5) è per la comunione con la sua stirpe che l`uomo ha ritrovato la pace con Dio; può così, in tutta libertà, gloriarsi (cf. 1Cor 3,21; Fil 3,3; 2Cor 10,17) della potenza di colui che, nella infermità della nostra carne, ha affrontato un nemico superbo e ha fatto dono della sua vittoria a coloro nel cui corpo egli ha trionfato.

(Leone Magno, Sermo, 51, 3)


3. Tutto attirerò a me

"E io, quando sarò levato in alto da terra, tutto attirerò a me" (Gv 12,32).
Cos`è questo «tutto», se non tutto ciò da cui il diavolo è stato cacciato fuori? Egli non ha detto: tutti, ma «tutto», perchè la fede non è di tutti (cf. 2Ts 3,2). Questa parola non si riferisce quindi alla totalità degli uomini, ma alla integrità della creatura: spirito, anima e corpo; cioè, quel che ci fa intendere, quel che ci fa vivere, quel che ci fa visibili e sensibili. In altre parole, colui che ha detto: "non un capello del vostro capo andrà perduto" (Lc 21,18), tutto attira a sé.
Se invece vogliamo interpretare «tutto» come riferito agli stessi uomini, allora si deve intendere che con quella parola si indicano tutti i predestinati alla salvezza. In questo senso il Signore dice che di tutti questi nessuno perirà, come prima aveva detto parlando delle sue pecore. Oppure egli ha voluto intendere tutte le specie di uomini, di tutte le lingue, di tutte le età, senza distinzione di grado o di onori, di ingegno o di talento, di professione o di arte, al di là di qualsiasi altra distinzione che, al di fuori del peccato, possa esser fatta tra gli uomini, dai più illustri ai più umili, dal re sino al mendico: «Tutto» - egli dice - «attirerò a me», in quanto io sono il loro capo ed essi le mie membra.

(Agostino, Comment. in Ioann., 52, 11)


4. La morte del Signore è la nostra somma gloria

Per conseguenza, ebbe con noi con una vicendevole partecipazione una meravigliosa relazione; era nostro, quello per cui è morto, suo sarà quello, per cui possiamo vivere. In effetti, egli diede la vita, che assunse da noi e per la quale morì, e dette la stessa vita, poiché egli era il Creatore; ma prese quella vita per la quale con Lui e per Lui saremo vittoriosi, non per opera nostra. E per questo, per quanto riguarda la vita nostra, per la quale siamo uomini, morì non per sé ma per noi; infatti, la natura di Lui, per la quale è Dio, non può morire completamente. Ma per quanto riguarda la natura umana di lui, che egli, come Dio, creò, è morto anche in essa: poiché anche la carne egli creò nella quale egli è morto.
Non soltanto, quindi, non dobbiamo arrossire della morte del Signore, nostro Dio, ma ci dobbiamo grandemente confidare in essa e aver motivo di somma gloria: accettando infatti, la morte da noi, che egli trovò in noi, sposò nel modo più fedele la vita che ci avrebbe dato, che noi non possiamo avere da noi. In effetti, colui che ci amò tanto, che ciò che meritammo col peccato, egli, senza peccato, patì per noi peccatori, come colui che giustifica non ci darà ciò con giustizia? Come non ci restituirà, i premi dei santi, colui che promette con verità, colui che, innocente, sopportò la pena dei colpevoli?
Confessiamo, dunque, fratelli, coraggiosamente, ed anche professiamo: Cristo è stato crocifisso per noi: non vi spaventate ma siate nella gioia; proclamiamolo non con vergogna ma con gioia. Osservò così il Cristo l`apostolo Paolo e raccomandò tale titolo di gloria.
Ed egli, avendo molti titoli, grandi e divini, che egli ricordasse del Cristo, non disse di gloriarsi delle meraviglie del Cristo, poiché, essendo anche uomo, come siamo noi, ebbe il dominio nel mondo; ma disse: Per me di non altro voglio gloriarmi, che della croce del Nostro Signore Gesù Cristo (Gal 6,14).

(Agostino, Sermo Guelf., 3, 1-2)

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DOMENICA DI PASSIONE O DELLE PALME

Letture: Isaia 50,4-7
Filippesi 2,6-11
Marco 14,1; 15,47

1. La donna di Betania, esempio per i battezzati

Leggiamo piú avanti in questa stessa lezione del Vangelo: "Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso, e mentre era a tavola, venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo di nardo puro" (Mc 14,3). Questa donna interessa in modo speciale voi, che state per ricevere il battesimo. Essa ha rotto il suo vasetto, affinché Cristo faccia di voi tanti cristi, cioè unti. Ecco infatti quanto sta scritto nel Cantico dei Cantici: "Un profumo olezzante è il tuo nome, per questo ti hanno desiderato le donzelle; corriamo dietro a te, nell`odore del tuo profumo" (Ct 1,2). Finché il profumo era rinchiuso e non si diffondeva, finché Dio era conosciuto soltanto in Giudea e soltanto in Israele era grande il suo nome (cf. Sal 75,2), le donzelle non seguivano Gesú. Ma quando il suo profumo si diffonde in tutta la terra, le giovani anime dei credenti seguono il Salvatore.
«Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso». Nella nostra lingua, Betania significa casa dell`obbedienza. E perché la dimora di Simone il lebbroso è in Betania, cioè nella casa dell`obbedienza? E che cosa faceva il Signore nella casa del lebbroso? Ma egli era venuto nella casa del lebbroso per purificarlo. E` detto lebbroso, non perché lo è ancora, ma perché lo è stato. Era lebbroso prima di ricevere il Signore: ma dopo aver ricevuto il Signore, dopo che il vasetto di unguento è stato aperto, la lebbra è scacciata. Egli mantiene il nome che aveva prima, per ricordare il miracolo del Salvatore. Per lo stesso motivo anche gli apostoli conservano i loro vecchi nomi, perché sia manifesto il potere di chi li chiamò e li fece diventare apostoli: per questo Matteo, che era stato pubblicano e divenne poi apostolo, vien chiamato pubblicano anche dopo essere divenuto apostolo; non perché era ancora pubblicano, ma perché da pubblicano fu trasformato in apostolo. Resta insomma il nome antico perché sia manifesto il potere del Signore: cosí anche Simone è chiamato con l`antico nome di lebbroso per ricordare che è stato guarito dal Signore.
«Venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo». I farisei e gli scribi stanno nel tempio, e non hanno il profumo: questa donna è fuori del tempio e porta il profumo, porta il nardo, un vasetto di nardo con cui è confezionato il suo profumo. Anche voi fedeli, che siete chiamati, siete come un profumo di nardo. La Chiesa, raccolta tra tutte le genti, offre infatti ai Salvatore i suoi doni, cioè la fede dei credenti. Essa rompe il vasetto di alabastro, affinché tutti ricevano il profumo, si rompe il vasetto, che prima in Giudea era tenuto rigorosamente chiuso. Si apre il vasetto, ripeto: come il chicco di grano non fa frutti se non è sepolto e marcisce in terra, cosí se non viene aperto il vasetto di alabastro, non potremo essere unti (cf. Gv 12,24).
"E glielo versò sul capo" (Mc 14,3). Questa donna che rompe il vasetto di alabastro e versa il profumo sul suo capo, non è la stessa donna, di cui si parla in un altro Vangelo, che lavò i piedi del Signore (cf. Lc 7,37). Quella, che era una prostituta e una peccatrice, abbraccia soltanto i piedi; questa, quasi santa gli abbraccia il capo. Quella, come prostituta, bagna con le sue lacrime i piedi del Salvatore e li asciuga con i capelli: sembra che lavi con le lacrime i piedi del Signore, ma in realtà lava i suoi peccati. I sacerdoti e i farisei non baciano il Signore; invece questa donna gli bacia i piedi. Fate anche voi cosí, voi che state per ricevere il battesimo, poiché tutti siamo sotto il peccato e "nessuno è senza peccato, anche se la sua vita è durata un solo giorno" (Gb 14,4) "e contro i suoi angeli - ciascuno - oppone qualcosa di perverso (ibid.)". Fate anche voi cosí: dapprima abbracciate i piedi del Salvatore, lavateli con le lacrime asciugateli con i capelli, e quando avrete fatto questo, innalzatevi alla sua testa.

(Girolamo, Comment. in Marc., 10)


2. Ad imitazione di Cristo, immoliamo noi stessi a Dio in sacrificio di lode

Saremo partecipi della Pasqua, ora ancora in figura, sia pure piú chiaramente che nell`antica legge (la Pasqua legale: oso dire una figura di un`altra figura, giuoco d`ombre); ma un giorno, quando il Verbo berrà con noi il calice nuovo nel regno del Padre, parteciperemo piú perfettamente e con vista piú chiara, perché allora il Verbo mostrerà ciò che ora ci ha fatto vedere meno pienamente. Quale sia quella bevanda e visione noi possiamo farne parola, ma lui deve dar la dottrina e insegnarla ai discepoli. La dottrina, infatti, è cibo di quello stesso che ci alimenta. Suvvia, facciamoci partecipi della legge, ma in senso evangelico, non letterale, in un senso perfetto ed eterno. Prendiamo per capitale non la terrena Gerusalemme, ma la città celeste; non quella, dico, che è percorsa da eserciti, ma quella che è lodata dagli angeli. Sacrifichiamo non vitelli né agnelli che mostrano corna e unghie, cose ormai senza senso; ma immoliamo a Dio, insieme ai cori celesti un sacrificio di lode. Attraversiamo il primo velo, accostiamoci al secondo, guardiamo nel "Sancta sanctorum" e, dirò di piú, immoliamo noi stessi a Dio; immoliamoci ogni giorno, immoliamo tutti i nostri movimenti. Accettiamo tutto per amore del Verbo, imitiamo attraverso le nostre passioni la Passione col nostro sangue onoriamo il Sangue, saliamo con decisione la croce. I chiodi son dolci, anche se molto acerbi. E` meglio soffrir con Cristo, che accompagnarsi agli altri nel piacere.
Se sei Simone Cireneo, prendi la croce e segui il Maestro. Se, come il ladro, sei appeso alla croce, da uomo onesto, riconosci Dio: se lui per te e per i tuoi peccati è stato aggregato agli empi, tu, per lui, fatti giusto. Adora colui che è stato per tua colpa sospeso a un legno; e, se tu stai appeso, ricava un vantaggio dalla tua malvagità, compra la salvezza con la morte, entra in Paradiso con Gesú, per capire da quale altezza eri caduto. Contempla quelle bellezze; lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d`Arimatea, chiedi il corpo a chi lo crocifisse, fai tuo il corpo che ha espiato i peccati del mondo. Se sei Nicodemo, quel notturno ammiratore di Dio, ungilo con funebri unguenti. Se sei una Maria, o altra Maria, o Salome, o Giovanna versa lagrime alla prima luce. Fa` in modo da poter vedere la tomba scoperchiata, o forse gli angeli, o perfino lo stesso Gesú. Di` qualche cosa, sta` a sentire. Se dirà: - "Non mi toccare" tieniti lontana. Adora il Verbo, ma non piangere. Egli sa da chi dev`essere visto per primo. Celebra le primizie della risurrezione; va` incontro ad Eva, che cadde per prima e per prima vide Cristo e avvertí i discepoli. Imita Pietro o Giovanni, corri al sepolcro, insieme e a gara, in onesta emulazione. Se sarai primo, vinci in amore, non piegarti, guardando da fuori; entra. Se, come Tommaso sarai lontano dal gruppo dei discepoli che videro il Risorto, dopo che l`avrai visto anche tu, non rifiutar la tua fede.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio XLV, in Pascha, 23-25)


3. Omelia per la Domenica delle Palme

Salendo nostro Signore Gesú Cristo verso Gerusalemme, sei giorni prima della sua Passione, una folla numerosa, che si era adunata a Gerusalemme per celebrare la Pasqua secondo il precetto di Mosè, gli corse incontro portando rami di palme (cf. Gv 12,12-13), per proclamare con quel mezzo la sua vittoria, quasi si trattasse di un re terreno del popolo d`Israele. Per un costume antico, infatti, si suole donare una palma ai vincitori. Alcuni peraltro, in quella stessa folla, spezzavano rami d`albero (cf. Mt 21,8), soprattutto di ulivo, accadendo la cosa nei pressi del monte degli Ulivi, e li portavano dove occorreva, per stendere un tappeto sulla via del Signore che si avvicinava. Da qui deriva l`usanza della festa di portare in mano in questo giorno, cantando, rami di palma o d`ulivo, e di denominare detta festa «Rami di palma» o «Rami d`ulivo».
Non è però privo di profondo significato il fatto di portare i rami di questi alberi. L`ulivo, in effetti, che contiene nel suo frutto di che curare dolori e fatiche, rappresenta le opere di misericordia - e misericordia in greco si dice appunto "oleos".
Quanto alla palma, il suo tronco è rugoso, ma vanta al suo termine, cioè alla sua cima, una bellissima acconciatura, mostrando cosí che dobbiamo elevarci passando per le asprezze di questa vita fino agli splendori della patria celeste. Ecco perché anche David, il profeta salmista, canta a proposito del giusto: "Il giusto fiorirà come palma" (Sal 91,13). Teniamo perciò in mano i rami d`ulivo, mostrando nei nostri atti la misericordia. Prendiamo anche rami di palma, in modo da attendere, come premio della misericordia, non terrene consolazioni, ma la bellezza della patria di lassú, dove ci precede Cristo nostro Signore egli che è, secondo l`affermazione dell`Apostolo, "il termine della legge, perché sia giustificato chiunque crede" (Rm 10,4).
Non trascuriamo poi il versetto del salmo che la folla cantava, applicandolo al Signore: Osanna nell`alto dei cieli, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell`alto dei cieli (cf. Mt 21,9). La venuta del Signore nella carne fu, in effetti, causa di salveza non solo per gli uomini sulla terra, ma anche per gli angeli in cielo, poiché, mentre gli uomini sono salvati sulla terra, il numero degli angeli, diminuito con la caduta del diavolo, è completato in cielo. "Osanna nell`alto lei cieli" significa quindi: Salvaci, tu che sei anche la salvezza nei cieli. E perché chiedevano tale salvezza con molta devozione, ripeterono quelle parole e dissero per la seconda volta: Osanna nell`alto dei cieli.
Che Cristo benedetto, Signore [nostro] vi accordi dunque di pervenire a quella salvezza, lui che viene nel nome di Dio Padre, con il quale vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

(Anonimo IX secolo, Sermo XI, in Ramis palmarum, 1-3)
[Modificato da Coordin. 04/04/2012 08:33]
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