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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno B)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:20
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24/11/2011 08:34
 
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I DOMENICA DI AVVENTO


Letture: Isaia 63,16b-17; 64,1.3b-8

1 Corinti 1,3-9

Marco 13,33-37


1. La vigilanza cristiana


"State attenti! Vegliate e pregate, perché non sapete quando verrà il momento" (Mc 13,33-34).

«E` come un uomo che, partito per un lungo viaggio, ha lasciato la sua casa e ha conferito ai suoi servi l`autorità di compiere le diverse mansioni, e ordini al guardiano di vigilare. Chiaramente rivela il perché delle parole: «Riguardo poi a quel giorno o a quell`ora nessuno sa nulla, né gli angeli che sono in cielo, né il Figlio, ma solo il Padre". Non giova agli apostoli saperlo affinché, stando nell`incertezza, credano con assidua attesa che stia sempre per venire quel giorno di cui ignorano il momento dell`arrivo. Inoltre non ha detto "noi non sappiamo" in quale ora verrà il Signore, ma "voi non sapete" (cf. Mt 24,42). Coll`esempio del padrone di casa spiega con maggiore chiarezza perché taccia sul giorno della fine. Questo è quanto dice:

"Vigilate dunque; non sapete infatti quando viene il padrone di casa, se di sera, se a mezzanotte, se al canto del gallo, se di mattina; questo affinché, venendo all`improvviso, non vi trovi a dormire (Mc 13,35-36).

«L`uomo - che è partito per un viaggio e ha lasciato la sua casa, - non v`è dubbio che sia Cristo, il quale, ascendendo vittorioso al Padre dopo la risurrezione, ha abbandonato col suo corpo la Chiesa, che tuttavia mai è abbandonata dalla sua divina presenza poiché egli rimane in lei per tutti i giorni fino alla fine dei secoli. Il luogo proprio della carne è infatti la terra, ed essa viene guidata come in un paese straniero quando è condotta e alloggiata in cielo dal nostro Redentore» (cf. Mt 28,20).

Egli ha dato ai suoi servi l`autorità per ogni mansione, in quanto ha donato ai suoi fedeli, con la grazia concessa dello Spirito Santo, la facoltà di compiere opere buone. Ha ordinato poi al guardiano di vegliare, in quanto ha stabilito che incombe alla categoria dei pastori e delle guide spirituali di prendersi cura con abile impegno della Chiesa loro affidata.

"Ciò che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate!" (Mc 13,37).

Non solo agli apostoli e ai loro successori, che sono le guide della Chiesa, ma anche a tutti noi ha ordinato di vigilare. Ha ordinato a tutti noi con insistenza di custodire le porte dei nostri cuori, per evitare che in essi irrompa l`antico nemico con le sue malvagie suggestioni. Ed affinché il Signore, venendo, non ci trovi addormentati, dobbiamo tutti stare assiduamente in guardia. Ciascuno infatti renderà a Dio ragione di se stesso.

«Ma veglia chi tiene aperti gli occhi dello spirito per guardare la vera luce; veglia chi conserva bene operando ciò in cui crede; veglia chi respinge da sé le tenebre del torpore e della negligenza. Per questo Paolo dice: Vegliate giusti e non peccate; e aggiunge E` ormai il momento di destarci dal sonno» (cf.1Cor 15,34; Rm 13,11).


(Beda il Vener., In Evang. Marc., 4, 13, 33-37)



2. Ascoltare vigilanti la parola di Dio


Veglia, quindi, in questa notte, tanto il mondo ostile, quanto il mondo riconciliato. Questo, veglia per lodare, liberato, il proprio medico; quello, condannato, per abbandonarsi alla bestemmia. Veglia questo, fervido e luminoso nei pii pensieri; quello digrignando i denti e struggendosi per la rabbia. Finalmente, a questo la carità, a quello l`iniquità; a questo il cristiano vigore, a quello il diabolico livore, mai permetterebbero di dormire in questa solennità.

Persino dai nostri incoscienti nemici, veniamo dunque ammoniti circa il modo di vegliare per noi, se, a nostro vantaggio, vegliano financo coloro che ci invidiano.

Questa notte, nondimeno, di tutti coloro che in alcun modo sono segnati nel nome di Cristo, tanti per dolore, molti per pudore, alcuni, poi, che, avvicinandosi alla fede, già piú non dormono per timore di Dio. In diversi modi li eccita invero questa solennità.

Come dunque deve vegliare, nella gioia, l`amico di Cristo, allorché veglia, nel dolore, persino il nemico? Quanto conveniente, per chi è entrato a far parte di questa grande casa, è il vegliare in questa sua grande festività, allorché già veglia chi si dispone ad entrarvi!

Vegliamo, dunque, e preghiamo, per solennizzare dentro e fuori questa vigilia. Dio ci parli nelle sue letture; a Dio parliamo nelle nostre orazioni. Se ascoltiamo obbedienti le sue parole, in noi abita colui che preghiamo.


(Agostino, Sermo 219, passim)



3. Il giudizio di Dio è alle porte


Se un uomo ti indicasse sulla terra un luogo sicurissimo per custodire il tuo tesoro, non esiteresti a seguirlo anche se ti conducesse in un deserto, e là tu deporresti questo tesoro con piena tranquillità. Ebbene, non gli uomini, ma Dio stesso ti offre questa sicurezza, non in un deserto, ma in cielo; eppure tu non vuoi ascoltarlo. Quand`anche i tuoi beni fossero qui in terra completamente al sicuro, non per questo cesseresti di vivere nell`inquietudine. Potresti infatti non perdere le tue ricchezze, ma non riusciresti certo a liberarti dalla preoccupazione e dal timore di perderle. Ma quando saranno custodite lassú, non avrai niente da temere. E non solo il tuo oro sarà perfettamente al sicuro, ma darà frutti. Il tuo denaro sarà cosi, nello stesso tempo, un tesoro e una semente. Anzi, sarà qualcosa di piú ancora. La semente non dura sempre: mentre il tuo oro, cosí moltiplicato, durerà eternamente. Il tesoro che tu sotterri quaggiú non germoglia né fruttifica; mentre, se lo depositi in cielo, produce frutti che non periranno mai.

Se ora vieni a dirmi che occorre aspettare molto tempo, se lamenti il fatto che la ricompensa che riceverai non ti giungerà subito, ebbene io posso ben mostrarti e dirti quali sono i vantaggi che otterrai già in questo mondo se depositerai in cielo le tue ricchezze. Ma, senza soffermarmi su questo, mi sforzerò di convincerti dell`inutilità e della falsità del pretesto che adduci, servendomi proprio delle condizioni in cui viviamo in terra.

Quante cose, infatti, tu cerchi di procurarti in questa vita, senza aver mai la possibilità di goderne! Se qualcuno ti accusasse per questo motivo, gli risponderesti che ti consideri sufficientemente consolato delle tue fatiche, pensando ai figli e ai nipoti. Se, nella piú avanzata vecchiaia, ti metti a costruire splendidi palazzi, che spesso la morte ti impedisce di terminare, se pianti alberi che daranno frutti solo molti anni dopo la tua morte, se acquisti poderi e un`eredità di cui diverrai proprietario solo dopo molto tempo, se, insomma, ti procuri altri simili beni di cui non potrai mai godere i frutti: ebbene, tutto questo lo fai per te, oppure per coloro che saranno vivi dopo di te? Non è dunque una completa follia non turbarsi in questi casi per il trascorrere del tempo quando esso è la causa che ci priverà della ricompensa delle nostre fatiche, e d`altra parte scoraggiarci e intorpidirci quando si tratta del cielo, per un rinvio che però servirà ad aumentare il tuo guadagno senza che i tuoi beni passino in mano d`altri e servirà a farti godere personalmente tutti i doni che ricevi?

Pensa, inoltre, che questo rinvio non è affatto cosí lungo. Il giudizio di Dio è alle porte e non siamo certi che la fine di tutte le cose non venga nell`epoca in cui viviamo; non possiamo essere sicuri che non giunga tra poco il terribile giorno in cui vedremo quel tribunale così temibile e severo. Numerosi segni si sono già compiuti: il Vangelo è già stato annunziato a quasi tutta la terra, e le guerre, i terremoti, le carestie sono arrivati: quel giorno, perciò, non può essere molto lontano. Tu dici di non vedere questi segni: ebbene, proprio questa tua incredulità è il segno piú grande. Nessuno, al tempo di Noè, vide segni premonitori del diluvio, che portò la morte in tutto il mondo: mentre gli uomini non pensavano che a divertirsi, a banchettare, a sposarsi e a fare tutte le cose che erano soliti compiere, di colpo furono sorpresi da quella spaventosa inondazione, che fece giustizia di tutti i peccati. La stessa cosa accadde agli abitanti di Sodoma: mentre vivevano tra le delizie e non avevano il minimo sospetto di quanto stava per capitare loro, proprio in quel momento furono arsi vivi dai fulmini infocati che piombarono su loro.

Ricordandoci di questi esempi, teniamoci sempre pronti a partire da questa vita. Anche se il giorno della fine comune non fosse cosí prossimo, il giorno della morte di ciascuno di noi, vecchi e giovani, è sempre alle porte. In quel momento non sarà piú possibile andare a comprar l`olio per accendere le nostre lampade e, nonostante le nostre preghiere, non potremo ottenere il perdono, anche se intercedessero per noi Abramo o Noè, Giobbe o Daniele (cf. Mt 25,1ss). Finché, dunque, ci resta un po` di tempo, dobbiamo usare in anticipo e copiosamente la facoltà di parlare e di chiedere grazie, dobbiamo procurarci olio abbondante e mettere tutto in deposito in cielo. Se faremo così, nel momento opportuno e quando ne avremo estremo bisogno, ritroveremo e potremo godere di tutti i beni; per la grazia e la misericordia di nostro Signore Gesú Cristo.


(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 20, 5 s.)

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II DOMENICA DI AVVENTO


Letture: Isaia 40,1-5.9-11

2 Pietro 3,8-14

Marco 1,1-8



1. Il Verbo di Dio accolto dal cuore umano


Un tempo "la parola di Dio veniva rivolta a Geremia, figlio di Elchia, membro della famiglia sacerdotale" (Ger 1,1), all`epoca di questo o di quell`altro re di Giuda; mentre ora «a Giovanni figlio di Zaccaria che si rivolge la parola di Dio», quella parola che non era mai stata rivolta ai profeti «nel deserto». Ma siccome «i figli della donna abbandonata» avrebbero dovuto abbracciare la fede «in numero maggiore dei figli della donna sposata» (cf. Gal 4,27; Is 54,1), è per questa ragione che «la parola di Dio fu rivolta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto».

Osserva nello stesso tempo che il significato è più forte se si intende «deserto» nel senso spirituale, e non in quello letterale puro e semplice. Infatti colui che predica «nel deserto» spreca la sua voce invano, in quanto non c`è nessuno che lo sente parlare. Il precursore di Cristo, "la voce di colui che grida nel deserto", predica dunque nel deserto dell`anima che non ha pace. E non solo allora, ma anche oggi "è una lampada ardente e brillante" (Gv 5,35), che viene per prima "e annunzia il battesimo della penitenza per la remissione dei peccati". Poi viene "la luce vera" (Gv 1,9), quando la lampada stessa dice: "è necessario che egli cresca e io diminuisca" (Gv 3,30). La parola di Dio è proferita dunque "nel deserto, e si diffonde in tutta la regione circostante il Giordano". Quali altri luoghi avrebbe dovuto infatti percorrere il Battista, se non i dintorni del Giordano, per spingere al lavacro dell`acqua tutti coloro che volevano fare penitenza?...

Troviamo nel profeta Isaia il passo dell`Antico Testamento or ora citato: "Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Is 40,3). Il Signore vuol trovare in voi una strada per poter entrare nelle vostre anime e compiere il suo viaggio: preparate dunque per lui la strada di cui sta scritto: «raddrizzate i suoi sentieri». «Voce di colui che grida nel deserto». C`è dunque una voce che grida: "Preparate la via". Dapprima infatti è la voce che giunge alle orecchie; poi, dopo la voce, o meglio insieme con la voce, è la parola che penetra nell`udito. E` in questo senso che Giovanni ha annunziato il Cristo.

Vediamo dunque ciò che annunzia la voce a proposito della parola. Essa dice: «Preparate la via al Signore». Quale strada dobbiamo noi preparare al Signore? Si tratta di una strada materiale? La parola di Dio può forse seguire una simile strada? O non bisogna invece preparare al Signore una via interiore, e disporre nel nostro cuore delle strade dritte e spianate? E` attraverso questa via che è entrato il Verbo di Dio, che prende il suo posto nel cuore umano capace di accoglierlo.

Grande è il cuore dell`uomo, spazioso, capace, semprech‚ sia puro. Vuoi conoscere la sua grandezza e la sua ampiezza? Osserva l`estensione delle conoscenze divine che esso contiene. E` esso che dice: "Egli mi ha dato una vera conoscenza di ciò che è; egli mi ha fatto conoscere la struttura del mondo, le proprietà degli elementi, l`inizio, la fine e lo svolgersi dei tempi, il cambiamento delle stagioni, la successione dei mesi, il ciclo degli anni, la posizione degli astri, la natura degli animali, la furia delle belve, la violenza degli spiriti e i pensieri degli uomini, le varietà degli alberi e la potenza delle radici" (Sap 7,17-20). Vedi dunque che non è affatto piccolo il cuore dell`uomo che abbraccia tutte queste cose. Devi intendere questa grandezza, non secondo le sue dimensioni fisiche, ma secondo la potenza del suo pensiero, che è capace di abbracciare la conoscenza di tante verità.

Ma per portare gli uomini semplici a riconoscere la grandezza del cuore umano, prenderò qualche esempio dalla vita di tutti i giorni. Per quanto numerose siano le città che abbiamo visitato, noi le conserviamo tutte nel nostro spirito; le loro caratteristiche, la posizione delle piazze, delle mura, degli edifici restano nel nostro cuore. Conserviamo la strada che abbiamo percorso, disegnata e tracciata nella nostra memoria; serbiamo, chiuso nel nostro silenzioso pensiero, il mare che abbiamo attraversato. Come vi ho detto, non è piccolo il cuore dell`uomo se può contenere tanto. E se non è piccolo, dato che contiene tante cose, si può benissimo in esso preparare il cammino del Signore, e tracciare un dritto sentiero in modo che il Verbo e la Sapienza di Dio possano entrarvi.

Preparate una strada al Signore osservando una condotta onesta, spianate i sentieri con opere degne, in modo che il Verbo di Dio cammini in voi senza incontrare ostacoli e vi dia la conoscenza dei suoi misteri e del suo avvento, egli "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).


(Origene, Evang. Luc., 21, 2, 2-7)



2. Raddrizzare i sentieri dell`anima


Frattanto ascoltiamo tuttavia ciò che ci grida la voce del Verbo affinch‚ un giorno possiamo progredire dalla voce al Verbo stesso: "Preparate la via del Signore", dice, "raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3; Is 40,3). Prepara la via colui che corregge la sua vita; raddrizza il sentiero chi mena un genere di vita più stretto. Chiaramente una vita corretta è la via dritta attraverso la quale il Signore potrà venire a noi, lui che in ciò ci previene. Giacché‚ è il Signore che dirige i passi dell`uomo (cf. Sal 37,23); per questo fatto, la sua via gli piace talmente che la prende volentieri per venire all`uomo e al cui fianco camminare costantemente. Se lui che è la via, verità e vita (cf. Gv 14,6) non prepara lui stesso il suo avvento verso di noi è impensabile poter correggere la nostra via secondo la regola della verità e tantomeno quindi poterla indirizzare verso la vita eterna. Invero, come un giovane potrà correggere la sua via se non custodendo le parole (cf. Sal 119,9) e seguendo le orme di Colui che si è fatto egli stesso via per la quale andremo a lui? O Signore, possano le mie vie essere dirette in modo da custodire le tue vie (cf. Sal 119,5); acciocché io custodisca, a causa delle parole delle tue labbra, anche le vie dure! Sebbene esse appaiano dure alla carne, la quale è inferma, appaiono soavi e belle allo spirito, se è pronto. Le sue vie, dice la Scrittura, sono deliziose e tutti i suoi sentieri sono pacifici (cf. Pr 3,17). E le vie della Sapienza non solo sono pacificate, ma pacifiche; poiché quando il Signore si compiace della via seguita da un uomo, riconcila a sé anche i suoi nemici (cf. Pr 16,7). Se Israele, dice il Signore, avesse camminato per le mie vie, avrei annientato i suoi nemici e avrei portato la mia mano contro i suoi vessatori (cf. Sal 81,15). Perché infatti l`afflizione e l`infelicità sono sulle loro vie, se non perché essi hanno misconosciuto la via della pace? (cf. Sal 14,3).


(Guerric d`Igny, Sermo IV de Adv.)



3. Il battesimo di Giovanni e quello di Gesù


Il battesimo annunziato da Giovanni già allora sollevò una disputa proposta dallo stesso Signore ai farisei: se fosse un battesimo celeste oppure terreno, ma sul quale essi non valsero a dare una risposta, poiché non poterono né capire, né credere, noi invece, per quanto siamo di poca fede, ed abbiamo poca intelligenza: possiamo giudicare che quel battesimo fosse divino, in verità, tuttavia, per comando e non per potere, poiché leggiamo che Giovanni fu inviato dal Signore per questo ministero, pur essendo uomo secondo la condizione di tutti gli altri.

Niente, pertanto, di celeste amministrava, ma in luogo dei celesti amministrava, essendo, cioè, preposto alla penitenza, che è nella volontà dell`uomo. Infine, i dottori della legge e i farisei, che non vollero credere, non vollero nemmeno entrare nello spirito di penitenza.

Che se la penitenza è cosa umana è necessario anche che il battesimo sia stato di quella stessa condizione: oppure darebbe anche lo Spirito Santo e la remissione dei peccati se fosse stato celeste. Ma né i peccati rimette n‚ perdona all`anima, se non Dio.

Anche lo stesso Signore disse che non sarebbe disceso lo Spirito se egli stesso non ritornava al Padre. Così il discepolo [Giovanni] non potrebbe amministrare [il Battesimo] poiché il Signore non lo conferiva ancora.

Inoltre, negli "Atti degli Apostoli" troviamo che poiché avevano il battesimo di Giovanni non avevano ricevuto lo Spirito Santo che neppure conoscevano.

Dunque, non era celeste, ciò che non conferiva doni celesti, e quello che di celeste era presente in Giovanni, come lo spirito di profezia, dopo il conferimento sul Signore di tutto lo Spirito, venne meno fino a tal punto, che colui che aveva annunziato alla folla [nel Giordano], colui che aveva indicato che veniva, in seguito, se fosse egli stesso, avrebbe cercato di saperlo. Si trattava, infatti, di un battesimo di penitenza come preparazione della remissione e della santificazione che sarebbero venute col Cristo. Infatti, ciò che leggiamo: "Predicava un battesimo di penitenza per la remissione dei peccati" (cf. Mt 11,10) era annunciato per la futura remissione, perchè la penitenza precede, la remissione segue, e questo significa preparare la via, chi, invero, prepara non perfeziona egli stesso ciò, ma lo dà da perfezionare agli altri. Egli stesso proclama che non sono suoi i doni celesti ma del Cristo, quando dice: Chi ha origine dalla terra, parla di cose terrene, chi viene dall`alto è superiore a tutti (Is 3,31) parimenti battezzarsi solo nella penitenza, [è sapere] che verrà qualcuno fra non molto che battezzerà nello spirito e nel fuoco, poich‚ la vera e duratura fede sarà battezzata nell`acqua per la salvezza, ma la fede simulata e debole è battezzata neI fuoco per il giudizio.


(Tertulliano, De Baptismo, 10, 1-7 )


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III DOMENICA DI AVVENTO


Letture: Isaia 61,1-2a.10-11

1 Tessalonicesi 5,16-24

Giovanni 1,6-8.19-28


1. Giovanni la voce, Cristo il Verbo


Giovanni è la voce, ma il Signore "da principio era il Verbo" (Gv 1,1). Giovanni una voce per un tempo, Cristo il Verbo fin dal principio, eterno. Porta via l`idea, che vale piú una parola? Se non si capisce niente, la parola diventa inutile strepito. La parola senza un`idea batte l`aria, non alimenta il cuore. E anche mentre alimentiamo il cuore, guardiamo l`ordine delle cose. Se penso a ciò che devo dire, c`è già l`idea nel mio cuore; ma se voglio parlare con te, mi metto a pensare se sia anche nel tuo cuore, ciò che è già nel mio. Mentre cerco come possa giungere a te e fissarsi nel tuo cuore l`idea ch`è già nel mio, formo la parola e, formata la parola, parlo a te: il suono della parola porta a te l`intelligenza dell`idea; è il suono che passa da me a te, l`idea invece, che ti è stata portata dalla parola, è già nel tuo cuore e non se n`è andata dal mio. Il suono, dunque, portata l`idea in te, non ti par che ti dica: "Bisogna che lui cresca e che io venga diminuito?" Il suono della parola fece il suo ufficio e scomparve, come se dicesse: "Questa mia gioia è completa" (Gv 3,30). Afferriamo l`idea, assimiliamo l`idea per non perderla piú. Vuoi vedere la parola che passa e la divinità permanente del Verbo? Dov`è ora il Battesimo di Giovanni? Fece il suo ufficio e passò. Il Battesimo di Cristo ora è in voga. Crediamo tutti in Cristo, speriamo d`essere salvi in lui: questo disse la parola. Ma poiché è difficile distinguere tra parola e idea, lo stesso Giovanni fu creduto Cristo. La parola fu ritenuta idea, ma la parola si dichiarò parola, per non ledere l`idea. "Non sono", disse, "Cristo, né Elia, né profeta". Gli fu risposto: "Chi sei, dunque, tu? Io sono", disse, "voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore" (Gv 1,20-23). "Voce di uno che grida nel deserto": voce di uno che rompe il silenzio. "Preparate la via del Signore": come se volesse dire: Io vado rimbombando per introdurlo nei cuori, ma non troverò un cuore nel quale egli si degni di entrare, se non preparate la via. Che vuol dire: "Preparate la via", se non supplicate convenientemente? che cosa, se non pensate umilmente? Prendete da lui esempio d`umiltà. Viene ritenuto il Cristo, dichiara di non essere ciò che è ritenuto, né si avvantaggia per il suo prestigio dell`errore altrui. Se dicesse: Io sono il Cristo, quanto facilmente sarebbe creduto, se, prima ancora che lo dicesse, già lo era ritenuto! Non lo disse Si ridimensionò, si distinse, si umiliò. Capí dove era la sua salvezza: capí ch`egli era una lucerna ed ebbe paura di essere spento dal vento della superbia...

Gli occhi deboli hanno paura della luce del giorno, ma possono sopportare quella di una lucerna. Perciò la luce del giorno mandò innanzi la lucerna. Ma mandò la lucerna nel cuore dei fedeli, per confondere i cuori degli infedeli. "Ho preparato", dice, "la lucerna al mio Cristo": Giovanni araldo del Salvatore, precursore del giudice che deve venire, l`amico dello sposo.


(Agostino, Sermo, 293, 3 s.)



2. La via al Signore va preparata in continuazione


"Preparate la via del Signore" (Is 40,3; Mc 1,3). La via del Signore che ci si ordina di preparare, o fratelli, camminando la si prepara, preparandola, si cammina. E quand`anche aveste molto progredito in essa, vi resta sempre nondimeno da prepararla perché, dal punto in cui siete arrivati possiate avanzare, protesi verso ciò che sta oltre. Cosí, risultando in ogni singolo stadio preparata la via per il suo avvento, il Signore vi verrà incontro sempre nuovo, in qualche modo, e piú grande di prima. E` quindi con ragione che il giusto elevava questa preghiera: "Indicami, o Signore, la via dei tuoi precetti e la seguirò sino alla fine" (Sal 118,33). E forse è stata definita "vita eterna" perché, pur avendo la Provvidenza previsto per ciascuno una via e fissato ad essa un termine, nondimeno non si dà alcun termine alla natura della bontà verso cui si tende. Per cui, il saggio e solerte viaggiatore, quando sarà giunto alla meta, non farà che ricominciare, poiché dimenticando ciò che si lascia alle spalle (cf. Fil 3,13), dirà a se stesso ogni giorno: "Comincio adesso" (Sal 76,11). Si lancia come un gigante che nulla teme per percorrere la via dei comandamenti di Dio; da autentico Idutun (cf. 1Cr 16,42), egli supera facilmente nell`ardore della sua corsa i pigri che si fermano per via. E pur se arrivato all`ultima ora del giorno, egli ha attinto la perfezione in poco tempo, percorrendo peraltro un lungo cammino (cf. Sap 4,13); fattosi svelto, da ultimo che era, fu tra i primi ad essere coronato.


(Guerric d`Igny, Sermo V, de Adventu, 1)



3. L`amico dello Sposo


Spesso avete sentito dire, e ne siete quindi perfettamente a conoscenza, che Giovanni Battista quanto piú eccelleva tra i nati di donna, e quanto piú era umile di fronte al Signore, tanto piú meritò d`essere l`amico dello Sposo. Fu pieno di zelo per lo Sposo, non per sé; non cercò la gloria sua ma quella del suo giudice, che egli precedeva come un araldo.

Cosí, mentre gli antichi profeti avevano avuto il privilegio di preannunciare gli avvenimenti futuri riguardanti il Cristo, a Giovanni toccò il privilegio di indicarlo direttamente. Infatti, come Cristo era sconosciuto a quelli che non avevano creduto ai profeti prima ch`egli venisse, così era sconosciuto a quelli in mezzo ai quali, venuto, era presente. Perché la prima volta egli è venuto in umiltà, e nascostamente; e tanto piú nascosto quanto piú umile.

Ma i popoli, disprezzando nella loro superbia l`umiltà di Dio, crocifissero il loro Salvatore e ne fecero, cosí, il loro giudice.


(Agostino, Comment. in Ioan., 4, 1)



4. La voce...


La voce è quella di Giovanni, la parola però che passa per quella voce è Nostro Signore. La voce li ha destati, la voce ha gridato e li ha radunati, e il Verbo ha distribuito loro i suoi doni.


(Efrem, Diatessaron, 3, 15)


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IV DOMENICA DI AVVENTO


Letture: 2 Samuele 7,1-5.8b-12.14a.16

Romani 16,25-27

Luca 1,26-38


1. Dio ha ordinato al «sí» di Maria il disegno della salvezza


Hai sentito [o Maria] che concepirai e partorirai un figlio; hai sentito che ciò avverrà senza concorso di uomo, bensí per opera dello Spirito Santo. L`angelo aspetta la risposta: è ormai tempo che a Dio faccia ritorno colui che egli ha inviato.

Anche noi aspettiamo, o Signora, la parola di misericordia, noi cui pesa miserevolmente la sentenza di condanna.

Ecco che ti si offre il prezzo della nostra salvezza; se acconsenti, saremo liberati sul momento.

Nel Verbo eterno di Dio tutti siamo stati creati, ed ecco che moriamo; nella tua breve risposta siamo destinati ad essere ricreati, sí da esser richiamati alla vita. E` ciò che ti chiede supplichevole, o pia Vergine, il fedele Adamo, esule dal paradiso con la sua progenie; è ciò che ti chiedono Abramo e David. Lo sollecitano del pari gli altri santi Padri, o meglio i tuoi padri, che pure popolano la regione dell`ombra di morte. Lo attende tutto il mondo, prostrato ai tuoi ginocchi. E non a torto, dal momento che dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, il riscatto degli schiavi, la liberazione dei condannati, e per finire, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutta la tua stirpe.

Da` in fretta, o Vergine, la tua risposta. Pronuncia, o Signora, la parola che la terra, gli inferi e i cieli aspettano.

Lo stesso Re e Signore di tutti, tanto desidera il tuo cenno di risposta, quanto ha bramato il tuo splendore: risposta in cui, certamente, ha stabilito di salvare il mondo. E a chi piacesti nel silenzio, ora maggiormente piacerai per la parola, quando ti chiamerà dal cielo: «O bella tra tutte le donne, fammi udire la tua voce!».

Se tu dunque gli fai sentire la tua voce, egli ti farà vedere la nostra salvezza.

Non è forse questo che chiedevi, che gemevi, che giorno e notte, pregando, sospiravi? Che dunque? Sei tu colei cui tutto questo è stato promesso, o dobbiamo aspettarne un`altra? Sí, sei proprio tu, e non un`altra. Tu, voglio dire, la promessa, tu la attesa, tu la desiderata, dalla quale il santo padre tuo Giacobbe, già vicino a morire, sperava la vita eterna, quando diceva: "Aspetterò la tua salvezza, o Signore" (Gen 49,18). Colei, nella quale e per la quale, finalmente, lo stesso Dio e nostro Re dispose prima dei secoli di operare la nostra salvezza.

Speri forse da un`altra ciò che è offerto a te? Aspetti attraverso un`altra ciò che tosto verrà operato per tuo tramite, purché tu esprima l`assenso, pronunci la tua risposta?

Rispondi perciò al piú presto all`angelo, o meglio al Signore tramite l`angelo.

Pronuncia la parola, e accogli la Parola; proferisci la tua, e concepirai la divina; emetti la transeunte, e abbraccia l`eterna!

Perché indugi? Perché trepidi? Credi, confida, e accetta!

L`umiltà assuma l`audacia e fiducia la verecondia. Mai come ora si conviene che la verginale semplicità dimentichi la prudenza.

Solo in questo caso non temere, o Vergine prudente, la presunzione; infatti, anche se è gradita la verecondia nel silenzio, è ora tuttavia piú necessaria la pietà nella parola.

Apri, o Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra alla confessione, il grembo al Creatore.

Ecco, il desiderato di tutte le genti è fuori e bussa alla porta. O se, per il tuo indugiare, dovesse egli passare oltre; dolente, tu cominceresti di nuovo a cercare colui che la tua anima ama!

Alzati, corri, apri. Alzati per fede; corri per devozione; apri per confessione.

"Eccomi", rispose, "sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).


(Bernardo di Chiarav., Oratio IV de B.M.V., 8 s.)



2. La grandezza di questo giorno di festa


Questo giorno di festa che stiamo ora celebrando, supera ogni gloria, in quanto contiene la solennità della Vergine che tutte sovrasta in prestigio; in esso invero ella ha ricevuto lo stesso Verbo Dio, quando egli volle; lui che ella stessa contiene al di là di ogni angustia di spazio.

A lei, l`arcangelo Gabriele, con ammirazione, disse prima di tutto: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te; ecco concepirai e darai alla luce un figlio, e lo chiamerai Emanuele" (Lc 1,28.50).

Fausto annunzio quello di Gabriele che segnò il repentino inizio di letizia. Mentre, infatti, la prima vergine per la sentenza di condanna finiva nelle angustie inflitte a lei a seguito della trasgressione e da lei derivarono molti gemiti: ogni donna per causa sua, fu costituita nel dolore ed ogni parto, per lei, provava l`afflizione; la seconda vergine, per la denominazione angelica, respinse ogni miseria del sesso femminile, chiuse ogni fonte di tristezza che suole esser compagna delle partorienti, e dissipò ogni nube di disperazione che si addensava sulla donna in parto; e inoltre, fece brillare tra gli oppressi la luce di letizia.

Ascoltando da Gabriele le parole: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te", ella non accolse il saluto con animo tranquillo; anzi, appena ebbe ascoltata quella voce e, per quella voce l`arcangelo Gabriele che le annunciava che avrebbe partorito, rimase turbata nei propri pensieri; era verosimilmente portata a respingere quelle affermazioni di Gabriele, introdottosi inaspettatamente in casa, magari dicendogli: «Tutto ciò oggi in te mi appare strano, e non tiene conto della pubblica opinione. E poi: Con qual diritto hai osato introdurti sconsideratamente da una vergine non sposata e pronunciare parole incredibili? Dici, infatti, che partorirò un figlio senza il seme; hai detto che concepirò senza che siano avvenute le nozze; che il mio grembo darà frutto senza la coabitazione e la convivenza con un uomo. Chi vide mai, chi, esperto sulla fertilità dei campi, ha mai sentito dire che un campo incolto abbia prodotto la spiga, o che un terreno non piantato abbia dato l`uva, il vino senza vite, o il fiume senza la sorgente da cui proviene? Un discorso del genere, sicuramente, nessuno lo ha mai ascoltato dagli inizi dei secoli, né, tanto meno avrà potuto vedere che si sia verificato. Per qual motivo e con quale garanzia per me dovrò prestarti fede?».

Cosa rispose Gabriele a lei che esitava?

«Dissi ciò che ho appreso, pronuncio ciò che ho sentito: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell`Altissimo. Colui che nascerà da te sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35); come colui dal quale è e al quale tende ogni creatura, come Creatore e Artefice di tutti, come Padre dei secoli, come generatore del tempo, come costruttore di tutti, come piú antico dei cieli, come artefice degli angeli e formatore dell`umanità, e di quelli, per finire, che, per altri motivi, sarebbero periti. Oltre questo non posso farti sapere altro. Infatti, non ho, o Vergine, un mandato per dirti con quale diritto su ogni singolo punto: bensí che io sia ministro di quelle cose che rendono fausto per te il mio annuncio.

Ammira dunque insieme a me il mistero e accogli la buona novella senza dubitare».

Lei, in verità, rispose: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola" (Lc 1,38).

Noi, perciò, informati della natività del Signore dai discorsi dell`arcangelo Gabriele, ci incamminiamo dietro alla sua progenie. Io, come lui e al di là della presente disquisizione, conosco la divina potenza di quel parto e dichiaro: dai Magi abbiamo appreso (cf. Mt 2,1ss), poi siamo stati istruiti a venerare religiosamente quella cosa. Infatti, coloro che cercavano il bambino, con la guida della stella, non dissero a quelli che interrogavano: Come avviene il concepimento divino? Come si spiega un utero senza il seme? Come un parto incorrotto? Come permane vergine la madre dopo il parto? Come soggiace al tempo colui che è prima del tempo? Come fa ad esistere nel tempo chi è prima dei secoli? Come poté l`utero contenere colui che è incontenibile? Come colui che è incorporeo, senza cambiamento, si fece carne? Come Dio Verbo, annientando se stesso nell`utero della Vergine (cf. Fil 2,6.7), da insigne e glorioso fattosi uguale a servo, da quello in modo ineffabile si è incarnato? Come ciò che è perfetto poté farsi bambino? Come poté succhiare il latte colui che nutre? Come colui che copre e abbraccia l`universo, poté essere preso tra le braccia? Come il Padre del secolo venturo si fece bambino? Come fa ad essere in alto e in basso? Come viene avvolto in panni, colui che è l`auriga dei carri dei Cherubini? Come giace in una greppia, colui che è nel seno del Padre? Come è costretto in fasce, colui che conduce i prigionieri con fortezza? (cf. Sal 67,7).

E molte altre cose che aborrisco riferire.


(Esichio di Gerus., Sermo IV, de sancta Maria Deipara)



3. Contemplazione di Maria


Ripiena dunque della scienza del Signore, come le acque del mare quando straripano, ella è rapita fuori di sé e, elevato in alto lo spirito, si fissa nella piú alta contemplazione. Si stupisce, la vergine, d`esser divenuta madre; e si stupisce, lieta, di essere la madre di Dio. Comprende che in sé sono realizzati le promesse dei patriarchi, gli oracoli dei profeti, i desideri degli antichi Padri, che avevano annunciato che il Cristo sarebbe nato da una vergine e che, con tutti i loro voti, attendevano la sua nascita.

Vede a sé affidato il Figlio di Dio, e si rallegra che la salvezza del mondo le sia stata affidata. Ode il Signore parlare dentro di sé e dirle: Ecco ti ho scelta tra tutte le creature, e ti ho benedetta tra tutte le donne (cf. Lc 1,28). Ecco a te ho affidato mio Figlio, ho inviato a te il mio Unico. Non temere di allattare colui che hai generato e di educare colui che hai partorito; riconoscilo non solo come Signore, ma anche come Figlio. Egli è mio Figlio, egli è tuo Figlio: mio Figlio per la divinità, tuo Figlio per l`umanità che ha assunto.

E allora, con quale tenerezza e cura, con quale umiltà e rispetto, con quale amore e devozione ella ha adempiuto a tutto ciò, agli uomini è sconosciuto, a Dio è noto, lui che scruta i reni e i cuori (cf. Pr 16,2); a Dio che soppesa gli spiriti.


(Amedeo di Losanna, Hom. 4, 259-279)

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21/12/2011 21:49
 
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PREPARIAMOCI AL NATALE CON I PADRI

Dal "Commento sul salmo 118" di sant'Ambrogio di Milano

Accogliamo il Signore che viene a noi

"Io e il Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14, 23). Sia aperta a colui che viene la tua porta, apri la tua anima, allarga il seno della tua mente perché il tuo spirito goda le ricchezze della semplicità, i tesori della pace, la soavità della grazia. Dilata il tuo cuore, va' incontro al sole dell'eterna luce "che illumina ogni uomo"(Gv 1, 9).
Per certo quella luce vera splende a tutti. Ma se uno avrà chiuso le finestre, si priverà da se stesso della luce eterna. Allora, se tu chiudi la porta della tua mente, chiudi fuori anche Cristo. Benché possa entrare, nondimeno non vuole introdursi da importuno, non vuole costringere chi non vuole. Nato dalla Vergine, uscì dal suo grembo irradiando la sua luce sulle cose dell'universo intero, per risplendere a tutti.

Quelli che lo desiderano ricevono la chiarezza dell'eterno fulgore che nessuna notte riesce ad alterare. A questo sole che vediamo ogni giorno tiene dietro la notte tenebrosa. Ma il sole di giustizia non tramonta mai perché la sua luce di sapienza non viene mai offuscata da alcuna ombra. Beato colui alla cui porta bussa Cristo. La porta è la fede la quale, se è forte, rafforza la casa. E’ questa la porta per la quale entra Cristo. Perciò anche la Chiesa dice nel Cantico dei Cantici: "Un rumore! E’ il mio diletto che bussa" (5, 2).

Ascolta colui che bussa, ascolta colui che desidera entrare: "Aprimi, sorella mia, mia amica, mia colomba, perfetta mia; perché il mio capo è bagnato di rugiada, i miei riccioli di gocce notturne" (5, 2). Rifletti sul tempo nel quale il Dio Verbo bussa più che mai alla tua porta: allorché il suo capo è pieno di rugiada notturna. Infatti egli si degna visitare quelli che si trovano nella tribolazione e nelle tentazioni perché nessuno, vinto per avventura dall'affanno, abbia a soccombere.
Il suo capo dunque si riempie di rugiada, ovvero di gocce, quando il suo corpo soffre. E’ allora che bisogna vegliare, perché quando lo Sposo verrà non si ritiri, vistosi chiuso fuori. Infatti, se dormi e il tuo cuore non veglia, se ne va prima di bussare ma se il tuo cuore veglia, egli bussa e domanda che gli si apra la porta. Abbiamo dunque la porta della nostra anima, abbiamo anche le porte delle quali è scritto: "Sollevate, porte, i vostri frontali alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria" (Sal 23, 7).

Se vorrai alzare queste porte della tua fede, entrerà da te il re della gloria, recando il trionfo della sua passione. Anche la giustizia ha le sue porte. Infatti anche di queste leggiamo scritto quanto il Signore Gesù ha detto per mezzo del profeta: "Apritemi le porte della giustizia" (Sal 117, 19). L'anima dunque ha le sue porte, l'anima ha il suo ingresso. Ad esso viene Cristo e bussa, egli bussa alle porte. Aprigli, dunque; egli vuole entrare, vuol trovare la sposa desta.

Dal «Commento su san Luca» di sant'Ambrogio, vescovo
(2, 19. 22-23. 26-27; CCL 14, 39-42)
La visitazione di Maria

    L'angelo, che annunziava il mistero, volle garantirne la veridicità con una prova e annunziò alla vergine Maria la maternità di una donna vecchia e sterile, per dimostrare così che a Dio è possibile tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe udito ciò, si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell'annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall'intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l'alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze.
    Subito si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore. Infatti «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei, ed ella fu ricolma di Spirito Santo» (cfr. Lc 1, 41). Si deve fare attenzione alla scelta delle singole parole e al loro significato. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l\'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano.
    Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre.
    Esultò Giovanni, esultò anche lo spirito di Maria. Ma mentre di Elisabetta si dice che fu ricolma di Spirito santo allorché Giovanni esultò, di Maria, che già era ricolma di Spirito santo, si dice che allora il suo spirito esultò. Colui che è incomprensibile, operava in modo incomprensibile nella madre. L'una, Elisabetta, fu ripiena di Spirito Santo dopo la concezione, Maria invece prima della concezione.
    «Beata , -disse- tu che hai creduto» (cfr. Lc 1, 45). Ma beati anche voi che avete udito e creduto: ogni anima che crede concepisce e genera il Verbo di Dio e riconosce le sue opere.
    Sia in ciascuno l'anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se c'è una sola madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede, invece, Cristo è il frutto di tutti, poiché ogni anima riceve il Verbo di Dio, purché, immacolata e immune da vizi, custodisca la castità con intemerato pudore. Ogni anima, che potrà mantenersi così, magnifica il Signore come magnificò il Signore l'anima di Maria, e il suo spirito esultò in Dio salvatore.
    Come avete potuto leggere anche altrove: «Magnificate il Signore con me» (cfr. Sal 33, 4), il Signore è magnificato non perché la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma perché egli viene magnificato in noi. Cristo è l'immagine di Dio: perciò l'anima che compie opere giuste e pie magnifica l'immagine di Dio a somiglianza della quale è stata creata, e mentre la magnifica, partecipa in certo modo alla sua grandezza e si eleva.




Dal «Commento su san Luca» di san Beda il Venerabile, sacerdote     (1, 46-55; CCL 120, 37-39)

Magnificat

    «E Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore» (Lc 1, 46). Dice: il Signore mi ha innalzato con un dono così grande e così inaudito che non è possibile esprimerlo con nessun linguaggio: a stento lo può comprendere il cuore nel profondo. Levo quindi un inno di ringraziamento con tutte le forze della mia anima e mi do, con tutto quello che vivo e sento e comprendo, alla contemplazione della grandezza senza fine di Dio, poiché il mio spirito si allieta della eterna divinità di quel medesimo Gesù, cioè del Salvatore, di cui il mio seno è reso fecondo con una concezione temporale.
    «Perché ha fatto in me cose grandi l'Onnipotente, e santo è il suo nome» (cfr. Lc 1, 49). Si ripensi all'inizio del cantico dove è detto: «L'anima mia magnifica il Signore». Davvero solo quell'anima a cui il Signore si è degnato di fare grandi cose può magnificarlo con lode degna ed esortare quanti sono partecipi della medesima promessa e del medesimo disegno di salvezza: Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome (cfr. Sal 33, 4). Chi trascurerà di magnificare, per quanto sta in lui, il Signore che ha conosciuto e di santificare il nome, «sarà considerato il minimo nel regno dei cieli» (Mt 5, 19).
    Il suo nome poi è detto santo perché con il fastigio della sua singolare potenza trascende ogni creatura ed è di gran lunga al di là di tutto quello che ha fatto.
    «Ha soccorso Israele suo servo, ricordandosi della sua misericordia» (Lc 1, 54). Assai bene dice Israele servo del Signore, cioè ubbidiente e umile, perché da lui fu accolto per essere salvato, secondo quanto dice Osea: Israele è mio servo e io l'ho amato (cfr. Os 11, 1). Colui infatti che disdegna di umiliarsi non può certo essere salvato né dire con il profeta: «Ecco, Dio è il mio aiuto, il Signore mi sostiene» (Sal 53, 6) e: Chiunque diventerà piccolo come un bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli (cfr. Mt 18, 4).
    «Come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre» (Lc 1, 55). Si intende la discendenza spirituale, non carnale, di Abramo; sono compresi, cioè, non solo i generati secondo la carne, ma anche coloro che hanno seguito le orme della sua fede, sia nella circoncisione sia nell\'incirconcisione. Anche lui credette quando non era circonciso, e gli fu ascritto a giustizia. La venuta del Salvatore fu promessa ad Abramo e alla sua discendenza, cioè ai figli della promessa, ai quali è detto: «Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa» (Gal 3, 29).
    È da rilevare poi che le madri, quella del Signore e quella di Giovanni, prevengono profetando la nascita dei figli: e questo è bene perché come il peccato ebbe inizio da una donna, così da donne comincino anche i benefici, e come il mondo ebbe la morte per l'inganno di una donna, così da due donne, che a gara profetizzano, gli sia restituita la vita.


Dal trattato «Contro Noèto» di sant\'Ippòlito, sacerdote
(Cap. 9-12; PG 10, 815-819)
Rivelazione di Dio invisibile

    Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture.
    Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo.
    Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture.
    Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c'era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose.
    Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato.
    Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre.
    Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l\'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre.
    Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto» (Gv 1, 1. 3).
    Più avanti dice: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (cfr. Gv 1, 10-11).


[Modificato da Coordin. 23/12/2011 13:24]
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29/12/2011 08:21
 
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1. La venuta di Dio tra gli uomini

Cristo nasce, cantate gloria, Cristo scende dal cielo, andategli incontro; Cristo è in terra, alzatevi. Cantate al Signore da tutta la terra (Sal 95,1). E per riassumere queste due cose in una sola: Gioiscano i cieli, esulti la terra (ibid. 11), poiché colui che è del cielo è ora in terra. Cristo si è fatto carne, tremate e gioite; tremate per il peccato; gioite per la speranza. Cristo nasce dalla Vergine; donne, abbiate cura della verginità perché possiate essere madri di Cristo. Chi non adora colui che è il principio? Chi non loda e non glorifica colui che è la fine?
Di nuovo si dissipano le tenebre, di nuovo viene creata la luce, di nuovo l`Egitto è tormentato dalle tenebre (cf. Es 10,21), di nuovo Israele è illuminato per mezzo della colonna (cf. Es 13,21). Il popolo che è nelle tenebre dell`ignoranza veda la grande luce della conoscenza (cf. Is 9,1). Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove (2Cor 5,17). La lettera cede, lo spirito vince, le ombre passano, entra la verità. Melchisedech si ricapitola: chi era senza madre, è generato senza padre; prima senza madre e poi senza padre. Le leggi della natura sono rovesciate... Applaudite, popoli tutti (Sal 46,1), poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità (con la croce infatti viene innalzato) ed è chiamato Consigliere ammirabile, cioè del Padre, l`Angelo (Is 9,5). Gridi Giovanni: Preparate la via del Signore (Mt 3,3). Anch`io proclamerò la forza e la potenza di questo giorno; colui che non è stato generato dalla carne si incarna; il Verbo prende consistenza; l`invisibile diventa visibile; l`intangibile si può toccare; colui che è senza tempo comincia ad esistere nel tempo; il Figlio di Dio diventa Figlio dell`uomo, Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Eb 13,8)...
La festa che noi oggi celebriamo è la venuta di Dio tra gli uomini, perché noi possiamo accedere a Dio o (per meglio dire) ritornare a Dio, affinché, abbandonato l`uomo vecchio, ci rivestiamo del nuovo; e come siamo morti nel vecchio Adamo, così viviamo in Cristo; infatti con Cristo nasciamo, siamo messi in croce, veniamo sepolti e risorgiamo...
Perciò celebriamola in modo divino e non come si suol fare nelle feste pubbliche; non con spirito mondano ma oltremondano; celebriamo non ciò che è nostro, ma di lui che è nostro o, per meglio dire, di lui che è il Signore; celebriamo non ciò che arreca infermità, ma ciò che cura; non ciò che riguarda la creazione, ma la rigenerazione.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio 38, 1 s. 4)


2. Natale

Poiché oggi, per grazia di Dio, diremo tre Messe, non possiamo dilungarci nel commento del Vangelo. Ma il Natale del Redentore ci obbliga a dire qualche cosa, sia pur brevemente. Che cosa vuol dire questo censimento del mondo alla nascita del Signore, se non che sta nascendo nella carne colui che avrebbe iscritto i suoi eletti nell`eternità? Al contrario il Profeta dice dei reprobi: Siano cancellati dal libro della vita e non siano annoverati tra i giusti (Sal 68,29). E giustamente il Signore nasce a Betlemme: poiché Betlemme vuol dire casa del pane. Egli è infatti colui che dice: Io sono il pane vivo che viene dal cielo (Gv 6,41). Il luogo dunque dove nasce il Signore, già prima ch`egli nascesse fu chiamato casa del pane, perché doveva manifestarvisi nella carne colui che avrebbe saziato gli eletti di cibo spirituale. Ed egli nacque non in casa sua, ma per la via, per far capire ch`egli, assumendo la natura umana, nasceva in una veste che non era la sua. Non era sua, s`intende, perché, essendo Dio, la sua propria natura è la divina. La natura umana gli apparteneva, perché Dio è padrone di tutto, e perciò sta scritto: Venne a casa sua (Gv 1,11). Nella sua natura divina ci stava, prima dei tempi, nella nostra ci venne in un`epoca della nostra storia. Perciò, se colui che è eterno, si fa nostro compagno nel tempo, possiamo dire che viene in un campo che gli è estraneo. E poiché il Profeta dice: Ogni uomo è fieno (Is 40,6), il Signore, fattosi uomo, cambiò il nostro fieno in grano, poiché egli dice di se stesso: Se il chicco di frumento non cade in terra e muore, rimane solo (Gv 12,24). Perciò anche, appena nato, è messo nella mangiatoia, perché nutrisse tutti i fedeli, rappresentati dagli animali, col frumento della sua carne. E che cosa vuol dire l`apparizione dell`angelo ai pastori che vegliavano e la luce che li avvolse, se non che coloro i quali guardano con amore il gregge dei fedeli hanno, più degli altri, il privilegio di vedere le cose celesti? Mentre essi piamente vegliano il gregge, la grazia divina più largamente splende su di loro.
L`angelo annunzia che è nato il Re e cori di angeli gli fanno eco e cantano: Gloria nei cieli a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà. Prima che il nostro Redentore nascesse nella carne, non c`era armonia tra noi e gli angeli, ci separava dalla loro luce e purezza la macchia della nostra colpa originale, ci allontanavano da loro le nostre colpe quotidiane. Poiché, per il peccato, eravamo estranei a Dio, gli angeli, cittadini di Dio, ci ritenevano estranei alla loro società. Ma quando riconoscemmo il nostro Re, gli angeli ci riconobbero per loro concittadini. Poiché il Re ha preso in sé la terra della nostra carne, gli angeli non disprezzano più la nostra debolezza. Gli angeli tornano a far pace con noi, non guardano più i motivi della discordia e accolgono come soci coloro che avevano già disprezzati come abietti. Perciò Lot (Gen 19,1) e Giosuè (Gs 5,15) adorano gli angeli e non sono respinti. Giovanni però, nell`Apocalisse, si prostrò in adorazione dinanzi a un angelo e questi lo respinse dicendo: Non lo fare, sono un servo, come te e i tuoi fratelli (Ap 22,9). E che cosa vuol dire che gli angeli prima della venuta del Redentore si lasciano adorare, ma dopo la sua venuta non lo permettono più, se non che hanno paura di mettersi al di sopra della nostra natura, dopo che l`hanno vista portata dal Signore al di sopra di loro? E non osano più deprezzare come inferma quella natura che vedono nel Re del cielo. Né disdegnano d`aver come socio l`uomo essi che adorano un uomo Dio. Guardiamo allora, fratelli, che non ci sporchi una qualche immondizia, poiché nell`eterna prescienza siamo cittadini di Dio e uguali ai suoi angeli. Riportiamo nei costumi la nostra dignità, nessuna lussuria ci macchi, nessun pensiero turpe ci accusi, la malizia non morda la nostra mente la ruggine dell`invidia non ci roda, non ci gonfi l`orgoglio, non ci dilanii la concupiscenza dei piaceri terreni, non c`infiammi l`ira. Gli uomini sono stati chiamati dèi. Difendi, dunque, o uomo, l`onore di Dio, poiché per te s`è fatto uomo quel Dio, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Gregorio Magno, Hom., 1, 8)


3. Osservazioni sulla nascita del Signore

Celebrando la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, vediamo, fratelli, il senso del brano evangelico che or ora abbiamo letto. Il santo evangelista dice che Augusto ordinò di fare il censimento in tutto il mondo e che per questo Giuseppe, da Nazareth in Galilea, si recò a Betlemme in Giudea, città di David, per registrarsi. Ci fu per dodici anni, quando apparve nella carne il Figlio di Dio, tanta pace che tutti, secondo l`oracolo d`Isaia, mutavano le loro spade in aratri e le lance in falci. Il Figlio di Dio, autore della pace, nasce in tempo di pace, per insegnare ai suoi discepoli l`amore della pace. Infatti come Cesare Augusto mandò Cirino a riscuotere il censo, così Dio, vero Augusto, mandò i suoi predicatori nel mondo a riscuotere il censo della fede. Diamo allora, fratelli, il censo della fede e delle buone azioni. Non resti nessuno a casa, usciamo tutti dalla Galilea, cioè dalla volubilità del mondo, e andiamo nella Giudea della retta fede, per meritare di essere Betlemme, la casa del pane di colui che dice: Io sono il pane vivo venuto dal cielo.
Il Vangelo narra che la beata sempre vergine Maria, dato alla luce Cristo, lo avvolse in panni e lo adagiò nella mangiatoia. Giustamente nasce in una via, colui ch`era venuto a mostrarci la via. Volle essere posto in una piccola mangiatoia, colui ch`era venuto a preparar per noi l`ampiezza del regno dei cieli. Non in panni di seta e dorati, ma poveri, volle essere avvolto, colui ch`era venuto a restituirci la veste dell`immortalità. Permise di essere costretto in una culla, colui che si era affrettato a scioglierci mani e piedi, perché facessimo opere buone. Che dobbiamo dire, fratelli? Diciamo col salmista: Che cosa darò in cambio al Signore per tutto ciò che mi ha dato? Egli trovò un calice per retribuzione, noi diamo ciò che possiamo: elemosine, vigilie, lagrime, pace. Perdoniamo a chi ha peccato contro di noi, perché Dio perdoni i nostri peccati.
I pastori, che alla nascita del Figlio di Dio vegliano sul gregge e vedono gli angeli, sono i santi predicatori, che quanto più s`impegnano a custodire le anime, tanto più spesso meritano il sollievo del colloquio angelico. Ma all`apparizione dell`angelo i pastori si turbano, perché è proprio della natura umana temere alla vista degli angeli ed è proprio dei buoni angeli portar consolazione a quelli che temono. Perciò l`angelo dice subito ai pastori: Non temete; e aggiunge: Ecco, vi do una grande gioia, per voi e per tutto il popolo. Dice giusto: Per tutto il popolo, perché da tutto il popolo ci fu gente che si volse alla fede.
Mentre un solo angelo parlava ai pastori, subito una moltitudine di angeli si manifestò e disse: Gloria a Dio nell`alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. E questo c`insegna che quando anche un solo fratello parla, insegna o fa un`opera buona, una moltitudine di fedeli dovrebbe prorompere nella lode di Dio e muoversi all`imitazione del bene che vede. All`apparire poi del Figlio di Dio nella carne si canta gloria a Dio e si augura pace sulla terra agli uomini di buona volontà. Siamo, dunque, anche noi, fratelli, uomini di buona volontà, perché possiamo vivere in pace.
Per essere liberati da codesta persecuzione e dalla dannazione eterna, in questo giorno della nascita del Figlio di Dio, corregga ciascuno ciò che trova da riprendere in se stesso: chi è stato adultero, s`impegni alla castità; chi avaro, prometta generosità; chi ubriacone, sobrietà; chi superbo, umiltà; chi denigratore, carità. Prometta e mantenga la promessa, secondo il verso del Salmo: Promettete e mantenete le promesse fatte al Signore vostro Dio. Promettiamo lealmente, ci darà lui la forza di mantenere. Sarebbe molto ingiusto, fratelli, che oggi qualcuno non desse niente al Signore. Facciamo doni ai re e agli amici, e non daremo nulla al Creatore che viene da noi? Ed egli chiede soprattutto noi stessi. Offriamogli, dunque, noi stessi, perché liberati, per sua misericordia, dalle pene eterne, possiamo godere per sempre nella felicità del regno celeste.

(Anonimo sec. IX, Hom., 2, 1-4).


4. Egli si è fatto uomo per farci diventare Dio

Qui, infatti, colui che tu ora disprezzi, una volta esisteva, ed era superiore a te: colui che ora è uomo, era privo di composizione.
Ciò che egli era, rimase, ciò che non aveva, lo assunse.
Al principio era senza causa.
Quale causa, infatti, di Dio si potrebbe apportare? Ma anche dopo, nacque da una causa certa.
Era quella, di fare acquistare la salvezza a te, insolente e ostinato, che disprezzi, perciò, la divinità, poiché egli ricevette la tua ignoranza, unito alla carne con una intenzione frapposta, e questo uomo Dio, resosi inferiore, dopo che crebbe insieme con Dio, superando la parte più nobile, divenne uno, affinché io stesso tanto diventi anche Dio, quanto egli uomo.
Egli invero nacque, ma anche era stato generato: da una donna, invero, ma anche vergine. Quello fu un modo umano, questo divino. Qui fu privo di Padre, lì di madre.
L`uno e l`altro di questi due fatti è proprio della divinità.
Fu portato proprio nel seno materno, e fu riconosciuto veramente dal Profeta (cf. Lc 1,41) e mentre ancora esisteva nel seno [materno] esultava davanti al Verbo, a causa del quale era stato procreato.
Fu avvolto con pannolini, e tornato vivo rigettò le fasce della sepoltura.
Fu adagiato, è vero, nella mangiatoia, ma poi fu celebrato dagli angeli (cf. Lc 2,7) ed indicato dalla stella e adorato dai Magi (cf. Mt 2,2).
Perché ti meravigli di quello che è visto cogli occhi, mentre non osservi quello che è percepito con la mente e col cuore?
Fu spinto a fuggire in Egitto; ma volse in fuga l`andare errando degli Egiziani.
Non aveva né aspetto, né decoro umano (cf. Is 53,2) presso i Giudei: ma secondo David era bello di volto al di sopra dei figli degli uomini (cf. Sal 44,3) e anche sul monte, a guisa di folgore, risplende e diventa più luminoso del sole (cf. Mt 17,2), adombrando, in tal modo, lo splendore futuro.
Fu battezzato (cf. Mt 3,16), è vero, come uomo: ma assunse su di sé i peccati come Dio; non perché avesse bisogno di purificazione, ma affinché dalle acque stesse arrecasse la santità.
Fu tentato come uomo: conseguì la vittoria come Dio; ci comanda, invero, di aver fiducia in lui come in colui che ha vinto il mondo.
Soffrì la fame (cf. Mt 4,1-2): ma sfamò molte migliaia di persone (cf. Mt 14,21) ed egli stesso si è reso pane che dà la vita e il Cielo (cf. Gv 5,41). Patì la sete (cf. Gv 19,28) ma esclamò: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva (Gv 7,37): ed anche promise di fare scaturire, per quelli che hanno fede, fonti di acqua viva.
Provò la fatica (cf. Gv 4,6): ma diventa riposo di quelli che sono affaticati ed oppressi (cf. Mt 11,28).
Fu sfinito dal sonno (cf. Mt 8,24): ma leggero cammina sul mare, rimprovera i venti e salva Pietro che già era sommerso [dalle acque] (cf. Mt 14,25).
Paga le imposte, ma dal pesce (cf. Mt 17,23): ma è il Re degli esattori [di tasse]. E` chiamato Samaritano e posseduto dal demonio (cf. Gv 8,48): ma a colui che scendendo da Gerusalemme (cf. Lc 10,5) era incappato nei ladroni, porta la salvezza, ed è riconosciuto dai demoni (cf. Mc 1,24; Lc 4,34), e scaccia i demoni, e spinge a precipitare in mare legioni di spiriti (cf. Mc 5,7) e vede il principe dei demoni, quasi come una folgore, precipitare dal cielo (cf. Lc 8,18).
E` assalito con pietre, ma non è preso (cf. Gv 8,59).
Prega, ma esaudisce gli altri che pregano. Piange, ma asciuga le lacrime; domanda dove è stato sepolto Lazzaro: era infatti uomo; ma risuscita dalla morte alla vita Lazzaro: era infatti Dio.
E` venduto, e, invero, a poco prezzo, cioè a trenta sicli d`argento (cf. Mt 26,15), ma nel frattempo redimeva il mondo a grande prezzo, cioè col suo sangue (cf. 1Pt 1,19; 1Cor 6,20). E` condotto alla morte come una pecora (cf. Is 53,7); ma egli pasce Israele, ed ora anche l`intero mondo.
Come un agnello è muto (cf. Sal 77,71), ma egli è lo stesso Verbo, annunziato nel deserto dalla voce di colui che gridava (cf. Gv 1,23). Fu affranto e ferito dall`angoscia (cf. Is 53,4-5), ma respinge ogni malattia e angoscia (cf. Mt 9,35).
E` tolto sul legno e vi è appeso, ma restituì noi alla vita, col legno, e dona la salvezza anche al ladrone (pendente dal legno), ed oscura tutto ciò che si scorge.
E` abbeverato con aceto e nutrito di fiele (cf. Lc 23,33; Mt 27,34): ma chi?
Colui, cioè, che cambiò l`acqua in vino (Gv 2,7), e assaporò quel gusto amarognolo, egli che era la stessa dolcezza ed ogni desiderio (cf. Ct 5,16).
Affida la sua anima: ma conserva la facoltà di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10,18), ma il velo si scinde (e le potenze superiori si manifestano); ma le pietre si spezzano, ma i morti risorgono (cf. Mt 27,51).
Egli muore, ma ridà la vita, e sconfigge la morte, con la sua morte.
E` onorato con la sepoltura, ma risorge [dalla tomba].
Discende agli Inferi, ma accompagna le anime in alto, e sale al cielo, e verrà a giudicare i vivi e i morti e ad esaminare tali suoi discorsi.
Ché se quelle... ti apportarono l`occasione dell`errore, queste scuoteranno il tuo errore.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio, 29, 19-20)


5. Simile a noi nella morte, perché simile a noi nella nascita

La condizione del nascere rende, certo, necessaria la morte. Conveniva, infatti, che colui che, una volta sola, aveva stabilito di essere partecipe dell`umanità, avesse tutte le proprietà della natura.
Dal momento che la natura umana fu partecipata con duplice fine, se fosse stato solo con uno (di essi) e non avesse conseguito l`altro, l`intenzione sarebbe rimasta imperfetta, come chi non avesse raggiunto l`altra proprietà della nostra natura umana.
Forse, invece, qualcuno, avendo appreso il mistero con cura ed esattezza, con maggior consenso avrebbe detto che la morte non sarebbe venuta per il fatto che egli era nato, ma, al contrario, la causa della morte era stata l`aver egli accettato la condizione di nascere.
Egli, eterno, non andò incontro ad una generazione pertanto corporea, poiché aveva bisogno della vita, ma ci richiamò dalla morte alla vita.
Poiché, dunque, occorreva che avvenisse la risurrezione di tutta la nostra natura dai morti; come porgendo la mano a colui che giaceva (privo di vita), e per questo guardando il nostro cadavere, si avvicinò tanto alla morte, quanto ne aveva preso la mortalità, e aveva dato alla natura l`inizio della risurrezione col suo corpo, affinché con la sua virtù e potenza risuscitasse insieme l`uomo nella sua interezza.
Poiché, infatti, la sua carne non diversamente che dalla nostra natura proveniva, la quale aveva ricevuto Dio, e, senza dubbio, a causa della risurrezione fu risuscitata insieme con la divinità come nel nostro corpo l`operato procede dai mezzi dei sensi di uno, unito alla parte per l`intero consenso, così anche se ci fosse qualche essere vivente in tutta la natura, la risurrezione di una parte passa all`intero universo, e a causa della continuità e salvezza della natura tutto concorre in parte.
Che cosa, infatti, impariamo di lontano dalla probabilità e verosimiglianza, nel mistero, se qualcuno sta diritto, si china, e colui che cade, oppure che giace per rialzarlo?

(Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)


6. Il mistero di Gesù fanciullo

Il Signore nostro Dio è un solo Dio. Non può variare, non può cambiare, come dice David: Tu sei sempre uguale e i tuoi anni non vengono mai meno. Dunque questo Dio nostro eterno, fuori del tempo, immutabile, s`è fatto nella nostra natura mutabile e temporale, per aprire alle cose mutabili una via alla sua eternità e stabilità, e questa via è proprio la mutabilità ch`egli ha preso per noi, in modo che in un solo e medesimo Salvatore noi troviamo la via per cui salire, la via cui giungere e la verità da possedere, poiché egli disse: Io sono la via, la verità e la vita.
Perciò il nostro grande Signore, rimanendo nella sua natura, nacque bambino secondo la carne, crebbe in determinati tempi e si sviluppò secondo la carne, perché noi piccoli nello spirito, o quasi niente, nascessimo spiritualmente e crescessimo secondo la successione e il progresso delle età spirituali. Così il suo progresso corporale è il nostro progresso spirituale; e tutte le cose, ch`egli ha fatto in diverse età (coloro che sono avanti nella perfezione lo capiscono), si realizzano in noi attraverso i singoli gradi del progresso. La sua nascita corporale, dunque, sia il modello della nostra nascita spirituale, cioè della santa conversione; la persecuzione, ch`egli subì da parte di Erode, è un simbolo delle tentazioni che subiamo dal diavolo al principio della nostra conversione; la sua crescita a Nazareth rappresenti il nostro progresso nella virtù.

(Aelredo di Rievaulx, De Iesu duodec., 2)


7. Il mistero di povertà del Natale

Oh, se potessi vedere quella mangiatoia in cui giacque il Signore! Ora, noi cristiani, come per tributo d`onore, abbiamo tolto quella di fango e collocato una d`argento: ma per me è più preziosa quella che è stata portata via. L`argento e l`oro si addicono al mondo pagano: alla fede cristiana si addice la mangiatoia fatta di fango. Colui che è nato in questa mangiatoia disprezza l`oro e l`argento. Non disapprovo coloro che lo fecero per rendergli onore (né in verità coloro che fecero vasi d`oro per il tempio): mi meraviglio invece che il Signore, creatore del mondo, nasca non in mezzo all`oro e all`argento, ma nel fango.

(Girolamo, Homilia de Nativitate Domini, 31-40)


8. Betlemme ha riaperto l`Eden

Betlemme ha riaperto l`Eden, vedremo come. Abbiamo trovato le delizie in un luogo nascosto, nella grotta riprenderemo i beni del Paradiso. Là, è apparsa la radice da nessuno innaffiata da cui è fiorito il perdono. Là, si è rinvenuto il pozzo da nessuno scavato, dove un tempo David ebbe desiderio di bere. Là, una vergine, con il suo parto, ha subito estinto la sete di Adamo e la sete di David. Affrettiamoci dunque verso quel luogo dove è nato, piccolo bambino, il Dio che è prima dei secoli.
Il padre della madre è, per sua libera scelta, divenuto suo figlio; il salvatore dei neonati è un neonato egli stesso, coricato in una mangiatoia. Sua madre lo contempla e gli dice: «Dimmi, figlio mio, come sei stato seminato in me, come sei stato formato? Io ti vedo, o carne mia, con stupore, poiché il mio seno è pieno di latte e non ho avuto uno sposo; ti vedo avvolto in panni, ed ecco che il sigillo della mia verginità è sempre intatto: sei tu infatti che l`hai custodito quando ti sei degnato di venire al mondo, bambino mio, Dio [che sei] prima dei secoli».

(Romano il Melode, Carmen X, Proimion, 1, 2)
[Modificato da Coordin. 12/01/2017 10:20]
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29/12/2011 08:22
 
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DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

Letture: Siracide 3,3-7.14-17a
Colossesi 3,12-21
Luca 2,22-40

1. Simeone è mosso dallo Spirito

Dobbiamo cercare un motivo degno del dono di Dio per spiegare come "Simeone, uomo santo e gradito a Dio", - cosí è scritto nel Vangelo, - "aspettando la consolazione di Israele, ottenne dallo Spirito Santo l`assicurazione che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore" (Lc 2,25-26). Che gli giovò vedere Cristo? Gli fu forse soltanto promesso di vederlo, senza ritrarne alcun vantaggio, oppure tutto questo nasconde qualche dono degno di Dio, che il beato Simeone si era meritato e ricevette? "Una donna toccò l`orlo dell`abito di Gesú e fu risanata" (Lc 8,44). Se costei ha ricevuto un cosí grande dono per aver toccato l`estrema parte del suo abito, che cosa dobbiamo pensare sia accaduto a Simeone, "che accolse tra le sue braccia" il fanciullo e, tenendolo tra le braccia, gioiva e si allietava, rendendosi conto di portare il fanciullo che era venuto per liberare i prigionieri? Lui stesso stava per essere liberato dai vincoli del corpo, ed egli sapeva che nessuno poteva far uscire gli uomini dalla prigione del corpo, con la speranza della vita futura, se non colui che teneva in braccio.
Per questo dice, rivolgendosi a lui: "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace" (Lc 2,29); infatti fin che io non sostenevo Cristo, finché le mie braccia non lo sollevavano, ero prigioniero e non potevo liberarmi dai miei vincoli. Dobbiamo intendere queste parole come se fossero non soltanto di Simeone, ma di tutto il genere umano. Se uno esce dal mondo, se è liberato dal carcere e dalla dimora dei prigionieri per andare a regnare, prenda tra le sue mani Gesú, lo circondi con le sue braccia, lo tenga tutto stretto al suo petto e allora potrà andare esultante di gioia là dove desidera.
Considerate quante cose erano state preordinate in anticipo perché Simeone meritasse di tenere in braccio il Figlio di Dio. Dapprima aveva ricevuto l`assicurazione dallo Spirito Santo «che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore».
Non era poi venuto al tempio né per caso né semplicemente ma venne al tempio mosso dallo Spirito di Dio: "infatti tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio" (Rm 8,14). Lo Spirito Santo lo condusse dunque al tempio. Anche tu, se vuoi tenere in braccio Gesú e stringerlo tra le mani, se vuoi esser degno di essere liberato dalla prigione, dedica ogni tuo sforzo per essere condotto dallo Spirito e venire al tempio di Dio. Ecco, ora tu stai nel tempio del Signore Gesú, cioè nella sua Chiesa; questo è il tempio costruito di "pietre vive" (1Pt 2,5). Ma tu stai nel tempio del Signore quando la tua vita e i tuoi costumi sono quanto mai degni del nome che designa la Chiesa.
Se verrai al tempio mosso dallo Spirito, troverai il fanciullo Gesú, lo solleverai nelle tue braccia e dirai: "Ora, Signore, lascia che il tuo servo se ne vada in pace secondo la tua parola" (Lc 2,29). Osserva nello stesso tempo che la pace si aggiunge allo scioglimento e alla liberazione. Non dice infatti Simeone: io voglio morire, ma aggiunge voglio morire «in pace». Anche al beato Abramo fu promessa la stessa cosa: "Quanto a te, andrai dai tuoi padri in pace, dopo aver vissuto in una felice vecchiaia" (Gen 15,15). Chi è che muore in pace, se non colui che possiede "la pace di Dio, pace che va al di là di ogni intelligenza e custodisce il cuore" (Fil 4,7) di chi la possiede? Chi se ne va da questo secolo in pace, se non colui che comprende che "Dio era in Cristo per riconciliare con sé il mondo" (2Cor 5,19), colui che non nutre inimicizia e rancore verso Dio, ma ha conseguito in sé, con le buone opere, la pienezza della pace e della concordia, e se ne va quindi in pace per raggiungere i santi padri, verso i quali se n`è andato anche Abramo?
Ma perché parlo dei patriarchi? Si tratta di raggiungere lo stesso capo e Signore dei patriarchi, Gesú, di cui è detto: "Meglio è morire ed essere con Cristo" (Fil 1,23). Possiede Gesú colui che osa dire: "Vivo, non piú io, ma vive Cristo in me" (Gal 2,20). Affinché dunque anche noi, qui presenti nel tempio, tenendo in braccio il Figlio di Dio e serrandolo tra le nostre mani, siamo degni di essere liberati e di partire verso una migliore vita, preghiamo Dio onnipotente, preghiamo lo stesso fanciullo Gesú, con il quale noi desideriamo parlare tenendolo in braccio, Gesú "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

(Origene, In Evang. Luc., 15, 1-5)


2. Simeone figura di chi aspetta il Signore

"Ed ecco a Gerusalemme c`era un uomo di nome Simeone uomo giusto e timorato, che aspettava la consolazione d`Israele" (Lc 2,25). Non soltanto dagli angeli e dai profeti, dai pastori e dai genitori, ma anche dai vecchi e dai giusti riceve testimonianza la nascita del Signore. Tutte le età, l`uno e l`altro sesso e gli eventi miracolosi rendono testimonianza: una vergine partorisce, una donna sterile ha un figlio, un muto parla, Elisabetta profetizza, il mago adora, il bambino chiuso nel seno materno salta per la gioia, una vedova rende grazie, un giusto è in attesa.
Era davvero un giusto, perché egli non attendeva nel suo interesse ma in quello del popolo. Per suo conto egli desiderava essere sciolto dai legami di questo corpo fragile; ma attendeva di vedere il Messia promesso: ben sapeva, infatti, che sarebbero stati «beati gli occhi» che lo avrebbero visto (cf. Lc 10,23).
"Ora" - disse - "lascia andare il tuo servo" (Lc 2,29). Vedi questo giusto, stretto quasi nel carcere del corpo, che desidera sciogliersene per cominciare a essere con Cristo, perché "sciogliersi ed essere con Cristo è molto meglio" (Fil 1,23). Ma colui che vuole essere liberato, venga a Gerusalemme, venga al tempio, attenda l`Unto del Signore, riceva nelle sue mani il Verbo di Dio e lo stringa fra le braccia della sua fede. Allora sarà liberato, e non vedrà piú la morte, egli che ha visto la vita.
Vedi quale eccezionale abbondanza di grazia diffonde su tutti la nascita del Signore, e come la profezia è negata agli increduli, ma non ai giusti (cf. 1Cor 14,22). Ecco che anche Simeone profetizza che il Signore Gesú Cristo è venuto per la rovina e per la risurrezione di molti, per fare tra i giusti e gli ingiusti la divisione secondo i meriti, e per darci, come giudice vero e equo, sia le pene sia i premi, a seconda delle nostre azioni.

(Ambrogio, Exp. in Luc., 2, 58-60)


3. I dolori di Maria

Questa donna ripiena di grazie che superano ogni misura naturale, i dolori, che non conobbe nel parto, li subí al tempo della passione, sentendosi lacerare tutta dal materno affetto e sentendosi trafitta come da spade, quando vedeva venir ucciso, come uno scellerato, colui ch`essa aveva conosciuto ch`era Dio, quando lo generò. Cosí dev`essere compresa la profezia: "La spada del dolore ti trafiggerà l`anima (Lc 2,35). Però la letizia della risurrezione, che cantava la divinità di colui ch`era morto nella carne, assorbí tutto il dolore.

(Giovanni Damasceno, De fide orthod., 4, 14)
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01/01/2012 08:47
 
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SOLENNITA` DI MARIA SS. MADRE DI DIO

(1° gennaio)

L`inizio dell`anno civile fu a Roma legato a festeggiamenti pagani di tipo carnevalesco. I cristiani si opposero decisamente a queste celebrazioni e attraverso il digiuno e la penitenza cercano di ripagare Dio per i peccati dei pagani commessi in questo giorno. Nei vecchi sacramentari romani troviamo formulari di Messa perquesto giorno che racchiudono la supplica per la difesa contro il ritorno all`idolatria.
Insieme con il tramonto del paganesimo scompare il carattere remunerativo di questo giorno. La Chiesa celebra adesso, il primo gennaio, l`ottava del Natale, e le preghiere liturgiche assumono un aspetto mariano. Il capodanno diventa la prima festa mariana nella liturgia romana.
Alcuni collegano l`introduzione della festa con la consacrazione della basilica di Santa Maria Antiqua al Foro Romano, altri vi vedono l`impatto con la liturgia bizantina. Il capodanno ha conservato il carattere mariano ancora nel Medioevo, e solamente sotto l`influsso della liturgia gallica l`ottava del Natale coglie le caratteristiche della festa della Circoncisione del Signore.
Il nuovo messale romano torna alla vecchia tradizione: il capodanno diventa di nuovo la solennità della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio.
Il Concilio in Efeso (431) ha proclamato che Maria è la Madre di Dio - Theotokos - e la fede della Chiesa trova la sua espressione nelle preghiere del giorno di oggi. Maria ha concepito l`Unigenito Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo e «sempre intatta nella sua gloria verginale ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore», Datore della Vita. Maria è pervenuta ad una grande elezione, è stata dotata di privilegi particolari, ma tutti i doni li ha ottenuti in vista del suo ruolo nella storia della salvezza: ella porta al mondo il Salvatore. Maria, essendo Madre di Gesú quanto al corpo, è anche Madre del suo corpo mistico, è Madre della Chiesa: questo nuovo titolo è stato conferito a Maria durante il Concilio Vaticano II. I testi liturgici non si riferiscono all`inizio del nuovo anno, ma a Maria che medita nel suo cuore il mistero di Cristo e manifesta Cristo al mondo; essa indica ai credenti come devono vivere il dono del tempo.

O Vergine Immacolata Madre di Dio, piena di grazia;
il santo tuo seno portò l`Emmanuele;
dalle tue mammelle stillò il latte
alimento di tutti.
Tu però superi ogni lode,
tu sei al di sopra di ogni gloria.
Salve, o Genitrice di Dio,
gaudio degli angeli,
che superi ogni pienezza di grazia
predetta dai profeti.
Il Signore è con te,
che generasti la Salvezza del mondo.

(Liturgia Copta, Troparium copticum, EE n. 3032)


1. Maria è Madre di Dio in senso proprio

Noi proclamiamo, in senso assoluto, che la santa Vergine è propriamente e veramente Madre di Dio (Greg. Naz., Epist. 1 ad Cledon).
Come, infatti, è Dio colui che è nato da lei, così, per conseguenza, è Madre di Dio, colei che generò il vero Dio che prese carne da lei. Noi diciamo che Dio, senza dubbio, è nato da lei, non già perché la divinità del Verbo trasse da lei il principio dell`esistenza; ma perché lo stesso Verbo, che è stato generato prima dei secoli, al di là di alcun tempo, ed esiste insieme col Padre e lo Spirito Santo senza inizio e da sempre, negli ultimi tempi si racchiuse nel seno di lei per la nostra salvezza, e col prendere la nostra natura umana da lei fu generato senza che mutasse la propria natura (divina).
La santa Vergine, infatti, non generò un semplice uomo, ma il Dio vero; non puro spirito, ma rivestito di carne umana; né (questo avvenne) in modo tale che, portato il corpo dal cielo, venne a noi per mezzo di Maria, come attraverso un canale; ma prese da lei corpo umano della nostra medesima natura, che in lui sussistesse.
Infatti, se il corpo è disceso dal cielo, e non è stato ricevuto dalla nostra natura, che gran bisogno c`era di farsi uomo?
Il Verbo di Dio si rivestí, pertanto, della natura umana, affinché con la stessa natura che aveva peccato, ed era decaduta, corrompendosi, vincesse il tiranno che si era ingannato e così fosse ristabilito dalla corruzione, come l`apostolo del Signore dice: Poiché la morte entrò per mezzo dell`uomo, parimenti per l`uomo la risurrezione dei morti (1Cor 15,21).
Se resta vera la prima verità, certamente anche la seconda.
Sebbene poi si usino queste parole: «Il primo Adamo, il terreno, (ha origine) dalla terra, il secondo Adamo, il Signore, dal cielo» (Greg di Naz. ), non indica che il suo corpo discendesse dal cielo, ma rivela che egli non è un semplice uomo. Infatti, come vedi, lo chiamò sia Adamo, che Signore, indicando insieme l`una e l`altra cosa.
Adamo, in verità, vuol dire di origine terrena. Conviene, invero, che l`origine dell`uomo sia terrena, perché è plasmato dalla terra. Ma il nome del Signore, significa natura divina.
E di nuovo così parla l`Apostolo: Dio mandò il suo Figlio unigenito nato da una donna (1Cor 15,47). Non disse, per mezzo di una donna, ma da una donna.
Perciò egli volle indicare che egli stesso era l`Unigenito Figlio di Dio e Dio stesso, che si è fatto uomo dalla Vergine, e parimenti che era stato generato dalla Vergine, colui che è Figlio di Dio e Dio stesso.
Generato, invero, in quanto al corpo, vale a dire, per la ragione per la quale si è fatto uomo, cosí certamente, per non abitare prima in un uomo creato, come in un profeta, ma egli stesso si è fatto uomo veramente e sostanzialmente; cioè, nella sua unione personale fece sussistere la carne animata da uno spirito razionale ed intelligente, offrendo se stesso come «ipostasi» di lui.
Questo è il significato che ha l`espressione nato da una donna.
Infatti, a quale condizione lo stesso Verbo di Dio sarebbe divenuto sotto la legge, se l`uomo non fosse stato della medesima nostra sostanza?

Giustamente dunque e veramente chiamiamo Maria la santa Madre di Dio.
Questo nome, infatti, racchiude tutto il mistero della incarnazione.
Poiché, se la Madre di Dio è colei che generò, certamente è Dio colui che è stato generato da lei stessa: e, senza dubbio, anche uomo.
Infatti, chi avrebbe potuto far avvenire che Dio, che esisteva prima dei secoli, nascesse da una donna, se non si fosse fatto uomo?
Colui, in effetti, che è Figlio dell`uomo, è necessario sia anche uomo.
Poiché se chi è nato da una donna, è Dio, senza dubbio è l`unico e identico che è stato generato da Dio Padre, per il fatto che si addice alla divina sostanza non avere inizio, e che quella sostanza che ebbe inizio negli ultimi tempi ed è sottomessa al tempo, cioè alla sostanza umana, è nata dalla Vergine.
E ciò vuol dire, invero, una sola Persona del nostro Signore Gesú Cristo, e due nature e due discendenze... e quel deleterio Nestorio dichiarò con lingua rabbiosa Deiforo (portatore di Dio) colui che nacque dalla Vergine.
Ma sia lontana da noi questa affermazione, a tal punto che noi diciamo o pensiamo che è uscito da Dio, il Deiforo; anzi, è piuttosto lo stesso Dio incarnato (Ciril., lib. I cont. Nest.).
Lo stesso Figlio di Dio, infatti, si è fatto uomo, fu concepito veramente dalla Vergine, ma Dio divenne quella natura umana che aveva deificata non appena essa fu assunta.
Per la qual cosa tre cose divennero parimenti una sola, senza dubbio perché fu assunta, perché pre-esisteva e perché fu deificata dal Verbo.
Di qui consegue che la Vergine santa, come Madre di Dio, sia capita e chiamata, non solo a causa della natura del Verbo, ma anche a motivo dell`umanità data alla divinità, poiché la concezione e l`esistenza furono compiute con un eccezionale prodigio, con la concezione, è vero, del Verbo, ma con la esistenza della carne nello stesso Verbo.
E infatti, la stessa Madre di Dio al di sopra delle leggi della natura era sottomessa al formatore di tutte le cose, donde anche egli stesso fosse creato (formato), e al Dio creatore dell`universo, affinché con la divinità donando l`umanità assunta, egli si facesse uomo, mentre l`unione, nel frattempo, conservasse le nature (cose) unite tali quali erano state, cioè, non solo la divinità, ma anche la umanità del Cristo; e né soltanto quello che è al di sopra di noi, ma anche ciò che è nostro.

(Giovanni Damasceno, De fide ortod., 3, 12)


2. Madre per opera dello Spirito Santo

Che è nato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine. Questa fra gli uomini è nascita dovuta all`economia della salvezza, mentre quella è della sostanza divina: questa è di condiscendenza, quella di natura. Nasce per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine: e certo a questo punto si richiedono piú puri le orecchie le l`intelletto. Infatti a questi, che poco fa hai appreso nato indicibilmente dal Padre, ora apprendi che dallo Spirito Santo è stato preparato un tempio nel segreto del ventre verginale; e come nella santificazione dello Spirito Santo non si deve intendere nessuna fragilità, così anche nel parto della Vergine non si deve intendere alcuna corruzione. Ora infatti al mondo è stato dato un nuovo parto e non senza ragione. Chi infatti in cielo è unico Figlio, conseguentemente anche in terra è unico e nasce in modo unico. Su questo argomento sono a tutti note e riecheggiate nei Vangeli le parole dei profeti, i quali affermano che una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14). E anche il meraviglioso modo del parto il profeta Ezechiele aveva anticipatamente indicato, definendo simbolicamente Maria porta del Signore, cioè attraverso la quale il Signore è entrato nel mondo. Dice pertanto cosí: La porta che guarda ad oriente sarà chiusa e non verrà aperta e nessuno vi passerà attraverso, perché proprio il Signore Dio d`Israele passerà attraverso questa porta e sarà chiusa (Ez 44,2). Che cosa di altrettanto evidente si sarebbe potuto dire della consacrazione della Vergine? Rimase in lei chiusa la porta della verginità, attraverso di essa il Signore Dio d`Israele è entrato in questo mondo, e attraverso di essa è venuto dal ventre della Vergine, e in eterno la porta della Vergine è rimasta chiusa poiché la verginità è stata preservata. Per tal motivo lo Spirito Santo è detto creatore della carne del Signore e del suo tempio.
Comincia già da qui a comprendere anche la maestà dello Spirito Santo. Infatti riguardo a questo anche la parola del Vangelo afferma che, quando l`angelo parlò alla Vergine e le disse: Partorirai un figlio e gli darai nome Gesú: infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati, ed ella rispose: In che modo avverrà questo, dal momento che non conosco uomo, allora l`angelo di Dio le disse: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell`Altissimo ti adombrerà: perciò ciò che da te nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio (Lc 1,31.34.35; Mt 1,21). Osserva dunque la Trinità che coopera scambievolmente. E` detto rito Santo viene sulla Vergine e la potenza dell`Altissimo adombra. Ma qual è la potenza dell`Altissimo, se non proprio Cristo, che è potenza di Dio e sapienza di Dio? (1Cor 1,24). Ma questa potenza di chi è? Dell`Altissimo, è detto. Perciò è presente l`Altissimo, è presente anche la potenza dell`Altissimo, è presente anche lo Spirito Santo. Questa è la Trinità, che duvunque è nascosta e dovunque appare, distinta nei nomi e nelle Persone, sostanza inseparabile della divinità. E benché soltanto il Figlio nasca dalla Vergine, tuttavia è presente anche l`Altissimo è presente anche lo Spirito Santo, perché venga santificato il concecepimento della Vergine e il suo parto.

(Rufino di Aquileia, Expositio symboli, 8-9)


3. Inno a Maria

Salve, Madre di Dio, Maria, tesoro venerabile di tutto il mondo, lampada inestinguibile, corona della verginità, scettro della sana dottrina, tempio indissolubile, casa di colui che non può essere contenuto in nessuna casa, madre e vergine; per la quale è chiamato benedetto nei Vangeli colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9): salve, tu accogliesti nel tuo seno santo e verginale l`immenso e incontenibile, per te la santa Trinità è glorificata e adorata; per te la preziosa croce è celebrata e adorata in tutto il mondo; per te il cielo esulta, per te gli angeli e gli arcangeli si allietano, per te i demoni son messi in fuga, per te il diavolo tentatore cade dal cielo, per te la creatura decaduta vien portata al cielo; per te ogni creatura, irretita dal veleno degli idoli, giunge alla conoscenza della verità; per te il santo battesimo è stato dato ai credenti, per te l`olio della consacrazione, per te sono state fondate le Chiese in tutto il mondo, per te i popoli son guidati alla penitenza. E che dirò ancora? Per te l`unigenito figlio di Dio rifulse come luce a coloro ch`eran nelle tenebre; per te i profeti parlarono, per te i morti risorgono, per te gli apostoli annunziarono la salvezza, per te i re regnano in nome della santa Trinità. E chi mai potrà celebrare adeguatamente quella Maria degnissima d`ogni lode? Essa è madre e vergine; o cosa meravigliosa! Questo miracolo colma di stupore.

(Cirillo di Ales., Hom. 4, n. 1183)


4. Cercare in Dio la felicità

Quale vantaggio ricavate dal vostro lungo e continuo camminare per vie aspre (Sap 5,7) e penose? Non vi è quiete dove voi la cercate. Cercate ciò che cercate, ma non è là, dove voi cercate. Voi cercate una vita felice in un paese di morte (Is 9,2): non e lí. Come potrebbe essere una vita felice ove manca la vita?
Discese nel mondo la nostra vita, la vera (cf. Gv 6,33.41.59; 11,25; 14,6), si prese sulle sue spalle la nostra morte e l`uccise (cf. 1Tm 1,10) con la sovrabbondanza della sua vita, ci gridò tuonando di tornare dal mondo a lui, nel sacrario onde verme a noi dapprima entrando nel seno di una vergine, ove gli si unì come sposa la creatura umana, la nostra carne mortale, per non rimanere definitivamente mortale; poi di là, come sposo che esce dal talamo, uscí con balzo di gigante per correre la sua via (Sal 18,6), e senza mai attardarsi corse gridando a parole e a fatti, con la morte e la vita, con la discesa e l`ascesa (cf. Ef 4,9ss), gridando affinché tornassimo a lui; e si dipartì dagli occhi (At 1,9; cf. Lc 24,51) affinché tornassimo al cuore, ove trovarlo. Partí infatti, ed eccolo, è qui (Mt 24,23; Mc 13,21).

(Agostino, Confess. 4, 12, 18-19)


5. Scopo dell`Incarnazione: farci figli di Dio

Il figlio di Dio, in effetti, si fece figlio dell`uomo perché i figli dell`uomo, cioè di Adamo, divenissero figli di Dio. Infatti il Verbo che lassú fu generato fuori del tempo dal Padre in modo ineffabile, inesplicabile, incomprensibile, viene quaggiú generato nel tempo da Maria Vergine e Madre, perché quelli che prima furono generati quaggiú siano poi generati lassú, cioè da Dio. Egli quindi ha in terra solo la madre, e noi abbiamo in cielo solo il padre. Per questo chiama se stesso figlio dell`uomo, perché gli uomini chiamino Dio padre celeste. Padre nostro, dice, che sei nei cieli (Mt. 6,9). Dunque, come noi servi di Dio siamo di Dio, cosí il Signore dei servi è diventato figlio mortale del proprio servo, cioè di Adamo, affinché i figli di Adamo, che erano mortali, divenissero figli di Dio; infatti sta scritto: Ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Quindi il figlio di Dio prova la morte in quanto generato dalla carne, perché i figli dell`uomo siano fatti partecipi della vita di Dio in quanto loro padre secondo lo Spirito. Egli dunque è figlio di Dio secondo natura: noi invece per mezzo della grazia.

(Atanasio, De incarnat., 8)


6. Una condizione per rimanere in Dio

Se uno non crede che Maria, la santa, è madre di Dio, è fuori della divinità.

(Gregorio di Nazianzio, Epist., 101)
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05/01/2012 15:46
 
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SOLENNITA` DELL` EPIFANIA DEL SIGNORE

(II domenica dopo Natale)

Già il norne della festa «Epifania» (gr. Epiphaneia, Teofania = venuta, manifestazione, apparizione) denota la sua origine orientale. Sembra sia stata introdotta in Oriente per gli stessi motivi e più o meno nello stesso tempo che il Natale in Occidente. Festeggiato in Egitto il 6 gennaio, il solstizio invernale, e collegate con esso le celebrazioni in onore del «Sole Invincibile», i cristiani l`hanno sostituito coll`Epifania, cioè la venuta, la rivelazione di Cristo, vera Luce del mondo. In questo giorno, la Chiesa di Gerusalemme celebrava il mistero della nascita di Cristo, commemorando pure l`adorazione dei pastori e dei magi la Chiesa d`Egitto ricorda inoltre il Battesimo di Cristo nel Giordano.
Quando, nella seconda metà del secolo IV, Roma comincerà a festeggiare l`Epifania e l`Oriente accetterà il Natale, la sostanza della Solennità dell`Epifania del Signore verrà trasformata. Sia l`Oriente che l`Occidente celebrano il 25 dicembre la nascita di Gesù a Betlemme il 6 gennaio, l`Oriente si concentrerà sul Battesimo di Gesù nel Giordano, l`Occidente invece sull`adorazione dei magi. Poiché il Vangelo parla dell`offerta dei tre doni - oro, incenso e mirra -, si cominciò a pensare che fossero venuti tre magi. Sotto l`influsso dei testi liturgici, dal secolo VI in poi furono chiamati re, e dal secolo IX ottennero dei nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Il culto dei tre magi si è rafforzato a partire dal secolo XII quando l`imperatore Federico Barbarossa prese le loro reliquie da Milano e le trasportò a Colonia dove sono tutt`ora nella famosa cattedrale. Nel Medioevo, si veneravano i tre magi quali patroni dei viaggiatori. Secondo un antico costume dei primi secoli, durante la Messa, dopo il canto del Vangelo, veniva annunziata ai fedeli la data della Pasqua e delle altre feste mobili di tutto l`anno. Dalla fine del Medioevo, inizia l`usanza della benedizione delle case in cui si adoperava l`acqua e l`incenso benedetti nel giorno dell`Epifania e con il gesso si scrivevano sulle porte le lettere CMB. Secondo la convinzione comune, le lettere dovevano significare i nomi dei magi, ma alcuni ritengono che esse siano l`abbreviazione della frase: «Christus mansionem benedicat» [ = Cristo benedica l`abitazione]. Il costume di benedire l`incenso e il gesso è ancora in vigore localmente.
Oggi, per mezzo della stella, Dio rivela il Figlio Unigenito quale Salvatore di tutti gli uomini. Nella persona dei magi venuti dall`Oriente, i popoli del mondo rispondono alla chiamata di Dio, individuano e riconoscono il Bambino di Betlemme come loro Salvatore. Si adempie la profezia di Isaia: il buio copre la terra, le tenebre avvolgono le nazioni, ma sopra Gerusalemme risplende la luce. Verso questa luce sono diretti i popoli della terra e in questa luce cammineranno d`ora in poi. Siamo di fronte ad un mistero, che non era conosciuto dalle generazioni precedenti e quale fu rivelato a san Paolo dallo Spirito Santo: i pagani sono già coeredi e membri dello stesso Corpo, e compartecipi della promessa in Cristo Gesù per mezzo del Vangelo. Gesù inizia l`opera dell`unificazione dei popoli e la fondazione della comunità della famiglia umana. La Chiesa, segno dell`unità di tutto il genere umano, continua a svolgere questa missione oggi, finché non ritorni il Signore.
Abbiamo già conosciuto Cristo per mezzo della fede, abbiamo ottenuto il rinnovamento della nostra natura umana, apparteniamo alla Chiesa, popolo della Nuova Alleanza. Abbiamo hisogno, come una volta i magi, della luce di Dio per capire quanto grandi siano i misteri ai quali partecipiamo, per poter annunziare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio.

Dio onnipotente ed eterno
che hai voluto rivelare l`incarnazione del tuo Verbo
per mezzo della testimonianza luminosa della stella,
vedendo la quale i magi adorarono la tua maestà
con l`offerta di doni,
concedi che appaia sempre alle nostre menti
la tua stella di giustizia,
e sia nostro tesoro la confessione
del tuo Nome, per mezzo della vita.

(Sacramentarium Bergomense, ed. A. Paredi, Bergamo 1962, n. 186)


1. Seconda omelia per la solennità dell`Epifania

Rallegratevi nel Signore, o carissimi, ve lo ripeto, rallegratevi (Fil 3,4); infatti, poco dopo la festa della nascita di Cristo, ecco che la solennità della sua manifestazione ci ha inondati di luce; e il mondo conosce in questo giorno colui che la Vergine partorì in quello. Il Verbo fatto carne, in effetti, regolò così bene gli inizi della sua vita nella nostra natura che la nascita di Gesù fu nel contempo svelata ai credenti e nascosta ai persecutori. Allora, i cieli narrarono la gloria di Dio e su tutta la terra si diffuse il suono della verità (cf. Sal 18,25), quando l`esercito degli angeli apparve ai pastori per annunciare loro la nascita di un Salvatore, ed una stella guidò i Magi precedendoli perché venissero ad adorarlo. Così, dall`aurora al tramonto (cf. Sal 49,2) la nascita del vero re brillò in tutto il suo fulgore, poiché, nel contempo, i regni d`Oriente ne appresero il fedele racconto attraverso i Magi, mentre i fatti non rimasero nascosti all`Impero romano. Infatti, persino la crudeltà di Erode, che volle sopprimere fin dai primi istanti colui che sospettava essere re, favoriva senza saperlo quel disegno divino; in effetti, mentre tutto dedito al suo atroce progetto, perseguitava un bambino sconosciuto massacrando indiscriminatamente tutti i neonati, una singolare fama diffondeva dappertutto la notizia, annunciata dal cielo, della nascita del sovrano; fama che rendeva ad un tempo più sicura nei suoi effetti e più rapida tanto la novità del prodigio celeste che l`empietà del persecutore assetato di sangue. Ma è allora che il Salvatore viene portato in Egitto, affinché quel popolo, dedito ad antichi errori, venisse chiamato da una grazia nascosta alla salvezza ormai prossima e, senza che avesse ancora ripudiato la superstizione dal suo cuore, nondimeno offrisse ospitalità alla verità.
E` dunque con ragione, amatissimi, che, consacrato dalla manifestazione del Signore, questo giorno è insignito di speciale dignità in tutto il mondo: esso deve di conseguenza brillare con degno splendore nei nostri cuori, affinché possiamo non solo venerare il seguito di tali avvenimenti prestandovi fede, ma altresì comprendendoli...
Riconosciamo perciò, carissimi, nei magi adoratori del Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con animo straripante di gioia, celebriamo gli esordi della nostra beata speranza. E allora, infatti, che noi abbiamo cominciato ad entrare in possesso della nostra eterna eredità; è allora che si sono aperti per noi i segreti delle Scritture che parlano del Cristo, e che la verità, rifiutata dai Giudei resi ciechi, è diffusa dalla sua luce su tutti i popoli. Veneriamo dunque il giorno santissimo in cui si è manifestato l`autore della nostra salvezza e adoriamo nei cieli l`Onnipotente che i Magi adorarono neonato in una culla. E come essi offrirono al Signore dei doni tratti dai loro scrigni, simboli mistici, così anche noi estraiamo dai nostri cuori doni degni di Dio. Senza dubbio è lui il datore di ogni bene; tuttavia egli cerca il frutto del nostro lavoro: non è infatti a chi dorme che è dato il regno dei cieli, bensì a coloro che soffrono e vigilano nei comandamenti di Dio; se perciò non rendiamo vani i doni da lui stesso ricevuti, meriteremo tramite i beni che egli ha elargito, di ricevere quelli che egli ha promesso.
Dimodoché esortiamo la nostra carità ad astenersi da ogni opera malvagia ed a legarvi a tutto ciò che è casto e santo. I figli della luce devono, in effetti, ricusare le opere delle tenebre (cf. Rm 13,12). Per questo, fuggite gli odi, rigettate le menzogne, distruggete l`orgoglio con l`umiltà, bandite l`avarizia, amate la liberalità, poiché è conveniente che le membra si conformino al loro capo; così meriteremo di essere ammessi a condividere l`eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo che, con il Padre e lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Leone Magno, Sermo 32, 1 s. 4)


2. La stella dei Magi

La stella apparve perché i profeti erano scomparsi. La stella accorse per spiegare chi fosse colui verso il quale erano rivolte con precisione le parole dei profeti. Come per Ezechia il sole si rivolse dall`Occidente verso l`Oriente (cf. 2Re,20,8-11; Is 38,7-8), così a causa del bambino del presepio, la stella corse dall`Oriente verso l`Occidente.
Il segno del sole fu un biasimo per Israele, e i Magi confusero il popolo con i doni che essi arrecavano. Essi vennero con i loro segni, a somiglianza dei profeti, ed essi resero testimonianza alla nascita del Cristo, affinché, quando Egli sarebbe venuto, non fosse considerato come uno straniero, ma che tutte le creature riconoscessero la sua nascita. Zaccaria divenne muto ed Elisabetta concepì, affinché tutte le regioni comprendessero e conoscessero la sua venuta.
Ma questa stella era maestra del proprio percorso; essa saliva, discendeva, come se alcun legame la trattenesse, perché aveva potere sugli spazi celesti, e non era fissa nel firmamento. Se essa si nascose (per un momento agli occhi dei Magi), fu affinché essi non venissero a Betlemme attraverso un cammino chiaro e diritto.
Dio la nascose loro per mettere alla prova Israele, affinché i Magi raggiungessero Gerusalemme, gli Scribi parlassero loro della nascita del Signore (cf. Mt 2,4-6) e ricevessero una testimonianza sincera dalla bocca stessa dei profeti e dei sacerdoti. Ma ciò avvenne anche affinché i Magi non credessero che vi fosse un potere al di fuori di quello che risiede a Gerusalemme. Allo stesso modo gli antichi avevano ricevuto dallo spirito che era sopra Mosè, affinché non si pensasse che ci fosse un altro spirito (cf. Nm 11,17).
I popoli orientali sono stati illuminati dalla stella, perché gli Israeliti, al sorgere del sole, che è Cristo, erano diventati ciechi.
E`, dunque, l`Oriente che per primo ha adorato il Cristo, come Zaccaria aveva predetto: L`Oriente darà la luce dall`alto (Lc 1,78). Quando la stella ebbe accompagnato i Magi fino al sole, si fermò, perché arrivata alla meta, in seguito, essa smise il suo percorso.
Giovanni era la voce, che annunciava il Verbo. Ma quando il Verbo, per farsi ascoltare, s`incarnò ed apparve, la voce che preparava la strada, esclamò: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv 3,30).
I Magi, che adoravano gli astri, non avrebbero deciso di andare verso la luce se la stella non li avesse attratti col suo splendore. La stessa attrasse il loro amore, legato ad una luce di poca durata, verso la luce che non tramonta...
Ed essi aprirono i loro tesori e gli offrirono in dono, l`oro alla sua natura umana, la mirra, come figura della sua morte, l`incenso, alla sua divinità (Mt 2,11). Cioè: l`oro, come ad un re, l`incenso, come a Dio, la mirra, come a colui che dev`essere imbalsamato. O, meglio ancora: l`oro, perché lo si adorasse, in quanto questa adorazione è dovuta al proprio maestro; la mirra e l`incenso, per indicare il medico che doveva guarire la ferita di Adamo.

(Efrem, Diatessaron, II, 5, 18-25)


3. La festività dell`Epifania: il motivo profondo della sua solennità

L`Epifania, il cui nome deriva dalla lingua greca, in latino può essere chiamata manifestazione.
Oggi, si è rivelato il Redentore di tutte le genti e a tutte le genti chiede solennità.
E, per questo, abbiamo celebrato la sua nascita, pochissimi giorni fa, e oggi celebriamo la sua stessa manifestazione.
Il Signore nostro Gesù Cristo, nato da tredici giorni, si dice sia stato adorato oggi dai Magi.
Poiché avvenne che la verità del Vangelo parla: ma in quale giorno sia avvenuto dovunque l`importanza di questa solennità così gloriosa, lo dichiara.
Sembrò giusto, infatti, e veramente è giusto, che poiché, primi fra i Gentili, i Magi conobbero il Signore Gesù, e, non ancora impressionati dalla sua parola, seguirono la stella apparsa loro che parlò loro visibilmente in luogo del Verbo incarnato, come lingua del Cielo (Mt 11,1-12), affinché i Gentili conoscessero, per grazia, il giorno della salvezza delle sue primizie, e lo dedicassero al Cristo Signore con solenne ossequio ed azione di grazie.
Le primizie, certo, dei Giudei per la fede e la rivelazione del Cristo, esistettero in quei pastori, qui nello stesso giorno in cui egli nacque, lo videro col venire da molto vicino.
Gli angeli annunziarono a quelli, la stessa a questi.
A quelli fu detto: Gloria a Dio dal sommo dei Cieli (Lc 2,14): in questi si compì: I cieli cantano la gloria di Dio (Sal 18,2).
Gli uni e gli altri, senza dubbio, come gli inizi delle due pareti che provenivano da condizione diversa: dalla circoncisione e dal prepuzio accorsero alla pietra principale: per la loro pace, che l`una e l`altra cosa rendeva una sola (Ef 2,11-12).
Nei Giudei fu prima la grazia, nei Gentili più abbondante l`umiltà.
Veramente quelli lodarono Dio, perché avevano visto il Cristo: ma questi adorarono anche il Cristo che avevano visto.
In quelli fu prima la grazia, in questi, più abbondante l`umiltà.
Forse quelli pastori di poca importanza, esultavano più fervidamente per la loro salvezza: ma questi Magi ricoperti di molti peccati chiedevano più umilmente il perdono.
Questa è quella umiltà, che la Divina Scrittura esalta più in quelli che provenivano dai Gentili che nei Giudei.
Dai Gentili, infatti, proveniva quel centurione che, avendo ricevuto il Signore con tutto il cuore, tuttavia si ritenne indegno, che egli esitasse nella sua casa, né volle che il suo ammalato fosse visto da lui, ma (volle) che si comandasse al salvo (cf. Mt 7,5-10).
Così più intimamente lo considerava presente nel cuore, la cui presenza egli, nobilmente, teneva lontano dalla sua casa.
Finalmente il Signore disse: «Non ho trovato in Israele una fede così grande».
Anche quella donna Cananea viveva tra i Gentili e, quando si sentì chiamare dal Signore cane, e giudicata indegna che il pane dei figli fosse dato a lei, come un cane si accontentò delle briciole: e perciò non meritò di esserlo, poiché non rifiutò quello che non era stata.
Infatti, in persona ascoltò queste parole dal Signore: O donna grande è la tua fede (ibid., 15, 21-28).
L`umiltà in lei aveva reso grande la fede; perché essa stessa si era fatta piccola.
I pastori dunque vengono da vicino a vedere, e i Magi vengono da lontano ad adorare.
Questa è l`umiltà con la quale meritò di essere innestata sull`olivo selvaticamente, e di portare l`olivo contro natura (cf. Rm 11,17)...
Celebriamo, dunque, con molta devozione questo giorno, e adoriamo presente nel Cielo, il Signore Gesù che quelle nostre primizie adorarono giacente nella mangiatoia.
In lui, certo, essi veneravano ciò che accadrebbe, che noi veneriamo già adempiuto.
Le primizie dei Gentili, lo adorarono raccolto sul seno materno: i Gentili lo adorarono seduto alla destra di Dio Padre.

(Agostino, Sermo 203, 1)


4. I Gentili aderiscono al Cristo per mezzo dell`amore ai Giudei

Ora, dunque, o carissimi, figli ed eredi della grazia, osservate la vostra vocazione, ed apritevi ai Giudei ed ai Gentili, aderendo a Cristo, come pietra principale dell`edificio, con un amore molto perseverante.
Si manifestò, infatti, nella stessa culla della sua infanzia a questi, che erano vicini, e a quelli che erano lontano; ai Giudei, con la vicinanza dei pastori, ai Gentili, con la lontananza dei Magi.
Si crede che quelli venissero a lui nel giorno stesso in cui nacque, questi oggi.
Si manifestò, dunque, né a quelli, perché erano dotti, né a questi, perché giusti.
Traspare, infatti, nella rustichezza dei pastori, l`inesperienza, ma l`empietà nel carattere profano dei Magi.
La pietra angolare (il Cristo) attirò a sé gli uni e gli altri: senza dubbio, perché venne a scegliere le cose stolte dal mondo per confondere i sapienti (1Cor 1,27); e non chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13); affinché nessun uomo grande insuperbisse, e nessun piccolo disperasse.
Per la qual cosa gli Scribi e i Farisei mentre sembrano troppo dotti e troppo giusti, indicarono la città del (Messia) nato, interpretando l`oracolo profetico, ma lo respinsero.
Ma poiché (egli) divenne la pietra principale (Sal 117,22), ciò che, nascendo, mostrò, adempì, soffrendo; aderiamo a lui con altri, includendo il resto d`Israele, che per elezione della grazia divenne salvo (Rm 11,5).
Quei pastori, infatti, li prefiguravano sulla loro imminente riunificazione, affinché anche noi, che siamo stati prefigurati dall`arrivo dei Magi, chiamati da lontano, rimaniamo, non più pellegrini ed estranei, ma familiari di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, in virtù della principale pietra angolare, che è il Cristo Gesù: che una sola cosa realizzò e dell`una e dell`altra (Ef 2,11-12), affinché amiamo l`unità essendo uniti ed abbiamo l`instancabile carità, per riunire i rami che innestati sul selvatico, son diventati eretici ostinati, a causa della loro superbia, poiché potente è Dio che li innesta di nuovo (Rm 11,17-24).

(Agostino, Sermo 200, 4)


5. I doni dei Magi svelano il mistero di Cristo

L`apparizione di una stella, compresa fin dall`inizio dai Magi, evoca l`idea che i pagani non debbono interporre indugi nel credere in Cristo, né gli uomini allontanati dalla conoscenza di Dio dalle loro convinzioni derivate dalla scienza, stentare a riconoscere la luce che immantinente è apparsa alla sua nascita. In effetti, l`offerta dei doni ha espresso l`essere di Cristo in tutto il suo significato, riconoscendo il re nell`oro, Dio nell`incenso, l`uomo nella mirra. E con la venerazione dei Magi si realizza pienamente la conoscenza dell`insieme del mistero: della morte nell`uomo, della risurrezione in Dio, del potere di giudicare nel re. Nel fatto poi che sono impediti di ritornare sui loro passi e di tornare in Giudea da Erode, vi è l`idea che noi non siamo liberi di attingere in Giudea la nostra scienza e la nostra conoscenza, ma che siamo invitati ad abbandonare la via della nostra vita anteriore collocando tutta la nostra salvezza e tutta la nostra speranza in Cristo.

(Ilario di Poitiers, In Matth., 1, 5)


6. I magi attestano con i doni la fede nel mistero

In effetti, per quanto egli avesse prescelto la nazione israelita, e in questa medesima nazione una data famiglia per assumervi la comune natura umana, non volle tuttavia che le primizie della sua venuta restassero nascoste nei ristretti limiti della casa materna; volle al contrario farsi subito conoscere da tutti, lui che si degnava nascere per tutti.
Una stella di insolita lucentezza apparve allora a tre Magi d`Oriente, stella più brillante e più bella di tutti gli altri astri, che facilmente attrasse gli occhi e i cuori di coloro che la contemplavano; si poteva in tal modo comprendere che non fosse del tutto gratuito quanto di insolito era dato vedere. Colui che concedeva quel segno a quegli osservatori del cielo, ne concesse del pari l`intelligenza; ciò che fece capire, fece anche ricercare; e una volta cercato, si lasciò trovare.
I tre uomini si lasciano condurre dalla luce proveniente dall`alto e si fissano, contemplandolo senza stancarsi, al chiarore dell`astro che li precede e fa loro da guida; così, sono condotti dallo splendore della grazia fino alla conoscenza della verità, essi che, secondo il buon senso, avevano ritenuto un dovere cercare in una città regale la nascita di un re che era stato loro rivelato da quel segno. Ma colui che aveva assunto la condizione di servo (cf. Fil 2,7), e non veniva per giudicare (cf. Gv 12,47), bensì per essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita e Gerusalemme per la Passione (cf. Lc 13,33)...
Si compie quindi per i Magi il loro desiderio e, condotti dalla stella, arrivano fino al Bambino, il Signore Gesù Cristo. Nella carne, essi adorano il Verbo; nell`infanzia, la Sapienza; nella debolezza, il vigore; e nella verità dell`uomo, la maestà del Signore; e, per manifestare con segni esterni il mistero in cui credono e di cui hanno intelligenza, attestano con doni ciò che credono nel cuore. Offrono a Dio l`incenso, all`uomo la mirra, al re l`oro, consci di venerare nell`unità la divina e l`umana natura.

(Leone Magno, Sermo 31, l s.)
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10/01/2012 08:27
 
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DOMENICA DOPO L`EPIFANIA: BATTESIMO DEL SIGNORE


(domenica dopo l`Epifania)

La liturgia romana commemorava il Battesimo di Cristo nel Giordano l`ottavo giorno dopo l`Epifania del Signore, una festività apparsa in Occidente nel secolo VIII. Questo avvenne sotto l`influenza della liturgia bizantina per la quale, similmente alle altre liturgie orientali, il ricordo del mistero del Battesimo aveva una particolare importanza. La festa a sé stante del Battesimo del Signore fu costituita solamente nell`anno 1955 e veniva celebrata il 13 gennaio. Nel nuovo calendario liturgico, la festa è stata trasferita alla domenica dopo l`Epifania.
Cristo riceve il Battesimo nelle acque del Giordano dalle mani di Giovanni il Battista. La voce del Padre e la presenza dello Spirito Santo proclamano Gesú Figlio prediletto di Dio e, nello stesso tempo, Servo mandato per annunziare ai poveri la buona novella della salvezza. Lui non alzerà la voce, ma annunzierà a tutti la salvezza, non spezzerà la canna incrinata, ma libererà quelli che rimangono nella schiavitú delle tenebre. Cristo non ha alcun peccato, ma non si separa dall`umanità che vive nel peccato: l`umanità corrotta insieme con lui entra nelle acque del Giordano che preannunziano l`acqua che ci purificherà da ogni sporcizia, ci farà vivere la vita nuova, ci introdurrà nel mistero della morte e della risurrezione del nostro Salvatore.
Il mistero che oggi viene celebrato dalla Chiesa richiama alla memoria il nostro Battesimo per mezzo del quale siamo stati purificati e siamo spiritualmente rinati, divenendo figli di Dio. In questo giorno di festa, eleviamo suppliche affinché viviamo come figli di Dio, cresciamo nell`amore e ci trasformiamo spiritualmente ad immagine di Cristo.

Oggi, il nostro Dio ci ha manifestato la sua
indivisa natura in tre Persone;
il Padre dà infatti chiara testimonianza al Figlio;
lo Spirito scende dal cielo in forma di colomba;
il Figlio chinò il capo immacolato dinanzi al Precursore;
e battezzato, scioglie il genere umano dalla schiavitú,
perché amante degli uomini.

(Liturgia Bizantina, EE n. 3038)

Letture: Isaia 42,1-4.6-7
Atti 10,34-38
Matteo 3,13-17

1. Il Figlio prediletto

"Viene dopo di me uno che è piú forte di me, e io non sono degno di prostrarmi per sciogliergli la correggia dei calzari" (Mc 1,7). Siamo di fronte a una grande prova di umiltà: è come se avesse dichiarato di non essere degno di essere servo del Signore...
"Io vi battezzo con acqua" (Mc 1,8), cioè sono solamente un servo: egli è il creatore e il Signore: Io vi offro l`acqua, sono una creatura e vi offro una cosa creata: egli che non è stato creato, vi porge una cosa increata. Io vi battezzo con acqua, cioè vi offro una cosa visibile; egli invece vi offre l`invisibile. Io che sono visibile, vi do l`acqua visibile; egli che è invisibile, vi dà lo Spirito invisibile.
"E accadde che in quei giorni venne Gesú da Nazaret della Galilea" (Mc 1,9). Osservate il collegamento e il significato delle parole. L`evangelista non dice, venne Cristo, e neppure venne il Figlio di Dio, ma venne Gesú. Qualcuno potrebbe chiedere: perché non ha detto che venne Cristo? Parlo secondo la carne: evidentemente Dio è da sempre santo e non ha bisogno di santificazione, ma ora parliamo di Cristo secondo la carne. Allora non era stato ancora battezzato e non era stato ancora unto dallo Spirito Santo. Nessuno si scandalizzi: parlo secondo la carne, parlo secondo la forma del servo che egli aveva assunto, cioè parlo di Colui che venne al battesimo quasi fosse un peccatore. Cosí dicendo non intendo affatto dividere il Cristo, come se una persona fosse il Cristo, un`altra Gesú e un`altra il Figlio di Dio: ma intendo dire che, pur essendo uno solo e essendo sempre lo stesso, apparve però a noi diverso a seconda dei diversi momenti.
«Gesú da Nazareth della Galilea», dice Marco. Considerate il mistero. Dapprima accorsero da Giovanni Battista la Giudea e gli abitanti di Gerusalemme: nostro Signore che dette inizio al battesimo del Vangelo e mutò in sacramenti del Vangelo i sacramenti della legge, non venne dalla Giudea né da Gerusalemme, ma dalla Galilea delle genti. Gesú viene infatti da Nazareth, villaggio della Galilea. Nazara significa fiore: cioè il fiore, che è Gesú, viene dal fiore.
"E fu battezzato da Giovanni nel Giordano" (Mc 1,9). E` un grande atto di misericordia: si fa battezzare come un peccatore colui che non aveva commesso alcun peccato. Nel battesimo del Signore tutti i peccati vengono rimessi: ma, in un certo senso, il battesimo del Signore precede la vera remissione dei peccati che ha luogo nel sangue di Cristo, nel mistero della Trinità.
"E subito, risalendo dall`acqua, vide i cieli aperti" (Mc 1,10). Tutto quanto è stato scritto, è stato scritto per noi: prima di ricevere il battesimo abbiamo gli occhi chiusi e non vediamo il cielo. "E vide lo Spirito come colomba, discendere e fermarsi su di lui. E una voce venne dal cielo: «Tu sei il mio dilettissimo Figlio, in cui io mi compiaccio»" (Mc 1,10-11). Gesú Cristo è battezzato da Giovanni, lo Spirito Santo discende sotto forma di colomba e il Padre dai cieli rende la sua testimonianza. Guarda o Ariano, guarda o eretico: anche nel battesimo di Gesú c`è il mistero della Trinità. Gesú è battezzato, lo Spirito discende come colomba, e il Padre parla dal cielo.
«Vide i cieli aperti», scrive Marco. Cosí, dicendo «vide» mostra che gli altri non videro: non tutti infatti vedono i cieli aperti. Che dice infatti Ezechiele all`inizio del suo libro (cf. Ez 1,2)? «E accadde - dice - che mentre stavo seduto lungo il fiume Cabar in mezzo ai deportati, vidi i cieli aprirsi «. Io vidi, dice: quindi gli altri non vedevano. E non si creda che i cieli si aprano cosí, materialmente e semplicemente: noi stessi che qui sediamo, vediamo i cieli aperti o chiusi a seconda dei nostri meriti. La fede piena vede i cieli aperti, la fede esitante li vede chiusi.

(Girolamo, Comment. in Marc., l)


2. Ecco l`Agnello di Dio

Cristo, concluso il discorso sui segni rivolto ai suoi discepoli disse loro: «Andiamo sul fiume Giordano». E s`incamminarono insieme con lui e giunsero in Betania che si trova tra Gerusalemme e il Giordano e passarono la notte in casa di Lazzaro.
Sul far del giorno, Nostro Signore disse ai discepoli: «Andiamo insieme sul Giordano. Lí sentiremo una voce che grida nel deserto per appianare le mie vie (cf. Is 40,3); lí vedrete una fiaccola ardente che splende di vivida luce. Dunque, andiamo verso la luce che risplende sul deserto, andiamo a vedere la stella luminosa. In verità vi dico: solo Giovanni battezza, e mai donna generò un uomo piú perfetto di lui; le sue opere si possono paragonare a quelle del profeta Elia. Ecco, oggi abbatterò lo scellerato, ridurrò il suo potere, e lui stesso sprofonderà nell`abisso delle acque. Oggi si adempiranno le profezie. Oggi il mare vedendomi si ritirerà. Oggi sarà annientato il potere di satana. Oggi il mondo comincerà a risplendere. Oggi sarà rigenerato il santo Adamo, oggi sarà cancellato il peccato di Eva, madre del genere umano. Oggi saprete veramente chi sono io. Oggi vi farò sentire la voce del Padre, oggi sarete testimoni della potenza dello Spirito Santo. Oggi vi si manifesterà la natura della Santissima Trinità. Oggi i monti e i deserti esulteranno, come gioiscono gli agnelli. Oggi la gioia invaderà tutti i popoli ed essi la porteranno nelle loro mani. Oggi Giovanni, figlio di una donna sterile, mi vedrà e la sua anima esulterà. Oggi si commuoverà il cuore di ogni povero. Oggi sorgerà il sole per quelli che sono simili a me e dimorano negli inferi. Oggi si apriranno le porte del cielo. Oggi i primi saranno gli ultimi, e gli ultimi i primi. Oggi saprete chi sono io e da dove vengo. Oggi sentirete la voce del Padre e la Sua testimonianza su di me e sulla mia origine dal Padre. Oggi il Giordano e tutti i fiumi si rallegreranno. Oggi il cielo e la terra grideranno, le acque amare diventeranno dolci, e coloro che hanno sete gusteranno una dolce acqua. Oggi rinnoverò ciò che creai. Oggi il sole sette volte emanerà la sua luce. Questo è il giorno del Signore di cui hanno parlato i Profeti».
Quando finí di parlare eravamo giunti sul Giordano. E quando Giovanni vide Gesú gridò a gran voce: «"Ecco l`agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29). Questi è il Figlio Unigenito che è venuto per la nostra salvezza. Questi è il Re dei re annunziato dal profeta Zaccaria. E` questi certamente il Figlio Unigenito dell`eterno Dio...».
Dunque Gesú scese spogliatosi delle vesti e si fermò in mezzo al fiume. C`era lí molta gente che Giovanni battezzava. E Gesú disse a Giovanni: «Fa` quello che ti ho ordinato».
E Giovanni gli si avvicinò profondamente turbato e impose le mani sul capo di Nostro Signore. E quando volse gli occhi verso il cielo, lo vide aprirsi e lo Spirito Santo scendere sul capo di Cristo come una colomba che aleggiando si fermò sul capo di Nostro Signore. E sentí una voce che gridava dal cielo: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto; questi è il Figlio mio prediletto di cui gioisco; questi è il Figlio mio diletto per mezzo del quale creai il cielo e la terra; questi è il Figlio mio generato prima dei secoli e dei tempi; questi è il Figlio mio che mai sarà separato da me; questi è il Figlio mio che è veramente la mia immagine».

(Evangelium apocryphum Iohan., 33, 4-6.12)


3. Lo Spirito e il Battesimo

Cristo fu battezato per noi quando riempí il nostro Battesimo di luce, di vita e di santità e quando divenne la via per la quale lo Spirito viene su di noi, poiché lo Spirito venne su di lui cosí come sulle primizie del nostro genere umano, per passare in seguito anche su quelli che appartengono allo stesso genere, una volta divenuti perfetti attraverso il Battesimo.

(Severo di Antiochia, Sermo, 84)
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15/01/2012 09:37
 
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II DOMENICA

Letture: 1 Samuele 3,3b-10.19
1 Corinti 6,13c-15a.17-20
Giovanni 1,35-42

1. Il sangue della redenzione

"Il giorno seguente Giovanni ancora stava là, e con lui due dei suoi discepoli; e mirando Gesù che passava, esclama: «Ecco l`agnello di Dio»" (Gv 1,35-36).
Certamente è l`agnello per eccellenza, dato che anche i discepoli sono chiamati agnelli: "Ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi" (Mt 10,16). Essi sono chiamati anche luce: "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,11), ma in un senso diverso da colui del quale è scritto: «Era la vera luce, che illumina ogni uomo che viene nel mondo». Così, in un altro senso, è l`agnello per eccellenza, il solo senza macchia, senza peccato; e non perché le sue macchie erano state cancellate ma perchè mai ne aveva avute. Cosa significano queste parole di Giovanni riguardo al Signore: «Ecco l`agnello di Dio»? Giovanni non era forse un agnello anche lui? non era un uomo santo? non era amico dello sposo?
E che Cristo è l`agnello per eccellenza: questo è l`agnello di Dio: perchè unicamente per il solo sangue di questo agnello gli uomini poterono essere redenti.
Quando il tempo della misericordia di Dio arrivò, l`agnello venne sulla terra. Che agnello è questo, che i lupi temono? Che agnello è questo che, ucciso, uccide il leone? Il diavolo è detto infatti leone ruggente che va attorno cercando chi divorare (cf. 1Pt 5,8); e dal sangue dell`agnello il leone fu vinto. Questi sono gli spettacoli dei cristiani. E ciò che è di più, noi vediamo la verità con gli occhi del cuore, gli altri la vanità con gli occhi della carne. Non crediate, fratelli, che il Signore Dio nostro ci abbia lasciato senza spettacoli: se non avessimo alcuno spettacolo, perchè oggi voi sareste convenuti? Ecco, ciò che abbiamo detto voi lo avete visto, e avete acclamato: non acclamereste, infatti, se non aveste veduto. In realtà, è grandissimo spettacolo vedere il leone, in tutto l`universo, vinto dal sangue dell`agnello vedere le membra di Cristo strappate ai denti del leone e ricongiunte al corpo di Cristo.
"E lo conduce a Gesù. Gesù, riguardatolo, gli disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu ti chiamerai Cefa» che significa Pietro " (Gv 1,42).
Non c`è da stupirsi che Gesù abbia detto a Simone di chi egli era figlio. Che cosa c`è di difficile per il Signore? Egli sapeva il nome di tutti i suoi santi, che aveva predestinato prima della creazione del mondo: e vi stupireste perchè disse a un uomo: - tu sei figlio del tale e ti chiamerai con il tal nome? C`è da stupirsi perchè gli cambiò il nome, e di Simone fece Pietro? Pietro deriva da pietra, e la pietra è la Chiesa: nel nome di Pietro, dunque, è figurata la Chiesa. Chi è più sicuro di colui che edifica sopra la pietra? Il Signore stesso lo dice: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile ad un uomo prudente, che ha costruito la sua casa sopra la pietra ("cioè, non cede alle tentazioni"). Cadde la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e s`abbatterono su quella casa, ed essa non crollò, perchè fondata sulla pietra. Chiunque poi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica ("e ciascuno di noi tema e stia attento"), sarà simile ad un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sopra la rena. Cadde la pioggia a dirotto, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e s`abbatterono su quella casa, ed essa crollò, e fu completa la sua rovina» (cf. Mt 7,24-27). A che serve entrare nella Chiesa, per colui che vuole costruire sulla rena? Ascoltando e non mettendo in pratica, si costruisce certamente sulla rena. Chi nulla ascolta, infatti, nulla edifica: se invece ascolta, edifica. Ma su che cosa? ci chiediamo. Se ascolta e mette in pratica, edifica sulla pietra; se ascolta e non mette in pratica, sulla rena. Si può edificare, insomma, in due modi ben diversi: sulla pietra e sulla rena.
Che dire, allora, di coloro che non ascoltano? sono sicuri? Ma forse il Signore li dice sicuri, quelli che non edificano? Sono nudi sotto la pioggia, nudi ai venti, in faccia ai fiumi: quando verranno, la pioggia, i venti, i fiumi, li porteranno via, prima ancora di demolire le case. Dunque, la sicurezza sta in una cosa sola, edificare, ed edificare sulla pietra. Se vuoi ascoltare e non mettere in pratica, edifichi rovine: quando verrà la prova, porterà via la casa, e te con le rovine tue. Se poi non ascolti neppure, resti senza riparo, e la prova porterà via te direttamente. Ascolta, quindi, e metti in pratica, è l`unico rimedio. Quanti certamente sono coloro, oggi, che, ascoltando e non mettendo in pratica, son trascinati via dal fiume di questa festa? Ascoltano e non mettono in pratica: ecco, sopraggiunge il fiume di questa festa annuale, straripa come un torrente in piena, poi passerà e le acque si prosciugheranno: ma guai a coloro che avrà trascinato via!
Siate ben convinti di una cosa: se uno non ascolta e non mette in pratica, non edifica sulla pietra, e non ha alcun rapporto con quel grande nome cui il Signore attribuì tanta importanza. Ha suscitato, questo nome, la tua attenzione. Infatti, se ancor prima si fosse chiamato Pietro, tu non avresti inteso il mistero della pietra, e avresti immaginato che per un caso egli si chiamava così, non per provvidenza di Dio. Per questo il Signore volle che egli prima si chiamasse diversamente, affinché, proprio per il cambiamento del nome, risaltasse la forza del mistero.

(Agostino, Comment. in Ioan., 7, 5-6.14)


2. L`agnello di Dio e lo sguardo di Gesù

Quando dice: "Ecco l`agnello di Dio", non solo vuole indicare il Cristo, ma vuole anche esprimere ammirazione per la sua potenza - "Il suo nome sarà Ammirabile" (Is 9,6) -. Ed è veramente un agnello di meravigliosa potenza questo che, ucciso, uccise il leone; il leone, dico, del quale parla Pietro - "Il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente, cerca chi può divorare" (1Pt 5,8). Perciò lo stesso agnello venne chiamato leone vincitore e glorioso - "Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda" (Ap 5,5) -. "Ecco l`agnello di Dio" è una testimonianza molto breve; ma è breve perchè i discepoli, ai quali Giovanni parla, da ciò ch`egli aveva già detto di Cristo, erano bene informati su di lui; e anche perchè ciò che soprattutto interessava a Giovanni era di indirizzare i suoi discepoli a Cristo. E non dice «Andate da lui», perchè i discepoli non credano di fargli un favore, se lo seguono; ma ne esalta il prestigio, perchè capiscano che fanno bene a sé stessi, se lo seguono. Perciò dice: "Ecco l`agnello di Dio", cioè, ecco dov`è la grazia e la forza epuratrice del peccato; l`agnello, infatti, veniva offerto in espiazione dei peccati.
"Gesù poi voltatosi": queste parole stanno a dire che Gesù compie ciò ch`era stato iniziato da Giovanni, perchè "la legge non portò nessuno alla perfezione" (Eb 7,19). Quindi Cristo esamina e istruisce i discepoli, poichè "dice loro: Venite e vedete". Cristo li esamina ed essi rispondono - "Ed essi dissero: Maestro, dove abiti?" E l`evangelista dice: "Gesù voltatosi e visto che lo seguivano, disse loro". Il senso letterale dice che Cristo andava avanti e i due discepoli, che lo seguivano, non ne vedevano la faccia, perciò Cristo, per incoraggiarli, si voltò verso di loro. E questo ci fa capire che Cristo dà speranza di misericordia a tutti coloro che si mettono a seguirlo con cuore puro. "Previene quelli che lo cercano" (Sap 6,14). Gesù si volta verso di noi, perché lo possiamo vedere. Questo avverrà in quella beata visione quando ci mostrerà il suo volto, come si dice nel salmo (Sal 79,4). "Mostraci il tuo volto e saremo salvi". Finché siamo in questo mondo però lo vediamo di spalla, perché arriviamo a lui per via di effetti, per cui nell`Esodo (Es 33,23) è detto: "Vedrai le mie spalle". Si volge anche Gesù per offrirci l`aiuto della sua misericordia. Questo chiedeva il Sal 89,13: "Signore, volgiti un pochino". Finché, infatti, Cristo non offre l`aiuto della sua misericordia, ci sembra ostile. Si voltò, dunque, Gesù ai discepoli di Giovanni, che s`eran messi a seguirlo, per mostrar loro il suo volto e infondere la sua grazia in essi. Li esamina poi quanto all`intenzione. Quelli che seguono Cristo non hanno tutti la stessa intenzione: alcuni lo seguono con la prospettiva di beni temporali, altri con la prospettiva di beni spirituali, perciò il Signore gli chiede: "Che cosa cercate?", non certo per venire a sapere, ma perchè, dando loro occasione di manifestare la loro intenzione, li vuole stringere più vicino a sé, giudicandoli degni del suo interessamento .

(Tommaso d`Aquino, Ev. sec. Ioan., 1, 15, 1 s.)


3. Il mistero della Pasqua

E` stata appena letta la Scrittura sull`esodo ebraico e sono state spiegate le parole del mistero: come viene immolato l`agnello e come viene salvato il popolo. Sforzatevi di ben comprendere, carissimi! E in questo modo che è nuovo e antico, eterno e temporaneo, corruttibile e incorruttibile, mortale e immortale il mistero della Pasqua: antico secondo la Legge, ma nuovo secondo il Logos; temporaneo per il simbolo, eterno per la grazia, corruttibile per l`immolazione dell`agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per la sepoltura [nella terra], immortale per la risurrezione dai morti.
Antica è la Legge, ma nuovo il Logos; temporaneo il simbolo, eterna la grazia; corruttibile l`agnello, incorruttibile il Signore; immolato come agnello, risuscitato come Dio.
Infatti, come pecora fu condotto al macello per essere immolato (cf. Is 53,7), e tuttavia egli non era una pecora; e a mo` di agnello senza voce, e tuttavia egli non era un agnello. In effetti, il simbolo è passato e la verità è stata trovata [verificata].
Invero, al posto dell`agnello è venuto Dio e al posto della pecora un uomo, e nell`uomo, Cristo che contiene tutto.
Così dunque l`immolazione dell`agnello, il rito della Pasqua e la lettera della Legge sono terminati in Cristo Gesù, in vista del quale tutto accadde nella Legge antica e più ancora nell`Ordine ("greco": Logos) nuovo.
Infatti, anche la Legge diventata Logos, e l`antico nuovo - entrambi usciti da Sion e da Gerusalemme -, e il comandamento grazia, e il simbolo verità, e l`agnello Figlio, e l`agnello uomo, e l`uomo Dio.
In effetti, partorito come Figlio, e condotto come agnello, e immolato come capretto, e sepolto come uomo, egli risuscitò come Dio, essendo per natura Dio e uomo.
Lui che è tutto: legge in quanto giudica, Logos in quanto insegna, grazia in quanto salva, Padre in quanto genera, Figlio in quanto è generato, agnello in quanto soffre, uomo in quanto è sepolto, Dio in quanto è risuscitato.
Questo è Gesù, il Cristo; "a lui la gloria nei secoli. Amen" (2Tm 4,18; Gal 1,5; 2Pt 3,18).
E questo è il mistero della Pasqua, quale è descritto nella Legge, come abbiamo letto poc`anzi...
O mistero strano e inesplicabile! L`immolazione dell`agnello risulta essere la salvezza d`Israele, e la morte dell`agnello diviene la vita del popolo, e il sangue intimidì l`angelo.
Dimmi, o angelo, cosa ti ha intimidito: l`immolazione dell`agnello o la vita del Signore? Il sangue dell`agnello o lo Spirito del Signore?
E` evidente che tu sei rimasto intimidito perché hai visto il mistero del Signore compiersi nell`agnello, la vita del Signore nell`immolazione dell`agnello, la prefigurazione del Signore nella morte dell`agnello.
Ecco perchè tu non colpisci Israele, mentre privi l`Egitto dei suoi figli. Quale inatteso mistero!

(Melitone di Sardi, In Pascha, 1-11; 31-34)
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18/01/2012 09:01
 
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III DOMENICA

Letture: Giona 3,1-5.10
1 Corinti 7,29-31
Marco 1,14-20

1. Il tempo del pentimento

"Ma dopo che Giovanni fu imprigionato, Gesú venne nella Galilea predicando il Vangelo del regno di Dio..." (Mc 1,13), con quel che segue.
«Giustamente egli comincia a predicare dopo che Giovanni è stato imprigionato; tramontata la legge, di conseguenza sorge il Vangelo. E il Salvatore, predicando le stesse cose che Giovanni Battista aveva predicato in precedenza, mostra di essere il Figlio dello stesso Dio di cui Giovanni è il profeta». Ma non si pensi che Giovanni sia stato gettato in carcere subito dopo la fine della tentazione, durata quaranta giorni, e il digiuno del Signore; chiunque legge il Vangelo di Giovanni troverà che il Signore ha insegnato molte cose e compiuto molti miracoli prima della prigionia di Giovanni. Troviamo nello stesso Vangelo: "Gesú dette cosí inizio ai suoi miracoli a Cana di Galilea" (Gv 2,11), e aggiunge: "Giovanni non era stato ancora imprigionato" (Gv 3,24). Ma «alcuni sostengono che Giovanni, dopo aver letto i libri di Matteo, di Marco e di Luca, avrebbe approvato tutta quanta la trama storica dei fatti e avrebbe riconosciuto che essi avevano detto il vero, ma che avevano tracciato soltanto la storia dell`anno in cui il Signore subí la passione dopo la prigionia di Giovanni. Per questo, tralasciando i fatti di quell`anno che erano stati oggetto dell`esposizione dei tre evangelisti, ha raccontato le vicende accadute prima che Giovanni fosse stato imprigionato, come si può constatare chiaramente leggendo attentamente i quattro Vangeli. Questo fatto toglie di mezzo ogni discordanza che sembrava esistesse tra Giovanni e gli altri». Orbene Marco, dopo aver detto che «Gesú venne nella Galilea predicando il vangelo del regno di Dio», continua:
"E diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; pentitevi e credete al vangelo " (Mc 1,15).
«Il tempo è compiuto», è un`espressione, questa, che concorda perfettamente con la frase dell`Apostolo: "Ma quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare quelli che erano sottoposti alla legge" (Gal 4,4-5). Il tempo dunque è compiuto, pentitevi. Da quanto tempo si ripete questa esortazione, e voglia il cielo che una buona volta venga ascoltata! Poiché il tempo è compiuto e «il regno di Dio è vicino, pentitevi e credete al vangelo»: cioè rinunziate alle opere morte e credete nel Dio vivente. A che giova credere senza le opere buone? Non è il merito delle opere buone che ci ha condotto alla fede; ma la fede comincia affinché le opere buone la seguano.

(Beda il Vener., In Evang. Marc., 1, 1, 14-15)


2. Le esigenze della chiamata di Dio

"E camminando lungo il mare di Galilea, vide Simone e suo fratello Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori " (Mc 1,16). Simone, che non ancora si chiamava Pietro, perché non ancora aveva seguita la Pietra (cf. Es 17,5-6; 1Cor 10,4) tanto da meritarsi il nome di Pietro, Simone, dunque, e suo fratello Andrea, erano sulla riva e gettavano le reti in mare. La Scrittura non precisa se, dopo aver gettato le reti, presero dei pesci. Dice soltanto: «Vide Simone e suo fratel!o Andrea che gettavano le reti in mare: infatti essi erano pescatori». Il Vangelo riporta che essi gettavano le reti, ma non aggiunge che cosa presero con esse. Cioè, ripeto, prima della passione essi gettarono le reti, ma non sta scritto se catturarono dei pesci. Invece, dopo la passione, gettano le reti e prendono i pesci: tanti ne prendono che le reti si rompono (cf. Lc 5,6; Gv 1,11). Qui, invece, si dice soltanto che gettavano le reti, perché erano pescatori.
"E Gesú disse loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini»" (Mc 1,17). Oh, felice trasformazione della loro pesca! Gesú li pesca, affinché essi a loro volta peschino altri pescatori. Dapprima essi son fatti pesci, per poter essere pescati da Cristo: poi essi pescheranno altri. E Gesú dice loro: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini».
"E quelli, subito, abbandonate le reti, lo seguirono" (Mc 1,18). «Subito», dice Marco. La vera fede non conosce esitazioni: subito ode, subito crede, subito segue e subito fa diventare pescatore. E subito, dice Marco, «abbandonate le reti». Credo che con le reti essi abbiano abbandonato le passioni del mondo. «E lo seguirono»: non avrebbero infatti potuto seguire Gesú se si fossero portati dietro le reti, cioè i vizi terreni.
"E andato un poco avanti, vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, anch`essi nella barca che riattavano le reti" (Mc 1,19). Dicendo che riattavano le reti, si fa capire che esse erano rotte. Essi gettavano le reti in mare: ma poiché le reti erano rotte, non potevano prendere pesci. Aggiustavano, stando in mare, le reti: sedevano sul mare, cioè sedevano nella barca insieme al padre Zebedeo e riattavano le reti della legge. Abbiamo spiegato tutto questo secondo il suo significato spirituale. Essi aggiustavano le reti, ed erano nella barca. Erano nella barca, non sulla riva, non sulla terraferma: erano nella barca, che era scossa dai flutti del mare.
"E subito li chiamò: e quelli, lasciato il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni, lo seguirono" (Mc 1,20). Qualcuno potrebbe dire: - Ma questa fede è troppo temeraria. Infatti, quali segni avevano visto, da quale maestà erano stati colpiti, da seguirlo subito dopo essere stati chiamati? Qui ci vien fatto capire che gli occhi di Gesú e il suo volto dovevano irradiare qualcosa di divino, tanto che con facilità si convertivano coloro che lo guardavano (cf. Mc 11,5). Gesú non dice nient`altro che «seguitemi», e quelli lo seguono. E` chiaro che se lo avessero seguito senza ragione, non si sarebbe trattato di fede ma di temerarietà. Infatti, se il primo che passa dice a me, che sto qui seduto, vieni, seguimi, e io lo seguo, agisco forse per fede? Perché dico tutto questo? Perché la stessa parola del Signore aveva l`efficacia di un atto: qualunque cosa egli dicesse, la realizzava. Se infatti "egli disse e tutto fu fatto, egli comandò e tutto fu creato" (Sal 148,5), sicuramente, nello stesso modo, egli chiamò e subito essi lo seguirono.
«E subito li chiamò: e quelli subito, lasciato il loro padre Zebedeo...» ecc. "Ascolta, figlia, e guarda, e porgi il tuo orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre: il re desidera la tua bellezza" (Sal 44,11ss). Essi dunque lasciarono il loro padre nella barca. Ascolta, monaco, imita gli apostoli: ascolta la voce del Salvatore, e trascura la voce carnale del padre. Segui il vero Padre dell`anima e dello spirito, e abbandona il padre del corpo. Gli apostoli abbandonano il padre, abbandonano la barca, in un momento abbandonano ogni loro ricchezza: essi, cioè, abbandonano il mondo e le infinite ricchezze del mondo. Ripeto, abbandonarono tutto quanto avevano: Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell`animo di colui che le abbandona. Coloro che hanno abbandonato poco perché poco avevano, sono considerati come se avessero abbandonato moltissimo.
Lasciato il padre Zebedeo nella barca con i garzoni, gli apostoli dunque lo seguirono. E` giunto ora il momento di spiegare ciò che prima abbiamo detto in modo oscuro, a proposito degli apostoli che aggiustavano le reti della legge. La rete era rotta, non poteva prendere i pesci, era stata corrosa dalla salsedine marina, ed essi non sarebbero mai stati in grado di ripararla se non fosse venuto il sangue di Gesú a rinnovarla completamente.

(Girolamo, Comment. in Marc., 1 )


3. L`ascolto della parola di Dio rende potenti interiormente

Un esame oculato e giudizioso della condotta degli apostoli di Gesú mostra che essi insegnavano il cristianesimo e riuscivano a sottomettere gli uomini alla parola di Dio per divina potenza. Non possedevano né eloquenza naturale né struttura di messaggio secondo i procedimenti dialettici e retorici dei Greci, che trascinavano gli uditori. Mi sembra, però, che se Gesú avesse scelto dei sapenti al cospetto della pubblica opinione, capaci di captare e di esprimere idee care alle folle, per farne i ministri del suo insegnamento, avrebbe senza alcun dubbio offerto il destro al sospetto di aver predicato seguendo un metodo consimile a quello di taluni capiscuola della filosofia, e il carattere divino della sua dottrina non sarebbe piú apparso in tutta la sua evidenza. La sua dottrina e la sua predicazione sarebbero consistite in discorsi persuasivi per sapienza, stile e composizione letteraria. La nostra fede, pari a quella che si accorda alle dottrine di filosofi di questo mondo, riposerebbe sulla «sapienza degli uomini» e non sulla «potenza di Dio». Vedere invece predicatori e pubblicani senza neppure i primi rudimenti letterari - secondo la presentazione che ne fanno i Vangeli, e Celso li crede veritieri quanto alla loro carenza di cultura -, tanto baldanzosi da predicare la fede di Gesú Cristo non solo ai Giudei, ma al resto del mondo e riuscirvi, come non chiedersi l`origine della loro potenza di persuasione? Essa, in effetti, non era quella che si aspettavano le folle, mentre rendeva ragione solo di questa parola: "Venite dietro di me, vi farò pescatori di uomini" (Mt 4,19), da Gesú realizzata con potenza divina nei suoi apostoli.
Anche Paolo, come ho detto altrove, la propone in questi termini: "La mia parola e il mio messaggio non si basano su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito Santo e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (1Cor 2,4-5). Infatti, secondo quanto è detto nelle profezie dei profeti che con la loro conoscenza anticipata annunciano la predicazione del Vangelo, "il Signore darà la sua parola ai messaggeri con una grande potenza, il re degli eserciti del beneamato" (Sal 67,12-13), affinché si adempia questa profezia: "Perché corra rapida la sua parola" (Sal 147,4).
E noi constatiamo, in effetti, che «la voce» degli apostoli di Gesú è giunta a tutta la terra, e le loro parole ai confini del mondo (Sal 18,5; Rm 10,18).
Ecco perché sono ripieni di potenza coloro che ascoltano la parola di Dio annunciata con potenza, e la manifestano con la loro disposizione d`anima, con la loro condotta e la loro lotta fino alla morte per la verità (cf. Sir 4,28).

(Origene, Contra Cels., 1, 62)


4. La sola penitenza non basta per la salvezza, occorre la carità

La salvezza eterna non è, in effetti, promessa solo in nome della semplice penitenza, della quale il beato apostolo Pietro dice: "Fate penitenza e convertitevi, affinché siano cancellati i vostri peccati" (At 3,19), o Giovanni Battista e successivamente lo stesso Signore: "Fate penitenza, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 3,2); ma è del pari per l`effetto della carità che viene ricoperta la mole dei peccati: "la carità", infatti, "copre la moltitudine dei peccati" (1Pt 4,8).
Parallelamente, anche l`elemosina arreca rimedio alle nostre ferite, poiché, come l`acqua spegne il fuoco, cosí l`elemosina espia i peccati (Sir 3,29).

(Giovanni Cassiano, Collationes, 20, 8)

5. Il Signore è il nostro specchio

Appuntate gli sguardi!
Il Signore è il nostro specchio;
aprite gli occhi e specchiatevi,
imparate i tratti del vostro volto!

Levate inni al suo spirito,
nettatevi il fango dal vostro sembiante!
Amate la sua santità e indossatela,
starete con lui senza macchia nei secoli.

Alleluja!


(Oda Salomonis, 13, 1-4)
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28/01/2012 08:18
 
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IV DOMENICA

Letture: Deuteronomio 18,15-20
1 Corinti 7,32-35
Marco 1,21-28


1. Dottrina e autorità di Cristo

"E subito, giunto il sabato, entrato nella sinagoga, si mise a insegnare loro" (Mc 1,21).
Il fatto che egli offra con larghezza i doni della sua medicina e della sua dottrina soprattutto di sabato, mostra che il Signore non è soggetto alla legge, ma sta sopra la legge, egli che è venuto per portare a compimento la legge e non per abrogarla (cf. Mt 5,17). Per insegnare egli sceglie non il sabato giudaico - nel quale era vietato accendere il fuoco o adoperare le mani e i piedi - ma il vero sabato, e mostra che il riposo preferito dal Signore consiste nell`aver cura delle anime astenendosi dalle opere servili, cioè da tutte le opere illecite.
"E si stupivano della sua dottrina. Insegnava loro difatti come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Mc 1,22).
«Gli scribi insegnavano al popolo le cose che leggiamo in Mosè e nei profeti; Gesú invece, quasi fosse Dio e Signore di Mosè stesso, seguendo la sua libera volontà, dava maggiore importanza a precetti che sembravano secondari nella legge, oppure, modificando i comandamenti, si rivolgeva al popolo come leggiamo in Matteo: -fu detto agli antichi... ma io vi dico -» (Girolamo).
"Or, ecco, c`era nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, che gridava dicendo: - che c`è tra noi e te, Gesú Nazareno? Sei venuto per rovinarci? Conosco chi sei, il Santo di Dio! " (Mc 1,23-24).
«Questa non è una spontanea confessione di fede cui faccia seguito il premio, ma una confessione necessariamente estorta che costringe chi non vuole. Come accade agli schiavi fuggiaschi che, incontrando dopo molto tempo il loro padrone, gridano implorazioni soltanto per evitare le bastonate, cosí i demoni, avendo visto d`improvviso apparire il Signore in terra, credevano che fosse venuto per giudicarli. La presenza del Salvatore è infatti tormento per i demoni» (Girolamo).
"Ma Gesú lo rimproverò dicendo: - Taci, ed esci dall`uomo" (Mc 1,25).
"Siccome la morte è entrata nel mondo per l`invidia del diavolo" (Sap 2,24), la medicina della salvezza ha dovuto dapprima operare contro lo stesso autore della morte per tacitare innanzi tutto la lingua del serpente, affinché non spargesse più oltre il suo veleno; poi per curare la donna, che fu per prima sedotta dalla febbre della concupiscenza carnale; in terzo luogo per purificare dalla lebbra del suo errore l`uomo che aveva ascoltato le parole della sposa che lo spingeva al male, affinché il piano di redenzione si compisse nel Signore come nei progenitori si era compiuta la caduta.
"E dopo che l`ebbe agitato convulsamente, lo spirito immondo uscí da lui, emettendo un gran grido" (Mc 1,26).
«Luca dice che lo spirito immondo uscí dall`uomo senza fargli male. Può sembrare una contraddizione, in quanto secondo Marco "dopo che l`ebbe agitato convulsamente, uscí da lui", oppure, come recano altri codici, "dopo che l`ebbe tormentato", mentre secondo Luca non gli fece alcun male. In realtà, però, anche Luca dice che il demonio uscí da lui dopo averlo gettato in terra, anche se non gli fece del male (cf. Lc 4,35). Si comprende, da ciò, perché Marco abbia detto che lo tormentò e lo agitò convulsamente intendendo ciò che ha detto Luca, scrivendo che lo gettò a terra. E quanto Luca aggiunge, cioè che non gli fece del male, significa che pur gettandolo in terra e agitandolo convulsamente, non lo mutilò, come sono soliti fare i demoni quando escono da qualcuno amputandogli o strappandogli le membra».
"E si stupirono tutti, tanto che si domandavano l`un l`altro: - Cos`è questo? Che nuova dottrina è questa dato che egli comanda con autorità anche agli spiriti immondi ed essi gli obbediscono?" (Mc 1,27).
Di fronte alla grandezza del miracolo, ammirano la novità della dottrina del Signore, e sono spinti dalle cose che hanno viste a far domande su quello che hanno udito. Non v`è dubbio infatti che a questo miravano i prodigi che il Signore stesso operava servendosi della natura umana che aveva assunta, o che dava facoltà ai discepoli di compiere. Per mezzo di questi miracoli gli uomini credevano con maggior certezza al vangelo del regno di Dio che veniva loro annunciato: infatti coloro che promettevano agli uomini terreni la felicità futura mostravano di poter compiere in terra opere celesti e divine. In verità, mentre i discepoli operavano ogni cosa per grazia del Signore, come semplici uomini, il Signore operava miracoli e guarigioni da solo, per virtù della sua potenza, e diceva al mondo le cose che udiva dal Padre. Dapprima infatti il Vangelo attesta che «egli insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi»; e ora la folla testimonia che egli «con autorità comanda agli spiriti immondi ed essi gli obbediscono».

(Beda il Vener., In Ev. Marc. 1, 1, 21-27)


2. Entrare in Cafarnao, «campo della consolazione»

"Ed entrarono a Cafarnao" (Mc 1,21). Significativo e felice è questo cambiamento: abbandonano il mare, abbandonano la barca, abbandonano i lacci delle reti ed entrano a Cafarnao. Il primo cambiamento consiste nel lasciare il mare, la barca, il vecchio padre, nel lasciare i vecchi vizi. Infatti nelle reti, e nei lacci delle reti, sono lasciati i vizi. Osservate il cambiamento. Hanno abbandonato tutto questo: e perché lo hanno fatto, per trovare che cosa? «Entrarono - dice Marco - a Cafarnao»: cioé entrarono nel campo della consolazione. "Cafar" significa campo "Naum" significa consolazione. Oppure (dato che le parole ebraiche hanno vari significati, e, a seconda della pronunzia, hanno un senso diverso), "Naum" vuol dire non solo consolazione, ma anche bellezza. Cafarnao, quindi, può essere tradotto come campo della consolazione o campo bellissimo...
"Entrarono in Cafarnao, e subito, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava loro" (Mc 1,21), insegnava affinché abbandonassero gli ozi del sabato e cominciassero le opere del Vangelo. "Egli li ammaestrava come uno che ha autorità, non come gli scribi" (Mc 1,22). Egli non diceva, cioè «questo dice il Signore», oppure «chi mi ha mandato cosí parla»: ma era egli stesso che parlava, come già prima aveva parlato per bocca dei profeti. Altro è dire «sta scritto», altro dire «questo dice il Signore», e altro dire «in verità vi dico». Guardate altrove. «Sta scritto -egli dice - nella legge: Non uccidere, non ripudiare la sposa». Sta scritto: da chi è stato scritto? Da Mosè, su comandamento di Dio. Se è scritto col dito di Dio, in qual modo tu osi dire «in verità vi dico», se non perché tu sei lo stesso che un tempo ci dette la legge? Nessuno osa mutare la legge, se non lo stesso re. Ma la legge l`ha data il Padre o il Figlio? Rispondi, eretico. Qualunque cosa tu risponda, l`accetterò volentieri: per me, infatti, l`hanno data ambedue. Se è il Padre che l`ha data, è lui che la cambia: dunque il Figlio è uguale al Padre, poiché la muta insieme a colui che l`ha data. Se l`uno l`ha data e l`altro la muta è con uguale autorità che essa è stata data e che viene ora mutata: infatti nessuno che non sia il re può mutare la legge.
"Si stupivano della sua dottrina (ibid.)". Perché, mi chiedo, insegnava qualcosa di nuovo, diceva cose mai udite? Egli diceva con la sua bocca le stesse cose che aveva già detto per bocca dei profeti. Ecco, per questo si stupivano, perché esponeva la sua dottrina con autorità, e non come gli scribi. Non parlava come un maestro ma come il Signore: non parlava per l`autorità di qualcuno piú grande di lui, ma parlava con la sua propria autorità. Insomma egli parlava e diceva oggi quello che già aveva detto per mezzo dei profeti. "Io che parlavo, ecco, sono qui" (Is 52,6).

(Girolamo, Comment. in Marc., 2)


3. Il peccato degli angeli

Tra le angeliche virtù il primo angelo dell`ordine terrestre, cui era stata affidata la cura della terra, pur essendo buono per natura e causa di bene e creato senza nessuna impronta di malizia, non tollerando piú lo splendore che aveva ricevuto per libera donazione del Creatore, da ciò che era in armonia con la sua natura, si rivolse a ciò che era contro la sua natura, e si oppose al suo Creatore; cosí per primo si allontanò dal bene e da buono divenne cattivo. Poiché il male non è altro se non la mancanza di un bene, come le tenebre non sono altro che la mancanza di luce. Il bene è una luce spirituale e il male è un buio spirituale. Lui ch`era stato fatto luce dal Creatore e buono - Dio "guardò tutte le cose che aveva fatto, ed erano molto buone" (Gen 1,31) - di sua spontanea volontà si fece tenebre. Con lui si ribellò tutta la moltitudine innumerevole di angeli ch`era sotto di lui. Pur essendo, dunque, della stessa natura di tutti gli altri angeli, per propria scelta, divennero cattivi e di loro spontanea volontà si piegarono al male.

(Giovanni Damasceno, De fide orthod., 2, 4)


4. Convertirsi con tutto il cuore

Dice: «Ora ascoltami sulla fede. Con l`uomo sono due angeli, uno della giustizia e l`altro della iniquità». «Come, o signore, conoscerò le loro azioni, poiché entrambi gli angeli abitano con me?». «Ascolta, mi risponde, e rifletti. L`angelo della giustizia è delicato, verecondo, calmo e sereno. Se penetra nel tuo cuore, subito ti parla di giustizia, di castità, di modestia, di frugalità, di ogni azione giusta e di ogni insigne virtù. Quando tutte queste cose entrano nel tuo cuore, ritieni per certo che l`angelo della giustizia è con te. Sono, del resto, le opere dell`angelo della giustizia. Credi a lui e alle sue opere. Guarda ora le azioni dell`angelo della malvagità. Prima di tutto è irascibile, aspro e stolto e le sue opere cattive travolgono i servi di Dio. Se si insinua nel tuo cuore, riconoscilo dalle sue opere». «In che modo, signore, gli obietto, lo riconoscerò, non lo so». «Ascoltami, dice. Quando ti prende un impeto d`ira o un`asprezza, sappi che egli è in te. Poi, il desiderio delle molte cose, il lusso dei molti cibi e bevande, di molte crapule e di lussi vari e superflui, le passioni di donne, la grande ricchezza, la molta superbia, la baldanza e tutto quanto vi si avvicina ed è simile. Se tutte queste cose si insinuano nel tuo cuore, sappi che è in te l`angelo dell`iniquità. Avendo conosciuto le sue opere, allontanati da lui e non credergli in nulla, perché le sue opere sono malvagie e dannose ai servi di Dio. Hai, dunque, le azioni di ambedue gli angeli, rifletti e credi all`angelo della giustizia. Lungi dall`angelo della iniquità, perché il suo insegnamento è cattivo per ogni opera...».
Gli dico: «Signore, ascoltami per poche parole». «Di` pure quello che vuoi». «L`uomo è desideroso di osservare i precetti di Dio, e nessuno non prega il Signore che lo rafforzi nei suoi precetti e lo sottoponga ad essi. Ma il diavolo è duro e domina». «Non può, replica, dominare i servi di Dio che sperano con tutto il cuore in Lui. Il diavolo può combattere, ma non può trionfare. Se lo contrastate, vinto e scornato fuggirà da voi. Quelli che sono vani temono il diavolo come se avesse forza. Quando l`uomo riempie di buon vino i recipienti piú adatti e tra questi pochi semivuoti, se torna ai recipienti non osserva i pieni, perché li sa pieni, ma osserva i semivuoti temendo che siano inaciditi. Presto, infatti, i recipienti semivuoti inacidiscono e svanisce il sapore del vino. Cosí pure il diavolo va da tutti i servi di Dio, per provarli (cf. 1Pt 5,8). Quelli che sono pieni di fede gli resistono energicamente, e lui si allontana da loro non avendo per dove entrare. Allora egli va dai vani e, trovando lo spazio, entra da loro ed agisce con questi come vuole e gli diventano soggetti».
«Io, l`angelo della penitenza, vi dico: "Non temete il diavolo". Fui inviato per stare con voi che fate penitenza con tutto il vostro cuore e per rafforzarvi nella fede. Credete in Dio voi che per i vostri peccati avete disperato della vostra vita, accresciuto le colpe e appesantito la vostra esistenza. Se vi convertite al Signore con tutto il vostro cuore e operate la giustizia per i rimanenti giorni della vostra vita e lo servite rettamente secondo la sua volontà, vi darà il perdono per tutti i precedenti peccati e avrete la forza di dominare le opere del diavolo. Non temete assolutamente le minacce del diavolo. Egli è inerte come i nervi di un morto. Ascoltatemi, dunque, e temete chi può tutto salvare e perdere. Osservate questi precetti e vivrete in Dio». Gli chiedo: «Signore, ora mi sento rafforzato in tutti i comandamenti di Dio perché tu sei con me. So che abbatterai tutta la forza del diavolo e noi lo domineremo e vinceremo tutte le sue opere. E spero che il Signore dandomi la forza mi farà osservare questi precetti che hai ordinato». «Li osserverai, mi dice, se il tuo cuore diviene puro presso il Signore. Li osserveranno tutti quelli che purificheranno il loro cuore dalle vane passioni di questo mondo e vivranno in Dio».

(Erma, Pastor, Precetti, VI, 2; XII, 5-6)
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31/01/2012 08:19
 
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V DOMENICA

Letture: Giobbe 7,1-4.6-7
1 Corinti 9,16-19.22-23
Marco 1,29-39

1. «Il regno di Dio è dentro di voi» (Lc 17,21)

"Ora la suocera di Simone stava a letto con la febbre" (Mc 1,30). Dio voglia ch`egli venga ed entri nella nostra casa, e guarisca con un suo ordine la febbre dei nostri peccati. Ciascuno di noi è febbricitante. Quando sono colto dall`ira, ho la febbre ogni vizio è una febbre. Preghiamo dunque gli apostoli affinché supplichino Gesú, ed egli venga a noi e tocchi la nostra mano: se la sua mano ci tocca, subito la febbre è scacciata. E il Signore un grande medico, un vero archiatra. Un medico era Mosè, un medico era Isaia, medici sono tutti i santi: ma questo è il maestro di tutti i medici. Egli sa toccare con cura le vene, sa scrutare nei segreti del male. Non tocca le orecchie, non tocca la fronte, né tocca alcuna altra parte del corpo: tocca soltanto la mano. Quella donna, infatti, aveva la febbre, perché non aveva opere di bene. Prima viene dunque sanata nelle opere e poi viene liberata dalla febbre. Non può liberarsi della febbre se non è guarita nelle opere. Quando la nostra mano opera il male, è come se fossimo costretti a stare a letto; non possiamo alzarci, non possiamo camminare: è come se fossimo ammalati in ogni parte del corpo.
E "avvicinatosi" (Mc 1,31) a lei che era ammalata... Essa non poteva alzarsi, giaceva nel letto; quindi, non poteva venire incontro al Signore che entrava: ma questo misericordioso medico, che la teneva sulle sue spalle come fosse una morbida pecorella, va lui al letto. «E avvicinatosi...». Si avvicina spontaneamente, per guarirla di sua propria volontà. «E avvicinatosi...». Stai attento a che cosa dice. E` come se dicesse: Avresti dovuto correre incontro a me, venire alla porta per accogliermi, affinché la tua guarigione non fosse soltanto opera della mia misericordia, ma anche della tua volontà: ma, poiché sei in preda ad una violenta febbre e non ti puoi alzare, vengo io.
E "avvicinatosi la fece alzare". Ella non poteva alzarsi, ed è alzata dal Signore. "E la fece alzare prendendola per mano" (Mc 1,31). Giustamente la prende per mano. Quando anche Pietro era in pericolo in mare e stava per essere sommerso, è toccato dalla sua mano e subito si alza. «E la fece alzare prendendola per la mano»: con la sua mano prese la mano di lei. O beata amicizia, o dolcissimo bacio! La fece alzare dopo averla presa per mano: la mano di lui guarí la mano di lei. La prese per mano come medico, sentí le sue vene, costatò la violenza della febbre, egli che è medico e medicina. Gesú tocca, e la febbre fugge. Tocchi anche le nostre mani, per rendere pure le nostre opere. Che entri nella nostra casa: alziamoci dal letto non restiamo sdraiati. Gesú sta dinanzi al nostro letto e noi non ci alziamo? Leviamoci, stiamo in piedi: è ignominioso per noi giacere dinanzi a Gesú. Ma qualcuno dirà: - Dov`è Gesú? Gesú è qui. "Sta in mezzo a voi uno che voi non conoscete" (Gv 1,26). "Il regno di Dio è dentro di voi" (Lc 17,21). Crediamo, e vedremo Gesú qui oggi. E se non possiamo toccare la sua mano, corriamo ai suoi piedi. Se non possiamo giungere alla sua testa, almeno laviamo con le nostre lacrime i suoi piedi. Il nostro pentimento è profumo per il Salvatore. Osserva quanto è grande la misericordia del Signore. I nostri peccati mandano un cattivo odore, sono putredine: tuttavia, se ci pentiamo dei nostri peccati, se piangiamo, i nostri puzzolenti peccati diventano il profumo del Signore. Preghiamo dunque il Signore affinché ci prenda per la mano...
Che dice ancora David? "Mi laverai e io sarò piú bianco della neve" (Sal 50,9). Poiché mi hai lavato con le mie lacrime le mie lacrime e la mia penitenza hanno agito per me come ii battesimo. Potete costatare da qui quanto sia efficace la penitenza. Egli si pentí e pianse: perciò fu purificato. Che cosa dice subito dopo? "Insegnerò agli iniqui la tua via, e gli empi si convertiranno a te" (Sal 50,15). Il penitente è diventato maestro.
Perché ho detto tutto questo? Perché qui sta scritto: "E subito la febbre la lasciò ed ella si mise a servirli" (Mc 1,31). Non si accontenta di essere stata liberata dalla febbre, ma subito si mette al servizio di Cristo. «E si mise a servirli». Li serviva con i piedi, li serviva con le mani, correva di qua e di là, e venerava colui dal quale era stata guarita. Serviamo anche noi Gesú. Egli accoglie volentieri il nostro servizio, anche se abbiamo le mani sporche: infatti egli si degna di guardare ciò che si è degnato di guarire. Sia a lui gloria nei secoli dei secoli. Amen.

(Girolamo, Comment. in Marc., 2)


2. «Io sono il Signore che ti guarisco» (Is 60,16)

"E venuto nella casa di Pietro, lo serviva" (Mt 8,14-15). Entrato nella casa di Pietro, il Signore e Salvatore nostro guarí col solo contatto della sua mano la suocera di lui ammalata gravemente, ed in questo prodigio mostrò di essere l`autore di ogni sanità, l`autore della medicina celeste, che nel passato aveva parlato a Mosè dicendo: "Io sono il Signore che ti guarisco" (Is 60,16). Ma in questo, poiché donò la guarigione col contatto della mano, fu segno non di impotenza ma di grazia. In realtà, anche se precedentemente aveva guarito il paralitico soltanto con una parola, senz`altro facilmente avrebbe potuto anche ora fare scomparire le febbri con una parola, ma attraverso il contatto della sua mano mostrò il dono della sua benevolenza e si manifestò come colui del quale era stato scritto: "Per il contatto della sua mano presto ridona la sanità", poiché capiamo che è stato adempiuto in questa stessa opera. Immediatamente, infine, per il contatto della mano del Signore, la febbre scomparve, la guarigione ritorna con la fede alla credente, egli che scruta i reni e il cuore [degli uomini] dona i benefici della sanità, e quelle cose di cui bisognava per il servizio altrui, e restituita alla salute precedente, cominciò in persona a servire il Signore. Per queste prodigiose azioni senza dubbio si approva chiaramente la divinità del Cristo.
"Venuta, poi, la sera gli presentarono molti, e curò le loro infermità" (Mt 8,16-17).
Il Signore delle virtù ed autore della salvezza degli uomini, elargiva a tutti, come pio e misericordioso. Dio, il rimedio della medicina celeste, liberava i posseduti dal demonio, scacciava gli spiriti immondi, faceva scomparire anche tutte le malattie ed infermità del corpo con la parola del suo divino potere, affinché mostrasse di essere venuto per la salvezza del genere umano, e dimostrasse fino all`evidenza di essere Dio attraverso un cosí gran numero di azioni prodigiose, perché questi cosí grandi segni miracolosi non li può effettuare se non Dio solo.
"Affinché si adempisse, disse, ciò che è stato detto per il profeta Isaia: Poiché egli stesso si addossò le nostre infermità, e portò le nostre malattie" (Mt 8,17).
Inoltre il Figlio di Dio si addossò le infermità del genere umano, affinché rendesse noi, una volta deboli, forti e ben radicati nella sua fede; per questo prese un corpo da una razza peccatrice, per cancellare i nostri peccati col mistero della sua carne. Di sera poi ciò che conferí secondo l`intelligenza dello spirito, fu mostrato come sacramento della passione del Signore, quando lo stesso Figlio di Dio, che è chiamato sole di giustizia per la nostra salvezza accettò la pena di morte.
E dopo la sua passione tutti quelli che si sono offerti al Signore, o che si offrono, liberati dalle diverse malattie dei peccati, e dai vari legami del demonio, ottengono dal Signore e Salvatore nostro ed eterno medico, la salvezza eterna: a Lui la lode e la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

(Cromazio di Aquileia, In Matth., Tract., 40, 1-4)


3. Cristo, salute del corpo

L`evangelista Marco aggiunge la parola «immediatamente» volendo sottolineare la rapidità con cui la guarigione si verifica (cf. Mc 1,29). Matteo, invece, si limita a menzionare il miracolo senza dare indicazioni di tempo. Gli altri evangelisti riferiscono, inoltre, che l`inferma stessa chiede a Gesú di guarirla (cf. Mc 1,30; Lc 4,38), mentre Matteo omette anche questo particolare. Ciò, naturalmente, non significa che vi sia contraddizione tra gli evangelisti, ma soltanto che l`uno mira alla concisione, gli altri a una piú completa narrazione dei fatti.
Ma per qual motivo il Signore entra nella casa di Pietro? Secondo me è per prender cibo; l`evangelista lo lascia capire dicendo che la donna «levatasi, si mise a servirlo». Cristo, infatti si trattiene spesso in casa dei suoi discepoli, come fa anche alla chiamata di Matteo, e in tal modo li onora e rende piú ardente il loro fervore.
Osservate anche in questa circostanza il profondo rispetto che Pietro nutre per il Maestro. Benché egli abbia in casa la suocera ammalata e con febbre alta, non lo trascina a casa sua. ma attende che abbia terminato il suo insegnamento sulla montagna e che tutti gli altri malati siano risanati. Solo quando il Signore entra nella sua casa, l`apostolo lo prega di guarire la suocera: cosí, fin dall`inizio, l`apostolo è stato educato ad anteporre gli interessi degli altri ai propri. Non è infatti Pietro che conduce il Signore a casa sua: è il Salvatore che vi entra spontaneamente, dopo che il centurione ha detto: «Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto», dimostrando sino a qual punto favorisca il suo discepolo. Pensate, in realtà, quali abitazioni potevano avere quei pescatori; ma Gesú non disdegna di entrare nei loro miseri tuguri, insegnandoci in tutti i modi a disprezzare il fasto e le vanità del mondo.
Notiamo inoltre che il Signore a volte guarisce i malati con le sole parole, a volte stende la mano; altre volte invece usa parole e gesti insieme per evidenziare meglio la guarigione. Egli difatti non vuole operare sempre miracoli in maniera straordinaria. Deve star nascosto ancora qualche tempo, soprattutto per i suoi discepoli, i quali nell`eccesso della loro gioia proclamerebbero pubblicamente tutto ciò che sanno. E ciò risulta evidente dal fatto che, dopo la sua trasfigurazione sul monte, deve ordinar loro di non riferire a nessuno ciò che hanno visto (cf.Mt 17,9).
In questa circostanza Gesú, toccando la mano della donna malata, non soltanto spegne l`ardore della febbre, ma le restituisce perfetta salute. Trattandosi di una malattia leggera, egli manifesta la sua potenza nel modo in cui la guarisce: il che nessun`arte medica avrebbe potuto fare. Voi ben sapete che anche dopo la caduta della febbre occorre molto tempo prima che i malati riacquistino completamente la salute. In questa occasione invece la guarigione e il completo recupero delle forze si ottengono nello stesso istante. E non solo qui, ma anche sul mare, si hanno contemporaneamente due effetti. Non soltanto allora Gesú calmò i venti e la tempesta, ma placò istantaneamente anche il movimento delle onde, operando un prodigio insolito. Come ben si sa, quando cessa la tempesta, le acque rimangono ancora per molto tempo agitate. La parola di Cristo opera dlversamente: fa cessare tutto in un momento e la stessa cosa si verifica anche nel caso della suocera di Pietro. Volendo far intendere ciò, l`evangelista precisa: «levatasi, si mise a servirlo»: il che conferma da un lato la potenza di Cristo, e dall`altro la gratitudine che la donna prova per lui.
Un altro punto che qui dovremmo considerare è il fatto che Cristo per la fede di alcuni concede la guarigione ad altri - qui, infatti, altri l`hanno pregato (cf. Lc 4,38), come pure nel caso del servo del centurione. Tuttavia la concede a condizione che colui che sta per essere guarito non sia incredulo e solo a causa della sua malattia non possa presentarsi a lui e per ignoranza o per giovane età non riesca a comprendere la sua grandezza.
"Fattosi sera, gli condussero molti indemoniati, ed egli con una parola scacciò gli spiriti e guarí i malati, affinché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia: Ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie" (Mt 8,16-17; Is 53,4). Notate come è cresciuta ormai la fede della moltitudine. Non si rassegnano infatti ad andarsene, nonostante l`incalzare del tempo, né ritengono inopportuno condurre a Cristo i loro malati di sera. Vi prego inoltre di considerare quale numero di persone risanate gli evangelisti qui sorvolano, senza menzionare e raccontare i dettagli di ogni guarigione. Con pochissime parole infatti essi passano sopra un mare infinito di miracoli

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 27, 1)


4. La suocera di Pietro (Mt 8,14-15)

Dalla febbre del vizio ero tormentato
Dell`impurità abominevole,
E in letti per mollezza ignobili
Son caduto, incapace di rialzarmi.

Come la suocera del beato Pietro,
Piacciati rialzarmi, Destra del Potente,
Affunché come lei anch`io ti serva,
Tu che ridai la vita alla mia anima.

(Nerses Snorhalí, Jesus, 440-441 )
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08/02/2012 11:01
 
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VI DOMENICA

Letture: Levitico 13,1-2.44-46
1 Corinti 10,31; 11,1
Marco 1,40-45

1. Gesú e il lebbroso

"Ed ecco un lebbroso, fattosi avanti, gli si prostrava ai piedi e gli diceva: «Signore se tu vuoi, mi puoi mondare»" (Mt 8,2). Grande è la prudenza e la fede di quest`uomo che s`avvicina a Cristo. Egli non ha interrotto il suo discorso, né si è gettato tra la folla, ma ha atteso il momento favorevole: quando Gesú scende dal monte gli si accosta. E non lo supplica in un modo qualunque, ma con grande fervore, prostrandosi ai suoi piedi, come riferisce un altro evangelista (cf. Mc 1,40), con vera fede e con quel rispetto che di lui si deve avere. Non gli dice: Se chiedi a Dio, oppure: Se tu preghi, ma: «Se tu vuoi, mi puoi mondare». Nemmeno gli chiede: Signore guariscimi, ma affida tutto nelle sue mani; lo riconosce padrone assoluto della sua guarigione, testimoniando che egli possiede tutta l`autorità e il potere.
Ora qualcuno potrebbe obiettare: se l`opinione del lebbroso fosse sbagliata? In quel caso il Signore dovrebbe confutarla, rimproverare e correggere il lebbroso. Ma Cristo, fa questo? No assolutamente; anzi fa tutto il contrario, confermando e rafforzando quanto dice quell`uomo. Ecco perché non si limita a dire «sii mondato», ma dichiara: "Lo voglio: sii mondato" (Mt 8,3), affinché la verità della sua onnipotenza non si fondi soltanto sull`opinione di quell`uomo, ma sulla conferma esplicita che egli stesso ne dà. Gli apostoli non parleranno cosí, quando compiranno miracoli. Come parleranno, allora? Quando tutto il popolo rimarrà sorpreso e colpito dai loro prodigi, essi diranno: «Perché ci guardate con ammirazione quasi che per nostra propria potenza e autorità abbiamo fatto camminare quest`uomo?» (cf. At 3,12). Il Signore, invece, che pure di solito parla di sé con tanta umiltà e in modo inferiore alla sua gloria, che dice ora per confermare l`opinione di tutti coloro che lo guardano ammirati della sua potenza? «Lo voglio: sii mondato». In verità, benché il Signore abbia operato infiniti e straordinari miracoli, soltanto in questa circostanza pronunzia una tale affermazione.
Qui, sicuramente per rafforzare il pensiero che il lebbroso e tutta la folla si sono fatti della sua autorità e della sua potenza, egli aggiunge: «Lo voglio». E non dice questo per poi non mandarlo ad effetto, ma l`opera segue immediatamente le parole. Se la sua dichiarazione non fosse vera, e si trattasse di una bestemmia, il fatto miracoloso non potrebbe realizzarsi. Ecco, invece, che la natura obbedisce all`ordine di Gesú con assoluta immediatezza, anzi ancora piú rapidamente di quanto possa esprimere l`evangelista. L`espressione "sull`istante" (Mt 8,3) da lui usata, non esprime a sufficienza la rapidità con cui il miracolo si verifica.
Cristo, inoltre, non si limita a dire: «Lo voglio: sii mondato», ma stende anche la sua mano e tocca il lebbroso (cf. Mt 8,3). Questa circostanza merita di essere esaminata. Perché, dato che guarisce il malato con la sua volontà e con la sua parola, aggiunge anche il tocco della sua mano? Io ritengo che per nessun altro motivo lo faccia, se non per mostrare anche in quest`occasione che egli non è affatto soggetto alla legge, ma che è al di sopra di essa; e, infine, che non c`è niente di impuro per un uomo puro. In una occasione simile il profeta Eliseo non volle neppure vedere Naaman e, pur sapendo che costui era scandalizzato perché egli non si accostava né lo toccava, per rispettare rigorosamente la legge rimase in casa, limitandosi a mandarlo al Giordano perché si lavasse in quelle acque (cf. 2Re 5). Il Signore, invece, vuol mostrare che egli guarisce non da servitore, ma da padrone, e perciò tocca il lebbroso. Non è la mano infatti che diventa impura al contatto con la lebbra: al contrario, il corpo lebbroso è purificato dal tocco di quella santa mano. Cristo non è venuto solo per guarire i corpi, ma per condurre le anime alla virtù. E come quando istituisce quell`ottima legge che permette di mangiare ogni genere di cibi, egli dice altresí che non è piú proibito sedere a mensa senza lavarsi le mani, cosí qui per insegnare che si deve aver cura dell`anima e che, senza darsi pensiero per le esteriori purificazioni, bisogna mantenerla pura e temere soltanto la lebbra spirituale, che è il peccato, - la lebbra del corpo non è di ostacolo alla virtù -, Gesú per primo tocca il lebbroso; e nessuno lo rimprovera. Non era infatti quello della folla un tribunale corrotto, né gli spettatori erano testimoni dominati dall`invidia. Perciò non solo non lo accusano, ma ammirano stupefatti il miracolo e, ritirandosi, adorano la sua irresistibile potenza, manifestatasi nelle parole e nelle opere.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 25, 1 s.)


2. «Signore, se vuoi, puoi guarirmi»

Grande la fede di questo lebbroso e perfetta la sua professione! Per primo, infatti, adorò, quindi disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mt 8,2-4). In ciò che egli adorò, mostrò di aver creduto a quel Dio che egli adorò, poiché la legge prescriveva che non si deve adorare se non un solo Dio.
Quandi, col dire: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» prega la sua onnipotenza e la natura della divina potestà sotto l`influsso della sua volontà affinché voglia soltanto il Signore, come rimedio, poiché sapeva che il potere della virtù divina, si sottometteva alla sua volontà. Per conseguenza poiché credette che al Figlio di Dio soltanto il volere significava (era) potere, e il potere, volere, per questo disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi».
Non senza ragione, il Signore conoscendo l`animo devoto e fedele del lebbroso che credeva in sé, per confermare la sua fede subito lo ricompensò del dono della sanità, dicendo: «Lo voglio, sii guarito» (Mt 8,2-4). Quindi, «stendendo la mano, lo toccò. E istantaneamente la lebbra scomparve» (Mt 8,3).
E cosí facendo pubblicamente si dichiarò il Signore del potere assoluto come già aveva creduto il lebbroso. Immediatamente e come volle, la virtù del suo manifesta la sua volontà. Cosí, infatti, disse: «Voglio, sii guarito. E subito la sua lebbra scomparve». E Gesú gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va`, presentati al sacerdote, e poi fa` l`offerta che Mosè prescrisse in testimonianza ad essi» (Mt 8,3-4). Il Signore comanda a colui al quale aveva guarito la lebbra e di presentarsi al sacerdote e di offrire sacrifici per sé prescritti nella legge. E in questo volle manifestare compiuti da sé i misteri (le adempienze) della legge, e accusare l`infedeltà dei sacerdoti, affinché constatando il lebbroso guarito che né la legge, né i sacerdoti avevano potuto mondare, o credessero che Egli era il Figlio di Dio e riconoscessero che Egli stesso era il padrone della legge; a causa della giustizia e della fede del lebbroso e della testimonianza della sua stessa opera, ricevessero la condanna della loro infedeltà.
Chi, infatti, avrebbe potuto col potere della propria virtù guarire il lebbroso, che la legge non poté mondare, se non colui che è il padrone della legge, e che è il Signore di tutte le virtù, del quale leggiamo scritto: «Il Signore delle virtù è con noi chi ci accoglie è il Dio di Giacobbe» (Sal 45,8-12), anche prima che fosse mondato, credette con religiosa professione di fede che il Figlio di Dio era Dio; i sacerdoti, invece, neppure dopo il prodigio della divina virtù vollero credere.
In verità se (riusciamo a capire) comprendiamo che per questo il Signore aveva comandato a colui che aveva liberato dalla lebbra, affinché offrisse sacrifici prescritti nella legge per sé, mostrasse con questo che egli era l`autore del precetto dato, e per gli stessi misteri adempiuti nella verità, che erano stati in antecedenza manifestati come figure.

(Cromazio di Aquileia, In Matth. Tract., 38, 10)


3. La fede che salva

«Signore, se tu vuoi, puoi mondarmi» (Mt 8,2). Chi supplica la volontà, non dubita del potere.
E stendendo la mano Gesú lo toccò e disse: «"Lo voglio: sii mondato». E sull`istante fu mondato dalla sua lebbra" (Mt 8,3)
Appena il Signore stende la mano, subito la lebbra scompare. Ma osserva anche quanto sia umile e immune da vanità la sua risposta. Il lebbroso aveva detto: «Se tu vuoi», e il Signore risponde: «Lo voglio». Il lebbroso aveva detto: «Puoi mondarmi» e il Signore replica dicendo: «Sii mondato». Non dobbiamo congiungere le due parti della risposta, come credono molti latini, che leggono: «Ti voglio mondare»; dobbiamo tenerle separate, sicché egli prima dice: «Lo voglio», e poi, dando un ordine: «Sii mondato».
"E Gesú disse: «Guardati dal dirlo ad alcuno"» (Mt 8,4). E, in verità, che necessità aveva il lebbroso di fare tanti discorsi sulla sua guarigione, quando il suo corpo guarito parlava per lui?
«Ma va`, mostrati ai sacerdoti e presenta l`offerta che Mosè ha prescritto, affinché serva a loro di testimonianza» (Mt 8,4). Per varie ragioni lo manda dai sacerdoti. In primo luogo, per un atto di umiltà, affinché cioè il lebbroso risanato rendesse onore ai sacerdoti: era infatti prescritto dalla legge che coloro che venivano mondati dalla lebbra presentassero un`offerta ai sacerdoti. Poi perché i sacerdoti, vedendo che il lebbroso era stato mondato, potessero credere al Salvatore, oppure si rifiutassero di farlo: se avessero creduto sarebbero stati salvi; se si fossero rifiutati di farlo, la loro colpa sarebbe stata senza attenuanti. E infine perché si rendessero conto che egli non infrangeva affatto la legge, cosa di cui tanto spesso lo accusavano.

(Girolamo, Comment. in Matth., 1, 8, 2-4)


4. Il sacramento è dato dall`unione di materia e forma

Volle anche toccare, per darci un`idea della virtù che è nei sacramenti, nei quali non basta toccare, ci vogliono anche le parole, perché quando si fondono forma e materia, allora nasce il sacramento.

(Tommaso d`Aquino, In Matth. Ev., 8, 1)


5. Il lebbroso (Mt 8,1-4)

Anche a me, come al lebbroso, rivolgi la parola,
Come a lui che con fede s`accostava:
«Lo voglio sii mondato integralmente
E sii puro dalle brutture del Maligno».

(Nerses Snorhalí, Jesus, 437)
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15/02/2012 07:25
 
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VII DOMENICA

Letture: Isaia 43,18-19.21-22.24b-25
2 Corinti 1,18-22
Marco 2,1-12

1. La guarigione del paralitico e la salvezza dell`anima

"E vennero conducendo a lui un paralitico che era portato da quattro persone" (Mc 2,3).
La guarigione di questo paralitico raffigura la salvezza dell`anima, la quale, sospirando verso Cristo dopo la lunga inerzia dell`ozio carnale, ha dapprima bisogno dell`aiuto di tutti per essere sollevata e portata a Cristo, cioè dell`aiuto dei buoni medici che le ispirino la speranza nella guarigione e intercedano per lei. A buon diritto viene riferito che il paralitico era condotto da quattro persone; sia perchè sono i quattro libri del Santo Vangelo che convalidano la parola e l`autorità di chi diffonde il Vangelo, sia perchè sono quattro le virtù che infondono sicurezza allo spirito e lo portano alla salvezza. Di tali virtù si parla quando si loda l`eterna sapienza: "Temperanza e prudenza ella insegna, e giustizia e fortezza, delle quali niente c`è li più necessario per gli uomini nella vita" (Sap 8,7). Alcuni, penetrando il senso di questi nomi, chiamano tali virtù prudenza, fortezza, temperanza e giustizia.
"E non riuscendo a portarlo davanti a lui per la folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli stava" (Mc 2,4).
Desiderano presentare a Cristo il paralitico, ma ne sono impediti dalla folla che li preme da ogni parte. Accade ugualmente sovente all`anima, dopo l`inerzia del torpore carnale, che volgendosi a Dio e desiderando essere rinnovata dalla medicina della grazia celeste, sia ritardata dagli ostacoli delle antiche abitudini. Spesso, quando l`anima è immersa nella dolcezza della preghiera interiore e intrattiene quasi un soave colloquio con il Signore, sopraggiunge la folla dei pensieri terreni e impedisce che lo sguardo dello spirito veda Cristo. Che cosa dobbiamo fare in tali frangenti? Non dobbiamo certamente restat fuori e in basso dove tumultuano le folle; dobbiamo salire sul tetto della casa nella quale Cristo insegna, cioè dobbiamo tentare di raggiungere le altezze della Sacra Scrittura e meditare, di giorno e di notte, con il salmista, la legge del Signore. «Come» infatti «potrà un giovane serbare puro il proprio cammino? Nel custodire - dice il salmista - le tue parole» (cf. Sal 118,9).
"E praticata un`apertura, calarono giù il lettuccio sul quale giaceva il paralitico" (Mc 2,4).
Scoperchiato il tetto, l`infermo è calato dinanzi a Gesù: infatti, svelati i misteri delle Scritture, si giunge alla conoscenza di Cristo, cioè si discende alla sua umiltà con la pietà della fede. Secondo il racconto di un altro evangelista, non è senza un motivo che la casa di Gesù appaia coperta da tegole, in quanto, se c`è chi squarcia il velo della lettera che pure può apparire d`insignificante valore, vi troverà la potenza divina della grazia spirituale. Togliete le tegole alla casa di Gesù, significa scoprire nell`umiltà della lettera il significato spirituale dei misteri celesti. Infine, il fatto che l`infermo sia calato giù insieme con il lettuccio, significa che dobbiamo conoscere Cristo mentre siamo ancora in questa nostra carne.

(Beda il Vener., In Evang. Marc., 2, 3-5)


2. La remissione dei peccati

"Giunse nella sua città e gli presentarono un paralitico disteso su di un letto. E vedendo", dice, "Gesù la loro fede, disse al paralitico: Abbi fiducia, figlio! Ti sono rimessi i tuoi peccati (Mt 9,1.2). Ode il perdono, e tace il paralitico, senza nulla rispondere in ringraziamento perchè aspirava più alla guarigione del corpo che dell`anima e si lamentava talmente delle sofferenze temporali del corpo snervato da non deplorare le pene eterne dell`anima ancor più infiacchita, giudicando per sé più gradita la vita presente della futura. Giustamente Cristo guarda alla fede di quelli che lo presentano, senza far caso alla stoltezza dell`infermo in manieta che, per suffragio della fede di altri, del paralitico fosse curata l`anima prima del corpo.
"Guardando, dice, alla loro fede" (Mt 9,2). Vedete in questo caso, fratelli, che Dio non cerca le disposizioni degli stolti, non aspetta la fede degli insipienti, non indaga i desideri scriteriati di un ammalato, ma asseconda la fede di altri pur di concedere, di non rifiutare, per sola grazia, tutto ciò che spetta alla divina volontà. E in realtà, fratelli, quando mai il medico s`informa o tien conto delle preferenze dei pazienti, visto che sempre un malato desidera e chiede quel che nuoce? E` per questo che somministra ed impone [loro], anche se non vogliono, ora il ferro, ora il fuoco, ora amare pozioni così che comprendano i sani la cura che avrebbero potuto sperimentare da malati. E se l`uomo non bada alle ingiurie, non fa caso alle maledizioni pur di tirare da parte sua vita e salute a quanti sian colpiti da malattie, quanto più Cristo, medico di divina bontà, restituisce alla salute gli infermi, i sofferenti del delitio dei peccati e dei delitti, anche se son contrati e recalcittano?
Magari volessimo, fratelli, magari volessimo tutti renderci ben conto della paralisi del nostro spirito! Vedremmo l`anima nostra, spogliata delle virtù, distesa sul giaciglio dei vizi; ci apparirebbe chiaro che Cristo, mentre guarda ogni giorno ai nostri nocivi desideri, ci attira e ci sollecita, anche se riluttanti, a salutari rimedi.
"Figlio", dice, "ti sono rimessi i tuoi peccati (ibid.)." Dicendo questo, voleva esser riconosciuto Dio, quale ancora non appariva agli occhi umani a causa della [sua] umanità. Per le facoltà ed i miracoli, infatti, era paragonato ai profeti, i quali, da parte loro, per mezzo di lui avevano compiuto prodigi; il rimettete i peccati, invece, dato che non spetta all`uomo e costituisce segno distintivo della divinità, ai cuori degli uomini lo dimostrava Dio.
Lo prova il livore dei farisei; infatti quando ebbe detto: "Ti sono rimessi i tuoi peccati, risposero i farisei: "Costui bestemmia: chi infatti può rimettere i peccati, se non Dio solo?" (Mt 9,3).
Fariseo, che sapendo ignori, confessando neghi, quando testimoni smentisci: se è Dio che rimette i peccati, perchè Cristo non è Dio per te, lui che, è dimostrato, ha tolto i peccati di tutto il mondo per opera della sua sola misericordia?
"Ecco", dice, "l`agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo" (Gv 1,29). Perchè poi tu possa ricevere maggiori prove della sua divinità, ascolta come ha penetrato l`intimo del tuo cuore, guarda come ha attraversato le tenebre dei tuoi pensieri, comprendi come ha messo a nudo i taciti disegni del tuo animo.
"Ed avendo visto", dice, "Gesù i loro pensieri, disse loro: Che cosa pensate di male nei vostri cuori? Cos`è più facile dire: ti sono rimessi i tuoi peccati, oppure dire: Alzati e cammina? E perchè sappiate che il Figlio dell`uomo ha il potere di rimettere i peccati, disse al paralitico: Alzati, prendi il tuo letto e vattene a casa tua. E quello si alzò e se ne andò a casa sua" (Mt 9,4-7)
Scrutatore delle anime, ha prevenuto i maligni disegni delle menti ed ha dimostrato con la testimonianza delle opere la potenza della sua divinità, assestando le membra di un corpo deforme, tendendo i nervi, congiungendo le ossa, sistemando gli organi, confermando gli arti e destando alla corsa i passi, ormai sepolti in un cadavere vivente.
"Prendi il tuo letto" (Mt 9,6), cioè porta quello che portava [te], scambia il carico, in maniera che quella che è la prova dell`infermità sia testimonianza di guarigione, il letto del tuo dolore sia segno della mia cura, la gravità del peso attesti la grandezza della forza riacquistata.

(Pier Crisologo, Sermo, 50, 3-6)


3. Il Logos, nostro Pedagogo e nostro Medico

Il Logos, nostro Pedagogo, cura quindi con i suoi consigli le passioni innaturali della nostra anima. In senso proprio si chiama medicina la cura delle malattie del corpo; è un`arte insegnata dalla sapienza umana (cf. 1Cor 2,13). Ma il Logos del Padre è il solo Medico delle infermità morali dell`uomo; egli è il guaritore e il «mago» sacro che libera l`anima malata. "Salva il tuo servo / Tu sei mio Dio", è scritto, "perchè a te si affida; pietà di me, Signore / poiché verso di te grido tutto il giorno" (Sal 85,2-3).
La medicina, secondo Democrito, cura le malattie del corpo, ma è la sapienza che sbarazza l`anima dalle sue passioni. Il nostro Pedagogo, Sapienza e Logos del Padre, per mezzo del quale è stato creato l`uomo, si prende cura della sua creatura tutta intera: ne cura ad un tempo corpo e anima, lui, il Medico dell`umanità, capace di guarire tutto.
Il Salvatore dice a colui che giaceva sul letto: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua" (cf. Mt 9,6 e parr.); e immediatamente l`uomo svigorito ritrova le sue forze. E dice del pari al morto: "Lazzaro, vieni fuori" (Gv 11,43); e il morto uscì dalla sua tomba, tal quale a prima che morisse, esercitandosi così alla risurrezione.
Certamente, egli guarisce egualmente l`anima in sé, con i suoi insegnamenti e con le sue grazie; agendo con i consigli, forse occorre del tempo; attraverso le grazie, invece, egli è ricco abbastanza per dire a noi poveri peccatori: "Ti sono rimessi i tuoi peccati" (Lc 5,20.23).

(Clemente di Ales., Paedagogus, I, II, 6, 1-4)


4. La fede ci rende mediatori

E` tale, perciò, il potere che ha la fede, da rendere salvo non solo colui che crede, ma da salvare altresì altri in grazia della fede dei credenti. Il paralitico di Cafarnao non era in verità un credente; però coloro che lo trasportavano, e che poi lo calarono giù dal tetto, avevano la fede: infatti, insieme con il corpo era malata anche l`anima dell`infermo. E perchè tu non reputi che io lo accusi senza fondamento, di lui lo stesso Vangelo ha detto: "Vedendo Gesù", non già la sua fede, bensì la loro fede, disse al paralitico: "Alzati". Quelli che lo avevano portato, credevano; ma a colui che era paralitico, sopraggiunse la guarigione.

(Cirillo di Gerus. Catech., 5, 8)


5. Gesù usa misericordia a chi ha fede

Se, di fatto, al paralitico che mancava di fede (cf. Mt 9,2), ma a causa delle fiduciosa speranza dimostrata dai suoi portantini che lo hanno calato dinanzi a Te, nella tua compassione, Tu hai usato misericordia, quanto di più la tua onnipotente parola sarà capace di purificare il mio corpo pieno di infermità, io che verso di Te grido nei sospiri!...
Tu sei capace, o Misericordioso, di operare anche qui meraviglie con la tua potenza che è per sempre, dicendo: Sii risollevato dalla rovina della tua anima (cf. Mc 5,34), oppure: "Ti sono rimessi i tuoi peccati" (Mt 9,2), o ancora: Va` in pace, sei purificato dai tuoi peccati (cf. Lc 7,50).

(Gregorio di Narek, Liber orat., 35, 1; 73, 2)
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20/02/2012 08:40
 
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Brani patristici per il mercoledi delle ceneri

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Concedi, ti preghiamo o Signore,
a questo tuo servo degni frutti di penitenza,
perché sia restituito innocente
alla tua santa Chiesa, dalla cui integrità ha deviato peccando,
conseguendo la remissione delle colpe.

(Sacramentarium Gelasianum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1968, n. 357)


1. Antica preghiera del pio armeno per tutte le età e le condizioni

I - Con fede ti confesso e ti adoro, Padre, Figlio e Spirito Santo; essenza increata e immortale, creatore degli angeli, degli uomini e di tutti gli esseri. Abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
II - Con fede io ti confesso e ti adoro, luce indivisibile, consostanziale santa Trinità e una sola Divinità, Creatore della luce e dissipatore delle tenebre, sciogli dalla mia anima le tenebre del peccato e dell`ignoranza e illumina in quest`ora la mia mente per formulare una preghiera che piaccia a te e ottenga da te quanto domando, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
III - Padre celeste, vero Dio, tu che hai mandato il tuo amato Figlio a cercare la pecora smarrita, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Accoglimi come il figlio prodigo e restituiscimi la prima veste della quale mi sono spogliato per i peccati ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
IV - Figlio di Dio, vero Dio che sei sceso dal seno dell`Eterno Padre e prendesti corpo dalla santa Vergine Maria per la nostra redenzione; tu sei stato crocifisso e sepolto, sei risuscitato dalla morte e sei salito gloriosamente al Padre. Ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Ricordati di me come del ladrone quando verrai con il tuo regno, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
V - Spirito di Dio, vero Dio, che sei sceso al Giordano e al Cenacolo e mi hai illuminato attraverso il battesimo della santa Fonte, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza; purificami nuovamente con il tuo fuoco divino come hai fatto ai santi Apostoli con lingue di fuoco ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
VI - Essenza increata, ho peccato contro di te con la mia mente, la mia anima e il corpo; non ricordarti dei miei peccati passati, per il tuo santo nome ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
VII - Tu che tutto vedi, ho peccato contro di te con pensieri, parole e opere; cancella il libro delle mie colpe e scrivi il mio nome in quello della vita ed abbi pietà di me cosí peccatore.
VIII - Perscrutatore dei segreti, ho peccato contro di te volontariamente e involontariamente, cosciente e per ignoranza, concedi il perdono a me peccatore perché, dalla mia nascita battesimale ad oggi, ho peccato alla presenza della tua divinità, con i miei sensi e con tutte le membra del mio corpo, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
IX - Tu che tutto prevedi, metti il tuo santo timore a vegliare sui miei occhi affinché non guardi ciò che è impuro, sui miei orecchi affinché non mi piaccia di ascoltare parole stupide, alla mia bocca affinché non proferisca menzogne, al mio cuore affinché non trami perversità, alle mie mani affinché non commetta ingiustizia, ai miei piedi affinché non segua la strada dell`iniquità; però dirigi tutti i movimenti perché siano sempre secondo i tuoi comandamenti ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
X - Tu, o Cristo, fuoco vivo, accendi nella mia anima la fiamma di quell`amore che hai sparso sulla terra, perché essa bruci l`impurità della mia anima, purifichi la mia coscienza, tolga i peccati del mio corpo. Accendi nel mio cuore la luce della tua scienza ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XI - Tu, o Cristo, Sapienza del Padre, dammi la sapienza di pensare, parlare e praticare il bene alla tua presenza e a tutte le ore; liberami dai cattivi pensieri, parole e opere, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XII - Tu che ami il bene ed hai per noi una risposta, non lasciarmi camminare secondo i miei desideri, ma orientami perché io faccia sempre la tua benevola volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIII - Re celeste, dammi il tuo regno che hai promesso ai tuoi amati, fortifica il mio cuore perché abbia in odio il peccato ed ami solo te e faccia la tua volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIV - Provvidenza delle creature, per il segno della tua Croce, preserva la mia anima e il mio corpo dalle illusioni del peccato, dalle tentazioni dei demoni, dagli uomini ingiusti e da tutti i pericoli dell`anima e del corpo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XV - Cristo, protettore di tutti, la tua destra sia protezione a me di giorno e di notte, al riparo della casa o camminando per le strade, dormendo o vegliando, perché mai rimanga scosso ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XVI - Mio Dio, tu che distendi la tua mano e riempi tutte le creature con la tua misericordia, io mi dono tutto a te; provvedi alle necessità della mia anima e del mio corpo, da adesso all`eternità, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XVII - Tu che riconduci gli erranti, sviami dalle mie cattive abitudini affinché segua le buone e incidi nella mia anima il terribile giorno della morte, il timore dell`inferno e l`amore del paradiso, affinché mi penta dei peccati e pratichi la giustizia ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
XVIII - Fonte di immortalità, fai traboccare dal mio cuore lacrime di pentimento, cosí come l`adultera, affinché io lavi i miei peccati prima di partire da questo mondo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIX - Donatore di misericordia, concedimi di tornare da te; ho bisogno di fede forte, di opere buone e della comunione del tuo santo Corpo e Sangue, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XX - Signore benefattore, confidami al buon angelo affinché io gli consegni in pace la mia anima ed egli mi faccia passare senza turbamento attraverso la malignità dei demoni, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccator.
XXI - Cristo, luce vera, rendi la mia anima degna di vedere con gioia nel giorno della mia morte la luce della tua gloria e possa riposare nella speranza dei buoni, nella dimora dei giusti, fino al giorno della tua maestosa venuta ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXII - Giudice giusto, quando verrai nella gloria del Padre tuo per giudicare i vivi e i morti, non entrare in giudizio con il tuo servo, ma liberami dal fuoco eterno e fammi degno di sentire il dolce invito dei giusti, e mi trovi nel tuo regno dei cieli, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXIII - Signore tutto misericordia, abbi pietà di tutti coloro che credono in te, dei miei familiari e degli estranei, dei conoscenti e degli sconosciuti, dei vivi e dei morti. Concedi anche ai miei nemici e a coloro che mi odiano il perdono dei delitti commessi contro di me e convertili dalla cattiveria che hanno contro di me perché siano degni della tua misericordia, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXIV - Signore glorioso, ricevi le preghiere del tuo servo ed accogli benignamente le mie suppliche per intercessione della santa Madre di Dio, e di san Giovanni Battista, del protomartire santo Stefano, di san Gregorio nostro Illuminatore, dei santi Apostoli, Profeti, Dottori, Martiri, Patriarchi, Eremiti, Vergini e di tutti i tuoi Santi del Cielo e della terra; e a Te, indivisibile santa Trinità, gloria e adorazione per tutti i secoli dei secoli. Amen.

(Nerses Snorhalì, Antica preghiera, «Terra Santa», n. 11. anno 54 (1978), pp. 318-321)


2. La creazione di Dio e l`opera dell`uomo

Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d`accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L`uomo e il peccatore sono due cose distinte: l`uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. E` necessario che tu detesti in te l`opera tua e ami in te l`opera di Dio. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive.
Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla luce. Cosa intendo dire dieendo: operi la verità? Intendo dire che non inganni te stesso, non ti blandisci, non ti lusinghi; non dici che sei giusto mentre sei colpevole. Allora cominci a operare la verità, allora vieni alla luce, affinche sia manifesto che le tue opere sono state fatte in Dio. E infatti il tuo peccato, che ti è dispiaciuto, non ti sarebbe dispiaciuto se Dio non ti avesse illuminato e se la sua verità non te l`avesse manifestato. Ma chi, dopo essere stato redarguito, continua ad amare i suoi peccati, odia la luce che lo redarguisce, e la fugge, affinché non gli vengano rinfacciate le sue opere cattive che egli ama. Chi, invece, opera la verità, condanna in se stesso le sue azioni cattive; non si risparmia, non si perdona affinché Dio gli perdoni. Egli stesso riconosce ciò che vuole gli sia da Dio perdonato, e in tal modo viene alla luce, e la ringrazia d`avergli mostrato ciò che in se stesso doveva odiare. Dice a Dio: Distogli la tua faccia dai miei peccati. Ma con quale faccia direbbe cosí, se non aggiungesse: poiché io riconosco la mia colpa e il mio peccato è sempre davanti a me (Sal 50,5)? Sia davanti a te il tuo peccato, se vuoi che non sia davanti a Dio. Se invece ti getterai il tuo peccato dietro le spalle, Dio te lo rimetterà davanti agli occhi; e te lo rimetterà davanti agli occhi quando il pentimento non potrà piú dare alcun frutto.
Correte, o miei fratelli, affinché non vi sorprendano le tenebre (cf. Gv 12,35); siate vigilanti in ordine alla vostra salvezza, siate vigilanti finché siete in tempo. Nessuno arrivi in ritardo al tempio di Dio, nessuno sia pigro nel servizio divino. Siate tutti perseveranti nell`orazione, fedeli nella costante devozione Siate vigilanti finché è giorno; il giorno risplende; Cristo è il giorno. Egli è pronto a perdonare coloro che riconoscono la loro colpa ma anche a punire quelli che si difendono ritenendosi giusti, quelli che credono di essere qualcosa mentre sono niente. Chi cammina nel suo amore e nella sua misericordia, non si accontenta di liberarsi dai peccati gravi e mortali, quali sono il delitto, l`omicidio, il furto, l`adulterio; ma opera la verità riconoscendo anche i peccati che si considerano meno gravi, come i peccati di lingua, di pensiero o d`intemperanza nelle cose lecite, e viene alla luce compiendo opere degne. Anche i peccati meno gravi, se trascurati, proliferano e producono la morte.
Sono piccole le gocce che riempiono i fiumi; sono piccoli i granelli di sabbia, ma se sono numerosi, pesano e schiacciano. Una piccola falla trascurata, che nella stiva della nave lascia entrare l`acqua a poco a poco, produce lo stesso effetto di un`ondata irrompente: continuando ad entrare poco alla volta, senza mai essere eliminata, affonda la nave. E che significa eliminare, se non fare in modo con opere buone - gemendo, digiunando, facendo elemosine, perdonando - di non essere sommersi dai peccati?
Il cammino di questa vita è duro e irto di prove: quando le cose vanno bene non bisogna esaltarsi, quando vanno male non bisogna abbattersi. La felicità che il Signore ti concede in questa vita, è per consolarti, non per corromperti. E se in questa vita ti colpisce, lo fa per correggerti, non per perderti. Accetta il padre che ti corregge, se non vuoi provare il giudice che punisce. Son cose che vi diciamo tutti i giorni, e vanno ripetute spesso perché sono buone e fanno bene.

(Agostino, In Io. evang., 12, 13 s.)


3. Molte sono le vie di accesso alla misericordia del Salvatore

La definizione piena e perfetta di penitenza comporta che noi non accettiamo mai piú i peccati di cui facciam penitenza o di cui la coscienza ci rimorde. E` poi indizio che abbiam raggiunto l`indulgenza e la soddisfazione se siam riusciti a cacciare dal nostro cuore ogni legame interiore verso di essi. Sappia ognuno, infatti, che non è ancora sciolto dai suoi peccati se, pur applicandosi al pianto e alla soddisfazione per essi gli si presenta agli occhi l`immagine delle colpe compiute o di altre simili, e non dirò il diletto, ma solamente il ricordo di quelli infesta l`intimo della sua mente. Perciò, chi si è tutto dedicato alla soddisfazione sappia che sarà assolto dai suoi delitti ed avrà ottenuto perdono dalle colpe passate quando sentirà che il suo cuore è perfettamente libero dall`attrattiva di quei vizi e dalla loro stessa immaginazione. Nella nostra coscienza stessa, dunque, vi è quasi un giudice esattissimo della nostra penitenza e del perdono ottenuto: sentenzia l`assoluzione dei nostri reati prima del giorno del giudizio, a noi, viventi ancora in questa carne, e ci annuncia la grazia della remissione e della perfetta soddisfazione. E per esprimere con piú efficacia ciò che è stato detto: allora solo dobbiamo ritenere che il contagio dei nostri vizi passati è finalmente svanito, quando dal nostro cuore saran state scacciate le brame delle presenti voluttà, insieme con le nostre passioni...
Oltre alla grande, universale grazia del battesimo e oltre al dono preziosissimo del martirio che cancella le colpe con l`abluzione del sangue, molti sono ancora i frutti di penitenza per i quali si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza per la quale si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza propriamente detta, di cui dice il beato apostolo Pietro: Fate penitenza, convertitevi: cosí i vostri peccati saranno cancellati! (At 3,19), e Giovanni Battista, anzi lo stesso Salvatore: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino! (Mt 4,17); ma anche l`amore atterra un cumulo di peccati: La carità infatti copre la moltitudine dei peccati (1Pt 4,8).
Parimenti, anche l`elemosina porge rimedio alle nostre ferite, perché come l`acqua spegne il fuoco, cosí l`elemosina estingue il peccato (Sir 3,29). Cosí le lacrime sparse ottengono l`astersione dei peccati; infatti: Vo bagnando tutte le notti il mio letto, irrigo di lacrime il mio giaciglio (Sal 6,7); e subito poi si aggiunge, per mostrare che esse non furono sparse inutilmente: Allontanatevi da me, voi tutti o malfattori, perché il Signore ha udito il grido del mio pianto (Sal 6,9). Anche con la confessione delle colpe ne vien concessa la purificazione; dice infatti la Scrittura: Ho detto: Proclamerò contro di me la mia ingiustizia al Signore; e tu hai perdonato l`empietà del mio peccato (Sal 31,5), e ancora: Esponi tu per primo le tue iniquità, per esserne giustificato (Is 43,26).
Cosí anche con l`afflizione del cuore e del corpo si ottiene la remissione dei delitti commessi; dice infatti: Vedi la mia bassezza e la mia sofferenza, e perdona tutti i miei peccati (Sal 24,18); ma soprattutto con il mutamento della propria condotta. Togliete dai miei occhi la cattiveria dei vostri pensieri. Smettete di agire perversamente, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate l`oppresso, fate giustizia all`orfano, difendete la vedova, e poi venite ed esponete a me i vostri lamenti, dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto, biancheggeranno come la neve; se fossero del colore della porpora, diventeranno bianchi come candida lana (Is 1,16s.).
Talvolta si impetra indulgenza per i propri delitti anche per l`intercessione dei santi. Infatti: Chi sa che suo fratello commette un peccato che non conduce a morte, preghi, e Dio darà la vita a chi ha commesso un peccato che non conduce a morte (1Gv 5,16); e ancora: Se qualcuno di voi è infermo, faccia venire gli anziani della Chiesa; essi pregheranno su di lui ungendolo con olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede salverà l`infermo; e il Signore lo allevierà, e se fosse in peccato gli sarà perdonato (Gc 5,14s.).
Vi è anche il caso in cui si purga la macchia dei peccati per merito della fede e della misericordia, secondo il detto: Per la misericordia e la fede vengon cancellati i peccati (Pr 15,27); spesso poi anche per la conversione e la salvezza di coloro che sono salvati dalla nostra predicazione e dai nostri ammonimenti: Infatti chi farà convertire un peccatore dall`errore della sua via, salva l`anima di quello dalla morte e copre una moltitudine di peccati (Gc 5,20). Infine otteniamo indulgenza per le nostre scelleratezze con la nostra indulgenza e magnanimità: Se infatti perdonerete agli uomini i loro peccati, anche a voi il Padre vostro celeste perdonerà i vostri delitti (Mt 6,14).
Vedete dunque quante sono le vie di accesso alla misericordia che la demenza del nostro Salvatore ci ha aperto: perciò nessuno che desidera la salvezza si lasci fiaccare dalla disperazione, vedendo con quanti mezzi è invitato alla vita. Se ti lamenti che per la debolezza della tua carne non puoi cancellare i tuoi peccati con la sofferenza del digiuno, riscattali con la larghezza nelle elemosine. E se non hai cosa dare ai poveri (per quanto la necessità o la povertà non escluda nessuno da questa santa opera, dato che le due sole monetine di bronzo di quella vedova furono piú stimate delle larghe offerte dei ricchi e per quanto il Signore prometta la ricompensa anche per un bicchiere di acqua fresca), anche senza di ciò, li puoi cancellare cambiando la tua vita.
Inoltre, se non ti senti di raggiungere la perfezione della virtù estinguendo tutti i vizi, dedicati con pia sollecitudine all`utilità e alla salvezza altri. Ma se obietti di non sentirti idoneo a questo ministero, puoi coprire i tuoi peccati con l`intimo amore. E se anche a questo l`ignavia del tuo spirito ti rende debole, in umiltà e fervore implora almeno con l`orazione e l`intercessione dei santi il rimedio alle tue ferite. Chi è che non possa dire in tono supplichevole: Ho palesato a te il mio peccato e non ho nascosto la mia ingiustizia? E per questa confessione si merita di soggiungere con confidenza: E tu hai perdonato l`empietà del mio cuore (Sal 32,5).
Se poi la vergogna ti impedisce, ti fa arrossire di rivelarli davanti agli uomini, non cessare di confessarli con suppliche continue a colui cui non sono celati, dicendo: Conosco la mia iniquità e il mio peccato mi sta sempre dinanzi; contro te solo ho peccato e ho agito male al tuo cospetto (Sal 50,5). Egli è solito perdonare le colpe anche senza la vergogna della pubblicità.
Ma oltre a questi mezzi di salvezza facili e sicuri la divina degnazione ce n`ha concesso un altro piú facile, rimettendo al nostro arbitrio il nostro rimedio, perché al nostro sentimento stesso è dato acquistare l`indulgenza delle nostre colpe, quando diciamo a lui: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12).
Chiunque perciò desidera pervenire all`indulgenza per le sue colpe, curi di dedicarsi a questi mezzi; la pervicacia di un cuore indurito non allontani da lui, dalla sua salvezza, la fonte di tanta bontà; infatti anche se faremo tutto ciò, nulla sarà sufficiente ad espiare le nostre colpe, se non sarà la bontà e la clemenza del Signore a cancellarle.

(Giovanni Cassiano, Conf., 20, 5.8)


4. I miracoli del Signore sono segni

Se non che tutti temono la morte del corpo, pochi quella dell`anima. Tutti si preoccupano per la morte del corpo, che prima o poi dovrà venire, e fanno di tutto per scongiurarla. L`uomo destinato a morire si dà tanto da fare per evitare la morte, mentre non altrettanto si sforza di evitare il peccato l`uomo che pure è chiamato a vivere in eterno. Eppure quanto fa per non morire, lo fa inutilmente: al piú ottiene di ritardare la morte, non di evitarla. Se invece si impegna a non peccare, non si affaticherà, e vivrà in eterno. Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella misura che gli uomini amano la vita che fugge! Che cosa non fa uno di fronte al pericolo della morte? Quanti, sotto la minaccia che pendeva sul loro capo, hanno preferito perdere tutto pur di salvare la vita! Chi infatti non lo farebbe per non essere colpito? E magari, dopo aver perduto tutto, qualcuno ci ha rimesso anche la vita.
Chi pur di continuare a vivere, non sarebbe pronto a perdere il necessario per vivere preferendo una vita mendicante ad una morte anticipata? Se si dice a uno: se non vuoi morire devi navigare, si lascerà forse prendere dalla pigrizia? Dio ci comanda cose meno pesanti per farci vivere in eterno, e noi siamo negligenti nell`obbedire. Dio non ti dice: getta via tutto ciò che possiedi per vivere poco tempo tirando avanti stentatamente; ti dice: dona i tuoi beni ai poveri se vuoi vivere eternamente nella sicurezza e nella pace. Coloro che amano la vita terrena, che essi non possiedono né quando vogliono né finché vogliono, sono un continuo rimprovero per noi; e noi non ci rimproveriamo a vicenda per essere tanto pigri, tanto tiepidi nel procurarci la vita eterna, che avremo se vorremo e che non perderemo quando l`avremo. Invece questa morte che temiamo, anche se non vogliamo, ci colpirà.

(Agostino, In Io. evang., 49, 2)


5. Aiuto e consolazione della penitenza

La condizione della nostra fragile natura non ammette che qualcuno sia senza macchia. Perciò l`ultimo nostro rimedio è rifugiarci nella penitenza, che ha un posto non piccolo fra le virtù, essendo miglioramento di noi stessi: così, se cadiamo o per le parole o per le opere, subito ci ravvediamo, confessiamo di aver peccato e chiediamo perdono a Dio, il quale, nella sua misericordia, non lo nega se non a chi persevera nell`errore. E` grande l`aiuto della penitenza, è grande la sua consolazione. Essa è la guarigione delle ferite del peccato, la speranza, il porto di salvezza: chi la nega, toglie a se stesso la vita della sua vita, perché nessuno può essere tanto giusto che la penitenza non gli sia talvolta necessaria. Ma noi, anche se non abbiamo peccato, dobbiamo tuttavia aprire la nostra anima a Dio e scongiurarlo ugualmente per le nostre colpe, ringraziandolo anche nelle avversità. Porgiamo sempre a Dio questo ossequio; l`umiltà infatti è grata, è cara a lui: egli che accetta il peccatore convertito piú volentieri del giusto superbo, quanto piú accetterà il giusto che confessa i propri torti e lo renderà sublime nei regni dei cieli, a misura della sua umiltà!
Questo deve presentare a Dio chi veramente lo venera: queste sono le vittime, questo è il sacrificio placatore; ecco dunque il vero culto: quando l`uomo offre all`altare di Dio i pegni del suo spirito. La sua somma maestà si allieta di chi cosí lo venera; lo accoglie come figlio e gli elargisce il dono dell`immortalità.

(Lattanzio, Divinae instit. epit., 67)


6. Tradimento e conversione di Pietro

Pietro si rattristò e pianse perché sbagliò come tutti gli uomini. Non trovo che cos`abbia detto, trovo che ha pianto. Leggo le sue lacrime, non leggo ciò che ha dato in compenso: ma ciò che non può essere scagionato, può ben essere deterso. Lavino le lacrime la trasgressione, che è vergogna confessare con la voce. I pianti sono propizi sia al perdono che alla vergogna. Le lacrime parlano della colpa senza far inorridire, le lacrime riconoscono il peccato senza offendere il rossore, le lacrime non chiedono il perdono ma lo meritano. Ho scoperto perché Pietro ha taciuto: perché, chiedendo tanto presto il perdono, non si rendesse ancora piú colpevole. Prima bisogna piangere, poi bisogna pregare.
Lacrime eccellenti, perché lavano la colpa. Del resto, coloro che Gesú guarda si mettono a piangere (cf. Lc 22,61s). Pietro negò una prima volta, ma non pianse, perché non lo aveva guardato il Signore; negò una seconda volta: non pianse, perché ancora non lo aveva guardato il Signore. Negò anche una terza: Gesú lo guardò ed egli pianse amarissimamente. Guardaci, Signore Gesú, affinché sappiamo piangere sul nostro peccato. Quindi è utile per noi anche la caduta dei santi. Non mi è stato di nessun danno il fatto che Pietro abbia negato, ma mi è stato di giovamento il fatto che si sia emendato. Ho imparato a tenermi lontano dal parlare con gli increduli. Pietro negò in mezzo ai Giudei, Salomone traviò perché tratto in errore da una stretta familiarità con le Genti (cf. 1Re 11,4-8).
Dunque Pietro pianse, e per di piú amarissimamente, pianse per poter lavare con le lacrime il suo peccato. Anche tu, se vuoi meritare il perdono, sciogli nelle lacrime la tua colpa; in quello stesso istante, in quello stesso tempo Cristo ti guarda. Se per caso cadi in qualche errore, Egli, poiché ti è accanto come testimone delle tue azioni segrete, ti guarda affinché te ne ricordi, e confessi il tuo errore. Imita Pietro quando per la terza volta dice in un altro passo: Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17).

(Ambrogio, Exp. Ev. sec. Lucam, 10, 88-90)
[Modificato da Coordin. 22/02/2012 08:37]
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24/02/2012 08:43
 
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I DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Genesi 9,8-15
1 Pietro 3,18-22
Marco 1,12-15

1. Gesú e lo Spirito Santo

"E subito lo Spirito lo spinse nel deserto" (Mc 1,12). E` lo Spirito che era disceso sotto forma di colomba. «Vide - dice Marco - i cieli aperti e lo Spirito come colomba discendere e fermarsi su di lui». Considerate quanto dice: fermarsi, cioè restare con lui, non sostare e poi andarsene. Giovanni stesso dice in un altro Vangelo: "E chi mi ha mandato mi ha detto: - Colui sul quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito Santo" (Gv 1,33). Lo Spirito Santo discese su Cristo e si fermò su di lui: quando invece discende sugli uomini non sempre si ferma. Infatti nel libro di Ezechiele, che raffigura in immagine il Salvatore (nessun altro profeta, e mi riferisco ai maggiori, viene chiamato «Figlio dell`uomo», come Ezechiele), si legge: "La parola del Signore fu diretta a Ezechiele profeta" (Ez 1,3). Qualcuno dirà: - Perché tanto spesso citi il profeta? Perché lo Spirito Santo discendeva sul profeta, ma di nuovo se ne allontanava. Quando si dice che «la parola del Signore fu diretta» si intende chiaramente che lo Spirito Santo di nuovo tornava dopo essersene andato. Quando siamo colti dall`ira, quando offendiamo qualcuno, quando siamo presi da tristezza mortale, quando i nostri pensieri sono prigionieri della carne, crediamo forse che lo Spirito Santo rimanga in noi? Possiamo forse sperare che lo Spirito Santo sia in noi quando odiamo il nostro fratello, o quando meditiamo qualche ingiustizia? Dobbiamo invece sapere che, quando ci applichiamo ai buoni pensieri o alle buone opere, allora abita in noi lo Spirito Santo: ma quando al contrario siamo colti da un pensiero malvagio, è segno che lo Spirito Santo ci ha abbandonato. Per questa ragione, a proposito del Salvatore sta scritto: «Colui sul quale vedrai discendere e fermarsi lo Spirito Santo, quegli è...».
«E subito lo Spirito lo spinse nel deserto». E` lo Spirito Santo che spinge nel deserto i monaci che vivono con i loro parenti, se tale Spirito è sceso e si è fermato su di loro. E` lo Spirito Santo che li spinge a uscire dalla casa e li conduce nella solitudine. Lo Spirito Santo non abita volentieri laddove c`è folla e ci sono discussioni e risse: lo Spirito Santo ha la sua dimora nella solitudine. Per questo il nostro Signore e Salvatore, quando voleva pregare, "solo" - dice Luca -, "si ritirava sul monte e ivi pregava tutta la notte" (Lc 6,12). Di giorno stava con i discepoli, di notte dedicava la sua preghiera al Padre per noi. Perché ho detto tutto questo? Perché parecchi fratelli sono soliti dire: - Se resterò nel convento, non potrò pregare da solo. Forse che nostro Signore mandava via i discepoli? No, egli stava sempre con i discepoli, ma quando voleva pregare piú intensamente si ritirava da solo. Anche noi, se vogliamo pregare piú intensamente di quanto facciamo assieme ad altri, abbiamo a nostra disposizione la cella, abbiamo i campi, abbiamo il deserto. Possiamo fruire della compagnia e delle virtù dei fratelli, ma possiamo anche godere della solitudine...
"Dopo la cattura di Giovanni ritornò Gesú in Galilea" (Mc 1,14). Il racconto è noto, e appare chiaro agli ascoltatori, anche senza la nostra spiegazione. Preghiamo però colui che ha la chiave di David, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre (cf.Ap 3,7), affinché ci apra la recondita via del Vangelo, ed anche noi si possa dire insieme a David: "Mostrati ai miei occhi, e io contemplerò le bellezze della tua legge" (Sal 118,18). Alle folle il Signore parlava in parabole, e parlava esteriormente. Non parlava nell`intimo, cioè nello spirito; parlava con il linguaggio esteriore, secondo la lettera. Preghiamo noi il Signore, affinché ci introduca nei suoi misteri, ci faccia entrare nel suo segreto abitacolo, e possiamo anche noi dire, insieme con la sposa del Cantico dei Cantici: "Il re mi ha introdotto nel suo ricettacolo" (Ct 1,3). L`apostolo dice che un velo fu posto sugli occhi di Mosè (cf. 2Cor 3,13). Io dico che non soltanto nella legge, ma anche nel Vangelo c`è un velo sugli occhi di chi non sa. Il giudeo lo ascoltò, ma non lo capì: per lui c`era un velo sul Vangelo. I gentili ascoltano, ascoltano gli eretici, ma anche per loro c`è il velo. Abbandoniamo la lettera insieme ai giudei, e seguiamo lo spirito con Gesú: e non perché dobbiamo condannare la lettera del Vangelo (tutto ciò che fu scritto s`è avverato), ma per poter salire gradualmente verso le cose piú elevate.
«Dopo la cattura di Giovanni, ritornò Gesú in Galilea». Domenica scorsa dicemmo che Giovanni è la legge, mentre Gesú è il Vangelo. Giovanni infatti dice: "Viene dopo di me uno che è piú forte di me, e io non sono degno, abbassandomi, di sciogliergli la correggia dei calzari". E altrove: "Egli deve crescere, io scemare" (Gv 3,30). Il paragone tra Giovanni e Gesú, è il paragone tra la legge e il Vangelo. Dice ancora Giovanni: "Io battezzo con acqua" (ecco la legge), mentre "egli vi battezzerà nello Spirito Santo" (Mc 1,8): questo è il Vangelo. Dunque Gesú torna, perché Giovanni è stato chiuso in carcere. La legge è rinchiusa, non ha piú la passata libertà: ma dalla legge noi passiamo al Vangelo. State attenti a quanto dice Marco: «Dopo la cattura di Giovanni ritornò Gesú in Galilea». Non andò in Giudea né a Gerusalemme, ma nella Galilea dei gentili. Gesú torna, insomma, in Galilea: Galilea nella nostra lingua traduce il greco Katakyliste. Perché prima dell`avvento del Salvatore non vi era in quella regione niente di elevato, ma, anzi, ogni cosa precipitava in basso: dilagava la lussuria, l`abiezione, l`impudicizia e gli uomini erano preda dei vizi e dei piaceri bestiali.
"Predicando la buona novella del regno di Dio" (Mc 1,14). Per quanto io mi ricordo, non ho mai sentito parlare del regno dei cieli nella legge, nei profeti, nei salmi, ma soltanto nel Vangelo. E` infatti dopo l`avvento di colui che ha detto: "E il regno di Dio è tra voi" (Lc 17,21), che il regno di Dio è aperto per noi. Gesú venne dunque predicando la buona novella del regno di Dio. "Dai giorni di Giovanni Battista il regno dei cieli è oggetto di violenza, e i violenti se ne fanno padroni" (Mt 11,12): prima dell`avvento del Salvatore e prima della luce del Vangelo, prima che Cristo aprisse al ladrone la porta del paradiso, tutte le anime dei santi erano condotte all`inferno. Dice Giacobbe: "Piangendo e gemendo discenderò all`inferno" (Gen 37,35). Chi non va all`inferno, se Abramo è all`inferno? (cf. Lc 16,22). Nella legge, Abramo è condotto all`inferno: nel Vangelo, il ladrone va in paradiso. Noi non disprezziamo Abramo, nel cui seno tutti desidereremmo riposare: ma ad Abramo preferiamo Cristo, alla legge preferiamo il Vangelo. Leggiamo che, dopo la risurrezione di Cristo, molti santi apparvero nella città santa. Il nostro Signore e Salvatore ha predicato in terra e ha predicato all`inferno: e quando è morto, è disceso all`inferno per liberare le anime che laggiú erano prigioniere.
"Predicando la buona novella del regno di Dio e dicendo: E` compiuto" il tempo della legge, viene il principio del Vangelo, "si avvicina il regno di Dio" (Mc 1,14-15). Non disse: è già venuto il regno di Dio; ma disse che il regno si avvicinava. E cioè: Prima che io soffra la passione, prima che io versi il mio sangue, non si aprirà il regno di Dio; per questo, esso ora si avvicina, ma non è qui perché ancora non ho sofferto la passione.
"Pentitevi e credete alla buona novella" (Mc 1,15): non credete piú alla legge, ma al Vangelo, o, meglio, credete al Vangelo per mezzo della legge, cosí come sta scritto: "Dalla fede alla fede" (Rm 1,17). La fede nella legge rafforza la fede nel Vangelo.

(Girolamo, Comment. in Marc., 1-2)


2. La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà

"E non lasciarci cadere in tentazione, ma liberaci dal male" (Mt 6,13). "Perché tuo è il regno, la potenza, e la gloria per i secoli dei secoli. Amen. Qui Gesú ci fa comprendere chiaramente la nostra bassezza e reprime la nostra presunzione, insegnandoci che se non dobbiamo fuggire i combattimenti, non dobbiamo tuttavia gettarci da noi stessi in preda alle tentazioni. Sarà cosí per noi piú splendida la vittoria e per il diavolo piú vergognosa la sconfitta. Quando siamo trascinati alla lotta, dobbiamo resistere con tutta la nostra fermezza e con tutto il nostro vigore; ma quando non siamo chiamati alla battaglia, dobbiamo tenerci in riposo, attendere il momento dello scontro, mostrando insieme umiltà e coraggio. Dicendo «liberaci dal male», intende: liberaci dal diavolo: ad un tempo, ci spinge a combattere contro lo spirito del male una guerra senza tregua, e dimostra che nessuno è malvagio per natura. La malizia non deriva dalla natura, ma dalla volontà. Chiama il diavolo «il male», a causa della sua grande malizia: egli infatti, senza aver ricevuto da noi la minima ingiuria, ci fa una guerra senza quartiere; ebbene, il Signore ci invita a pregare, non dicendo liberaci dai malvagi, ma «liberaci dal male», per farci intendere che non dobbiamo nutrire del malanimo verso il prossimo anche quando costui ci fa del male, ma dobbiamo rivolgere il nostro odio verso il diavolo, quale causa di tutti i mali. Dopo averci preparato al combattimento, ricordandoci la presenza di questo temibile nemico e aver eliminato in noi ogni pigrizia, toma a incoraggiarci e risolleva il nostro spirito, mostrando chi è il re che comanda e facendoci intendere che egli è piú potente di tutti: «Perché tuo è il regno, la potenza, la gloria». Se il regno appartiene a Dio, non dobbiamo avere nessun timore, poiché nessuno sarà mai capace di resistergli, nessuno potrà mai togliergli il supremo potere. Quando dice «tuo è il regno», ci fa capire che anche il nemico che ci aggredisce è sottoposto a Dio e, se ci fa la guerra, è perché Dio lo permette. Egli infatti è uno dei suoi servi, anche se di quelli malvagi e reprobi, e non potrebbe aggredire nessun uomo, se non ne avesse ricevuto prima il permesso da Dio. Quand`anche voi foste mille volte piú deboli di quanto siete, sarebbe giusto aver piena fiducia, in quanto avete un re tanto potente, un re che può fare facilmente per voi tutto quanto vuole.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Matth., 19, 6)
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01/03/2012 13:23
 
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II DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Genesi 22,1-2.9a.10-13.15-18
Romani 8,31b-34
Marco 9,1-9

1. La Trasfigurazione, manifestazione del «Figlio diletto»

Per gli apostoli, che invero avevano bisogno di essere rafforzati nella fede e di essere iniziati alla conoscenza di ogni cosa, da quel miracolo scaturisce un altro insegnamento. In effetti, Mosè ed Elia, ossia la Legge e i Profeti, apparvero intrattenendosi con il Signore: ciò affinché si compisse perfettamente, attraverso la presenza di cinque persone, quanto è scritto: "Ogni parola è certa, se pronunciata in presenza di due o tre testimoni" (Dt 19,15; Mt 18,16). Per proclamarla, la duplice tromba dell`Antico e del Nuovo Testamento risuona in pieno accordo e tutto ciò che serviva a darle testimonianza nei tempi antichi si ricongiunge con l`insegnamento del Vangelo! Le pagine dell`una e dell`altra Alleanza, infatti, si confermano vicendevolmente, e colui che gli antichi simboli avevano promesso sotto il velo dei misteri, lo sfolgorio della sua gloria presente lo mostra manifesto e certo: si è che - come afferma san Giovanni -: "La legge fu data da Mosè, ma la grazia e la verità ci sono venute da Gesù Cristo" (Gv 1,17), nel quale si sono compiuti tanto le promesse delle figure profetiche, tanto il significato dei precetti della Legge; infatti, con la sua presenza, egli insegna la verità della profezia, e, con la sua grazia, rende possibile la pratica dei comandamenti.
Animato dalla rivelazione dei misteri e preso dal disprezzo e dal disgusto delle terrene cose, l`apostolo Pietro era come rapito in estasi nel desiderio di quelle eterne, e, ripieno del gaudio di tutta quella visione, desiderava abitare con Gesú là dove la di lui gloria si era manifestata, costituendo la sua gioia. Ecco perché disse: "Signore, è bello per noi stare qui; se vuoi, facciamo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Mt 17,4). Ma il Signore non rispose a tale suggerimento, certo non per mostrare che quel desiderio era cattivo, bensí per significare che era fuori posto, non potendo il mondo essere salvato senza la morte di Cristo; cosí, l`esempio del Signore invitava la fede dei credenti a capire che, senza alcun dubbio nei confronti della felicità promessa, dobbiamo nondimeno, in mezzo alle prove di questa vita, chiedere la pazienza prima della gloria; la felicità del Regno non può, infatti, precedere il tempo della sofferenza.
Ed ecco che, mentre ancora parlava, una nube luminosa ]i avvolse e una voce dalla nube diceva: "Questi è il mio Figlio diletto in cui mi sono compiaciuto, ascoltatelo" (Mt 17,5). Il Padre, senza alcun dubbio era presente nel Figlio e, in quella luce che il Signore aveva misuratamente mostrato ai discepoli, l`essenza di colui che genera non era separata dall`Unigenito generato, ma, per evidenziare la proprietà di ciascuna persona, la voce uscita dalla nube annunciò il Padre alle orecchie, cosí come lo splendore diffuso dal corpo rivelò il Figlio agli occhi. All`udire la voce, i discepoli caddero bocconi, molto spaventati, tremando non solo davanti alla maestà del Padre, ma anche davanti a quella del Figlio: per un moto di piú profonda intelligenza, infatti, essi compresero che unica era la Divinità di entrambi, e poiché non vi era esitazione nella fede non vi fu discrezione nel timore. Quella divina testimonianza fu dunque ampia e molteplice e il potere delle parole fece capire piú del suono della voce. Infatti, quando il Padre dice: "Questi è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo", non si doveva forse intendere chiaramente: "Questi è il mio Figlio", per il quale essere da me e essere con me è una realtà che sfugge al tempo? Infatti, né Colui che genera è anteriore al Generato, né il Generato è posteriore a Colui che lo genera. "Questi è il mio Figlio", che da me non separa la divinità, non divide la potenza, non distingue l`eternità. Questi è il mio Figlio, non adottivo, ma proprio; non creato d`altronde, ma da me generato; non di natura diversa e reso a me simile, ma della mia stessa essenza e nato uguale a me. "Questi è il mio Figlio per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza il quale nulla è stato fatto" (Gv 1,3), il quale, tutto ciò che io faccio egli del pari lo compie (cf. Gv 5,19) e quanto io opero, egli opera con me senza differenza. Nel Padre infatti è il Figlio e nel Figlio il Padre (cf. Gv 10,38), e la nostra unità mai si separa. E quantunque io che genero sia altro da colui che ho generato, non vi è tuttavia permesso avere a suo riguardo opinione diversa da quella che vi è possibile avere di me. "Questi è il mio Figlio", che non considerò bottino di rapina l`uguaglianza che ha con me (cf. Fil 2,6), né se ne appropriò usurpandola; ma, pur restando nella condizione della sua gloria, egli, per portare a termine il disegno di restaurazione del genere umano, umiliò fino alla condizione di servo l`immutabile Divinità.
Quegli, dunque, in cui ripongo tutta la mia compiacenza, e il cui insegnamento mi manifesta, la cui umiltà mi glorifica, ascoltatelo senza esitazione; egli, infatti, è verità e vita (cf. Gv 14,6); egli è mia potenza e mia sapienza (cf. 1Cor 1,24). "Ascoltatelo", lui che i misteri della Legge hanno annunciato, che la voce dei profeti ha cantato. "Ascoltatelo", lui che ha riscattato il mondo con il suo sangue, che ha incatenato il diavolo e gli ha rapito le spoglie (cf. Mt 12,29), che ha lacerato il chirografo del debito (cf. Col 2,14) e il patto della prevaricazione. "Ascoltatelo", lui che apre la via del cielo e, con il supplizio della croce, vi prepara la scalinata per salire al Regno. Perché avete paura di essere riscattati? Perché temete di essere sciolti dalle vostre catene? Avvenga pure ciò che, come anch`io lo voglio, Cristo vuole. Buttate via il timore carnale e armatevi della costanza che la fede ispira; è indegno di voi, infatti, temere nella Passione del Salvatore ciò che per suo aiuto, non temerete nella vostra morte.
Queste cose, o carissimi, non furono dette soltanto per utilità di coloro che le intesero con le proprie orecchie; bensí, nella persona dei tre apostoli, è tutta la Chiesa che apprende ciò che essi videro con i loro occhi e percepirono con le loro orecchie. Si rafforzi dunque la fede di tutti secondo la predicazione del santo Vangelo, e nessuno arrossisca della croce di Cristo, per la quale il mondo è stato riscattato. Di conseguenza, nessuno abbia paura di soffrire per la giustizia (cf. 1Pt 3,14), né dubiti di ricevere la ricompensa promessa, poiché è attraverso la fatica che si accede al riposo, e alla vita attraverso la morte. Egli, infatti, si è presa in carico tutta la debolezza propria alla nostra bassezza; egli, nel quale, se rimaniamo (cf. Gv 15,9) nella di lui confessione e nel suo amore, siamo vincitori di ciò che egli ha vinto e riceveremo ciò che egli ha promesso.
Si tratti allora di praticare i comandamenti o si tratti di sopportare le avversità della vita, la voce del Padre che si è fatta udire deve sempre risuonare alle nostre orecchie: "Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto, ascoltatelo"; lui che vive e regna con il Padre e con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

(Leone Magno, Sermo 38, 4-8)


2. La Trasfigurazione, purificazione della Chiesa

Abbiamo sentito, mentre si leggeva il Vangelo, il racconto della grande visione nella quale il Signore si mostrò a tre discepoli, Pietro Giacomo e Giovanni. "Il suo volto splendeva come il sole" - questo vuol significare lo splendore del Vangelo. "Le sue vesti divennero bianche come neve" - e questo sta a dire la purificazione della Chiesa, della quale il Profeta disse: "Anche se i vostri peccati saranno rossi come la porpora, li farò bianchi come la neve" (Is 1,18). Elia e Mosè parlavano con lui, poiché la grazia del Vangelo riceve testimonianza della Legge e dai Profeti. Per Mosè s`intende la Legge, per Elia s`intendono i Profeti. Pietro suggerí che si facessero tre tende; una per Mosè, una per Elia, una per Cristo. Gli piaceva la solitudine del monte; lo annoiava il tumulto delle cose umane. Ma perché voleva fare tre tende? Non sapeva che Legge, Profeti e Vangelo provengono dalla stessa origine? Difatti fu corretto dalla nube. "Mentre diceva questo una nube lucente li avvolse". Cosí la nube fece una sola tenda, perché tu ne volevi tre? E una voce dalla nube disse: "Questo è il mio figlio diletto; ascoltatelo" (Mt 17,1-8). Elia parla, ma "ascoltate questo". Parla Mosè, "ma ascoltate questo". Parlano i Profeti, parla la Legge, ma "ascoltate questo", voce della Legge e lingua dei Profeti. Era lui che parlava in loro, poi parlò da se stesso, quando si degnò di farsi vedere. "Ascoltate questo"; ascoltiamolo. Quando parlava il Vangelo, sappiate ch`era la voce della nube; di là è giunta fino a noi. Sentiamo lui; facciamo ciò che ci dice, speriamo quanto ci promette.

(Agostino, Sermo 791)
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05/03/2012 08:27
 
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III DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Esodo 20,1-17
1 Corinti 1,22-25
Giovanni 2,13-25

1. Perché Gesú caccia i venditori dal tempio

"Ed essendo prossima la Pasqua dei giudei, Gesú salí a Gerusalemme". L`evangelista racconta poi un altro fatto, cosí come se lo ricordava: "E trovò nel tempio venditori di buoi, di pecore e di colombe, e cambiavalute seduti al banco, e fatta una sferza di funicelle li cacciò tutti dal tempio con le pecore ed i buoi; e sparpagliò la moneta dei cambisti e rovesciò i loro banchi. E ai venditori di colombe intimò: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio una casa di traffico» (Gv 2,13-16).
Che cosa abbiamo ascoltato, fratelli? Quel tempio era ancora una figura, e purtuttavia da esso il Signore cacciò tutti coloro che eran venuti a fare i loro interessi, come a un mercato. Che cosa vendevano costoro? Le vittime di cui gli uomini avevano bisogno per i sacrifici di quel tempo. Sapete bene che i sacrifici rituali dati a quel popolo, e per la sua mentalità carnale e per il suo cuore ancora di pietra, erano tali che lo trattenessero dal precipitare nell`idolatria; e nel tempio questo popolo immolava i suoi sacrifici, buoi, pecore e colombe. Lo sapete bene, perché lo avete letto. Non era, quindi, un gran peccato vendere nel tempio ciò che si acquistava per essere offerto nel tempio stesso; eppure, Gesú li cacciò. Che avrebbe fatto, il Signore, qualora avesse trovato nel tempio degli ubriachi, se cacciò coloro che vendevano ciò che era lecito e non era contro giustizia (infatti, è lecito vendere ciò che è lecito comprare), e se non tollerò che la casa della preghiera si trasformasse in un mercato? Se la casa di Dio non deve diventare un mercato, può diventare una taverna?...
Chi sono, poi, quelli che nel tempio vendono i buoi? Cerchiamo di capire nella figura il mistero racchiuso in questo fatto. Chi sono quelli che vendono le pecore e le colombe? Sono coloro che nella Chiesa cercano i loro interessi e non quelli di Cristo (cf. Fil 2,21).
Quelli che non vogliono essere redenti, considerano ogni cosa come roba d`acquisto: non vogliono essere acquistati, quel che vogliono è vendere. Eppure, niente di meglio, per loro, che essere redenti dal sangue di Cristo e giungere cosí alla pace di Cristo. Del resto, a che serve acquistare, in questo mondo, beni temporali e transitori, siano il denaro siano i piaceri del ventre e della gola siano gli onori della lode umana? Che altro sono, tutte queste cose, se non fumo e vento? e passano tutte, corrono via. Guai a chi si sarà attaccato alle cose che passano, perché insieme passerà anche lui. Non sono, tutte queste cose, un fiume precipite che corre al mare? Guai a chi vi cade dentro, perché sarà trascinato nel mare. Insomma, dobbiamo trattenere i nostri affetti da simili concupiscenze.

(Agostino, Comment. in Ioan., 10, 4.6)


2. La Chiesa tempio della Trinità

L`esatto ordine della professione di fede voleva che dopo la Trinità venisse la Chiesa, come la casa segue colui che vi abita, il tempio segue Dio e la città il suo fondatore. E la Chiesa qui va presa nella sua interezza, non solo quella parte, che è pellegrina sulla terra e loda il nome del Signore da oriente a occidente (Sal 112,3) e, uscita di schiavitú, canta un cantico nuovo, ma anche quella parte che, da quando è stata fondata, in cielo, ha sempre aderito a Dio e non ha sperimentato alcun male. Questa è la Chiesa dei santi Angeli ed è quella che assiste l`altra parte, che è ancora pellegrina; l`una e l`altra saranno una sola nella felicità eterna ma già ora sono unite dal vincolo della carità, tanto piú che l`una e l`altra servono lo stesso e solo Dio. Perciò né tutta né alcuna sua parte vuol essere venerata al posto di Dio, né Dio vuole essere possesso esclusivo di nessuno, che appartiene al tempio di Dio, tempio che viene edificato di dèi, che son fatti da Dio increato. Perciò se lo Spirito Santo fosse una creatura e non il Creatore, certo sarebbe una creatura ragionevole, perché questa è la piú eccellente creatura. E quindi nel simbolo della fede non sarebbe posto prima della Chiesa, perché anch`esso appartiene alla Chiesa, relativamente a quella parte che è in cielo. Né avrebbe un tempio, sarebbe lui stesso un tempio. Invece ha un tempio, quello di cui dice l`Apostolo: "Non sapete che i vostri corpi son tempio dello Spirito Santo, che è in voi, che voi avete da Dio?" E ancora: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?" (1Cor 6,19.15). Come, dunque, non è Dio, se ha un tempio? o forse è inferiore a Cristo, il cui tempio ha delle membra? Né si può dire che una cosa sia il suo tempio e un`altra cosa sia il tempio di Dio, poiché lo stesso Apostolo dice: "Non sapete che siete tempio di Dio" e per provarlo aggiunge: "E lo Spirito di Dio abita in voi?" (1Cor 3,16). Dio, dunque, abita nel suo tempio, non solo lo Spirito Santo, ma anche il Padre e il Figlio, il quale dice anche del suo corpo, per mezzo del quale è stato fatto capo della Chiesa, che è negli uomini, "perché sia lui a tenere il primato di tutte le cose" (Col 1,18): "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo rifarò" (Gv 2,19). Dunque il tempio di Dio, cioè di tutta la somma Trinità, è la santa Chiesa, naturalmente tutta intera, quella del cielo e quella della terra.

(Agostino, Enchirid., 56, 15)


3. L`uomo nella sua totalità è formato di corpo, anima e Spirito

Dio sarà glorificato nella sua creatura, conformata e modellata sul proprio Figlio, poiché per le mani del Padre - che sono il Figlio e lo Spirito - l`uomo nella sua interezza, e non in una sua parte sola, diventa simile a Dio. L`anima e lo Spirito costituiscono una parte dell`uomo, e non tutto l`uomo l`uomo perfetto infatti risulta dalla compenetrazione e dall`unione dell`anima, che accoglie lo Spirito del Padre, con la carne, creata anch`essa ad immagine di Dio... La carne strutturata, da sola, non è l`uomo completo, ma solo il corpo dell`uomo, cioè una parte dell`uomo. Ma neppure l`anima da sola costituisce tutto l`uomo: è l`anima dell`uomo, cioè una sua parte. E neppure lo Spirito è l`uomo: si tratta appunto dello Spirito, non di tutto l`uomo. Solo la fusione, l`unione e l`integrazione di questi elementi costituisce l`uomo perfetto.
Per questo l`Apostolo, spiegando il suo pensiero, parlò dell`uomo redento, perfetto e spirituale, con queste parole, nella prima lettera ai Tessalonicesi: "Il Dio della pace santifichi voi e vi renda perfetti, serbando intatti e senza biasimo il vostro Spirito, l`anima e il corpo, per la venuta del Signore Gesú Cristo" (1Ts 5,23). Che motivo aveva di augurare la perfetta conservazione, per la venuta del Signore, appunto dell`anima, del corpo e dello Spirito, se non avesse saputo che l`intima unione di questi tre elementi altro non è che la loro salvezza? E perfetti sono appunto coloro che presentano questi tre elementi uniti, senza meritare rimprovero alcuno. Perfetti sono quindi quelli che hanno costantemente in sé lo Spirito, e custodiscono, evitando ogni biasimo, l`anima e il corpo, conservando la fede in Dio e osservando la giustizia verso il prossimo.
Perciò l`Apostolo ci dice anche che la creatura è tempio di Dio: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Chi profana il tempio di Dio sarà da lui sterminato: il tempio di Dio, che siete voi, è santo" (1Cor 3,16s). Evidentemente chiama tempio di Dio il corpo, in cui abita lo Spirito. Anche il Signore dice di se stesso: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò" (Gv 2,19). E non solo come templi, ma come templi di Cristo designa egli i nostri corpi, dicendo ai Corinti: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di meretrice?" (1Cor 6,15)... Per questo ha detto: "Chi profana il tempio di Dio sarà sterminato da Dio" (1Cor 3,17). E` dunque certamente una bestemmia dire che il tempio di Dio in cui abita lo Spirito del Padre, che le membra di Cristo non possono sperare redenzione alcuna, ma andranno senz`altro in perdizione. Che poi i nostri corpi risusciteranno non per la loro natura, ma per la potenza di Dio, egli lo dice ai Corinti: "Il corpo non è per la fornicazione, ma per il Signore, e il Signore per il corpo. Dio ha risuscitato il Signore e risusciterà noi pure con la sua potenza" (1Cor 6,13s) .

(Ireneo di Lione, Adv. haer., 5, 6)
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16/03/2012 07:46
 
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IV DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: 2 Cronache 36,14-16.19-23
Efesini 2,4-10
Giovanni 3,14-21

1. Il serpente di rame, simbolo di Cristo

La strada traversa nuovamente il deserto, e il popolo, nella disperazione dei beni promessi, è esausto per la sete. E Mosè fa di nuovo scaturire per lui l`acqua nel deserto dalla Roccia. Questo termine ci dice cos`è, sul piano spirituale, il sacramento della penitenza. Difatti, coloro che, dopo aver gustato dalla Roccia, si sono sviati verso il ventre, la carne e i piaceri degli Egiziani, sono condannati alla fame e vengono privati dei beni di cui godevano. Ma è data loro la possibilità di ritrovare con il pentimento la Roccia che avevano abbandonato e di riaprire per loro il rivolo d`acqua, per dissetarsi alla sorgente...
Però il popolo non ha ancora imparato a seguire le tracce della grandezza di Mosè. E` ancora attratto dai desideri servili e inclinato alle voluttà egiziane. La storia dimostra con ciò che la natura umana è portata a questa passione più che ad altre, accessibile com`è alla malattia per mille aspetti. Ecco perchè, alla stregua di un medico che con la sua arte impedisce alla malattia di progredire, Mosè non lascia che il male domini gli uomini fino alla morte. E siccome i loro desideri sregolati suscitavano dei serpenti il cui morso inoculava un veleno mortale in coloro che ne restavano vittime, il grande Legislatore rese vano il potere dei serpenti veri con un serpente in effigie. Sarà però il caso di chiarire l`enigma. Vi è un solo antidoto contro le cattive infezioni ed è la purezza trasmessa alle nostre anime dal mistero della religione. Ora, l`elemento principale contenuto nel mistero della fede è appunto il guardare verso la Passione di colui che ha accettato di soffrire per noi. E Passione vuol dire croce. Così, chi guarda verso di lei, come indica la Scrittura, resta illeso dal veleno del desiderio. Rivolgersi verso la croce vuol dire rendere tutta la propria vita morta al mondo e crocifissa (cf. Gal 6,14), tanto da essere invulnerabile ad ogni peccato; vuol dire, come afferma il Profeta, inchiodare la propria carne con il timore di Dio (cf. Sal 118,120). Ora, il chiodo che trattiene la carne è la continenza. Poichéquindi il desiderio disordinato fa uscire dalla terra serpenti mortali - e ogni germoglio della concupiscenza cattiva è un serpente -, a motivo di ciò, la Legge ci indica colui che si manifesta sul legno. Si tratta, in questo caso, non del serpente, ma dell`immagine del serpente, secondo la parola del beato Paolo: "A somiglianza della carne di peccato" (Rm 8,3). E colui che si rivolge al peccato, riveste la natura del serpente. Ma l`uomo viene liberato dal peccato da colui che ha preso su di se la forma del peccato, che si è fatto simile a noi che ci eravamo rivolti verso la forma del serpente; per causa sua la morte che consegue al morso è fermata, però i serpenti stessi non vengono distrutti. Infatti, coloro che guardano alla Croce non sono più soggetti alla morte nefasta dei peccati, ma la concupiscenza che agisce nella loro carne (cf. Gal 5,17) contro lo Spirito non è interamente distrutta. E, in effetti, i morsi del desiderio si fanno spesso sentire anche tra i fedeli; ma l`uomo che guarda a colui che è stato elevato sul legno, respinge la passione, dissolvendo il veleno con il timore del comandamento, quasi si trattasse di una medicina.
Che il simbolo del serpente innalzato nel deserto sia simbolo del mistero della croce, la parola stessa del Signore lo insegna chiaramente, quando dice: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell`uomo" (Gv 3,14).

(Gregorio di Nissa, Vita Moysis, nn. 269-277)


2. Dio ama infinitamente il mondo

Abramo aveva molti servitori; perchè Dio non gli dice di sacrificare uno di loro? Perchè l`amore di Abramo non si sarebbe rivelato attraverso un servitore; occorreva per questo il suo stesso figlio (cf. Gen 22,1-18). Parimenti c`erano molti servitori di Dio, ma egli non mostrò il suo amore verso le creature tramite nessuno di loro, bensì tramite il proprio Figlio, grazie al quale fu proclamato il suo amore per noi: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16).

(Efrem, Diatessaron, 21, 7)


3. Dalla bontà di Dio dipende il nostro vivere

E` oltremodo giusto che noi inneggiamo a lui, perchè il nostro essere e il nostro vivere non sono in nostro potere né dipendono da noi, ma dal suo favore e dalla sua bontà. Dobbiamo dunque cantare a questo Dio, che è ed è sempre stato, le grandezze che gli competono e si addicono alla lode della sua maestà, cioè: che egli è eterno, che è onnipotente, che è immenso, che è creatore del mondo e suo salvatore, che ha avuto per gli uomini tale amore da offrire persino il Figlio suo per la salvezza del mondo, come dice egli stesso nel Vangelo: "Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Figliolo unigenito, affinché chiunque in lui crede non perisca, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16).

(Cromazio di Aquileia, Sermo, 33, 1)


4. Cristo ha illuminato le nostre tenebre

E` veramente cosa buona e giusta renderti grazie, Signore santo, eterno Padre, Dio onnipotente, per Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore.
Egli, con l`illuminazione della sua fede, dissipò le tenebre del mondo e costituì figli della luce coloro che giacevano nelle tenebre, sotto la giusta condanna della legge.
Egli venne come giudizio sul mondo, sicché i non vedenti vedessero e i vedenti divenissero ciechi; in tal modo, coloro che confessavano in sé le tenebre degli errori, percepivano la luce eterna, per mezzo della quale rimuovere le tenebre dei delitti. E quelli che, arroganti, credevano di avere in sé per proprio merito la luce della giustizia, meritatamente in sé stessi si oscureranno.
Quelli che si innalzano nella propria superbia e confidano nella propria giustizia, non ricercano il medico per essere sanati.
Per lo stesso Gesù che affermò di essere la porta che fa accedere al Padre, fa` che essi possano entrarvi. E poichè credettero a torto di poter essere elevati per merito, rimasero nonostante tutto nella loro cecità.
Ecco perchè noi, veniamo a te umili, Padre santo; senza presumere dei nostri meriti, apriamo la nostra ferita davanti al tuo altare, confessiamo le tenebre dei nostri errori; apriamo i recessi della nostra coscienza.
Ti preghiamo di poter trovare la medicina per la ferita, la luce eterna per le tenebre, la purezza dell`innocenza per la coscienza. Vogliamo, infatti, con tutte le energie, discernere il tuo volto, ma ne siamo impediti dalla cecità della tenebra consueta. Siamo avidi di guardare i cieli, ma non ne abbiamo le possibilità finché restiamo accecati dalle tenebre dei peccati; e tantomeno imitiamo con una santa vita coloro che per l`eccellenza della vita hanno ricevuto il nome del cielo.
Vieni, dunque, Gesù, in aiuto di noi che ti preghiamo nel tuo tempio e prenditi cura in questo giorno di coloro che, in vista del bene, tu hai voluto che non osservassero il sabato.
Ecco, apriamo le nostre ferite davanti alla gloria del tuo nome: tu applica la medicina sulle nostre infermità. Soccorrici, come hai promesso di fare con chi ti prega, noi, che tu hai tratto dal nulla.
Prepara un collirio e tocca gli occhi del cuore e del corpo, affinché non ricadiamo, ciechi, nelle tenebre dei soliti errori.
Ecco, bagniamo con le lacrime i tuoi piedi; non respingerci umiliati. O buon Gesù, fa` che non abbandoniamo le tue orme, tu che umile venisti sulla terra. Ascolta ora la nostra comune preghiera e, svellendo la cecità dei nostri crimini, fa` che possiamo vedere giubilanti la gloria del tuo volto, nella beatitudine dell`eterna pace.

(Sacramentario Mozarabico, Praefatio)
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20/03/2012 09:24
 
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V DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Geremia 31,31-34
Ebrei 5,7-9
Giovanni 12,20-33

1. Amore e croce

Il Signore ci esorta poi a seguire gli esempi che egli ci offre della sua passione: Chi ama la propria anima, la perderà (Gv 12,25).
Queste parole si possono intendere in due modi: «Chi ama, perderà», cioè: se ami, non esitare a perdere, se desideri avere la vita in Cristo, non temere la morte per Cristo. E nel secondo modo: «Chi ama l`anima sua, la perderà», cioè: non amare in questa vita, se non vuoi perderti nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più conforme al senso del brano evangelico che leggiamo. Il seguito infatti dice: "E chi odia la propria anima in questo mondo, la serberà per la vita eterna" ("ibid."). Quindi, la frase di prima: «Chi ama», sottintende: in questo mondo; cosi come poi dice: «Chi invece odia in questo mondo», la conserverà per la vita eterna.
Grande e mirabile verità, nell`uomo c`è un amore per la sua anima che la perde, e un odio che la salva. Se hai amato smodatamente, hai odiato; se hai odiato gli eccessi, allora hai amato. Felici coloro che hanno odiato la loro anima salvandola, e non l`hanno perduta per averla amata troppo. Ma guardati bene dal farti venire l`idea di ucciderti da te stesso, avendo inteso che devi odiare in questo mondo la tua anima. Così intendono certi uomini perversi e male ispirati, crudeli e scellerati omicidi di sé stessi, che cercano la morte gettandosi nel fuoco, annegandosi in mare o precipitandosi da una vetta. Non è questo che insegna Cristo. Quando il diavolo gli suggerì di gettarsi nel precipizio, egli rispose: "Torna indietro, Satana; sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo" (Mt 4,7). E nello stesso senso disse a Pietro, per fargli intendere con quale morte egli avrebbe glorificato Dio: "Quando eri più giovane, ti cingevi da te stesso e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, un altro ti cingerà e di condurrà dove tu non vuoi" (Gv 21,18-19). Parole queste che chiaramente ci indicano che non da sé ma da altri, deve essere ucciso colui che segue Cristo. Quando dunque un uomo si trova nell`alternativa, e deve scegliere tra infrangere un comandamento divino, oppure abbandonare questa vita perchè il persecutore gli minaccia la morte, ebbene egli scelga la morte per amore di Dio, piuttosto che la vita offendendo Dio; così avrà giustamente odiato la sua anima in questo mondo per salvarla per la vita eterna.

(Agostino, Comment. in Ioan., 51, 10)


2. Cristo ci ha fatto dono della sua vittoria

Qual sacrificio fu mai più sacro di quello che il vero Pontefice posa sull`altare della croce immolando su di lei la propria carne? Benchè, invero, la morte di molti santi sia stata preziosa agli occhi del Signore (cf. Sal 115,15), mai tuttavia l`uccisione di un innocente ebbe come causa la propiziazione del mondo. I giusti hanno ricevuto la propria corona di gloria, non ne hanno donate, la forza d`animo dei fedeli ha prodotto esempi di pazienza, non doni di giustizia. La loro morte rimase propria a ciascuno di loro e nessuno con il proprio transito acquistò il debito di un altro; nostro Signore, invece, unico tra i figli degli uomini, è stato il solo in cui tutti sono stati crocifissi, tutti sono morti, tutti sono stati sepolti, tutti del pari sono risuscitati; ed è di loro che egli stesso diceva: "Quando sarò levato in alto attirerò tutto a me" (Gv 12,32). In effetti, la vera fede che giustifica gli empi (cf. Rm 4,5) e crea i giusti (cf. Ef 2,10; 4,24), attratta a colui che condivide la sua natura, acquista in lui la salvezza, in lui nel quale essa si è ritrovata innocente; e poiché "non vi è che un unico mediatore tra Dio e gli uomini, l`uomo Cristo Gesù (1Tm 2,5) è per la comunione con la sua stirpe che l`uomo ha ritrovato la pace con Dio; può così, in tutta libertà, gloriarsi (cf. 1Cor 3,21; Fil 3,3; 2Cor 10,17) della potenza di colui che, nella infermità della nostra carne, ha affrontato un nemico superbo e ha fatto dono della sua vittoria a coloro nel cui corpo egli ha trionfato.

(Leone Magno, Sermo, 51, 3)


3. Tutto attirerò a me

"E io, quando sarò levato in alto da terra, tutto attirerò a me" (Gv 12,32).
Cos`è questo «tutto», se non tutto ciò da cui il diavolo è stato cacciato fuori? Egli non ha detto: tutti, ma «tutto», perchè la fede non è di tutti (cf. 2Ts 3,2). Questa parola non si riferisce quindi alla totalità degli uomini, ma alla integrità della creatura: spirito, anima e corpo; cioè, quel che ci fa intendere, quel che ci fa vivere, quel che ci fa visibili e sensibili. In altre parole, colui che ha detto: "non un capello del vostro capo andrà perduto" (Lc 21,18), tutto attira a sé.
Se invece vogliamo interpretare «tutto» come riferito agli stessi uomini, allora si deve intendere che con quella parola si indicano tutti i predestinati alla salvezza. In questo senso il Signore dice che di tutti questi nessuno perirà, come prima aveva detto parlando delle sue pecore. Oppure egli ha voluto intendere tutte le specie di uomini, di tutte le lingue, di tutte le età, senza distinzione di grado o di onori, di ingegno o di talento, di professione o di arte, al di là di qualsiasi altra distinzione che, al di fuori del peccato, possa esser fatta tra gli uomini, dai più illustri ai più umili, dal re sino al mendico: «Tutto» - egli dice - «attirerò a me», in quanto io sono il loro capo ed essi le mie membra.

(Agostino, Comment. in Ioann., 52, 11)


4. La morte del Signore è la nostra somma gloria

Per conseguenza, ebbe con noi con una vicendevole partecipazione una meravigliosa relazione; era nostro, quello per cui è morto, suo sarà quello, per cui possiamo vivere. In effetti, egli diede la vita, che assunse da noi e per la quale morì, e dette la stessa vita, poiché egli era il Creatore; ma prese quella vita per la quale con Lui e per Lui saremo vittoriosi, non per opera nostra. E per questo, per quanto riguarda la vita nostra, per la quale siamo uomini, morì non per sé ma per noi; infatti, la natura di Lui, per la quale è Dio, non può morire completamente. Ma per quanto riguarda la natura umana di lui, che egli, come Dio, creò, è morto anche in essa: poiché anche la carne egli creò nella quale egli è morto.
Non soltanto, quindi, non dobbiamo arrossire della morte del Signore, nostro Dio, ma ci dobbiamo grandemente confidare in essa e aver motivo di somma gloria: accettando infatti, la morte da noi, che egli trovò in noi, sposò nel modo più fedele la vita che ci avrebbe dato, che noi non possiamo avere da noi. In effetti, colui che ci amò tanto, che ciò che meritammo col peccato, egli, senza peccato, patì per noi peccatori, come colui che giustifica non ci darà ciò con giustizia? Come non ci restituirà, i premi dei santi, colui che promette con verità, colui che, innocente, sopportò la pena dei colpevoli?
Confessiamo, dunque, fratelli, coraggiosamente, ed anche professiamo: Cristo è stato crocifisso per noi: non vi spaventate ma siate nella gioia; proclamiamolo non con vergogna ma con gioia. Osservò così il Cristo l`apostolo Paolo e raccomandò tale titolo di gloria.
Ed egli, avendo molti titoli, grandi e divini, che egli ricordasse del Cristo, non disse di gloriarsi delle meraviglie del Cristo, poiché, essendo anche uomo, come siamo noi, ebbe il dominio nel mondo; ma disse: Per me di non altro voglio gloriarmi, che della croce del Nostro Signore Gesù Cristo (Gal 6,14).

(Agostino, Sermo Guelf., 3, 1-2)
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28/03/2012 09:40
 
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V DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Geremia 31,31-34
Ebrei 5,7-9
Giovanni 12,20-33

1. Amore e croce

Il Signore ci esorta poi a seguire gli esempi che egli ci offre della sua passione: Chi ama la propria anima, la perderà (Gv 12,25).
Queste parole si possono intendere in due modi: «Chi ama, perderà», cioè: se ami, non esitare a perdere, se desideri avere la vita in Cristo, non temere la morte per Cristo. E nel secondo modo: «Chi ama l`anima sua, la perderà», cioè: non amare in questa vita, se non vuoi perderti nella vita eterna. Questa seconda interpretazione ci sembra più conforme al senso del brano evangelico che leggiamo. Il seguito infatti dice: "E chi odia la propria anima in questo mondo, la serberà per la vita eterna" ("ibid."). Quindi, la frase di prima: «Chi ama», sottintende: in questo mondo; cosi come poi dice: «Chi invece odia in questo mondo», la conserverà per la vita eterna.
Grande e mirabile verità, nell`uomo c`è un amore per la sua anima che la perde, e un odio che la salva. Se hai amato smodatamente, hai odiato; se hai odiato gli eccessi, allora hai amato. Felici coloro che hanno odiato la loro anima salvandola, e non l`hanno perduta per averla amata troppo. Ma guardati bene dal farti venire l`idea di ucciderti da te stesso, avendo inteso che devi odiare in questo mondo la tua anima. Così intendono certi uomini perversi e male ispirati, crudeli e scellerati omicidi di sé stessi, che cercano la morte gettandosi nel fuoco, annegandosi in mare o precipitandosi da una vetta. Non è questo che insegna Cristo. Quando il diavolo gli suggerì di gettarsi nel precipizio, egli rispose: "Torna indietro, Satana; sta scritto: Non tenterai il Signore Dio tuo" (Mt 4,7). E nello stesso senso disse a Pietro, per fargli intendere con quale morte egli avrebbe glorificato Dio: "Quando eri più giovane, ti cingevi da te stesso e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, un altro ti cingerà e di condurrà dove tu non vuoi" (Gv 21,18-19). Parole queste che chiaramente ci indicano che non da sé ma da altri, deve essere ucciso colui che segue Cristo. Quando dunque un uomo si trova nell`alternativa, e deve scegliere tra infrangere un comandamento divino, oppure abbandonare questa vita perchè il persecutore gli minaccia la morte, ebbene egli scelga la morte per amore di Dio, piuttosto che la vita offendendo Dio; così avrà giustamente odiato la sua anima in questo mondo per salvarla per la vita eterna.

(Agostino, Comment. in Ioan., 51, 10)


2. Cristo ci ha fatto dono della sua vittoria

Qual sacrificio fu mai più sacro di quello che il vero Pontefice posa sull`altare della croce immolando su di lei la propria carne? Benchè, invero, la morte di molti santi sia stata preziosa agli occhi del Signore (cf. Sal 115,15), mai tuttavia l`uccisione di un innocente ebbe come causa la propiziazione del mondo. I giusti hanno ricevuto la propria corona di gloria, non ne hanno donate, la forza d`animo dei fedeli ha prodotto esempi di pazienza, non doni di giustizia. La loro morte rimase propria a ciascuno di loro e nessuno con il proprio transito acquistò il debito di un altro; nostro Signore, invece, unico tra i figli degli uomini, è stato il solo in cui tutti sono stati crocifissi, tutti sono morti, tutti sono stati sepolti, tutti del pari sono risuscitati; ed è di loro che egli stesso diceva: "Quando sarò levato in alto attirerò tutto a me" (Gv 12,32). In effetti, la vera fede che giustifica gli empi (cf. Rm 4,5) e crea i giusti (cf. Ef 2,10; 4,24), attratta a colui che condivide la sua natura, acquista in lui la salvezza, in lui nel quale essa si è ritrovata innocente; e poiché "non vi è che un unico mediatore tra Dio e gli uomini, l`uomo Cristo Gesù (1Tm 2,5) è per la comunione con la sua stirpe che l`uomo ha ritrovato la pace con Dio; può così, in tutta libertà, gloriarsi (cf. 1Cor 3,21; Fil 3,3; 2Cor 10,17) della potenza di colui che, nella infermità della nostra carne, ha affrontato un nemico superbo e ha fatto dono della sua vittoria a coloro nel cui corpo egli ha trionfato.

(Leone Magno, Sermo, 51, 3)


3. Tutto attirerò a me

"E io, quando sarò levato in alto da terra, tutto attirerò a me" (Gv 12,32).
Cos`è questo «tutto», se non tutto ciò da cui il diavolo è stato cacciato fuori? Egli non ha detto: tutti, ma «tutto», perchè la fede non è di tutti (cf. 2Ts 3,2). Questa parola non si riferisce quindi alla totalità degli uomini, ma alla integrità della creatura: spirito, anima e corpo; cioè, quel che ci fa intendere, quel che ci fa vivere, quel che ci fa visibili e sensibili. In altre parole, colui che ha detto: "non un capello del vostro capo andrà perduto" (Lc 21,18), tutto attira a sé.
Se invece vogliamo interpretare «tutto» come riferito agli stessi uomini, allora si deve intendere che con quella parola si indicano tutti i predestinati alla salvezza. In questo senso il Signore dice che di tutti questi nessuno perirà, come prima aveva detto parlando delle sue pecore. Oppure egli ha voluto intendere tutte le specie di uomini, di tutte le lingue, di tutte le età, senza distinzione di grado o di onori, di ingegno o di talento, di professione o di arte, al di là di qualsiasi altra distinzione che, al di fuori del peccato, possa esser fatta tra gli uomini, dai più illustri ai più umili, dal re sino al mendico: «Tutto» - egli dice - «attirerò a me», in quanto io sono il loro capo ed essi le mie membra.

(Agostino, Comment. in Ioann., 52, 11)


4. La morte del Signore è la nostra somma gloria

Per conseguenza, ebbe con noi con una vicendevole partecipazione una meravigliosa relazione; era nostro, quello per cui è morto, suo sarà quello, per cui possiamo vivere. In effetti, egli diede la vita, che assunse da noi e per la quale morì, e dette la stessa vita, poiché egli era il Creatore; ma prese quella vita per la quale con Lui e per Lui saremo vittoriosi, non per opera nostra. E per questo, per quanto riguarda la vita nostra, per la quale siamo uomini, morì non per sé ma per noi; infatti, la natura di Lui, per la quale è Dio, non può morire completamente. Ma per quanto riguarda la natura umana di lui, che egli, come Dio, creò, è morto anche in essa: poiché anche la carne egli creò nella quale egli è morto.
Non soltanto, quindi, non dobbiamo arrossire della morte del Signore, nostro Dio, ma ci dobbiamo grandemente confidare in essa e aver motivo di somma gloria: accettando infatti, la morte da noi, che egli trovò in noi, sposò nel modo più fedele la vita che ci avrebbe dato, che noi non possiamo avere da noi. In effetti, colui che ci amò tanto, che ciò che meritammo col peccato, egli, senza peccato, patì per noi peccatori, come colui che giustifica non ci darà ciò con giustizia? Come non ci restituirà, i premi dei santi, colui che promette con verità, colui che, innocente, sopportò la pena dei colpevoli?
Confessiamo, dunque, fratelli, coraggiosamente, ed anche professiamo: Cristo è stato crocifisso per noi: non vi spaventate ma siate nella gioia; proclamiamolo non con vergogna ma con gioia. Osservò così il Cristo l`apostolo Paolo e raccomandò tale titolo di gloria.
Ed egli, avendo molti titoli, grandi e divini, che egli ricordasse del Cristo, non disse di gloriarsi delle meraviglie del Cristo, poiché, essendo anche uomo, come siamo noi, ebbe il dominio nel mondo; ma disse: Per me di non altro voglio gloriarmi, che della croce del Nostro Signore Gesù Cristo (Gal 6,14).

(Agostino, Sermo Guelf., 3, 1-2)

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DOMENICA DI PASSIONE O DELLE PALME

Letture: Isaia 50,4-7
Filippesi 2,6-11
Marco 14,1; 15,47

1. La donna di Betania, esempio per i battezzati

Leggiamo piú avanti in questa stessa lezione del Vangelo: "Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso, e mentre era a tavola, venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo di nardo puro" (Mc 14,3). Questa donna interessa in modo speciale voi, che state per ricevere il battesimo. Essa ha rotto il suo vasetto, affinché Cristo faccia di voi tanti cristi, cioè unti. Ecco infatti quanto sta scritto nel Cantico dei Cantici: "Un profumo olezzante è il tuo nome, per questo ti hanno desiderato le donzelle; corriamo dietro a te, nell`odore del tuo profumo" (Ct 1,2). Finché il profumo era rinchiuso e non si diffondeva, finché Dio era conosciuto soltanto in Giudea e soltanto in Israele era grande il suo nome (cf. Sal 75,2), le donzelle non seguivano Gesú. Ma quando il suo profumo si diffonde in tutta la terra, le giovani anime dei credenti seguono il Salvatore.
«Stando egli a Betania in casa di Simone il lebbroso». Nella nostra lingua, Betania significa casa dell`obbedienza. E perché la dimora di Simone il lebbroso è in Betania, cioè nella casa dell`obbedienza? E che cosa faceva il Signore nella casa del lebbroso? Ma egli era venuto nella casa del lebbroso per purificarlo. E` detto lebbroso, non perché lo è ancora, ma perché lo è stato. Era lebbroso prima di ricevere il Signore: ma dopo aver ricevuto il Signore, dopo che il vasetto di unguento è stato aperto, la lebbra è scacciata. Egli mantiene il nome che aveva prima, per ricordare il miracolo del Salvatore. Per lo stesso motivo anche gli apostoli conservano i loro vecchi nomi, perché sia manifesto il potere di chi li chiamò e li fece diventare apostoli: per questo Matteo, che era stato pubblicano e divenne poi apostolo, vien chiamato pubblicano anche dopo essere divenuto apostolo; non perché era ancora pubblicano, ma perché da pubblicano fu trasformato in apostolo. Resta insomma il nome antico perché sia manifesto il potere del Signore: cosí anche Simone è chiamato con l`antico nome di lebbroso per ricordare che è stato guarito dal Signore.
«Venne una donna con un vasetto di alabastro di profumo». I farisei e gli scribi stanno nel tempio, e non hanno il profumo: questa donna è fuori del tempio e porta il profumo, porta il nardo, un vasetto di nardo con cui è confezionato il suo profumo. Anche voi fedeli, che siete chiamati, siete come un profumo di nardo. La Chiesa, raccolta tra tutte le genti, offre infatti ai Salvatore i suoi doni, cioè la fede dei credenti. Essa rompe il vasetto di alabastro, affinché tutti ricevano il profumo, si rompe il vasetto, che prima in Giudea era tenuto rigorosamente chiuso. Si apre il vasetto, ripeto: come il chicco di grano non fa frutti se non è sepolto e marcisce in terra, cosí se non viene aperto il vasetto di alabastro, non potremo essere unti (cf. Gv 12,24).
"E glielo versò sul capo" (Mc 14,3). Questa donna che rompe il vasetto di alabastro e versa il profumo sul suo capo, non è la stessa donna, di cui si parla in un altro Vangelo, che lavò i piedi del Signore (cf. Lc 7,37). Quella, che era una prostituta e una peccatrice, abbraccia soltanto i piedi; questa, quasi santa gli abbraccia il capo. Quella, come prostituta, bagna con le sue lacrime i piedi del Salvatore e li asciuga con i capelli: sembra che lavi con le lacrime i piedi del Signore, ma in realtà lava i suoi peccati. I sacerdoti e i farisei non baciano il Signore; invece questa donna gli bacia i piedi. Fate anche voi cosí, voi che state per ricevere il battesimo, poiché tutti siamo sotto il peccato e "nessuno è senza peccato, anche se la sua vita è durata un solo giorno" (Gb 14,4) "e contro i suoi angeli - ciascuno - oppone qualcosa di perverso (ibid.)". Fate anche voi cosí: dapprima abbracciate i piedi del Salvatore, lavateli con le lacrime asciugateli con i capelli, e quando avrete fatto questo, innalzatevi alla sua testa.

(Girolamo, Comment. in Marc., 10)


2. Ad imitazione di Cristo, immoliamo noi stessi a Dio in sacrificio di lode

Saremo partecipi della Pasqua, ora ancora in figura, sia pure piú chiaramente che nell`antica legge (la Pasqua legale: oso dire una figura di un`altra figura, giuoco d`ombre); ma un giorno, quando il Verbo berrà con noi il calice nuovo nel regno del Padre, parteciperemo piú perfettamente e con vista piú chiara, perché allora il Verbo mostrerà ciò che ora ci ha fatto vedere meno pienamente. Quale sia quella bevanda e visione noi possiamo farne parola, ma lui deve dar la dottrina e insegnarla ai discepoli. La dottrina, infatti, è cibo di quello stesso che ci alimenta. Suvvia, facciamoci partecipi della legge, ma in senso evangelico, non letterale, in un senso perfetto ed eterno. Prendiamo per capitale non la terrena Gerusalemme, ma la città celeste; non quella, dico, che è percorsa da eserciti, ma quella che è lodata dagli angeli. Sacrifichiamo non vitelli né agnelli che mostrano corna e unghie, cose ormai senza senso; ma immoliamo a Dio, insieme ai cori celesti un sacrificio di lode. Attraversiamo il primo velo, accostiamoci al secondo, guardiamo nel "Sancta sanctorum" e, dirò di piú, immoliamo noi stessi a Dio; immoliamoci ogni giorno, immoliamo tutti i nostri movimenti. Accettiamo tutto per amore del Verbo, imitiamo attraverso le nostre passioni la Passione col nostro sangue onoriamo il Sangue, saliamo con decisione la croce. I chiodi son dolci, anche se molto acerbi. E` meglio soffrir con Cristo, che accompagnarsi agli altri nel piacere.
Se sei Simone Cireneo, prendi la croce e segui il Maestro. Se, come il ladro, sei appeso alla croce, da uomo onesto, riconosci Dio: se lui per te e per i tuoi peccati è stato aggregato agli empi, tu, per lui, fatti giusto. Adora colui che è stato per tua colpa sospeso a un legno; e, se tu stai appeso, ricava un vantaggio dalla tua malvagità, compra la salvezza con la morte, entra in Paradiso con Gesú, per capire da quale altezza eri caduto. Contempla quelle bellezze; lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia. Se sei Giuseppe d`Arimatea, chiedi il corpo a chi lo crocifisse, fai tuo il corpo che ha espiato i peccati del mondo. Se sei Nicodemo, quel notturno ammiratore di Dio, ungilo con funebri unguenti. Se sei una Maria, o altra Maria, o Salome, o Giovanna versa lagrime alla prima luce. Fa` in modo da poter vedere la tomba scoperchiata, o forse gli angeli, o perfino lo stesso Gesú. Di` qualche cosa, sta` a sentire. Se dirà: - "Non mi toccare" tieniti lontana. Adora il Verbo, ma non piangere. Egli sa da chi dev`essere visto per primo. Celebra le primizie della risurrezione; va` incontro ad Eva, che cadde per prima e per prima vide Cristo e avvertí i discepoli. Imita Pietro o Giovanni, corri al sepolcro, insieme e a gara, in onesta emulazione. Se sarai primo, vinci in amore, non piegarti, guardando da fuori; entra. Se, come Tommaso sarai lontano dal gruppo dei discepoli che videro il Risorto, dopo che l`avrai visto anche tu, non rifiutar la tua fede.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio XLV, in Pascha, 23-25)


3. Omelia per la Domenica delle Palme

Salendo nostro Signore Gesú Cristo verso Gerusalemme, sei giorni prima della sua Passione, una folla numerosa, che si era adunata a Gerusalemme per celebrare la Pasqua secondo il precetto di Mosè, gli corse incontro portando rami di palme (cf. Gv 12,12-13), per proclamare con quel mezzo la sua vittoria, quasi si trattasse di un re terreno del popolo d`Israele. Per un costume antico, infatti, si suole donare una palma ai vincitori. Alcuni peraltro, in quella stessa folla, spezzavano rami d`albero (cf. Mt 21,8), soprattutto di ulivo, accadendo la cosa nei pressi del monte degli Ulivi, e li portavano dove occorreva, per stendere un tappeto sulla via del Signore che si avvicinava. Da qui deriva l`usanza della festa di portare in mano in questo giorno, cantando, rami di palma o d`ulivo, e di denominare detta festa «Rami di palma» o «Rami d`ulivo».
Non è però privo di profondo significato il fatto di portare i rami di questi alberi. L`ulivo, in effetti, che contiene nel suo frutto di che curare dolori e fatiche, rappresenta le opere di misericordia - e misericordia in greco si dice appunto "oleos".
Quanto alla palma, il suo tronco è rugoso, ma vanta al suo termine, cioè alla sua cima, una bellissima acconciatura, mostrando cosí che dobbiamo elevarci passando per le asprezze di questa vita fino agli splendori della patria celeste. Ecco perché anche David, il profeta salmista, canta a proposito del giusto: "Il giusto fiorirà come palma" (Sal 91,13). Teniamo perciò in mano i rami d`ulivo, mostrando nei nostri atti la misericordia. Prendiamo anche rami di palma, in modo da attendere, come premio della misericordia, non terrene consolazioni, ma la bellezza della patria di lassú, dove ci precede Cristo nostro Signore egli che è, secondo l`affermazione dell`Apostolo, "il termine della legge, perché sia giustificato chiunque crede" (Rm 10,4).
Non trascuriamo poi il versetto del salmo che la folla cantava, applicandolo al Signore: Osanna nell`alto dei cieli, benedetto colui che viene nel nome del Signore, osanna nell`alto dei cieli (cf. Mt 21,9). La venuta del Signore nella carne fu, in effetti, causa di salveza non solo per gli uomini sulla terra, ma anche per gli angeli in cielo, poiché, mentre gli uomini sono salvati sulla terra, il numero degli angeli, diminuito con la caduta del diavolo, è completato in cielo. "Osanna nell`alto lei cieli" significa quindi: Salvaci, tu che sei anche la salvezza nei cieli. E perché chiedevano tale salvezza con molta devozione, ripeterono quelle parole e dissero per la seconda volta: Osanna nell`alto dei cieli.
Che Cristo benedetto, Signore [nostro] vi accordi dunque di pervenire a quella salvezza, lui che viene nel nome di Dio Padre, con il quale vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

(Anonimo IX secolo, Sermo XI, in Ramis palmarum, 1-3)
[Modificato da Coordin. 04/04/2012 08:33]
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04/04/2012 08:31
 
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GIOVEDI` SANTO

La funzione sacra di questo giorno la ritroviamo nella Chiesa di Gerusalemme alla fine del IV secolo: dopo l`abituale Messa serale, i fedeli si radunavano sul Monte degli Olivi pregando nei luoghi dove stava e fu catturato Gesú. A Roma, nel VI secolo, il Giovedi Santo si celebravano tre Messe: la prima, riuniva i penitenti che ottenevano la riconciliazione; durante la seconda, si benedicevano gli oli; la terza veniva celebrata come ricordo della Cena del Signore. Ben presto, però, queste tre Messe si riuniscono in una solenne celebrazione eucaristica con la partecipazione del clero e dei fedeli attorno al vescovo. Questa pratica, con la diffusione della liturgia romana, viene accolta in tutta la Chiesa d`Occidente. Attualmente, nelle chiese vescovili viene celebrata al mattino la Messa del Crisma, nelle altre chiese soltanto la Messa della Cena del Signore.
La Messa del Crisma - benedizione degli oli - aveva luogo il Giovedí Santo visto che il Battesimo veniva celebrato nella Vigilia di Pasqua. E` difficile stabilire quando definitivamente venne accettato il presente rito della benedizione. In conformità alla vecchia usanza romana, la benedizione viene eseguita dal vescovo attorniato dal suo clero. In questa Messa, si manifesta il mistero del Sacerdozio di Cristo al quale partecipano tutti i sacerdoti rappresentanti le diverse comunità.
La Messa della Cena del Signore è collegata con il rito della lavanda dei piedi. Questa funzione, conosciuta e praticata nei conventi, venne inserita nella liturgia: a Roma, è praticata fin dal XII secolo, e nel Medioevo viene accolta comunemente. Viene accompagnata dal canto «Dov`è carità e amore».
Il Venerdì Santo la Chiesa non celebra l`Eucaristia e perciò bisognava conservare il Santissimo Sacramento dalla Messa di Giovedí. L`Eucaristia, come si faceva sin dai primi tempi, veniva collocata nella sacrestia. Nel XII secolo, sotto l`influenza del crescente culto del Santissimo Sacramento, si cominciò a collocare l`Eucaristia nella chiesa, sull`altare oppure in luogo specialmente preparato. La traslazione avveniva in solenne processione e la cappella della custodia veniva addobbata con fiori e luci. La riposizione del Santissimo Sacramento doveva simboleggiare la permanenza di Cristo nella tomba e per questo i fedeli cominciarono a chiamare il luogo della custodia «Sepolcro del Signore», benché la Chiesa fosse contraria all`addobbo somigliante a quello della tomba.
La spogliazione degli altari ha un`antica origine. All`inizio, era probabilmente un atto comune che poi ha assunto il significato simbolico. L`altare è il simbolo di Cristo e il rimuovere delle tovaglie fa ricordare lo spogliamento di Gesú dalle sue vesti.
«Egli, venuta l`ora di essere glorificato da te, Padre Santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi". Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me"».
Niente renderà meglio il mistero del giorno di oggi, la natura della Messa serale che raduna attorno all`altare tutta la comunità se non quelle parole della Preghiera eucaristica IV. Cristo dà se stesso per la salvezza del mondo, ma prima affida alla Chiesa il Sacrificio vivo e santo, il segno dell`eterna Alleanza con gli uomini. Fedele alle parole del Signore: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa incessantemente celebra l`Eucaristia ed invoca: «Guarda con amore e riconosci nell`offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione». Questo Sacrificio della nostra riconciliazione con Dio porta continuamente pace e salvezza al mondo intero.
La Chiesa, radunata attorno alla mensa eucaristica, oggi piú che mai, sperimenta la presenza del Signore. Rimarrà accanto a lui nella preghiera notturna per non sentire come una volta i discepoli nel Giardino degli Olivi: «Cosí non siete stati capaci di vegliare un`ora sola con me?».

Accedendo tutti alla mistica mensa,
riceviamo con anima pura il pane,
per non essere separati dal Signore,
e perché vedendo come egli lava i piedi dei discepoli
facciamo quanto abbiamo visto, sottomessi gli uni agli altri,
asciugandoci i piedi a vicenda.
Cristo infatti cosí ordinò ai suoi discepoli,
anche se non fu ascoltato da Giuda,
servitore iniquo.

(Liturgia Bizantina, EE, n. 3117)


1. L`agnello figura e l`Agnello vero

I discepoli si trovarono tra l`agnello e l`agnello. Mangiarono l`agnello pasquale e l`agnello vero.
- Responsorio:
Gloria a te, o re Messia, che salvasti la santa Chiesa col tuo sangue.
Gli apostoli si trovarono tra la figura e la verità. Videro la figura portata via e la verità ch`era arrivata.
Beati loro ch`ebbero la fine della figura e l`inizio della verità.
Mangiò il Signore la Pasqua coi suoi discepoli; col pane che spezzò abolí gli azzimi.
Il suo pane che vivifica tutto, vivificò i popoli; prende il posto degli azzimi, che non davano la vita.
La Chiesa ci ha dato un pane vivo al posto degli azzimi, che aveva dato l`Egitto.
Maria ci ha dato il pane della vita al posto del pane di stanchezza, che ci aveva dato Eva.
Abele fu agnello e offrí l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che offre un agnello?
L`Agnello di Dio mangiò l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che mangia un agnello?
L`agnello della verità mangiò l`agnello della Pasqua. La figura fu mangiata dalla verità.
Tutte le figure stavano nel Santo dei Santi in attesa di colui che le avvera tutte.
Le figure videro l`agnello della verità, aprirono le porte del tempio e gli andarono incontro.
Tutte le figure s`inserirono e rimasero in lui, e tutti e dappertutto parlarono di lui.
Poiché in lui si sono avverate le figure e i misteri; vi ha posto sopra il suo sigillo lui, che compie tutto.
Quando il lupo s`allontanò dal gregge dei dodici e uscí dal cenacolo, si alzò l`agnello della verità e divise il suo corpo tra il gregge, che aveva mangiato l`agnello pasquale. Ivi fu sigillata la figura tramandata attraverso le generazioni dall`Egitto al cenacolo.

(Efrem, Hymn., 6 e 14)


2. La gioia di Gesú nel servire

Nostro Signore guidò i Dodici e li condusse a casa per lavar loro i piedi (cf. Gv 13,5ss; 14ss). Assegnò loro i posti come erede, poi si levò per servir loro da amico. Versò la benefica acqua e portò il catino, prese il panno e se lo cinse ai fianchi.
...Io vidi come pieno di gioia lavò quelli e con volto sereno li serviva. Afferrò i loro piedi, senza che si scottassero e vi versò acqua senza che andassero in fiamme. Li pulì dalle tracce della fatica e della stanchezza e li rafforzò a camminare sulla strada. A tutti andò egli davanti cosí amabilmente, alla stessa maniera senza fare distinzione. Cosí andò anche da Giuda e ne prese i piedi. Allora la terra si lamentò senza bocca; le pietre nei muri elevarono la loro voce allorquando videro come il fuoco lo risparmiava. Chinai il capo a terra e le mie orecchie udirono voci di pianto che annunciarono ciò. E cosí anche questo discorso costernato fu emesso dalla bocca dei loro agnelli:
«Su che cosa dobbiamo meravigliarci e verso chi guardare? Poiché verso i due lati si leva il nostro stupore. Dobbiamo osservare colui che siede qui, col cuore pieno di morte e di inganno senza lasciarsi impressionare oppure l`altro che pieno di misericordia lava i piedi al suo assassino?». Formidabile stupore provocò quando la mano di Nostro Signore toccò il suo assassino. Egli non scoprì la malvagità di costui, anzi coprí il suo delitto e lo trattò proprio come gli altri.
Allora andò verso Simone; ma il cuore di costui si inquietò, egli si alzò davanti a lui e l`implorò: «Gli angeli in cielo coprono i loro piedi per timore, desiderano bruciarsi (Is 6,2), e tu? o mio Signore, sei venuto per prendere i piedi di Simone con la tua mano e servirmi! Tutto questo, la tua umiltà e il tuo amore, hai tu verso di noi già da lungo tempo dimostrato, tramite ciò ci hai tu già onorato; cosí non metterci adesso di nuovo in imbarazzo! I Serafini non osano toccare l`orlo [del tuo vestito], e guarda, tu lavi i piedi di un uomo miserabile! Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Chi potrebbe udire ciò senza divenire sgomento? Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Come potrebbe sopportare ciò la terra? La notizia di questa tua azione farebbe stupire l`intera creazione; questa notizia, che una tal cosa succede sulla terra, turberebbe le schiere degli spiriti celesti. Fermati o Signore, affinché ciò mi resti risparmiato; per questo ti imploro, poiché io sono un uomo peccatore! Secondo il tuo comando ho camminato sul mare, e secondo il tuo ordine ho camminato sulle onde (cf. Mt 14,29). E questa prima cosa non è già abbastanza per me, ma un`altra cosa ancor piú grande vuoi tu ingiungermi! O Signore, ciò non può accadere, perché già la semplice notizia di ciò scuote la creazione! O Signore, ciò non può accadere, giacché questo peso sarebbe piú pesante di quanto può essere pesato!».
«Se ciò non può accadere, allora tu non avrai alcuna parte con me al trono. Se ciò non può accadere, allora restituiscimi le chiavi che ti ho affidato. Se ciò non può accadere, allora anche la tua signoria sarà tolta da te (cf. Mt 16,19). Se ciò, come tu dici, non può accadere, allora non potrai neppure provare nessuna partecipazione al mio corpo». Allora Simone cominciò ad implorare e a dire al Benigno: «O Signore, non lavarmi solamente i piedi, ma anche le mani e il capo!». «Simone, Simone, esiste soltanto un bagno per l`intero corpo nell`acqua santa!». Terminò l`operazione della lavanda e ordinò loro per amore: «Guardate, miei discepoli, come io vi ho servito e quale opera vi ho prescritto! Guardate, io vi ho lavato e pulito; allora affrettatevi felici in chiesa, varcate le sue porte quali eredi! Camminate senza paura sopra i demoni e senza spaventarvi sulla testa del serpente! Andate senza timore del vostro cammino e annunciate la mia parola nelle città! Seminate il Vangelo nei Paesi e innestate l`amore nei cuori degli uomini! Annunciate il mio Vangelo davanti ai re e testimoniate la mia fede davanti ai giudici! Vedete, io che sono il vostro Dio, mi sono abbassato e vi ho servito affinché io vi preparassi una perfetta Pasqua e si rallegrasse la faccia di tutto il mondo».

(Cirillona, Inno sulla lavanda dei piedi)


3. Il dono dell`adozione

E compiuto il tragitto, vennero nella regione di Gennesaret. Ora, avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati, pregandolo di poter toccare anche soltanto il lembo del suo mantello, e quanti lo toccarono, furono risanati (Mt 14,34-36). La gente non gli si accosta piú come prima, obbligandolo ad andare nelle proprie case a imporre le mani sugli infermi e a comandare alle malattie di ritirarsi. Ora invece chiedono e si guadagnano la guarigione in un modo piú elevato e piú sapiente e con una fede piú grande. Senza dubbio l`emorroissa aveva insegnato a tutti il modo in cui comportarsi. L`evangelista, inoltre, per far capire che molto tempo addietro il Maestro era stato da quelle parti, dice: «Avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati». Il tempo non solo non ha distrutto la loro fede, ma al contrario l`ha mantenuta vigorosa e l`ha accresciuta.
Tocchiamo, dunque, anche noi il lembo del suo mantello; anzi, se vogliamo, noi possiamo avere Cristo tutto intero. Il suo corpo infatti è ora davanti a noi. Non il mantello semplicemente, ma il suo stesso corpo: e non solo per toccarlo, ma per mangiarlo, ed esserne saziati. Accostiamoci quindi con fede, portando ognuno la propria infermità. Se coloro che toccarono il lembo del suo mantello si attirarono tanta virtù risanatrice, ancor piú possono attendersi coloro che ricevono Gesú Cristo tutto intero. Tuttavia, accostarsi con fede a Cristo non significa semplicemente prendere ciò che viene offerto, ma toccarlo con cuore puro e con disposizioni piene di fervore, sapendo che ci avviciniamo a Cristo in persona. Che importa se tu non senti la sua voce? Tu lo contempli sull`altare; o meglio tu senti anche la sua voce, dato che egli ti parla per mezzo degli evangelisti.
Credete con viva fede che anche ora c`è la stessa cena alla quale Gesú prese parte con gli apostoli. Non c`è infatti nessuna differenza tra l`ultima cena e la cena dell`altare. Neppure si può dire che questa sia celebrata da un uomo, mentre quella da Cristo, perché Gesú stesso compie questa come quella. Orbene, quando tu vedi il sacerdote presentarti questo sacro cibo, non pensare che è il sacerdote a dartelo, ma sappi che è la mano di Cristo tesa verso di te. Come nel battesimo non è il sacerdote che ti battezza, ma è Dio che sostiene il tuo capo con la sua invisibile potenza, e neppure un angelo, né un arcangelo né chiunque altro osa avvicinarsi e toccarti, cosí avviene anche ora. Quando Dio ci genera nel battesimo facendoci suoi figli, questo dono è esclusivamente suo. Non vedi che nel mondo coloro che adottano dei figli non affidano questo incarico ai loro servi, ma si presentano di persona al tribunale? Nello stesso modo anche Dio non ha affidato agli angeli il suo dono, ma egli stesso si presenta di persona e comanda: Non chiamate Padre vostro alcuno sulla terra (Mt 23,9). Non parla cosí perché tu debba mancare di rispetto a coloro che ti hanno messo al mondo, ma per insegnarti a preferire a tutti colui che ti ha creato e ti ha iscritto, con l`adozione, tra i suoi figli. Ed ora, Cristo che ti ha fatto il dono piú grande offrendo e consegnando se stesso alla morte, assai minor difficoltà avrà a darti il suo corpo. Comprendiamo bene tutti noi, sacerdoti e fedeli, quale dono il Signore si è degnato di darci e a quale onore ci ha elevati. Riconosciamolo e tremiamo. Cristo ci ha dato di saziarci con la sua carne, ci ha offerto se stesso immolato. Quale scusa avremo ancora se, così alimentati, continuiamo a peccare, se, cibati dell`Agnello, viviamo come lupi; se, nutriti di tale cibo, non cessiamo di essere avidi come i leoni? Questo sacramento esige non solo che siamo sempre esenti da ogni violenza e rapina, ma puri anche della piú piccola inimicizia. Questo sacramento infatti è un sacramento di pace, e non permette di avere attaccamento alle ricchezze. Gesú per noi non ha risparmiato se stesso: quale giustificazione potremo dunque invocare se, per conservare i nostri beni, trascuriamo la nostra anima per la quale Cristo non ha risparmiato la sua vita? Dio aveva istituito per gli Ebrei alcune feste annuali a ricordo dei suoi benefici; ma per te, ora, il ricordo esiste ogni giorno per mezzo di questi sacri misteri. Non vergognarti dunque della croce. Queste sono le nostre realtà sacre, questi sono i nostri misteri; con questo dono ci adorniamo, di esso ci fregiamo e ci gloriamo. Quand`io dicessi che Dio ha disteso il cielo, ha dispiegato la terra e i mari, ha inviato profeti e angeli, non direi niente di paragonabile a questo sacramento. La somma di tutti i beni sta nel fatto che Dio non ha risparmiato il proprio Figlio per salvare dei servi che gli erano ostili.
Che nessun Giuda, nessun Simon Mago si accosti dunque a questa tavola: l`uno e l`altro infatti sono periti per il loro amore al denaro. Fuggiamo questo abisso di male e non pensiamo che basti ad assicurare la nostra salvezza, dopo aver con le nostre rapine spogliato le vedove e gli orfani, presentare all`altare un calice d`oro, ornato di pietre preziose. Se vuoi onorare questo sacrificio, presenta la tua anima, per la quale esso è stato offerto. Fa` che la tua anima sia tutta d`oro, perché, se essa rimane peggiore del piombo o di un coccio, che guadagno ti procura il calice d`oro che tu doni alla chiesa? Non preoccuparti quindi di offrire soltanto vasi d`oro, ma bada che essi siano frutto di oneste fatiche. Doni ben piú preziosi dell`oro sono quelli che non provengono dall`avarizia. La chiesa non è un`oreficeria, né una zecca, ma un`assemblea di angeli. Abbiamo perciò bisogno di anime; Dio infatti ammette anche questi vasi sacri, ma solo per le anime. Non era d`argento quella tavola e neppure d`oro era il calice con cui Cristo diede ai discepoli il suo sangue, ma tutto quello era prezioso e degno del piú profondo rispetto, perché era ricolmo di Spirito Santo.
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia ignudo; dopo averlo ornato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia di freddo per la nudità. Colui che ha detto questo è il mio corpo (Mt 26,26), confermando con la sua parola l`atto che faceva, ha detto anche: «Mi avete visto soffrire la fame e non mi avete dato da mangiare» e quanto non avete fatto a uno dei piú piccoli tra questi, neppure a me l`avete fatto (Mt 25,42-45). Il corpo di Cristo che sta sull`altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo quindi a pensare e a comportarci degnamente verso così grandi misteri e a onorare Cristo come egli vuol essere onorato. Il culto piú gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che egli stesso vuole, non quello che pensiamo noi. Anche Pietro credeva di onorare Gesú, impedendogli che gli lavasse i piedi (cf. Gv 13,8), ma ciò non era onore, bensí il contrario. Cosí anche voi onoratelo nella maniera che egli stesso ha comandato, impiegando cioè le vostre ricchezze a favore dei poveri. Dio non ha bisogno di vasi d`oro, ma di anime d`oro.

(Giovanni Crisostomo, In Matth., 50, 2 s.)


4. La funzione mediatrice del sacerdote

O sacerdote, che compi il tuo ufficio ministeriale sulla terra in modo spirituale, e che le creature spirituali non possono imitare! O sacerdote, come è grande la funzione che tu adempi e che sognano i ministri «di fuoco e di spirito!».
Chi esprime adeguatamente la grandezza del tuo compito, che è al di sopra degli esseri celesti a causa del titolo del tuo potere? La natura di uno spirito è piú sublime e piú gloriosa della tua, ma non le è permesso di imitarti raffigurando una immagine dei misteri. Un angelo è grande, e diremmo, piú grande di te; ma, quando si paragona il tuo ministero al suo, egli è inferiore a te. Il serafino è santo, il cherubino è bello, l`angelo è veloce; tuttavia non possono muoversi cosí rapidamente come la parola della tua bocca. Gabriele è glorioso; Michele è grande, e il loro nome lo indica; tuttavia, in ogni momento, essi si inchinano davanti al mistero deposto tra le tue mani.
Essi ti stimano, quando tu ti avvicini per compiere il tuo ministero, e ti attendono a condizione che tu dia il segnale ai loro canti di santificazione.
Essi si mettono alla tua destra per esser pronti a cantare le lodi, e quando tu hai compiuto il mistero della tua salvezza, essi acclamano queste lodi. Essi sono sottomessi con amore alla volontà che è nascosta nei tuoi misteri e ti onorano per la funzione, che tu adempi. E se gli esseri spirituali onorano impassibili la tua funzione, chi non ti concederebbe una corona di lode a causa della grandezza della tua funzione?
Ammiriamo continuamente la superiorità della tua dignità maestosa, che ha sottomesso al suo potere il cielo e la terra.
I sacerdoti della Chiesa si sono impadroniti del potere in Cielo e sulla terra, e comandano agli esseri celesti e terrestri.
Essi si pongono come mediatori tra Dio e gli uomini, e con le loro parole scacciano il male tra gli uomini. La chiave delle misericordie divine è stata posta nelle loro mani e distribuiscono la vita agli uomini secondo il loro beneplacito.
La potenza nascosta li ha fortificati per compiere questo, affinché essi manifestino visibilmente l`amore di Dio nell`opera delle sue mani. Egli ha manifestato il suo amore nel Sacramento che ha trasmesso agli esseri umani, perché in virtù di questo dono, degli uomini abbiano compassione degli altri uomini.
Egli ha trasmesso il suo dono potente ai sacerdoti affinché essi fortifichino con lui gli uomini deboli, colpevoli di aver peccato. Il sacerdote paga il debito dell`umanità per mezzo del suo ministero, e cancella con l`acqua l`obbligo contratto da essi nel loro genere umano e lo riabilitano.
Come in una fornace, egli depone i corpi per battezzarli, e come in un fuoco, consuma le spine della mortalità.
Egli getta nell`acqua il rimedio dello Spirito come in una fornace e purifica l`immagine dell`uomo dalle sue impurità.
In virtù del calore dello Spirito, egli toglie la ruggine dal corpo e dall`anima, che acquistano invece di un colore argilloso, quello degli esseri celesti...
Come Mosè, anch`egli si mantiene in riva al mare, ma al posto di un bastone, egli eleva la sua parola sull`acqua muta. Egli percuote le acque con la parola della sua bocca, come il figlio di Amram, ed esse ascoltano la sua voce, meglio della voce del figlio degli Ebrei, esse ascoltarono Mosè, ma anche ascoltandolo, esse non furono santificate. Ma ubbidendo al sacerdote della Chiesa, esse divennero sacre.
L`israelita, veramente, non divise che il mare e il suo grande miracolo non bastò a purificare l`inquinità del suo popolo.
Appartiene al sacerdote operare questo grande miracolo, che non ha nulla di simile tra quelli che sono stati operati, per il fatto che egli ha il potere di rimettere il male a cose inanimate [insensibili-spirituali].
Il sacerdote innalza il suo sguardo verso questo segno che opera la creazione, ed impara da lui come produrre una nuova creazione. Egli imita anche il modo di fare di colui che creò il mondo, e fa intendere la sua voce come colui che la fece ascoltare all`origine sulla terra.
Come il Creatore, anch`egli comanda, all`acqua ordinaria, e in luogo della luce si manifesta in essa il potere della vita. La voce del Creatore creò dal nulla gli astri, e il sacerdote, partendo da qualche segno, crea un`altra cosa in virtù della potenza del Creatore.
Non è sua, la creazione che egli opera in mezzo alle acque, ma essa appartiene al segno che produsse la creazione dal nulla.
Quel comando che Dio espresse, dal quale le creature ragionevoli e sensibili ebbero l`esistenza, egli lo concede di nuovo. Questa è parola che le acque ascoltano dalla bocca del sacerdote, ed esse generano l`uomo. Il frutto che esse portano ora è piú grande del primo, cosí grande è il potere che esercita un uomo ragionevole sopra un essere muto.
Come un seme, egli getta la sua parola in mezzo alle acque, ed esse concepiscono e generano un frutto, non comune.
Egli si intrattiene oralmente con le acque mute con parole spirituali, ed esse acquistano il potere di dare la vita alle nature ragionevoli. Le acque silenziose ascoltano quelli che possono parlare, pronunziare delle parole nuove, come quelle che Maria intese dalla bocca di Gabriele.
Anch`egli fece ascoltare una «buona novella» alle orecchie degli uomini, simile a quella speranza della nascita del Figlio che annunziò l`angelo. Nella sua funzione il sacerdote tiene il posto dell`angelo, un posto migliore del suo, per il fatto che bisogna ottenere la speranza per quelli che sono senza speranza, per mezzo di quello che esprimono le sue parole. Egli adempie l`ufficio di mediatore tra l`essenza divina e gli uomini e conferma con le sue parole l`alleanza delle due parti.
Egli supplica, gemendo, l`Essere nascosto, che è nascosto ma si manifesta per mezzo del suo amore, e la potenza che procede da lui, discende accanto al sacerdote, compiendo ciò che egli dice.

(Narsai il Lebbroso, De mysterio eccl., passim)


5. La Messa e l`offerta

L`offerta che vien fatta è la stessa, chiunque sia l`offerente, sia Paolo, sia Pietro; è la stessa, che Cristo diede ai discepoli, e che ora i sacerdoti presentano ai fedeli. Questa, che vien data dai sacerdoti oggi, non è in nessun modo inferiore a quella che fece Cristo allora, perché non sono gli uomini che la consacrano, ma quello stesso Cristo, che consacrò la prima. Come, infatti, le parole, che Dio disse, sono le stesse che dice oggi il sacerdote, così l`offerta è la stessa; come il battesimo nostro di oggi è il medesimo battesimo di Cristo. Cioè, rientra tutto nel campo della fede.
Dunque, è corpo di Cristo questo che diamo noi, come era corpo di Cristo quello ch`egli stesso diede ai discepoli; e chi pensa che questo, che diamo noi, sia inferiore in qualche modo a quello, che Cristo diede, dimostra di non capire che anche oggi è ancora Cristo che è presente e agisce.

(Giovanni Crisostomo, In Epist. II ad Timoth., 4, 4)


6. Il compito del sacerdote

Se lo stesso Gesú Cristo Signore e Dio nostro è il Sommo Sacerdote di Dio Padre e per primo offrí se stesso in sacrificio e ordinò di fare questo in sua memoria, allora rappresenta veramente Cristo quel sacerdote che imita ciò che Cristo fece, e quindi offre a Dio Padre nella Chiesa un sacrificio vero e pieno, se cerca di offrirlo così come riconosce che Cristo stesso fece.

(Cipriano di Cartagine, Epist., 63, 14)
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07/04/2012 07:55
 
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VENERDI` SANTO

Da quando si cominciò a celebrare la Pasqua in giorno di domenica, il Venerdí Santo diventò il giorno della commemorazione della morte del Signore. A Gerusalemme verso la fine del IV secolo, prima del mezzogiorno si esponevano nella chiesa della Santa Croce sul Golgota le reliquie della Croce del Signore, che erano venerate dai fedeli. A mezzogiorno, il popolo si radunava di nuovo davanti alla stessa chiesa: dalle 12 fino alle 15, si leggeva la Sacra Scrittura e si cantavano i salmi. Sia in Oriente che in Occidente, in questo giorno non si celebrava l`Eucaristia. A Roma, si celebrava una funzione sacra la sera: si leggevano due brani dal Vecchio Testamento e la Passione del Signore secondo Giovanni. La liturgia si concludeva con le solenni preghiere di origine antica, per i rispettivi ceti della Chiesa. L`adorazione della Croce, sull`esempio dell`adorazione di Gerusalemme, venne introdotta nel secolo VII. Roma era in possesso nientemeno che delle reliquie della santa Croce. Il papa si recava dal Laterano alla chiesa di Santa Croce in Gerusalemme insieme con alcuni diaconi, che portavano le reliquie. Queste venivano poste sull`altare e in grande semplicità si iniziava l`adorazione. In Spagna e in Gallia si arriva alla drammatizzazione della liturgia: si svelava ed esponeva la Croce, ci si prostrava per tre volte davanti al Legno sacro, si cantavano gli improperi «Popolo mio» e altri inni. Questi elementi saranno introdotti nella liturgia romana nel IX-X secolo. La santa Comunione delle specie consacrate il Giovedi Santo compare a Roma sotto l`influsso della liturgia orientale nel VII-VIII secolo, però nel XIII secolo verrà limitata al solo celebrante.
Nei paesi nordici, c`è un rito simile alla reposizione del Santissimo Sacramento il Giovedí Santo, che viene chiamato «la deposizione della Croce e dell`Ostia». Ben presto, il rito viene accolto in molte chiese eccetto la romana. Alcuni deponevano nel sepolcro il Santissimo Sacramento (Augsburg), altri invece la Croce (Inghilterra, Francia). I fedeli adoravano l`Ostia e la Croce fino al mattino di Pasqua.
La Chiesa rimane oggi con il Signore che affronta la Passione per la salvezza del mondo. Sta insieme con Gesú nel Giardino degli Olivi, vive insieme con Lui l`arresto e il giudizio, cammina col Salvatore lungo la Via della Croce, resta con lui sul Calvario e sperimenta il silenzio del sepolcro. La liturgia della parola ci introduce nel mistero della Passione del Signore. Il sofferente Servo di Dio, disprezzato e respinto dagli uomini, viene condotto come agnello al macello. Dio pose su di lui le colpe di noi tutti. Cristo muore nel momento in cui nel tempio vengono sacrificati gli agnelli necessari alla celebrazione della cena pasquale. E` Lui il vero Agnello, che toglie i peccati del mondo. Egli viene offerto come nostra Pasqua. Cristo morí per tutti gli uomini e perciò in questo giorno la Chiesa, secondo la sua piú antica tradizione, rivolge a Dio una grande preghiera. Prega per tutta la Chiesa nel mondo, chiede l`unificazione di tutti i credenti in Cristo, intercede per il Popolo Eletto. Ricorda tutti i credenti delle altre religioni come anche chi non crede, prega per i governanti e per gli afflitti.
Come non ringraziare Dio in questo giorno? Lodiamo Gesú e rendiamogli grazie, adorando la Croce su cui si compí la salvezza del mondo. Non solo glorifichiamo il Signore, ma ricevendo la santa Comunione dai doni consacrati ieri ci uniamo a Cristo: ogni volta che mangiamo di questo Pane annunziamo la morte del Signore, nell`attesa della sua venuta.

Oggi viene messo in croce colui che mise la terra sopra le acque: con una corona di spine viene cinto il capo del re degli angeli, con falsa porpora viene coperto colui che copre il cielo di nubi; riceve uno schiaffo colui che nel Giordano diede la libertà ad Adamo: lo sposo della Chiesa viene confitto in croce: il figlio della Vergine viene trafitto con una lancia. Adoriamo la tua passione, o Cristo; e tu mostraci anche la tua gloriosa risurrezione.

(Antiphona ad nonam, EE, n. 3123)


1. La cena e le tappe della Passione

Il salvifico mistero della Croce,
Quella sera hai mostrato e rivelato;
Nel tuo Corpo, fonte della vita,
Al pari della Coppa, l`hai distribuito e dato.
Degnati con la santa Assemblea
Di render anche me partecipe alla Mensa,
Del Pane tuo di vita di cui ho fame
E della tua Bevanda cui assetato anelo.

Lavanda dei piedi (Gv 13,1-20)

Tu hai lavato in una bacinella
Con le tue mani pure i loro piedi
Ed hai insegnato loro l`umiltà
Dianzi in parole, ed in quel punto a fatti.
Lava del pari il fango delle mie miserie
Per le suppliche della santa Comitiva
E indirizza il cammino dei miei passi
Sulla via dell`umiltà verso il tuo cielo.

L`agonia (Mt 26,36-46)

Nelle oscure ore della notte
Hai mostrato la tua natura umana:
Nel terrore Tu fosti in agonia,
Ed hai pregato il Padre che è nei cieli.
Libera anche me dai segreti strali
E dal terrore opprimente della notte;
Le facoltà dell`anima e del corpo
Siano fisse nel santo tuo timore.

L`arresto (Mt 26,47-56)

Sei stato legato per quei che si è legato;
Tu hai disciolto il nodo del legame;
Svincolami dai lacci volontari:
Dai viluppi infernali dei peccati.

Davanti al Sinedrio (Mt 26,59-68)

Pel condannato a motivo del peccato,
Sei comparso, Innocente, in tribunale;
Quando nella gloria del Padre tornerai,
Con lui non giudicarmi.
Sacrileghi sputi T`hanno offeso,
Per l`onta della prima creatura;
Dell`Impudente, l`onta cancella dei peccati
Con la quale ho coperto il mio sembiante.
Hai permesso al cattivo servitore,
D`imprimerti lo schiaffo schernitore;
Colpisci con fermezza la faccia del Cattivo,
Come con par durezza ha schiaffeggiato lui.

Il rinnegamento di Pietro (Mt 26,69-75)

Non hai lasciato che la Pietra rotolasse
Fin negli abissi profondi del peccato,
Ma, per le lacrime amare del suo cuore,
Hai perdonato chi Ti ha rinnegato.
Anche me, come lui rialza
Dalla caduta dove sono incorso,
Dando ai miei occhi lacrime copiose
Ed al mio capo acqua come al mare.

Oltraggi (Mt 27,27-31)

Ti sei rivestito di porpora,
La clamide rossa hai posto sulla tua persona;
Simile ignominia potevano pensarla
Solo i soldati di Ponzio Pilato.
Allontana da me il cilicio del peccato
La rossa porpora dal color del sangue;
E rivestimi dell`abito gioioso
Che al primo uomo indosso Tu ponesti.
Piegando il ginocchio, si fanno burle;
Giocando, si fanno beffe;
Le celesti schiere, ciò considerando
Con timore adorano.
[Tutto hai subito] per togliere dalla natura di Adamo
Tu rilevi l`onta dell`amico del peccato,
Dall`anima mia, dalla mia coscienza,
Leva via la vergogna, piena di tristezza.
La tua celeste testa -
Davanti a cui sta in tremito di spavento il Serafino -,
Copertala d`un velo, vi si davan pugni,
E colpi di nodosa canna.
Per causa della testa [dell`uomo] tratta dalla terra
Che inchinata s`era ai piedi della donna,
Perché in modo piú sublime del celeste Coro,
Tu potessi congiungerla al tuo Corpo.
E la mia [testa] caduta sino al suolo
E inchinata ai piedi del Maligno,
Per le opere tutte dell`Iniquo
Che mi piombarono a terra,
Non permettere di giocar con essa,
Come i bambini giocano alla palla,
Voglia Tu invece liberarla dal Nemico,
Per unirla di nuovo alla tua Testa.

La flagellazione (Mt 27,26)

Per l`intero tuo corpo
E su tutte le parti di tue membra
I colpi del terribile flagello
Ha ricevuto per verdetto iniquo.
Io che dai piedi al capo
Soffro di dolori intollerabili,
Guariscimi di nuovo, una seconda volta,
Come con grazia di Fontana sacra.

La corona di spine (Mt 27,29)

In cambio delle spine della colpa,
Che ha fatto crescere per noi la maledizione,
Sul tuo capo è stata posta una corona [di spine]
Dagli operai della Vigna d`Israele.
Strappa da le spine della colpa
Che in me ha piantato il mio Nemico;
Guarisci la morsura della piaga,
Sian soppresse le stimmate del male.

La crocifissione (Mt 27,32-43)

In cambio del frutto soavissimo
Dell`amaro [albero], mortifero,
Hai gustato il fiele mescolato
All`aceto, durante la tua sete.
L`amarezza della [bestia] velenosa,
Inoculata nelle facoltà dell`anima,
Lungi da me rigettala con essa,
E l`amor tuo diventi in me soave.
In cambio dell`albero di morte,
Cresciuto in mezzo al Paradiso,
Sulle tue spalle hai portato il legno della Croce,
L`hai portato al luogo detto Golgota.
L`anima mia caduta nella colpa
Carica d`un fardello sí pesante,
Alleviala in grazia del soave giogo
E al carico leggero della Croce.
Il Venerdí, attorno all`ora terza,
Nel giorno in cui fu sedotto il primo uomo,
Signor, sei stato affisso al legno
In una con il ladro malfattore.
Le mani creatrici della terra,
Le hai Tu distese sulla Croce,
In cambio delle mani lor [di Adamo ed Eva] che tese
S`eran e dall`albero colto avean la morte!
Per me che, come loro, ho trasgredito
E forse li ho persino superati,
Piantando di mia mano il seme di Gomorra,
E il frutto di Sodoma gustando,
Non misurar la pena al mal commesso
Non esiger da me l`intero debito
Ma elargisci il perdono al mio delitto
[...].
Tu sei salito sulla Croce santa,
La trasgression degli uomini hai scostato;
E il nemico della nostra specie,
Su [la Croce] Tu l`hai inchiodato.
Fortificami nella protezione
Del santo Segno sempre vincitore,
E quando in cielo apparirà d`Oriente,
Ch`io di sua luce venga illuminato.

Il buon ladrone (Lc 23,39-43)

Al ladrone che stava alla tua destra
La porta hai aperto del Paradiso d`Eden;
Anche di me ricordati quando tornerai
Con la Regalità del Padre tuo.
Anch`io ascolti ciò che fa esultare,
La risposta da Te pronunciata:
«Oggi, sarai tu con me nell`Eden, Nella tua Patria prima!».

La Madre di Gesú (Gv 19,25-27)

Lamentandosi e percotendo il petto
La Madre tua, Signor, presso la Croce,
Quando sentiva che Tu avevi sete,
Cocenti lacrime di dolor versava.
Degnati d`accordarmi di versare
Lacrime abbondanti come il mare,
Sí da lavar le colpe di mia vita
E della veste dell`anima il marciume.

Morte di Gesú (Mt 27,45-53)

Quando con voce forte Tu hai gridato
Dicendo: «Eli, Eli...»,
Si scossero i pilastri della terra,
Gli alti monti tremarono sgomenti.
Mentre il velo dell`Antica Legge
Dall`alto in basso si divise in due;
E le tombe s`aprirono,
Dei Santi i corpi ritornaron in vita.
La luce del sole, messo il velo,
Si oscurò nel pieno del meriggio,
E sull`esempio suo anche la luna,
Nel colore si trasformò del sangue,
Perché videro Te, loro Signore,
Nudo sulla Croce: non poteron sopportarlo;
Al posto degli esseri ragionevoli,
Gli elementi privi di ragione provarono spavento.
Adesso, con le rocce che si sgretolano,
Smuovi il mio cuore immoto verso il bene;
Con i morti che allora si drizzarono,
L`anima mia rialza, uccisa dal peccato.
Con la lacerazione del velo
A causa dei debiti di Adamo,
Lacera in me l`antica cattiveria,
Distruggi l`obbligazione delle colpe di mia vita.
Con l`oscuramento dell`astro luminoso,
Scaccia da me la coorte dei Tenebrosi;
Col suo ritorno alla luce nella nona ora,
Illuminami di bel nuovo.
Per il tuo denudamento sopra il legno,
In cambio della nudità del primo uomo,
Voglia Tu ricoprirmi di tua gloria
Nel giorno del Giudizio universale.
Invece d`abbandonar gli autori de la crocifissione,
La casa e la stirpe dei Giudei,
Pregasti il Padre che sta su nei cieli
Di perdonar la colpa che commisero.
A me che credo con tutta la mia anima
E che Ti adoro, o Figlio unicogenito,
Perdonami i misfatti che ho commesso;
Non si faccia memoria delle colpe andate.

Il colpo di lancia (Gv 19,31-37)

Dopo aver adempiuto la Scrittura,
E rimesso al Padre tuo lo spirito
Quando il soldato ebbe inferto il colpo [di lancia]
Una sorgente uscí dal sacro tuo Costato:
Acqua per lavare alla Fontana sacra,
Sangue da bere nel divin Mistero,
Per la ferita di colei che uscí dal fianco,
Per la quale ha peccato il primo uomo.
Io che sono carne che dal vizio è nata,
E un sangue plasmato dalla polvere,
Tu m`hai lavato con la rugiada del [tuo] Fianco,
Ma io, daccapo, tornato sono al primitivo stato;
Fa`, te ne prego, ch`io non vi rimanga,
Ma degnati di lavarmi grazie ad essa;
Se tali doni non fossero accordati,
Siano almeno [i miei peccati] di lacrime irrigati.
Apri la bocca mia, apri al ruscello
Del Sangue tuo che fiotta dal Costato,
Come bebè che attratto al seno succhia
Il latte della madre a lui vitale.
Sì, che io pure possa ber la gioia
Ed esultare nel tuo Santo Spirito,
Diventi sapido il gusto della Coppa,
L`amor immacolato del Vino senza aggiunte.
Alla tua morte, o Principe Immortale!
Con la morte che nel corpo hai ricevuto,
Nell `immortalità m`hai trasportato,
Gli ultimi nervi della morte hai rotto.
A me di nuovo ucciso dal peccato
E che ho perduto il bene tuo immortale,
Rendimi vivo per il tuo volere,
Per la giustizia del [tuo] comandamento.
Tu, dono eterno dell`umanità caduca,
Tu, che sei reclamato come dono,
Tu, dator di doni per le creature,
Mortali ed immortali.

La sepoltura (Mt 27,57-66)

Come a Giuseppe d`Arimatea,
Il discepolo tuo santo e giusto,
La tua persona accordami come don di grazia,
Tu che elargisci a tutti noi la vita.
Sei stato avvolto in un lenzuolo puro,
Sei stato posto in un sepolcro nuovo,
Deh, fa` ch`io non somigli a quei cotali,
Che nella fossa inferiore son discesi.
L`anima mia fa` che sia morta al vizio
Resa viva da Te per la celeste [fossa],
Per il mistero della santa mirra,
E dell`incenso puro dal soave odore.
Tu che dai Cori angelici,
Con timore nascosto sei onorato,
Proprio Tu, sei stato custodito dai soldati,
O vigile Custode d`Israele.
Con la tua destra prendimi per mano,
Affidami pure all`Angelo tuo santo,
Perché resti sano e salvo nella notte
Nella lotta invisibile.
Sei stato sigillato con l`anello
Della corrotta guardia del Sinedrio;
Tu, tesoro dell`immortale vita,
Sei stato ascoso nel grembo della terra.
Le porte del mio spirito e dei sensi,
Dove è porto l`ingresso al bene e al male,
Sigillale col Segno della Croce
E fissami nel tuo [glorioso] bene.

(Nerses Snorhalì, Jesus, nn. 701-764)


2. Lodi alla Croce

O Croce, benedizione del mondo,
o speranaa, o sicura redenzione,
un tempo passaggio alla geenna,
ora luminosa porta del cielo.

In te è offerta l`ostia
che tutto trasse a sé.
L`assale il principe del mondo
ma nulla di suo vi trova.

L`articolo della tua legge
annulla l`antica sentenza.
Perisce l`atavico servaggio,
vien resa la vera libertà.

La magnificenza del tuo profumo
vince tutti gli aromi.
La dolcezza del tuo nettare
riempie i recessi del cuore.

Per la Croce, o Cristo, ti preghiamo
conduci al premio della vita
quelli che inchiodato al legno
redimere ti sei degnato.

Sia gloria al Padre ingenerato,
splendore sia all`Unigenito,
e maestà sia pari
di entrambi alla gran Fiamma.

(Pier Damiani, In inventione s. Crucis, EE, n. 3295)


3. La Croce è una festa spirituale

Oggi il Signore nostro Gesú Cristo sta in Croce e noi facciamo una festa, perché tu capisca che la Croce è una festa e una celebrazione spirituale. Prima, si, la croce significava disprezzo, ma oggi la croce è cosa venerabile, prima era simbolo di condanna, oggi è speranza di salvezza. E` diventata davvero sorgente d`infiniti beni; ci ha liberati dall`errore, ha diradato le nostre tenebre, ci ha riconciliati con Dio, da nemici di Dio ci ha fatti suoi familiari, da stranieri ci ha fatto suoi vicini: questa croce è la distruzione dell`inimicizia, la sorgente della pace, lo scrigno del nostro tesoro. Grazie alla Croce non vaghiamo piú nel deserto, perché abbiamo trovato la via giusta; non stiamo piú fuori della reggia, perché abbiam trovato la porta; non temiamo piú i dardi infuocati del diavolo, perché abbiam visto dov`è la fonte dell`acqua. Grazie alla croce non c`è piú vedovanza, abbiamo lo sposo; non temiamo piú i lupi, abbiamo il buon pastore. Grazie alla Croce non abbiamo piú paura del tiranno, siamo al fianco del re; e perciò facciamo festa celebrando la memoria della croce. Anche Paolo comandò di far festa per mezzo della Croce: Facciamo festa, dice, non secondo la vecchia fermentazione, ma negli azzimi della sincerità e della verità (1Cor 5,8). E poi ne aggiunge il motivo: Perché Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Vedi come ci comanda di far festa per mezzo della croce? perché sulla croce è stato immolato Cristo. Infatti, dov`è il sacrificio, ivi è anche la distruzione del peccato, ivi la riconciliazione col Signore, ivi la festa e la gioia. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Dove, di grazia, è stato immolato? Sopra un alto patibolo. Nuovo l`altare di questo sacrificio, perché il sacrificio stesso è nuovo e stupendo. La stessa persona è vittima e sacerdote; vittima nella carne, sacerdote nello spirito: la stessa persona offriva e veniva offerta nella sua carne. Senti come Paolo spiega le due cose: Ogni pontefice, dice, preso di mezzo agli uomini, viene costituito per gli uomini; perciò è necessario che abbia qualcosa da offrire. Ecco egli offre se stesso (cf. Eb 5,1; 8,3). Altrove poi dice: Cristo s`è offerto una sola volta, per lavare i peccati di molti, apparirà ancora a quelli che lo aspettano per dar loro salvezza (Eb 9,28). Ecco qui è stato offerto, lí invece offrí se stesso. Vedi come s`è fatto vittima e sacerdote e come la croce sia stato l`altare? E perché, mi chiederai, la vittima non è offerta nel tempio, ma fuori città e fuori le mura? Perché si adempisse la profezia Fu annoverato tra i malvagi (Is 53,12). Ma perché sopra un alto patibolo e non sotto un tetto? Perché purificasse l`aria; per questo in alto e non sotto un tetto, ma sotto il cielo.
Veniva purificata l`aria, mentre l`Agnello veniva immolato in alto; ma veniva purificata anche la terra, perché il sangue vi scorse sopra dal fianco. Perciò non sotto un tetto, non nel tempio giudaico, perché i Giudei non si appropriassero della vittima e perché tu non pensassi ch`egli fosse morto solo per quella gente. Perciò fuori la porta e le mura della città, perché capissi che il sacrificio è universale, perché l`offerta era fatta per tutta la terra, perché ti rendessi anche conto che l`espiazione era per tutti non riservata ad alcuni, come presso i Giudei.
Proprio per questo Dio aveva comandato ai Giudei di offrire preghiere e sacrifici in un solo luogo, perché tutta la terra era impura per fumo, tanfo e inquinamento proveniente dai sacrifici dei gentili. Per noi invece, poiché Cristo ha lavato tutto il mondo, qualunque luogo è diventato luogo di preghiera. Perciò Paolo raccomanda che senza timore, in qualunque posto, si facessero preghiere con queste parole: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, innalzando mani pure (1Tm 2,8). Vedi com`è stato lavato il mondo? Adesso si può pregare dappertutto, perché tutta la terra è stata fatta santa, e piú santa dei luoghi piú sacri del tempio. Perché là veniva offerto un agnello irragionevole, qui un Agnello spirituale, e quanto piú augusto è il sacrificio, tanto piú grande è la santificazione. Ecco perché la Croce ha una celebrazione.

(Giovanni Crisostomo, De cruce et latrone, I, 1, 4)


4. Il mistero della croce

Infatti, poiché è proprio della divinità penetrare in ogni cosa, ed essere prolungata alla natura di quelle cose che esistono per ogni parte (non rimarrà, infatti, alcunché nella loro essenza, se non rimane in ciò che esiste.
Ma ciò che è propriamente è la divina natura: e noi la crediamo essere, per necessità, in tutte le cose che sussistono, siamo spinti da quelle cose che perdurano), siamo ammaestrati a ciò per mezzo della croce, la quale essendo divisa in quattro parti, a tal punto che dal centro fino a quando si congiungono tra di loro, contiamo quattro prolungamenti: poiché chi fu steso in essa per il tempo della morte accettata, collega a sé tutte le cose, collega e raduna l`accordo e l`armonia.
Il pensiero passa, infatti, anche attraverso fini trasversali, secondari.
Se, dunque, tu consideri la struttura delle cose celesti e terrestri, oppure degli estremi dell`universo delle une e delle altre, viene sempre incontro alla tua riflessione la divinità, la quale sola si offre in contemplazione da ogni parte in quelle cose che esistono, e tutte le contiene nella essenza.
Sia, poi, tale divinità da nominarsi la natura, oppure la ragione, o la virtù, o la potenza, o la sapienza, o qualche altra cosa tra quelle che sono eccelse, e che maggiormente possono mostrare colui che è sommo ed eccellente, dalla voce o dal nome o dalla figura delle parole, non grande è per noi la discussione.
Poiché, dunque, tutte le creature aspirano al medesimo obiettivo, ed è intorno ad esso e per se stesso che le tiene aderenti e le congiunge, quelle che si trovano nello stato superiore, a quelle che sono nel mezzo, o in uno stato laterale, sarebbero generate vicendevolmente per lui ed anche congiunte; conveniva [allora] che noi fossimo indotti non solo dall`ascolto alla contemplazione della divinità; ma anche che sembrasse che fosse reso il maestro e dottore delle intelligenze superiori.
Di qui, il grande movimento che Paolo istituí nel mistero: [cioè] che il popolo di Efeso, per la dottrina con la facoltà di concedere la virtù di conoscere quale sia la profondità, la larghezza, l`altezza e la lunghezza [di tale mistero]. Col nome chiama qualsiasi estensione della croce.
L`altezza, invero, è ciò che sovrasta; la profondità, poi, è ciò che è al di sotto, la lunghezza, senza dubbio, e la larghezza sono quelle che lateralmente si estendono.
Piú chiaramente, spiega poi questo senso altrove, come penso nella Lettera ai Filippesi, quando dice:
Nel nome di Gesú Cristo, si pieghi ogni ginocchio, in cielo, in terra e negli inferi (Fil 2,10).
In questo testo con l`unico nome la medesima importanza ed eccellenza abbraccia, affinché colui che intercede tra forze celesti e terrestri, avrà il nome di origine terrena.

(Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)


5. Fondazione dell`uso del segno della croce

Non vergogniamoci della croce del Cristo, ma, anche se un altro lo fa di nascosto, tu segnati in fronte davanti a tutti, di maniera che i demoni, vedendo quel regal simbolo, fuggano via tremando. Fa` il segno della croce quando mangi e bevi, quando stai seduto o coricato, quando ti alzi, quando parli, quando cammini: in qualsiasi circostanza, insomma. Colui il quale, infatti, è stato quaggiú crocifisso, si trova adesso nell`alto dei cieli. Se, certo, dopo esser stato crocifisso e sepolto, egli fosse rimasto nel sepolcro, allora sí che avremmo ragione di arrossire! Chi è stato crocifisso su questo Golgota, invece, dal Monte degli Ulivi, situato ad oriente (cf. Zc 14,4), ascese al cielo (cf. Lc 24,50). Egli, infatti, dopo esser disceso dalla terra negli inferi e, di laggiú, tornato nuovamente presso di noi, risalí ancora una volta dal nostro mondo al cielo, mentre il Padre, acclamandolo, si rivolgeva a lui dicendo: Siedi alla mia destra, finché avrò posto i tuoi nemici a scanno dei tuoi piedi (Sal 109,1).

(Cirillo di Gerusalemme, Catech., 4, 14)


6. Inno alla Croce

O croce grande bontà di Dio, croce gloria del cielo, croce salvezza eterna degli uomini, croce terrore dei malvagi, forza dei giusti, luce dei fedeli.
O croce che hai fatto sí che Dio nella carne fosse di salvezza alle terre e, nei cieli, che l`uomo regnasse su Dio. Per te splendette la luce della verità, l`empia notte fuggí.
Tu distruggesti per i pagani convertiti i templi scalzati, tu armoniosa fibbia di pace, che concilii l`uomo col patto di Cristo.
Tu sei la scala per cui l`uomo può essere portato in cielo. Sii sempre a noi tuoi devoti fedeli colonna ed àncora, perché la nostra casa stia salda e la flotta sicura.
Sulla croce fissa la tua fede, dalla croce prendi la corona.

(Paolino di Nola, Carmen 19, nn. 718-730)
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07/04/2012 07:55
 
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SABATO SANTO

Secondo una vecchia tradizione, questo è il giorno senza l`Eucaristia, il giorno del silenzio e del digiuno a causa della morte del Redentore. Solo la sera si radunano i fedeli per la veglia notturna e le preghiere. I riti del Sabato Santo, anche se celebrati ancora la sera di questo giorno, in sostanza appartengono già alla liturgia della Domenica della Risurrezione.
Il corpo del Figlio di Dio riposa nel sepolcro. All`entrata del sepolcro fu posta una grande pietra, furono apposti i sigilli e le guardie. Se n`è andato il nostro Pastore, la fonte dell`acqua viva; perciò, la Chiesa piange su di lui come si piange l`unico figlio l`Innocente, il Signore è stato ucciso. Il Signore disse una volta: «Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, cosí il Figlio dell`uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40); «distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 9).
Nella Liturgia delle ore, nella sua quotidiana preghiera, la Chiesa professa la fede nella Risurrezione di Gesú, nella vittoria di Gesú sulla morte. Il Signore riposa in pace, ma nella speranza che il suo corpo non subirà la corruzione della morte; si apriranno le porte eterne ed entrerà il Re della Gloria; il Signore sconfiggerà le forze infernali e le porte della morte; il Padre salverà la sua anima dal potere delle tenebre.
Fra poco il Signore acclamerà: «Ero morto, adesso vivo in eterno - mie sono le chiavi della morte e dell`abisso». Il chicco di grano gettato in terra porterà frutto. La Chiesa in preghiera attende la Risurrezione del Signore. La preghiera della Chiesa può essere riassunta nel canto, che inizia la odierna liturgia delle ore: «Venite, adoriamo il Signore, il crocifisso e sepolto per noi».

Fratelli carissimi, supplichiamo umilmente
Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo
unico creatore dell`universo,
in questa grande mattina del grande sabato,
ossia della deposizione del Corpo del Signore,
affinché colui che trasse Adamo misericordiosamente
dalle profondità degli inferi,
per la sola misericordia del Figlio suo
tragga noi che con forza gridiamo
dalla feccia presente alla quale aderiamo.
Gridiamo infatti e preghiamo
perché il pozzo dell`inferno non apra su di noi la sua bocca
e liberati dal fango del peccato,
non ricadiamo in esso.

(Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 219)


1. Morte e risurrezione

Benedetto sei, Signore, insegnami i tuoi decreti!

Sei stato deposto in una tomba, o Cristo che sei la Vita,
e le milizie degli angeli, stupefatte,
danno gloria alla tua condiscendenza.

O Vita, come muori? come abiti una tomba?
Ma tu distruggi il regno della morte
ma tu fai risorgere i morti dall`Ade!

Ti esaltiamo, o Gesú, Re,
adoriamo il tuo sepolcro e i tuoi patimenti,
per i quali ci hai salvati dalla corruzione.

Tu che hai stabilito le misure della terra,
o Gesú, Re dell`universo, oggi tu abiti in una piccola tomba,
per far risorgere i morti dai loro sepolcri.

O Gesú Cristo mio, Re dell`universo,
che sei venuto a cercare tra gli abitanti dell`Ade?
Forse sei venuto a liberare la razza dei mortali?

Il Signore di tutte le cose, lo vediamo, è morto,
è stato deposto in un sepolcro nuovo,
lui che svuota le tombe dei morti.

O Cristo, o Vita, sei stato deposto in una tomba
e con la tua morte hai distrutto la Morte
e fatto zampillare sul mondo la vita.

Sei stato messo in mezzo ai malfattori come un malfattore,
o Cristo, che ci giustifichi tutti
dalla malizia dell`antico insidiatore.

Il Bellissimo di bellezza piú di tutti i mortali
appare come un morto senza figura,
lui che fa bella la natura dell`universo.

Come reggerà l`Ade alla tua presenza?
non sarà spezzato, ottenebrato, accecato
dallo splendido fulgore della tua luce?

Gesú, luce mia, dolce e salvifica,
come ti nascondi in una tomba oscura?
Oh, tolleranza ineffabile, infinita!

Anche la natura spirituale,
le moltitudini degli angeli incorporei,
sono senza parola, o Cristo,
di fronte al mistero della tua sepoltura
inesprimibile, ineffabile!

O straordinario prodigio! O accadimento nuovo!
Colui che mi elargisce il respiro
è trasportato senza respiro
dalle mani di Giuseppe,
che gli rende le ultime cure.

Tramonti in una tomba, o Cristo
senza separarti dal seno del Padre.
Ecco il mistero strano e meraviglioso!
Vero Re del cielo e della terra
ti riconosce tutto il creato, o Gesú,
per quanto rinchiuso in una tomba piccolissima.

Quando tu fosti deposto nella tomba, o Cristo Creatore,
le fondamenta dell`Ade vacillarono
e i sepolcri dei morti si aprirono.

Colui che tiene la terra nella sua mano,
ora, morto, è trattenuto col corpo sotto terra,
ma libera i morti dalla presa dell`Ade...

Non piangere per me, o Madre,
vedendo nella tomba il Figlio
che senza seme hai concepito nel tuo seno.
Risorgerò, infatti, e sarò glorificato
e innalzerò nella gloria incessantemente
coloro che ti esaltano con fede e con amore,
perché io sono Dio!

Alla tua nascita straordinaria, ho sfuggito le doglie
e sono stata sovrannaturalmente beata,
o Figlio che non hai principio;
ma ora, vedendoti morto, Dio mio, senza respiro,
sono orribilmente dilaniata dalla spada del dolore;
risorgi, dunque, perché io possa essere detta beata.

La terra mi nasconde perché lo voglio,
ma tremano i custodi dell`Ade
vedendomi rivestito di una tunica insanguinata,
o Madre, dal sangue della vendetta;
perché io, Dio, ho abbattuto i nemici sulla croce;
e risorgerò di nuovo e ti darò gloria!

Esulti il creato, si allietino tutti gli abitanti della terra!
L`Ade, il nemico, è stato spogliato.
Vengano avanti le donne con gli aromi,
io libero Adamo ed Eva e tutta la loro schiatta
e al terzo giorno risorgerò!...

Oggi una tomba racchiude Colui che nella sua mano stringe il creato,
una pietra copre Colui che copre i cieli con la sua potenza.
Dorme la Vita e l`Ade trema e Adamo è sciolto dalle sue catene.
Gloria alla tua Economia!
Per essa, dopo aver compiuto tutto
tu ci hai donato il sabato eterno,
la tua resurrezione santissima dai morti!

Quale spettacolo si contempla, quale riposo quello di oggi!
Dopo aver compiuto l`Economia della passione,
il Re dei secoli celebra il sabato in una tomba,
e ci offre un sabato nuovo. A lui gridiamo:
Risorgi, o Dio, e giudica la terra
perché tu regni nei secoli,
tu che possiedi infinita la grande misericordia!

Venite, vediamo la Vita nostra giacente in una tomba,
per vivificare i morti che sono nelle tombe.
Venite oggi a contemplare il rampollo di Giuda che dorme:
a lui con il profeta gridiamo: Giaci e dormi come un leone;
chi ti risveglierà, o Re? Risorgi per tuo potere,
tu che volontariamente hai dato te stesso per noi.
Signore, gloria a te!

Giuseppe chiese il corpo di Gesú
e lo depose nel suo sepolcro nuovo.
Infatti doveva uscire fuori dalla tomba come da un talamo.
Gloria a te, che hai spezzato la potenza della morte,
gloria a te, che hai aperto agli uomini le porte del paradiso!
Il grande Mosè prefigurava misticamente il giorno di oggi,
dicendo: E Dio benedisse il settimo giorno.
E` questo infatti il sabato benedetto, è questo il giorno del riposo,
nel quale il Figlio Unigenito di Dio si è riposato da tutte le sue opere,

celebrando il sabato nella sua carne per l`Economia della morte,
e, ritornato di nuovo quello che era per la resurrezione,
ci ha donato la vita eterna;
perché è il solo Buono e Amico degli uomini!

Piú che benedetta tu sei, Madre di Dio Vergine,
perché l`Ade è stato fatto prigioniero
da Colui che si è incarnato da te,
Adamo è stato richiamato alla vita,
la maledizione è stata uccisa,
Eva liberata, la morte messa a morte
e noi siamo stati vivificati.
Perciò inneggiando gridiamo:
Benedetto il Cristo, il Dio nostro,
che cosí si è compiaciuto;
gloria a te!

(Liturgia orientale della Settimana Santa)


2. La morte di Cristo

E non è senza scopo che un altro evangelista abbia scritto che il sepolcro era nuovo (cf. Gv 19,41), un altro che era il sepolcro di Giuseppe (cf. Mt 27,60). Di conseguenza, Cristo non aveva un sepolcro di sua proprietà. Effettivamente, il sepolcro viene allestito per quanti stanno sotto la legge della morte (cf. Rm 7,6); ma il vincitore della morte non ha un sepolcro proprio. Che rapporto ci potrebbe essere tra un sepolcro e Dio? Del resto l`Ecclesiaste dice di colui che medita sul bene (cf. Sir 14,22): Egli non ha sepoltura (Qo 6,3). Perciò, se la morte è comune a tutti, la morte di Cristo è unica, e perciò Egli non viene seppellito insieme con altri, ma è rinchiuso, solo, in un sepolcro; infatti l`incarnazione del Signore ebbe tutte le proprietà simili a quelle degli uomini, però la somiglianza va insieme con la differenza della natura: è nato da una Vergine con la somiglianza della generazione, e con la dissomiglianza della concezione. Curava gli ammalati, ma intanto imperava (cf. Lc 5,24). Giovanni battezzava con l`acqua, Egli con lo Spirito (cf. Lc 3,16). Perciò anche la morte di Cristo è comune a quella degli altri secondo la natura corporea, ma unica secondo la potenza.
E chi è mai questo Giuseppe, nel cui sepolcro Egli viene deposto? Senz`alcun dubbio è un giusto. E` bello perciò che Cristo sia affidato al sepolcro di un giusto, e là il Figlio dell`uomo abbia dove posare il capo (cf. Lc 9,58) e trovi riposo nel domicilio della giustizia...
Non tutti riescono a seppellire il Cristo. Del resto le donne, sebbene pietose, stanno lontano, e appunto perché sono pietose osservano con ogni cura il posto per poter recare gli unguenti e cospargere il corpo (cf. Lc 23,55; Mt 27,55). Ma poiché sono piene d`ansia, si allontanano per ultime dal sepolcro e ritornano per prime al sepolcro (cf. Lc 23,55). Sebbene manchi la fermezza, non manca la premura.

(Ambrogio, Exp. Ev. Luc., 10, 140 s., 144)


3. Meraviglie della morte del Signore

E` piú sorprendente la misericordia di Dio verso di noi, per il fatto che Cristo è morto, non per dei giusti né per dei santi, ma per degli iniqui ed empi; e non potendo, per la sua natura divina, subir la morte, nascendo da noi, prese quell`umanità che offrí per noi. Per bocca del profeta Osea una volta minacciò la nostra morte con la potenza della sua morte dicendo: Sarò la tua morte, o morte sarò il tuo morso, o inferno (Os 13,14). Morendo, infatti, subí le leggi dell`inferno, ma risorgendo le spezzò, e cosí infranse la perennità della morte, facendola, da eterna, temporale. Come, infatti, tutti muoiono in Adamo, cosí tutti risorgono in Cristo (1Cor 15,22).
Si faccia perciò quanto dice l`apostolo Paolo, o dilettissimi: Coloro che vivono, non vivano piú per sé, ma per colui che per tutti è morto e risorto (2Cor 5,15); e poiché le cose vecchie son passate ed ora è tutto nuovo, nessuno rimanga nella vetustà della vita.

(Leone Magno, Sermo 59, 8)


4. Corri, Maria: Va` a dire: «Lo Sposo si è svegliato!»

Che la lingua pubblichi ormai queste cose, o donna, e le spieghi ai figli del Regno che attendono che io, il Vivente mi risvegli. Corri, o Maria, a radunare in fretta i miei discepoli. Io ho in te una tromba dalla voce possente: suona un canto di pace alle orecchie timorose dei miei amici nascosti; quasi da sonno tutti risvegliali, perché vengano al mio incontro e che accendano le torce. Va` a dire: «Lo sposo si è svegliato, uscendo dalla tomba, senza nulla lasciare dentro la tomba. Scacciate da voi, o apostoli, la mortale tristezza, poiché si è svegliato colui che offre agli uomini decaduti la risurrezione».

(Romano il Melode, Carmen XL, De resurrect., 12)
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07/04/2012 07:58
 
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I DOMENICA DI PASQUA

La Domenica della Risurrezione, inizialmente, non aveva una sua liturgia poiché la Vigilia pasquale si prolungava fino alle ore mattutine. Quando le celebrazioni vigiliari furono trasferite al sabato mattina, la Messa della Domenica divenne nelle coscienze dei fedeli la Messa principale della festa.
La gioia e la commozione rispecchiano in tutti i testi liturgici di oggi. In bocca al Cristo risorto, la Chiesa mette le parole del Salmo: «Io sono risorto, o Padre. Io sono di nuovo con Te poni su di me la tua mano; stupenda per me la tua saggezza» (Sal 138). E` un canto di gioia per la vittoria sulla morte, il canto di esultanza per il ritorno al Padre, l`inno di glorificazione del Padre per la sua fedeltà, l`ammirazione per le sue vie inconcepibili. Cristo è risorto, non subisce piú la morte, è il Signore dei vivi e dei morti. «La morte è stata ingoiata dalla vittoria. Dov`è, o morte, la tua vittoria? Dov`è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15,55). Ecco il canto di gioia cantato da tutti coloro che appartengono a Cristo. Cristo è risorto e la sua vittoria è la nostra vittoria.
Al mattino della domenica si affrettano al sepolcro le donne con gli unguenti. Vedono l`angelo e odono le parole: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesú, il Crocifisso. Non è qui. E` risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E` risuscitato dai morti!» (Mt 28,5).
Il Signore è risorto dai morti: questo messaggio del mattino di Pasqua risuona nella Chiesa e attraverso la Chiesa risuona nel mondo da venti secoli. Lo sostiene l`autorità di Pietro stesso: «Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio» (At 10,4). Nel gioioso giorno di Pasqua, nel giorno «che ha fatto il Signore», bisogna di nuovo rendersi conto che il Signore è veramente risorto, rafforzare la nostra fede nella fede della Chiesa e se nel cuore dell`uomo nasce il dubbio, bisogna richiamarsi all`autorità di Pietro nella Chiesa. Insieme a tutti coloro che portano nel mondo il nome di discepoli di Cristo, bisogna oggi rendere grazie al Padre, che attraverso il suo Unico Figlio ha vinto la nostra morte e ci ha aperto l`accesso alla vita eterna.
Insieme con Cristo siamo risorti ad una nuova vita. Ci ricorda san Paolo: «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3,1). Cristo è risorto e insieme con lui anche noi siamo risorti alla nuova vita. Il gioioso giorno della Risurrezione ricorda ai discepoli di Cristo, che portano in sé la vita del Signore risorto e che non appartengono piú solo a questo mondo. Il cristiano rimane sulla terra, ma già cammina nella gloria della risurrezione. Cristo è risorto ed ha trasformato tutto.
Cantando il gioioso «Alleluia», l`uomo può non desiderare la trasformazione interiore e il miglioramento? Cristo fu sacrificato come nostra Pasqua. Bisogna perciò buttar via «il lievito vecchio, lievito di malizia e di perversità» e cominciare a vivere in «sincerità e verità» (1Cor 5,8).

Le pie donne corsero dietro a te con unguenti,
e pur cercandoti come un mortale tra le lacrime,
ti adorarono gioiose come Dio vivente,
ed annunziarono ai discepoli l`arcano mistero della Pasqua.

Celebriamo dunque la mortificazione della morte,
la distruzione dell`inferno,
e le primizie dell`altra vita senza fine;
e danzanti cantiamone l`Autore:
il solo benedetto e gloriosissimo
Dio dei nostri padri.

(Liturgia Bizantina, EE, n. 3139m)

Letture: Atti 10,34a.37-43
Colossesi 3,1-4
Matteo 28,1-10

1. Siamo come Cristo!

Ieri s`immolava l`agnello e le porte venivano dipinte col sangue e tutto l`Egitto pianse i suoi primogeniti, ma noi restammo immuni, il sangue sulle porte ci salvò. Oggi lasciamo l`Egitto, il suo Faraone e i suoi feroci prefetti; lasciamo la fabbrica dei mattoni e nessuno ci può impedire di celebrare la festa della nostra liberazione, e celebriamo "non nel vecchio fermento della malizia, ma negli azzimi della sincerità e della verità", poichè non portiamo con noi niente dell`empietà dell`Egitto.
Ieri ero levato in croce con Cristo, oggi son glorificato con lui; ieri morivo con lui, oggi rivivo; ieri venivo seppellito con lui, oggi risorgo. Offriamo, dunque, qualcosa a colui che per noi morì ed è risorto. Forse voi pensate a oro, argento, tessuti, pietre lucide e preziose, tutta roba fragile e mutevole della terra, la maggior parte della quale Š in possesso di un qualche schiavo delle cose terrene e di un qualche principe del mondo. Offriamo, invece, noi stessi; questo è il possesso più prezioso per Iddio e il più degno di lui. Diamo all`immagine ciò che conviene all`immagine, riconosciamo la nostra dignità, onoriamo il modello, comprendiamo la forza del mistero e il motivo per cui Cristo Š morto.
Siamo come Cristo, perch‚ Cristo s`è fatto come noi. Facciamoci dèi per lui, perchè lui per noi s`è fatto uomo. Prese qualche cosa d`inferiore, per darci qualche cosa di superiore. Si fece povero, perchè diventassimo ricchi della sua povertà. Prese la condizione di schiavo, perchè noi fossimo liberati. Scese, perch‚ noi salissimo. Fu tentato, perch‚ noi vincessimo. Fu vilipeso, per coprirci di gloria. Morì per dar salute a noi. Salì al cielo, per trarre con sè quelli che giacevano nella caduta del peccato. Ciascuno dia tutto; tutto a colui che diede tutto se stesso come prezzo del nostro riscatto; ma nessuno darà mai tanto, quanto darebbe se desse se stesso con l`esatta comprensione di questo mistero: farsi tutto per colui che s`è fatto tutto per noi.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio I, in Pascha, 3-5)


2. La Pasqua, onore della Trinità

E` la Pasqua del Signore, Pasqua e ancora Pasqua in onore della Trinità. E` per noi la festa delle feste e la solennità delle solennità, tanto più grande di tutte le altre, non solo di quelle inventate dagli uomini, ma anche di quelle che onorano Cristo tanto più grande, quanto il sole supera tutte le stelle. Fu certo splendida ieri la processione della veste candida e delle luci (che facemmo tutti d`ogni condizione, illuminando la notte con un gran fuoco), celebrando quella gran luce, che, illuminando il mondo intero con la bellezza delle sue stelle, attraversa il cielo, o Š luce soprannaturale, sia negli angeli, che dopo Dio è la prima lucida natura (da Dio, infatti, gli angeli prendono splendore), sia nella stessa Trinità, dalla quale nasce ogni luce. Ma la festa di oggi è più bella e più nobile. Quella di ieri era l`alba della grande luce della risurrezione, quasi un assaggio. Oggi celebriamo proprio la risurrezione, non nella speranza ma nella realtà, nell`atto che richiama l`attenzione di tutto il mondo. Doni ognuno qualche cosa in questa circostanza, un piccolo o un grande dono, purché sia spirituale, gradito a Dio, proporzionato alle forze di ciascuno. Neanche gli angeli, infatti, potrebbero offrire un dono adeguato; dico i primi, intelligenti e puri spettatori e testimoni della gloria superna; se pure a questi è concessa una lode assoluta di Dio. Noi ci metteremo le più belle parole che abbiamo e le più scelte; tanto più che vogliamo benedire il Verbo per il bene da lui fatto a esseri dotati d`intelligenza.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio II, in Pascha, 45, 2)


3. Festa di Pasqua, festa della salvezza

Il vero riposo del Sabato, che fu benedetto da Dio, nel quale Dio si riposò dalla sua fatica, dopo aver spezzato la potenza della morte del mondo, sta per finire e se ne va la grazia ch`esso offrì agli occhi, alle orecchie, al cuore attraverso tutte le cose che vedemmo, udimmo e ci riempirono di gioia. Dinanzi agli occhi durante la notte tenemmo delle lampade, che ricordavano la colonna di fuoco. Le parole che sentimmo tutta la notte negli inni, nei salmi, nei canti, scorrendo come un fiume di gioia, ci riempirono di ottima speranza. Il cuore poi, per tutto ciò che si vedeva e si sentiva, aveva la sensazione di una letizia ineffabile, mentre attraverso le cose che si vedono, era quasi condotto per mano a colui che non si vede. I beni di questo riposo, infatti, che sono garanzia di quelli cui siamo destinati, sono un`immagine di quei beni, che nessun occhio mai vide nè orecchio udì nè cuore umano mai assaporò. Poichè dunque questa notte luminosa, mettendo insieme la luce delle lampade con quella dei raggi del sole nascente, ha fatto un lunghissimo giorno continuo, senza nessuna interruzione di tenebre, cerchiamo di capire la profezia che dice: "Questo è il giorno che ha fatto il Signore". Nel quale ciò che ci si propone di fare non è cosa grave né difficile, ma gaudio, letizia, esultanza, poiché la Scrittura dice: "Esultiamo e godiamo in esso" (Sal 117,24). O raro comando! O legge dolcissima! Chi non vorrà obbedire senza indugio e senza dilazioni a un tale ordine? Anzi chi non riterrà un danno anche una piccola dilazione? La letizia e ciò che vien comandato e la tristezza si muta in gioia, perchè la condanna inflittaci per il peccato è stata abolita.
Questa è la parola sapiente, la dimenticanza e abolizione dei mali nel giorno della festa. Questo giorno ci ha portato la dimenticanza della sentenza pronunziata contro di noi; rettifico, non dimenticanza, abolizione. Ha distrutto, infatti, e raso ogni ricordo della primitiva condanna. Allora il parto era nel dolore ora si nasce senza dolori. Allora nascemmo carne da carne, ora ciò che nasce è spirito da spirito. Allora eravamo figli degli uomini; ora siamo figli di Dio. Allora dal cielo fummo relegati sulla terra; ora colui che è celeste, ha fatto anche noi celesti. Allora attraverso il peccato regnava la morte; ora invece la giustizia, attraverso la vita, ha preso il comando. Allora uno solo diede libero ingresso alla morte; adesso uno solo ha introdotto la vita. Allora a causa della morte uscimmo dalla vita; ora la morte è distrutta dalla vita. Allora per la vergogna ci nascondemmo sotto un fico, ora ci avviciniamo con gloria al legno della vita. Allora per la disobbedienza fummo cacciati dal paradiso; ora attraverso la fede siamo introdotti nel paradiso. Ancora una volta ci è posta la scelta dell`albero della vita. Un`altra volta la sorgente del paradiso distribuita in quattro fiumi evangelici irriga tutta la faccia della Chiesa, in modo che anche i solchi delle nostre anime possano essere irrigati e si moltiplichino i semi della virtù. Che cosa faremo allora? Che altro se non imitare i monti del Profeta? "I monti esultarono come cervi e i colli come agnelli" (Sal 113,4). Venite, dunque, e benediciamo Dio che ha spezzato le forze del nemico e sulla rovina dell`avversario ha innalzato per noi il grande trofeo della croce. Evviva, è l`acclamazione festosa dei vincitori contro i vinti. Poichè, dunque, è stato sbaragliato l`esercito nemico e lo stesso suo comandante è caduto, è stato distrutto e annientato, diciamo che Dio è un signore grande e un gran re sopra tutta la terra, che ha colmato il ciclo della sua benevolenza e ci ha condotti a questa danza dello spirito per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, al quale sia gloria in tutti i secoli. Amen.

(Gregorio di Nissa, Oratio IV, in Pascha)


4. Omelia per la santa Risurrezione del nostro Salvatore

Il pio coro delle donne amiche di Dio custodiva un legame d`amore con il sepolcro del Maestro, esse attendevano di veder risplendere di bel nuovo la Vita che sarebbe uscita da un "sepolcro tagliato nella roccia" (Lc 23,53). A queste donne in lacrime (cf. Gv 20,11.13.15), due angeli luminosi (cf. Gv 20,12; Lc 24,4) e abbaglianti come lampi di luce (cf. Lc 24,4), davano il lieto annuncio. Con il loro aspetto radioso e sorridente, mostravano che la Gioia del mondo era risuscitata, e rimproveravano le donne di pensare a torto che la Vita (cf.Gv 11,25; 14,6) potesse essere ancora nascosta nel sepolcro e di cercare colui che è vivo in mezzo ai morti (cf. Lc 24,5). Muovevano loro dei rimproveri e gridavano verso di loro: «"Perchè cercate tra i morti colui che è vivo?" (Lc 24,5). Fino a quando rimarrete così nell`errore, a piangere? Fino a quando riterrete morto colui che è vivo e dispensatore di vita? La Luce (cf.Gv 8,12; 1,4) è risorta, come aveva predetto, al terzo giorno (cf.Mt 27,63). Il sepolcro non ricopre più colui che aveva ricoperto la terra con il cielo (cf. Gen 1,6-8). Egli non è più avvolto dalle fasce (cf. Lc 2,7-12); egli che con una sola parola ha sciolto i lacci della morte (cf. Gv 11,43-44). Andate via gioiose, correte ad annunciare agli apostoli la buona novella della Risurrezione». Queste donne dunque, portate per il loro sesso al pessimismo e tuttora affezionate, per l`amore che portavano a Dio, eccole consolate da un messaggio tanto importante, trasmesso loro da angeli, e bastante a rasserenarle dal loro sconforto. Peraltro, oggi, i pastori della grazia annunciano la buona novella alle chiese del Crocifisso sparse su tutta la terra, servendosi delle parole sacre di Paolo, con le quali anch`io, a mia volta, grido a voi nella letizia: "Cristo è risuscitato dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati nella morte" (1Cor 15,20). A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Dal beato Giovanni, vescovo di Beirut, per la Risurrezione del nostro Salvatore.

(Giovanni da Beirut, Hom. in Pascha)
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12/04/2012 08:49
 
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II DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 4,32-35
1 Giovanni 5,1-6
Giovanni 20,19-31

1. Lo Spirito Santo e la remissione dei peccati

Disse loro [Gesú]: "La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi" (Gv 20,21). Il che vuol dire: Come il Padre, che è Dio, ha mandato me, che sono Dio, cosí anch`io, in quanto uomo, mando voi, uomini. Il Padre ha inviato il Figlio allorché ha deciso che egli si incarnasse per la redenzione del genere umano. Il Padre ha voluto che il Figlio venisse a patire nel mondo tuttavia, pur inviandolo al patire, lo amava. Ora, anche il Figiio invia gli apostoli che si è scelto; li manda non alle gioie del mondo, bensí verso le sofferenze di ogni genere, cosí come egli stesso era stato inviato. Il Figlio è amato dal Padre e nondimeno è inviato alla Passione; i discepoli, del pari, sono amati da Cristo Signore, e nondimento vengono da lui mandati nel mondo a soffrire. Perciò è detto: "Come il Padre ha mandato me, anch`io mando voi". Come dire: Io vi amo con quella stessa carità con la quale sono amato dal Padre, anche se vi invio nel mondo a soffrire tanti patimenti, anche se vi mando in mezzo agli scandali dei persecutori.
Per altro, la formula "essere inviato" può anche essere intesa in rapporto alla natura divina. E` detto, in effetti, che il Figlio è mandato dal Padre, in quanto è da lui generato. E di ciò è prova il fatto che anche dello Spirito Santo, uguale in tutto al Padre e al Figlio, e che tuttavia non si è mai incarnato, è detto che è stato inviato dal Figlio, nel passo di Giovanni: "Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre" (Gv 15,26). Se però l`essere inviato fosse sinonimo semplicemente di incarnarsi, in nessun modo si potrebbe dire che lo Spirito Santo è stato mandato, perché mai si è incarnato. Invece la sua missione [dello Spirito Santo] è la sua stessa processione, per la quale egli procede dal Padre e dal Figlio Per cui, come è detto che lo Spirito Santo è mandato, in quanto procede, cosí è conseguente affermare che il Figlio è mandato in quanto è generato.
"Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo" (Gv 20,22). E` il caso ora di chiederci perché mai il Signore donò due volte lo Spirito Santo: una, mentre era sulla terra, un`altra, quando già era salito al cielo. In nessun altro passo, oltre questo (cf. At 2,4ss), è detto che lo Spirito Santo sia stato dato altre volte, ovvero: la prima, nella circostanza attuale, allorché Gesú ha soffiato sui discepoli, l`altra, piú tardi, quando fu mandato dal cielo e si mostrò sotto forma di lingue diverse.
Perché allora esso viene dato prima ai discepoli in terra, e poi è mandato dal cielo, se non perché due sono i precetti della carità, ovvero l`amore di Dio e del prossimo? In terra, viene dato lo Spirito perché il prossimo sia amato; lo stesso Spirito ci è poi dato dal cielo, perché sia Dio ad essere amato. E come vi è una sola carità, ma due sono i precetti, cosí c`è un solo Spirito, ma due sono le sue effusioni. La prima proviene dal Signore Gesù ancora sulla terra; la seconda, dal cielo, per ammonirci che nell`amore del prossimo si apprende come si pervenga all`amore di Dio. Ecco perché lo stesso Giovanni dice: "Chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio che non vede?" (1Gv 4,20). Già in precedenza, lo Spirito Santo era presente nelle menti dei discepoli, in virtù della fede. Però fu dato loro in modo manifesto, solo dopo la Risurrezione...
"A chi rimetterete i peccati, saranno loro rimessi, e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,23). Mi piace osservare a quale vertice di gloria siano tratti quegli stessi discepoli che erano stati invitati a caricarsi un immeso fardello di umiltà. Eccoli, infatti, non solo sicuri di sé, ma con la potestà di legare e sciogliere gli altrui legami. Hanno il potere di esercitare il giudizio supremo, sí da potere, al posto di Dio, ad uno ritenere le colpe e ad un altro rimetterle. Era conveniente che cosí venissero da Dio esaltati coloro che per lui avevano accettato di umiliarsi tanto! Ed ecco che quelli che piú temono il ferreo giudizio di Dio, sono promossi a giudici delle anime; condannano e liberano altri, quelli stessi che avevan timore di essere condannati.
Adesso, il luogo che essi (gli apostoli) ebbero nella Chiesa è preso dai vescovi, che ricevono la potestà di legare e sciogliere insieme al compito di governare. Il che è certamente un grande onore, ma è altresí un grave peso. E` però cosa contraddittoria che diventi giudice della vita altrui chi non sa tenere le redini della propria. Eppure non raramente accade che ricopra il ruolo di giudice uno la cui esistenza non collima con il posto che occupa. Per cui, capita spesso che egli condanna chi non lo merita, o che sciolga altri allorché è lui stesso legato. Non è infrequente il fatto che, nel legare o sciogliere i propri sudditi, il vescovo, segua piú gli impulsi del proprio arbitrio che il valore delle prove. In tal modo, si priva della potestà di sciogliere e di legare, poiché la esercita secondo il proprio capriccio e non secondo i meriti dei sudditi. Spesso capita anche che il pastore agisca, nei riguardi del prossimo, mosso da avversione o da simpatia. Non può serenamente giudicare i sudditi, chi, nelle cause dei sudditi, si lascia guidare da antipatia o da simpatia. Ha ragione il profeta a dire: "Fate vivere chi deve perire e fate morire chi deve vivere" (Ez 13,19). Chi condanna un giusto, condanna a morte uno che non può morire; si sforza, invece, di far vivere uno che non può rivivere, chi cerca di assolvere un reo dalla sua pena.
Bisogna quindi ripensare le motivazioni, poi esercitare la potestà di sciogliere e di legare. Occorre far riferimento alla colpa commessa; vedere quale penitenza sia susseguita alla colpa, perché la sentenza del pastore assolva quelli che già il Signore ha visitato con la grazia del pentimento. Solo allora è valida l`assoluzione data dal presidente (vescovo), poiché si adegua al giudizio del giudice interiore. Tutto ciò è ben adombrato nella risurrezione di quel morto da quattro giorni (Lazzaro). Dapprima, il Signore lo ha chiamato e rianimato, dicendo: "Lazzaro, vieni fuori!" (Gv 11,43); poi, quando il morto risuscitato venne fuori, i discepoli del Signore lo sciolsero, come sta scritto: "Essendo quello uscito, cosí legato con i lacci, Gesú disse ai discepoli: Scioglietelo e lasciatelo andare!" (Gv 11,45). Ecco: I discepoli sciolgono quando è vivo colui che il Maestro aveva richiamato da morte. Se avessero sciolto Lazzaro quando ancora era morto avrebbero messo in mostra la corruzione, non la virtù (del Signore) .
Da questa considerazione discende che noi dobbiamo assolvere, usando la nostra autorità pastorale, solo coloro che il nostro autore ha vivificati con la grazia della risurrezione. E se tale opera di rinnovamento sia o no presente al momento della nostra sentenza, possiamo saperlo nella confessione dei peccati. Ecco perché a Lazzaro non viene detto soltanto: "Risuscita!", ma anzitutto: "Vieni fuori!" Finché un peccatore, chiunque esso sia, cela nell`intimo della propria coscienza la colpa commessa, egli sta chiuso in sé, si nasconde nel segreto; quando invece confessa liberamente le sue iniquità, allora il morto viene fuori. Quando, perciò, vien detto a Lazzaro: "Vieni fuori!", è come se si dicesse a chiunque è morto nel peccato: Perché celi la colpa nel segreto della tua coscienza? Vieni fuori, con una buona confessione, tu che, con la tua ritrosia, te ne stai chiuso in te stesso! Che il morto venga fuori, ovvero: Che il peccatore confessi la sua colpa! A colui che viene fuori risuscitato, i discepoli, poi, dovranno sciogliere i lacci. In altre parole, i pastori della Chiesa debbono cancellare la pena meritata da colui che non ha avuto vergogna a confessare l`iniquità commessa.
Ho voluto dire queste cose succintamente, in ordine alla potestà di sciogliere e legare, perché i pastori della Chiesa si sforzino di esercitarla con diligenza e moderazione.
Qualunque sia poi il modo in cui il pastore impone, giusta o meno che sia la sua sentenza, essa deve essere sempre accettata dal gregge, perché non capiti che un suddito, pur ingiustamente obbligato, meriti per diversa colpa il giudizio di condanna. Abbia dunque il pastore il sacro timore di legare e sciogliere ingiustamente; ma che il suddito, sottoposto alla potestà da pastore, tema la condanna, anche se ingiusta. E non impugni temerariamente il giudizio del suo pastore, perché, pur condannato ingiustamente, non si macchi, lui innocente, di una reale colpa, per la superbia con cui risponde.

(Gregorio Magno, Hom. in Ev., 26, 2-6)


2. L`apostolo Tommaso (Gv 20,24-29)

Era l`ottavo giorno, Signore,
Quando entrasti da loro nuovamente;
Hai appagato il desiderio del discepolo,
L`incredulo Tommaso.

Egli ha palpato la ferita del tuo fianco
E dei chiodi il sacro foro;
Per questo abbiamo ricevuto la «Beatitudine»
Noi che, come loro, non ti abbiamo visto.

Io credo con tutta la mia anima,
Ti confesso mio Signore e Dio;
Come lui, a gran voce lo proclamo,
Come l`ho appreso per la sua parola.

Rendimi degno in quell`estremo giorno,
Quando verrai in tutta la tua gloria,
Di vederti in quello stesso corpo
Per abbracciarti con l`amor del cuore.

(Nerses Snorhalí, Jesus, 779-782)
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20/04/2012 08:19
 
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III DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 3,13-15.17-19
1 Giovanni 2,1-5a
Luca 24,35-48

1. Cristo e la vera risurrezione e la vita

Come sapete, quando egli "venne" a loro "a porte chiuse e stette in mezzo a loro, essi, stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma (Gv. 20,26; Lc 24,36-37); ma egli alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo" (Gv 20,22-23). Poi, inviò loro dal cielo lo stesso Spirito, ma come nuovo dono. Questi doni furono per loro le testimonianze e gli argomenti di prova della risurrezione e della vita.
E` lo Spirito infatti che rende testimonianza, anzitutto nel cuore dei santi, poi per bocca loro, che "Cristo è la verità" (1Gv 5,6), la vera risurrezione e la vita. Ecco perchè gli apostoli, che erano rimasti persino nel dubbio inizialmente, dopo aver visto il suo corpo redivivo, "resero testimonianza con grande forza della sua risurrezione" (At 4,33), quando ebbero gustato lo Spirito vivificatore. Quindi, più proficuo concepire Gesù nel proprio cuore che il vederlo con gli occhi del corpo o sentirlo parlare, e l`opera dello Spirito Santo è molto più poderosa sui sensi dell`uomo interiore, di quanto non lo sia l`impressione degli oggetti corporei su quelli dell`uomo esteriore. Quale spazio, invero, resta per il dubbio allorché colui che dà testimonianza e colui che la riceve sono un medesimo ed unico spirito? (1Gv 5,6-10). Se non sono che un unico spirito, sono del pari un unico sentimento e un unico assenso...
Ora perciò, fratelli miei, in che senso la gioia del vostro cuore è testimonianza del vostro amore di Cristo? Da parte mia, ecco quel che penso; a voi stabilire se ho ragione: Se mai avete amato Gesù, vivo, morto, poi reso alla vita, nel giorno in cui, nella Chiesa, i messaggeri della sua risurrezione ne danno l`annuncio e la proclamano di comune accordo e a tante riprese, il vostro cuore gioisce dentro di voi e dice: «Me ne è stato dato l`annuncio, Gesù, mio Dio, è in vita! Ecco che a questa notizia il mio spirito, già assopito di tristezza, languente di tiepidità, o pronto a soccombere allo scoraggiamento, si rianima». In effetti, il suono di questo beato annuncio arriva persino a strappare dalla morte i criminali. Se fosse diversamente, non resterebbe altro che disperare e seppellire nell`oblio colui che Gesù, uscendo dagli inferi, avrebbe lasciato nell`abisso. Sarai nel tuo diritto di riconoscere che il tuo spirito ha pienamente riscoperto la vita in Cristo, se può dire con intima convinzione: «Se Gesù è in vita, tanto mi basta!».
Esprimendo un attaccamento profondo, una tale parola è degna degli amici di Gesù! E quanto è puro, l`affetto che così si esprime: «Se Gesù è in vita, tanto mi basta!». Se egli vive, io vivo, poiché la mia anima è sospesa a lui; molto di più, egli è la mia vita, e tutto ciò di cui ho bisogno. Cosa può mancarmi, in effetti, se Gesù è in vita? Quand`anche mi mancasse tutto, ciò non avrebbe alcuna importanza per me, purché Gesù sia vivo. Se poi gli piace che venga meno io stesso, mi basta che egli viva, anche se non è che per se stesso. Quando l`amore di Cristo assorbe in un modo così totale il cuore dell`uomo, in guisa che egli dimentica se stesso e si trascura, essendo sensibile solo a Gesù Cristo e a ciò che concerne Gesù Cristo, solo allora la carità è perfetta in lui. Indubbiamente, per colui il cui cuore è stato così toccato, la povertà non è più un peso; egli non sente più le ingiurie; si ride degli obbrobri; non tiene più conto di chi gli fa torto, e reputa la morte un guadagno (cf. Fil 1,21). Non pensa neppure di morire, poiché ha coscienza piuttosto di passare dalla morte alla vita; e con fiducia, dice: «Andrò a vederlo, prima di morire».

(Guerric d`Igny, Sermo I, in Pascha, 4-5)


2. Le Scritture sono profezia di Cristo

Se uno, invero, legge le Scritture con intendimento, vi troverà una parola concernente il Cristo e la prefigurazione della vocazione nuova. Questo è infatti il tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44), ovvero nel mondo, poiché il campo è il mondo (Mt 13,38). Tesoro nascosto nelle Scritture, poiché era significato in figure e in parabole che, dal punto di vista umano, non potevano essere comprese prima del compimento delle profezie, cioè prima della venuta di Cristo. Per questo, veniva detto al profeta Daniele: "Chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine: allora molti lo scorreranno e la loro conoscenza sarà accresciuta. Quando infatti la dispersione sarà finita, essi comprenderanno tutte queste cose" (Dn 12,4.7) .
Anche Geremia dice: "Alla fine dei giorni, comprenderete tutto" (Ger 23,20). Invero, ogni profezia, prima del suo compimento, non appariva che enigmi ed è per gli uomini; ma, venuto il momento del suo compimento, essa acquista il suo esatto significato. Ecco perché, letta oggi dai Giudei, la Legge somiglia ad una favola: manca loro infatti la chiave interpretativa di tutto, cioè la venuta del Figlio di Dio come uomo. Per contro, letta dai cristiani, essa è quel tesoro un tempo nascosto nel campo, ma che la croce di Cristo rivela e spiega. essa arricchisce l`intelligenza degli uomini, mostra la sapienza di Dio, rendendo manifesti i propri disegni di salvezza verso l`uomo; prefigura il regno di Cristo e annuncia l`eredità della santa Gerusalemme; predice che l`uomo che ama Dio progredirà fino a vedere Dio e udire la sua parola, e per l`ascolto di tale parola sarà glorificato, al punto che gli altri uomini non potranno fissare i loro occhi sul suo volto di gloria (cf. 2Cor 3,7), secondo quanto è stato detto per bocca di Daniele: "I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro cbe avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre" (Dn 12,3).
Se dunque uno legge le Scritture nel modo che abbiamo indicato - ovvero, nel modo in cui il Signore le spiegò ai discepoli dopo la sua risurrezione dai morti, provando loro, attraverso le Scritture, come "era necessario che Cristo soffrisse ed entrasse così nella sua gloria" (Lc 24,26.46) "e nel suo nome fosse predicata in tutto il mondo la remissione dei peccati" (Lc 24,47) -, sarà un discepolo perfetto, "simile ad un padrone di casa che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52).

(Ireneo di Lione, Adv. haer., IV, 26, 1)


3. Il forziere chiuso delle divine Scritture

Fratelli e Padri, la conoscenza spirituale somiglia ad una casa costruita in mezzo alla conoscenza mondana e pagana, in cui, come un forziere solido e ben custodito, la conoscenza delle Scritture divinamente ispirate e il tesoro di ineffabile ricchezza che esso racchiude sono depositati - ricchezza che mai potranno contemplare coloro che entrano nella casa, a meno che il forziere non venga loro aperto. Ma non è cosa dell`umana sapienza (cf. 1Cor 2,13) poter mai arrivare ad aprirlo, motivo per cui resta sconosciuta a tutti gli uomini del mondo la ricchezza depositatavi dallo Spirito.
Un uomo che ignorasse il tesoro che vi è deposto, potrebbe caricarsi persino il forziere, in tutto il suo peso, recandoselo persino sulle spalle; del pari, egli potrebbe leggere e imparare a memoria, nella sua totalità, la Scrittura, citandola come si trattasse di un sol salmo, ignorando il dono dello Spirito Santo che vi è dissimulato. Infatti, non è per il forziere che è svelato il contenuto del forziere, né per la Scrittura che è svelato il contenuto della Scrittura. Di che dono si tratta, dunque? Ascolta.
Tu vedi un cofanetto solidamente chiuso da ogni lato e per quanto tu possa supporre - dal suo peso e dalla sua eleganza esterna, o semplicemente perchè qualcuno te ne ha parlato - che racchiude al suo interno un tesoro, avrai un bel prenderlo in tutta fretta e andartene: qual profitto, dimmi, ne trarrai a portartelo sempre appresso, chiuso e sigillato, senza aprirlo? Tu non vedrai mai, in questa vita, il tesoro che vi sta dentro, non ammirerai mai lo splendore delle sue pietre, l`oriente delle perle, il bagliore folgorante dell`oro. Che ci guadagnerai, se non sei ritenuto degno di prenderne la benché minima parte per acquistarti un po` di cibo o qualche vestito, mentre invece, pur portandoti dietro il forziere sigillato che include un tesoro immenso e senza prezzo, tu soccombi alla fame, alla sete e alla nudità? Niente, punto e basta!...
Alla stregua di uno che prende un libro sigillato e chiuso e non può leggervi cosa c`è scritto o riuscire a capire di che si tratta - abbia pure appreso tutta la sapienza del mondo -, finchè il libro resta sigillato (cf. Is 29,11), così avverrà di chi, come abbiamo detto, potrà aver sempre in bocca le Scritture, ma non potrà mai conoscere e considerare la mistica e divina gloria e virtù che ad un tempo vi sono celate, a meno di percorrere la via di tutti i comandamenti di Dio e di ricevere l`assistenza del Paraclito, che gli apra le parole come un libro e gli mostri misticamente la gloria che esse racchiudono; di più, che gli riveli. insieme alla vita eterna che li fa scaturire, i beni di Dio nascosti in quelle parole, beni che rimangono velati e assolutamente invisibili per tutti coloro che li disprezzano e peccano per negligenza.

(Simeone Nuovo Teologo, Catech., 24)


4. Le apparizioni agli apostoli

Qualcuno dirà: in che modo dunque Tommaso, quando ancora non credeva, toccò tuttavia Cristo? (cf.Gv 20,27). Sembra però che egli dubitasse non della risurrezione del Signore ma del modo della risurrezione. Era necessario che egli mi istruisse toccandolo, come mi istruì anche Paolo: "Bisogna infatti che questa corruttibilità si rivesta d`incorruttibilità, e questo corpo mortale indossi l`immortalità" (1Cor 15,53), in modo che creda l`incredulo e l`esitante non possa più dubitare. Più facilmente infatti crediamo quando vediamo. Tommaso ebbe motivo di stupirsi, quando vide che, essendo ogni porta chiusa, un corpo passava attraverso barriere impenetrabili ai corpi, senza danno alla sua struttura. Era fuori dell`ordinario che un corpo passasse attraverso corpi impenetrabili; senza che lo si avesse visto arrivare, eccolo visibile a tutti, facilmente palpabile, difficilmente riconoscibile.
Pertanto, turbati, i discepoli credevano di avere davanti un fantasma. Per questo il Signore, allo scopo di mostrarci il carattere della sua risurrezione, dice: "Toccate e vedete, poiché uno spirito non ha carne ed ossa, come vedete che ho io" (Lc 24,39). Non è dunque per la sua natura incorporale, ma per le qualità particolari della sua risurrezione corporale che egli è potuto passare attraverso barriere di solito impenetrabili. E` un corpo quello che si può toccare, un corpo quello che si può palpare. Ebbene è nel corpo che noi risuscitiamo; infatti "si semina un corpo carnale, e risorge un corpo spirituale" (1Cor 15,44); uno è più sottile, l`altro più pesante, essendo reso tale dalle condizioni della sua terrestre debolezza.
Come potrebbe non essere un corpo questo, in cui restavano i segni delle ferite, le tracce delle cicatrici, che il Signore invita a toccare? Così facendo non solo conferma la fede, ma rende più viva la devozione: egli ha preferito portare in cielo le ferite ricevute per noi, non ha voluto cancellarle, per mostrare a Dio Padre il prezzo della nostra libertà. E` così che il Padre lo fa sedere alla sua destra, accogliendo i trofei della nostra salvezza; tali sono le testimonianze che la corona delle sue cicatrici mostra per noi.

(Ambrogio, Exp. in Luc., 10, 168-170)


5. I corpi spiritualizzati dopo la risurrezione

Siccome a tua volta mi chiedevi il mio parere circa la risurrezione dei corpi e le funzioni delle membra nello stato futuro d`incorruttibilità e d`immortalità, ascolta cosa in breve ne penso; e, se non ti soddisfarà, ne potremo discutere più a lungo, con l`aiuto di Dio. Si deve credere con tutta la forza quanto nella Sacra Scrittura è affermato in modo veridico e chiaro: che cioè i nostri corpi visibili e terreni, che ora chiamiamo animali, nella risurrezione dei fedeli e dei giusti, diventeranno spirituali. Ignoro d`altronde come si possa comprendere o far comprendere ad altri di quale specie sia un corpo spirituale, di cui non abbiamo conoscenza sperimentale. E` certo però che in quello stato i corpi non avranno corruzione di sorta e perciò non sentiranno, come ora, il bisogno di questo cibo corruttibile; potranno tuttavia prenderlo e consumarlo realmente, non costretti da necessità, ma assecondando una possibilità. Altrimenti neppure il Signore avrebbe preso cibo dopo la sua risurrezione dandoci in tal modo l`immagine della risurrezione corporea; per cui l`Apostolo dice: "Se i morti non risorgono, non è risorto neppure Cristo" (1Cor 15,16). Il Signore infatti, apparendo con tutte le sue membra, e servendosi delle loro funzioni, mostrò pure il posto delle ferite. Io ho sempre creduto che non si tratti di ferite, ma di cicatrici, conservate dal Signore non già per necessità, ma per sua volontà. E la facilità di attuare questa sua volontà, la dimostrò soprattutto e quando apparve sotto altre sembianze e quando apparve com`era realmente, a porte chiuse, nella casa dove si erano adunati i discepoli.

(Agostino, Epist., 95, 7)
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25/04/2012 08:28
 
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IV DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 4,8-12
1 Giovanni 3,1-2
Giovanni 10,11-18

1. Il buon pastore e il mercenario

Avete udito, fratelli carissimi, dalla lettura evangelica odierna, un ammaestramento per voi e un pericolo per me. Infatti colui che è buono non per un dono aggiuntivo, ma per sua stessa natura, dice: "Io sono il buon pastore" (Gv 10,11). Poi, subito evidenzia l`elemento costitutivo della sua bontà, per far sì che noi possiamo imitarlo, ed aggiunge: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecore (ibid.)". Inoltre, egli fece quel che insegnò, e mostrò con l`esempio quanto comandava. Il buon pastore dette la sua vita per le pecore del suo gregge, cambiando il suo corpo e il suo sangue nel nostro Sacramento, per sfamare con il cibo della sua carne coloro che aveva redento. In tal modo ci viene indicata la via del disprezzo della morte, perchè possiamo seguirla; ci viene proposto un modello da imitare. Anzitutto noi pastori di anime dobbiamo dare i nostri beni per le pecore del Signore; poi, se si rende necessario, per esse dobbiamo affrontare la morte. Dal dono delle cose esteriori che poi è il meno si arriva al dono della vita, che è il massimo tra tutti i doni. E siccome l`anima che ci fa dei viventi è incommensurabilmente più preziosa delle cose terrene in nostro possesso, chi non dà per le pecore del Signore i beni esteriori, come farà a dare per loro la propria anima? Eppure quanti sono coloro che per l`attaccamento ai beni del mondo si alienano il diritto di essere chiamati pastori! Di costoro, la divina Parola dice: "Il mercenario, e chi non è pastore, a cui non appartengono le pecore, quando vede venire il lupo abbandona le pecore e fugge " (Gv 10,12).
Non pastore, bensì mercenario è detto chi pasce le pecore del Signore animato non dall`amore sincero, ma dalla bramosia della ricompensa materiale. Mercenario è chi esercita l`ufficio di pastore, ma, invece di cercare il bene delle anime, ricerca i propri agi, il guadagno terreno, gli onori delle dignità ecclesiastiche e si pavoneggia alle riverenze degli uomini. Ecco i compensi del mercenario! Egli trova quaggiù la ricompensa che va cercando per il suo lavoro di pastore di anime, ma alla fine sarà escluso dalla eredità del gregge. Finchè non si presenta un`occasione straordinaria, non è possibile distinguere il buon pastore dal mercenario. In tempo ordinario, pastore e mercenario custodiscono il gregge nell`identico modo. E` quando sopraggiunge il lupo che si svela la interiore disposizione con la quale ciascuno dei due stava a guardia del gregge. Il lupo cala sul gregge ogni qualvolta un ingiusto o un rapitore affligge gli umili e fedeli servi del Signore. Allora, colui che appariva pastore, senza esserlo, lascia le pecore e fugge, per paura del pericolo che gli incombe e non si arrischia a resistere all`ingiustizia. Dire che fugge non vuol dire che egli cambia dimora, bensì che non dà il proprio aiuto. Fugge, perché pur vedendo l`ingiustizia, tace; fugge, perchè si nasconde dietro il silenzio. Di tali pseudo-pastori, il profeta Ezechiele dice: "Non siete saliti sulle brecce, e non avete costruito alcun baluardo in difesa degli israeliti, perchè potessero resistere al combattimento nel giorno del Signore" (Ez 13,5).
Salire sulle brecce significa resistere con parola franca e coraggiosa a tutti i potenti che agiscono male. In più, resistiamo al combattimento nel giorno del Signore e ricostruiamo le mura della casa d`Israele, se difendiamo i fedeli innocenti, con l`autorità della giustizia, contro l`ingiustizia dei malvagi. Per evitare di far questo, il mercenario scappa al sopraggiungere del lupo.
C`è però un altro lupo che, senza desistere, ogni giorno, dilania non i corpi, bensì le anime. E` lo spirito maligno che si aggira attorno ai recinti in cui stanno le pecore e cerca di ucciderle. Di questo lupo, il Signore, subito dopo, aggiunge: "Il lupo rapisce e disperde le pecore" (Gv 10,12). Viene il lupo e il mercenario scappa. Come dire: Lo spirito maligno dilania le anime con le sue tentazioni, mentre colui che riveste il ruolo di pastore non sente premura e sollecitudine. Le anime si perdono e il pastore si gongola nei suoi guadagni terreni.
Il lupo rapisce e disperde il gregge, quando attrae qualcuno alla lussuria, accende un altro d`avarizia, fa insuperbire un terzo infiamma d`ira un quarto; pungola questo con l`invidia, inganna quell`altro con la falsità. Il lupo, insomma, disperde le pecore, allorché il diavolo uccide con le tentazioni il popolo fedele.
Epperò, contro tutte queste cose, il mercenario non s`accende minimamente di zelo, non si risveglia in lui alcun fervore d`amore: mentre è alla ricerca soltanto dei propri vantaggi esteriori, all`interno sopporta con negligenza tutti i danni spirituali del gregge. Per questo, il Maestro divino aggiunge: "Il mercenario fugge proprio perch‚ è mercenario e non gli importa nulla delle pecore" (Gv 10,13). L`unica causa della fuga del mercenario è che egli è appunto un mercenario. Come dire: Non può stare al pericolo insieme alle pecore, chi ricopre il suo ufficio non per amore alle pecore, ma per desiderio di guadagni terreni. Il mercenario che accetta gli onori e si gongola nei propri lucri terreni, paventa di esporsi al rischio e di sfidare il pericolo, perch‚ corre l`alea di perdere ciò che più ama. Ma, dopo aver denunciato le colpe del falso pastore, il Signore ci prospetta ancora il modello, quasi la forma in cui dobbiamo calarci. Afferma difatti: "Io sono il buon pastore". Quindi, aggiunge: "Io conosco", ovvero amo, "le mie pecore, e le mie pecore conoscono me" (Gv 10,14). Come se intendesse dire: Le anime che mi amano, mi obbediscono, perchè chi non ama la verità è segno che non la conosce ancora.
Avendo udito, fratelli carissimi, il pericolo cui siamo esposti noi pastori di anime, sforzatevi di scoprire nelle parole del Signore i pericoli che del pari correte voi. Interrogatevi se siete davvero le sue pecore, chiedetevi se lo conoscete, se possedete la luce della verità. Dico possedere la luce della verità, non soltanto per fede, ma per amore; non soltanto perciò credendo, ma anche operando. Infatti, lo stesso evangelista Giovanni, autore del brano evangelico odierno, ci ammonisce che: "Colui che dice di conoscere Dio, e poi non osserva i suoi comandamenti è un bugiardo" (1Gv 2,4). Ecco perchè, nel brano letto, il Signore aggiunge: "Come il Padre conosce me, così io conosco il Padre, e do la mia vita per le mie pecore" (Gv 10,15). In altri termini: Da questo si dimostra chiaramente che io conosco il Padre e da lui sono conosciuto: dal fatto che do la mia vita per le mie pecore. Cioè: Dall`amore con cui mi voto alla morte per le mie pecore, si può intuire quanto grande sia l`amore che ho per il Padre.
Siccome però il Signore era venuto per la redenzione di tutti, non solo degli Ebrei, ma anche dei Gentili, la Scrittura prosegue: "Ho altre pecore che non sono di questo ovile, anche quelle io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore" (Gv 10,16).
Quando asseriva di voler condurre e chiamare anche altre pecore, il Signore prevedeva la nostra redenzione. Noi, in effetti, veniamo dal paganesimo. Il che, fratelli potete vedere realizzato ogni giorno; e questo potete verificare, dal momento che i pagani si sono riconciliati con Dio.
Egli fa di due greggi quasi un solo ovile, poiché unifica nella sua fede il popolo ebreo e quello pagano. E quanto attesta Paolo, che afferma: "Egli è la nostra pace; è colui che ha unito i due in un sol popolo" (Ef 2,14). Quando egli, da entrambe le nazioni, chiama i semplici alla vita eterna, conduce le pecore al proprio ovile.

(Gregorio Magno, Hom. in Ev., 14, 1-4)


2. Gesù, porta dell`ovile e pastore del gregge

Il Signore propone la parabola della porta dell`ovile e del buon pastore. Chi non entra nell`ovile attraverso la porta è un ladro e un bandito. Chi entra per la porta, è il pastore del gregge. Il Signore applica a se stesso la similitudine dicendo: "Io sono la porta e Io sono il buon pastore".
Quanto alla similitudine della porta, mentre afferma d`esser lui la porta dell`ovile, parla anche di ladri e banditi e afferma: "Tutti quelli che son venuti prima di me son ladri e banditi". E la similitudine è introdotta con le parole: "Disse loro, dunque, di nuovo Gesù: - In verità, in verità vi dico"; e la solennità della formula introduttiva vuole evidentemente richiamare l`attenzione dei discepoli e sottolineare l`importanza di quanto il Maestro vuol dire.
"Io sono la porta": L`ufficio della porta è quello d`immettere nella casa. E questo s`addice bene a Cristo, perché, chi vuol entrar nel mistero di Dio, bisogna che passi per lui (Sal 117,10): "Questa è la porta del Signore" - Cristo - "e i giusti entreranno in essa". Precisa: "Porta del gregge", perchè non solo i pastori sono immessi nella Chiesa presente e poi nella beatitudine eterna attraverso Cristo, ma tutto il gregge, com`è detto appresso: "Le mie pecore ascoltano la mia voce... e mi seguono, e io do loro la vita eterna".
Poi, quando dice: "Tutti quelli che son venuti prima di me son ladri e banditi", dice chi siano i ladri e i banditi e quali ne sian le note.
Quanto alla identificazione dei ladri e dei banditi, bisogna evitar l`errore dei Manichei, i quali da queste parole presumono di ricavar la condanna di tutti i Patriarchi e Profeti del Vecchio Testamento. Ma l`interpretazione dei Manichei è falsa per tre motivi.
Prima di tutto perchè contrasta con le parole precedenti della stessa parabola. Infatti tutti questi venuti prima che son condannati come ladri e banditi son certamente quegli stessi li cui il Signore ha detto: "Chi non entra per la porta è ladro e bandito". Non sono, dunque, ladri e banditi coloro che semplicemente son venuti "prima" di Cristo, ma coloro che non son passati "attraverso la porta", che è Cristo. E` chiaro, allora, che Patriarchi e Profeti del Vecchio Testamento, entrarono attraverso la porta, che è Cristo, perch‚ proprio Cristo, che doveva venire, li mandava; lui, fatto uomo nel tempo, ma presente nell`eternità, come Verbo di Dio (Eb 13,8: "Gesù Cristo ieri e oggi e in tutti i secoli"). I Profeti poi furono mandati nel nome del Verbo e della Sapienza (Sap 7,27: "La Sapienza di Dio si diffonde attraverso i popoli nelle anime sante dei Profeti e li fa amici di Dio"). Perciò, a proposito dei Profeti, leggiamo continuamente «La Parola di Dio è giunta al Profeta», proprio perchè, attraverso la comunicazione del Verbo, i Profeti annunziarono la parola di Dio.
"Coloro che sono venuti": Questo verbo sta a dire che il loro venire non dipendeva da una divina missione, ma era una loro presunzione, e di tali Geremia disse (Ger 22,21): "Io non li mandai, ma essi correvano". Questi, certo, non erano messaggeri del Verbo di Dio (Ez 13,3: "Guai ai profeti sprovveduti, che seguono il loro stesso spirito e non vedono niente"). Ma questo non lo si può dire dei Patriarchi e Profeti del Vecchio Testamento, perchè essi erano proprio figure e annunziatori di Cristo.
Ed è anche falsa l`interpretazione dei Manichei per la conseguenza che deriva dalle parole: Le pecore non diedero loro ascolto. Il segno, quindi, di riconoscimento dei ladri e banditi sta nel fatto che le pecore non li ascoltarono. Ma questo non lo si può dire così in generale dei Patriarchi e dei Profeti; i quali furono vere guide del popolo d`Israele e nella Scrittura sono biasimati coloro che non li ascoltarono (At 7,52: "Quale dei Profeti non hanno perseguitato i vostri padri?" e Mt 23,37: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i Profeti e tiri sassi a quelli che sono stati mandati a te!)".
Bisogna dire dunque: "Tutti quelli che son venuti", non attraverso me, senza divina ispirazione e mandato, e con l`intenzione di cercare non la gloria di Dio, ma la propria, questi sono ladri, in quanto si appropriano di un`autorità d`insegnamento che non gli spetta (Is 1,23: "I tuoi principi infedeli sono alleati di ladri)"; e "sono banditi", perchè uccidono attraverso la loro malvagia dottrina Mt 21,13: "Voi ne avete fatto una spelonca di ladri"; e Os 6,9: "Compagno di ladri, che ammazzano coloro che passano per la strada)". Ma "costoro", cioè i ladri e banditi, "le pecore non li ascoltarono", almeno in modo costante, perch‚ altrimenti non avrebbero fatto più parte del gregge di Cristo, perchè "non segue un forestiero e fugge da lui".
"Io sono la porta; chi entra attraverso me, sarà salvo".
Qui il Signore, prima di tutto, vuol dire che il diritto di uso della porta è suo e che fa parte del piano della salvezza. Il modo della salvezza è accennato nelle parole: "Potrà entrare e uscire". La porta salva quelli che son dentro, trattenendoli dall`esporsi ai pericoli, che son fuori, e li salva, impedendo al nemico di entrare. E questo s`addice a Cristo, poichè in lui abbiamo protezione e salvezza; ed è questo ch`egli vuol dire con le parole: "Se uno entrerà attraverso me" nella Chiesa, "sarà salvo". Aggiungi anche la condizionale, se persevererà (At 6,12: "Non è stato dato agli uomini nessun altro nome nel quale salvarsi"; e Rm 5,10: "Tanto più saremo salvi nella sua vita").
Il modo della salvezza è significato con le parole: "Entrerà e uscirà e troverà pascoli"; ma queste parole possono essere spiegate in quattro modi.
Secondo il Crisostomo non significano altro che la sicurezza e la libertà di coloro che sono con Cristo. Infatti, colui che non entra per la porta, non è padrone di entrare e uscire quando vuole; lo è, invece, colui che entra per la porta. Dicendo, dunque: "entrerà e uscirà", vuol significare che gli apostoli, in comunione con Cristo, entrano con sicurezza e hanno accesso ai fedeli, che sono nella Chiesa, e agli infedeli, che ne son fuori, poiché essi sono stati costituiti padroni del mondo e nessuno li può cacciare fuori (Nm 27,16: "Il Signore di tutti gli spiriti provveda per il popolo un uomo che possa entrare e uscire, perchè il popolo del Signore non sia come un gregge senza pastore"). "E troverà pascoli", cioè la gioia nella conversione e anche nelle persecuzioni che gli capiterà di affrontare per il nome di Cristo (At 5,41: "Gli Apostoli uscivano dal sinedrio pieni di gioia, perché erano stati fatti degni di subir ignominia per il nome di Gesù").
La seconda spiegazione è di sant`Agostino nel commento al Vangelo di Giovanni.
Chi fa il bene realizza un`armonia tra ciò ch`è dentro di lui e con ciò ch`è fuori di lui. Al di dentro dell`uomo c`è lo spirito, al di fuori c`è il corpo (2Cor 6,16: "Sebbene il nostro uomo esteriore si corrompa, l`uomo interiore si rinnova di giorno in giorno). Colui dunque, ch`è unito a Cristo, "entrerà" attraverso la contemplazione per custodire la sua coscienza (Sap 8,16: Entrando nella mia casa - la coscienza -, "mi riposerò con essa" -la Sapienza -); e "uscirà" fuori, per controllare il suo corpo con le opere buone (Sal 103,23: "Uscirà l`uomo per i suoi impegni e per il suo lavoro fino a sera"); "e troverà pascoli", nella coscienza pura e devota (Sal 16,15: "Verrò al tuo cospetto, mi sazierò alla vista della tua gloria") e anche nel lavoro (Sal 125,6: "Al ritorno verranno esultanti, portando i loro covoni").
La terza interpretazione di san Gregorio.
"Entrerà" nella Chiesa, credendo (Sal 41,5: "Andrò dov`è una tenda meravigliosa"), il che vuol dire entrare nella Chiesa militante; "e uscirà", cioè passerà dalla Chiesa militante alla Chiesa trionfante (Ct 3,11: "Uscite, figlie di Sion, e vedete il re Salomone col diadema di cui lo cinse sua madre il giorno delle nozze"); "e troverà pascoli" di dottrina e di grazia nella Chiesa militante (Sal 22,2: "Mi pose nel luogo del cibo"); e pascoli di gloria nella Chiesa trionfante (Ez 34,14: "Pascolerò le mie pecore in pascoli ubertosissimi").
La quarta spiegazione è nel libro "De Spiritu et Anima", che viene erroneamente attribuito ad Agostino; e ivi è detto che i santi "entreranno" per contemplare la divinità di Cristo e "usciranno" per ammirare la sua umanità; e nell`una e nell`altra "troveranno pascoli", perchè nell`una e nell`altra gusteranno le gioie della contemplazione (Is 33,17: "Vedranno il re nel suo splendore").
Si tratta poi del ladro. Il Signore prima dice quali sono le proprietà del ladro e poi afferma che egli ha le proprietà opposte a quelle del ladro: "Io son venuto, perchè abbiano la vita". Dice, dunque, che quelli che non entrano per la porta - che è lui - sono ladri e banditi e la loro condizione è malvagia. Infatti, "il ladro non viene che per rubare", per portar via ciò che non è suo, e questo avviene, quando eretici e scismatici tirano a sè coloro che appartengono a Cristo. Il ladro poi viene "per uccidere", diffondendo una falsa dottrina o costumi perversi (Os 6,9: "Compagno di ladri che ammazzano sulla strada quelli che vengono da Sichem"). Il ladro viene ancora, in terzo luogo, per distruggere, avviando alla dannazione eterna le sue vittime (Ger 50,6: "Il mio popolo è diventato un gregge perduto"). Queste condizioni non son certo nel buon pastore.
"Io venni perchè abbiano la vita". E pare che il Signore volesse dire: Costoro non son venuti attraverso me; se fossero venuti attraverso me, farebbero cose simili a quelle che faccio io, ma essi fanno tutto l`opposto; essi rubano, uccidono, distruggono. "Io son venuto perchè abbiano la vita" della giustizia, entrando nella Chiesa militante attraverso la fede (Eb 10,38; Rm 1,17: "Il giusto vive di fede"). Di questa fede, è detto in Gv 3,14: "Noi sappiamo che siamo stati trasferiti dalla morte alla vita, perchè amiamo i fratelli. E perchè l`abbiano più abbondantemente"; abbiano cioè la vita eterna all`uscita dal corpo; la vita eterna della quale appresso è detto (Gv 17,8) ch`essa consiste "nel conoscere te solo vero Dio".
Che Cristo poi sia pastore è evidente dal fatto che, come il gregge è guidato e alimentato dal pastore, così i fedeli sono alimentati dalla dottrina e dal corpo e sangue di Cristo (1Pt 2,25: "Eravate pecore senza pastore, ma ora vi siete rivolti al pastore delle vostre anime"; e Is 40,11: "Pascolerà i suoi, come il pastore pascola il suo gregge"). Ma, per distinguersi dal ladro e dal cattivo pastore, aggiunge l`aggettivo "buono". Buono perchè compie l`ufficio del pastore, come si chiama buon soldato colui che compie l`ufficio del soldato. Ma, poiché Cristo ha già detto che il pastore entra per la porta e che lui stesso è la porta, bisogna concludere ch`egli entra nell`ovile attraverso se stesso. Ed è proprio così, perchè egli manifesta se stesso e attraverso se stesso conosce il Padre. Noi, invece, entriamo attraverso lui, perchè attraverso lui otteniamo la gioia. Ma guarda che nessun altro è la porta, se non lui, perchè nessun altro è la luce vera; gli altri son luce riflessa. Lo stesso Battista non era lui la luce, ma uno che testimoniava per la luce. Ma di Cristo è detto: "Era la luce vera che illumina ogni uomo" (Gv 1,8). Perciò, nessuno presume di esser la porta; solo Cristo poté dir questo di sè; ma concesse anche ad altri di essere pastori: difatti, Pietro fu pastore, e tutti gli apostoli e tutti i buoni vescovi furono pastori (Ger 3,5: Vi darò dei pastori secondo il mio cuore). Sebbene però i capi della Chiesa sian tutti pastori, tuttavia egli dice al singolare: "Io sono il buon pastore", per suggerire la virtù della carità. Nessuno infatti è pastore buono, se non diventa una sola cosa con Cristo, attraverso la carità, e si fa membro del vero pastore.
Ufficio del pastore è la carità; perciò dice: "Il pastore buono dà la vita per le sue pecore". Bisogna sapere che c`è una differenza tra il pastore buono e il cattivo; il pastore buono guarda al vantaggio del gregge; il cattivo guarda al proprio vantaggio; e questa differenza è segnalata in Ez 34,2: "Guai ai pastori che pascono sè stessi. Ma non è il gregge che dovrebbe essere pascolato dal pastore"? Colui, dunque, che si serve del gregge, per pascolar se stesso, non è un pastore buono. E da questo deriva che il pastore cattivo, anche quello materiale, non vuole subire nessun danno per il suo gregge, perchè non si cura del bene del gregge, ma del proprio. Invece il pastore buono, anche quello materiale, si sobbarca a molte cose per il gregge, perchè ne vuole il bene; perciò, Giacobbe in Gen 31,40, disse: "Giorno e notte ero bruciato dal freddo e dal caldo". Ma nel caso di pastori materiali, non si chiede che un buon pastore rischi la sua vita per la salvezza del gregge. Ma, poichè la salute spirituale del gregge è più importante della vita corporale del pastore, quando è in pericolo la salute eterna del gregge, il pastore spirituale deve affrontare anche la morte, per il suo gregge. Ed è questo che il Signore dice con le parole: "Il buon pastore dà la sua vita per le sue pecore"; è pronto a dar la vita sua temporale con responsabilità e amore. Due cose son necessarie: che le pecore gli appartengano e che le ami; la prima, senza la seconda, non basta. Di questa dottrina si fece modello Gesù Cristo. Leggi in 1Gv 3,16: Se Cristo ha offerto la sua vita per noi, dobbiamo anche noi offrire la nostra vita per i nostri fratelli.

(Tommaso d`Aquino, Ev. sec. Ioan., 10, 3, 1s.)


3. Il Padre ci ha affidati al suo Verbo, nostro divino Pedagogo

Gesù, Logos di Dio, pedagogo al quale Dio ci ha affidati come un padre affida i suoi bambini ad un vero maestro; e ci ha espressamente prescritto questo: "Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo " (Mt 17,5 e parr.).
Il divino Pedagogo è del tutto degno della nostra fiducia, poich‚ ha ricevuto i tre ornamenti più belli: scienza, benevolenza e autorità. La scienza, perchè egli è la sapienza del Padre - "ogni sapienza viene dal Signore ed essa è presso di lui per sempre" (Sir 1,1) -; l`autorità, perchè egli è Dio e Creatore - "tutto fu fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di ciò che esiste (Gv 1,3) -; la benevolenza, perché si è offerto da sè come vittima unica in nostro favore: "Il buon pastore dà la vita per le sue pecore" (Gv 10,11), e la dette, senza alcun dubbio. Ora la benevolenza altro non è se non volere il bene del prossimo, per sè stesso.

(Clemente di Ales., Paedagogus, XI, 97, 2-3)


4. Non ricerca di gloria o di potere, ma solo la volontà di Dio

La gloria in questo mondo, gloria vana, non darmi, o mio Maestro;
Non datemi la ricchezza transeunte, né talenti d`oro;
Non un trono eccelso, né potere su realtà che passano!
Mettimi con gli umili, con i poveri e tra i miti,
Divenga anch`io umile e mite
Quanto al mio ufficio, se non posso rivestirlo in modo utile,
Sì da piacerti e da stare al tuo servizio,
Permetti che ne sia discacciato
E ch`abbia a piangere solo, o Maestro, i miei peccati:
Mio solo intento sia il tuo giusto giudizio
E il modo di difendermi dopo averti tanto offeso!
Sì, o dolce, buono e compassionevole Pastore,
Che salvi vuoi tutti i credenti in te,
Abbi pietà, la prece che invio esaudisci:
Non irritarti, il volto tuo da me non sia distolto,
Insegnami a compiere il tuo divin volere,
Poiché non chiedo che si faccia la volontà mia,
Bensì la tua, e che servirti io possa, o Misericordioso!

(Simeone Nuovo Teologo, Hymn., 17)
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