È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LA CHIESA E L'ALDILA' (Nota pastorale)

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2011 11:18
Autore
Stampa | Notifica email    
28/10/2011 11:18
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

FORME E FIGURE DI ACCOMPAGNAMENTO

    19. Il proliferare di questi movimenti mostra in modo evidente l'urgenza di quella «nuova evangelizzazione» di cui il santo padre si è fatto, in questi ultimi anni, testimone e portavoce instancabile. I movimenti di comunicazione con l'aldilà, le pratiche di evocazione dei defunti, la ricerca di messaggi consolatori dall'altro mondo sono il segno di un bisogno di significati e di risposte che la società odierna non sembra in grado di offrire, specialmente nel quadro di una crescente insicurezza e fragilità. Si cerca, in altri termini, con questi movimenti, di compensare il vuoto esistenziale che caratterizza la precarietà del nostro tempo. Entro gli spazi di questo vuoto - che coinvolge anche i cristiani che non hanno maturato una fede adulta - si pone l'urgenza di un rinnovato annuncio, autentico ed entusiasmante, del vangelo e della grazia di Cristo. Quali dunque le attenzioni pastorali e i suggerimenti concreti che questa situazione sollecita alle nostre Chiese, ai fedeli, ai sacerdoti e al magistero dei vescovi?

Evangelizzare

    20. Occorrerà prima di tutto evangelizzare il senso cristiano della morte, della risurrezione, della comunione spirituale con i defunti, non dando per assicurate le verità che fondano e compongono l'insieme dei contenuti della speranza cristiana. Si tratta di aiutare i cristiani a riporre la loro speranza in Cristo e non in improbabili messaggi dall'aldilà.
Sono da valorizzare innanzitutto le forme della pastorale ordinaria - predicazione, catechesi, celebrazioni di messe per i defunti - capaci, se adeguatamente illuminate dalla Parola di Dio e dalla tradizione spirituale della Chiesa, di offrire come vivo e attuale il messaggio cristiano sull' aldilà e sul nostro rapporto con i defunti che ne consegue. Non basta dimostrare la solidarietà con i familiari in lutto.

    21. Occasione privilegiata per annunciare il vangelo della speranza cristiana è ancora la celebrazione della liturgia funebre, che tradizionalmente raccoglie familiari, parenti, amici della persona defunta, anche se non tutti assidui praticanti. Alcuni mettono piede in chiesa solo in questa occasione, altri vi ritornano dopo un lungo periodo di assenza, toccati dall'esperienza della morte. Normalmente queste circostanze, dispongono favorevolmente ad accogliere il messaggio cristiano, e sarebbe davvero un'occasione persa se la liturgia funebre non diventasse una scuola di fede. Troppe volte anche la catechesi, adeguandosi alla tendenza dell'attuale società che considera tabù o cattivo gusto parlare della morte, contrae o addirittura lascia cadere tra i suoi argomenti quello della morte, della vita eterna, della risurrezione.

    22. Nucleo centrale della predicazione è veramente il primato della risurrezione di Cristo. Come insegna S. Paolo, «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione, ed è vana anche la nostra fede» (cf. ICor 15,14). La centralità della risurrezione di Gesù rivela che questa è la Parola ultima e definitiva di Dio all'uomo, e che è parola di vita, non di morte. Non possiamo dimenticare, poi, che la predicazione, attuata nella celebrazione eucaristica, non si limita ad annunciare, ma insieme dà la possibilità di parteciparvi. Chi crede, prende parte a ciò che è avvenuto nella Pasqua del Signore.
La verità della risurrezione chiede dunque l'atto di fede. E Gesù Risorto stesso che lo richiama all'apostolo Tommaso: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Gv 20,29). Come agli altri apostoli, alle donne e ai primi discepoli, anche a Tommaso, Gesù Risorto non ha mancato di farsi oggetto di visione, in quanto chiamato a essere testimone oculare della Pasqua del Signore. Ma, prospettando la natura della fede di coloro che avrebbero creduto alla testimonianza apostolica, Gesù tesse l'elogio della fede nel Risorto senza necessariamente pretenderne il segno.

Vigilare

    23. L'invito a vigilare è frequente nel Vangelo e in tutta la Sacra Scrittura. Vigilare anzitutto contro le insidie di Satana, che può servirsi anche del dolore e dello smarrimento per la morte improvvisa o violenta di persone care, per far deviare dalla fede. È sempre attuale l'esortazione dell'apostolo Pietro: «Vigilate: il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare» (lPt 5,8). È opportuno quindi che in qualche momento dell'evangelizzazione, con discrezione, i fedeli vengano messi in guardia dall'insidia che viene tesa alla loro fede da parte di movimenti che offrono una speranza non fondata sulla Parola di Dio, ma su esperienze e tecniche umane. Vigilare, perché non sappiamo né il giorno né l'ora in cui il Signore busserà per invitarci a «passare all'altra riva» (cf. Mc 4,35). Per stimolarci a questa vigilanza, Gesù non ha esitato a paragonarsi al ladro che entra in casa all'insaputa del padrone: 

«Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell 'uomo verrà» (Mt 24,43-44). 

Dietro ogni morte improvvisa c'è un forte richiamo a stare pronti «con la cintura ai fianchi e le lucerne accese» (Lc 12,35).
Vigilare per cogliere il messaggio che giunge da una morte violenta. A chi gli recò la notizia di una morte violenta, anzi di una strage (una sommossa di Galilei soffocata nel sangue dal governatore romano), il commento di Gesù fu: 

«Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13,2-3). 

La morte violenta riprende e ripete con il sangue, più che con le parole  il messaggio con cui Gesù ha aperto la missione: «Convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15). Se ci aiuta a convertirci, a cambiare mentalità, a prendere più sul serio il vangelo, per affermare nel mondo il valore della vita e la forza dell'amore, anche la morte violenta acquista un senso, perché entra nel progetto di Dio, sempre però rispettoso della libertà umana.

    24. Vigilare e pregare. È l'invito che Gesù ha rivolto con insistenza ai suoi nell'affrontare la morte, l'ultima sera della vita: «Vegliate e pregate» (Mt 26,41). Vegliare è l'atteggiamento che tutta la comunità cristiana rivive la notte di Pasqua, pregando e meditando, in attesa della beata risurrezione del suo Signore. Raccogliersi nell'abitazione del defunto, con i familiari, gli amici e i vicini di casa, e vegliare pregando, cantando, meditando la Parola di Dio è genuina tradizione cristiana. Con un'attenta scelta di letture bibliche, la Parola di Dio ascoltata e pregata, è particolarmente indicata per aprire gli animi alle grandi verità della fede: essa proclama la vittoria di Cristo sulla morte, infonde la speranza di ricongiungersi con i propri cari nel regno di Dio, ravviva la pietà verso i defunti, fa emergere l'esigenza di una vita maggiormente improntata al vangelo. È raccomandabile, nei casi di morte improvvisa o violenta, che questa tradizione si sviluppi in più incontri, anche in forma comunitaria: visite periodiche alle famiglie, gruppi di ascolto e di preghiera, ritiri spirituali espressamente dedicati alla conversazione e alla consolazione con le persone in difficoltà.

Accompagnare

    25. Particolarmente difficili, per le persone colpite da grave lutto, i giorni e i mesi che seguono immediatamente dopo il funerale: sono i momenti dello sconforto, del dubbio, della solitudine, nell'attesa di un qualche improbabile segno. Particolarmente i quei momenti occorre farsi vicini, accompagnare le persone nella loro sofferenza. È quindi urgente, nelle nostre comunità, la presenza di un nuovo ministero: il ministero della consolazione. Dovrebbe costituirsi, sotto l'azione dello Spirito, un gruppo di persone, dotate di una particolare sensibilità umana e spirituale - meglio riscontrabile in chi è già provato da qualche esperienza dolorosa - con la missione di mettersi accanto a chi è stato colpito da un grave lutto familiare, per aiutarlo a vivere, alla luce della fede e con il coraggio della speranza, il momento della prova. I tempi e le modalità della missione debbono essere studiati in base alle persone colpite dal lutto, la loro situazione familiare, il loro livello di fede, le concrete circostanze in cui si sono svolti i fatti. Alcune proposte a titolo indicativo:
 

  • non solo visitare le persone colpite dal lutto, ma accompagnarle; mettersi loro accanto, con la massima discrezione, ma con il coraggio che viene dallo Spirito, per far loro sentire il conforto della fede e la solidarietà della comunità cristiana;

  • preparare e proporre incontri di fede e di preghiera comunitaria (veglie di preghiera, gruppi di ascolto, ritiri spirituali espressamente dedicati alla consolazione delle persone in difficoltà...), in cui si arrivi a vivere la comunione dei santi, nel senso più profondo della parola, e a far vibrare la fede nella risurrezione di Cristo;

  • far confluire la morte della persona cara nella «corrente della carità», in modo che la persona improvvisamente deceduta o violentemente rapita, continui a vivere in iniziative o opere (caritative, culturali, sociali, ricreative...) che portano il suo nome e che la rendono quindi presente in mezzo a noi con la forza della carità;

  • valorizzare le persone colpite da grave lutto, invitandole a mettere a servizio della comunità la loro esperienza, per aiutare chi si è trovato a vivere la stessa sofferenza, o anche solo a sensibilizzare la comunità e le famiglie al problema del dolore, della malattia e della morte.

 

 


CONCLUSIONE

    26. Nella lettera apostolica Salvifici doloris sul senso della sofferenza cristiana, Giovanni Paolo II ha indicato come modello, per chi e chiamato a esercitare il ministero della consolazione, il buon samaritano. «Buon samaritano è ogni uomo che si ferma accanto alla sofferenza di un altro uomo, qualunque essa sia. Quel fermarsi non significa curiosità, ma disponibilità. Questa è come l'aprirsi di una certa disposizione del cuore, che ha anche un'espressione emotiva. Buon samaritano è ogni uomo sensibile alla sofferenza altrui, l'uomo che si «commuove» per la disgrazia del prossimo...
Tuttavia il buon samaritano della parabola di Cristo non si ferma alla sola commozione e compassione. Queste diventano per lui uno stimolo alle azioni che mirano a portare aiuto nella sofferenza, di qualsiasi natura essa sia. Aiuto, in quanto possibile, efficace. In esso egli mette il suo cuore, ma non risparmia neanche i mezzi materiali. Si può dire che dà se stesso, il suo proprio «io», aprendo il suo io all'altro... Buon samaritano è l'uomo capace di tale dono di sé»
(Salvifici doloris 28: EV 9/677-678).

 

Bologna, 23 aprile 2000 Pasqua di risurrezione

Gli arcivescovi e i vescovi dell 'Emilia Romagna

 


Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:06. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com