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CHIARIMENTI SU PAGINE DI STORIA

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2022 15:30
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17/03/2022 16:05
 
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IPAZIA DI ALESSANDRIA

La filosofa iPAZIA d’Alessandria venne tragicamente uccisa da alcuni fanatici (probabilmente cristiani) a seguito di una diatriba  tra il vescovo Cirillo ed il prefetto della città, il cristiano Oreste. La donna pagò con la vita la vicinanza a quest’ultimo.

L’unica fonte contemporanea ai fatti è quella del cristiano Socrate Scolatico, ammiratore di Ipazia, che parla di movente politico e non accenna ad alcuna responsabilità diretta da parte del vescovo Cirillo.

Tuttavia, dopo 13 secoli, a partire dal XVIII secolo, gli illuministi trasformarono Ipazia in un mito razionalista vittima del fanatismo cristiano. Un grande contributo lo diede il falsario Edward Gibbon nel suo celebre (quanto storicamente screditato) Declino e caduta dell’Impero romano (1776), dove inventò l’agiografia di Ipazia “martire della scienza”.

Le bugie sulla morte di Ipazia.

A questa leggenda anticattolica ha creduto perfino Luciano Canfora, che definì Ipazia una «scienziata alessandrina», morta in quanto «donna e notevole scienziata, colpevole di non voler essere cristiana ma assertrice della filosofia e della scienza greca»1.

Per sostenere questo, Canfora fu costretto a scartare l’unica fonte contemporanea per appoggiarsi a Damascio, che scrisse un secolo dopo i fatti. Eppure è noto che tale autore falsificò il resoconto e scrisse un romanzo più che una ricostruzione storica, inventandosi perfino l’aspetto estetico di Ipazia, descrivendola come bellissima e giovane (peccato che al momento della morte avesse circa 60 anni).

Oltretutto, come dimostriamo nel dossier, Ipazia non fu affatto una “scienziata” (scrisse solo commenti su pensatori precedenti), si inspirava alla dottrina neoplatonica che influenzò notevolmente proprio lo sviluppo della filosofia cristiana (nessuna contraddizione dunque con il pensiero cristiano), tanto che tra i suoi discepoli vi furono alcuni futuri vescovi, come Sinesio di Cirene (e continuarono a stimarla anche da vescovi).

Infine, Ipazia non fu né la prima né l’ultima studiosa donna (tanto meno “la prima donna matematica”). Secoli prima di lei vissero Aspasia, Diotima, Arete, Ipparchia e Panfila di Epidauro. Più vicino a lei, si può citare Sosipatra. Dopo di lei Asclepigenia ed Edesia insegnarono ad Atene e Alessandria, non provocando alcun turbamento nel popolo cristiano.

Come ha spiegato Moreno Morani, direttore del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Medioevo all’Università degli Sudi di Genova, Ipazia venne semplicemente identificata (a ragione o torto) come la causa principale dell’attrito tra due autorità cristiane (quella religiosa e quella politica) e pagò con la vita, in una città in cui era abituale risolvere per strada le questioni spinose, spesso con la violenza (il patriarca cristiano Proterio d’Alessandria morì anch’egli in un agguato avvenuto nel 457 d.C.).

 


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