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CHIARIMENTI SU PAGINE DI STORIA

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2022 15:30
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30/01/2017 23:19
 
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Il falso mito dei pagani perseguitati dai cristiani



Qualche mese fa si è parlato di un ritorno al culto degli dèi in Grecia, con relativa diffusione del politeismo e della tradizione etnica. Ad accompagnare la notizia anche la segnalazione della distruzione di una chiesa ortodossa sull’isola di Creta da parte dei “seguaci di Zeus”: oltre ad atti di vandalismo sono state depositate feci al suo interno e sono comparsi messaggi contro il cristianesimo sulle pareti della chiesa.


Questo perché i seguaci neo-pagani vedono il cristianesimo come una religione che ha sostituito le pratiche religiose degli antichi greci, e per certi versi, lo avrebbe fatto con la violenza. Ma è davvero andata così? Innanzitutto, bisognerebbe ricordare cosa accadde prima che il cristianesimo divenne religione predominante dell’impero romano.


La più famosa e iniziale persecuzione ai danni dei cristiani originò dall’imperatore Nerone che, secondo la studiosa italiana Marta Sordi, ordinario di Storia greca e Storia romana all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha provocato «qualche centinaio di vittime» (M. Sordi, I cristiani e l’impero romano, Jaca Book 2011, p.31). L’oppressione continuò con l’imperatore Domiziano (81-96 d.C.), mentre sotto l’imperatore Traiano (98-117 d.C.) il cristianesimo venne considerato illecito. Nel 112 Plinio il Giovane, governatore della Bitinia, scrisse: «Io chiedo loro di persona se sono cristiani, e se loro ammettono, io ripeto la domanda una seconda e poi una terza volta, avvertendoli della punizione che li attende. Se persistono, ordino che vengano portati via per essere giustiziati» (Lettere, Rizzoli 2009, 10.96). Soltanto nel 260 venne abrogata la legge della trasgressione capitale, ma le persecuzioni ricominciarono sotto l’imperatore Galerio nel 305 d.C. che -secondo il prof. Timothy Barnes dell’University of Edinburgh-, era nientemeno che «un pagano fanatico» (T. Barnes, Constantine and Eusebius, Harvard Univeristy Press 1981, p.19), il quale fece pagare ai cristiani le avversità che avevano colpito l’impero.


L’editto di Galerio (a nome di Diocleziano) del 303 «mise al bando tutti i raduni cristiani, comandò che tute le scritture cristiane fossero bruciate, estromise i cristiani dai pubblici uffici. In tutto, circa tremila capi e membri illustri furono giustiziati, e migliaia di altri furono condannati alla schiavitù e mandati in miniera» (M. Grant, “The History of Rome, Faber and Faber 1978, p.308). Nel 311, Galerio, sul letto di morte, revocò tutti i decreti che aveva fatto promulgare contro i cristiani e ordinò che essi pregassero per la sua guarigione. La cosa più incredibile è che, nonostante questa profonda persecuzione, «la rapida crescita della popolazione cristiana continuò!» (R. Stark, Il trionfo del cristianesimo, Lindau 2012, p.195). L’Editto di Milano, emanato nel 313 da Costantino, stabilì la libertà di culto per tutte le religioni e pose fine alle persecuzioni contro i cristiani nell’Impero romano.


Come spiegato dal rinomato sociologo Rodney Stark, docente alla Baylor University, «moltissimi romani, sopratutto appartenenti all’èlite politica, credevano sinceramente che fossero stati gli dei a rendere Roma quel grandioso impero che era diventata. Stando così le cose, il cristianesimo costituiva un chiaro insulto nei confronti degli dei». I persecutori romani, ha proseguito, «prestarono attenzione anzitutto ai leader della Chiesa. I vescovi di Roma e Antiochia furono torturati e giustiziati quasi contemporaneamente, i vescovi di Gerusalemme e Antiochia morirono in prigione, diversi cristiani ordinari furono catturati, fra cui varie anziane inermi come Apollonia di Alessadria a cui furono rotti i pochi denti rimasti prima di essere arsa viva» (R. Stark, Il trionfo del cristianesimo, Lindau 2012, p.188-191).


Da Costantino in poi, sopratutto quando i suoi figli presero il potere, la situazione politica si capovolse e l’opposizione antipagana arrivò con gradualità. La cosiddetta “persecuzione pagana” da parte dei cristiani si concretizzò in diversi templi e statue abbattute, testi bruciati e forte opposizione ai sacrifici cruenti, spesso umani, compiuti dai fedeli pagani e conseguente proibizione delle pratiche divinatorie che li contemplavano (l’ultimo editto dell’imperatore Teodosio, ad esempio, recitava: «È nostra volontà e piacere che nessuno dei nostri sudditi, sia magistrato o cittadino privato, nobile o plebeo, presuma in qualsiasi città o luogo, adorare un idolo inanimato col sacrificio di vittime innocenti»). Alcune cose sono però da puntualizzare: innanzitutto, la chiusura dell’Accademia di Atene da parte dell’imperatore Giustiniano nel 529, citata spesso come esempio dell’oppressione dei cristiani nei confronti dei pagani, è da ritenersi «l’azione isolata di un monarca tirannico, un evento significativo solo per i diretti interessati e ben lontano dalla fine della filosofia antica», come ha scritto lo storico inglese James Hannam, il cui lavoro è entrato nella rosa dei candidati per il premio della British Society for the History of Science. Al contrario, per quanto riguarda la distruzione della biblioteca di Alessandria«la storia che l’imperatore cristiano Teodosio la abbia distrutta»ha scritto sempre Hannam, «è chiaramente una finzione».


Anzi, sempre lo storico inglese Hannam ha ricordato che se conosciamo la letteratura latina«dobbiamo ringraziare la Chiesa per quello che abbiamo». Furono infatti i monaci cristiani a ricopiare i testi classici, conservandoli nel tempo e permettendo la loro sopravvivenza. La sua conclusione è che «non è mai avvenuta una distruzione indiscriminata della letteratura antica da parte del cristianesimo istituzionale; non c’è stato alcun tentativo di sopprimere la scrittura pagana di per sé, le opere magiche ed esoteriche sono state trattate esattamente nello stesso modo di come lo erano sotto gli imperatori pagani, che non le apprezzavano molto; con alcune eccezioni, il rispetto per la cultura pagana era diffuso tra i cristiani; la sopravvivenza della letteratura classica è quasi interamente attribuibile agli sforzi dei monaci cristiani che hanno laboriosamente copiando a mano i testi».


Effettivamente durante il governo degli imperatori “cristiani” (bisognerebbe poi aprire un capitolo sulla loro reale devozione, al di là della convenienza politica) non sembra si siano affatto verificate le violente stragi che hanno invece caratterizzato il dominio pagano sui cristiani. Ci fu certamente un conflitto politico-religioso -caratterizzato da azioni certamente condannabili, oggi- ma nessun dilagante spargimento di sangue. Lo storico Giovanni Filoramo, ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Torino, ha infatti scritto che il cristianesimo tentò di eliminare l’errore, non coloro che erravano. Al di là di singoli episodi violenti, riconducibili ad una forma di guerriglia urbana, la legislazione degli imperatori “cristiani” imponeva e rendeva legittimo il contrasto alla religione pagana ma mai autorizzava la lotta armata per la loro eliminazione fisica (G. Filoramo, La croce e il potere, Mondadori 2011, pag. 361). Nel periodo costantinopolitano, ha spiegato ancora lo storico italiano, «l’appoggio ai cristiani non si tradusse in persecuzione antipagana, né Costantino si indusse mai a rifiutare la collaborazione dei pagani e la loro presenza a corte e nelle cariche più alte» (G. Filoramo, Storia del cristianesimo. L’antichità, Laterza 2008, p. 292). Il paganesimo venne maggiormente osteggiato dai figli di Costantino, ma le loro «non numerose leggi» a vantaggio della chiesa cristiana «non costituirono in nessun caso una dichiarazione di guerra alla vecchia religione» (p. 302). In particolare, «non avevano contenuti specificamente antipagani, ma risentivano della moralità cristiana le leggi che condannavano la pederastia (alla pena capitale) e il matrimonio tra consanguinei» (p. 303). E ancora: «il processo di cristianizzazione fu lento e talvolta desultorio», vi furono tentativi di ristabilire il vecchio culto (noto quello di Giuliano, in particolare) ma «il nuovo mondo cristiano mostrò di avere vitalità sufficiente per superare ritardi e battute di arresto» (p. 303).


Tra il 361 e il 365 d.C. si inasprirono le sanzioni imperiali verso il culto pagano, ma «neanche in questo caso si trattò di una persecuzione antipagana» (p. 312), ha precisato ancora Filoramo. Più controverso, infine, il governo di Teodosio dove vennero promulgate durissime pene (anche la condanna a morte) verso chi celebrava i sacrifici pagani: fu «proibita ogni forma di culto non cristiano», in particolare «adorare gli idoli, innalzare loro degli altari e immolare vittime in loro onore» (p. 323). Tuttavia, uno dei pochi casi realmente cruenti verso i pagani fu la strage in seguito alla ribellione di Tessalonica (generata per non aver permesso i giochi annuali): il vescovo di Milano Ambrogio, venutone a conoscenza, scrisse sdegnato a Teodosio chiedendo di umiliarsi davanti a Dio e invitandolo a chiedere pubblicamente perdono (cfr. Epistola 51). «Ambrogio insorse a condannare l’inumano massacro e scomunicò l’imperatore», scrive Filoramo. «Abbandonò Milano e annunziò che non vi avrebbe fatto ritorno fino a quando l’imperatore non avesse fatto pubblica penitenza. Anche questa volta Teodosio cedette e, sconfessando il proprio operato, fece pubblico atto di riparazione» (p. 329).


Parlare di “persecuzione” violenta dei pagani è altamente scorretto dal punto di vista storico, sopratutto quando si finge di dimenticare la vera persecuzione, fatta di morte e sangue, che subirono sistematicamente i cristiani fino all’arrivo dell’imperatore Costantino (indipendentemente dalla veridicità o meno della sua conversione).



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