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QUALE CHIESA E PERCHE'

Ultimo Aggiornamento: 15/07/2020 16:52
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07/06/2011 13:09
 
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E qui si pone il secondo fattore costitutivo di questa comunità umana, che rende possibile il primo.

La pagina di Luca ci mostra dunque una comunità di uomini che vivono l’esperienza della presenza di Cristo; una presenza che afferra la loro vita redimendola nella sua originaria grandezza, assumendola nella Sua, compaginando fra loro una profonda unità.

Essi – ecco il secondo fattore costitutivo – avevano la consapevolezza che questo avvenimento accadeva in forza di una "potenza dall’alto"; in forza del "dono dello Spirito Santo", che è precisamente lo Spirito del Signore risorto. Che cosa significa "Spirito del Signore risorto"?

L’umanità di Gesù ( il suo corpo e la sua anima umani), in forza della risurrezione diviene partecipe della stessa vita divina: è pienamente investita della gloria divina. Uno di noi è entrato pienamente, anche col nostro corpo, nella relazione divina col Padre. E’ entrato nel vincolo pieno dello Spirito Santo. "Gesù, che vive e regna alla destra del Padre, non possiede niente di più intimamente suo dello Spirito Santo. Perciò, effondendolo sulla creazione, la connette a sé con il più tenace dei legami…In virtù di questa effusione pentecostale, gli uomini che l’accolgono si uniscono e si conformano a Cristo, che così diventa il capo dell’umanità nuova; quell’umanità che, saldata e configurata a lui, può giustamente essere detta "suo corpo" (G. Biffi, La sposa chiacchierata. Invito all’ecclesiocentrismo, ed. Jaca Book, Milano 1998, pag. 82). E’ questa la Chiesa nella sua più profonda vita. E’ una vita che pulsa dentro alle miserie e alle schiavitù che ci avviliscono, ma è una vita che va dilatandosi proprio dentro alle nostre carni disfatte. "Riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore" (2Cor 3,18).

E’ mediate lo Spirito che il Signore risorto si rende presente. In due modalità fondamentali.

La prima consiste nel far abitare Cristo nel cuore del credente; nel trasformarlo intimamente rendendolo sempre più partecipe della stessa divina figliazione di Cristo: nel liberarlo dal suo egoismo e dalla legge morale per farlo vivere nella pienezza della libertà che ama. E’ rigenerato in tutta la sua esistenza.

La seconda consiste nel porre in essere dei "fatti" che per la forza dello Spirito assicurano precisamente la presenza del Signore risorto. Che cosa significa "assicurano" ? sono dei fatti che possiedono una tale energia divina che nessuna miseria umana, nessun potere di questo mondo potranno mai eliminare dalla storia, ed evacuare nella loro capacità di rendere presente Cristo. Essi sono tre: il ministero apostolico unito nel carisma di Pietro; le sette sante azioni sacramentali; la S. Scrittura.

Questo secondo fattore fa si che la Chiesa prenda una configurazione precisa ed unica fra tutte le società umane. Questa configurazione ha un nome che è un termine chiave nel vocabolario cristiano: Koinonia, in latino Communio, in italiano Comunione. "Essa definisce la struttura di rapporti che qualifica il gruppo, rappresenta il termine che specifica nel Nuovo Testamento un modo di essere ed un modo di agire … una maniera di rapportarsi con Dio e con gli uomini" (L. Giussani, Perché la Chiesa. Tomo 1 La pretesa permane, ed. Jaca Book, Milano 1991, pag. 119).

1,3. Il terzo ed ultimo fattore costitutivo di questa comunità è la consapevolezza di essere "il sacramento universale di salvezza". E’ la consapevolezza missionaria: è l’inviata del Risorto a tutte le genti, perché ogni uomo possa incontrare il Signore.

Possiamo concludere. Ci siamo chiesti: che cosa è la Chiesa? Possiamo rispondere: è la Presenza del Signore Risorto in mezzo agli uomini che mediante l’effusione dello Spirito Santo Egli unisce a Sé, attraverso il ministero apostolico, i sette sacramenti, la S. Scrittura. E quindi nella Chiesa e mediante la Chiesa, Dio diventa veramente compagno di strada di ogni persona umana.

Cerchiamo ora di rispondere alla seconda domanda: è ragionevole credere a ciò che la Chiesa dice di se stessa?

Inizio a rispondere col richiamare la vostra attenzione su due fatti. Essi non dimostrano ancora la ragionevolezza della fede nella Chiesa; servono solo a renderci più pensosi.

Il primo fatto. Esiste una propensione del non-credente a mettere sotto accusa la Chiesa di oggi per le "prevaricazioni", per i "misfatti" compiuti nel passato. Si esibisce, in sostanza, un ragionamento del genere: "come posso credere alla Chiesa, quando ha fatto …?". Quest’attitudine implica inconsapevolmente un singolare atto di fede nella Chiesa. Meglio: nella sua identità che rimane inalterata lungo tutti i secoli. E ciò di fatto viene riconosciuto solo alla Chiesa: chi oggi a Ferrara chiede conto al sindaco degli eventuali misfatti compiuti dagli Estensi?

Il secondo fatto. Diamo per vero tutto il male che il non-credente dice della Chiesa. Teniamo conto della grave corruzione che in alcuni momenti della storia ha devastato i responsabili della Chiesa medesima. Quale società avrebbe resistito? "Maestà" – disse il Card. Consalvi a Napoleone quando fece prigioniero Pio VII – "non siamo riusciti noi preti a distruggere la Chiesa, vuole riuscire Vostra Maestà?". Il permanere della Chiesa lungo due millenni è un fatto che dona molta materia di pensare a chi non si preclude il pensare a causa di dogmatici pregiudizi.

Ma non è su questi fatti che si fonda la ragionevolezza della fede nella Chiesa. E’ su altro fondamento.

Parto dalla descrizione di ciò che chiamo "principio di coerenza", poiché – come si vedrà in seguito – è dalla messa in atto di questo principio (che regola ogni uso corretto del nostro ragionare) che risulta la ragionevolezza della nostra fede nella Chiesa.

Per "coerenza" intendo un insieme (di proposizioni) le cui parti non sono in contraddizione fra loro; se fra le varie parti che compongono l’insieme esiste una gerarchia, la coerenza esige che una parte subordinata non sia contro la parte da cui dipende; se le varie parti compongono un insieme organico, la coerenza esige che una parte non si separi dalle altre da cui riceve vita né che attenti alla vita dell’insieme.

Per "principio di coerenza" intendo quella norma che deve regolare una proposta per essere ragionevole, quando si tratta di una proposta consistente in un insieme di proposizioni.

Nessuno dubita – credenti e non – che il cristianesimo sia una proposta che trova il suo centro nella persona di Gesù Cristo. Che cosa dice il cristianesimo, la fede cristiana, di Gesù Cristo? Che Egli è stato messo a morte ed è risuscitato nel suo vero corpo: è Dio stesso fatto uomo; è l’unico salvatore di ogni uomo.

Supposta la verità di questa affermazione, il problema che sorge immediatamente in ogni uomo ragionevole è il seguente: come (e dove) posso incontrare Gesù Cristo, Dio fatto uomo, morto e risorto? Incontrare cioè avere un rapporto reale con Lui, da persona a persona.

Una prima risposta potrebbe essere la seguente: dal momento che Gesù Cristo è un fatto storico lo posso fare nel modo proprio con cui si raggiunge un fatto storico. Applicando il metodo normale della ragione quando essa cerca di conoscere un fatto storico. Venire in possesso dei documenti, debitamente vagliati dalla critica, che parlano di Gesù , che riferiscono le sue parole, che narrano le vicende della sua vita. Non solo, si dovrà tenere conto dello sviluppo storico conseguente al "fatto Gesù", poiché anche questo è necessario per avere una conoscenza di Gesù. Ed alla fine, venuto a conoscenza di ciò che effettivamente Gesù ha detto e fatto, si cerca di vivere conformemente alla sua dottrina, se la si ritiene vera.

Riflettiamo seriamente su questa proposta, e domandiamoci: questa via mi fa veramente incontrare Gesù Cristo nella sua persona viva? In realtà, io vengo a conoscenza della sua dottrina, ed il rapporto è istituito non fra la mia persona e la sua persona, ma fra la mia persona e il suo insegnamento. In questo approccio, è indifferente che Lui, Gesù, in questo momento sia vivo o morto: ciò che salva l’uomo, secondo questa proposta, è la conoscenza e l’osservanza della sua dottrina. Ora, Gesù quando pone Se stesso come unico salvatore del mondo, non lo fa in ragione ultimamente di ciò che dice: questo era vero di ogni profeta. Lo fa in ragione dell’identità della sua Persona. Egli cioè non dice: " sarete salvi a causa di ciò che vi dico", ma "sarete salvi a causa della mia persona". Oppure: non dice "io vi dico la verità" ma "Io sono la verità".

E quindi delle due l’una. O la pretesa di Gesù di essere l’unico salvatore del mondo è falsa, ed allora la sua dottrina è l’unica cosa valida che eventualmente ci resta, nella misura in cui esce assolta da tribunale della ragione; o la pretesa di Gesù è vera, ed allora questa metodologia dell’incontro è fuorviante.

La seconda risposta potrebbe essere la seguente: posso incontrare Gesù nella sua persona attraverso un’esperienza spirituale interiore, nella quale "sento" la verità della persona del Signore mio salvatore. E’ un incontro interiore e diretto, col cuore: o occasionato dalla lettura del testo che Dio ha voluto come memoria scritta dei fatti da Lui compiuti per l’uomo, o sollecitato dalla predicazione di persone sante, o sorto da particolari celebrazioni commemorative. Questo incontro diretto, nel cuore, è ciò che chiamiamo "fede".

Riflettiamo seriamente su questa proposta, su questa "metodologia" dell’incontro col Risorto, e chiediamoci: questa via, questa metodologia è coerente con la via e con la metodologia che Dio ha scelto per incontrare l’uomo, per fare compagnia all’uomo? Egli si è fatto uomo, un uomo che mangiava, beveva, dormiva, gioiva e piangeva, che si poteva incontrare per strada.

"Cioè: l’annuncio cristiano è un fatto integralmente umano secondo tutti i fattori della realtà umana, che sono interiori ed esteriori, soggettivi ed oggettivi". Questa metodologia "annulla questa integrità, riduce l’esperienza cristiana ad esperienza meramente interiore" (L. Giussani, Perché la Chiesa … op. cit. pag. 28).

La risposta più coerente, la metodologia più armonica col centro della fede cristiana è che l’incontro oggi col Risorto possa accadere attraverso una realtà, un fatto integralmente umano: fatto di uomini e di tutto ciò di cui è fatta la vita dell’uomo. E questa risposta, questa metodologia è la Chiesa , la modalità con cui l’avvenimento cristiano si realizza, cioè continua ad accadere dentro la storia.

Volendo stringere al massimo il discorso sulla ragionevolezza della fede nella Chiesa, si potrebbe dire così.

Supposto ciò che Gesù di Nazareth dice di se stesso e della salvezza dell’uomo, delle due l’una: o ciò che dice è vero ed allora non c’è che una modalità di incontrarlo e salvarsi e questa corrisponde a ciò che chiamiamo Chiesa; o ciò che la Chiesa dice di sé è falso ed irragionevole ed allora Gesù di Nazareth ha annunciato una salvezza impossibile (cioè si è sbagliato).

Due riflessioni conclusive. La prima: la fede in Cristo e la fede nella Chiesa "simul stant et simul cadunt" (stanno in piedi assieme o cadono assieme). Dire: credo in Cristo, ma non nella Chiesa, non ha un senso coerente. E di fatto, si può facilmente mostrare come chi assume questa attitudine riduce Cristo ad un avvenimento passato, riduce il cristianesimo ad una dottrina. Nega, in fondo, che Cristo sia vivente oggi nel suo vero corpo.

La seconda. Da tutto ciò che ho detto deriva che quando si parla di Chiesa, non si deve intendere chissà quale realtà. La Chiesa la incontro in una comunità di uomini che vivono in un certo luogo. Non esiste la possibilità di incontrare la Chiesa universale nella sua interezza. Incontro la Chiesa che è a Ferrara: è di essa che questa sera ho parlato. Ed incontrando questa Chiesa, incontro Cristo: questo è il "miracolo" che non finisce mai di stupire. Ed uno la incontra come ragionevole possibilità di vita, alla quale aderisce con immensa serietà critica, perché da questa adesione dipende la vita intera nel suo significato ultimo.

Conclusione: nell’approccio al mistero della Chiesa dobbiamo anche noi essere accompagnati da Don Chisciotte e da Sancio.

Sancio non è un ottuso: è uno che vuole tenere i piedi ben fissati per terra. Ma nello stesso tempo, egli resta come affascinato da quello strano suo padrone, al punto che sul letto di morte, quando il Cavaliere vuole rinsavire, Sancio dirà: "ma non sarete diventato tanto pazzo da cominciare a ragionare?". Sancio è un po’ come Tommaso, l’apostolo: "se non vedo, non credo". Ma non è lo scettico che crede di vedere tutto non vedendo oltre … la punta del suo naso.

Don Chisciotte non è un sognatore che insegue illusioni: è uno che semplicemente non vuole ridurre la realtà all’apparenza; non vuole destituire la realtà dalla sua regale e splendente consistenza al servo e noioso vagare dell’emotività sensibile. E’ possibile tenere assieme in sé Don Chisciotte Sancio?

E’ ciò che accade in ogni credente. E’ ciò che è accaduto in Giovanna d’Arco. Ella rispose ai suoi giudici-vescovi: "per me nostro Signore e la Chiesa sono tutt’uno. Quale difficoltà potrebbe opporsi a che siano tutt’uno?". Lo spessore teologicamente straordinario di queste parole deriva dal fatto che esse furono dette da una povera ragazza indifesa davanti ad un gruppo di vescovi politicamente corrotti che stavano per condannarla a morte, ingiustamente. "Innocente, essa si trova di fronte al volto più mostruoso della Chiesa. Immersa in questo mondo di peccato, osa affermare l’identità paradossale di questa stessa Chiesa col suo Signore. Ma in quel momento la Chiesa di Gesù era lei: ella ne era il cuore perché amava in nome di quei membri nei quali l’amore s’era spento" (D. Ange, Il Corpo di Dio dove arde lo Spirito, ed. Ancora, Milano 1982, pag. 177, n. 20). Come Teresa di Lisieux, che si siede a tavola coi peccatori.

Ecco: questo è lo stupendo mistero della Chiesa, che vive dentro alle nostre carni inferme e mortali. Un Mistero senza il quale però il Cristo non sarebbe più il "vivente", ma un ricordo eccezionale del passato, la Chiesa invece che è inseparabile dal   Cristo, il Vivente, di cui  forma il Corpo visibile, vive e prospera anche quando quei " membri nei quali l’amore s’era spento" inducono a pensare male di Lei. "Nel cuore della Chiesa, mia Madre, sarò l'amore", le parole di Teresa di Lisieux ci concedano di comprendere il battito di questo Cuore. Se dico di amare Gesù, ma poi odio la Chiesa ci riduciamo come il soldato che per provare la morte di Gesù, gli dà quel colpo di lancia nel Costato. Un colpo inferto alla Chiesa quale Istituzione Sacramentale, è un colpo inferto al Corpo di Cristo.

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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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