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LA REGOLA di s.BENEDETTO

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2011 15:50
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08/05/2011 15:49
 
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Capitolo LXIV - L'elezione dell'abate

1.Nell'elezione dell'abate bisogna seguire il principio di scegliere il monaco che tutta la comunità ha designato concordemente nel timore di Dio, oppure quello prescelto con un criterio più saggio da una parte sia pur piccola di essa. 2.Il futuro abate dev'essere scelto in base alla vita esemplare e alla scienza soprannaturale, anche se fosse l'ultimo della comunità. 3.Se invece, - non sia mai! - la comunità eleggesse, sia pure di comune accordo, una persona consenziente ai suoi abusi, 4.e il vescovo della diocesi o gli abati o i fedeli delle vicinanze ne venissero comunque a conoscenza 5.devono impedire in tutti i modi che il complotto di quegli sciagurati abbia il sopravvento e nominare un degno ministro della casa di Dio, 6.ben sapendo che ne riceveranno una grande ricompensa, mentre invece sarebbero colpevoli, se non se ne curassero. 7.Il nuovo eletto, poi, pensi sempre al carico che si è addossato e a chi dovrà rendere conto del suo governo 8.e sia consapevole che il suo dovere è di aiutare, piuttosto che di comandare. 9.Bisogna quindi che sia esperto nella legge di Dio per possedere la conoscenza e la materia da cui trarre "cose nuove e antiche", intemerato, sobrio, comprensivo 10.e faccia "trionfare la misericordia sulla giustizia", in modo da meritare un giorno lo stesso trattamento per sé. 11.Detesti i vizi, ma ami i suoi monaci. 12.Nelle stesse correzioni agisca con prudenza per evitare che, volendo raschiare troppo la ruggine, si rompa il vaso: 13.diffidi sempre della propria fragilità e si ricordi che "non bisogna spezzare la canna già incrinata". 14.Con questo non intendiamo che l'abate debba permettere ai difetti di allignare, ma che li sradichi - come abbiamo già detto - con prudenza e carità, nel modo che gli sembrerà più conveniente per ciascuno, 15.e cerchi di essere più amato che temuto. 16.Non sia turbolento e ansioso, né esagerato e ostinato, né invidioso e sospettoso, perché così non avrebbe mai pace; 17.negli stessi ordini sia previdente e riflessivo e, tanto se il suo comando riguarda il campo spirituale, quanto se si riferisce a un interesse temporale, proceda con discernimento e moderazione, 18.tenendo presente la discrezione del santo patriarca Giacobbe, che diceva: "Se affaticherò troppo i miei greggi, moriranno tutti in un giorno". 19.Seguendo questo e altri esempi di quella discrezione che è la madre di tutte le virtù, disponga ogni cosa in modo da stimolare le generose aspirazioni dei forti, senza scoraggiare i deboli. 20.E soprattutto osservi e faccia osservare integramente la presente Regola 21.per potersi sentir dire dal Signore, al termine della sua onesta gestione, le parole udite dal servo fedele, che a tempo debito distribuì il frumento ai suoi compagni: 22."In verità vi dico: - dichiara Gesù - gli diede potere su tutti i suoi beni".



Capitolo LXV - Il priore del monastero

1.Accade spesso che la nomina del priore dia origine a gravi scandali, 2.perché alcuni, gonfiati da un maligno spirito di superbia e convinti di essere altrettanti abati, si attribuiscono indebitamente un potere assoluto, fomentando litigi, creando divisioni nelle comunità, 3.specialmente in quei monasteri nei quali il priore viene nominato dallo stesso vescovo o dagli stessi abati a cui spetta l'elezione dell'abate. 4.E' facile rendersi conto dell'assurdità di una simile procedura, con cui si dà motivo al priore di insuperbirsi fin dal primo momento della sua nomina, 5.perché la considerazione di questo stato di cose può insinuare in lui l'idea di non essere più soggetto all'autorità dell'abate. 6."Tu pure - dirà a se stesso - sei stato nominato da quelli che hanno eletto l'abate". 7.Di qui nascono invidie, liti, maldicenze, rivalità, divisioni e disordini di ogni genere, 8.per cui, mentre l'abate e il priore sono in disaccordo, le loro anime vengono necessariamente a trovarsi in pericolo a motivo di questo contrasto 9.e i loro sudditi, parteggiando per l'uno o per l'altro, vanno in perdizione. 10.La responsabilità di questa perniciosa situazione ricade principalmente sugli autori di tanto disordine. 11.Quindi, per la tutela della pace e della carità ci è sembrato necessario far dipendere l'ordinamento del monastero unicamente dalla volontà del suo abate. 12.E, se è possibile, tutte le attività del monastero siano regolate - come abbiamo già stabilito in precedenza - per mezzo di decani, secondo quanto disporrà l'abate, 13.in modo che, ripartendo l'autorità fra varie persone, non si dia motivo a uno solo di insuperbirsi. 14.Ma se le condizioni locali lo esigono o la comunità lo chiede umilmente e con ragioni fondate e l'abate lo giudica opportuno, 15.nomini egli stesso priore quel monaco che avrà scelto con il consiglio di fratelli timorati di Dio. 16.Il priore, da parte sua, esegua con reverenza gli ordini del suo abate e non faccia nulla contro la volontà o le disposizioni di lui, 17.perché quanto più è stato elevato al di sopra degli altri, tanto maggior impegno deve dimostrare nell'osservanza delle prescrizioni della Regola. 18.Se poi questo priore si rivelerà pieno di difetti o, lusingato dalla vanità, monterà in superbia o darà prova manifesta di disprezzare la santa Regola, sia ammonito a voce per quattro volte, 19.ma, nel caso che non si corregga, si prenda nei suoi confronti il provvedimento disciplinare previsto dalla Regola. 20.Se neppure così si ravvederà, sia deposto dalla carica di priore e sostituito da un altro che ne sia degno. 21.E se in seguito non intenderà starsene quieto e sottomesso in comunità, sia addirittura espulso dal monastero. 22.Ma l'abate, da parte sua, si ricordi sempre che un giorno dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue decisioni, per evitare che la fiamma dell'invidia e della gelosia gli divori l'anima.



Capitolo LXVI - I portinai del monastero

1.Alla porta del monastero sia destinato un monaco anziano e assennato, che sappia ricevere e riportare le commissioni e sia abbastanza maturo da non disperdersi, andando in giro a destra e a sinistra. 2.Questo portinaio deve avere la sua residenza presso la porta, in modo che le persone che arrivano trovino sempre un monaco pronto a rispondere. 3.Quindi, appena qualcuno bussa o un povero chiede la carità, risponda: "Deo gratias!" Oppure: "Benedicite!" 4.e con tutta la delicatezza che ispira il timor di Dio venga incontro alle richieste del nuovo arrivato, dimostrando una grande premura e un'ardente carità. 5.Lo stesso portinaio, se ha bisogno di aiuto, sia coadiuvato da un fratello più giovane. 6.Il monastero, poi, dev'essere possibilmente organizzato in modo che al suo interno si trovi tutto l'occorrente, ossia l'acqua, il mulino, l'orto e i vari laboratori, 7.per togliere ai monaci ogni necessità di girellare fuori, il che non giova affatto alle loro anime. 8.Infine vogliamo che questa Regola sia letta spesso in comunità, perché nessuno possa giustificarsi con il pretesto dell'ignoranza.
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