È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LA REGOLA di s.BENEDETTO

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2011 15:50
Autore
Stampa | Notifica email    
08/05/2011 15:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Capitolo LIV - La distribuzione delle lettere e dei regali destinati ai singoli monaci

1.Senza il consenso dell'abate nessun monaco può ricevere dai suoi parenti o da qualunque altra persona lettere, oggetti di devozione o altri piccoli regali e neanche farne a sua volta o scambiarli con i confratelli. 2.E anche se i parenti gli mandassero qualche dono, non si permetta di accettarlo, senza averne prima informato l'abate. 3.Ma questi, anche nel caso che dia il suo consenso per ricevere il dono, può sempre assegnarlo a chi vuole 4.e il monaco a cui era destinato non deve farsi di questo un motivo di afflizione, per non dare occasione al diavolo. 5.Se poi qualcuno si provasse a comportarsi diversamente, sia sottoposto ai castighi dalla Regola.



Capitolo LV - Gli abiti e le calzature dei monaci

1.Bisogna dare ai monaci degli abiti adatti alle condizioni e al clima della località in cui abitano, 2.perché nelle zone fredde si ha maggiore necessità di coprirsi e in quelle calde di meno: 3.il giudizio al riguardo è di competenza dell'abate. 4.Comunque riteniamo che nei climi temperati bastino per ciascun monaco una tonaca e una cocolla, 5.quest'ultima di lana pesante per l'inverno e leggera o lisa per l'estate; 6.inoltre lo scapolare per il lavoro e come calzature, scarpe e calze. 7.Quanto al colore e alla qualità di tutti questi indumenti, i monaci non devono attribuirvi eccessiva importanza, accontentandosi di quello che si può trovare sul posto ed è più a buon mercato. 8.L'abate però stia attento alla misura degli abiti, in modo che non siano troppo corti, ma della taglia di chi li indossa. 9.I monaci che ricevono gli indumenti nuovi, restituiscano i vecchi, che devono essere riposti nel guardaroba per poi distribuirli ai poveri. 10.Infatti a ogni monaco bastano due cocolle e due tonache per potersi cambiare la notte e per lavarle; 11.il di più è superfluo e dev'essere eliminato. 12.Anche le calze e qualsiasi altro oggetto usato dev'essere restituito, quando ne viene assegnato uno nuovo. 13.I monaci, che sono mandati in viaggio, ricevano dal guardaroba gli indumenti occorrenti, che restituiranno poi lavati al ritorno. 14.Anche le cocolle e le tonache per il viaggio siano un po' migliori di quelle portate usualmente; gli interessati le prendano in consegna dal guardaroba, quando partono, e le restituiscano al ritorno. 15.Per la fornitura dei letti poi bastino un pagliericcio, una coperta di grossa tela, un coltrone e un cuscino di paglia o di crine. 16.I letti, però, devono essere frequentemente ispezionati dall'abate, per vedere se non ci sia nascosta qualche piccola proprietà personale. 17.E se si scoprisse qualcuno in possesso di un oggetto che non ha ricevuto dall'abate, sia sottoposto a una gravissima punizione. 18.Ma, per strappare fin dalle radici questo vizio della proprietà, l'abate distribuisca tutto il necessario 19.e cioè: cocolla, tonaca, calze, scarpe, cintura, coltello, ago, fazzoletti e il necessario per scrivere, in modo da togliere ogni pretesto di bisogno. 20.In questo, però, deve sempre tener presente quanto è detto negli Atti degli Apostoli e cioè che "Si dava a ciascuno secondo le sue necessità". 21.Quindi prenda in considerazione le particolari esigenze dei più deboli, anziché la malevolenza degli invidiosi. 22.Comunque, in tutte le sue decisioni si ricordi del giudizio di Dio.



Capitolo LVI - La mensa dell'abate

1.L'abate mangi sempre in compagnia degli ospiti e dei pellegrini. 2.Ma quando gli ospiti sono pochi, può chiamare alla sua mensa i monaci che vuole. 3.Sarà bene tuttavia lasciare uno o due monaci anziani con la comunità per il mantenimento della disciplina.



Capitolo LVII - I monaci che praticano un'arte o un mestiere

1.Se in monastero ci sono dei fratelli esperti in un'arte o in un mestiere, li esercitino con la massima umiltà, purché l'abate lo permetta. 2.Ma se qualcuno di loro monta in superbia, perché gli sembra di portare qualche utile al monastero, 3.sia tolto dal suo lavoro e non gli sia più concesso di occuparsene, a meno che rientri in se stesso, umiliandosi, e l'abate non glielo permetta di nuovo. 4.Se poi si deve vendere qualche prodotto del lavoro di questi monaci, coloro, che sono stati incaricati di trattare l'affare, si guardino bene da qualsiasi disonestà. 5.Si ricordino sempre di Anania e Safira, per non correre il rischio che la morte, subita da quelli nel corpo, 6.colpisca le anime loro e di tutte le persone, che hanno comunque defraudato le sostanze del monastero. 7.Però nei prezzi dei suddetti prodotti non deve mai insinuarsi l'avarizia, 8.ma bisogna sempre venderli un po' più a buon mercato dei secolari 9."affinché in ogni cosa sia glorificato Dio".



Capitolo LVIII - Norme per l'accettazione dei fratelli

1.Quando si presenta un aspirante alla vita monastica, non bisogna accettarlo con troppa facilità, 2.ma, come dice l'Apostolo: "Provate gli spiriti per vedere se vengono da Dio". 3.Quindi, se insiste per entrare e per tre o quattro giorni dimostra di saper sopportare con pazienza i rifiuti poco lusinghieri e tutte le altre difficoltà opposte al suo ingresso, perseverando nella sua richiesta, 4.sia pure accolto e ospitato per qualche giorno nella foresteria. 5.Ma poi si trasferisca nel locale destinato ai novizi, perché vi ricevano la loro formazione, vi mangino e vi dormano. 6.Ad essi venga inoltre preposto un monaco anziano, capace di conquistare le anime, con l'incarico di osservarli molto attentamente. 7.In primo luogo bisogna accertarsi se il novizio cerca veramente Dio, se ama l'Ufficio divino, l'obbedienza e persino le inevitabili contrarietà della vita comune. 8.Gli si prospetti tutta la durezza e l'asperità del cammino che conduce a Dio. 9.Se darà sicure prove di voler perseverare nella sua stabilità, dopo due mesi gli si legga per intero questa Regola 10.e gli si dica: "Ecco la legge sotto la quale vuoi militare; se ti senti di poterla osservare, entra; altrimenti, va' pure via liberamente". 11.Se persisterà ancora nel suo proposito, sia ricondotto nel suddetto locale dei novizi e si metta la sua pazienza alla prova in tutti i modi possibili. 12.Passati sei mesi, gli si legga di nuovo la Regola, perché prenda coscienza dell'impegno che sta per assumersi. 13.E se continua a perseverare, dopo altri quattro mesi, gli si legga ancora una volta la stessa Regola. 14.Se allora, dopo aver seriamente riflettuto, prometterà di essere fedele in tutto e di obbedire a ogni comando, sia pure accolto nella comunità, 15.ma sappia che anche l'autorità della Regola gli vieta da quel giorno di uscire dal monastero 16.e di sottrarsi al giogo della disciplina monastica che, in una così prolungata deliberazione, ha avuto la possibilità di accettare o rifiutare liberamente. 17.Al momento dell'ammissione faccia in coro, davanti a tutta la comunità, solenne promessa di stabilità, conversione continua e obbedienza, 18.al cospetto di Dio e di tutti i suoi santi, in modo da essere pienamente consapevole che, se un giorno dovesse comportarsi diversamente, sarà condannato da Colui del quale si fa giuoco. 19.Di tale promessa stenda un documento sotto forma di domanda, rivolta ai Santi, le cui reliquie sono conservate nella chiesa, e all'abate presente. 20.Scriva di suo pugno il suddetto documento o, se non è capace, lo faccia scrivere da un altro, dietro sua esplicita richiesta, e lo firmi con un segno, deponendolo poi sull'altare con le proprie mani. 21.Una volta depositato il documento sull'altare, il novizio intoni subito il versetto: "Accoglimi, Signore, secondo la tua promessa e vivrò; e non deludermi nella mia speranza". 22.Tutta la comunità ripeta per tre volte lo stesso versetto, aggiungendovi alla fine il Gloria. 23.Poi il novizio si prostri ai piedi di ciascuno dei fratelli per chiedergli di pregare per lui e da quel giorno sia considerato come un membro della comunità. 24.Se possiede dei beni materiali, li distribuisca in precedenza ai poveri o li doni al monastero con un atto ufficiale senza riservare per sé la minima proprietà, 25.ben sapendo che da quel giorno in poi non sarà più padrone neanche del proprio corpo. 26.Quindi, subito dopo, sia spogliato in coro delle vesti che indossa e rivestito dell'abito monastico. 27.Ma gli indumenti di cui si è spogliato devono essere conservati nel guardaroba, 28.in modo che, se in seguito dovesse - Dio non voglia!- cedere alla suggestione diabolica e lasciare il monastero, sia mandato via senza l'abito monastico. 29.Non gli si restituisca invece la domanda che l'abate ha ritirato dall'altare, ma sia conservata in monastero.



Capitolo LIX - I piccoli oblati

1.Se qualche persona facoltosa volesse offrire il proprio figlio a Dio nel monastero e il ragazzo è ancora piccino, i genitori stendano la domanda di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente 2.e l'avvolgano nella tovaglia dell'altare insieme con l'oblazione della Messa e la mano del bimbo, offrendolo in questo modo. 3.Per quanto riguarda poi i loro beni, o nella domanda suddetta promettano di non dargli mai nulla, né direttamente né per interposta persona, né in qualsiasi altro modo, e neanche di dargli mai l'occasione di procurarsi qualche sostanza, 4.oppure, se non intendono regolarsi secondo questa prassi e desiderano offrire qualche cosa al monastero per la salute dell'anima loro, 5.facciano donazione dei beni che vogliono regalare al monastero, riservandosene, se credono, l'usufrutto. 6.Così si precludano tutte le vie, in modo da non lasciare al ragazzo alcun miraggio da cui possa esser tratto in inganno e - Dio non voglia! - in perdizione, come ci ha insegnato l'esperienza. 7.La stessa procedura seguano anche i meno abbienti. 8.Quanto a coloro che non possiedono proprio nulla, facciano semplicemente la domanda e offrano il loro figlioletto con l'oblazione della Messa, alla presenza di testimoni.



Capitolo LX - I sacerdoti aspiranti alla vita monastica

1.Se qualche sacerdote chiede di essere ammesso nel monastero, non bisogna affrettarsi troppo ad accogliere la sua richiesta. 2.Ma se continua a insistere in questa preghiera, sappia che dovrà osservare tutta la disciplina della Regola, 3.senza la minima attenuazione, in modo che gli si possa dire con la Scrittura: "Amico, che sei venuto a fare?". 4.Gli si conceda tuttavia di prender posto dopo l'abate, di dare la benedizione e di recitare le preci finali, purché l'abate disponga così; 5.altrimenti non pretenda assolutamente nulla, anzi sia per tutti un esempio di umiltà, ben sapendo di essere soggetto alla disciplina della Regola. 6.E se per caso nella comunità si dovesse trattare dell'assegnazione delle cariche o di qualche altro affare, 7.occupi il posto che gli spetta corrispondentemente al suo ingresso in monastero e non quello che gli è stato concesso in considerazione della sua dignità sacerdotale. 8.Se poi qualche chierico, spinto dallo stesso desiderio, volesse essere aggregato alla comunità, sia assegnato a un posto di un certo riguardo, 9.ma sempre a condizione che prometta anche lui l'osservanza della Regola e la propria stabilità.



Capitolo LXI - L'accoglienza dei monaci forestieri

1.Se un monaco forestiero, giunto di lontano, vuole abitare nel monastero in qualità di ospite 2.e si dimostra soddisfatto delle consuetudini locali, 3.accontentandosi con semplicità di quello che trova, senza disturbare la comunità con le sue pretese, sia accolto per tutto il tempo che desidera. 4.Nel caso poi che egli rilevi qualche inconveniente o dia qualche suggerimento, l'abate si chieda se il Signore non lo abbia mandato proprio per questo. 5.E se in seguito vorrà fissare la sua stabilità nel monastero, non si opponga un rifiuto a questa sua richiesta, tanto più che durante la sua permanenza si è avuto modo di studiarne il comportamento. 6.Se però, quando era ospite si è dimostrato pieno di pretese e di difetti, non solo non dev'essere aggregato alla comunità, 7.ma bisogna dirgli garbatamente di andarsene per evitare che le sue miserie contagino anche gli altri. 8.Invece, se non merita di essere allontanato, non sia accolto e incorporato nella comunità solo nel caso che ne faccia domanda, 9.ma sia addirittura invitato a rimanere, perché gli altri possano trarre profitto dal suo esempio 10.e perché dappertutto si serve il medesimo Signore e si milita sotto lo stesso Re. 11.Anzi, se l'abate lo ritiene degno, può anche assegnargli un posto un po' elevato. 12.E non solamente un monaco, ma anche coloro che appartengono all'ordine sacerdotale o al chiericato, l'abate può destinare a un posto superiore a quello corrispondente al loro ingresso in monastero, se ha notato che la condotta lo merita. 13.Si guardi però sempre dall'ammettere stabilmente nella sua comunità un monaco proveniente da un monastero conosciuto, senza il consenso e le lettere commendatizie del suo abate, 14.perché sta scritto: "Non fare agli altri quello che non vuoi che sia fatto a te".



Capitolo LXII - I sacerdoti del monastero

1.Se un abate desidera che uno dei suoi monaci sia ordinato sacerdote o diacono per il servizio della comunità scelga in essa un fratello degno di esercitare tali funzioni. 2.Ma il monaco ordinato si guardi dalla vanità e dalla superbia 3.e non creda di poter fare altro che quello che gli ordina l'abate, tenendo sempre presente che d'ora in poi dovrà essere maggiormente sottomesso alla disciplina. 4.Né col pretesto del sacerdozio trascuri l'obbedienza alla Regola o la disciplina, ma anzi progredisca sempre più nelle vie di Dio. 5.Conservi sempre il posto che gli spetta in corrispondenza del suo ingresso in monastero, 6.tranne che per il ministero dell'altare, oppure nel caso che la scelta della comunità o la volontà dell'abate l'abbiano promosso in considerazione della sua vita esemplare. 7.Sappia però che deve osservare la disciplina prestabilita per i decani e i superiori. 8.Se avrà la presunzione di agire diversamente, non sia più trattato come un sacerdote, ma come un ribelle. 9.E nell'eventualità che, dopo essere stato ammonito non si correggesse, si chiami a testimonio anche il vescovo. 10.Ma se neanche allora si emendasse e le sue colpe diventassero sempre più evidenti, sia espulso dal monastero, 11.purché però sia stato così ostinato da non volersi sottomettere e obbedire alla Regola.



Capitolo LXIII - L'ordine della comunità

1.Nella comunità ognuno conservi il posto che gli spetta secondo la data del suo ingresso o l'esemplarità della sua condotta o la volontà dell'abate. 2.Bisogna però che quest'ultimo non metta lo scompiglio nel gregge che gli è stato affidato, prendendo delle disposizioni ingiuste come se esercitasse un potere assoluto, 3.ma pensi sempre che dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue decisioni e azioni. 4.Dunque i monaci si succedano nel bacio di pace e nella comunione, nell'intonare i salmi e nei posti in coro, secondo l'ordine stabilito dall'abate o a essi spettante. 5.E in nessuna occasione l'età costituisca un criterio distintivo o pregiudizievole per stabilire i posti, 6.perché Samuele e Daniele, quando erano ancora fanciulli, giudicarono gli anziani. 7.Quindi, a eccezione di quelli che, come abbiamo già detto, l'abate avrà promosso per ragioni superiori o degradato per motivi fondati, tutti gli altri occupino sempre i posti determinati dalla data del rispettivo ingresso, 8.in modo che il monaco, arrivato - per esempio - in monastero alle 9, sappia di essere più giovane di quello arrivato alle 8, quale che sia la sua età e dignità. 9.Per quanto riguarda i ragazzi, invece, si osservi in tutto e per tutto la relativa disciplina. 10.I più giovani, dunque, trattino con riguardo i più anziani, che a loro volta li ricambino con amore. 11.Anche quando si chiamano tra loro, nessuno si permetta di rivolgersi all'altro con il solo nome, 12.ma gli anziani diano ai giovani l'appellativo di "fratello" e i giovani usino per gli anziani quello di "reverendo padre", come espressione del loro rispetto filiale. 13.L'abate poi sia chiamato "signore" e "abate", non perché si sia arrogato da sé un tale titolo, ma in onore e per amore di Cristo del quale sappiamo per fede che egli fa le veci. 14.Da parte sua, però, rifletta sull'onore che gli viene tributato e se ne dimostri degno. 15.Dovunque i fratelli si incontrano, il più giovane chieda la benedizione al più anziano; 16.quando passa un monaco anziano, il più giovane si alzi e gli ceda il posto, guardandosi bene dal rimettersi a sedere prima che l'anziano glielo permetta, 17.in modo che si realizzi quanto è scritto: "Prevenitevi a vicenda nel rendervi onore". 18.I ragazzi più piccoli e i giovanetti occupino in coro e in refettorio i posti loro spettanti secondo la Regola: 19.ma fuori di lì siano sorvegliati e tenuti dappertutto sotto la disciplina, finché non avranno raggiunto un età più matura.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:18. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com