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LA REGOLA di s.BENEDETTO

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2011 15:50
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08/05/2011 15:45
 
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Capitolo XLVII - Il segnale per l'Ufficio divino

1.Bisogna che l'abate si assuma personalmente il compito di dare il segnale per l'Ufficio divino, oppure lo affidi a un monaco diligente in modo che tutto avvenga regolarmente nelle ore fissate. 2.L'intonazione dei salmi e delle antifone, secondo l'ordine prestabilito, spetta, dopo l'abate, ai monaci appositamente designati. 3.E nessuno si permetta di cantare o di leggere all'infuori di chi è capace di farlo in maniera da edificare i suoi ascoltatori; 4.inoltre questo compito dev'essere svolto con umiltà, gravità e reverenza e solo dietro incarico dell'abate.



Capitolo XLVIII - Il lavoro quotidiano

1.L'ozio è nemico dell'anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio. 2.Quindi pensiamo di regolare gli orari di queste due attività fondamentali nel modo seguente: 3.da Pasqua fino al 14 settembre, al mattino verso le 5 quando escono da Prima, lavorino secondo le varie necessità fino alle 9; 4.dalle 9 fino all'ora di Sesta si dedichino allo studio della parola di Dio. 5.Dopo l'Ufficio di Sesta e il pranzo, quando si alzano da tavola, riposino nei rispettivi letti in assoluto silenzio e, se eventualmente qualcuno volesse leggere per proprio conto, lo faccia in modo da non disturbare gli altri. 6.Si celebri Nona con un po' di anticipo, verso le 14, e poi tutti riprendano il lavoro assegnato dall'obbedienza fino all'ora di Vespro. 7.Ma se le esigenze locali o la povertà richiedono che essi si occupino personalmente della raccolta dei prodotti agricoli, non se ne lamentino, 8.perché i monaci sono veramente tali, quando vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli. 9.Tutto però si svolga con discrezione, in considerazione dei più deboli. 10.Dal 14 settembre, poi, fino al principio della Quaresima, si applichino allo studio fino alle 9, 11.quando celebreranno l'ora di Terza, dopo la quale tutti saranno impegnati nei rispettivi lavori fino a Nona, e cioè alle 14. 12.Al primo segnale di Nona, ciascuno interrompa il proprio lavoro per essere pronto al suono del secondo segnale. 13.Dopo il pranzo si dedichino alla lettura personale o allo studio dei salmi. 14.Durante la Quaresima leggano dall'alba fino alle 9 inoltrate e poi lavorino in conformità agli ordini ricevuti fino verso le 4 pomeridiane. 15.In quei giorni di Quaresima ciascuno riceva un libro dalla biblioteca e lo legga ordinatamente da cima a fondo. 16.I suddetti libri devono essere distribuiti all'inizio della Quaresima. 17.E per prima cosa bisognerà incaricare uno o due monaci anziani di fare il giro del monastero nelle ore in cui i fratelli sono occupati nello studio, 18.per vedere se per caso ci sia qualche monaco indolente, che, invece di dedicarsi allo studio, perda, tempo oziando e chiacchierando e quindi, oltre a essere improduttivo per sé, distragga anche gli altri. 19.Se si trovasse - non sia mai! - un fratello che si comporta in questo modo, sia rimproverato una prima e una seconda volta, 20.ma se non si corregge, gli si infligga una punizione prevista dalla Regola, in modo da incutere anche negli altri un salutare timore. 21.Non è neppure permesso che un monaco si trovi con un altro fuori del tempo stabilito. 22.Anche alla domenica si dedichino tutti allo studio della parola di Dio, a eccezione di quelli destinati ai vari servizi. 23.Ma se ci fosse qualcuno tanto negligente e fannullone da non volere o poter studiare o leggere, gli si dia qualche lavoro da fare, perché non rimanga in ozio. 24.Infine ai monaci infermi o cagionevoli si assegni un lavoro o un'attività che non li lasci nell'inazione e nello stesso tempo non li sfinisca per l'eccessiva fatica, spingendoli ad andarsene, 25.poiché l'abate ha il dovere di tener conto della loro debolezza.



Capitolo XLIX - La quaresima dei monaci

1.Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale, 2.visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, 3.profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell'anno. 4.E questo si realizza degnamente, astenendosi da ogni peccato e dedicandosi con impegno alla preghiera accompagnata da lacrime di pentimento, allo studio della parola di Dio, alla compunzione del cuore e al digiuno. 5.Perciò durante la Quaresima aggiungiamo un supplemento al dovere ordinario del nostro servizio, come, per es., preghiere particolari, astinenza nel mangiare o nel bere, 6.in modo che ognuno di noi possa di propria iniziativa offrire a Dio "con la gioia dello Spirito Santo" qualche cosa di più di quanto deve già per la sua professione monastica; 7.si privi cioè di un po' di cibo, di vino o di sonno, mortifichi la propria inclinazione alle chiacchiere e allo scherzo e attenda la santa Pasqua con l'animo fremente di gioioso desiderio. 8.Ma anche ciò che ciascuno vuole offrire personalmente a Dio dev'essere prima sottoposto umilmente all'abate e poi compiuto con la sua benedizione e approvazione, 9.perché tutto quello che si fa senza il permesso dell'abate sarà considerato come presunzione e vanità, anziché come merito. 10.Perciò si deve far tutto con l'autorizzazione dell'abate.



Capitolo L - I monaci che lavorano lontano o sono in viaggio

1.I fratelli, che lavorano molto lontano e non possono essere presenti in coro nell'ora fissata per l'Ufficio divino, 2.se l'impossibilità in cui si trovano è stata effettivamente accettata dall'abate, 3.recitino pure l'Ufficio divino sul posto di lavoro, mettendosi in ginocchio per la reverenza dovuta a Dio. 4.Così pure quelli, che sono mandati in viaggio, non lascino passare le ore stabilite per l'Ufficio, ma lo recitino come meglio possono e non trascurino l'adempimento del dovere inerente al loro sacro servizio.



Capitolo LI - I monaci che si recano nelle vicinanze

1.Il monaco, che viene mandato fuori per qualche commissione e conta di tornare in monastero nella stessa giornata, non si permetta di mangiare fuori, anche se viene pregato con insistenza da qualsiasi persona, 2.a meno che l'abate non gliene abbia dato il permesso. 3.Se contravverrà a questa prescrizione, sarà scomunicato.



Capitolo LII - La chiesa del monastero

1.La chiesa sia quello che dice il suo nome, quindi in essa non si faccia né si riponga altro. 2.Alla fine dell'Ufficio divino escano tutti in perfetto silenzio e con grande rispetto per Dio, 3.in modo che, se un monaco volesse rimanere a pregare. privatamente, non sia impedito dall'indiscrezione altrui. 4.Se, però, anche in un altro momento qualcuno desidera pregare per proprio conto, entri senz'altro e preghi, non a voce alta, ma con lacrime e intimo ardore. 5.Perciò, come abbiamo detto, chi non intende dedicarsi all'orazione si guardi bene dal trattenersi in chiesa dopo la celebrazione del divino Ufficio, per evitare che altri siano disturbati dalla sua presenza.



Capitolo LIII - L'accoglienza degli ospiti

1.Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: "Sono stato ospite e mi avete accolto" 2.e a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri confratelli e ai pellegrini. 3.Quindi, appena viene annunciato l'arrivo di un ospite, il superiore e i monaci gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore; 4.per prima cosa preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace. 5.Questo bacio di pace non dev'essere offerto prima della preghiera per evitare le illusioni diaboliche. 6.Nel saluto medesimo si dimostri già una profonda umiltà verso gli ospiti in arrivo o in partenza, 7.adorando in loro, con il capo chino o il corpo prostrato a terra, lo stesso Cristo, che così viene accolto nella comunità. 8.Dopo questo primo ricevimento, gli ospiti siano condotti a pregare e poi il superiore o un monaco da lui designato si siedano insieme con loro. 9.Si legga all'ospite un passo della sacra Scrittura, per sua edificazione, e poi gli si usino tutte le attenzioni che può ispirare un fraterno e rispettoso senso di umanità. 10.Se non è uno dei giorni in cui il digiuno non può essere violato, il superiore rompa pure il suo digiuno per far compagnia all'ospite, 11.mentre i fratelli continuino a digiunare come al solito. 12.L'abate versi personalmente l'acqua sulle mani degli ospiti per la consueta lavanda; 13.lui stesso, poi, e tutta la comunità lavino i piedi a ciascuno degli ospiti 14.e al termine di questo fraterno servizio dicano il versetto: "Abbiamo ricevuto la tua misericordia, o Dio, nel mezzo del tuo Tempio". 15.Specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare e, d'altra parte, l'imponenza dei ricchi incute rispetto già di per sé. 16.La cucina dell'abate e degli ospiti sia a parte, per evitare che i monaci siano disturbati dall'arrivo improvviso degli ospiti, che non mancano mai in monastero. 17.Il servizio di questa cucina sia affidato annualmente a due fratelli, che sappiano svolgerlo come si deve. 18.A costoro si diano anche degli aiuti, se ce n'è bisogno, perché servano senza mormorare, ma, a loro volta, quando hanno meno da fare, vadano a lavorare dove li manda l'obbedienza. 19.E non solo in questo caso, ma nei confronti di tutti i fratelli impegnati in qualche particolare servizio del monastero, si segua un tale principio 20.e cioè che, se occorre, si concedano loro degli aiuti, mentre, una volta terminato il proprio lavoro, essi devono tenersi disponibili per qualsiasi ordine. 21.Così pure la foresteria, ossia il locale destinato agli ospiti, sia affidata a un monaco pieno di timor di Dio: 22.in essa ci siano dei letti forniti di tutto il necessario e la casa di Dio sia governata con saggezza da persone sagge. 23.Nessuno, poi, a meno che ne abbia ricevuto l'incarico, prenda contatto o si intrattenga con gli ospiti, 24.ma se qualcuno li incontra o li vede, dopo averli salutati umilmente come abbiamo detto e aver chiesta la benedizione, passi oltre, dichiarando di non avere il permesso di parlare con gli ospiti.
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