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LA REGOLA di s.BENEDETTO

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2011 15:50
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08/05/2011 15:43
 
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Capitolo XVII - Salmi delle ore del giorno



1.Abbiamo già stabilito l'ordine della salmodia per l'Ufficio notturno e per le Lodi; adesso provvediamo per le altre Ore. 2.All'ora di Prima si dicano tre salmi separatamente, ciascuno con il proprio Gloria 3.e l'inno della stessa Ora segua il versetto Deus in adiutorium prima di iniziare i salmi. 4.Finiti i tre salmi, si reciti una sola lezione, il versetto, il Kyrie eleison e le preci finali. 5.A Terza, a sesta e a Nona si celebri l'Ufficio secondo lo stesso ordine e cioè il versetto iniziale, gli inni delle rispettive Ore, tre salmi, la lezione, il versetto, il Kyrie eleison e le preci finali. 6.Se la comunità fosse numerosa, si salmeggi con le antifone, altrimenti si recitino i salmi tutti di seguito. 7.L'Ufficio del Vespro comprenda quattro salmi con le antifone, 8.dopo i quali si reciti la lezione, quindi il responsorio, l'inno, il versetto, il cantico del Vangelo, il Kyrie e il Pater, a cui segue il congedo. 9.Compieta, infine, consista in tre salmi di seguito, senza antifona, 10.ai quali segua l'inno della medesima ora, una sola lezione, il versetto, il Kyrie eleison e la benedizione con cui si conclude.



Capitolo XVIII - L'ordine dei salmi nelle ore del giorno

1.Prima di tutto si dica il versetto: "O Dio, vieni in mio soccorso; Signore, affrettati ad aiutarmi", il Gloria e poi l'inno di ciascuna Ora. 2.A Prima della domenica si dicano quattro strofe del salmo 118; 3.alle altre Ore, cioè a Terza, Sesta e Nona, si dicano tre strofe per volta dello stesso salmo. 4.A Prima del lunedì si recitino tre salmi e cioè il salmo 1, il 2 e il 6; 5.e così nei giorni successivi fino alla domenica si dicano di seguito tre salmi fino al 19, in modo però che il 9 e il 17 si dividano in due. 6.Così le vigilie domenicali cominceranno sempre con il salmo 20. 7.A Terza, Sesta e Nona del lunedì si dicano le ultime nove strofe del salmo 118, tre per ciascuna Ora. 8.Esaurito questo salmo in due giorni, cioè alla domenica e al lunedì, 9.a Terza, Sesta e Nona del martedì si recitino rispettivamente tre salmi dal 119 al 127, cioè in tutto nove salmi. 10.Questi vengano sempre ripetuti allo stesso modo nelle medesime Ore fino alla domenica, lasciando però invariati gli inni, le lezioni e i versetti per tutte le Ore della settimana, 11.in modo che alla domenica si cominci sempre dal salmo 118. 12.Il Vespro poi si celebri ogni giorno con il canto di quattro salmi, 13.dal 109 fino al 147; 14.eccettuando quelli che sono riservati alle altre Ore, cioè i salmi 117-127, 133 e 142, 15.tutti gli altri si dicano a Vespro. 16.E poiché vengono a mancare tre salmi, si dividano i più lunghi del gruppo indicato, ossia il 138, il 143 e il 144. 17.Il 116, invece, che è il più breve, venga unito al 115. 18.Stabilito così l'ordine della salmodia vespertina, tutto il resto, cioè la lezione, il responsorio, l'inno, il versetto e il cantico, si dica come abbiamo disposto sopra. 19.A Compieta, infine, si ripetano tutti i giorni gli stessi salmi e cioè il 4, il 90 e il 133. 20.Una volta fissato l'ordine della salmodia di tutti i salmi rimanenti vengano distribuiti in parti uguali nei sette Uffici notturni, 21.dividendo quelli più lunghi e assegnandone dodici per notte. 22.Ci teniamo però ad avvertire che, se qualcuno non trovasse conveniente tale distribuzione dei salmi, li disponga pure come meglio crede, 23.purché badi bene di fare in modo che in tutta la settimana si reciti l'intero salterio di centocinquanta salmi e con l'Ufficio vigiliare della domenica si ricominci sempre da capo. 24.Infatti i monaci, che in una settimana salmeggiano meno dell'intero salterio con i cantici consueti, danno prova di grande indolenza e fiacchezza nel servizio a cui sono consacrati, 25.dato che dei nostri padri si legge che in un sol giorno adempivano con slancio e fervore quanto è augurabile che noi tiepidi riusciamo a eseguire in una settimana.



Capitolo XIX - La partecipazione interiore all'Ufficio divino

1.Sappiamo per fede che Dio è presente dappertutto e che "gli occhi del Signore guardano in ogni luogo i buoni e i cattivi", 2.ma dobbiamo crederlo con assoluta certezza e senza la minima esitazione, quando prendiamo parte all'Ufficio divino. 3.Perciò ricordiamoci sempre di quello che dice il profeta: "Servite il Signore nel timore" 4.e ancora: "Lodatelo degnamente" 5.e ancora: " Ti canterò alla presenza degli angeli". 6.Consideriamo dunque come bisogna comportarsi alla presenza di Dio e dei suoi Angeli 7.e partecipiamo alla salmodia in modo tale che l'intima disposizione dell'animo si armonizzi con la nostra voce.



Capitolo XX - La riverenza nella preghiera

1.Se quando dobbiamo chiedere un favore a qualche personaggio, osiamo farlo solo con soggezione e rispetto, 2.quanto più dobbiamo rivolgere la nostra supplica a Dio, Signore di tutte le cose, con profonda umiltà e sincera devozione. 3.Bisogna inoltre sapere che non saremo esauditi per le nostre parole, ma per la purezza del cuore e la compunzione che strappa le lacrime. 4.Perciò la preghiera dev'essere breve e pura, a meno che non venga prolungata dall'ardore e dall'ispirazione della grazia divina. 5.Ma quella che si fa in comune sia brevissima e quando il superiore dà il segno, si alzino tutti insieme.



Capitolo XXI - I decani del monastero

1.Se la comunità è abbastanza numerosa, si scelgano in essa alcuni monaci di buon esempio e di santa vita per costituirli decani; 2.essi vigileranno premurosamente, secondo le leggi di Dio e gli ordini dell'abate sui gruppi di dieci fratelli affidati alle loro rispettive cure. 3.Come decani devono essere eletti quei monaci con i quali l'abate possa tranquillamente condividere i suoi pesi 4.e in tale scelta non bisogna tener conto dell'ordine di anzianità, ma regolarsi solo in considerazione della condotta esemplare e della scienza delle cose di Dio. 5.Se poi fra questi decani ce ne fosse qualcuno che, montato un po' in superbia, dovesse essere ripreso, sia rimproverato una prima, una seconda e una terza volta e, se non vorrà correggersi, 6.venga sostituito con un altro veramente degno. 7.La stessa cosa stabiliamo per il priore.



Capitolo XXII - Il dormitorio dei monaci

1.Ciascun monaco dorma in un letto proprio 2.e ne riceva la fornitura conforme alle consuetudini monastiche e secondo quanto disporrà l'abate. 3.Se è possibile dormano tutti nello stesso locale, ma se il numero rilevante non lo permette, riposino a dieci o venti per ambiente insieme con gli anziani incaricati della sorveglianza. 4.Nel dormitorio rimanga sempre accesa una lampada fino al mattino. 5.Dormano vestiti, con ai fianchi semplici cinture o corde, senza portare coltelli appesi al lato mentre riposano, per non ferirsi nel sonno. 6.Così i monaci siano sempre pronti e, appena dato il segnale, alzandosi senza indugio si affrettino a prevenirsi vicendevolmente per l'Ufficio divino, ma sempre con la massima gravità e modestia. 7.I più giovani non abbiano i letti vicini, ma alternati con quelli dei più anziani. 8.Quando poi si alzano per l'Ufficio divino, si esortino garbatamente a vicenda per prevenire le scuse degli assonnati.



Capitolo XXIII - La scomunica per le colpe

1.Se qualche fratello si dimostrerà ribelle o disobbediente o superbo o mormoratore, o assumerà un atteggiamento di ostilità e di disprezzo nei confronti di qualche punto della santa Regola o degli ordini dei superiori, 2.questi lo rimproverino una prima e una seconda volta in segreto, secondo il precetto del Signore. 3.Se non si migliorerà, venga ripreso pubblicamente di fronte a tutti. 4.Ma nel caso che anche questo provvedimento si dimostri inefficace, sia scomunicato, purché sia in grado di valutare la portata di una tale punizione. 5.Se invece difetta di una sufficiente sensibilità, sia sottoposto al castigo corporale.



Capitolo XXIV - La misura della scomunica

1.La scomunica e, in genere, la punizione disciplinare dev'essere proporzionata alla gravità della colpa 2.e ciò è di competenza dell'abate. 3.Però il monaco che avrà commesso mancanze meno gravi sia escluso dalla mensa comune. 4.Il trattamento inflitto a chi viene escluso dalla mensa è il seguente: in coro non intoni salmo, né antifona, né reciti lezioni fino a quando non avrà riparato alle sue mancanze; 5.mangi da solo dopo la comunità, 6.sicché se, per esempio, i monaci pranzano all'ora di Sesta, egli mangi a Nona; se pranzano a Nona, egli a Vespro, 7.fino a quando avrà ottenuto il perdono con una conveniente riparazione.



Capitolo XXV - Le colpe più gravi

1.Il monaco colpevole di mancanze più gravi sia invece sospeso oltre che dalla mensa anche dal coro. 2.Nessuno lo avvicini per fargli compagnia o parlare di qualsiasi cosa. 3.Attenda da solo al lavoro che gli sarà assegnato e rimanga nel lutto della penitenza, consapevole della terribile sentenza dell'apostolo che dice: 4."Costui è stato consegnato alla morte della carne, perché la sua anima sia salva nel giorno del Signore". 5.Prenda il suo cibo da solo nella quantità e nell'ora che l'abate giudicherà più conveniente per lui; 6.non sia benedetto da chi lo incontra e non si benedica neppure il cibo che gli viene dato.



Capitolo XXVI - Rapporti dei confratelli con gli scomunicati

1.Se qualche monaco oserà avvicinare in qualche modo un fratello scomunicato, o parlare con lui, o inviargli un messaggio, senza l'autorizzazione dell'abate, 2.incorra nella medesima punizione.



Capitolo XXVII - La sollecitudine dell'abate per gli scomunicati

1.L'abate deve prendersi cura dei colpevoli con la massima sollecitudine, perché "non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati". 2.Perciò deve agire come un medico sapiente, inviando in qualità di amici fidati dei monaci anziani e prudenti 3.che quasi inavvertitamente confortino il fratello vacillante e lo spingano a un'umile riparazione, incoraggiandolo perché "non sia sommerso da eccessiva tristezza", 4.in altre parole "gli usi maggiore carità", come dice l'Apostolo "e tutti preghino per lui". 5.Bisogna che l'abate sia molto vigilante e si impegni premurosamente con tutta l'accortezza e la diligenza di cui è capace per non perdere nessuna delle pecorelle a lui affidate. 6.Sia pienamente cosciente di essersi assunto il compito di curare anime inferme e non di dover esercitare il dominio sulle sane 7.e consideri con timore il severo oracolo del profeta per bocca del quale il Signore dice: "Ciò che vedevate pingue lo prendevate; ciò invece che era debole lo gettavate via". 8.Imiti piuttosto la misericordia del buon Pastore che, lasciate sui monti le novantanove pecore, andò alla ricerca dell'unica che si era smarrita 9.ed ebbe tanta compassione della sua debolezza che si degnò di caricarsela sulle sue sacre spalle e riportarla così all'ovile.



Capitolo XXVIII - La procedura nei confronti degli ostinati

1.Se un monaco, già ripreso più volte per una qualsiasi colpa, non si correggerà neppure dopo la scomunica, si ricorra a una punizione ancor più severa e cioè al castigo corporale. 2.Ma se neppure così si emenderà o - non sia mai! - montato in superbia pretenderà persino di difendere il suo operato, l'abate si regoli come un medico provetto, 3.ossia, dopo aver usato i linimenti e gli unguenti delle esortazioni, i medicamenti delle Scritture divine e, infine, la cauterizzazione della scomunica e le piaghe delle verghe, 4.vedendo che la sua opera non serve a nulla, si affidi al rimedio più efficace e cioè alla preghiera sua e di tutta la comunità 5.per ottenere dal Signore che tutto può la salvezza del fratello. 6.Se, però, nemmeno questo tentativo servirà a guarirlo, l'abate, metta mano al ferro del chirurgo, secondo quanto dice l'apostolo: "Togliete di mezzo a voi quel malvagio" 7.e ancora: "Se l'infedele vuole andarsene, vada pure", 8.perché una pecora infetta non debba contagiare tutto il gregge.
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