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LA REGOLA di s.BENEDETTO

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2011 15:50
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08/05/2011 15:39
 
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Capitolo I - Le varie categorie di monaci

1.E' noto che ci sono quattro categorie di monaci. 2.La prima è quella dei cenobiti, che vivono in un monastero, militando sotto una regola e un abate. 3.La seconda è quella degli anacoreti o eremiti, ossia di coloro che non sono mossi dall'entusiastico fervore dei principianti, ma sono stati lungamente provati nel monastero, 4.dove con l'aiuto di molti hanno imparato a respingere le insidie del demonio; 5.quindi, essendosi bene addestrati tra le file dei fratelli al solitario combattimento dell'eremo, sono ormai capaci, con l'aiuto di Dio, di affrontare senza il sostegno altrui la lotta corpo a corpo contro le concupiscenze e le passioni. 6.La terza categoria di monaci, veramente detestabile è formata dai sarabaiti: molli come piombo, perché non sono stati temprati come l'oro nel crogiolo dell'esperienza di una regola, 7.costoro conservano ancora le abitudini mondane, mentendo a Dio con la loro tonsura. 8.A due a due, a tre a tre o anche da soli, senza la guida di un superiore, chiusi nei loro ovili e non in quello del Signore, hanno come unica legge l'appagamento delle proprie passioni, 9.per cui chiamano santo tutto quello che torna loro comodo, mentre respingono come illecito quello che non gradiscono. 10.C'è infine una quarta categoria di monaci, che sono detti girovaghi, perché per tutta la vita passano da un paese all'altro, restando tre o quattro giorni come ospiti nei vari monasteri, 11.sempre vagabondi e instabili, schiavi delle proprie voglie e dei piaceri della gola, peggiori dei sarabaiti sotto ogni aspetto. 12.Ma riguardo alla vita sciagurata di tutti costoro è preferibile tacere piuttosto che parlare. 13.Lasciamoli quindi da parte e con l'aiuto del Signore occupiamoci dell'ordinamento della prima categoria, ossia quella fortissima e valorosa dei cenobiti.



Capitolo II - L'Abate

1.Un abate degno di stare a capo di un monastero deve sempre avere presenti le esigenze implicite nel suo nome, mantenendo le proprie azioni al livello di superiorità che esso comporta. 2.Sappiamo infatti per fede che in monastero egli tiene il posto di Cristo, poiché viene chiamato con il suo stesso nome, 3.secondo quanto dice l'Apostolo: "Avete ricevuto lo Spirito di figli adottivi, che vi fa esclamare: Abba, Padre!" 4.Perciò l'abate non deve insegnare, né stabilire o ordinare nulla di contrario alle leggi del Signore, 5.anzi il suo comando e il suo insegnamento devono infondere nelle anime dei discepoli il fermento della santità. 6.Si ricordi sempre che nel tremendo giudizio di Dio dovrà rendere conto tanto del suo insegnamento, quanto dell'obbedienza dei discepoli 7.e sappia che il pastore sarà considerato responsabile di tutte le manchevolezze che il padre di famiglia avrà potuto riscontrare nel gregge. 8.D'altra parte è anche vero che, se il pastore avrà usato ogni diligenza nei confronti di un gregge irrequieto e indocile, cercando in tutti i modi di correggerne la cattiva condotta, 9.verrà assolto nel divino giudizio e potrà ripetere con il profeta al Signore: "Non ho tenuto la tua giustizia nascosta in fondo al cuore, ma ho proclamato la tua verità e la tua salvezza; essi tuttavia mi hanno disprezzato, ribellandosi contro di me". 10.E allora la giusta punizione delle pecore ribelli sarà la morte, che avrà finalmente ragione della loro ostinazione. 11.Dunque, quando uno assume il titolo di Abate deve imporsi ai propri discepoli con un duplice insegnamento, 12.mostrando con i fatti più che con le parole tutto quello che è buono e santo: in altri termini, insegni oralmente i comandamenti del Signore ai discepoli più sensibili e recettivi, ma li presenti esemplificati nelle sue azioni ai più tardi e grossolani. 13.Confermi con la sua condotta che bisogna effettivamente evitare quanto ha presentato ai discepoli come riprovevole, per non correre il rischio di essere condannato dopo aver predicato agli altri 14.e di non sentirsi dire dal Signore per i suoi peccati: "Come ti arroghi di esporre i miei precetti e di avere sempre la mia alleanza sulla bocca, tu che hai in odio la disciplina e ti getti le mie parole dietro le spalle?" 15.e ancora: "Tu che vedevi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, non ti sei accorto della trave nel tuo". 16.Si guardi dal fare preferenze nelle comunità: 17.non ami l'uno piò dell'altro, a eccezione di quello che avrà trovato migliore nella condotta e nell'obbedienza: 18.non anteponga un monaco proveniente da un ceto elevato a uno di umili origini, a meno che non ci sia un motivo ragionevole per stabilire una tale precedenza. 19.Ma se, per ragioni di giustizia, riterrà di dover agire così lo faccia per chiunque; altrimenti ciascuno conservi il proprio posto, 20.perché, sia il servo che il libero, tutti siamo una cosa sola in Cristo e, militando sotto uno stesso Signore, prestiamo un eguale servizio. Infatti, "dinanzi a Dio non ci sono parzialità" 21.e una cosa sola ci distingue presso di lui: se siamo umili e migliori degli altri nelle opere buone. 22.Quindi l'abate ami tutti allo stesso modo, seguendo per ciascuno una medesima regola di condotta basata sui rispettivi meriti. 23.Per quanto riguarda poi la direzione dei monaci, bisogna che tenga presente la norma dell'apostolo: "Correggi, esorta, rimprovera" 24.e precisamente, alternando i rimproveri agli incoraggiamenti, a seconda dei tempi e delle circostanze, sappia dimostrare la severità del maestro insieme con la tenerezza del padre. 25.In altre parole, mentre deve correggere energicamente gli indisciplinati e gli irrequieti, deve esortare amorevolmente quelli che obbediscono con docilità a progredire sempre più. Ma è assolutamente necessario che rimproveri severamente e punisca i negligenti e coloro che disprezzano la disciplina. 26.Non deve chiudere gli occhi sulle eventuali mancanze, ma deve stroncarle sul nascere, ricordandosi della triste fine di Eli, sacerdote di Silo. 27.Riprenda, ammonendoli una prima e una seconda volta, i monaci più docili e assennati, 28.ma castighi duramente i riottosi, gli ostinati, i superbi e i disobbedienti, appena tentano di trasgredire, ben sapendo che sta scritto: "Lo stolto non si corregge con le parole" 29.e anche: "Battendo tuo figlio con la verga, salverai l'anima sua dalla morte". 30.L'abate deve sempre ricordarsi quel che è e come viene chiamato, nella consapevolezza che sono maggiori le esigenze poste a colui al quale è stato affidato di più. 31.Bisogna che prenda chiaramente coscienza di quanto sia difficile e delicato il compito che si è assunto di dirigere le anime e porsi al servizio dei vari temperamenti, incoraggiando uno, rimproverando un altro e correggendo un terzo: 32.perciò si conformi e si adatti a tutti, secondo la rispettiva indole e intelligenza, in modo che, invece di aver a lamentare perdite nel gregge affidato alle sue cure, possa rallegrarsi per l'incremento del numero dei buoni. 33.Soprattutto si guardi dal perdere di vista o sottovalutare la salvezza delle anime, di cui è responsabile, per preoccuparsi eccessivamente delle realtà terrene, transitorie e caduche, 34.ma pensi sempre che si è assunto l'impegno di dirigere delle anime, di cui un giorno dovrà rendere conto 35.e non cerchi una scusante nelle eventuali difficoltà economiche, ricordandosi che sta scritto :"Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in soprappiù" 36.e anche: "Nulla manca a coloro che lo temono". 37.Sappia inoltre che chi si assume l'impegno di dirigere le anime deve prepararsi a renderne conto 38.e stia certo che, quanti sono i monaci di cui deve prendersi cura, tante solo le anime di cui nel giorno del giudizio sarà ritenuto responsabile di fronte a Dio, naturalmente oltre che della propria. 39.Così nel continuo timore dell'esame a cui verrà sottoposto il pastore riguardo alle pecore che gli sono state affidate mentre si preoccupa del rendiconto altrui, si fa più attento al proprio 40.e corregge i suoi personali difetti, aiutando gli altri a migliorarsi con le sue ammonizioni.



Capitolo III - La consultazione della comunità

1.Ogni volta che in monastero bisogna trattare qualche questione importante, l'abate convochi tutta la comunità ed esponga personalmente l'affare in oggetto. 2.Poi, dopo aver ascoltato il parere dei monaci, ci rifletta per proprio conto e faccia quel che gli sembra più opportuno. 3.Ma abbiamo detto di consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore. 4.I monaci poi esprimano il loro parere con tutta umiltà e sottomissione, senza pretendere di imporre a ogni costo le loro vedute; 5.comunque la decisione spetta all'abate e, una volta che questi avrà stabilito ciò che è più conveniente, tutti dovranno obbedirgli. 6.D'altra parte, come è doveroso che i discepoli obbediscano al maestro, così è bene che anche lui predisponga tutto con prudenza ed equità. 7.Dunque in ogni cosa tutti seguano come maestra la Regola e nessuno osi allontanarsene. 8.Nessun membro della comunità segua la volontà propria, 9.né si azzardi a contestare sfacciatamente con l'abate, dentro o fuori del monastero. 10.Chi si permette un simile contegno, sia sottoposto alle punizioni previste dalla Regola. 11.L'abate però dal canto suo operi tutto col timor di Dio e secondo le prescrizioni della Regola, ben sapendo che di tutte le sue decisioni dovrà certamente rendere conto a Dio, giustissimo giudice. 12.Se poi in monastero si devono trattare questioni di minore importanza, si serva solo del consiglio dei più anziani, 13.come sta scritto: "Fa' tutto col consiglio e dopo non avrai a pentirtene".

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