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EVOLUZIONISMO E CHIESA CATTOLICA

Ultimo Aggiornamento: 01/03/2023 11:42
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24/04/2011 20:19
 
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[modifica] La Chiesa ammette l'evoluzionismo

[modifica] Pio XII e l'enciclica Humani Generis

[modifica] Il dibattito teologico precedente la Humani generis

Nella prima metà del XX secolo emersero nel dibattito teologico particolari posizioni che deviavano dalla tradizione e che suscitavano preoccupazione nella Chiesa di Roma[74][75][76]. Le questioni sulle quali si discuteva riguardavano diversi argomenti, non solo l'evoluzionismo, sui quali intervenne il magistero di Pio XII nel 1950 con l'enciclica Humani generis[75][77].

In particolare erano circolati, all'interno di università e scuole di teologia cattoliche, diversi testi anonimi in cui venivano esposte interpretazioni filosofiche e teologiche dell'evoluzionismo tutt'altro che ortodosse[75]. In uno di questi testi ad esempio si affermava che l'evoluzionismo costituisse ormai, innegabilmente, un nuovo modo di pensare e di ragionare e che, soprattutto, non era più chiaro che cosa fosse la materia ed in che cosa essa differisse dalla vita e dallo spirito (ammesso che delle differenze effettivamente ci fossero). In questo modo si rischiava di negare l'esistenza di punti fermi nel pensiero teologico, che sarebbe stato anch'esso soggetto ad evoluzione, e si introduceva nella realtà un monismo in cui materia e spirito sarebbero stati indistinti. In un altro testo si spiegava che Cristo stesso sarebbe la guida, la direzione, ed il polo verso il quale convergerebbe l'evoluzione universale; l'uomo sarebbe un tutt'uno con l'intero universo, che attraverso l'evoluzione si avvicinerebbe ed infine si unirebbe a Dio, realizzando così una sorta di panteismo.

Il 30 novembre 1941, Pio XII tenne, davanti agli accademici pontifici, un discorso in cui fornì ai teologi alcune indicazioni sulla questione evoluzionista[78][79]. Il Papa indicò tre elementi che si dovessero ritenere come sicuramente affermati dal testo sacro, senza ammettere interpretazioni allegoriche: 1) La superiorità dell'uomo rispetto a tutti gli altri animali, dovuta alla sua anima spirituale; 2) la derivazione del corpo della prima donna da quello del primo uomo; 3) l'impossibilità che padre e progenitore di un uomo possa essere altri che un uomo, l'impossibilità cioè che il primo uomo possa essere figlio di un bruto, generato quindi in senso proprio da esso. Tuttavia poi concludeva il discorso spiegando:

  « Le molteplici ricerche, sia della paleontologia, che della biologia e della morfologia su altri problemi riguardanti le origini dell'uomo, non hanno finora apportato nulla di positivamente chiaro e certo. Non rimane quindi che lasciare all'avvenire la risposta al quesito, se un giorno la scienza, illuminata e guidata dalla rivelazione, potrà dare sicuri e definitivi risultati sopra un argomento così importante »
   

Molari scrive che[80] la forma è molto guardinga, i limiti sono ancora ben segnati, ma la porta è aperta.

Tra il 1930 ed il 1950 il numero di teologi che affermavano la conciliabilità dell'evoluzionismo con la fede cattolica era stato in continuo aumento, ed anche coloro che ancora lo rifiutavano avevano comunque addolcito le loro critiche[79]. La stessa Civiltà Cattolica, in un articolo del 1946[81], pur ricordando che gli entusiasti dell'evoluzionismo

  « dimenticano un po' troppo i fatti per fondarsi quasi esclusivamente sulle loro speranze, che la nostra fede sull'evoluzione è presentemente di origine intuitiva, metafisica si potrebbe dire, piuttosto che scientifica »
   

prosegue spiegando:

  « E d'altra parte riteniamo non meno prudente di far presente a certi fissisti intransigenti che l'origine del corpo umano per evoluzione, nel senso permesso dalla rivelazione, è una possibilità che viene accreditata, come pare, dai continui reperti della paleoantropologia. La posizione più sicura a questo riguardo è quella del Santo Padre in uno stupendo discorso agli accademici pontifici. »
   

Nel 1948, il teologo della Pontificia Università Gregoriana Maurizio Flick riassumeva il dibattito teologico successivo al discorso del Papa[79]. In primo luogo spiegava che era ormai ammissibile affermare che, nella creazione del corpo dell'uomo, Dio si fosse servito anche di cause seconde; secondariamente, pur seguendo la lezione del Papa e quindi non ammettendo la generazione in senso proprio dell'uomo da un bruto, si poteva concedere che il regno animale avesse contribuito alla formazione del corpo umano attraverso l'evoluzione; fermo restando il fatto che l'uomo era da considerarsi superiore a tutti gli altri animali per via della sua anima creata immediatamente da Dio. L'intervento di Dio era quindi da considerarsi necessario pur ammettendo i meccanismi evolutivi per il corpo dell'uomo. Risultava quindi inamissibile una dottrina evoluzionista che sostenga la spontanea trasformazione delle specie viventi inferiori in superiori, senza ricorso ad uno speciale intervento divino, però

  « se si ritenga necessaria, come si deve ritenere, una speciale azione di Dio per la formazione del corpo del primo uomo, anche se si ammetta quest'azione essersi esercitata sopra un organismo già vivente, ogni difficoltà sparisce. Dipendendo infatti l'intervento di Dio unicamente dalla Sua libera volontà, esso ha potuto esercitarsi quando, come e dove Egli ha voluto secondo i suoi piani provvidenziali. »
   

Flick spiegava poi che, in rapporto alla questione evoluzionista, non era possibile ricavare dalla lettura dei Padri della Chiesa una interpretazione sicura ed unanime dei primi capitoli della Genesi. Le interpretazioni completamente letterali erano comunque da respingere e si potevano ammettere letture allegoriche, come già aveva detto la Pontificia Commissione Biblica nel 1909; infatti se, ad esempio, si fosse voluto interpretare alla lettera il racconto di Dio che plasma il corpo dell'uomo dal fango della terra e poi gli soffia nelle narici lo spirito vitale, allora si sarebbe caduti nell'errore di un antropomorfismo in cui Dio avrebbe assunto forma e comportamenti umani per creare l'uomo. Flick citava anche l'enciclica Divino Afflante Spiritu di Pio XII, riguardante gli studi biblici e l'esegesi, dove il Papa spiegava che[82]

  « ciò che quegli antichi hanno voluto significare con le loro parole non va determinato soltanto con le leggi della grammatica o della filologia, o arguito dal contesto; l'interprete deve quasi tornare con la mente a quei remoti secoli dell'Oriente e con l'appoggio della storia, dell'archeologia, dell'etnologia e di altre scienze, nettamente discernere quali generi letterari abbiano voluto adoperare gli scrittori di quella remota età. Infatti gli antichi Orientali per esprimere i loro concetti non sempre usarono quelle forme o generi del dire, che usiamo noi oggi; ma piuttosto quelle ch'erano in uso tra le persone dei loro tempi e dei loro paesi. [...] a nessuno che abbia un giusto concetto dell'ispirazione biblica farà meraviglia che anche negli Scrittori Sacri, come in tutti gli antichi, si trovino certe maniere di esporre e di narrare, certi idiotismi, propri specialmente delle lingue semitiche, certi modi iperbolici od approssimativi, talora anzi paradossali, che servono a meglio stampar nella mente ciò che si vuol dire. »
   

Da tutto questo Flick ne ricavava che:

  « Stando le cose in questi termini, non sembra veramente possibile affermare senz'altro che il sacro testo insegna aver Dio immediatamente formato il corpo del primo uomo da una materia inorganica, semplicemente perché in esso leggiamo che Dio lo formò con polvere del suolo, e che ricevendo l'anima, l'uomo diventò anima vivente. »
   

Flick concludeva affermando che l'evoluzionismo era possibile alla luce della ragione, e che non poteva essere escluso dalle fonti della Rivelazione. Tuttavia, notava, per un giudizio conclusivo sarebbero state necessarie ulteriori investigazioni della scienza illuminata dalla fede.

Ancora abbastanza problematica continuava invece ad essere l'interpretazione del racconto della creazione di Eva dal corpo di Adamo, infatti

  « si potrà anche in questo caso ricorrere ad un'interpretazione non strettamente letterale del racconto genesiaco se si tratti di determinare il modo con cui il corpo di Eva derivò dal corpo di Adamo, ma è assolutamente necessario ritenere almeno il fatto della derivazione, se non si voglia svuotare di ogni significato un'affermazione che è contenuta nelle fonti della rivelazione. »
   

[modifica] L'enciclica Humani generis

Il 22 agosto 1950, Pio XII pubblicò l'enciclica Humani Generis, circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della dottrina cattolica. Nell'introduzione dell'enciclica il Papa respinge le nuove opinioni teologiche che sono state esposte nel paragrafo precedente. Scrive Pio XII:

  « Chiunque osservi il mondo odierno, che è fuori dell'ovile di Cristo, facilmente potrà vedere le principali vie per le quali i dotti si sono incamminati. Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l'ipotesi monistica e panteistica dell'universo soggetto a continua evoluzione. Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio.[83] »
   

E continua poi esponendo le conseguenze di tali posizioni:

  « Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all'idealismo, all'immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di "esistenzialismo" perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della "esistenza" dei singoli individui.[83] »
   
  « Si aggiunge a ciò un falso "storicismo" che si attiene solo agli eventi della vita umana e rovina le fondamenta di qualsiasi verità e legge assoluta sia nel campo della filosofia, sia in quello dei dogmi cristiani.[83] »
   

Fin qui il Papa si limita a prendere in considerazione soltanto alcune interpretazioni teologiche e filosofiche dell'evoluzionismo, mentre più avanti, nella parte quarta, si occupa specificamente dell'evoluzionismo come teoria propriamente biologica. Premette alcune considerazioni generali sulle scienze positive:

  « Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della fede cristiana. Non pochi chiedono instantemente che la religione cattolica tenga massimo conto di quelle scienze. Il che è senza dubbio cosa lodevole, quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente, nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo. »
   

Questo passo, come si vede, è in linea con gli insegnamenti della Providentissimus Deus di Leone XIII[33], che Pio XII aveva già esplicitamente richiamato nella seconda parte della Humani Generis.

Dopo queste considerazioni generali, viene esplicitamente accettato l'evoluzionismo applicato al corpo dell'uomo, invocando comunque prudenza nel trattare tale questione:

  « Per queste ragioni il Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell'attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell'evoluzionismo, in quanto cioè essa fa ricerche sull'origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente sia Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria all'evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà, moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede. Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande moderazione e cautela. »
   

[modifica] Le ultime resistenze

Nonostante la Humani Generis, fino alla fine degli anni 50, la maggior parte dei teologi era ancora restia ad ammettere l'evoluzionismo[84]. Certamente era scomparsa ormai l'ostilità, tuttavia essi continuavano a muoversi con molta moderazione e prudenza. Nel 1951, Réginald Garrigou-Lagrange scriveva che[85]

  « la creazione immediata dell'anima dal nulla è dogma di fede, secondo la predicazione della chiesa universale e i concili, e secondo la comune dottrina dei Padri e dei teologi il corpo del primo uomo è stato formato da Dio dalla terra senza trasformazione di specie con azione speciale ed immediata »
   

E conclude:

  « Veramente non sembra assurdo in assoluto che Dio abbia infuso un'energia in un organismo animale. Ma questa è una pura e gratuita ipotesi, non fondata sui fatti e contraria al senso letterale almeno proprio della narrazione biblica. »
   

Nel 1958, J. F. Sagües sosteneva[86], citando numerosi teologi, che escludere il trasformismo naturale per il corpo umano fosse un'opinione teologicamente certa, e giudicava probabile anche l'opinione che escludeva completamente l'evoluzionismo.

Non mancavano comunque posizioni più moderate, come quella di M. Schmaus che, dopo aver esposto diverse argomentazioni teologiche contro la derivazione dell'uomo dall'animale, scriveva[87]:

  « Nello stato attuale delle cose è prudente attendere che nuove scoperte confermino o meno il problema lasciato aperto dalla Bibbia, circa la derivazione dell'uomo dall'animale. »
   

Ed aggiunge che

  « anche le decisioni della chiesa si muovono in questa direzione. »
   

A differenza dei teologi, i biblisti, dopo l'enciclica Divino Afflante Spiritu, cominciarono a muoversi con maggiore libertà[88]. Certamente restavano ancora diversi esegeti, soprattutto i più anziani, che ancora si mostravano molto ostili all'evoluzionismo; ad esempio Gaetano Maria Perella (1890 - 1946), in un volume pubblicato postumo[89], dopo aver enunciato come principio generale che la Bibbia non intende dare insegnamenti su questioni scientifiche, affermava che a questa regola esistessero alcune eccezioni: la Bibbia insegna la creazione divina della materia e degli esseri viventi, quindi non si poteva ammettere l'eternità della materia e l'origine spontanea della vita; la Bibbia racconta di un intervento speciale di Dio nella creazione dell'uomo, quindi era inaccettabile il trasformismo assoluto e materialista di Darwin. Nel manuale molto diffuso di Simón-Prado[90], gli autori scrivevano invece che l'evoluzionismo non fosse ancora sufficientemente provato neanche sul piano paleontologico, quindi giudicavano incauta la tesi di quei teologi che sostenevano la possibilità di un trasformismo mitigato, secondo il quale Dio avrebbe formato il corpo dell'uomo da quello di un bruto; tale tesi era, secondo Simón-Prado, contraria al senso ovvio della Scrittura, e avrebbe dovuto essere respinta fino a che non si fossero trovati argomenti più solidi con i quali sostenerla.

Ma queste erano eccezioni; la maggioranza dei biblisti infatti si spostò verso interpretazioni più libere, avendo ormai accettato il fatto che i risultati scientifici richiedessero lo sviluppo di nuovi metodi ermeneutici; nel Dictionnaire de théologie catholique, il biblista Albert Gelin scrisse[91]:

  « Possiamo attribuire alla scienza, in rapporto ai dai biblici, un vero ruolo riduttivo: dissolvendo poco a poco nei testi ciò che apparteneva a rappresentazioni imperfette nell'ordine scientifico, essa aiuta la teologia a discernervi con maggiore esattezza le affermazioni assolute »
   

Ma nonostante l'attenzione nei confronti delle scienze, gli esegeti dovevano anche cercare di mantenere una certa autonomia rispetto ad esse; a proposito di questo scriveva Franco Festorazzi[92]:

  « Un esegeta [...] deve ricercare ciò che l'agiografo (Dio) ha voluto di fatto dire, sicuro che non ci sarà possibilità di contraddizione con ciò che la scienza afferma. Un'ipotesi scientifica può servire al massimo per stimolare o suscitare un approfondimento dell'esegesi, non certo per guidarla. Ci sarebbero in tal caso per lo meno due pericoli: quello di generare il sospetto di esegesi "opportunistica", o la tentazione di cadere nel concordismo. Per questo è almeno "psicologicamente" sbagliato partire da un presupposto scientifico in un'indagine biblica. »
   

Negli anni '60 comunque le cose cambiarono completamente, ed anche la maggioranza schiacciante dei teologi si schierò a difesa dell'evoluzionismo[93]. In questo cambiamento, furono certamente molto influenti le riflessioni di Pierre Teilhard de Chardin, i cui testi ebbero in quel periodo grandissima diffusione, nonostante le riserve espresse dalla Santa Sede. Fondamentale fu il riconoscimento da parte dei teologi dell'evoluzione come legge cosmica, non riguardante soltanto la formazione delle specie viventi, ma l'intero universo. Pierre Smulders scriveva[94]:

  « Ai nostri giorni, quando abbiamo cominciato a scoprire che non solo l'origine delle nuove specie, ma anche quella della vita e della terra sono eventi intratemporali e intracosmici, la scienza deve ricercarne le cause naturali. Il rispetto del creatore e della creazione obbliga la scienza attuale a non prendere più in considerazione quella che è stata chiamata "l'ipotesi creazionista", termine infelice e fallace per designare l'intervento divino nella costituzione delle diverse specie. Malgrado tutte le oscurità e le incertezze, la scienza deve riconoscere l'evoluzione come un fatto. »
   

Estremamente significativo è l'itinerario esposto dagli importanti teologi Maurizio Flick e Zoltan Alszeghy[95]:

  « Negli anni cinquanta, il trasformismo ci è sembrato una teoria biologica; in seguito ad un contatto più approfondito con il pensiero di Teilhard de Chardin ci siamo resi conto che l'evoluzione è una legge cosmica, valevole per tutto il mondo fenomenale, che abbraccia tutti gli esseri visibili, cominciando dall'atomo, fino al pieno sviluppo dell'umanità, specie dell'evoluzione. »
   


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