Quando gli apostoli hanno predicato la risurrezione di Gesù, i loro ascoltatori si sono domandati:
«Costoro stanno dicendo il vero riguardo a Gesù? Sono persone degne di fiducia? Che garanzie di credibilità offrono?» (Cfr. Atti 2,37; 7,54; 8,6.12.34-37; 10,44-46; 11,20-24; c. 13-14; c. 16-19...).
Il metodo attraverso il quale potevano ricavare una risposta era diverso a seconda che essi fossero stati ebrei o pagani.
a) Per gli ebrei:
Avendo sentito gli apostoli affermare che Gesù era morto e risorto «secondo le Scritture» (1 Cor 15,3-5; At 2; 10; 13; 17,1-4), e che quindi era il messia atteso, non avevano che da controllare le Scritture per vedere se le affermazioni degli apostoli corrispondevano a verità (Atti 13,42-45; 14,1-3; 17,3-4.11-12).
E poiché per gli ebrei religiosi le Scritture erano (e sono tuttora) accettate come parola di Dio, qualora la loro indagine fosse risultata positiva, avevano gli elementi "sufficienti" per poter aderire al Cristianesimo e di fatto molti aderirono (per es. Atti 2,41; 5,14.28; 6,1.7; cfr. anche Lc 24, 25-27 e Gv 5, 44) e aderiscono anche oggi.
b) Per i pagani:
I pagani, che non avevano le "Scritture" da consultare, non potevano fare altro che cercare di stabilire se gli apostoli meritassero o non meritassero fiducia in relazione a quello che annunciavano e cioè verificare
- se non si fossero ingannati (competenza);
- se non volessero ingannare (onestà).
Per poterlo fare adeguatamente, dovevano analizzare:
- la coerenza del messaggio in se stesso,
- la coerenza di vita degli apostoli, il loro disinteresse, il loro coraggio nell’affrontare le persecuzioni, ed eventualmente ottenere conferme da qualche altro testimone.
A volte a spingere i pagani a credere interveniva anche qualche «fatto miracoloso», che serviva, secondo il libro degli Atti di apostoli, a confermare quanto gli apostoli andavano dicendo (es. Atti 13,12; 14,8-20).