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L'EPIGRAFE DI ABERCIO

Ultimo Aggiornamento: 31/03/2011 09:29
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30/03/2011 12:25
 
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Riportiamo il testo [in traduzione italiana] dell’iscrizione (22 vv. esametri) criticamente ricostruita:

«Cittadino di eletta città, mi sono fatto questo monumento da vivo, per avere qui nobile sepoltura del mio corpo, [3] io di nome Abercio, discepolo del casto pastore che pascola greggi di pecore per monti e per piani, che ha occhi grandi, che dall’alto guardano per ogni dove. [6] Egli infatti mi istruì in scritture degne di fede … il quale mi inviò a Roma a contemplare la reggia e vedere la regina in aurea veste ed aurei sandali; [9] e vidi colà un popolo, che porta un fulgido sigillo. Visitai anche la pianura e le città tutte della Siria e, passato l’Eufrate, Nisibi, ed ovunque trovai compagni … [12] avendo Paolo con me … e dappertutto mi guidava la fede e m’imbandì per cibo il pesce di fonte grandissimo, puro, che prende la casta vergine [15] e lo porge a mangiare agli amici ogni giorno, avendo un vino eccellente, che ci mesceva con acqua insieme al pane. Queste cose ho fatto scrivere qui io Abercio in mia presenza; [18] settantadue anni avevo per verità. Chiunque intende quel che dico e sente come me, preghi per Abercio. Ma che nessuno metta un altro nel mio sepolcro; [21] se no, pagherà all’erario dei Romani duemila monete d’oro ed alla mia buona patria Geropoli mille».

Il valore cattolico di questo monumento era troppo grande ed evidente, perché, una volta certi della sua autenticità, i dotti razionalisti non cominciassero subito a metterne in dubbio il carattere cristiano. Così nel 1894 il Ficker cercò di dimostrare che Abercio era un sacerdote di Cibele, nel 1895 Harnack ci vide uno gnostico pagano e nell’anno seguente il Dieterich un sacerdote di Attis. Ma questi e altri simili tentativi caddero a vuoto per il fatto che in quell’epitaffio tutte le frasi più singolari si spiegano con facilità e naturalezza nel linguaggio dell’antichissimo simbolismo cristiano, come ha specialmente dimostrato il Dölger, e fuori di quello non trovano che ermeneutiche stiracchiate e contraddittorie.

Si suole identificare volentieri il nostro Abercio con l’Avircio Marcello, cui fu indirizzato un trattato antimontanista (Eusebio, Hist. Eccl., V, 16, 3), ma a torto, poiché anche supposta l’identificazione non facile di Auírkios con Abérkios, questi non avrebbe taciuto nell’epitaffio la parte più importante del nome Marcello, in un tempo in cui si lasciava spesso il nomen, mai il cognomen. E poiché l’autore della Vita fu certo a Gerapoli (onde non potè scambiare il paese con la lontana Gerapoli ad Lycum) e vi copiò l’iscrizione, se vi avesse trovato il nome intero, almeno nella parte prosastica che probabilmente seguiva alla poetica, non ce l’avrebbe taciuto. Forse da questa parte prosastica Abercio era detto chiaramente vescovo, come ce lo rappresenta la Vita; dall’epitaffio poetico ciò non appare.

In questo la «città eletta» deve essere Gerapoli e non la mistica città celeste; Geropoli è detta essa da Abercio, da un’altra iscrizione e da qualche moneta, come varie altre città omonime sono dette ora Geropoli ora Gerapoli. Il «pastore che pasce greggi per monti e per piani» è Gesù che ha fedeli dappertutto; «la reggia e la regina di Roma» sono la Chiesa e la sua splendida sede, ma l’autore della leggenda (come noi moderni) vi intese l’imperatrice nella sua reggia, in assenza dell’imperatore; lo «splendido sigillo» è il carattere cristiano; il «compagno di viaggio Paolo» allude verosimilmente alle Lettere dell’Apostolo, e la fede ne è la guida; il «pesce grande ecc.» è evidentemente Gesù cibo eucaristico (ΙΚΘΥΣ); «vergine casta» è la Chiesa, che ci somministra ogni giorno l’Eucaristia (e si noti l’uso abbondante di acqua che allora vi si faceva).

Questa, come l’ha detta il De Rossi, è la regina delle iscrizioni cristiane, la più antica sicuramente databile, il primo monumento eucaristico pervenuto su pietra e uno dei primi della disciplina dell’arcano, degno antesignano della fiorente epigrafia frigia cristiana del III e IV secolo. Merita di essere confrontata specialmente con l’epitaffio di Pettorio.

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