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LA STORIA ECCLESIASTICA (di EUSEBIO DI CESAREA)

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2019 17:40
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07/02/2011 22:42
 
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21. come apollonio sUBÌ IL MARTIRIO A roma ^
1. In questo stesso periodo, sotto il principato di Commo­do, la nostra situazione cambiò in meglio, dato che la pace, con la grazia di Dio, si estese alle Chiese di tutta la terra. Anche al­lora la parola salvifica attrasse le anime degli uomini di ogni stirpe al culto devoto del Dio dell'universo, al punto che ormai, anche tra coloro che primeggiavano a Roma per ricchezza e per nascita, molti si volsero alla propria salvezza insieme con tutta la loro casa e la loro gente. 2. Ma per il demonio, che per natu­ra è nemico del bene e invidioso, questo non fu sopportabile e, tendendo contro di noi insolite insidie, si preparò nuovamente alla lotta. Nella città di Roma, dunque, fece trascinare in tribu­nale Apollonio 150, uomo allora famoso tra Ì fedeli per la sua educazione e filosofìa, e spinse ad accusare un simile uomo uno dei suoi servi adatti allo scopo. 3. Ma poiché il miserabile pre­sentò l'accusa al momento sbagliato, perché secondo un decre­to imperiale non era permesso che continuassero a vivere coloro che denunziavano uomini siffatti -

 150 Del martino di Apollonio si conservano gli Atti, scoperti alla fine del sec. scorso, in una recensione armena e una greca.

Subito gli furono spez­zate le gambe, quando il giudice Perennio ]^2 emanò contro di lui questa sentenza. 4. Il giudice lo supplicò a lungo e con insi­stenza, e gli chiese di difendersi davanti al Senato, ma, invece, il martire carissimo a Dio, dopo aver presentato davanti a tut­ti una dottissima apologià della fede per la quale rendeva testi­monianza, fu fatto decapitare come per un decreto del Senato: presso di loro, infatti, un'antica legge prescriveva che non ve­nissero rilasciati coloro che fossero comparsi una volta in tri­bunale e non avessero cambiato idea 151. 5. Chi desidera legge­re le parole che costui pronunziò davanti al giudice, le risposte che egli diede all'interrogatorio di Perennio e tutta la difesa che egli pronunciò al cospetto del Senato, le conoscerà dalla rela­zione degli antichi martiri che da noi è stata compilata.

22. alcuni VESCOVI CHE ERANO FAMOSI IN QUEI TEMPI

1. Il decimo anno dell'impero di Commodo 1^-1, ad Eleutero, che aveva retto l'episcopato per tredici anni, succedette Vit­tore; nello stesso anno, mentre anche Giuliano concludeva il suo decimo anno, Demetrio assunse il ministero della cri­stianità di Alessandrina. Nello stesso periodo Serapione, perso naggio di cui abbiamo già parlato in precedenza 156, era ancora noto come ottavo vescovo della Chiesa di Antiochia a partire dagli apostoli. -

151 Di una pena analoga si parla nel rescritto di Adnano a Minucio Fundano e nella lettera di Marco Aurelio sul miracolo della Legione Fulmi-natnce (cf supra, V, 5, 4) I due scritti sono, comunque, apocrifi
152 Questo personaggio è stato identificato con Tigidio Perenne, che fu prefetto del pretorio dal 183 al 185/186, anno in cui fu ucciso era proprio davanti al prefetto del pretorio (carica che aveva poteri giunsdizionali sia in materia penale, sia civile) che doveva essere giudicata una causa come quella di Apollonio.
153 II testo di Eusebio è oscuro si pensa che vi sia un'allusione al re­scritto di Traiano a Plimo il Giovane (cf Lettere, 10, 96).
154 Si tratta dell'anno 190
155 Ovviamente della sua carica


Teofìlo era a capo della chiesa di Cesarea di Pa­lestina e slmilmente Narciso, del quale quest'opera ha già fatto menzione 157, a quel tempo reggeva ancora il ministero della Chiesa di Gerusalemme; nella stessa epoca, in Grecia, Bacchii­lo era vescovo di Corinto 158, e Policrate era vescovo della dio­cesi di Efeso. Oltre a questi, come è naturale, anche innumere­voli altri uomini si distinsero allora: noi naturalmente abbiamo ricordato per nome quelli la cui ortodossia della fede ci è per­venuta per iscritto 159.                               „_/

23. la qUESTIONE ALLORA SOLLEVATA SULLA pasqua
1. A quel tempo fu sollevata una questione assai impor­tante, perché, seguendo una tradizione più antica, le diocesi di tutta l'Asia ritennero che, per la festa della Pasqua del Salvato­re, bisognasse osservare il quattordicesimo giorno della luna, giorno nel quale era stato ordinato agli ebrei di sacrificare l'a­gnello e che in esso, qualunque fosse il giorno della settimana, bisognava assolutamente porre fine ai digiuni 160. Invece la Chiese di tutto il resto del mondo non avevano l'abitudine di celebrare la Pasqua in questo modo e, richiamandosi alla tradi­zione apostolica, mantennero l'usanza, che si è conservata fino ad oggi, secondo cui non è opportuno porre fine al digiuno in un giorno diverso da quello della risurrezione del nostro Salva­tore.

^Cf ^^V,11,1. 157 Cf supra, V, 12 ^Cf ^/w.V,23,4
159 Eusebio si mostra fedele al suo proposito di ricordare solo quei ve­scovi che hanno lasciato degli sentii.
160 La questione della Pasqua era stata già agitata nel corso del II sec e riguardava il tempo della sua celebrazione, dato che le chiese d'Asia, come gli ebrei, la celebravano la sera del 14 nisan, in qualunque giorno cadesse

2. Su questa questione si svolsero numerosi sinodi ed as­semblee di vescovi e tutti, all'unanimità, formularono per lette­ra una norma ecclesiastica valida per i fedeli di ogni nazione, in base alla quale il mistero della risurrezione del Signore dai mor­ti non avrebbe dovuto essere celebrato in un altro giorno che la domenica e in quel giorno soltanto avremmo osservato la fine dei digiuni pasquali.
3. E ancor oggi in nostro possesso una lettera di coloro che all'epoca si riunirono in Palestina sotto la presidenza di Teofilo, vescovo della diocesi di Cesarea e di Narciso, vescovo di Gerusalemme. Allo stesso modo esiste un'altra lettera di quanti per la stessa questione si riunirono a Roma, e che indica quale vescovo Vittore; un'altra ancora dei vescovi del Ponto, presieduti da Palmas 161 in quanto vescovo più anziano. C'era anche una lettera della cristianità della Gallia, di cui era vesco­vo Ireneo 162, 4. e ancora una dei vescovi dell'Osroene e delle città di quella regione 163; e specialmente quella di Bacchiilo, vescovo della Chiesa di Corinto, e poi quelle di moltissimi altri: essi espressero una sola identica opinione e deliberazione e die­dero lo stesso voto. Una sola fu la loro regola di condotta, quel­la che è stata detta.

161 Palmas era già vescovo quando Dionigi (cf supra, IV, 23, 6) fu elet to vescovo di Corinto
162 II passaggio è poco chiaro da escludere, comunque, che m Gallia, vi fosse una sola Chiesa governata da Ireneo 163 Provincia cristiana dell'Oriente con capitale Edessa

24. il DISSENSO IN asia
1. Ma i vescovi dell'Asia affermarono con forza che biso­gnava mantenere l'antica usanza che era stata loro tramandata sin dall'inizio; li guidava Policrate il quale, nella lettera che scrisse a Vittore e alla Chiesa romana, riferisce con queste pa­role la tradizione pervenutagli: 2. “Noi dunque celebriamo scrupolosamente il giorno, senza aggiungere nè togliere niente. In Asia, infatti, riposano grandi astri; essi risorgeranno il gior­no della venuta del Signore, allorquando, ricolmo di gloria, egli scenderà dai cieli e richiamerà tutti i santi: Filippo, uno dei do­dici apostoli, è sepolto a Hierapolis insieme a due sue figlie che si conservarono vergini per tutta la vita, mentre la terza, vissu­ta nello Spirito Santo, riposa ad Efeso 164; 3. e anche Giovanni, colui che posò il capo sul petto del Signore bm, che fu sacerdo­te e portò il petalon bn 165, che fu martire e maestro, è sepolto-ad Efeso; 4. e inoltre, a Smirne, Policarpo che fu vescovo e marti­re; e anche Trasea di Eumenia I66, vescovo e martire, riposa a Smirne. 5. E che bisogno c'è di parlare di Sagari, vescovo e martire, che è sepolto a Laodicea 167, e ancora del beato Papirio e dell'eunuco Melitene 168, che visse sempre nello Spirito Santo e giace a Sardi attendendo la visita dai cieli109, nella qua­le risusciterà dai morti? 6. Conformemente al Vangelo, senza discostarsene, ma conformandosi alla regola della fede, tutti co­storo rispettarono scrupolosamente il quattordicesimo giorno [della luna] di Pasqua. E anch'io, Policrate, il più piccolo di tutti voi, [mi comporto] secondo la tradizione dei miei fratelli, di alcuni dei quali sono successore. Sette dei miei parenti, in­fatti, sono stati vescovi e io sono l'ottavo; e i miei fratelli hanno sempre osservato il giorno in cui il popolo si asteneva dal pane lievitato 170
bm Cf. Gv 13, 23; 21, 20.    b" Cf. Es 28, 32ss; 36, 38ss.
164 Secondo la tradizione Filippo ebbe quattro figlie: Eusebio ne men
ziona soltanto tré. ^Cf. J^,III,31,3.
166 Cf. supra^ V, 18, 14.
167 Si tratta di Laodicea di Frigia.
168 Su Melitene di Sardi, cf. supra^ IV, 26.
169 II riferimento è alla parusia: Rufìno precisa che Melitene si fece eu­nuco per il regno di Dio (cf. Mt 19, 12).
170 Chiaro riferimento al giorno degli Azzimi della Pasqua ebraica.


 7. Perciò, o fratelli, io che ho sessantacinque anni nel Signore, sono stato in relazione coi fratelli di tutto il mon­do e ho letto tutta la santa Scrittura, io non mi lascio intimori­re da coloro che cercano di spaventarmi b0. Questi uomini più grandi di me, infatti, hanno detto che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uominibp”.
8. A proposito dei vescovi che erano con lui quando scri­veva e che condividevano la sua opinione, continua così dicen­do queste cose: “Potrei fare menzione dei vescovi che sono qui con me, che avete ritenuto opportuno che fossero da me con­vocati e che io ho convocato: i loro nomi, se li scrivessi, sareb­bero assai numerosi. Essi, pur conoscendo la mia pochezza di uomo, hanno approvato la mia lettera, consapevoli che non porto invano i capelli bianchi, ma che sono vissuto sempre in Cristo Gesù”
9. Allora Vittore, che era a capo della Chiesa di Roma, cercò subito di escludere in massa dall'unità comune le diocesi di tutta l'Asia insieme con le Chiese vicine, in quanto eterodos­se e mediante lettere disapprovò indistintamente tutti i fratelli di quei luoghi e proclamò che erano scomunicati. 10. Ma que­sto dispiacque a tutti i vescovi: essi dal canto loro lo esortarono a pensare alla pace, all'unione col prossimo e all'amore; e an­cora oggi si tramandano le parole mediante le quali essi richia­marono assai severamente Vittore.
^Cf.FiI 1,28.    b? Cf.At5.29.

11. Tra costoro anche Ireneo, avendo scritto in nome dei fratelli di cui era a capo in Gallia, da un lato ammonisce di celebrare soltanto di domenica il mistero della risurrezione del Signore, ma poi dall'altro, opportunamente, esorta Vittore a non escludere intere Chiese di Dio perché conservano una tradizione di antica consuetudine e continua quindi dicendo 171: 12. “La polemica non riguarda soltanto il giorno, ma anche la forma stessa del digiuno. Alcu­ni, infatti, credono che bisogna digiunare un solo giorno, altri due, altri più giorni ancora; alcuni, infine, calcolano il loro gior­no di quaranta ore, tra diurne e notturne. 13. E una simile di­versità nell'osservanza del digiuno non ha avuto origine ai no­stri giorni, ma molto prima, al tempo dei nostri predecessori, i quali, a quanto pare, senza badare all'eccessiva precisione, hanno confermato questa tradizione nella sua semplicità e nei suoi caratteri particolari, e la prescrissero per il futuro. Tutti costo­ro non vissero meno in pace e anche noi viviamo ora in pace-gli uni con gli altri e la differenza del digiuno conferma l'accordo della fede”.
14. A queste affermazioni, Ireneo aggiunge poi una consi­derazione che mi sembra opportuno riferire; eccola: “Tra loro vi furono anche i presbiteri anteriori a Sotero che guidò la Chiesa che tu governi ora, cioè Aniceto, Pio, Igino, Telesforo e Sisto, che non osservarono essi stessi (il quattordicesimo gior­no), ne imposero (la sua osservanza) a coloro che li seguivano. tuttavia non furono assolutamente meno in pace con coloro che giungevano tra loro dalle diocesi in cui esso veniva osservato Ciononostante l'osservarlo costituiva una divergenza ancora maggiore per coloro che non l'osservavano. 15. E non allonta­narono mai nessuno per questa ragione, ma anzi quegli stessi che non l'osservavano, (vale a dire) i presbiteri che ti hanno preceduto, inviavano l'Eucaristia a quelli delle diocesi che l'os­servavano. 16. E quando il beato Policarpo dimorò a Roma al tempo di Aniceto 172, pur avendo avuto tra loro piccoli contra­sti su altre questioni, subito si riconciliarono, dato che non desideravano essere in disaccordo su questo argomento. Aniceto, infatti, non riuscì a convincere Policarpo a non osservare ciò che 173 aveva sempre osservato con Giovanni, il discepolo del Signore nostro e con gli altri apostoli con cui era vissuto; ne Po­licarpo dal canto suo persuase Aniceto ad osservarlo, dato che quest'ultimo sosteneva che bisognava mantenere la consuetudine di coloro che erano stati presbiteri prima di lui. 17. Stando così le cose, si comunicarono l'un l'altro e nella chiesa Aniceto concesse l'Eucaristia a Policarpo, evidentemente per deferenza; essi si separarono l'uno dall'altro in pace, e vi fu pace nell'inte­ra Chiesa, sia per coloro che osservavano (il quattordicesimo giorno), quanto per coloro che non lo osservavano”.
18. E Ireneo fu degno del nome che portava 174, dato che fu paciere di nome e di fatto e sollecitò e si fece mediatore per la pace delle Chiese, poiché, in merito alla questione sollevata, mediante lettere trattò non solo con Vittore, ma anche, uno do­po l'altro, con numerosi altri responsabili di Chiese.

25. accordo UNANIME SULLA pasqua      175
1. Intanto i personaggi palestinesi che abbiamo or ora menzionato 176, cioè Narciso e Teofilo, e con loro Cassie, ve­scovo della Chiesa di Tiro e Claro, vescovo di quella di Tolemaide e tutti coloro che si erano riuniti con loro, analizzarono ampiamente la tradizione relativa alla Pasqua che era loro per­venuta dalla successione degli apostoli e, alla fine della loro let­tera, così aggiungono testualmente: “Fate in modo di mandare copie di questa nostra lettera ad ogni diocesi, affinchè non sia­mo responsabili di coloro che ingannano facilmente la propria anima. Vi informiamo che anche ad Alessandna celebrano la Pasqua lo stesso giorno in cui la celebriamo noi: essi, infatti, hanno ricevuto lettere mandate da noi a loro e viceversa, in mo­do da celebrare di comune accordo e insieme il santo giorno”.


171 Non ci sono purtroppo pervenute le lettere di Ireneo sulla questio ne pasquale che, a giudizio di qualche studioso, sembra fossero riunite in una raccolta 1/2 II viaggio di Policarpo a Roma dovrebbe datarsi al 154.
173 Vale a dire il quattordicesimo giorno
174 Ireneo, dal greco eiréne (= pace)
175 II titolo del capitolo per la verità non risponde pienamente al suo contenuto, dato che in esso non si parla di un accordo “unanime”, ma di un accordo tra la Chiesa di Alessandna e quelle palestinesi

176 Cf ^p^,V,23,3
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