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07/02/2011 22:42 | |
21. come apollonio sUBÌ IL MARTIRIO A roma ^ 1. In questo stesso periodo, sotto il principato di Commodo, la nostra situazione cambiò in meglio, dato che la pace, con la grazia di Dio, si estese alle Chiese di tutta la terra. Anche allora la parola salvifica attrasse le anime degli uomini di ogni stirpe al culto devoto del Dio dell'universo, al punto che ormai, anche tra coloro che primeggiavano a Roma per ricchezza e per nascita, molti si volsero alla propria salvezza insieme con tutta la loro casa e la loro gente. 2. Ma per il demonio, che per natura è nemico del bene e invidioso, questo non fu sopportabile e, tendendo contro di noi insolite insidie, si preparò nuovamente alla lotta. Nella città di Roma, dunque, fece trascinare in tribunale Apollonio 150, uomo allora famoso tra Ì fedeli per la sua educazione e filosofìa, e spinse ad accusare un simile uomo uno dei suoi servi adatti allo scopo. 3. Ma poiché il miserabile presentò l'accusa al momento sbagliato, perché secondo un decreto imperiale non era permesso che continuassero a vivere coloro che denunziavano uomini siffatti -
150 Del martino di Apollonio si conservano gli Atti, scoperti alla fine del sec. scorso, in una recensione armena e una greca.
Subito gli furono spezzate le gambe, quando il giudice Perennio ]^2 emanò contro di lui questa sentenza. 4. Il giudice lo supplicò a lungo e con insistenza, e gli chiese di difendersi davanti al Senato, ma, invece, il martire carissimo a Dio, dopo aver presentato davanti a tutti una dottissima apologià della fede per la quale rendeva testimonianza, fu fatto decapitare come per un decreto del Senato: presso di loro, infatti, un'antica legge prescriveva che non venissero rilasciati coloro che fossero comparsi una volta in tribunale e non avessero cambiato idea 151. 5. Chi desidera leggere le parole che costui pronunziò davanti al giudice, le risposte che egli diede all'interrogatorio di Perennio e tutta la difesa che egli pronunciò al cospetto del Senato, le conoscerà dalla relazione degli antichi martiri che da noi è stata compilata.
22. alcuni VESCOVI CHE ERANO FAMOSI IN QUEI TEMPI
1. Il decimo anno dell'impero di Commodo 1^-1, ad Eleutero, che aveva retto l'episcopato per tredici anni, succedette Vittore; nello stesso anno, mentre anche Giuliano concludeva il suo decimo anno, Demetrio assunse il ministero della cristianità di Alessandrina. Nello stesso periodo Serapione, perso naggio di cui abbiamo già parlato in precedenza 156, era ancora noto come ottavo vescovo della Chiesa di Antiochia a partire dagli apostoli. -
151 Di una pena analoga si parla nel rescritto di Adnano a Minucio Fundano e nella lettera di Marco Aurelio sul miracolo della Legione Fulmi-natnce (cf supra, V, 5, 4) I due scritti sono, comunque, apocrifi 152 Questo personaggio è stato identificato con Tigidio Perenne, che fu prefetto del pretorio dal 183 al 185/186, anno in cui fu ucciso era proprio davanti al prefetto del pretorio (carica che aveva poteri giunsdizionali sia in materia penale, sia civile) che doveva essere giudicata una causa come quella di Apollonio. 153 II testo di Eusebio è oscuro si pensa che vi sia un'allusione al rescritto di Traiano a Plimo il Giovane (cf Lettere, 10, 96). 154 Si tratta dell'anno 190 155 Ovviamente della sua carica
Teofìlo era a capo della chiesa di Cesarea di Palestina e slmilmente Narciso, del quale quest'opera ha già fatto menzione 157, a quel tempo reggeva ancora il ministero della Chiesa di Gerusalemme; nella stessa epoca, in Grecia, Bacchiilo era vescovo di Corinto 158, e Policrate era vescovo della diocesi di Efeso. Oltre a questi, come è naturale, anche innumerevoli altri uomini si distinsero allora: noi naturalmente abbiamo ricordato per nome quelli la cui ortodossia della fede ci è pervenuta per iscritto 159. „_/
23. la qUESTIONE ALLORA SOLLEVATA SULLA pasqua 1. A quel tempo fu sollevata una questione assai importante, perché, seguendo una tradizione più antica, le diocesi di tutta l'Asia ritennero che, per la festa della Pasqua del Salvatore, bisognasse osservare il quattordicesimo giorno della luna, giorno nel quale era stato ordinato agli ebrei di sacrificare l'agnello e che in esso, qualunque fosse il giorno della settimana, bisognava assolutamente porre fine ai digiuni 160. Invece la Chiese di tutto il resto del mondo non avevano l'abitudine di celebrare la Pasqua in questo modo e, richiamandosi alla tradizione apostolica, mantennero l'usanza, che si è conservata fino ad oggi, secondo cui non è opportuno porre fine al digiuno in un giorno diverso da quello della risurrezione del nostro Salvatore.
^Cf ^^V,11,1. 157 Cf supra, V, 12 ^Cf ^/w.V,23,4 159 Eusebio si mostra fedele al suo proposito di ricordare solo quei vescovi che hanno lasciato degli sentii. 160 La questione della Pasqua era stata già agitata nel corso del II sec e riguardava il tempo della sua celebrazione, dato che le chiese d'Asia, come gli ebrei, la celebravano la sera del 14 nisan, in qualunque giorno cadesse
2. Su questa questione si svolsero numerosi sinodi ed assemblee di vescovi e tutti, all'unanimità, formularono per lettera una norma ecclesiastica valida per i fedeli di ogni nazione, in base alla quale il mistero della risurrezione del Signore dai morti non avrebbe dovuto essere celebrato in un altro giorno che la domenica e in quel giorno soltanto avremmo osservato la fine dei digiuni pasquali. 3. E ancor oggi in nostro possesso una lettera di coloro che all'epoca si riunirono in Palestina sotto la presidenza di Teofilo, vescovo della diocesi di Cesarea e di Narciso, vescovo di Gerusalemme. Allo stesso modo esiste un'altra lettera di quanti per la stessa questione si riunirono a Roma, e che indica quale vescovo Vittore; un'altra ancora dei vescovi del Ponto, presieduti da Palmas 161 in quanto vescovo più anziano. C'era anche una lettera della cristianità della Gallia, di cui era vescovo Ireneo 162, 4. e ancora una dei vescovi dell'Osroene e delle città di quella regione 163; e specialmente quella di Bacchiilo, vescovo della Chiesa di Corinto, e poi quelle di moltissimi altri: essi espressero una sola identica opinione e deliberazione e diedero lo stesso voto. Una sola fu la loro regola di condotta, quella che è stata detta.
161 Palmas era già vescovo quando Dionigi (cf supra, IV, 23, 6) fu elet to vescovo di Corinto 162 II passaggio è poco chiaro da escludere, comunque, che m Gallia, vi fosse una sola Chiesa governata da Ireneo 163 Provincia cristiana dell'Oriente con capitale Edessa
24. il DISSENSO IN asia 1. Ma i vescovi dell'Asia affermarono con forza che bisognava mantenere l'antica usanza che era stata loro tramandata sin dall'inizio; li guidava Policrate il quale, nella lettera che scrisse a Vittore e alla Chiesa romana, riferisce con queste parole la tradizione pervenutagli: 2. “Noi dunque celebriamo scrupolosamente il giorno, senza aggiungere nè togliere niente. In Asia, infatti, riposano grandi astri; essi risorgeranno il giorno della venuta del Signore, allorquando, ricolmo di gloria, egli scenderà dai cieli e richiamerà tutti i santi: Filippo, uno dei dodici apostoli, è sepolto a Hierapolis insieme a due sue figlie che si conservarono vergini per tutta la vita, mentre la terza, vissuta nello Spirito Santo, riposa ad Efeso 164; 3. e anche Giovanni, colui che posò il capo sul petto del Signore bm, che fu sacerdote e portò il petalon bn 165, che fu martire e maestro, è sepolto-ad Efeso; 4. e inoltre, a Smirne, Policarpo che fu vescovo e martire; e anche Trasea di Eumenia I66, vescovo e martire, riposa a Smirne. 5. E che bisogno c'è di parlare di Sagari, vescovo e martire, che è sepolto a Laodicea 167, e ancora del beato Papirio e dell'eunuco Melitene 168, che visse sempre nello Spirito Santo e giace a Sardi attendendo la visita dai cieli109, nella quale risusciterà dai morti? 6. Conformemente al Vangelo, senza discostarsene, ma conformandosi alla regola della fede, tutti costoro rispettarono scrupolosamente il quattordicesimo giorno [della luna] di Pasqua. E anch'io, Policrate, il più piccolo di tutti voi, [mi comporto] secondo la tradizione dei miei fratelli, di alcuni dei quali sono successore. Sette dei miei parenti, infatti, sono stati vescovi e io sono l'ottavo; e i miei fratelli hanno sempre osservato il giorno in cui il popolo si asteneva dal pane lievitato 170 bm Cf. Gv 13, 23; 21, 20. b" Cf. Es 28, 32ss; 36, 38ss. 164 Secondo la tradizione Filippo ebbe quattro figlie: Eusebio ne men ziona soltanto tré. ^Cf. J^,III,31,3. 166 Cf. supra^ V, 18, 14. 167 Si tratta di Laodicea di Frigia. 168 Su Melitene di Sardi, cf. supra^ IV, 26. 169 II riferimento è alla parusia: Rufìno precisa che Melitene si fece eunuco per il regno di Dio (cf. Mt 19, 12). 170 Chiaro riferimento al giorno degli Azzimi della Pasqua ebraica.
7. Perciò, o fratelli, io che ho sessantacinque anni nel Signore, sono stato in relazione coi fratelli di tutto il mondo e ho letto tutta la santa Scrittura, io non mi lascio intimorire da coloro che cercano di spaventarmi b0. Questi uomini più grandi di me, infatti, hanno detto che bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uominibp”. 8. A proposito dei vescovi che erano con lui quando scriveva e che condividevano la sua opinione, continua così dicendo queste cose: “Potrei fare menzione dei vescovi che sono qui con me, che avete ritenuto opportuno che fossero da me convocati e che io ho convocato: i loro nomi, se li scrivessi, sarebbero assai numerosi. Essi, pur conoscendo la mia pochezza di uomo, hanno approvato la mia lettera, consapevoli che non porto invano i capelli bianchi, ma che sono vissuto sempre in Cristo Gesù” 9. Allora Vittore, che era a capo della Chiesa di Roma, cercò subito di escludere in massa dall'unità comune le diocesi di tutta l'Asia insieme con le Chiese vicine, in quanto eterodosse e mediante lettere disapprovò indistintamente tutti i fratelli di quei luoghi e proclamò che erano scomunicati. 10. Ma questo dispiacque a tutti i vescovi: essi dal canto loro lo esortarono a pensare alla pace, all'unione col prossimo e all'amore; e ancora oggi si tramandano le parole mediante le quali essi richiamarono assai severamente Vittore. ^Cf.FiI 1,28. b? Cf.At5.29.
11. Tra costoro anche Ireneo, avendo scritto in nome dei fratelli di cui era a capo in Gallia, da un lato ammonisce di celebrare soltanto di domenica il mistero della risurrezione del Signore, ma poi dall'altro, opportunamente, esorta Vittore a non escludere intere Chiese di Dio perché conservano una tradizione di antica consuetudine e continua quindi dicendo 171: 12. “La polemica non riguarda soltanto il giorno, ma anche la forma stessa del digiuno. Alcuni, infatti, credono che bisogna digiunare un solo giorno, altri due, altri più giorni ancora; alcuni, infine, calcolano il loro giorno di quaranta ore, tra diurne e notturne. 13. E una simile diversità nell'osservanza del digiuno non ha avuto origine ai nostri giorni, ma molto prima, al tempo dei nostri predecessori, i quali, a quanto pare, senza badare all'eccessiva precisione, hanno confermato questa tradizione nella sua semplicità e nei suoi caratteri particolari, e la prescrissero per il futuro. Tutti costoro non vissero meno in pace e anche noi viviamo ora in pace-gli uni con gli altri e la differenza del digiuno conferma l'accordo della fede”. 14. A queste affermazioni, Ireneo aggiunge poi una considerazione che mi sembra opportuno riferire; eccola: “Tra loro vi furono anche i presbiteri anteriori a Sotero che guidò la Chiesa che tu governi ora, cioè Aniceto, Pio, Igino, Telesforo e Sisto, che non osservarono essi stessi (il quattordicesimo giorno), ne imposero (la sua osservanza) a coloro che li seguivano. tuttavia non furono assolutamente meno in pace con coloro che giungevano tra loro dalle diocesi in cui esso veniva osservato Ciononostante l'osservarlo costituiva una divergenza ancora maggiore per coloro che non l'osservavano. 15. E non allontanarono mai nessuno per questa ragione, ma anzi quegli stessi che non l'osservavano, (vale a dire) i presbiteri che ti hanno preceduto, inviavano l'Eucaristia a quelli delle diocesi che l'osservavano. 16. E quando il beato Policarpo dimorò a Roma al tempo di Aniceto 172, pur avendo avuto tra loro piccoli contrasti su altre questioni, subito si riconciliarono, dato che non desideravano essere in disaccordo su questo argomento. Aniceto, infatti, non riuscì a convincere Policarpo a non osservare ciò che 173 aveva sempre osservato con Giovanni, il discepolo del Signore nostro e con gli altri apostoli con cui era vissuto; ne Policarpo dal canto suo persuase Aniceto ad osservarlo, dato che quest'ultimo sosteneva che bisognava mantenere la consuetudine di coloro che erano stati presbiteri prima di lui. 17. Stando così le cose, si comunicarono l'un l'altro e nella chiesa Aniceto concesse l'Eucaristia a Policarpo, evidentemente per deferenza; essi si separarono l'uno dall'altro in pace, e vi fu pace nell'intera Chiesa, sia per coloro che osservavano (il quattordicesimo giorno), quanto per coloro che non lo osservavano”. 18. E Ireneo fu degno del nome che portava 174, dato che fu paciere di nome e di fatto e sollecitò e si fece mediatore per la pace delle Chiese, poiché, in merito alla questione sollevata, mediante lettere trattò non solo con Vittore, ma anche, uno dopo l'altro, con numerosi altri responsabili di Chiese.
25. accordo UNANIME SULLA pasqua 175 1. Intanto i personaggi palestinesi che abbiamo or ora menzionato 176, cioè Narciso e Teofilo, e con loro Cassie, vescovo della Chiesa di Tiro e Claro, vescovo di quella di Tolemaide e tutti coloro che si erano riuniti con loro, analizzarono ampiamente la tradizione relativa alla Pasqua che era loro pervenuta dalla successione degli apostoli e, alla fine della loro lettera, così aggiungono testualmente: “Fate in modo di mandare copie di questa nostra lettera ad ogni diocesi, affinchè non siamo responsabili di coloro che ingannano facilmente la propria anima. Vi informiamo che anche ad Alessandna celebrano la Pasqua lo stesso giorno in cui la celebriamo noi: essi, infatti, hanno ricevuto lettere mandate da noi a loro e viceversa, in modo da celebrare di comune accordo e insieme il santo giorno”.
171 Non ci sono purtroppo pervenute le lettere di Ireneo sulla questio ne pasquale che, a giudizio di qualche studioso, sembra fossero riunite in una raccolta 1/2 II viaggio di Policarpo a Roma dovrebbe datarsi al 154. 173 Vale a dire il quattordicesimo giorno 174 Ireneo, dal greco eiréne (= pace) 175 II titolo del capitolo per la verità non risponde pienamente al suo contenuto, dato che in esso non si parla di un accordo “unanime”, ma di un accordo tra la Chiesa di Alessandna e quelle palestinesi
176 Cf ^p^,V,23,3
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