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LA STORIA ECCLESIASTICA (di EUSEBIO DI CESAREA)

Ultimo Aggiornamento: 26/01/2019 17:40
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07/02/2011 22:20
 
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Questo andava gridando di giorno e di notte, aggirandosi per tutti i vicoli. 8. Alcuni fra i notabili del popolo, irritati per il malaugurio, fecero gettare in carcere quell'uomo e ordinarono che fosse frustato senza risparmio. Ma egli, urlando non per le sofferenze patite e neppure contro i presenti, continuava a gridare le stesse parole di prima. 9. I magistrati, pensando, come in effetti era, che l'uomo fosse mosso da un essere soprannaturale, lo portarono al cospetto del governatore romano 38. Qui, pur frustato fino a far vedere le ossa, non implorava ne piangeva, ma, piegandosi compassionevolmente ad ogni sferzata, ripeteva: "Ahi, ahi, Gerusalemme"" 39.

10. Lo stesso storico racconta un altro episodio più incredibile di questo; nelle Sacre Scritture trovò infatti, come egli stesso dice, una profezia, secondo la quale in quel momento un uomo della stessa regione avrebbe regnato sul mondo; e ciò, secondo lui, si sarebbe adempiuto nei riguardi di Vespasiano 40. 11. Ma egli regnò solo sui territori soggetti a Roma e non su tutta la terra; sarebbe più esatto attribuire quindi la profezia a Cristo, a cui il Padre disse: Chiedimi e ti darò popoli come tua eredità, e come tua proprietà i confini della terra\ ; e, proprio in quel tempo il grido dei santi apostoli risuonò per tutta la terra, e le loro parole giunsero fino ai confini del mondo w.

9. giuseppe E LE OPERE CHE CI HA LASCIATO

1. Dopo queste notizie, è giusto sapere da chi nacque e di quale stirpe era lo stesso Giuseppe, che nella sua Storia ci ha lasciato tante notizie sugli argomenti testé trattati. Di questo ci informa lui stesso dicendo: "Giuseppe, figlio di Mattia, sacerdote di Gerusalemme, che in un primo tempo fui nemico dei Romani e che la sorte volle che assistessi per necessità agli avvenimenti successivi" 41. 2. Egli era in quel momento uomo rinomato non solo fra i Giudei della sua stessa tribù, ma anche fra i Romani, che lo onorarono con la dedica di una statua nella loro città e ritennero le opere da lui scritte degne di essere accolte nelle biblioteche. 3. Egli compose, in venti libri, le Antichità giudaiche, e in sette la storia della guerra contro i Romani a lui contemporanea, che egli stesso, già degno di fede per altre ragioni, dice 42 di aver composto non solo in greco, ma anche nella sua lingua patria 43. 4. E inoltre degna di considerazione anche un'altra opera intitolata Sull'antichità dei Giudei 44, in due libri: in essa confuta le tesi del grammatico Apione, che aveva allora scritto un'opera contro i Giudei, e di molti altri che tentarono di infamare le patrie usanze del popolo giudaico. 5. Nel primo di questi riferisce il numero degli scritti che costituiscono l'Antico Testamento, precisando, con queste parole, quelli che gli Ebrei ritengono autentici per antica tradizione:

^2,8. ^'Sal 19,5.

38 Si tratta di L. Albino.

39 Guerra giudaica, VI, 288-304.

40 Guerra giudaica, VI, 312-313. Su questo episodio cf, anche Tacito, Storie, V, 13, 2; Suetonio, Vita di Vespasiano, 4, 9.

41 Guerra giudaica, i, ^.

42 Ìbidem.

43 L'aramaico.

44 Più nota come Contro Apione, un'orazione diretta ad Apione, "uomo di molta cultura letteraria, dotto e di vasto sapere nel campo della grecita" (Gelilo, Notti ottiche, V, 14, 1), capo del partito antisemita di Alessandria e difensore estremo della superiorità della cultura greca su ogni altra. Al suo avversario Giuseppe dimostra il notevole debito dovuto dalla cultura greca a quella ebraica, di gran lunga più antica.

COME giuseppe CITA I LIBRI SACRI

  1. "Noi non possediamo libri innumerevoli e in contraddizione fra loro, ma solo ventidue, che raccontano la storia di tutti gli anni passati e che sono ritenuti a buon diritto divini. 2. Di questi, cinque sono di Mosè 45, e contengono le Leggi e la narrazione della storia umana dalla creazione dell'uomo fino alla morte di Mosè, periodo, questo, di poco inferiore a tremila anni. 3. Dalla morte di Mosè fino a quella di Artaserse, rè dei Persiani dopo Serse, i profeti posteriori a Mosè riferiscono in tredici libri gli avvenimenti verificatisi ai loro tempi; gli altri quattro contengono inni a Dio e ammonimenti per la vita degli uomini. 4. Dal tempo che va da Artaserse al nostro è stato riferito ogni episodio in molti scritti, che però non sono degni di fede come quelli a loro anteriori, dato che in essi la successione dei profeti presenta inesattezze. 5. E manifesto dai fatti quindi come noi ci accostiamo alle nostre Scritture. Sebbene sia ormai trascorso un si lungo tempo, nessuno ha osato aggiungere, togliere o completare nulla, e a tutti i Giudei viene naturale, sin dalla prima generazione, ritenerli dogmi divini da seguire fedelmente, per i quali, se necessario, essere disposti anche a morire" 46.

6. Si noti l'utilità del passo testé riportato. Egli è anche autore di un'altra meritevole opera dal titolo Sul predominio della ragione, da alcuni intitolata Maccabaico 47, perché riguarda le gesta valorose compiute dagli Ebrei in difesa della loro devozione a Dio, narrate nei libri detti Dei Maccabei. 7. Alla fine del ventesimo libro delle Antichità afferma 48 di accingersi a scrivere in quattro libri un'opera sulle opinioni patrie dei Giudei circa Dio e la sua essenza, e sulle leggi, e su che cosa presso di loro è possibile fare e cosa no; dichiara poi di aver ritenuti degni di considerazione, nelle sue opere, anche altri argomenti.

45 Riferimento al Pentateuco.

46 Contro Apione, I, 38-42.

47 L'opera non è da attribuire a Giuseppe. Si tratta invece di un apocrifo dell'Antico Testamento. 48 Antichità giudaiche, XX, 268.

 

8. È giusto inoltre riportare, per testimoniare la veridicità delle notizie da lui trasmesseci, ciò che egli scrisse alla fine delle Antichità 49. Muovendo a Giusto di Tiberiade 50, fra le molte accuse, anche quella di non aver riferito secondo verità gli avvenimenti contemporanei, che egli, come lui, aveva tentato di descrivere, aggiunge queste testuali parole: 9. "Io, per i miei libri, non ho temuto la stessa tua sorte, ma li ho dati agli stessi imperatori, quando gli avvenimenti in essi descritti si svolgevano ancora sotto i loro occhi; non mi sbagliai infatti pretendendo di perseguire la verità nel riferire le testimonianze. 10. Ho sottoposto i miei scritti al giudizio di molti altri, alcuni dei quali avevano preso parte alla guerra, come il rè Agrippa 51 e alcuni dei suoi consanguinei. 11. L'imperatore TÌ-to volle che solo le mie opere consegnassero agli uomini la conoscenza di quei fatti, e per questo prescrisse di pubblicarle, scrivendo l'ordine di suo pugno. Il rè Agrippa scrisse poi ses-santadue lettere, con cui testimonia la veridicità dei fatti da me narrati" 52. Di queste poi Giuseppe ne riporta due. Ma su di lui basti quanto detto finora.

49 La citazione seguente appartiene in verità alla Autobiografia, per la quale cf. la nota seguente.

50 È autore di un'opera dal titolo Guerra giudaica, in cui, trattando lo stesso periodo esaminato nell'omonimo scritto di Giuseppe Flavio, muove a quest'ultimo l'accusa di aver tradito il popolo giudaico, evidente a suo avviso nel chiaro atteggiamento filoromano impresso alla narrazione degli avvenimenti. A questa accusa Giuseppe rispose con 1''Autobiografia, un opuscolo in cui tenta di dimostrare la propria fedeltà al suo popolo.

51 Agrippa II.

52 Autobiografia, 361-364.

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16. la LETTERA DI clemente

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Di costui si riconosce autentica una sola lettera, tramandata fino ai nostri giorni, ponderosa e mirabile, che egli scrisse dalla Chiesa di Roma a quella di Corinto, dove era sorta una contesa 61. Sappiamo che anche di questa, in moltissime Chiese, nei tempi antichi e nei nostri, si da pubblica lettura 62. Testimone degno di fede dei sollevamenti verificatisi a Corinto al tempo del già citato imperatore è Egesippo.

17. la PERSECUZIONE AL TEMPO DI domiziano

A Roma Domiziano, che diede prova di grande crudeltà contro molti, condannò a morte, senza regolare giudizio, molti patrizi e molti altri uomini illustri, e senza validi motivi punì ad esili oltre confine e a confische di beni molti altri notabili, divenendo così, dopo la sua morte, degno erede di Nerone per la sua pari ostilità ed empietà verso Dio. Domiziano fu il secondo imperatore a muovere una persecuzione contro di noi, sebbene suo padre Vespasiano non ci avesse mostrato alcuna ostilità.

18. L'APOSTOLO giovanni E L'APOCALISSE

1. Si narra che in questo tempo l'apostolo ed evangelista Giovanni, che era ancora in vita, fu condannato all'esilio nell'isola di Patmo per avere testimoniato la parola divina. 2.

61 A motivo dei disordini scoppiati in seno alla Chiesa di Corinto, dove i presbiteri erano stati destituiti arbitrariamente, Clemente scrive nel 96 a quella comunità, ammonendola alla sottomissione ai vescovi in nome della loro autorità, ricevuta direttamente dagli apostoli. Su Clemente cf. infra, 38 e M. Simonetti, La letteratura cristiana antica, cit., pp. 33-34.

Ireneo , scrivendo nel quinto libro dell'opera intitolata Contro le eresie sul numero che l'Anticristo porta negl'Apocalisse z di Giovanni, dice testualmente così: 3. "Se fosse necessario in questo momento svelare apertamente il nome dell'Anticristo, esso potrebbe essere stato proclamato da lui, che ne vide anche la manifestazione, avvenuta non molto tempo fa, ma quasi al nostro tempo, all'incirca verso la fine del regno di Domiziano 6-1" 65.

4. L'insegnamento della nostra fede risplendeva in quel tempo a tal punto che persino autori lontani da essa non ricusarono di narrare, nelle loro opere storiche, la persecuzione e le testimonianze che la riguardano. Essi ne indicano con precisione la data, poiché riferiscono la condanna all'esilio nell'isola di Ponza, avvenuta nel quindicesimo anno del regno di Domiziano 66, di Flavia Domitilla, figlia della sorella di Flavio Clemente, uno dei consoli romani di allora, rea di avere testimoniato la sua fede in Cristo. Oltre alla condanna all'esilio di costei riportano anche quella di moltissimi altri 67.

19. domiziano ORDINA DI UCCIDERE I DISCENDENTI DI davide

Un'antica tradizione riferisce che alcuni eretici, approfittando di un decreto di Domiziano che ordinava l'uccisione dei discendenti di Davide, accusarono i discendenti di Giuda (questi era fratello carnale del Salvatore aa) di avere tale discendenza e di essere imparentati, per questo, con il Cristo. Queste cose racconta Egesippo, dicendo testualmente:

2 Ap 13, 18. àa\ Cf. Mt 13, 55; Me 6, 3.

63 Su Ireneo cf. supra, II, n. 55.

64 Nel 95 d.C. 6^ Contro le eresie, V, 30, 3.

66 II riferimento è all'anno 85 d.C.

67 Su questa condanna cf. anche Suetonio, Vita di Domiziano, 15, 1; Cassio Dione, Storia romana, LXVII, 14

20. I DISCENDENTI DEL NOSTRO salvatore

1. "Della famiglia del Signore erano ancora in vita i nipoti di Giuda, quello ritenuto fratello carnale di Cristo. Costoro, accusati di essere discendenti di Davide, furono trascinati dal-Vevocatus 68 al cospetto di Cesare Domiziano, che temeva, come Erode, la venuta del Cristo. 2. Egli chiese loro se erano discendenti di Davide; avuta risposta affermativa, domandò quante sostanze avessero e di quanto denaro fossero in possesso. Essi risposero che entrambi avevano novemila denari soltanto, metà per ciascuno, non in contanti, dicevano, ma corrispondenti al valore di un'estensione terriera di soli trentanove pletri 69, da cui pagavano le tasse e traevano nutrimento, coltivandola con le proprie mani". 3. Gli fecero vedere poi le mani, mostrando come prova della propria fatica la rudezza della superfìcie e i calli su di esse formatisi a causa del continuo lavoro. 4. Interrogati su Cristo, sulla natura del suo regno e sul come, sul dove e sul quando si sarebbe manifestato, dissero che esso non era di questo mondo, ne terreno, ma celeste e angelico, e avrebbe avuto compimento alla fine dei secoli, quando, salendo in gloria, Cristo avrebbe giudicato i vivi e i morti e avrebbe dato a ciascuno in base alle proprie azioni70. 5. A queste parole Domiziano non manifestò nessuna ostilità nei loro confronti, ma si mostrò anzi benevolo, lasciandoli liberi e mettendo fine, con un decreto, alla persecuzione contro la Chiesa. 6. Quelli che furono liberati si misero a capo delle Chiese come testimoni e discendenti per nascita dal Signore; instaurata la pace, vissero fino ai tempi di Traiano 71.

^8 Con questo nome venivano designati gli ufficiali che costituivano un corpo di guardia permanente presso l'imperatore. Essi non avevano funzioni militari, ma solo giuridico-amministrative.

69 Misura greca equivalente a 100 piedi.

70 Espressione di origine scritturistica (cf. Mt 16, 27; Rm 2, 6).

71 Traiano regnò dal 98 al 117 d.C.

7. Questo dice Egesippo. Anche Tertulliano fa menzione di Domiziano dicendo: "Anche Domiziano, degno erede della crudeltà di Nerone, ha tentato di comportarsi come lui. Ma avendo, credo, un po' di buon senso, si tirò subito indietro, richiamando anche coloro che aveva condannato all'esilio" 72.

8. Dopo Domiziano, che regnò per quindici anni73, prese il potere Nerva, sotto il quale il senato romano deliberò l'abrogazione delle disposizioni di Domiziano, il rimpatrio e la restituzione delle ricchezze a coloro che erano stati esiliati ingiustamente. Riferiscono queste notizie gli scrittori che hanno composto opere sugli avvenimenti di quel tempo 74. 9. La tradizione degli antichi ci ha tramandato che allora anche l'apostolo Giovanni fu richiamato dall'esilio nell'isola di Patmo e tornò a vivere ad Efeso 75.

21. terzo CAPO DELLA chiesa DI alessandria FU CERDONE

A Nerva, che regnò per poco più di un anno 76, succedette Traiano. Nel primo anno del suo regno ad Avilio, che aveva retto la diocesi di Alessandria per tredici anni, succedette Cerdone. Questi fu il terzo ad essere eletto vescovo di questa città a partire da Anniano, che fu il primo. In questi anni Clemente era ancora vescovo di Roma, terzo fra quelli succeduti a Paolo e Pietro nell'episcopato della città; Lino fu il primo e secondo dopo di lui Anacleto.

'^ Apologetico, ^,4. ^Dall'81al 96d.C.

74 Cr. Suetonio, Vita di Domiziano, 23; Cassie Dione, Storia romana, LXVIII, 1; Plinio il Giovane, Panegirico, 52.

75 Cf. supra, 18, 1.

76 Dal 96 all'inizio del 98 d.C.

22. ignazio È SECONDO VESCOVO DI antiochia

Dopo Evodio, primo vescovo della Chiesa di Antiochia, divenne illustre in quei tempi, secondo dopo di lui, Ignazio 77. Nello stesso anno Simeone ricevette, secondo dopo il fratello del nostro Salvatore, la guida della Chiesa di Gerusalemme nel periodo che stiamo esaminando.

 

23. STORIA DELL'APOSTOLO GIOVANNI

1. In questi tempi lo stesso apostolo ed evangelista Giovanni, che Gesù amava, viveva ancora in Asia e, tornato dall'esilio nell'isola di Patmo dopo la morte di Domiziano, si rimise a dirigere le Chiese locali. 2. Che in questi tempi era ancora vivo basterebbe a provarlo la testimonianza di due autori degni di fede, araldi dell'ortodossia ecclesiastica: Ireneo e Clemente di Alessandria 78. 3. Il primo, nel secondo libro dell'opera Contro le eresie, scrive testualmente così: "Tutti i presbiteri che incontrarono in Asia Giovanni, il discepolo del Signore, testimoniano che egli si mantenne nella tradizione. Rimase infatti con loro fino al tempo di Traiano" 79. 4. Nel terzo libro della stessa opera afferma questa stessa cosa dicendo: "La Chiesa di Efeso, fondata da Paolo, è testimone verace della tradizione apostolica per la presenza di Giovanni, che vi rimase fino ai tempi di Traiano" 80.

5. Inoltre Clemente, illustrando lo stesso periodo di tempo, tramanda questo racconto nella sua opera dal titolo Chi è quel ricco che si salva? 81, utilissima a coloro che gradiscono ascoltare cose belle ed edificanti.

'_' Su Ignazio cf. infra, 36. ^ Su questo autore cf. infra, V, 11. /9 Contro le eresie, II, 22, 5.

80 Contro le eresie. III, 3, 4.

81 Cf. supra, n. 78.

Leggi con attenzione quello che egli dice: 6. "Ascolta un racconto che non è una favola, ma una storia veritiera tramandataci sull'apostolo Giovanni e custodita nella memoria. Dopo la morte del tiranno 82 Giovanni, richiamato dall'isola di Patmo, tornò a vivere ad Efeso. Quando veniva chiamato, si recava anche nei territori delle popolazioni vicine per nominare i vescovi, organizzare intere comunità e scegliere come chierico uno di quelli designatigli dallo Spirito. 7. Giunto dunque in una città non lontana (il cui nome alcuni riportano 83), prese, fra le altre cose, a dare sollievo ai fratelli; indirizzando poi lo sguardo sul vescovo, capo dell'intera comunità, vide un giovane vigoroso nel corpo, bello a vedersi, d'animo ardente. Rivoltosi al vescovo, disse: "Lo affido alle tue cure alla presenza della Chiesa e di Cristo come testimoni". Il vescovo lo prese con sé, promettendo a Giovanni, con le stesse parole e di fronte agli stessi testimoni, che ne avrebbe avuto cura. 8. L'apostolo ritornò allora ad Efeso. Il presbitero accolse in casa sua il giovane che gli era stato affidato, lo allevò, lo educò, se ne curò, e infine lo battezzò. Dopo il battesimo lo liberò dal suo zelo e dalla sua tutela, poiché credeva di avere posto in lui il segno del Signore, difesa perfetta. 9. Allentata la custodia prima del momento giusto, alcuni coetanei, corrotti e dissoluti, ormai avvezzi al male, lo condussero alla rovina; dapprima lo portarono con loro in pranzi fastosi, poi di notte a rubare; infine pensarono bene fare qualcosa di ancora più grande. 10. Egli in poco tempo si abituò a tutto questo e, per la sua grande natura, allontanandosi dalla via della rettitudine come un cavallo indocile e vigoroso che morde il freno, sprofondava sempre più nel baratro. 11. Rinunziando alla salvezza in Dio, ambiva alla realizzazione non di piccoli progetti, ma di grandi disegni; e, poiché era ormai perduto per sempre, ritenne bene seguire la stessa strada degli altri suoi compagni.

82 II riferimento è a Domiziano, morto nel 96 d.C.

83 Smirne.

Radunatili, organizzò una banda, di cui fu degno capo, violentissimo, crudelissimo, spieiato. 12. Trascorso del tempo, presentandosene la necessità, fu chiamato Giovanni. Egli, quando ebbe sistemato le altre cose per le quali era venuto, disse: "Orsù, o vescovo, rendici il bene che io e Cristo ti abbiamo dato in cura alla presenza della Chiesa, di cui sei il capo e che ne è testimone". 13. Egli dapprima rimase colpito, credendo di essere accusato di avere rubato ricchezze che non aveva mai preso. Ma non poteva non credere a Giovanni per quelle cose che non aveva mai avuto e non prestare fede alla sua parola. Così Giovanni gli disse: "II giovane ti chiedo, e l'anima del fratello". Il presbitero, volgendo gli occhi in basso e scoppiando in lacrime, disse: "Costui è morto". "Come e di quale morte?". "E morto a Dio", rispose; "è divenuto infatti malvagio e dissennato, ma soprattutto brigante, e, invece di stare in Chiesa, se ne sta rintanato sui monti con una banda di uomini suoi pari". 14. L'apostolo, strappata-si la veste, gemette a lungo e, battutosi il capo, disse: "Bella custodia all'anima del fratello ho lasciato! Portatemi un cavallo e qualcuno mi faccia da guida per il cammino"; e parti da quella Chiesa così come era. 15. Giunto sul luogo, venne preso dall'avanguardia dei briganti, ma non tentò la fuga, ne implorò la propria libertà, ma gridò: "Conducetemi dal vostro capo, perché è per lui che sono venuto". 16. Questi lo aspettava armato e, riconosciuto Giovanni che entrava, preso da vergogna, cercò di darsi alla fuga. 17. Ma l'apostolo, dimentico della sua età, si mise ad inseguirlo con tutte le sue forze gridando: "Perché fuggi, figlio, da me, tuo padre disarmato e vecchio? Abbi pietà di me, figlio, non temere; hai ancora speranza di salvezza. Io chiederò venia a Cristo per tè; se necessario, morirò volentieri al tuo posto, come ha fatto il Signore per noi; per la salvezza della tua anima darò la mia. Fermati; credimi, Cristo mi ha mandato". 18. Uditelo, dapprima si fermò abbassando lo sguardo; poi gettò via le armi e, tremando, pianse amaramente. Abbracciò il

vecchio che si avvicinava a lui, implorando il suo perdono, come poteva, tra i singhiozzi e le lacrime, con le quali fu battezzato nuovamente; ma nascondeva la destra. 19. Giovanni, avvicinatesi, gli giurò che aveva trovato perdono per lui presso il Salvatore e, pregandolo in ginocchio e baciandogli la destra ormai mondata dal pentimento, lo ricondusse alla Chiesa. Supplicandolo con assidue preghiere, combattendo con lui in continui digiuni e affascinando la sua mente con Ì vari incanti dei suoi discorsi, non lo abbandonò, come si dice, se non prima di averlo restituito alla Chiesa, lasciando così un grande esempio di vero pentimento e di grande monito di rinascita, trofeo della resurrezione evidente a tutti" 84.

24. lordine DEI vangeli

1. Ho riferito questo racconto di Clemente per il contenuto e per l'utilità che ne ricaveranno coloro che lo leggeranno.

Orsù, elenchiamo le opere indiscusse dell'apostolo Giovanni. 2. Per prima cosa si deve riconoscere autentico il Vangelo secondo Giovanni, noto a tutte le Chiese della terra. Chiarirò ora perché gli antichi, a ragione, gli hanno assegnato il quarto posto dopo gli altri tré. 3. Quegli uomini divini e veramente degni di Dio, dico gli apostoli del Cristo, che conducevano una vita proba e avevano ornato le loro anime di ogni virtù, inesperti di arte oratoria, ma coraggiosi per la potenza divina e miracolosa data loro in dono dal Salvatore, non seppero e non tentarono neppure di annunciare con persuatrice arte sofistica gli insegnamenti del Maestro, ma, forti della manifestazione dello Spirito divino che operava in loro e della sola potenza del Cristo operatrice di miracoli, che agiva per loro tramite, fecero conoscere a tutto il mondo il regno dei cieli, dandosi poco pensiero della bellezza stilistica.

8-1 Chi è il ricco che si salva?, 42.

4. Facevano questo perché erano preposti ad un servizio più grande e superiore alla condizione umana. Paolo pertanto, quantunque espertissimo nell'arte di elaborare discorsi e ingegnoso nei pensieri, non scrisse che brevissime lettere, sebbene avesse da dire mille cose, per di più ineffabili, che era stato reputato degno di udire quando aveva sfiorato la bellezza meravigliosa del terzo ciclo ed era stato rapito fin nello stesso Paradiso divino. 5. Delle stesse cose non furono privati neppure gli altri che avevano frequentato il nostro Salvatore: i dodici apostoli, i settanta discepoli e innumerevoli altri. Ma fra tutti coloro che furono vicini al Signore, soltanto Matteo e Giovanni hanno lasciato le loro memorie che, si dice, misero per iscritto perché ne avvertivano la necessità. 6. Matteo, che in un primo momento predicò la buona novella agli Ebrei, quando stava per andare anche presso altri popoli, compose nella lingua patria 85 il proprio Vangelo, sostituendo, con esso, la sua presenza presso coloro che lasciava. 7. Si dice che, quando Marco e Luca avevano ormai redatto i loro Vangeli, Giovanni, che aveva sempre predicato oralmente, decise di scrivere il suo Vangelo per il seguente motivo. Si dice che egli approvò i primi tré Vangeli già scritti e noti a tutti e anche a lui,, testimoniandone così la veridicità; decise poi di affidare alla scrittura soltanto d racconto delle azioni compiute da Cristo all'inizio della sua predicazione. 8. Ciò corrisponde a verità: si può infatti constatare che i tré evangelisti hanno dato inizio alla loro narrazione soltanto a partire da ciò che fece il Salvatore in un solo anno, dopo la detenzione in carcere di Giovanni il Battista. -

85 Alcuni studiosi, a partire già da A. von Wldmanstadt (1555), hanno avanzato l'ipotesi che la prima redazione di questo Vangelo fosse in aramaico. Presupposto ne era che l'ebraico non sarebbe più stato parlato ai tempi di Gesù. La scoperta dei manoscritti di Qumran, che sono tutti in ebraico, e la testimonianza di Papia, riportata da Eusebio a 39, 16, che attesta esplicitamente che il Vangelo di Matteo è stata composto nella lingua ebraica, hanno dimostrato l'infondatezza di questa supposizione

 

9. Dopo aver parlato del digiuno di quaranta giorni e della tentazione che ad esso seguì, Matteo precisa il momento da cui comincia ad esporre gli avvenimenti dicendo: Avendo saputo che Giovanni era sfato arrestato, si ritirò dalla Giudea in Galileo ab; 10. e così pure Marco: Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò in Galileo dc; e Luca, prima di dare inizio alla narrazione delle azioni di Gesù, da una notizia simile, dicendo che Erode chiuse Giovanni in carcere dd, aggiungendo così un altro male a quelli già compiuti. 11. Si dice perciò che l'apostolo Giovanni fu pregato di far conoscere col suo Vangelo il periodo omesso nel racconto dei precedenti evangelisti e le azioni compiute dal Salvatore in questo tempo (in quello cioè anteriore all'arresto del Battista). È lo stesso evangelista ad attestare ciò dicendo: Così Gesù diede inizio ai propn miracolide. E riferendo, tra le altre azioni di Gesù, il battesimo che egli ricevette dal Battista quando costui battezzava nella regione di Euon, vicino Salem, lo dichiara con chiarezza ancora maggiore dicendo: Cosi infatti Giovanni non era stato ancora rinchiuso in carcere ^. 12. Dunque Giovanni, nel suo Vangelo, riferisce le azioni di Cristo anteriori all'arresto del Battista, mentre gli altri tré evangelisti riportano gli avvenimenti successivi alla sua detenzione in carcere. 13. A chi conosce queste cose, non sembrerà più che i Vangeli discordino fra di loro, perché quello di Giovanni riferisce le prime azioni compiute da Cristo, gli altri quelle che egli fece negli ultimi anni della sua vita terrena. Pertanto Giovanni ha omesso di riportare la genealogia secondo la carne del nostro Salvatore, perché già riferita da Matteo e da Luca dh, ma cominciò dalla sua teologia 86, quasi fosse stata riservata a lui, come al migliore, dallo Spirito di Dio.

db Mt 4, 12 ac Me 1, 14 ad Le 3, 20 3,24 ^Mt 1, 1-17

aeGv2, 11

14. Circa la composizione del Vangelo secondo Giovanni basti quanto detto; ed ho già illustrato precedentemente 87 la causa che diede origine a quella del Vangelo secondo Marco. 15. Luca poi, all'inizio del suo Vangelo -", espone il motivo che presiede alla sua composizione, mostrando che, poiché molti altri si erano già adoperati alquanto sconsideratamente nel riferire quegli avvenimenti di cui egli invece si era pienamente informato, spinto da necessità, volendo allontanare da noi le loro dubbie narrazioni, ha tramandato un racconto accurato degli avvenimenti di cui aveva appreso la verità grazie alla frequentazione di Paolo e al contatto e dialogo con gli altri apostoli. 16. Su ciò basti quanto detto; tenterò a tempo debito 88 di illustrare con più precisione, tramite la testimonianza degli antichi, ciò che altri hanno riferito a questo riguardo. 17. Fra gli scritti di Giovanni, oltre al Vangelo, viene ritenuta autentica, sia dai contemporanei sia dagli antichi, anche la sua Prima lettera; le altre due invece sono oggetto di controversia 89. 18. Ma sull'attribuzione dell''Apocalisse ancora oggi molti nutrono gravi dubbi; anche su ciò riferirò al momento opportuno 9Q il giudizio dato dagli antichi nelle loro opere.

25. le sacre scritture RITENUTE DIVINE E QUELLE CHE NON LO SONO

  1. È bene a questo punto riepilogare gli scritti del Nuovo Testamento fin qui esaminati. Al primo posto si devono mettere le divine scritture dei quattro Vangeli, cui seguono gli Atti degli Apostoli', 2. vengono poi le Lettere di Paolo, alle quali seguono la lettera trasmessa come la Prima di Giovanni e la Prima di Pietro. A queste segue, se sembra bene, ^Apocalisse di Giovanni, su cui riferiremo al momento opportuno le diverse opinioni. 3. Questi sono gli scritti autentici. Tra quelli oggetto di controversia, ma noti ai più, sono tramandate la lettera attribuita a Giacomo, quella a Giuda, la seconda di Pietro, e le cosiddette seconda e terza di Giovanni, sia che esse siano da attribuire all'evangelista o ad un suo omonimo. 4. Tra gli scritti non testamentari sono da annoverare invece gli Atti di Paolo 91, il cosiddetto Pastore 92, Apocalisse di Pietro 93, la Lettera detta di Barnaba 94, la cosiddetta Didachè degli apostoli 95, e inoltre, come ho detto, V Apocalisse di Giovanni, se sembra il caso: alcuni, come ho detto, ne negano l'autenticità, altri invece la annoverano fra gli scritti autentici dell'apostolo. 5. Ormai fra questi ultimi alcuni hanno incluso anche il Vangelo secondo gli Ebrei 96, gradito soprattutto agli Ebrei che hanno accolto il Cristo.

ah Le 3, 23-38. -"Lei, 1-4

86 Sul significato di questo termine cf supra. I, n 8.

87 Cf supra, II, 15

88 Cf infra, VII, 25

89 Non è questo il luogo per trattare di una così lunga e complessa questione. Su di essa cf O. Cullmann, Introduzione al Nuovo Testamento, cit, pp 125-126 ^ Cf. n 88

91 Cf n. 10.

92 Cf n 11. ^ Ci. n 7

94 Con Eusebio concorda anche Girolamo, Gli uomini illustri, 6 Lo scritto appartiene alla seconda metà del I secolo d C Per una trattazione più ampia cf M Simonetti, La letteratura cristiana antica, cit, pp 38-39

95 L'opera, composta nel 50-60 d C (ma secondo altri nel 150), contie ne norme liturgiche riguardanti il battesimo, il digiuno, la preghiera, l'eucaristia, l'elezione dei vescovi e dei diaconi, e traccia un quadro della vita religiosa dei primi cristiani dopo la morte degli apostoli

96 Si tratta di un apocrifo Di esso parla Girolamo, Gli uomini illustri, 2, che ne curò una traduzione greca e latina Egli riferisce che esso era m uso presso i Nazareni, i giudeo-cristiani di Siria e Palestina di lingua ebraica, che lo ritenevano il testo aramaico originale del Vangelo di Matteo La presenza di stretti punti di contatto con quest'ultimo ha fatto supporre ai moderni che si tratta di una rielaborazione, e non dell'originale, del testo aramaico dell'evangelista.

 

6. Tutti questi sarebbero fra i testi controversi, che è stato necessario elencare per distinguere le opere autentiche, vere e accettate da tutti in base alla tradizione ecclesiastica da quelle che non soltanto non sono testamentarie, ma anche di discussa autenticità, e tuttavia note a gran parte degli scrittori ecclesiastici, per potere distinguere le autentiche da quelle redatte dagli eretici sotto il nome degli apostoli: i Vangeli di Pietro 97, di Tom-maso 98, di Mattia " e di alcuni altri oltre questi, gli Atti di An-drea 100, di Giovanni loi e degli altri apostoli102. Nessuno degli autori ecclesiastici che si succedettero nei tempi li ha ritenuti degni di menzione nelle proprie opere: 7. non solo il carattere in cui sono composti questi scritti, di gran lunga differente da quello apostolico, ma anche il pensiero e la dottrina in essi esposti, lontanissimi dalla vera ortodossia, rendono manifesto infatti che sono stati composti da eretici. Pertanto non devono essere annoverati neppure tra le opere non testamentarie, ma rigettati come completamente insensati ed empi.

97 Cf. supra, n. 5.

98 L'opera, risalente al II secolo e nota in diverse recensioni (greca, latina, siriaca, armena, georgiana, etiopica), racconta in modo alquanto leggendario la vita di Gesù fino al dodicesimo anno di età.

99 Lo scritto è di origine gnostica. È identifìcabile forse con le Tradizioni di Mattia, attestato in Clemente di Alessandria, Stremata, 2, 9, 4; 3, 4, 26; 7, 13, 82. Esso è andato perduto.

100 L'opera è di origine gnostica. Essa è giunta in stato frammentario e tramanda la storia di Andrea e Mattia nel paese degli Antropofagi e degli apostoli Pietro e Andrea, il martirio di Andrea e il discorso dell'apostolo nel carcere di Patrasso.

101 Scritto eretico con tendenze al docetismo. Rimangono solo tré frammenti negli Atti del secondo concilio di Nicea (787), contenenti un inno al Signore e una predica di Giovanni. 102 Filippo, Timoteo, Matteo, Bartolomeo, Marco, Barnaba.

 

 

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