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Meditazioni per le festività (di Mons.Riboldi)

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2017 21:39
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14/12/2013 08:42
 
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III Domenica di Avvento (Anno A)


La venuta del Signore è vicina


È grande il rumore che il natale pagano sta facendo, nonostante la crisi di tante famiglie, nell’avvicinarsi del Santo Natale. Tutti parlano di quali doni acquistare, mettendo il silenziatore al vero Dono, che è venuto a noi dal Cielo: Gesù, Figlio del Padre.


Una venuta che è davvero l’aprirsi delle porte celesti, per vedere il Padre che torna a sorridere a noi, poveri viandanti in cerca di felicità, senza la quale la vita perde ogni senso.


Nulla – ricordiamocelo – può davvero riempire il cuore dell’uomo, come l’amore del Padre che, quando trova dimora in noi, diventa gioia donata ai fratelli.


Così canta il profeta Isaia oggi:


Si rallegrino il deserto e la terra arida: esulti e fiorisca la steppa… Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: ‘Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi’. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto. Ci sarà un sentiero e una strada e la chiameranno via santa. Su di essa ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo; felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza e pianto”.(Is. 35, 1-10)


Quasi sommersi dalle tristezze del nostro tempo, come ci vengono narrate - con troppa superficialità e, direi, con il solo scopo di ‘vendere o fare spettacolo’ – a tanti sembra che sia morta la speranza.


Ma si apre la ‘Via Santa’, che rivela la nostra origine divina e, quindi, offre la certezza che c’è Chi ci vuole veramente bene, un Bene che viene dall’Alto, quindi sicuro e fedele.


Da qui una consapevolezza, sempre più diffusa, del bisogno di alzare gli occhi al Cielo, certi che solo là può esserci la sorgente della gioia.


Scopriamo che la cosiddetta felicità ‘da quattro soldi’, che il mondo offre, è di fatto manipolata dagli interessi economici, come fosse ‘un’industria che deve tirare’.


Si cercano uomini che si distinguano per le ‘speranze’ che cercano di suscitare, e li si chiama ‘profeti’: ‘profeti dell’economia’, ‘profeti della storia’, ‘profeti della moda’ e via dicendo.


Un modo improprio di usare una così sorprendente e misteriosa parola: profeti!


Forse nella nostra offuscata mentalità, diamo del ‘profeta’ a chi offre delle prospettive: spesso ‘profeti’ che non vedono però più in là del proprio naso.


Oppure – ed è una moda diffusa – ci si affida ai maghi-profeti, che di vero hanno solo la ricchezza che accumulano a scapito dei loro simili, solo più ingenui e sprovveduti.


Nel Vecchio Testamento i profeti hanno sempre avuto un ruolo di guida e di speranza.


Il termine ebraico di profeta contiene tre missioni: chiama, disturba, annuncia.


I profeti hanno la coscienza di essere ‘voce’ di Dio, che indica la strada da percorrere.


Parlano ‘a nome di Dio’. Educano alla fede.


Il popolo li considerava ‘un grande dono di Dio’, anche se spesso, interpellando le coscienze e richiamando sui vizi...li uccideva! Ma poi, quando venivano a mancare, il popolo si sentiva sbandato, smarrito e così si lamentava: ‘Non vediamo più le nostre insegne, non ci sono più profeti e nessuno di noi sa fino a quando’. (Salmo 74, 9)


S. Tommaso d’Aquino descriveva il profeta – e ciascuno di noi è ‘profeta’ dal Battesimo – come uno che sa guardare alla storia con due occhi dietro le spalle, rivolti al passato, e due occhi che scrutano il futuro, per così fondare il presente.


Viene da chiederci: viviamo da profeti, memori del passato e rivolti ad un futuro che sappiamo essere nel Cuore di Dio?


Una giovane catechista aveva preparato i suoi bambini a scuola per il Natale, spiegando loro il ruolo del profeta Giovanni Battista e dei profeti, in genere, nella lunga attesa del Messia.


Alla fine per rendersi conto se avevano ben compreso chiese ad uno di loro chi fosse un profeta.


Si sentì rispondere che ‘il profeta è uno che ascolta la Parola di Dio con il cuore nell’orecchio’.


Una definizione azzeccata!


Un fatto è certo: i ‘profeti’, anche nei nostri tempi – e ce ne sono tanti, pensiamo a Nelson Mandela che ci ha lasciato in questi giorni! – colpiscono per la loro meravigliosa libertà di vita: non sono contro nessuno, eppure sferzano senza mezzi termini le barriere che l’uomo pone per nascondere le vie del Signore, i camuffamenti, le ipocrisie, le devianze, tutti protesi a proporre una visione di verità, che sia chiara come il cielo terso, ed esalti il grande amore che è Dio, origine e fine di tutto.


Ogni loro parola, ogni gesto, affonda le radici nella grandezza del passato dell’uomo e getta ponti verso l’infinito. Il vero profeta – ed ogni cristiano lo è – pensa sempre in grande, ama in grande.


E’ perseguitato, perché disturba, ma attira immensamente, perché offre spazi di vera vita.


Egli è – lo vogliamo o no – la ‘lunga traccia’ di Dio nella storia dell’umanità.


Il Vangelo di oggi ci invita a riflettere sul dialogo che avviene tra il profeta Giovanni Battista, in carcere,


per aver rimproverato Erode sulla sua condotta – e Gesù.


 “Giovanni, che era in carcere – racconta l’evangelista Matteo –avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: ‘Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?’


Gesù ai discepoli di Giovanni risponde: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vita, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!’


Poi si rivolge alle folle e traccia il meraviglioso ‘ritratto’ del Battista.


“Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: ‘Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via’. In verità io vi dico: fra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui”. (Mt. 11, 2-11)


Stupendamente umano questo dialogo che, da una parte vuole ‘la conferma alla propria missione’, ossia sapere se Gesù è il Messia, e, dall’altra, offre una ‘risposta’ non solo positiva, ma l’esaltazione di chi davvero è profeta e merita ascolto.


Ci sono ancora oggi tanti che cercano chi, come Giovanni, possa essere ‘una voce del deserto, che annuncia’. Lo cercano in sacerdoti o in laici cristiani, con diverse vocazioni, ma un unico carattere: gente che non bara con la fede e, con la propria vita, traccia una strada in questo mondo, che resta sempre ‘un deserto con poche speranze’: un mondo che offre solo delusioni, quando addirittura non cerca di strappare la certezza della gioia che Dio dà ora e sempre!


Se siamo sinceri, in questo nostro povero mondo tutti abbiamo bisogno di verità, di profezia, di evangelizzazione e, noi cristiani, profeti in virtù del Battesimo che abbiamo ricevuto, dobbiamo riscoprire questa vocazione, questa testimonianza che ci è chiesta.


«La gioia del Vangelo» si legge nelle prime righe dell’esortazione Evangelii Gaudium di Papa Francesco -«riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia». Mentre «il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice e opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata». Anche molti credenti cadono in questo rischio, «e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita». Mentre «quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte».


Sperimentare e proporre agli altri la salvezza gioiosa donata da Cristo risorto e i mezzi di cui Lui si serve è la vocazione di tutti i cristiani e la ragion d’essere propria della Chiesa, è la vera profezia di cui il mondo ha bisogno. Se qualcuno «ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita» chiede Papa Francesco «come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri?”.


Sentiamo come rivolta a ciascuno di noi questa domanda e chiediamo al Signore, in questo Avvento, di essere disponibili a rispondere con la testimonianza della vita.


Antonio Riboldi – Vescovo


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