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Meditazioni per le festività (di Mons.Riboldi)

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2017 21:39
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14/07/2013 11:22
 
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XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

 

Chi è il mio prossimo?

 

 

Credo che la parabola del Buon Samaritano, che la Chiesa ci offre da ascoltare o meglio meditare e vivere, come Parola di Dio all’uomo del nostro tempo, sia da tutti conosciuto, tanto da divenire l’immagine del cristiano che vive seriamente la propria fede.

A Gesù viene posta una domanda precisa: ‘Che fare per ereditare la vita eterna?’. E Gesù risponde con una massima semplicissima, la stessa essenza della SS.ma Trinità: ‘Ama’, ossia vivi in un atto di amore gratuito e libero. Un giorno l’Apostolo Giovanni scrisse: ‘Dio è Amore’.

Possiamo dire che tutto ciò che Dio fa è sempre solo Amore, incommensurabile, totale, eterno.

L’uomo, che è il più alto progetto d’amore del Padre, non può che portare in sé questa natura, questa aspirazione: l’uomo creato per amore e per l’Amore, non può che realizzarsi amando.

Del resto se ci interroghiamo in profondità, non possiamo che scoprire in noi un’esigenza ed un desiderio incolmabile di amare ed essere amati.

Il resto, tutto il resto, altro non è che la ‘cornice’ di questa nostra realtà, anche se troppo spesso inganniamo persino noi stessi, facendola diventare ‘quadro’ di riferimento.

Così Gesù detta la norma di vita per tutti, per ogni uomo, la cui vera natura è l’essere figlio del Padre: ‘Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso’.

Una regola all’apparenza facile, che però impegna l’uomo nella sua totalità.

Se è facile, forse, capire che a Dio non si può rispondere che con tutto il cuore – anche perché ci comprende poiché sa quanto sia difficile per noi uomini, intaccati dal peccato originale e quindi facili a chiuderci in noi stessi, aprirci totalmente a Lui – molto più complicato è l’amore nei confronti degli uomini, come noi fragili ed egoisti.

Ci sono tante categorie tra di noi – anche se non si dovrebbe mai generalizzare -. Ci sono i buoni e i cattivi, quelli che fanno il bene e quelli che scelgono il male, quelli che si interessano degli altri e sono solidali, e quelli intolleranti ed individualisti, che li schivano; quelli che sanno sostenere con l’affetto, la comprensione e il perdono, e quelli che danneggiano, fanno soffrire, per il loro profitto sfruttano fino a condannare alla fame ed all’emarginazione molti.

E’ dunque necessario che noi ci chiediamo, davvero, in pratica: Chi è il mio prossimo? Chi devo amare e in che modo amarlo con tutte le forze? È una giusta e salvifica domanda, per ciascuno.

Mio prossimo è solo chi appartiene alla mia famiglia? Quelli del mio paese o vicinato? Quelli del mio gruppo o movimento? Quelli che con noi frequentano la stessa Chiesa o sono della nostra stessa Nazione? È mio prossimo anche chi considero ‘diverso’, per cultura, razza, religione, provenienza, che a volte guardo con sospetto o indifferenza, o peggio, con disprezzo fino a volerne l’allontanamento?

Domande che stracciano il velo, posto sulle tante nostre ipocrisie; domande che rivelano un’attualità evidente, alla quale dobbiamo rispondere, prima di tutto alla nostra coscienza.

Se già secondo la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ‘tutti gli uomini sono uguali e liberi’, tanto più per un cristiano che riconosce nel suo Dio il Padre di ogni uomo.

Tutti siamo figli di Dio, sia che siamo buoni o cattivi, importanti o sconosciuti, ricchi o poveri, sani o malati, giovani o anziani. Tutti, ma proprio tutti, siamo amati personalmente, totalmente da Dio Padre. Un amore, quello di Dio, straripante. Come creature umane, sappiamo di essere limitati, fragili, ‘poca cosa’, ma non è così agli occhi di Dio, che ci ama tanto, ma tanto, come figli, tanto da averci donato il Suo diletto Figlio, Gesù, che si è incarnato nella nostra povera natura umana, per poterci donare la Sua vita di uomo perfetto, al fine di farci partecipi della Sua vita divina di Verbo di Dio. Incredibile.

Ho avuto la fortuna di essere stato chiamato da Dio ad essere quello che sono. L’obbedienza mi ha fatto operare in luoghi difficili. So che ho dato tutto per guidare il gregge affidatomi, ma ho ricevuto molto di più, anche se a volte lo zelo metteva a rischio la vita.

Ogni uomo, ai miei occhi, è un fratello; non importa se è buono o cattivo, se mi odia o mi ama.

Mio dovere è amare, come io stesso sono stato amato da Dio. Come Gesù.

Se c’è un atteggiamento che la gente chiede a noi sacerdoti, ma anche ad ogni cristiano, è che amiamo tutti disinteressatamente, facendo della nostra vita un servizio continuo e gratuito, non un ‘mestiere’.

La gente ha diritto di vedere in noi l’Amore, fino a dare la vita.

Le parole di Giovanni 17, 21: ’Signore, che tutti siano una cosa sola come Tu sei in me e Io in Te. Che siano anch’essi una cosa sola come noi e il mondo creda che Tu mi hai mandato’, così le spiegava Papa Giovanni XXIII, il Papa del sorriso: “Che siano una cosa sola è il disegno del Redentore divino che dobbiamo attuare e resta grave impegno affidato alla coscienza di ciascuno di noi. Nell’ultimo giorno del giudizio particolare e del giudizio universale sarà chiesto a questa coscienza non se ha fatto l’unità, ma se per essa ha pregato, sofferto… in altre parole se si è dato vigore alla carità”, perché, come ha affermato Papa Francesco: “La strada cattolica è quella dell’unità nelle differenze. Non c’è altra strada cattolica per unirci. Questo è lo spirito cattolico, lo spirito cristiano”. 

Occorre davvero amare, ‘senza preferenze di persone’, come afferma S. Paolo: amare in nome dell’Amore, che dovrebbe essere il nostro distintivo di cristiani.

Ci riusciremo? Con l’aiuto dello Spirito d’Amore, che attende solo di poter operare attraverso di noi, sì. Basta cominciare a cedere il passo all’amore su tutto, in famiglia, nel luogo del lavoro come del divertimento, ovunque ci troviamo e verso chiunque. Occorre voler imparare a guardare all’altro non come un nemico, un ostacolo o un fastidio, ma un fratello, a cominciare dai più bisognosi, offrendo un poco di speranza, frutto dell’amore. Rimettiamo l’amore al primo posto nella vita e davvero costruiremo una civiltà non più dominata dal benessere, ma dalla solidarietà. Lo auguro e prego per tutti.

 Antonio Riboldi – Vescovo

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