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Meditazioni per le festività (di Mons.Riboldi)

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2017 21:39
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06/07/2013 10:34
 
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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

 

Annunciare il Vangelo: missione dimenticata

 

 

C’è davvero una abissale differenza tra noi e i primi fratelli della fede, ammaestrati dagli Apostoli.

Gesù, per ben tre anni, ebbe, si può dire, molto a cuore l’affidare ai suoi il grande ineffabile tesoro della verità, che è nella Parola, che noi ora chiamiamo Vangelo.

È davvero un mistero come questi seppero conservare vita e parole del Maestro.

Quando lo Spirito Santo a Pentecoste scese su di loro, immediatamente spazzò via paure e ignoranza e non solo li rese coraggiosi missionari, ma sentirono l’invito ad andare in tutto il mondo, perché il Vangelo è ‘il dono per la salvezza’, che Dio ha lasciato per ogni uomo, di ogni luogo, e chiedeva di farlo conoscere a tutti.

Basta leggere gli Atti degli Apostoli e ci si riempie di stupore di quanti si convertissero.

Sarebbe sufficiente ricordare i viaggi di S. Paolo, che amava andare incontro a chi neppure conosceva Gesù, subendo percosse, prigionia, ma senza mai fermarsi... e così appare in tutta la sua drammaticità il nostro “stare fermi” e, a volte, troppe volte, ‘zitti’!

Stupisce ancora di più leggere come i primi tempi non vi fossero vangeli scritti, ma l’annuncio era affidato alla sola Parola, che veniva, non solo ascoltata ed accolta, ma conservata... fino al momento in cui si sentì la necessità di scrivere i Vangeli per tutti i tempi e, quindi, anche per noi.

Così la Parola di Dio, conservata nei cuori dei primi discepoli, venne affidata alla carta... incredibile miracolo dello Spirito!

Il Vangelo, che ci propone Luca, è di un’attualità che, per fortuna, ora tanti cercano di fare propria.

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé, in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: ‘La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate borsa né bisaccia, né sandali, e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa”. (Lc. 10, 12-20)

L’invio dei settantadue lascia intravedere chiaramente che il compito di annunciare il Vangelo non è solo degli apostoli, ma di tutti i discepoli, di tutti coloro che hanno accolto il messaggio evangelico, come afferma la Chiesa nel diritto canonico:

“I fedeli sono coloro che essendo stati incorporati a Cristo mediante il Battesimo sono costituiti popolo di Dio e perciò, partecipi nel modo loro proprio dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione giuridica di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo”.

È importante sottolineare che quello di conoscere e far conoscere il Vangelo, ‘Andate!’, non è un fatto riservato a qualche associazione o movimento cattolico, ossia solo per qualcuno, ma deriva dal Battesimo. È il dono e quindi il dovere bellissimo della profezia, che riguarda tutti.

È vero che c’è stata una lunga e inconsapevolmente dannosa tradizione, che ha affidato il compito di annunciare il Vangelo ai soli sacerdoti, relegando i fedeli al ruolo di semplici ascoltatori, tanto che il cammino di piena responsabilità di tutti nell’annuncio, anche dopo il Concilio, trova tante difficoltà, e la diffidenza verso i laici che annunciano il Vangelo è ancora molta.

È anche vero che non si può ‘andare’, se non si ha la fede e la conoscenza della Parola di Gesù.

Occorre passione, pazienza e competenza, come, del resto, in tutti i campi delle specialità o anche delle semplici professionalità umane, per fare del Vangelo e, ancor più, della Bibbia, ‘il Libro di Dio’: un Libro che, a differenza di tanti che si leggono, a volte per passatempo e, quando va bene, non lasciano che qualche traccia di vacuità, è PAROLA CHE SI INCARNA FINO A DIVENTARE PENSIERO E VITA, che sono i ‘binari’ del cristiano, su cui Dio viaggia con noi e noi con Lui.

Se è venuta meno la fede e, quindi, la santità della vita, è proprio perché siamo come stravolti da tante notizie, che nulla hanno a che fare con la BUONA NOVELLA.

Ricordo, quando ero fanciullo, in famiglia e nel piccolo paese dove abitavo, ogni domenica, tutti si andava a Messa. Si insegnava allora che, perché la Messa fosse valida, bastava essere presenti alle parti essenziali, ossia l’Offertorio, la Consacrazione e la Comunione. Gli uomini per evitare la parte che ritenevano non necessaria, ossia la proclamazione della Parola e la predica, stavano sul sagrato a chiacchierare, fino a che un sacrestano suonava, uscendo di chiesa, la campanella, avvertendo così che, essendo finita la predica, ‘cominciava la Messa’! Ma non tutti la pensavano così.

Mamma, a pranzo, prima di sederci a mensa, chiedeva a qualcuno di noi figli cosa aveva detto il Parroco. Noi cercavamo di ricordare qualche frase e questo... ci salvava il pranzo!

Eppure, nonostante tutto, debbo dire che nelle famiglie si conosceva il Vangelo.

Ricordo che Contardo Ferrini, un grande della fede di quei tempi, affermava: “Nelle mie gite in campagna o montagna, ragionando di Vangelo con le donne, trovavo più sapienza della Parola, di quanto forse non sapevano i teologi”.

Ci volle il Concilio Ecumenico Vaticano II per fare prendere coscienza che bisognava assolutamente cambiare ‘passo’. Così Bibbia e Vangelo, e quindi evangelizzazione, divennero l’urgenza per ‘cambiare rotta’: un impegno per tutti.

Il grande Paolo VI nella esortazione ‘Evangeli nuntiandi’ scriveva:

“La Chiesa lo sa. Essa ha una viva consapevolezza che la Parola del Salvatore – ‘Devo annunziare la Buona Novella del Regno di Dio’ – si applica in tutta verità a lei stessa. E volentieri aggiunge con S. Paolo ‘Per me evangelizzare non è un titolo di gloria, ma un dovere. Guai a me se non predicassi il Vangelo!’. …. Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa Messa, che è il memoriale della sua morte e resurrezione. Invitata ad evangelizzare, a sua volta invia gli evangelizzatori. Mette nella loro bocca la Parola che salva, spiega loro il messaggio di cui lei è depositaria: dà loro il mandato che lei stessa ha ricevuto. Ma non a predicare le proprie persone, le loro idee personali, bensì un Vangelo di cui né essa, né essi sono padroni”.

‘Andate! Annunciate la Parola di Dio’ è un invito che non possiamo ignorare, se ci sentiamo veramente cristiani. E direi che questo invito è stato accolto da molti.

Basta ricordare i tanti ‘centri di ascolto’ nelle varie parrocchie, o ‘la scuola della Parola’, che il Cardinale Martini fece perno del suo episcopato: una scuola che si propagò in tutta la Chiesa.

Ci siamo accorti che, senza la conoscenza della Parola, i Sacramenti perdono la loro immensa potenza e divengono cerimonie esteriori, obblighi da soddisfare... come le feste della Prima Comunione, che però non hanno seguito nell’impegno o le Cresime che, anziché divenire un ‘andate’, sembrano essere un ‘fuggite’!

Lo stesso Matrimonio, svuotato da una seria preparazione e non sostenuto dalla Parola, ha ormai una fragilità che tutti conosciamo e soffriamo.

Nel Vangelo di oggi Gesù indica anche ‘il modo’ di ‘andare: con la semplicità e la povertà dell’uomo di fronte alla grandezza di ciò che annuncia...

’come agnelli in mezzo ai lupi: non portate borsa, né bisaccia, né sandali’.

È davvero il contrario di quanto, tante volte, fa il mondo, per fare passare i suoi inganni, con una mole sconsiderata di pubblicità, la prepotenza del linguaggio o la pomposità di comizi politici che, troppe volte, sono solo ‘rumore di parole’, senza contenuto... ma riescono ad ingannare la gente.

Noi no. Noi dobbiamo andare verso i fratelli con la semplicità della Parola, ancor meglio se accompagnata dalla testimonianza, quasi in punta di piedi, perché sappiamo che la potenza della Parola non è nel nostro modo di offrirla o nella ricercatezza del linguaggio, ma nella forza dello Spirito. La luce della Verità, che viene dalla Parola annunciata, non siamo noi, ma è Gesù.

Questo ‘andare senza bisaccia’, anche ‘in mezzo ai lupi’, disarma chi cerca, forse, il fascino dell’uomo e invece scopre che, nella ‘povertà e semplicità’, appare la ‘luce di Dio’.

E ne siamo oggi più che mai consapevoli, guardando al nostro Papa Francesco.

Non ci resta dunque, carissimi, che riprendere tra le mani la Bibbia e abituarci a farne ogni giorno ‘pane della vita’, insostituibile, perché è lì che si conosce Dio e si entra nella luce della Sua Verità.

 

Antonio Riboldi – Vescovo

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