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Meditazioni per le festività (di Mons.Riboldi)

Ultimo Aggiornamento: 07/07/2017 21:39
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15/06/2013 07:52
 
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XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

 

L’amore che dà pace

 

Veramente l’uomo non ha più dove riparare la sua intimità, che è il santuario nascosto dove Dio e chi ama possono penetrare per amare, perdonare, capire, piangere insieme, se necessario.

La nostra intimità, oggi, non viene risparmiata di nulla e da nessuno. Basta che per un momento di distrazione si apra una fessura di questo tempio e subito si affollano i curiosi, che non solo scandagliano la nostra intimità, come fosse un oggetto da museo, ma, quello che è peggio, costruiscono mondi fantastici, che spesso nulla hanno a che vedere con la verità, fino a farci sentire ‘stracci’ esposti alla pubblica opinione, alla condanna senza condizioni, al disprezzo, spesso gratuito: ‘stracci’ che perdono la voglia di vivere, perché senza intimità, che è il luogo che Dio ci ha donato per creare un dialogo con Lui e con i fratelli, non è possibile la gioia di vivere, il senso di una pienezza di vita.

Questo di abbattere le porte dei nostri santuari di intimità è diventata una moda distruttiva, inconcepibile, tante volte perseguita attraverso i mezzi di comunicazione, come la TV, che entra nelle case di tutti.

È vero che il nostro cuore cerca disperatamente di ‘essere abitato’, capito, amato, ossia cerca qualcuno che lo aiuti a vivere, a risorgere se è ammalato. Ma è altrettanto vero che il nostro cuore teme la curiosità, l’indiscrezione: quel voler sparlare di tutto e di tutti.

A volte si ha l’impressione che lo stesso sacramento della confessione, dove dovremmo mostrare alla bontà del Padre la consapevolezza dei nostri sbagli, e sono tanti, corra il rischio della non confidenza, come se avessimo paura di svelare quello che il Padre conosce bene, per cui ci chiede solo sincerità.

Quella sincerità e apertura di cuore che è ben espressa nella parabola del figlio prodigo. Che stupenda parabola! Occorrerebbe capire e vivere quanto il Vangelo ci offre. Sono perle della vita e delle opere di Gesù, punti di riferimento per le solitudini inaccettabili del nostro cuore.

Tutti noi, in qualche modo o in qualche circostanza della vita, siamo delle ‘Maddalene evangeliche’, persone cioè di cui i farisei del nostro tempo – e ce ne sono tanti – potrebbero ripetere: ‘Se fosse il Messia, un profeta, saprebbe che specie di donna è colei che lo tocca. Una peccatrice’.

Con questo termine, ‘peccatrice’, i farisei bollavano con una condanna senza ritorno una donna che effettivamente aveva sbagliato… come succede anche oggi e, avrebbe forse continuato a sbagliare, indifferente al giudizio dell’opinione pubblica se, sulla sua strada, non avesse incontrato uno, Gesù, che l’ha guardata, l’ha scrutata nel profondo degli occhi, spogliandola dolcemente della sua ipocrisia, delle false sicurezze nel peccata, della sfrontatezza nello sfidare la Legge del Signore, per poter così ritrovare la bellezza del cuore.

Il Vangelo non ci parla di quello sguardo che scruta e improvvisamente apre alla luce di un amore vero, con la voglia di voltare le spalle ad una vita sbagliata e quindi al desiderio di resuscitare.

Il Vangelo descrive, presenta la resurrezione in atto della Maddalena, che non aveva avuto alcun rossore nell’esporsi al vizio, come ora, ‘risorta’, non ha alcun timore nell’esprimere la sua piena fiducia in Chi le ha offerto perdono e amore. 

“In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna peccatrice di quella città, saputo che Gesù era nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato, e stando dietro, presso i suoi piedi, piangendo, cominciò a bagnarli delle sue lacrime, poi li asciugava con i propri capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. A quella vista, il fariseo che lo aveva invitato, pensò tra sé: ‘Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice’.” (Lc 7, 36)

Questo esempio di conversione mostra da una parte l’assurda superficialità dell’uomo, che si erge a giudice, quando lui dovrebbe essere giudicato: un uomo che ama mettere alla berlina chi sbaglia, ma si guarda bene di scandagliare in sé.

Chi di noi, infatti, può ergersi a giudice dello sbaglio degli altri, quando ciascuno di noi ha tanto, ma tanto, da farsi perdonare?

Dall’altra il Vangelo ci mostra la grande misericordia che Dio ha verso chi sbaglia – e ne è consapevole e pentito – suscitando in lui il desiderio di spogliarsi dell’ipocrisia della propria vita.

Davvero Gesù, nella Sua infinita misericordia, tante volte suscita in noi il desiderio di toglierci di dosso ciò che è errato, ambiguo o distorto, ma occorre lasciarsi prendere dal desiderio di ritrovare la propria bellezza interiore, voltando le spalle all’ipocrisia, alla falsa condiscendenza.

In questo occorre che anche noi sacerdoti, soprattutto nel sacramento della Riconciliazione, sappiamo aiutare, chi vuole ritrovare la bellezza dello spirito, a leggere con verità le profondità del cuore, per ritrovare la giusta via della vita.

Dobbiamo chiedere l’aiuto dello Spirito, affinché susciti nei fratelli la voglia di risorgere pienamente, come è stato per la Maddalena, riorientando la loro vita nella verità e nell’amore, che è perdono e servizio.

Andando a Lourdes e in tanti Santuari mariani, quello che stupisce sono proprio le tante confessioni: sono il vero miracolo della Vergine Santissima, nostra Mamma, le ‘resurrezioni’ dei suoi figli.

Non resta che pregare, perché ognuno di noi, sappia trovare chi lo aiuti a riscoprire o rinsaldare o rivitalizzare la bellezza della vita. Che lo Spirito Santo ci guidi, ispiri e sostenga nell’amore alla verità, che è Dio stesso.

 

Antonio Riboldi – Vescovo

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