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EVOLUZIONE E STRUTTURA NEL GENESI BIBLICO

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2021 17:56
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29/08/2010 14:06
 
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Cap. I - Il primo giorno della Creazione


Ai nostri giorni la scienza dell'astronomia ha fatto un grande progresso, dovuto largamente all'impianto di giganteschi telescopi sul Monte Wilson e Palomar in America, e a Jodrell Bank in Inghilterra. Fred Hoyle in "La natura dell'universo" dice: «Proprio come un fuoco ardente paragonato a una candela da due soldi, tale è il progresso d'osservazione conseguito nelle ultime decine d'anni, paragonato al passato». In particolare, la teoria di Laplace (che la nostra terra in origine faceva parte del sole) la quale, per più di un secolo, fu considerata quasi come un fatto stabilito, e fu usata per interpretare (o meglio contraddire) la narrazione Mosaica della creazione è stata dimostrata scientificamente impossibile. Sembra però che di questo fatto non si sia tenuto conto in certi libri recenti sui primi capitoli del Genesi nei quali troviamo che la teoria di Laplace è ancora considerata come una ipotesi possibile.

La teoria che in origine la terra faceva parte del sole fu dapprima proposta dall'astronomo francese marchese Pierre Simon de Laplace, nel 1796. Questa teoria di Laplace non si deve confondere con la teoria della Nebulosa; fu solo una sua applicazione che fu provata falsa. La teoria della Nebulosa fu per la prima volta esposta da Sir Isaac Newton in una lettera a Bentley scritta nel 1692, in cui egli dice:

«Se la materia del nostro sole, dei pianeti, e tutta la materia dell'universo fosse sparsa in modo uguale attraverso i cieli, e se ogni particella avesse una gravità innata verso il resto, e l'intero spazio in cui la materia è sparsa fosse limitato, allora la materia al di fuori dello spazio tenderebbe verso la materia dell'interno, e si formerebbe una grande massa sferica.

«Ma se la materia fosse egualmente disposta in uno spazio infinito, non si unirebbe mai in una sola massa, ma una parte si unirebbe in una massa, e l'altra in un'altra, e formerebbe un numero infinito di grandi masse, sparse a grandi distanze l'una dall'altra, nello spazio infinito. E in questo modo potrebbero essersi formati il sole e le stelle fisse, supponendo che la materia fosse di natura lucida» (3).

Nel 1755 Kant tentò di sviluppare la teoria di Newton, ma erroneamente suppose che gli atomi riunendosi generassero un movimento rotatorio.

Laplace evitò l'errore di Kant, e suppose l'esistenza di nebulose dotate di movimento rotatorio; ma cadde in un altro errore usando questa teoria per spiegare l'origine della terra e dei pianeti. Secondo la sua teoria, il sole prima era una grande massa di nebulose roteanti nello spazio che si condensavano gradualmente. Nel processo di condensazione, parte della materia intorno alla regione equatoriale non riuscì a mantenere il contatto con la massa, e fu lanciata dalla forza centrifuga nello spazio: da questa massa si formarono la terra e li pianeti. Questa teoria fu modificata nel nostro secolo perché si scoprì che la forza centrifuga non riuscirebbe a lanciare le enormi masse a un centesimo della distanza a cui la terra e i pianeti si trovano dal sole. La teoria modificata fu proposta da due americani, Moulton e Chamberlain, e successivamente corretta da due inglesi, Jeffreys e Jeans.

La teoria corretta suppone che una gigantesca stella sia passata vicino al sole e, per forza d'attrazione, abbia strappato da esso delle enormi masse, e le abbia portate a distanze diverse dove, riprese dall'attrazione del sole, cominciarono a roteargli intorno (4).

Tutte e due le teorie, quella di Laplace e quest'ultima, sono basate sulla scoperta fatta per mezzo dello spettroscopio, che la maggior parte degli elementi chimici della terra si trovano nel sole. Infatti 61 dei 92 elementi chimici trovati nella composizione della nostra terra sono stati identificati nel sole; i rimanenti 31 non sono stati identificati in esso, almeno per il momento.

Ora, un esame più moderno, fatto con strumenti perfezionati, ha dimostrato che, sebbene 61 degli elementi siano comuni al sole e alla terra, essi non si trovano nella stessa proporzione. Questi 61 elementi comuni alla terra e al sole si trovano nel sole in una forma così diluita che costituiscono solo l'1 per cento della massa solare.

In The Nature of the Universe (pag. 72 e 73) Hoyle scrive: «Eccetto l'idrogeno e l'elio (gli elementi dominanti nel sole) tutti gli altri elementi sono estremamente scarsi in tutto l'universo. Nel sole essi raggiungono solamente l'1% della massa totale.

Confrontiamo questo con la terra e gli altri pianeti dove l'idrogeno e l'elio danno solo circa il medesimo contributo come gli atomi altamente complessi, quali il ferro, il silicon, il magnesio e l'alluminio. Questo confronto mette in evidenza due fatti importanti. Anzitutto che la materia strappata dal sole non sarebbe adatta alla formazione dei pianeti come noi li conosciamo. La composizione sarebbe del tutto sbagliata. Il secondo punto è che il sole sarebbe normale, e la terra un'anormalità. Il gas interstellare e la maggior parte delle stelle sono formate da una sostanza uguale a quella del sole, non a quella della terra». E' quindi assolutamente certo che la nostra terra non fece mai parte del sole, e che la teoria di Laplace e le sue modificazioni sono scientificamente impossibili.

Un'ulteriore teoria, priva di probabilità, è stata avanzata al posto di queste. Questa teoria dice che il sole originariamente faceva parte di un sistema duale, e che la seconda stella scoppiò portando via la materia più leggera nello spazio, lasciando dietro a sé gli elementi più pesanti. Ora perché formulare una tale teoria, o meglio, perché mai si è considerata così sul serio la teoria di Laplace per spiegare l'ordine meraviglioso e l'armonia del sistema solare, con i suoi nove pianeti e le sue trentuno lune?

Senza dubbio tale ordine e tale armonia richiedono l'intervento di un Dio Onnipotente, ed ora che la teoria di Laplace è stana confutata, perché dovremmo noi accettare un'altra teoria la quale suppone che Dio abbia creato o formato un altro sole più grande del nostro, solo per farlo scoppiare e gettarne una parte nello spazio e usare il resto per formare la nostra terra e i pianeti? E' vero che alcuni astronomi moderni credono che di tali esplosioni ne siano avvenute nel passato, ma non c'è nessuna prova che una cosa, come il nostro complesso sistema solare, si sia formato dai rottami.

Mettendo da parte questa fantastica teoria, serviamoci della conclusione scientifica provata, che la terra non fece mai parte del sole, per spiegare i versetti iniziali del Genesi.


Origine dell'universo


Gen. 1, 1. «In principio Dio creò il cielo e la terra. 2. Ma la terra era disadorna e deserta, c'erano tenebre sulla superficie dell'abisso; e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Dio disse: Vi sia luce. E vi fu luce».

La scoperta che la terra non fece mai parte del sole, rende possibile la spiegazione del racconto Mosaico tale quale è, senza forzarne il testo.

Possiamo incominciare col rigettare la spiegazione dataci da alcuni esegeti moderni, come P. Charles Hauret, che i primi due versetti sono semplicemente un preambolo che dà un sommario del lavoro della creazione. La narrazione Mosaica dice: «In principio Dio creò il cielo e la terra». La maggior parte dei teologi ritengono probabile l'opinione che, in questo primo versetto, la parola cielo si riferisca al cielo dei beati, e che nella creazione del cielo sia comparsa la creazione degli angeli. Nei primi tre capitoli del Genesi, che danno il racconto della creazione, si accenna ad angeli buoni e cattivi. Sarebbe strano se non ci fosse nessun accenno al paradiso e agli angeli in una narrazione ispirata della creazione.

Poi la narrazione Mosaica dice che Dio creò la terra e che essa era disadorna, deserta e nelle tenebre. Se ci atteniamo al racconto Mosaico, la terra può qui solo riferirsi alla terra stessa e ai pianeti, che sono formati di una materia simile, e sono masse oscure. Tutte le sostanze sulla terra, capaci di produrre calore e luce, sono il risultato della vegetazione che assorbe e trattiene l'energia del sole. Nel racconto Mosaico, la vegetazione non fu creata che al terzo giorno, perciò la terra, alla sua creazione, non solo era in oscurità, ma non possedeva niente capace di produrre luce.

Ora non c'è nessuna ragione intrinseca per supporre che tutta la materia dell'universo sia stata creata simultaneamente. Perciò non c'è alcun motivo scientifico per negare o alterare la narrazione Mosaica che dice, che la terra apparve per prima nel tempo.

Gli atei suppongono un universo che si è sviluppato ciecamente da una materia eterna senza alcun intervento divino. Tuttavia la scienza moderna ha dimostrato che le sostanze attuali, che formano l'universo, devono aver avuto un principio. Molti non cattolici, specialmente gli evoluzionisti, limitano l'intervento di Dio ad un solo atto iniziale; ma i cattolici sanno, o dovrebbero sapere, che c'è un costante intervento divino; che l'intervento divino è necessario per conservare l'universo, che fu necessario per la creazione della vita vegetale e sensitiva, per la creazione di ciascun'anima umana; che ci fu uno speciale intervento nell'Incarnazione e Redenzione, e nei miracoli sia del Vecchio che del Nuovo Testamento.

Che la creazione della terra, che doveva essere la scena dell'Incarnazione e della Redenzione, sia dovuta ad uno speciale intervento divino, come dice Mosè, dovrebbe considerarsi come convenientissimo.


La creazione della materia del sole e delle stelle


L'accenno all'oscurità che copriva la terra ci prepara alla dichiarazione: «Dio disse: vi sia luce. E vi fu luce». Per l'interpretazione di questo versetto riporterò prima l'osservazione dello scienziato Sir Bertram Windle, fatta al principio di questo secolo, e poi la dichiarazione di Sua Santità Pio XII, la quale contiene le ultime scoperte della scienza.

Commentando questo versetto in The Church and Science, Sir Bertram Windle dice: «In primo luogo si può osservare, una volta ancora, che tutto il racconto della Creazione si concentra su questa nostra terra, e che non è necessario né ragionevole, esigere che contenga una narrazione minuta dell'universo e della sua formazione. La frase che riguarda l'oscurità, nel versetto precedente, si riferisce senza dubbio alla condizione della terra. Sembra che si possa dire lo stesso della frase che riguarda la luce, la quale asserisce che la prossima fase fu l'introduzione della luce sulla terra prima oscura, il che accadrebbe quando fosse avvenuta una condensazione e precipitazione dei densi vapori che circondavano la terra.

«Ma da dove veniva questa luce, giacché ci fu detto che il sole, la luna e le stelle ancora non esistevano? Questo è un fatto straordinario che dimostra, in maniera sorprendente ed inattesa l'esattezza della narrazione Biblica. Al tempo in cui fu scritto, e per molte centinaia di secoli dopo, non si sapeva niente della teoria della Nebulosa, e si sarebbe potuto dire ch'era ovviamente assurdo supporre che la luce potesse esistere prima dell'esistenza di quei corpi da cui noi ora la riceviamo.

La teoria della Nebulosa, tuttavia, spiega questa difficoltà poiché dimostra che il nostro sistema solare, del quale solo s'interessa il racconto biblico, al tempo in questione, era formato da masse rotanti di sostanza nebulosa ancora imperfettamente condensate. Nel caso del sole, a cagione della sua dimensione, la condensazione impiegherebbe più tempo che nel caso della terra. Sarebbe ancora inesatto parlare d'esso come di un Isole, ma era una sorgente di luce, come lo erano tutte le altre masse nebulose che potevano esistere.

E' certamente notevole, che fin qui, il racconto biblico e quello della scienza non presentino alcun contrasto. E' ciò che noi, che crediamo nella rivelazione, ci aspettiamo.

Il Santo Padre Pio XII, diede la stessa spiegazione del versetto: «Dio disse: vi sia luce e la luce fu», in un discorso che fece all'Accademia Pontificia delle Scienze il 22 Novembre 1951, da cui riportiamo il seguente:

«Con lo stesso sguardo chiaro e critico, con cui la mente esamina e dà il giudizio sui fatti, essa percepisce e riconosce l'opera dell'onnipotenza creatrice, il cui potere messo in moto dal potente «Fiat», pronunciato migliaia di milioni d'anni fa dallo Spirito Creatore... chiamò in esistenza, con un gesto d'amore generoso, la materia scoppiante d'energia. Infatti sembrerebbe che la scienza moderna con sorprendente progresso attraverso milioni di secoli, sia riuscita ad attestare quel primordiale «Fiat lux» (Vi sia luce) pronunciato al momento quando, assieme alla materia, traboccò improvvisamente dal nulla un mare di luce e di radiazione, mentre particelle di elementi chimici si separavano e formavano milioni di galassie».

Il Santo Padre, nello stesso discorso fatto all'Accademia Pontificia delle Scienze, commenta le parole: «In principio», come segue: «L'esame delle varie nebulose spirali, specialmente come eseguito da Edwin U. Hubble nell'osservatorio di Mount Wilson, ha condotto alla significativa conclusione, "presentata con dovuta riserva" (5), che questi distanti sistemi di costellazioni tendono ad allontanarsi l'uno dall'altro con tanta velocità, che nello spazio di 1.300 milioni d'anni la distanza fra tali nebulose spirali è raddoppiata. Se esaminiamo il tempo richiesto nel passato per questo processo di espansione dell' universo risulta che, da uno a dieci migliaia di milioni d'anni fa, la materia delle nebulose spirali era compressa in uno spazio relativamente ristretto al tempo in cui i processi cosmici ebbero inizio».

Il Santo Padre quindi fa notare che si dovrebbe imparare, da questa straordinaria rivendicazione del racconto Biblico della creazione nel tempo, a concepire un grande rispetto e stima per le Sacre Scritture:

«Sebbene queste cifre sembrino sorprendenti - continua - nondimeno, anche al più semplice dei fedeli, esse non recano nessun concetto nuovo o differente da quello ch'essi hanno imparato dalle prime parole del Genesi: «In principio» vale a dire, al principio delle cose nel tempo. Le cifre che abbiamo citato rivestono queste parole in un'espressione concreta e quasi matematica, mentre da esse deriva una nuova sorgente di consolazione per coloro che condividono la stima dell'Apostolo per quella Sacra Scrittura divinamente ispirata, che è sempre utile per insegnare, censurare, correggere e istruire (2Tm 3, 16).

Questa interpretazione del racconto Mosaico della creazione del cielo e della terra, e specialmente del verso, «Dio disse: Vi sia la luce», che ha l'approvazione di Sua Santità Pio XII, si conforma alle direttive della Santa Sede per l'interpretazione dei primi tre capitoli del Genesi, date dalla Commissione Biblica il 30 giugno 1909. La Commissione rispose alle seguenti domande:


2. «Se malgrado il carattere e la forma storica del libro del Genesi, malgrado la stretta connessione dei primi tre capitoli tra di essi, e con quelli che seguono, malgrado la molteplice testimonianza delle Scritture nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, la quasi unanime opinione dei Padri, e il punto di vista tradizionale che (trasmessa anche dal popolo Ebreo) è stato sempre ritenuto dalla Chiesa - possiamo insegnare che i tre suddetti capitoli non contengono il racconto di cose che accaddero realmente, un racconto che corrisponde alla verità oggettiva e storica.

Risposta: Negativa.


(b) Se possiamo insegnare che questi capitoli contengono favole derivate da mitologie e cosmologie, ma purificate da ogni errore politeistico e adattate alla dottrina monoteistica dall'autore sacro, o che essi contengono allegorie e simboli privi d'ogni fondamento nella realtà oggettiva; ma presentati sotto la veste storica allo scopo d'inculcare una verità religiosa o filosofica; o infine ch'essi contengono leggende in parte storiche e in parte fittizie, liberamente manipolate per l'istruzione e l' edificazione delle anime:

Risposta: Negativa.


5. Se tutte, e ciascuna delle parti, vale a dire le singole parole e frasi in questi capitoli, devono sempre e necessariamente, essere interpretate nel senso letterale di modo che non sia mai lecito allontanarsene, anche quando delle espressioni sono manifestamente usate in senso figurato, ossia metaforicamente o in senso antropomorfico e quando la ragione proibisce di attenersi, o necessità costringe ad allontanarsi dal senso letterale.

Risposta: Negativa.


8. Se la parola "Yom" (giorno) usata nel primo capitolo del Genesi per descrivere e distinguere i sei giorni si possa prendere nel senso stretto di giorno naturale, o nel senso meno stretto di un certo spazio di tempo; e se sia permessa agli interpreti la libera discussione.

Risposta: Affermativa.


A dir vero, troviamo la parola "giorno" usata frequentemente nella Scrittura ed anche nell'ordinaria conversazione, nel significato meno stretto. Leggiamo in Giobbe: «Sono i tuoi giorni come i giorni dell'uomo, e i tuoi anni come il tempo degli uomini?» (Gb. 10, 5); e nella seconda epistola di San Pietro: «Un giorno presso il Signore è come mille anni, e mille anni come un giorno». Allo stesso tempo è notevole che si faccia particolare menzione, nelle risposte della Commissione Biblica, all'interpretazione della parola «giorno » mentre non c'è nessuna specifica allusione ad altre difficoltà, come a quella della luce prima del sale.

Infine alcuni moderni scrittori francesi osservano che esisteva un racconto Babilonese della creazione centinaia d'anni prima che fosse scritto il racconto Mosaico che gli assomiglia e potrebbe derivare da esso.

E' vero che c'è un racconto Babilonese (il quale non fu messo in iscritto fino a 5.000 anni dopo il Diluvio), che è più antico di quello Mosaico e che ha qualche rassomiglianza; ma le differenze fra le due narrazioni, a parte anche l'impostazione religiosa, sono così grandi che il racconto Mosaico non poteva derivare da quello Babilonese.

In primo luogo questa non è affatto una difficoltà moderna. Una versione Babilonese della Creazione e del Diluvio fu pubblicata da George Smith nel 1876. I membri della Commissione Biblica sapevano dell'esistenza di quella versione quando pubblicarono il loro decreto nel 1909 dicendo, che non è permesso insegnare che i primi capitoli del Genesi «contengono favole derivate da mitologie e cosmologie appartenenti ad altre nazioni, purificate da ogni errore politeistico e adattate alla dottrina monoteistica dall'autore sacro».

Il racconto Babilonese che ci è stato trasmesso è relativamente recente nella storia Babilonese; non risale neppure all'epoca di Abramo, perché fu scritto verso il 1850 prima di Cristo, prima della fine della prima Dinastia. E' un racconto molto confuso e incompleto. Esso dice che prima della creazione, ci fu una guerra fra Marduc, il Creatore e Tiamat, la femmina principio del male, e che quando essa fu sconfitta, Marduc creò il sole, la luna e le stelle. Non parla della creazione delle piante e degli animali, e non è possibile conciliare questa versione della creazione con le scoperte della scienza moderna.

E' probabile che una rivelazione dell'origine del mondo, e di tutto ciò che contiene, sia stata fatta ad Adamo, e conservata dai discendenti di Seth fino al tempo di Noè, e dai discendenti di Noè fino al tempo di Abramo, e da lui trasmessa ai suoi discendenti.

E' stato dimostrato, dalle più recenti scoperte, che il racconto Mosaico scritto, anche per i tempi moderni, anzi più ancora per i tempi moderni che per l'epoca di Mosè, va così d'accordo con la scienza moderna, che noi abbiamo ragione di dedurre che Mosè non solo fu guidato dall'ispirazione e preservato da ogni errore dottrinale quando lo scrisse, ma che ebbe una speciale rivelazione.


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