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La questione dell'omosessualità

Ultimo Aggiornamento: 02/07/2021 19:07
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12/10/2010 23:21
 
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Presentiamo in questa sezione dei documenti magisteriali e degli articoli sulla questione dell'omosessualità che evidenziano la delicatezza e l'attualità del problema alla luce dell'annuncio evangelico.

Desideriamo sottolineare che ogni uomo, in quanto creatura fatta per la salvezza eterna, è destinatario dei meriti di Cristo per ricevere le grazie necessarie per conseguire tale fine ultimo.
Per tale motivo tutti hanno diritto al rispetto di una tale grande dignità e valore della persona umana, a prescindere dalla propria situazione contingente.
E' quindi molto grave discriminare, maltrattare, emarginare o peggio ancora, ledere in qualsiasi modo chiunque non corrisponda al nostro modo di vedere o di sentire gli altri, a causa di una qualsiasi sua condizione, compreso quindi chi per un motivo che non sta a noi giudicare, avesse un orientamento sessuale particolare.

Ci preme tuttavia indicare la strada tracciata dai legittimi pastori a chi avesse degli orientamenti non ordinati secondo la natura propria del nostro essere uomo o donna, proprio per consentire di poter trovare quella salvezza a cui tutti dovremmo tendere, modellando i nostri comportamenti secondo verità e carità.

1° ottobre 1986 Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, approvò la seguente lettera:
 
[Modificato da Credente 01/09/2018 09:59]
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12/10/2010 23:22
 
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“Il problema dell’omosessualità e del giudizio etico sugli atti omosessuali è divenuto, sempre più, oggetto di pubblico dibattito, anche in ambienti cattolici.
In questa discussione vengono spesso proposte argomentazioni ed espresse posizioni non conformi con l’insegnamento della Chiesa Cattolica, destando una giusta preoccupazione in tutti coloro che sono impegnati nel ministero pastorale. Di conseguenza questa Congregazione ha ritenuto il problema così grave e diffuso da giustificare la presente Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica. Naturalmente in questa sede non può essere affrontata una trattazione esaustiva di tale complesso problema; si concentrerà piuttosto l’attenzione sul contesto specifico della prospettiva morale cattolica.

Essa trova conforto anche in sicuri risultati delle scienze umane, le quali pure hanno un oggetto e un metodo loro proprio, che godono di legittima autonomia. La posizione della morale cattolica è fondata sulla ragione umana illuminata dalla fede e guidata consapevolmente dall’intento di fare la volontà di Dio, nostro Padre. In tal modo la Chiesa è in grado non solo di poter imparare dalle scoperte scientifiche, ma anche di trascenderne l’orizzonte; essa è certa che la sua visione più completa rispetta la complessa realtà della persona umana che, nelle sue dimensioni spirituale e corporea, è stata creata da Dio e, per sua grazia, chiamata a essere erede della vita eterna. Solo all’interno di questo contesto, si può dunque comprendere con chiarezza in che senso il fenomeno dell’omosessualità, con le sue molteplici dimensioni e con i suoi effetti sulla società e sulla vita ecclesiale, sia un problema che riguarda propriamente la preoccupazione pastorale della Chiesa. Pertanto dai suoi ministri si richiede studio attento, impegno concreto e riflessione onesta, teologicamente equilibrata. Già nella Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale, del 29 dicembre 1975, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva esplicitamente trattato questo problema. In quella Dichiarazione si sottolineava il dovere di cercare di comprendere la condizione omosessuale, e si osservava come la colpevolezza degli atti omosessuali dovesse essere giudicata con prudenza. Nello stesso tempo la Congregazione teneva conto della distinzione comunemente operata fra condizione e tendenza omosessuale ed atti omosessuali.

Questi ultimi venivano descritti come atti che vengono privati della loro finalità essenziale e indispensabile, come “intrinsecamente disordinati” e tali che non possono essere approvati in nessun caso (cf n. 8, par. 4). Tuttavia nella discussione che seguì la pubblicazione della Dichiarazione, furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale stessa, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona. Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile. Una delle dimensioni essenziali di un’autentica cura pastorale è l’identificazione delle cause che hanno portato confusione nei confronti dell’insegnamento della Chiesa. Tra esse va segnalata una nuova esegesi della Sacra Scrittura, secondo cui la Bibbia o non avrebbe niente da dire sul problema dell’omosessualità, o addirittura ne darebbe in qualche modo una tacita approvazione, oppure infine offrirebbe prescrizioni morali così culturalmente e storicamente condizionate che non potrebbero più essere applicate alla vita contemporanea. Tali opinioni, gravemente erronee e fuorvianti, richiedono dunque speciale vigilanza. È vero che la letteratura biblica è debitrice verso le varie epoche, nelle quali fu scritta, di gran parte dei suoi modelli di pensiero e di espressione (cf Dei Verbum, n. 12). Certamente, la Chiesa di oggi proclama il Vangelo a un mondo che è assai diverso da quello antico. D’altra parte il mondo nel quale il Nuovo Testamento fu scritto era già notevolmente mutato, per esempio, rispetto alla situazione nella quale furono scritte o redatte le Sacre Scritture del popolo ebraico.

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12/10/2010 23:23
 
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Dev’essere tuttavia rilevato che, pur nel contesto di tale notevole diversità, esiste un’evidente coerenza all’interno delle Scritture stesse sul comportamento omosessuale. Perciò la dottrina della Chiesa su questo punto non è basata solo su frasi isolate, da cui si possono trarre discutibili argomentazioni teologiche, ma piuttosto sul solido fondamento di una costante testimonianza biblica. L’odierna comunità di fede, in ininterrotta continuità con le comunità giudaiche e cristiane all’interno delle quali le antiche Scritture furono redatte, continua a essere nutrita da quelle stesse Scritture e dallo Spirito di verità di cui esse sono Parola. È egualmente essenziale riconoscere che i testi sacri non sono realmente compresi quando vengono interpretati in un modo che contraddice la Tradizione vivente della Chiesa. Per essere corretta, l’interpretazione della Scrittura dev’essere in effettivo accordo con questa Tradizione. Il Concilio Vaticano II così si esprime al riguardo:

“È chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non poter indipendentemente sussistere, e tutti insieme, secondo il proprio modo, sotto l’azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime” (Dei Verbum, n. 10).

Alla luce di queste affermazioni viene ora brevemente delineato l’insegnamento della Bibbia in materia. La teologia della creazione, presente nel libro della Genesi, fornisce il punto di vista fondamentale per la comprensione adeguata dei problemi posti dall’omosessualità. Dio, nella sua infinita sapienza e nel suo amore onnipotente, chiama all’esistenza tutta la realtà, quale riflesso della sua bontà. Egli crea a sua immagine e somiglianza l’uomo, come maschio e femmina. Gli esseri umani perciò sono creature di Dio, chiamate a rispecchiare, nella complementarità dei sessi, l’interiore unità del Creatore. Essi realizzano questo compito in modo singolare, quando cooperano con lui nella trasmissione della vita, mediante la reciproca donazione sponsale. Il cap. 3 della Genesi mostra come questa verità sulla persona umana quale immagine di Dio sia stata oscurata dal peccato originale. Ne segue inevitabilmente una perdita della consapevolezza del carattere di alleanza, proprio dell’unione che le persone umane avevano con Dio e fra di loro. Benché il corpo umano conservi ancora il suo “significato sponsale”, ora questo è oscurato dal peccato. Così il deterioramento dovuto al peccato continua a svilupparsi nella storia degli uomini di Sodoma (cf Gen 19, 1-11). Non vi può essere dubbio sul giudizio morale ivi espresso contro le relazioni omosessuali. In Levitico 18, 22 e 20, 13, quando vengono indicate le condizioni necessarie per appartenere al popolo eletto, l’autore esclude dal popolo di Dio coloro che hanno un comportamento omosessuale. Sullo sfondo di questa legislazione teocratica, san Paolo sviluppa una prospettiva escatologica, all’interno della quale egli ripropone la stessa dottrina, elencando tra coloro che non entreranno nel regno di Dio anche chi agisce da omosessuale (cf 1 Cor 6, 9).

In un altro passaggio del suo epistolario egli, fondandosi sulle tradizioni morali dei suoi antenati, ma collocandosi nel nuovo contesto del confronto tra il cristianesimo e la società pagana dei suoi tempi, presenta il comportamento omosessuale come un esempio della cecità nella quale è caduta l’umanità. Sostituendosi all’armonia originaria fra il Creatore e le creature, la grave deviazione dell’idolatria ha condotto a ogni sorta di eccessi nel campo morale. San Paolo trova l’esempio più chiaro di questa disarmonia proprio nelle relazioni omosessuali (cf Rom 1, 18-32). Infine, in perfetta continuità con l’insegnamento biblico, nell’elenco di coloro che agiscono contrariamente alla sana dottrina, vengono esplicitamente menzionati come peccatori coloro che compiono atti omosessuali (cf 1 Tim 1, 10). La Chiesa, obbediente al Signore che l’ha fondata e le ha fatto dono della vita sacramentale, celebra nel sacramento del matrimonio il disegno divino dell’unione amorosa e donatrice di vita dell’uomo e della donna. È solo nella relazione coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto. Pertanto una persona che si comporta in modo omosessuale agisce immoralmente. Scegliere un’attività sessuale con una persona dello stesso sesso equivale ad annullare il ricco simbolismo e il significato, per non parlare dei fini, del disegno del Creatore a riguardo della realtà sessuale.

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12/10/2010 23:24
 
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L’attività omosessuale non esprime un’unione complementare, capace di trasmettere la vita, e pertanto contraddice la vocazione a un’esistenza vissuta in quella forma di auto-donazione che, secondo il Vangelo, è l’essenza stessa della vita cristiana. Ciò non significa che le persone omosessuali non siano spesso generose e non facciano dono di se stesse, ma quando si impegnano in un’attività omosessuale esse rafforzano al loro interno una inclinazione sessuale disordinata, per se stessa caratterizzata dall’autocompiacimento. Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico. L’insegnamento della Chiesa di oggi è quindi in continuità organica con la visione della S. Scrittura e con la costante Tradizione. Anche se il mondo di oggi è da molti punti di vista veramente cambiato, la comunità cristiana è consapevole del legame profondo e duraturo che la unisce alle generazioni che l’hanno preceduta “nel segno della fede”. Tuttavia oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all’interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo. Essi manifestano, anche se non in modo del tutto cosciente, un’ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo. I ministri della Chiesa devono far in modo che le persone omosessuali affidate alle loro cure non siano fuorviate da queste opinioni, così profondamente opposte all’insegnamento della Chiesa.

Tuttavia il rischio è grande e ci sono molti che cercano di creare confusione nei riguardi della posizione della Chiesa e di sfruttare questa confusione per i loro scopi. Anche all’interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l’insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo. Si tenta di raccogliere sotto l’egida del cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale. Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione. È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l’omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato. La Chiesa non può non preoccuparsi di tutto questo e pertanto mantiene ferma la sua chiara posizione al riguardo, che non può essere modificata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento. Essa si preoccupa sinceramente anche dei molti che non si sentono rappresentati dai movimenti pro-omosessuali, e di quelli che potrebbero essere tentati di credere alla loro ingannevole propaganda. Essa è consapevole che l’opinione, secondo la quale l’attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale, ha un’incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo. Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.

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12/10/2010 23:25
 
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Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano. Alcuni sostengono che la tendenza omosessuale, in certi casi, non è il risultato di una scelta deliberata e che la persona omosessuale non ha alternative, ma è costretta a comportarsi in modo omosessuale. Di conseguenza si afferma che essa agirebbe in questi casi senza colpa, non essendo veramente libera. A questo proposito è necessario rifarsi alla saggia tradizione morale della Chiesa, la quale mette in guardia dalle generalizzazioni nel giudizio dei casi singoli. Di fatto in un caso determinato possono essere esistite nel passato e possono tuttora sussistere circostanze tali da ridurre o addirittura da togliere la colpevolezza del singolo; altre circostanze al contrario possono accrescerla. Dev’essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità. Come in ogni conversione dal male, grazie a questa libertà, lo sforzo umano, illuminato e sostenuto dalla grazia di Dio, potrà consentire ad esse di evitare l’attività omosessuale.

Che cosa deve fare dunque una persona omosessuale, che cerca di seguire il Signore? Sostanzialmente, queste persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, unendo ogni sofferenza e difficoltà che possano sperimentare a motivo della loro condizione, al sacrificio della croce del Signore. Per il credente, la croce è un sacrificio fruttuoso, poiché da quella morte provengono la vita e la redenzione. Anche se ogni invito a portare la croce o a intendere in tal modo la sofferenza del cristiano sarà prevedibilmente deriso da qualcuno, si dovrebbe ricordare che questa è la via della salvezza per tutti coloro che sono seguaci di Cristo. In realtà questo non è altro che l’insegnamento rivolto dall’apostolo Paolo ai Galati, quando egli dice che lo Spirito produce nella vita del fedele:

“amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé” … “Non potete appartenere a Cristo senza crocifiggere la carne con le sue passioni e i suoi desideri” (Gal 5, 22.24).

Tuttavia facilmente questo invito viene male interpretato, se è considerato solo come un inutile sforzo di autorinnegamento. La croce è sì un rinnegamento di sé, ma nell’abbandono alla volontà di quel Dio che dalla morte trae fuori la vita e abilita coloro, che pongono in lui la loro fiducia, a praticare la virtù invece del vizio. Si celebra veramente il mistero pasquale solo se si lascia che esso permei il tessuto della vita quotidiana. Rifiutare il sacrificio della propria volontà nell’obbedienza alla volontà del Signore è di fatto porre ostacolo alla salvezza. Proprio come la croce è il centro della manifestazione dell’amore redentivo di Dio per noi in Gesù, così la conformità dell’autorinnegamento di uomini e donne omosessuali con il sacrificio del Signore costituirà per loro una fonte di autodonazione che li salverà da una forma di vita che minaccia continuamente di distruggerli. Le persone omosessuali sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità. Se si dedicano con assiduità a comprendere la natura della chiamata personale di Dio nei loro confronti, esse saranno in grado di celebrare più fedelmente il sacramento della Penitenza, e di ricevere la grazia del Signore, in esso così generosamente offerta, per potersi convertire più pienamente alla sua sequela. È evidente, d’altra parte, che una chiara ed efficace trasmissione della dottrina della Chiesa a tutti i fedeli e alla società nel suo complesso dipende in larga misura dal corretto insegnamento e dalla fedeltà di chi esercita il ministero pastorale.

I Vescovi hanno la responsabilità particolarmente grave di preoccuparsi che i loro collaboratori nel ministero, e soprattutto i sacerdoti, siano rettamente informati e personalmente ben disposti a comunicare a ognuno la dottrina della Chiesa nella sua integrità. La particolare sollecitudine e la buona volontà dimostrata da molti sacerdoti e religiosi nella cura pastorale per le persone omosessuali è ammirevole, e questa Congregazione spera che essa non diminuirà. Tali ministri zelanti devono nutrire la certezza che stanno seguendo fedelmente la volontà del Signore, allorché incoraggiano la persona omosessuale a condurre una vita casta, e ricordano la dignità incomparabile che Dio ha donato anche ad essa. Considerando quanto sopra, questa Congregazione desidera chiedere ai Vescovi di essere particolarmente vigilanti nei confronti di quei programmi che di fatto tentano di esercitare una pressione sulla Chiesa perché essa cambi la sua dottrina, anche se a parole talvolta si nega che sia così. Un attento studio delle dichiarazioni pubbliche in essi contenute e delle attività che promuovono rivela una calcolata ambiguità, attraverso cui cercano di fuorviare i pastori e i fedeli. Per esempio, essi presentano talvolta l’insegnamento del Magistero, ma solo come una fonte facoltativa in ordine alla formazione della coscienza. La sua autorità peculiare non è riconosciuta. Alcuni gruppi usano perfino qualificare come “cattoliche” le loro organizzazioni o le persone a cui intendono rivolgersi, ma in realtà essi non difendono e non promuovono l’insegnamento del Magistero, anzi talvolta lo attaccano apertamente. Per quanto i loro membri rivendichino di voler conformare la loro vita all’insegnamento di Gesù, di fatto essi abbandonano l’insegnamento della sua Chiesa.

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12/10/2010 23:27
 
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Questo comportamento contraddittorio non può avere in nessun modo l’appoggio dei Vescovi. Questa Congregazione incoraggia pertanto i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l’insegnamento della Chiesa. Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato. Vanno incoraggiati quei programmi in cui questi pericoli sono evitati. Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale. Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale. Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto. Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale. In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento. Da questo approccio diversificato possono derivare molti vantaggi, non ultimo la constatazione che una persona omosessuale, come del resto ogni essere umano, ha una profonda esigenza di essere aiutato contemporaneamente a vari livelli. La persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio, non può essere definita in modo adeguato con un riduttivo riferimento solo al suo orientamento sessuale. Qualsiasi persona che vive sulla faccia della terra ha problemi e difficoltà personali, ma anche opportunità di crescita, risorse, talenti e doni propri.

La Chiesa offre quel contesto del quale oggi si sente una estrema esigenza per la cura della persona umana, proprio quando rifiuta di considerare la persona puramente come un “eterosessuale” o un “omosessuale” e sottolinea che ognuno ha la stessa identità fondamentale: essere creatura e, per grazia, figlio di Dio, erede della vita eterna. Offrendo all’attenzione dei Vescovi tali chiarificazioni e orientamenti pastorali, questa Congregazione desidera aiutare i loro sforzi volti ad assicurare che l’insegnamento del Signore e della sua Chiesa su questo importante tema sia trasmesso a tutti i fedeli in modo integro. Alla luce di quanto ora esposto, gli Ordinari del luogo sono invitati a valutare, nell’ambito della loro competenza, la necessità di particolari interventi. Inoltre, se ritenuto utile, si potrà ricorrere ad una ulteriore azione coordinata a livello delle conferenze episcopali nazionali. In particolare i Vescovi si premureranno di sostenere con i mezzi a loro disposizione lo sviluppo di forme specializzate di cura pastorale per persone omosessuali. Ciò potrebbe includere la collaborazione delle scienze psicologiche, sociologiche e mediche, sempre mantenendosi in piena fedeltà alla dottrina della Chiesa. Soprattutto i Vescovi non mancheranno di sollecitare la collaborazione di tutti i teologi cattolici, i quali, insegnando ciò che la Chiesa insegna e approfondendo con le loro riflessioni il significato autentico della sessualità umana e del matrimonio cristiano nel piano divino, nonché delle virtù che esso comporta, potranno così offrire un valido aiuto in questo campo specifico dell’attività pastorale. Particolare attenzione dovranno quindi avere i Vescovi nella scelta dei ministri incaricati di questo delicato compito, in modo che essi, per la loro fedeltà al Magistero e per il loro elevato grado di maturità spirituale e psicologica, possano essere di reale aiuto alle persone omosessuali, per il conseguimento del loro bene integrale. Tali ministri respingeranno le opinioni teologiche che sono contrarie all’insegnamento della Chiesa e che quindi non possono servire da direttive in campo pastorale. Inoltre sarà conveniente promuovere appropriati programmi di catechesi, fondati sulla verità riguardante la sessualità umana, nella sua relazione con la vita della famiglia, così come è insegnata dalla Chiesa.

Tali programmi forniscono infatti un ottimo contesto, all’interno del quale può essere trattata anche la questione dell’omosessualità. Questa catechesi potrà aiutare anche quelle famiglie, in cui si trovano persone omosessuali, nell’affrontare un problema che le tocca così profondamente. Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l’insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l’apparenza di esso può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all’uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo. Nel valutare eventuali progetti legislativi, si dovrà porre in primo piano l’impegno a difendere e promuovere la vita della famiglia. Il Signore Gesù ha detto:

“Voi conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 32).

La Scrittura ci comanda di fare la verità nella carità (cf Ef 4, 15). Dio che è insieme verità e amore chiama la Chiesa a mettersi al servizio di ogni uomo, donna e bambino con la sollecitudine pastorale del nostro Signore misericordioso. In questo spirito la Congregazione per la Dottrina della Fede ha rivolto questa Lettera a voi, Vescovi della Chiesa, con la speranza che vi sia di aiuto nella cura pastorale di persone, le cui sofferenze possono solo essere aggravate da dottrine errate e alleviate invece dalla parola della verità”.

 

[Congregazione per la Dottrina della Fede - JOSEPH Card. RATZINGER]

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12/10/2010 23:34
 
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Nell'Antico Testamento Dio prescrive:

“Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro” (Lv 20,13).

E la vicenda di Sodoma e Gomorra (Gen. 18,16 seg.) è conosciuta da tutto il mondo:

“…Condannò alla distruzione le città di Sodomia e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati. Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie…” (2 Pt. 2,6 seg.);

“…Così Sodomia e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all'impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco eterno…” (Gd. 7).

In alcuni testi della Bibbia per omosessualità si intende la prostituzione sacra, esercitata nei luoghi sacri, durante culti orgiastici:

“Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie di Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli di Israele. Non porterai nella casa del Signore tuo Dio il dono di una prostituta né il salario di un cane, qualunque voto tu abbia fatto, poiché tutti e due sono abominio per il Signore tuo Dio”(Dt. 23, 18-19);

“Inoltre nel paese c’erano prostituti sacri, i quali rinnovarono tutti gli abomini dei popoli che il Signore aveva scacciati davanti agli Israeliti” (1Re 14, 24);

“Demolì le case dei prostituti sacri, che erano nel tempio, e nelle quali le donne tessevano tende per Asera” (2Re 23, 7);

Ed in maniera molto più esplicita il Signore specifica:

“Se avrai con maschio relazioni come si hanno con donna è abominio” (Lv 18, 22).

Nel Nuovo Testamento lo Spirito Santo è altrettanto chiaro:

“...Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento.....E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa” (Rm 1, 26-32);

“...Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio” (1 Cor. 6,9-10);

“…La legge non è fatta per il giusto, ma per i non giusti e riottosi, per gli empi e di peccatori, per gli scellerati e i profani, per i padricidi e matricidi e omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i ladri d'uomini, i bugiardi, gli spergiuri…”(1 Tm. 1,9).

La condanna dei Padri e dei Dottori della Chiesa:

“I delitti che vanno contro natura, ad esempio quelli compiuti dai sodomiti, devono essere condannati e puniti ovunque e sempre. Quand'anche tutti gli uomini li commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna divina: Dio infatti non ha creato gli uomini perché commettessero un tale abuso di se stessi. Quando, mossi da una perversa passione, si profana la natura stessa che Dio ha creato, è la stessa unione che deve esistere fra Dio e noi a venir violata” (Sant'Agostino, Confessioni, c.III, p.8);

“Che lo zolfo evochi i fetori della carne, lo conferma la storia stessa della Sacra Scrittura, quando parla della pioggia di fuoco e zolfo versata su Sodomia dal Signore. Egli aveva deciso di punire in essa i crimini della carne, e il tipo stesso del suo castigo metteva in risalto l'onta di quel crimine. Perché lo zolfo emana fetore, il fuoco arde. Era quindi giusto che i sodomiti, ardendo di desideri perversi originati dal fetore della carne, perissero ad un tempo per mezzo del fuoco e dello zolfo, affinchè dal giusto castigo si rendessero conto del male compiuto sotto la spinta di un desiderio perverso” (San Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, XIV, 23, vol. II, pag. 371);

“Questo vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario, perché supera per gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti, uccide il corpo, rovina l'anima, contamina la carne, estingue la luce dell'intelletto, caccia lo Spirito Santo dal tempio dell'anima” (San Pier Damiani - dottore della chiesa e grande riformatore dell'Ordine Benedettino - Liber Gomorrhanus, in Patrologia latina, vol. 145, coll. 159-190);

“Nei peccati contro natura in cui viene violato l'ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di ordinatore della natura” (S. Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, II-II, q. 154, a. 12);

“…Commettendo il maledetto peccato contro natura, quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono…” (S. Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, cap. 124)

“Più pena sente uno che sia vissuto con questo vizio de la sodomia che un altro, perocchè questo è maggior peccato che sia” (San Bernardino da Siena, Predica XXXIX in: Prediche volgari, p. 915);

“…Di questa turpitudine mai abbastanza esecrata sono schiavi coloro che non si vergognano di violare la legge divina e naturale” (San Pietro Canisio - dottore della Chiesa-  Summa Doctrina Christianae, III a/b, p. 455).

La condanna dei papi:

“…L'esecrabile vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le nazioni vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre, fame e pestilenze…” (San Pio V, Costituzione Cum Primum, del 1 aprile 1566, in Bullarium Romanum, t. IV, c. II, pp. 284-286);

“…Il peccato contro natura grida vendetta al cospetto di Dio..” (San Pio X - Catechismo, N. 966);

“Inseguendo l'esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. L'apostolo Paolo afferma in modo categorico: - Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio, 1 Cor. 6,9-10” (Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, cap. 81).

Leggendo la Sacra Scrittura impariamo dall’unico Dio e giusto giudice che com’è vero che il Signore perdona qualunque peccato a chi, con sincero pentimento, gli chiede il perdono è altrettanto vero che giudicherà secondo la Sua Parola (e non secondo quella degli uomini, anche se appartenenti alle gerarchie della Chiesa!) quanti si ostinano nel peccato. A tal merito, la Dott.ssa Patrizia Stella afferma quanto segue:

“….In secondo luogo significa negare alla persona la capacità di superare questo problema, in quanto è stato più volte confermato dagli studiosi che questo comportamento non è irreversibile né congenito, tranne casi rarissimi, ma frutto di cattive abitudini, o di esperienze negative, o di reazioni davanti all'aggressività di certi comportamenti femminili; situazioni comunque, dalle quali si può uscire. Prova ne sia che nel mondo animale esistono malformazioni congenite di vario genere, ma non si è mai verificato il caso di attrazioni ed unioni omosessuali tra bestie, ciò vuol dire che è una devianza che riguarda l'uomo non tanto nella sfera genetica, difficilmente modificabile, quanto piuttosto in quella educativa e psicologica, soggetta quindi all'influsso della volontà. Significa inoltre non aver capito il ruolo della chiesa e del cristiano, che non è solo quello di alleviare pietosamente le ferite lasciando “l'ammalato” nella sua cancrena, bensì è quello di avere “dell'ammalato” una stima ed una fiducia tali da saper usare anche il bisturi pur di farlo guarire. Compito della chiesa e del cristiano è quello di ricordare che c'è la grazia di Dio che aiuta a vivere i comandamenti, e che senza la sua grazia è difficile vivere non solo la castità, ma qualunque altra virtù, che la violazione costante dei Comandamenti di Dio comporta sempre il rischio di autodistruggersi nella vita terrena e di mettere in pericolo la salvezza eterna, e che infine, dà molta più gioia e gratificazione una vita casta anche se talvolta esige sacrificio e lotta, che una vita di disordine sessuale, qualunque esso sia, etero o omosessuale.”

Chiunque  pertanto,  definisce  l’omosessualità come un diritto inviolabile della libertà, è in errore e può indurre altri a sbagliare.

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18/03/2012 09:50
 
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NUMEROSI STUDI DIMOSTRANO CHE DALL'OMOSESSUALITA' SI PUO' GUARIRE
Pontifex.Roma

In foto il dott. Robert Spitzer, docente di psichiatria presso la Columbia University di New York; dopo essere stato alla testa del movimento che era riuscito a cancellare l’omosessualità dall’elenco dei “disordini mentali” nel DSM-III (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), nel 2001 ha cambiato clamorosamente posizione, affermando che “é possibile che alcuni individui fortemente motivati possano cambiare il loro orientamento sessuale da omosessuale a eterosessuale”. Robert Spitzer è ritenuto "the most influential psychiatrist of the 20th". E' noto che L'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) definisce l'omosessualità una variante naturale del comportamento umano, ma non ha preso posizione rispetto alla possibile causa di tale variabilità. L'omosessualità, a quanto si apprende da Wikipedia (che non è un manuale medico), sembra essere ritenuta in ...

... qualche modo innata: vuoi per ragioni naturali, simili a quelle che portano naturalmente una certa percentuale della specie umana ad essere mancina anziché destrimane (cause cromosomiche; conformazione particolare del sistema nervoso o di una parte del cervello, specie l'ipotalamo); vuoi per conseguenza di vere e proprie cause fisiche (squilibri ormonali - anche durante la gravidanza); vuoi per altri motivi ancora (ad esempio alcuni autori greci parlano dell'influsso astrologico quale causa della determinazione della preferenza per le persone dello stesso sesso, ma questa chiaramente non è una spiegazione scientifica). [1]

Sempre Wikipedia ci rende consci del fatto che Le persone con un orientamento omosessuale che non si identificano come gay o lesbiche e non accettano l'orientamento omosessuale vengono spesso definiti "repressi" [2]. Come repressi, ma che razza di diceria è questa? Il cattolico direbbe virtuosi e consapevoli del senso del peccato, ma procediamo nella lettura di Wikipedia.

Nell'ambito delle scienze del comportamento alcuni studiosi ritenevano che l'orientamento omosessuale potesse essere dovuto a problemi nella fase di riconoscimento-identificazione con il genitore del medesimo sesso e/o con il gruppo. In quest'ottica l'omosessualità apparirebbe quindi come un'alterazione del comportamento, che potrebbe essere modificata con una terapia mirata. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha sconfessato queste teorie e l'omosessualità è stata tolta dal novero dei disturbi del comportamento, dalla metà degli anni 80 è stata corretta questa visione e l'omoaffettività non appare più nel DSM IV[3].[4]

Nel 1973 la American Psychiatric Association (APA) prese atto dell'assenza di prove scientifiche che giustificassero la precedente catalogazione dell'omosessualità come patologia psichiatrica, cancellandola dal suo elenco delle malattie mentali, il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. La decisione arrivò solo dopo un sofferto dibattito, durato decenni, aperto dalle ricerche di Evelyn Hooker su soggetti non psichiatrici (soprattutto dal suo fondamentale "The adjustment of the male overt homosexual", del 1957), e accelerato da un'azione di contestazione da parte di psichiatri vicini alle idee del neonato movimento di liberazione omosessuale. Il capofila di questa battaglia fu lo stimato psichiatra (non gay) Judd Marmor (1910-16 dicembre 2003), autore di numerosi studi in materia di omosessualità, che sarebbe successivamente stato presidente dell'APA nel 1975-1976. [5]

Nella teorizzazione della malattia omosessuale, ci sono state varie revisioni.

Sempre attingendo dalla stessa fonte, apprendiamo che: l'omosessualità era stata inclusa nel primo DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fra i “disturbi sociopatici di personalità”; nel 1968 il DSM II la classificava come “deviazione sessuale” insieme a pedofilia, necrofilia, feticismo e transessualismo, infine nel 1974 fu eliminata l'omosessualità ego-sintonica dal DSM III, ma vi fu aggiunta l'omosessualità ego-distonica.

Nella versione attuale del DSM (American Psychiatric Association, DSM-IV-TR, 2000) è stata mantenuta, tra i Disturbi Sessuali NAS, la diagnosi che prevede un "persistente ed intenso disagio collegato al proprio orientamento sessuale". [6]

Nella versione del 2007 dell’ICD (International Classification of Deseases), stilato dall'OMS, le patologie correlate all’orientamento sessuale (sono incluse nella categoria “Disorders of adult personality and behaviour” nella sottocategoria “Psychological and behavioural disorders associated with sexual development and orientation”. All’interno, dopo la seguente nota: “Sexual orientation by itself is not to be regarded as a disorder”, si trova quanto segue:

« F66.1: Egodystonic sexual orientation: The gender identity or sexual preference (heterosexual, homosexual, bisexual, or prepubertal) is not in doubt, but the individual wishes it were different because of associated psychological and behavioural disorders, and may seek treatment in order to change it. »[7]

« F66.2: Sexual relationship disorder: The gender identity or sexual orientation (heterosexual, homosexual, or bisexual) is responsible for difficulties in forming or maintaining a relationship with a sexual partner. »[8]

Certo che è molto strano che su Wikipedia Italia, le uniche 2 frasi che riguardano l'omosessualità e sono un pochettino "scomode" non sono tradotte in italiano, sto parlando di quelle F66.1 ed F66.2, tutto il resto è perfettamente tradotto. Sarà che si vuol far passare una cosa per un'altra? Boh!

In sostanza i concetti espressi ai punti F66.1 ed F66.2 lasciano ben intendere che l'orientamento sessuale egodistonico, anche nel caso di eterosessuali, è ricollegabile alla sfera psichica ed è sanabile mediante trattamento, tuttavia c'è un ma ...

In psichiatria, si dice egodistonico qualunque comportamento o idea che non sia in armonia con i bisogni dell'io, o specificatamente coerente con l'immagine e la percezione di sé che ha il soggetto. I sintomi di talune patologie psichiatriche possono dirsi egodistonici: il loro opposto è detto egosintonico. [9]

Il compito dell'operatore della salute mentale (psicologo, psichiatra, psicoterapeuta) di fronte a un caso di omosessualità ego-distonica è pertanto aiutare il paziente ad armonizzare la sua tendenza con il resto della personalità in modo ego-sintonico, e non quello di modificarne la tendenza.[10]

In pratica se una persona è gay, anche se la si cura, la terapia stessa deve essere sempre finalizzata a farla rimanere gay, ma più tranquilla, perché l' "io" orientato al vizio, quindi sofferente per la consapevolezza, deve diventare egosintonico, quindi gay sereno e incurante anche del senso del peccato. La sostanza è questa! Ma che razza di terapia è: qui si vuol cancellare la morale naturale che è nelle persone e che è emanazione della natura di Dio. (anche 3 aborigeni da soli, di cui 2 uomini e 1 donna sanno cosa devono fare "al letto", l'altro "regge il moccolo" si dice dalle mie parti o fa l'onanista di professione).

Esiste tuttavia una posizione minoritaria a sostengono della cosiddetta "libertà di scelta" della persona ad aderire ugualmente a terapie per la modificazione del loro orientamento sessuale; tra questi vi è l'ex Presidente della American Psychological Association, Robert Perloff (già contestato per alcune sue idee a sostegno della relazione tra razza e intelligenza) che si è espresso a favore in una conferenza tenuta il 14 dicembre 2004 a Washington DC. [11]

C'è tuttavia una ricerca che in Europa è finita nell'armadio (anzi nel bunker), mentre nel contempo si vogliono rendere le unioni gay lecite e normali per legge umana, provocando la collera di Dio che ha stabilito diversamente, data anche l'evidenza della natura. Essendo noi cattolici, civili e rispettosi della legge, staremo a guardare e non ci resta che pregare, onde evitare che i bimbi vengano scandalizzati da un sempre maggior crescente numero di coppie contro natura.

Nella scienza basta una sola eccezione perché una legge non possa più essere ritenuta tale. Se poi le eccezioni si moltiplicano, vuol dire semplicemente che la legge è falsa.

Per anni siamo stati educati, anche da fonti autorevoli, a considerare l’omosessualità una condizione innata, derivante cioè da fattori genetici immutabili, come la razza. Perfino la prestigiosa American Psychological Association definiva la condizione omosessuale come “non modificabile”. Insomma, così come non esiste un ex-uomo di colore (tranne il defunto Jackson), non esisterebbe neppure un ex-omosessuale.

Oggi, grazie anche alla ricerca del dott. Joseph Nicolosi, sappiamo che l’omosessualità non è affatto innata ma può essere modificata da una precisa scelta personale. E per di più, dagli Stati Uniti arriva l'ennesimo studio che dimostra come dall’omosessualità si possa guarire.

Col titolo «Religiously-mediated sexual orientation change» (Cambiamento dell’orientamento sessuale causato da fattori religiosi), la ricerca è stata pubblicata dal prestigioso "Journal of Sex and Maritai Therapy" [12].

Gli autori, Stanton L. Jones e Mark A. Yarhouse, hanno seguito per sette anni un campione costituito da 61 individui omosessuali, sia maschi sia femmine, sottoposti volontariamente ad una terapia basata sull’influenza della religione e dei valori morali.

Ecco i risultati: il 23% è diventato eterosessuale; il 30% ha abbandonato l’orientamento omosessuale scegliendo tuttavia una vita di continenza; il 20% ha scelto di non cambiare, interrompendo quindi la terapia. Nel 27% dei casi non si sono avuti riscontri scientificamente valutabili.

I dati rilevati combaciano, sostanzialmente, con quelli di un precedente studio condotto nel 2000 dal dott. Robert Spitzer, famoso psichiatra della Columbia University di New York, e presentato nel convegno annuale dell'American Psychiatric Association nel 2001 [13].

Lavorando con 200 individui, il dott. Spitzer aveva ottenuto un cambiamento di orientamento sessuale nel 66% dei maschi e nel 44% delle femmine.

“Non dobbiamo trarne conclusioni affrettate - commenta il dott. Nicholas Cummings, ex-presidente dell'American Psychological Association - ma questi studi [di Jones e Yarhouse] aprono nuove prospettive nella ricerca. Si tratta di una lettura d’obbligo per terapeuti e psicologi.

Carlo Di Pietro (M.S.M.A.)

Robert L. Spitzer (born May 22, 1932) is a former major architect of the modern classification of mental disorders. He is a retired professor of psychiatry at Columbia University in New York City, United States and was on the research faculty of the Columbia University Center for Psychoanalytic Training and Research. He retired after 49 years in December 2010. He is called arguably the most influential psychiatrist of the 20th century. [14]

Principali fonti utilizzate:
Wikipedia
Treccani
Bollettino Tradizione Famiglia e Proprietà (T.F.P.) anno 18, num. 52

Parte dell'articolo è tratto da:
Bollettino Tradizione Famiglia e Proprietà (T.F.P.) anno 18, num. 52, p. 8 "Dall'omosessualità si può guarire"

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18/04/2012 12:37
 
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L’omosessuale Matthew Todd:

«il mondo gay è un inferno di infelicità»

Solitamente quando si è preoccupati e ci si ostina a voler comparire in un certo modo, significa che in realtà molto probabilmente si è coscienti di essere l’esatto opposto.  Un esempio è il comportamento della lobby omosessuale, che persiste nel voler comparire in perenne festeggiamento, circondata da colori accesi, bandiere arcobaleno, manifestazioni carnevalesche, travestimenti e così via. Pochi giorni fa riportavamo la domanda di Simon Fanshawe, importante scrittore omosessuale e intellettuale inglese: «Ma perché per essere gay bisogna essere infantili e comportarsi da adolescenti?», il quale sottolineava come non sia l’omofobia la cosa più deleteria per gli omosessuali, ma lo “stile di vita gay”: ossessione per il sesso, droghe, infantilismo, narcisismo, promiscuità, relazioni instabili ecc.

Nel 2010 anche Matthew Todd, drammaturgo e redattore della rivista gay inglese “Attitude”, ha voluto sfidare il grande tabù della lobby omosessuale. Ha definito “il problema dei problemi” il preoccupanteaumento dei tassi di malattie mentali e problemi di dipendenza tra gli uomini gay. «C’è questo luogo comune», ha accusato, «che passiamo tanto tempo a fare festa, ma in realtà noi lo sappiamo bene e le ricerche ora lo dimostrano: c’è un inferno di gay infelici, un alto numero di depressi, ansiosi e con istinti suicidi, che abusano di droghe e alcol e che soffrono di dipendenza sessuale, tassi molto più elevati di comportamento auto-distruttivi». La ricerca, spiega il giornalista, «dimostra che gli uomini gay hanno più del doppio delle probabilità di tentare il suicidio e secondo la ricerca del ‘London University College Hospital’ ci sono tassi significativamente più alti di malattie mentali tra gli uomini gay rispetto ai loro coetanei». Eppure gli omosessuali sono sulla difensiva, accusano di omofobia chiunque faccia notare il valore di questi dati, sopratutto in merito alla possibilità di adottare dei bambini.

Dopo diversi anni di terapia, Todd sta cominciando a fare i conti con i suoi comportamenti compulsivi: «La vita gay è incredibilmente sessualizzata. I ragazzi entrano in questo mondo sessualizzato dove c’è un sacco di alcol e un sacco di droga, non c’è nulla di sano, dolce o rilassato». Un altro aspetto toccato dal giornalista è la mancanza di modelli positivi nel mondo omosessuale: la maggior parte ha problemi di dipendenze da droga e alcool, come: Michael Barrymore, George Michael, Lindsay Lohan, Boy George, Alexander McQueen ecc. Vere e proprie celebrità, sulle quali è impossibile avanzare la teoria della discriminazione omofobica come giustificazione.

Nel suo libro “The Velvet Rage: Overcoming the Pain of Growing Up Gay in a Straight Man’s World”, lo psicologo gay Alan Downs ha esaminato il dolore che permea la vita degli uomini gay e le scelte distruttive che vengono da loro fatte: «Sì, abbiamo più partner sessuali in una vita di altri gruppi di persone», scrive. «Allo stesso tempo, abbiamo anche tra i più alti tassi di depressione e suicidio, per non parlare di malattie sessualmente trasmissibili. Come gruppo, tendiamo ad essere emotivamente più espressivi degli altri uomini, ma i nostri rapporti sono molto più brevi, in media, rispetto a quelli degli uomini normali. Abbiamo un reddito maggiore, case più costose, le auto più alla moda, più vestiti e mobili di qualsiasi altro gruppo. Ma siamo veramente più felici?»

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06/07/2012 23:42
 
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L’OMOSESSUALITÀ È SECONDO NATURA PERCHÉ LA PRATICANO ANCHE GLI ANIMALI?

Pontifex.RomaSe è per questo tra gli animali si trovano anche la pedofilia, la necrofilia, gli stupri di gruppo, la divorazione del partner a rapporto avvenuto, ecc. Prendere a modello la “naturalità” degli animali per inquinare di meno e imparare la tolleranza verso i sessualmente “diversi”.  Si fa notare che comportamenti omosessuali sono stati osservati in 450 specie animali diverse, comprese giraffe, leoni, scimmie bonobo (bisessuali al 100 per cento), pappagalli (il cacatua rosa avrebbe un tasso di omosessualità del 44 per cento), eccetera. E ciò dimostrerebbe che l’omosessualità è un comportamento perfettamente naturale. Se lo fanno gli animali, perché dovrebbero farsi dei problemi i bipedi umani, che sono animali pure loro? Il sillogismo non fa una grinza: gli animali fan così e cosà, gli umani sono animali, dunque anche gli umani faran così e cosà. Vediamo allora cosa sarebbero legittimati a fare gli umani, limitandoci ai comportamenti sessuali, in base al principio della naturale imitazione di quel che fanno gli altri animali.

Gli umani pedofili potrebbero ben rivendicare la naturalità delle loro pratiche: hanno l’abitudine di accoppiarsi con esemplari non ancora sessualmente maturi sia le talpe che gli ermellini. E lo stesso potrebbero fare gli stupratori, dato che il sesso forzato è molto diffuso in natura. È praticato sia fra gli insetti (da alcune varietà di ragni) che fra i mammiferi (da erbivori che presentano una forte differenza di stazza fra il maschio e la femmina). Per non parlare degli uccelli: soprattutto oche e anatre arrivano al rapporto sessuale vero e proprio con una serie di violenti assalti alla femmina.

Fra gli scarabei d’acqua non esiste nessun sistema di corteggiamento, lo stupro è sistematico. I maschi quasi affogano le loro compagne, tenendole ferme sotto il pelo dell’acqua fino allo sfinimento. Quando si accorgono che la femmina sta per morire la lasciano un po’ in pace a respirare, ma vigilando che non riprenda abbastanza forze da potersi accoppiare con altri maschi.

Perfino lo stupro di gruppo ha i suoi estimatori nel regno animale: i delfini dal naso a collo di bottiglia inseguono in gruppo per settimane una sola femmina, e quando sono convinti che è arrivato il momento giusto, la sottomettono a turno alle loro voglie dopo averle chiuso ogni via di fuga. Colmo della perversione, i tempi morti del lungo inseguimento possono essere allietati da rapporti omosessuali fra i delfini maschi (spesso si tratta di una coppia).

Gli stupri possono avvenire anche fra specie: dagli inizi degli anni Novanta nel Parco nazionale di Pilaneberg nella riserva naturale di Hluhluwe-Umfolozi Game Reserve in Sudafrica si registrano violenze sessuali da parte di giovani elefanti maschi ai danni di rinoceronti, spesso uccisi dopo l’atto. Altre riserve della regione hanno registrato casi analoghi.

Il cannibalismo sessuale è un’altra pratica piuttosto diffusa nel mondo animale. In particolare fra i ragni e le mantidi l’uccisione e la divorazione del partner a rapporto avvenuto è molto comune: le femmine aracnidi, se non sono state opportunamente sedotte con doni alimentari o più banalmente immobilizzate con vari accorgimenti, tendono a uccidere e mangiarsi il partner maschio. Sia nel caso dei ragni che degli anfipodi (come per esempio la pulce d’acqua) la divorazione del maschio può avvenire sia durante che al termine della copula.

Infine persino la necrofilia non è per nulla sconosciuta nel regno animale. Un famoso caso di tale pratica è stato osservato dall’etologo Kees Moeliker del Museo di storia naturale di Rotterdam a proposito di una coppia di germani reali. Una coppia di questi animali si schiantò in volo contro una vetrata del museo durante uno di quegli inseguimenti amorosi fra anatre che si concludono con lo stupro della femmina da parte del maschio.

Moeliker uscì dal suo ufficio e osservò la seguente scena: dopo avere beccato più volte il germano deceduto a causa dell’incidente senza reazioni da parte di quest’ultimo, il germano sopravvissuto si unì carnalmente al morto ed ebbe un rapporto completo. L’atto di necrofilia durò 75 minuti, durante i quali l’anatra sospese la sua azione per due brevi intervalli per poi riprenderla. Una volta allontanatosi l’animale a rapporto consumato, un’ispezione del cadavere dell’anatra penetrata rivelò trattarsi di un maschio: trattavasi dunque di atto non solo necrofilo, ma omosessuale. Un altro animale sorpreso in connubi necrofili è il rospo delle canne, che oltre a unirsi a rospe defunte fa pure sesso con oggetti inanimati.

Bisogna poi dire che anche alcuni degli animali con abitudini omosessuali dimostrano, come certi omosessuali umani, intense aspirazioni genitoriali. Non consiglieremmo però a tutti di realizzarle nello stesso modo. Per esempio ci sono coppie di cigni maschi australiani che attivano una relazione a tre con una femmina e poi, dopo che hanno ottenuto da lei la deposizione di uova, la cacciano dal nido e si occupano loro della cova e poi dell’accudimento dei piccoli. Coppie di pinguini gay dello zoo centrale di New York hanno ugualmente covato con successo uova rubate dal nido di pinguine femmine. Negli zoo di Giappone e Germania coppie di maschi omosex si sono più modestamente limitate a covare un sasso.

Fra i maschi umani c’è poi chi invidia l’elefante marino: un esemplare di due tonnellate può conquistarsi un harem di cento femmine con le quali, nei tre mesi dell’accoppiamento, si unisce carnalmente senza tante cerimonie otto-dieci volte al giorno. C’è però un problema: solo gli elefanti marini più forzuti riescono a realizzare il loro sogno erotico, a prezzo di continue risse e battaglie coi maschi concorrenti. I quali alla fine restano, si può ben dire, con un palmo di naso. Morale: soltanto l’1 per cento dei maschi dell’elefante marino alla fine possono dire di aver avuto rapporti sessuali, contro praticamente il 100 per cento delle femmine.

Qualcosa di simile alle orge è invece segnalato fra abitatori del mare che vanno dai delfini ai cavallucci marini, a lungo erroneamente considerati un modello di fedeltà coniugale fra gli animali, e fra primati come lo scimpanzé e il già citato bonobo. Per la serie “amore e morte”, va infine ricordato che alcuni mammiferi uccidono i piccoli di primo letto della femmina o le provocano l’aborto quando è incinta di un altro maschio, quando intendono prendere il posto di quest’ultimo che nel frattempo è deceduto o scomparso.

Volete davvero prendere a modello la sessualità del mondo animale per giustificare la pretesa di “normalizzare” le coppie omosessuali umane e altro ancora? Andate avanti prima voi, noi restiamo dove siamo.

Fonte: Tempi, luglio 2007

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21/08/2012 11:07
 
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CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

CONSIDERAZIONI CIRCA I PROGETTI
DI RICONOSCIMENTO LEGALE
DELLE UNIONI
TRA PERSONE OMOSESSUALI



INTRODUZIONE

1. Diverse questioni concernenti l'omosessualità sono state trattate recentemente più volte dal Santo Padre Giovanni Paolo II e dai competenti Dicasteri della Santa Sede.(1) Si tratta infatti di un fenomeno morale e sociale inquietante, anche in quei Paesi in cui non assume un rilievo dal punto di vista dell'ordinamento giuridico. Ma esso diventa più preoccupante nei Paesi che hanno già concesso o intendono concedere un riconoscimento legale alle unioni omosessuali che, in alcuni casi, include anche l'abilitazione all'adozione di figli. Le presenti Considerazioni non contengono nuovi elementi dottrinali, ma intendono richiamare i punti essenziali circa il suddetto problema e fornire alcune argomentazioni di carattere razionale, utili per la redazione di interventi più specifici da parte dei Vescovi secondo le situazioni particolari nelle diverse regioni del mondo: interventi destinati a proteggere ed a promuovere la dignità del matrimonio, fondamento della famiglia, e la solidità della società, della quale questa istituzione è parte costitutiva. Esse hanno anche come fine di illuminare l'attività degli uomini politici cattolici, per i quali si indicano le linee di condotta coerenti con la coscienza cristiana quando essi sono posti di fronte a progetti di legge concernenti questo problema.(2) Poiché si tratta di una materia che riguarda la legge morale naturale, le seguenti argomentazioni sono proposte non soltanto ai credenti, ma a tutti coloro che sono impegnati nella promozione e nella difesa del bene comune della società.



I. NATURA E CARATTERISTICHE IRRINUNCIABILI
DEL MATRIMONIO

2. L'insegnamento della Chiesa sul matrimonio e sulla complementarità dei sessi ripropone una verità evidenziata dalla retta ragione e riconosciuta come tale da tutte le grandi culture del mondo. Il matrimonio non è una qualsiasi unione tra persone umane. Esso è stato fondato dal Creatore, con una sua natura, proprietà essenziali e finalità.(3) Nessuna ideologia può cancellare dallo spirito umano la certezza secondo la quale esiste matrimonio soltanto tra due persone di sesso diverso, che per mezzo della reciproca donazione personale, loro propria ed esclusiva, tendono alla comunione delle loro persone. In tal modo si perfezionano a vicenda, per collaborare con Dio alla generazione e alla educazione di nuove vite.

3. La verità naturale sul matrimonio è stata confermata dalla Rivelazione contenuta nei racconti biblici della creazione, espressione anche della saggezza umana originaria, nella quale si fa sentire la voce della natura stessa. Tre sono i dati fondamentali del disegno creatore sul matrimonio, di cui parla il Libro della Genesi.

In primo luogo l'uomo, immagine di Dio, è stato creato « maschio e femmina » (Gn 1, 27). L'uomo e la donna sono uguali in quanto persone e complementari in quanto maschio e femmina. La sessualità da un lato fa parte della sfera biologica e, dall'altro, viene elevata nella creatura umana ad un nuovo livello, quello personale, dove corpo e spirito si uniscono.

Il matrimonio, poi, è istituito dal Creatore come forma di vita in cui si realizza quella comunione di persone che impegna l'esercizio della facoltà sessuale. « Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne » (Gn 2, 24).

Infine, Dio ha voluto donare all'unione dell'uomo e della donna una partecipazione speciale alla sua opera creatrice. Perciò Egli ha benedetto l'uomo e la donna con le parole: « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn 1, 28). Nel disegno del Creatore complementarità dei sessi e fecondità appartengono quindi alla natura stessa dell'istituzione del matrimonio.

Inoltre, l'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna è stata elevata da Cristo alla dignità di sacramento. La Chiesa insegna che il matrimonio cristiano è segno efficace dell'alleanza di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5, 32). Questo significato cristiano del matrimonio, lungi dallo sminuire il valore profondamente umano dell'unione matrimoniale tra l'uomo e la donna, lo conferma e lo rafforza (cf. Mt 19, 3-12; Mc 10, 6-9).

4. Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. Gli atti omosessuali, infatti, « precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun modo possono essere approvati ».(4)

Nella Sacra Scrittura le relazioni omosessuali « sono condannate come gravi depravazioni... (cf. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10). Questo giudizio della Scrittura non permette di concludere che tutti coloro, i quali soffrono di questa anomalia, ne siano personalmente responsabili, ma esso attesta che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ».(5) Lo stesso giudizio morale si ritrova in molti scrittori ecclesiastici dei primi secoli (6) ed è stato unanimemente accettato dalla Tradizione cattolica.

Secondo l'insegnamento della Chiesa, nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali « devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione ».(7) Tali persone inoltre sono chiamate come gli altri cristiani a vivere la castità.(8) Ma l'inclinazione omosessuale è « oggettivamente disordinata »(9) e le pratiche omosessuali « sono peccati gravemente contrari alla castità ».(10)



II. ATTEGGIAMENTI NEI CONFRONTI
DEL PROBLEMA DELLE UNIONI OMOSESSUALI

5. Nei confronti del fenomeno delle unioni omosessuali, di fatto esistenti, le autorità civili assumono diversi atteggiamenti: a volte si limitano alla tolleranza di questo fenomeno; a volte promuovono il riconoscimento legale di tali unioni, con il pretesto di evitare, rispetto ad alcuni diritti, la discriminazione di chi convive con una persona dello stesso sesso; in alcuni casi favoriscono persino l'equivalenza legale delle unioni omosessuali al matrimonio propriamente detto, senza escludere il riconoscimento della capacità giuridica di procedere all'adozione di figli.

Laddove lo Stato assuma una politica di tolleranza di fatto, non implicante l'esistenza di una legge che esplicitamente concede un riconoscimento legale a tali forme di vita, occorre ben discernere i diversi aspetti del problema. La coscienza morale esige di essere, in ogni occasione, testimoni della verità morale integrale, alla quale si oppongono sia l'approvazione delle relazioni omosessuali sia l'ingiusta discriminazione nei confronti delle persone omosessuali. Sono perciò utili interventi discreti e prudenti, il contenuto dei quali potrebbe essere, per esempio, il seguente: smascherare l'uso strumentale o ideologico che si può fare di questa tolleranza; affermare chiaramente il carattere immorale di questo tipo di unione; richiamare lo Stato alla necessità di contenere il fenomeno entro limiti che non mettano in pericolo il tessuto della moralità pubblica e, soprattutto, che non espongano le giovani generazioni ad una concezione erronea della sessualità e del matrimonio, che le priverebbe delle necessarie difese e contribuirebbe, inoltre, al dilagare del fenomeno stesso. A coloro che a partire da questa tolleranza vogliono procedere alla legittimazione di specifici diritti per le persone omosessuali conviventi, bisogna ricordare che la tolleranza del male è qualcosa di molto diverso dall'approvazione o dalla legalizzazione del male.

In presenza del riconoscimento legale delle unioni omosessuali, oppure dell'equiparazione legale delle medesime al matrimonio con accesso ai diritti che sono propri di quest'ultimo, è doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all'applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all'obiezione di coscienza.



III. ARGOMENTAZIONI RAZIONALI
CONTRO IL RICONOSCIMENTO LEGALE
DELLE UNIONI OMOSESSUALI

6. La comprensione dei motivi che ispirano la necessità di opporsi in questo modo alle istanze che mirano alla legalizzazione delle unioni omosessuali richiede alcune considerazioni etiche specifiche, che sono di diverso ordine.

Di ordine relativo alla retta ragione

Il compito della legge civile è certamente più limitato riguardo a quello della legge morale,(11) ma la legge civile non può entrare in contraddizione con la retta ragione senza perdere la forza di obbligare la coscienza.(12) Ogni legge posta dagli uomini in tanto ha ragione di legge in quanto è conforme alla legge morale naturale, riconosciuta dalla retta ragione, e in quanto rispetta in particolare i diritti inalienabili di ogni persona.(13) Le legislazioni favorevoli alle unioni omosessuali sono contrarie alla retta ragione perché conferiscono garanzie giuridiche, analoghe a quelle dell'istituzione matrimoniale, all'unione tra due persone dello stesso sesso. Considerando i valori in gioco, lo Stato non potrebbe legalizzare queste unioni senza venire meno al dovere di promuovere e tutelare un'istituzione essenziale per il bene comune qual è il matrimonio.

Ci si può chiedere come può essere contraria al bene comune una legge che non impone alcun comportamento particolare, ma si limita a rendere legale una realtà di fatto che apparentemente non sembra comportare ingiustizia verso nessuno. A questo proposito occorre riflettere innanzitutto sulla differenza esistente tra il comportamento omosessuale come fenomeno privato, e lo stesso comportamento quale relazione sociale legalmente prevista e approvata, fino a diventare una delle istituzioni dell'ordinamento giuridico. Il secondo fenomeno non solo è più grave, ma acquista una portata assai più vasta e profonda, e finirebbe per comportare modificazioni dell'intera organizzazione sociale che risulterebbero contrarie al bene comune. Le leggi civili sono principi strutturanti della vita dell'uomo in seno alla società, per il bene o per il male. Esse « svolgono un ruolo molto importante e talvolta determinante nel promuovere una mentalità e un costume ».(14) Le forme di vita e i modelli in esse espresse non solo configurano esternamente la vita sociale, bensì tendono a modificare nelle nuove generazioni la comprensione e la valutazione dei comportamenti. La legalizzazione delle unioni omosessuali sarebbe destinata perciò a causare l'oscuramento della percezione di alcuni valori morali fondamentali e la svalutazione dell'istituzione matrimoniale.

Di ordine biologico e antropologico

7. Nelle unioni omosessuali sono del tutto assenti quegli elementi biologici e antropologici del matrimonio e della famiglia che potrebbero fondare ragionevolmente il riconoscimento legale di tali unioni.

Esse non sono in condizione di assicurare adeguatamente la procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L'eventuale ricorso ai mezzi messi a loro disposizione dalle recenti scoperte nel campo della fecondazione artificiale, oltre ad implicare gravi mancanze di rispetto alla dignità umana,(15) non muterebbe affatto questa loro inadeguatezza.

Nelle unioni omosessuali è anche del tutto assente la dimensione coniugale, che rappresenta la forma umana ed ordinata delle relazioni sessuali. Esse infatti sono umane quando e in quanto esprimono e promuovono il mutuo aiuto dei sessi nel matrimonio e rimangono aperte alla trasmissione della vita.

Come dimostra l'esperienza, l'assenza della bipolarità sessuale crea ostacoli allo sviluppo normale dei bambini eventualmente inseriti all'interno di queste unioni. Ad essi manca l'esperienza della maternità o della paternità. Inserire dei bambini nelle unioni omosessuali per mezzo dell'adozione significa di fatto fare violenza a questi bambini nel senso che ci si approfitta del loro stato di debolezza per introdurli in ambienti che non favoriscono il loro pieno sviluppo umano. Certamente una tale pratica sarebbe gravemente immorale e si porrebbe in aperta contraddizione con il principio, riconosciuto anche dalla Convenzione internazionale dell'ONU sui diritti dei bambini, secondo il quale l'interesse superiore da tutelare in ogni caso è quello del bambino, la parte più debole e indifesa.

Di ordine sociale

8. La società deve la sua sopravvivenza alla famiglia fondata sul matrimonio. La conseguenza inevitabile del riconoscimento legale delle unioni omosessuali è la ridefinizione del matrimonio, che diventa un'istituzione la quale, nella sua essenza legalmente riconosciuta, perde l'essenziale riferimento ai fattori collegati alla eterosessualità, come ad esempio il compito procreativo ed educativo. Se dal punto di vista legale il matrimonio tra due persone di sesso diverso fosse solo considerato come uno dei matrimoni possibili, il concetto di matrimonio subirebbe un cambiamento radicale, con grave detrimento del bene comune. Mettendo l'unione omosessuale su un piano giuridico analogo a quello del matrimonio o della famiglia, lo Stato agisce arbitrariamente ed entra in contraddizione con i propri doveri.

A sostegno della legalizzazione delle unioni omosessuali non può essere invocato il principio del rispetto e della non discriminazione di ogni persona. Una distinzione tra persone oppure la negazione di un riconoscimento o di una prestazione sociale non sono infatti accettabili solo se sono contrarie alla giustizia.(16) Non attribuire lo statuto sociale e giuridico di matrimonio a forme di vita che non sono né possono essere matrimoniali non si oppone alla giustizia, ma, al contrario, è da essa richiesto.

Neppure il principio della giusta autonomia personale può essere ragionevolmente invocato. Una cosa è che i singoli cittadini possano svolgere liberamente attività per le quali nutrono interesse e che tali attività rientrino genericamente nei comuni diritti civili di libertà, e un'altra ben diversa è che attività che non rappresentano un significativo e positivo contributo per lo sviluppo della persona e della società possano ricevere dallo Stato un riconoscimento legale specifico e qualificato. Le unioni omosessuali non svolgono neppure in senso analogico remoto i compiti per i quali il matrimonio e la famiglia meritano un riconoscimento specifico e qualificato. Ci sono invece buone ragioni per affermare che tali unioni sono nocive per il retto sviluppo della società umana, soprattutto se aumentasse la loro incidenza effettiva sul tessuto sociale.

Di ordine giuridico

9. Poiché le coppie matrimoniali svolgono il ruolo di garantire l'ordine delle generazioni e sono quindi di eminente interesse pubblico, il diritto civile conferisce loro un riconoscimento istituzionale. Le unioni omosessuali invece non esigono una specifica attenzione da parte dell'ordinamento giuridico, perché non rivestono il suddetto ruolo per il bene comune.

Non è vera l'argomentazione secondo la quale il riconoscimento legale delle unioni omosessuali sarebbe necessario per evitare che i conviventi omosessuali perdano, per il semplice fatto della loro convivenza, l'effettivo riconoscimento dei diritti comuni che essi hanno in quanto persone e in quanto cittadini. In realtà, essi possono sempre ricorrere – come tutti i cittadini e a partire dalla loro autonomia privata – al diritto comune per tutelare situazioni giuridiche di reciproco interesse. Costituisce invece una grave ingiustizia sacrificare il bene comune e il retto diritto di famiglia allo scopo di ottenere dei beni che possono e debbono essere garantiti per vie non nocive per la generalità del corpo sociale.(17)



IV. COMPORTAMENTI DEI POLITICI CATTOLICI
NEI CONFRONTI DI LEGISLAZIONI
FAVOREVOLI ALLE UNIONI OMOSESSUALI

10. Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche.

Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale.

Nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità. Se non fosse possibile abrogare completamente una legge di questo genere, egli, richiamandosi alle indicazioni espresse nell'Enciclica Evangelium vitae, « potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica », a condizione che sia « chiara e a tutti nota » la sua « personale assoluta opposizione » a leggi siffatte e che sia evitato il pericolo di scandalo.(18) Ciò non significa che in questa materia una legge più restrittiva possa essere considerata come una legge giusta o almeno accettabile; bensì si tratta piuttosto del tentativo legittimo e doveroso di procedere all'abrogazione almeno parziale di una legge ingiusta quando l'abrogazione totale non è possibile per il momento.



CONCLUSIONE

11. La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all'approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali. Il bene comune esige che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l'unione matrimoniale come base della famiglia, cellula primaria della società. Riconoscere legalmente le unioni omosessuali oppure equipararle al matrimonio, significherebbe non soltanto approvare un comportamento deviante, con la conseguenza di renderlo un modello nella società attuale, ma anche offuscare valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell'umanità. La Chiesa non può non difendere tali valori, per il bene degli uomini e di tutta la società.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nell'Udienza concessa il 28 marzo 2003 al sottoscritto Cardinale Prefetto, ha approvato le presenti Considerazioni, decise nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 3 giugno 2003, Memoria dei Santi Carlo Lwanga e Compagni, Martiri.



Joseph Card. Ratzinger
Prefetto

Angelo Amato, S.D.B.
Arcivescovo titolare di Sila
Segretario

NOTE

(1) Cf. Giovanni Paolo II, Allocuzioni in occasione della recita dell'Angelus, 20 febbraio 1994 e 19 giugno 1994; Discorso ai partecipanti dell'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 24 marzo 1999; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359, 2396; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 8; Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986; Alcune Considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992; Pontificio Consiglio per la Famiglia, Lettera ai Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa circa la risoluzione del Parlamento Europeo in merito alle coppie omosessuali, 25 marzo 1994; Famiglia, matrimonio e « unioni di fatto », 26 luglio 2000, n. 23.

(2) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 4.

(3) Cf. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 48.

(4) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2357.

(5) Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 8.

(6) Cf. per esempio S. Policarpo, Lettera ai Filippesi, V, 3; S. Giustino, Prima Apologia, 27, 1-4; Atenagora, Supplica per i cristiani, 34.

(7) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358; cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986, n. 10.

(8) Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2359; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1º ottobre 1986, n. 12.

(9) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2358.

(10) Ibid., n. 2396.

(11) Cf. Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 71.

(12) Cf. ibid., n. 72.

(13) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 95, a. 2.

(14) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 90.

(15) Cf. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, 22 febbraio 1987, II. A. 1-3.

(16) Cf. S. Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 63, a. 1, c.

(17) Occorre non dimenticare inoltre che sussiste sempre « il pericolo che una legislazione che faccia dell'omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge » (Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali, 24 luglio 1992, n. 14).

(18) Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium vitae, 25 marzo 1995, n. 73.

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15/11/2012 15:49
 
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LA PAROLA DI DIO CONDANNA L'OMOSESSUALITA'
L'ideologia dell'omosessualità minaccia la libertà di pensiero: chi non la condivide rischia l'emarginazione culturale e sociale
 
di Giacomo Biffi

Riguardo al problema oggi emergente dell'omosessualità, la concezione cristiana ci dice che bisogna sempre distinguere il rispetto dovuto alle persone, che comporta il rifiuto di ogni loro emarginazione sociale e politica (salva la natura inderogabile della realtà matrimoniale e familiare), dal rifiuto di ogni esaltata "ideologia dell'omosessualità", che è doveroso. La parola di Dio, come la conosciamo in una pagina della lettera ai Romani dell'apostolo Paolo, ci offre anzi un'interpretazione teologica del fenomeno della dilagante aberrazione culturale in questa materia: tale aberrazione – afferma il testo sacro – è al tempo stesso la prova e il risultato dell'esclusione di Dio dall'attenzione collettiva e dalla vita sociale, e della renitenza a dargli la gloria che gli spetta (cfr. Romani 1, 21). L'estromissione del Creatore determina un deragliamento universale della ragione: "Si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti" (Romani 1, 21-22). In conseguenza di questo accecamento intellettuale, si è verificata la caduta comportamentale e teorica nella più completa dissolutezza: "Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi" (Romani 1, 24). E a prevenire ogni equivoco e ogni lettura accomodante, l'apostolo prosegue in un'analisi impressionante, formulata con termini del tutto espliciti: "Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Egualmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne" (Romani 1, 26-28). Infine san Paolo si premura di osservare che l'abiezione estrema si ha quando "gli autori di tali cose... non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa" (cfr. Romani 1, 32). È una pagina del libro ispirato, che nessuna autorità terrena può costringerci a censurare. E neppure ci è consentita, se vogliamo essere fedeli alla parola di Dio, la pusillanimità di passarla sotto silenzio per la preoccupazione di apparire non "politicamente corretti". Dobbiamo anzi far notare il singolare interesse per i nostri giorni di questo insegnamento della rivelazione: ciò che san Paolo rilevava come avvenuto nel mondo greco-romano, si dimostra profeticamente corrispondente a ciò che si è verificato nella cultura occidentale in questi ultimi secoli.L'estromissione del Creatore – fino a proclamare grottescamente, qualche decennio fa, la "morte di Dio" – ha avuto come conseguenza (e quasi come intrinseca punizione) un dilagare di una visione sessuale aberrante, ignota (nella sua arroganza) alle epoche precedenti. L'ideologia dell'omosessualità – come spesso capita alle ideologie quando si fanno aggressive e arrivano a essere politicamente vincenti –diventa un'insidia alla nostra legittima autonomia di pensiero: chi non la condivide rischia la condanna a una specie di emarginazione culturale e sociale. Gli attentati alla libertà di giudizio cominciano dal linguaggio. Chi non si rassegna ad accogliere la "omofilia" (cioè l'apprezzamento teorico dei rapporti omosessuali), viene imputato di "omofobia" (etimologicamente la "paura dell'omosessualità). Deve essere ben chiaro: chi è reso forte dalla luce della parola ispirata e vive nel "timore di Dio",non ha paura di niente, se non della stupidità nei confronti della quale, diceva Bonhoeffer, siamo senza difesa.Adesso si leva talvolta contro di noi addirittura l'accusa incredibilmente arbitraria di "razzismo": un vocabolo che, tra l'altro, non ha niente a che vedere con questa problematica; e in ogni caso è del tutto estraneo alla nostra dottrina e alla nostra storia. Il problema sostanziale che si profila è questo: è ancora consentito ai nostri giorni essere discepoli fedeli e coerenti dell'insegnamento di Cristo (che da millenni ha ispirato e arricchito l'intera civiltà occidentale), o dobbiamo prepararci a una nuova forma di persecuzione, promossa dagli omosessuali faziosi, dai loro complici ideologici e anche da coloro che avrebbero il compito di difendere la libertà intellettuale di tutti, perfino dei cristiani? Una domanda rivolgiamo in particolare ai teologi, ai biblisti e ai pastoralisti. Perché mai in questo clima di esaltazione quasi ossessiva della Sacra Scrittura il passo paolino di Romani 1, 21-32 non è mai citato da nessuno? Come mai non ci si preoccupa un po' di più di farlo conoscere ai credenti e ai non credenti, nonostante la sua evidente attualità?

 
Fonte: Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Cantagalli (Siena) 2010
 
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24/11/2012 14:26
 
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Il matrimonio omosessuale
condannato nella Grecia classica

Lo spunto è tratto dalla recente pubblicazione de II matrimonio nella Grecia classica, saggio del filologo e grecista Francesco Colafemminaintervistato da Valerio Pece per Tempi. Nello scritto si stigmatizza la convinzione di una generalizzata diffusione dell’omosessualità nella Grecia classicafra, da parte di chi, deformando la realtà storica a vantaggio della moderna ideologia omosessualista, reclama diritti al matrimonio omosessuale, ascrivendone spesso la nascita alla più alta cultura del mondo precristiano. Ciò è falso.

Il paganesimo greco sin dagli inizi (Omero chiama gli uomini i mortali – oi brotoi, per contrapporli agli dèi), infatti, ha una visione profondamente religiosa del mondo e della vita, che subordina sempre il piano umano al piano divino (ricordiamo il tempio eretto al Dio Ignoto in Atene). La rilettura laica che ne è stata fatta è ideologica: questo discorso si applica anche alla sfera della sessualità, che oggi pare afflitta da una sorta di pansessualismo ideologico. Per quanto l’argomento sia complesso e generatore di divisioni nel mondo laico, è il caso di fare alcune precisazioni, ad esempio ricordare che il fenomeno dell’omosessualità nell’antica Grecia è diverso da quello odierno, è soprattutto il fenomeno della pederastia ad essere diffuso ed in certo qual modo tollerato (cosa abominevole per i cristiani, ma anche per i latini) come parte dell’educazione dei giovani. Eppure, la norma, o consuetudine, non dovette essere di questo tipo, ma sincera e premurosa cura ed amicizia: l’affetto, ed anche la tenerezza che si accompagna alle migliori speranze, che spesso intercorrono fra maestro (o allenatore) ed allievo non devono essere male interpretate, come oggi anche allora; dato che la natura dell’uomo è sempre la stessa. D’altra parte dobbiamo ammettere che è difficile negare che i primi contatti omofili in tutti i tempi siano nella stragrande maggioranza dei casi fra un adulto ed un adolescente od un giovane.

Dice il Colafemmina: «Secondo il dogma ormai imperante, nell’antica Grecia la pedofilia (o efebofilia) sarebbe stata al centro di un vero e proprio rito di iniziazione: l’uomo adulto, l’erastés, aveva rapporti sessuali con l’adolescente, l’eròmenos, e così facendo lo formava anche spiritualmente. […] Di qui si è poi passati a definire il dogma dell’assenza di una “morale sessuale” nell’antichità classica attraverso laproclamazione dell’omosessualità come qualcosa di naturale. […] Attenzione però: quello dell’amore puro e spirituale non è altro che ciò che anche i gay del tempo affermavano per giustificare le loro pratiche, in un contesto sociale che invece le condannava risolutamente. L’errore madornale è che chi ripete oggi queste tesi non fa altro che ripetere ciò che dicevano gli autori omosessuali della Grecia classica. Oppure non fa altro che ridire ciò che Platone fa dichiarare ad alcuni suoi personaggi già noti come omosessuali nell’antichità (come Pausania nel Simposio) per arrivare però a smontare le loro tesi e a sostenere l’esatto contrario».

Oltretutto quando si parla di Grecia spesso ci si riferisce involontariamente ad Atene, come in sineddoche: in questo caso è da notare che i costumi delle varie poleis, le città-stato, potevano essere differenti, la pederastia era tollerata a Tebe e prevista prima del matrimonio dalla legge di Sparta (cfr. Suida), in ogni città c’erano prostituti. Mezza eccezione è Atene, dove viene ritenuta contro natura, per fare due esempi, da Platone e da Eschine. «Nelle Leggi (636, c) di Platoneprosegue Colafemmina,  «ad esempio, si legge testualmente: “II piacere di uomini con uomini e donne con donne è contro natura e tale atto temerario nasce dall’incapacità di dominare il piacere». Più chiaro di così! La verità è che nella Grecia classica l’omosessualità non era affatto così diffusa come si crede, e soprattutto, cosa che conta ancora di più,non era istituzionalizzata». Infatti gli antichi Greci mai si sognarono di rivendicare il matrimonio omosessuale!

Intendiamoci: la pederastia nella Grecia antica c’è ed è praticata. Ma resta un fatto sessuale che addirittura l’uomo comune, l’uomo della strada ritiene perverso e ridicolo, ne sono testimonianza le commedie di Aristofane: «Celebre è il repertorio, che oggi si direbbe omofobico, che il commediografo greco dedica ad Agàtone, noto gay del suo tempo. Parliamo di epiteti come lakkoproktos, katapygon, euryproktos, parole assolutamente intraducibili». Il linguaggio è di bassa lega: euryproktos, per esempio, può tranquillamente tradursi con “culaperto”.

Per quanto riguarda la teoria dell’amore platonico, l’amore è legato al bello ed al bene. Poiché per il Greco ilBello coincide con il Bene, si capisce come Platone si spinga oltre precisando che Eros rappresenta ogni forma di attività umana che tenda al Bene. Solo a causa di una sorta restrizione di carattere linguistico, viene chiamato “Eros” unicamente la tendenza al Bene nella dimensione del Bello. In particolare, Eros realizza questa tensione verso il Bene soprattutto nella dimensione del Bello, per procreare nel Bello. Dato il fatto chela bellezza è epifania del bene, Eros si realizza certamente, prima di tutto, nella dimensione del fisico: qui, tramite la bellezza e la ricerca di essa ha luogo la procreazione, mediante la quale il mortale, rigenerandosi in altri esseri, cerca di farsi immortale. Da ciò si deduce anche l’avversione di Platone per l’amore omosessuale. Ne troviamo riscontro in alcuni passi poco conosciuti:

«- E l’amore veramente giusto non è quello che con moderazione ed equilibrio ha una naturale attrazione per ciò che è armonioso e bello? - Certamente, ammise. - Sicché all’onesto amore non si dovrà aggiungere alcun elemento di follia, né qualcosa che abbia a che fare con l’intemperanza. - Allora non si dovrà aggiungergli questo piacere: di esso, insomma, non dovranno avere parte l’amante e l’amato che siano oggetto e soggetto di questo amore buono. - E lui: no per Zeus, caro Socrate, una tale aggiunta non s’ha da fare. - E così mi pare ovvio che nello Stato che andiamo istituendo tu istituirai per legge che all’amante sia bensì lecito trattare con effusione d’affetto e accarezzare il fanciullo che ama come un figlio, in grazia di sentimenti elevati, e previo il suo consenso; ma che, per il resto, egli debba frequentare l’oggetto del suo amore in modo da non dare l’impressione di volere spingersi oltre nel rapporto; in caso contrario offrirebbe il destro all’accusa di scarsa sensibilità e rozzezza». (Repubblica, III 403 a-c)

Mentre in due passi, nel Fedro e nelle Leggi, Platone si spinge ad affermare che la sessualità omofila è contro natura:

«Chi non è di recente iniziato, o è già corrotto, non si innalza prontamente di qui a lassù, versola Bellezzain sé, quando contempla ciò che quaggiù porta lo stesso nome. Di conseguenza, guardandola, non la onora, ma, dandosi al piacere come un quadrupede che cerca solo di montare e generare figli, e, abbandonandosi a eccessi, non prova timore e non si vergogna nel correre dietro a un piacere contro natura» (Fedro, 250e-251a).

«Da un lato avremo, dunque, chi è amante del corpo ed è affamato dalla sua fiorente giovinezza come di un frutto di stagione; costui si farà forza per saziarsene senza dare alcun valore allo stato d’animo dell’amato. Dall’altro lato avremo, invece, chi non dà soverchio valore alla brama del corpo e per questo, pur ammirandolo, piuttosto che amandolo, con la sua anima desidera sinceramente un’altra anima, così da ritenere un mero atto di violenza il godimento che segue al rapporto fra due corpi, e, invece, così da onorare e insieme rispettare la temperanza, il coraggio, la magnanimità e l’assennatezza, tanto che il suo ideale sarebbe quello di vivere sempre in castità con un amico casto». (Leggi, VIII 837 c-d)

Inoltre, il riferimento esplicito al giusto amore, alla temperanza ed al rapporto casto non fa che confermare laspinta anagogica insita nell’amore platonico; infatti, la stessa tendenza si realizza anche nella dimensione spirituale dell’anima, in quanto è proprio il Bello, suscitatore dell’Eros, che fa generare all’anima le sue migliori virtù e le sue opere più grandi. Quindi, Eros, nella dimensione del Bello e pur senza mai rifiutare l’amore fisico, cerca di salire sempre più in alto, percorrendo come una scala che lo conduce al vertice del Bello assoluto.

Possiamo cogliere questo concetto (ed ulteriore riprova del rifiuto dell’amore omoerotico da parte di Socrate) in estrema sintesi nelle parole di Socrate nelle pagine finali del Simposio, fra le più toccanti della letteratura mondiale, la bellezza fisica e quella spirituale sono su piani incomunicabili ed è impossibile un paragone, scambiarle sarebbe come “scambiare armi di bronzo con armi d’oro”, come maldestramente vorrebbe fare Alcibiade: «E Socrate, dopo che mi ebbe ascoltato, con molta della sua ironia e com’è solito, rispose: “Caro Alcibiade, si dà il caso che tu sia veramente un uomo non da poco, se ciò che dici di me è proprio vero, e se in me c’è una forza per la quale potresti diventare migliore. Tu vedresti in me una bellezza straordinaria, molto diversa dalla tua avvenenza fisica. E se, contemplandola, cerchi di averne parte con me, e di scambiare bellezza con bellezza, pensi di trarre non poco vantaggio ai miei danni: in cambio dell’apparenza del bello, tu cerchi di guadagnarti la verità del bello, e veramente pensi di scambiare armi d’oro con armi di bronzo» (Simposio, 217e-219a

Lo Jaeger giustamente rileva: «Per il modo di sentire greco è proprio il colmo del paradosso che il giovinetto [Alcibiade] bellissimo, oggetto dell’ammirazione di tutti, si metta ad amare quell’uomo di grottesca bruttezza [Socrate]; ma si esprime potentemente nel discorso di Alcibiade il nuovo senso, proclamato nel Simposio, per il valore della bellezza interiore, quando egli paragona Socrate con le statuette dei Sileni che gli scultori tengono nelle loro botteghe, che quando uno le apre, sono piene di belle immagini di dèi»  (W. Jaeger, Paideia, cit., Vol. II, p. 235-236).

L’altro autore citato ad esempio è Eschine, famoso politico ed oratore ateniese del IV secolo avanti Cristo, il quale – continua il grecista – “nell’orazione Contro Timarco scrive che ad Atene era vietato aprire scuole e palestre col buio affinchè i ragazzi fossero sempre sorvegliati; e che, anche se col consenso del familiare, era vietato dare un giovane a un amante omosessuale per ottenerne in cambio denaro o altri benefici. Eschine scrive che era addirittura vietato agli adulti essere apertamente omosessuali praticanti. È interessante notare che gli omosessuali erano chiamati con un appellativo decisamente forte: cinedi (kinaidos al singolare), etimologicamente “colui che smuove la vergogna” o, per altri, e in un senso ancor più realistico, “le vergogne”.

Dunque, per i classici l’amore lecito e normalmente diffuso era quello eterosessuale ed il matrimonio era scontatamente fra un uomo ed una donna, poi il Cristianesimo lo renderà indissolubile, prima non lo è nemmeno per gli ebrei – famoso il rimbrotto di Gesù: “Per la durezza dei vostri cuori…” (Mt, 19:8-18) – ed il suo fine è la procreazione. Per questo discorso “ci aiuta molto l’Economico di Senofonte. Come per il cattolicesimo, anche per la Grecia classica il fine principale del matrimonio era la procreazione. L’ateniese del IV secolo avanti Cristo considerava i figli “una grazia di Dio”. Sempre da Senofonte sappiamo che l’altro fine del matrimonio era l’educazione della prole. Per cui quanto a scopi principali siamo perfettamente in linea con quanto insegna la dottrina cattolica nella Gaudium et Spes. Non solo, nel matrimonio greco c’è anche la meta della castità coniugale. Oltre che in Senofonte, la sophrosyne, un concetto assolutamente analogo a quello di castità, lo troviamo in Plutarco e in autori come Cantone d’Afrodisia.

La virtù dei filosofi greci è la conoscenza del bene (e il Bene), che si rivela poi nell’applicazione della giusta misura nella pratica di vita, ergo anche nella castità matrimoniale. Per certi versi si può trovare nell’indissolubilità, elemento che il cristianesimo ha portato a pienezza e purificato.

”Eppure – conclude Colafemmina – anche su questo tema quello che solitamente non si legge è che ilrapporto monogamico è in qualche modo insito nella cultura greca. Basterebbe leggere l’Andromaca (vv. 11-179), in cui Euripide si lancia in un nobilissimo elogio della fedeltà monogamica, come del resto fa anche nell’Alcesti”. Inoltre, per finire, “I Precetti coniugali (Gamikà Paranghélmate) sono una lettura strabiliante se pensiamo che provengono da una fonte pagana. Furono composti da Plutarco in occasione del matrimonio di due suoi allievi, Polliano ed Euridice, nel I secolo dopo Cristo. È un’opera agile e godibilissima, un trattatello sulla vita coniugale ricco di massime, amorevoli consigli pratici e racconti esemplari, quasi un libro sapienziale se non fosse per l’allegria che lo pervade. Un’opera che personalmente farei leggere nei corsi prematrimoniali, spesso così scialbi. Di certo i Precetti coniugali rappresentano bene quella che era l’etica matrimoniale per gli antichi greci, nutrita da valori saldi, da rapporti fondamentalmente monogamici propri di una solida civiltà contadina, valori poi trasferitisi nella società cristiana e nobilitati dalla sua etica. Non è certo un caso se l’opera plutarchea sarà poi ripresa da autori cristiani come Ugo da San Vittore (De amore sponsi ad sponsam) e san Girolamo (Adversus lovinianum)”.

Lo scopo di questo saggio, a detta dello stesso autore, “in realtà è un augurio. Che una sintesi alta tra unaritrovata morale ellenica e l’etica cattolica possa offrire uno specchio in cui riflettere l’eredità inestimabile che abbiamo ricevuto dal mondo classico. E in cui vedere anche il rischio che comporta l’incamminarsi a passo svelto nella direzione opposta, quella del baratro”.

Matteo Donadoni

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14/01/2013 15:28
 
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ECCO IL SOCIALISMO (SUR)REALE CHE CI MINACCIA. LA CHIESA IN DIFESA DI PADRI, MADRI E FIGLI. E CON LEI TUTTO UN POPOLO

 

Quella iniziata in Francia da Hollande è una sceneggiata che abbiamo già visto – ed è finita malissimo – con Zapatero in Spagna. E  probabilmente sarà il futuro prossimo dell’Italia se vincerà la Sinistra.

I leader socialisti si trovano incapaci di far fronte all’enormità dei problemi dell’epoca della globalizzazione e alla crisi economica finanziaria.

Così anche Hollande, per dare la sensazione ai propri elettori di fare cose di sinistra, non sapendo che pesci prendere sulla crisi (che si fa sempre più minacciosa per la Francia), si è inventato una rivoluzione antropologica, il “matrimonio gay”, con tanto di diritto all’adozione di bimbi.

 

DEVASTAZIONE

 

Con essa Hollande decide addirittura di sconvolgere dei pilastri millenari della storia umana come sono le parole “padre” e “madre”, oltreché “marito” e “moglie”.

Che vengono aboliti e testualmente sostituiti nei documenti pubblici dalla formula “genitore 1” e “genitore 2”. Perfino i certificati di nascita e gli stati di famiglia porteranno questa surreale espressione.

Hollande era convinto così di avere dalla sua “la gente” che avrebbe applaudito la sua rivoluzione. E invece scopre adesso che il popolo è dotato di buon senso, a differenza dei politici superficiali e dei governanti apprendisti stregoni.

Anzi, il presidente socialista francese ha dovuto scoprire di non avere dalla sua nemmeno alcune anime del suo partito e gran parte dei gruppi omosessuali, i quali si oppongono e non vogliono essere usati strumentalmente.

 

IL POPOLO IN PIAZZA

 

Oggi infatti a Parigi va in scena una manifestazione straordinaria, proprio contro il progetto di legge su “Matrimonio e adozione per tutti” presentato dal ministro della Giustizia Christiane Taubira.

Hollande credeva di avere la strada spianata. Aveva immaginato di trovarsi contro solo i soliti cattolici (anzi, una parte dei cattolici), che facilmente avrebbe liquidato come retrogradi e omofobi.

E invece è accaduto l’incredibile, perché la manifestazione che si sta svolgendo in queste ore (per la quale sono arrivati nella capitale centinaia di pullman e treni speciali) è tutt’altro che una manifestazione dei cattolici.

Sotto lo slogan “Tutti nati da un uomo e da una donna” si ritroveranno persone, associazioni, movimenti, realtà che nessuno avrebbe immaginato di veder convergere: cattolici, ebrei, musulmani, socialisti, liberali, laici e omosessuali.

La manifestazione si definisce “apolitica, non-confessionale e non-omofoba”.

Prendiamo Nathalie de Williencourt, portavoce di Homovox, “un collettivo di cittadini francesi che porta la voce degli omosessuali francesi che si oppongono al progetto di legge Taubira”.

Nathalie dichiara: “In Francia ci censurano, si ascoltano sempre le lobby LGBT, parlano sempre loro nei media, ma la maggior parte degli omosessuali sono amareggiati dal fatto che questa lobby parli a loro nome, perché non abbiamo votato per loro e non ci rappresenta”.

A “Tempi” De Williencourt spiega: “noi gay non vogliamo il matrimonio. Perché la coppia omosessuale è diversa da quella eterosessuale. Ed è diversa per un semplice dettaglio: non può dare origine alla vita, per cui ha bisogno di una forma di unione specifica che non sia il matrimonio”.

Come faranno adesso a bollare come “omofobi” questi argomenti di buon senso portati dal portavoce di Homovox?

Del resto Nathalie aggiunge un altro ragionamento di capitale importanza:

“Noi crediamo che i bambini abbiano il diritto ad avere un padre e una madre, possibilmente biologici, che possibilmente si amino. Un figlio nasce dal frutto dell’amore di suo padre e di sua madre e ha il diritto di conoscerli. Se le coppie omosessuali adottano dei bambini che sono già privati dei loro genitori biologici, allora li si priva di un padre e di una madre una seconda volta. L’adozione non è un diritto degli adulti, serve a donare dei genitori ai bambini che non ne hanno, ma oggi non è più così”.

Sono posizioni sagge, ma anche coraggiose. Le stesse di Xavier Bongibault, presidente di “Plus gay sans mariage”, che si definisce ateo.

Lui, secondo quanto riportava ieri “Avvenire”, ha fatto una dichiarazione scioccante, riferendo di aver ricevuto perfino minacce: “La verità è che c’è una volontà di far tacere gli omosessuali. La maggioranza della comunità omosessuale s’infischia totalmente del progetto di legge”.

Anche l’ex premier socialista Lionel Jospin ha una posizione critica e ha dovuto ricordare ai suoi compagni che il mondo è popolato di uomini e donne, non di omosessuali ed eterosessuali.

Del resto sua moglie Sylviane Agacinski, che è una famosa psicoanalista e femminista, è una delle personalità del mondo laico che più decisamente si oppongono alla “rivoluzione” di Hollande.

Fra i promotori della manifestazione questa Francia laica si trova rappresentata per esempio dalla socialista Laurence Tcheng, con l’associazione “La gauche pour le mariage républicain”, che sbandiera il Codice civile per opporsi al progetto di Hollande e al metodo scelto dalgoverno che sta imponendo alla Francia questa trovata senza alcun vero dibattito e senza ascoltare il popolo francese, che, nei sondaggi, è in maggioranza contrario.

Il governo indispettito è così nervoso che il ministro dell’educazione nazionale Peillon è stato protagonista di una vera gaffe, dal momento che si è scagliato contro il segretario per l’insegnamento cattolico il quale aveva invitato le scuole superiori cattoliche a organizzare dibattiti, se richiesti dagli studenti, per approfondire il tema delle nozze gay.

In barba alla democrazia e al confronto il ministro ha fatto sapere che è “inopportuno” e lo ha fatto “usando toni che hanno fatto parlare di censura e di ingerenza autoritaria”, come scrive Nicoletta Tiliacos sul “Foglio”.

Ovviamente alla manifestazione di oggi partecipa in massa pure il popolo di centrodestra che si rallegra di questa sollevazione popolare contro il presidente socialista.

 

LA GRANDE VOCE DELL’EBRAISMO

 

Ma le prese di posizioni che più hanno impressionato, oltre a quelle dei vescovi cattolici, sono venute dalle altre confessioni religiose, da voci autorevoli come il rettore della grande moschea di Parigi, Dalil Boubakeur e dal gran rabbino di Francia, Gilles Bernheim.

Quest’ultimo ha scritto un documento, sulla paternità, la maternità, l’unione dell’uomo e della donna e la figliolanza (contro la filosofia del “gender” e quindi la trovata hollandiana), che ha entusiasmato papa Benedetto XVI, il quale nel suo recente discorso alla Curia lo ha definitoun trattato accuratamente documentato e profondamente toccante”.

Anche lo storico Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera ha segnalato l’importanza storica del documento di Gilles Bernheim.

Il Gran Rabbino è tornato a parlare il 7 gennaio scorso con una intervista al quotidiano cattolico “La Croix” dove, fra le altre cose, dice “abbiamo perso la comprensione, insieme teorica e pratica, di quello che è il senso morale”.

E questo ci rende incapaci pure di fronteggiare la crisi: “Le democrazie liberali occidentali sono mal equipaggiate per farsi carico dei problemi dei più indigenti tra le vittime della crisi. Non perché non si preoccupano della povertà, ma perché hanno adottato meccanismi che emarginano le considerazioni morali. Per questo le loro politiche sociali diventano sempre più tecnocratiche e gestionali”.

I governi non fanno più riferimento “a una nozione di bene”, dice il Gran rabbino, perciò “al di là di offrire la possibilità di fare ciò che ci piace (e che possiamo pagare) la politica e l’economia odierne non hanno un granché da dire sulla condizione umana. Abbiamo bisogno di ritrovare una tradizione più antica”.

Parole sagge, che dovremmo meditare anche noi, in Italia. Perché il duo Bersani-Vendola, se vincerà, sembra voler portare l’Italia nella direzione di Hollande e Zapatero.

Così, dopo aver visto le tragedie del socialismo reale, subiremo i disastri del socialismo surreale.

 

Antonio Socci

Da “Libero”, 13 gennaio 2013

PER DISCUTERNE SU FACEBOOK: “ANTONIO SOCCI PAGINA UFFICIALE”

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24/01/2013 08:37
 
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Omosessuali contro le nozze gay:
«la famiglia è una sola»

Signorini e BindelAnche in Inghilterra è aperto il dibattito sui matrimoni omosessuali dato che David Cameronha deciso che non basta più il “Civil Partnership Act”, il quale garantisce dal 2005 una forma di unione civile alle coppie dello stesso sesso con diritti equiparabili a quelle sposate, ma formalizzata in un registro a sé.

La regolamentazione delle coppie di fatto, infatti, servono solo come trampolino di lancio verso il matrimonio e l’adozione gay. Lo ha dichiarato recentemente Livia Turco, parlamentare PD: «se andremo al governo come ha detto Bersani, faremo subito una legge per riconoscere le coppie di fatto. Una volta accettato questo poi sarà difficile negare a queste famiglie la possibilità in futuro dell’affidamento e dell’adozione»

La maggioranza del partito di Cameron, tuttavia, sembra essere contraria, come ancheil 70% dei cittadini inglesi.  Eppure secondo il premier conservatore, gli omosessuali hanno bisogno del matrimonio vero e proprio. A contraddirlo apertamente, c’è un articolo pubblicato nell’ultimo numero del settimanale Spectator. L’autrice è Julie Bindel: cinquant’anni, scrittrice, giornalista e famosa attivista per i diritti degli omosessuali, firma del Guardian e fondatrice del gruppo femminista Justice For Women, la quale ricorda gli anni ’70 e ’80: «Quelli tra noi che hanno vissuto quell’epoca sentivano di partecipare a un’insurrezione culturale: il rifiuto dell’eterosessualità obbligatoria e dello stile di vita che essa implicava».

Ora, invece, il premier Cameron invita «gli omosessuali a conformarsi a quella che considerano a giusto titolo un’istituzione profondamente conservatrice: il matrimonio». Il paradosso, sostiene Julie Bindel, è che gli attuali leader del movimento per i diritti gay «prendono la via della ribellione per conformarsi meglio. Per loro, l’omosessualità non è davvero qualcosa di cui essere orgogliosi. Ai loro occhi è sufficiente che sia tollerata, mentre condurre battaglie più ambiziose, come la lotta contro l’omofobia, sembra un compito troppo complicato». I vari Paola Concia e Franco Grilli, ovvero i leader politici omosessuali, sono i «nuovi conservatori gay ultramoderati», i quali hanno rinunciato «alle tattiche radicali dei loro predecessori», accontentandosi «di rivendicare per gli omosessuali il diritto di integrarsi nel decoro», con l’unico scopo di«imitare la struttura famigliare eterosessuale».

In un batter d’occhio le rivendicazioni sono diventate «entrare nell’esercito, sposarsi in chiesa e allevare bambini adottati», stiamo assistendo -continua la Bindel- ad una«isteria pro-matrimonio», al punto che «oggi, le coppie etero non sposate si confrontano probabilmente con una minore riprovazione rispetto alle coppie omosessuali che rifiutano di sposarsi». Anche lei, come tanti altri, spiega infine che è«solo una parte non maggioritaria del mondo omosessuale» ad essere «davvero convinta che “sia importante estendere i diritti del matrimonio a coppie dello stesso sesso” e che solo un’infima minoranza (uno su quattro) “sarebbe pronta a sposare il suo/la sua partner se la legge lo consentisse”?».

In un modo speculare la pensa anche Alfonso Signorini, direttore di Chi e omosessuale mediatico di “casa nostra”, il quale spiega«prima di batterci per il matrimonio omosessuale o l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso ci sono urgenze maggiori [...]. Io sono contrario al matrimonio gay o etero che sia. E lo dico da omosessuale. Sono contrario alle adozioni da parte di coppie gay. La famiglia è una sola. Un maschio e una femmina. E’ nella natura delle cose da sempre».

Come Julie Bindel e Alfonso Signorini, anche altri numerosi omosessuali hanno criticato questa “isteria pro-matrimonio” (in realtà sostenuta più da eterosessuali devoti alla causa, che omosessuali): Jean-Pierre Delaume-Myard, Richard WaghorneAndrew PierceDavid BlankenhornRupert Everett e Doug Mainwaring.

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24/03/2013 17:52
 
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COSA ACCADREBBE IN CASO DI LEGALIZZAZIONE DEL ''MATRIMONIO'' OMOSESSUALE

Il conduttore della trasmissione di Radio Maria ''Incontri con la Bioetica'' ha affrontato il problema dal punto di vista filosofico, morale e giuridico


Che impatto avrebbe la legalizzazione del matrimonio omosessuale sulla società e sulla visione del concetto di famiglia? Questa la domanda da cui ha preso origine la conferenza del Professor Mario Palmaro tenutasi a Staggia il 22 febbraio 2013.

Il conduttore della trasmissione di Radio Maria "Incontri con la Bioetica", ha definito la serata come un appuntamento con la nostra ragione, perché discutere di matrimonio e del perché esso debba necessariamente avvenire tra un uomo e una donna, è prima di tutto un'operazione che implica il ragionamento e l'intelligenza. Ed è un tema che riguarda la morale, ma anche l'ambito giuridico e politico.
Prima di arrivare a capire le conseguenze che si avrebbero il giorno successivo alla votazione della legge per legalizzare il matrimonio omosessuale e che inserirebbe il reato di omofobia, il Professor Palmaro ha affrontato l'argomento dal punto di vista antropologico, per capire come si è potuti arrivare a mettere in discussione ciò che prima risultava essere evidente a tutti.
Innanzitutto si sta affermando una nuova idea di uomo: noi proveniamo da una tradizione filosofica secondo la quale l'essere umano insieme con la sua natura è definito dal suo scopo. Lo scopo per cui esistiamo caratterizza l'uomo in modo oggettivo e definisce ciò che egli deve essere, cioè la propria natura, stabilendo anche ciò che è bene o male per lui. Anche a livello biologico esistono una serie di dati oggettivi che, mostrando come è fatto l'essere umano, portano alla luce ciò che è un bene per lui. Ad esempio, l'alimentazione che fa bene all'uomo non dipende dal proprio gusto soggettivo, ma dall'oggettività della propria natura corporea. Solo capendo che la natura umana è definita da uno scopo, un progetto in cui essa è inserita, l'uomo può capire ciò che è giusto per lui.
È in base a questi dati oggettivi che viene stabilita poi la morale e l'etica sessuale e matrimoniale. Nella società odierna, questa idea dell'uomo non è accettata, anzi è fortemente contestata. L'idea che viene contrapposta è quella secondo cui l'uomo è definito dalla propria volontà arbitraria. Secondo tale modo di pensare, l'uomo è ciò che vuole essere in quel momento. Così egli può decidere di essere qualcosa di diverso di volta in volta. Questa è la visione dell'ideologia del genere, una visione omosessualista che sta ormai dilagando nella società. Siccome l'uomo è ciò che vuole essere, non conta più assolutamente niente il dato oggettivo che mostra l'essere uomo e donna. Viene negata persino la differenza che esiste a livello biologico fra il maschile e il femminile, cosa che abbiamo ricevuto e che nessuno di noi ha scelto, per questo si dice che è un qualcosa di "dato".
Tutto ciò che imprime nelle caratteristiche fisiche l'essere maschio o femmina, come i caratteri biologici e genetici, viene rifiutato, in nome di una rivendicazione di autonomia e di libertà di scelta. L'essere umano in realtà non è un essere asessuato, ma esiste solo come maschio o come femmina. Non sono solo i caratteri biologici e fisici a stabilire la mascolinità e la femminilità, ma tutta una serie di comportamenti, modi di essere e di pensare che da essi derivano e che sono necessari alla natura umana. L'appartenenza al mondo maschile o femminile ci caratterizza in tutto il nostro modo di essere. Ma la stragrande maggioranza dei mass media e anche gran parte della gente, sono arrivati a credere che il matrimonio possa avvenire anche fra due uomini o due donne, l'importante è che si vogliano bene.
Il fenomeno femminista, ha continuato Palmaro, ha giocato un ruolo fondamentale affinché si arrivasse a questa visione antropologica, perché uno dei capisaldi del femminismo è stata l'omologazione dei sessi. Secondo il pensiero femminista affinché uomo e donna abbiano la stessa dignità, vanno eliminati sia i ruoli maschile-femminile negando le diversità naturali. Tutte le diversità sarebbero solo frutto della cultura, cioè di come i maschi hanno organizzato la società. L'approccio del maschio sarebbe stato oppressivo e tale da creare queste diversità che in realtà non esistono. E le donne hanno sentito il bisogno di affermare questa uguaglianza compiendo esattamente tutte le cose che compie l'uomo, compresi gli errori, così da costruire a tavolino una uguaglianza che però naturalmente non c'è. Su questa idea di omologazione il pensiero omosessualista si è innestato con molta facilità. Oggi il pensiero femminista è in crisi, perché sempre più donne hanno riscoperto la ricchezza dell'avere un proprio modo di essere tipicamente femminile, diverso da quello maschile; ma i frutti velenosi del pensiero femminista sono ormai entrati in maniera così profonda nella società da portare all'ideologia del genere che afferma che non bisogna guardare il dato di natura che ci divide in due sessi, ma che esistono cinque "generi", che possono venire scelti e ricombinati in base a come uno si sente di giorno in giorno. Tutto diventa relativo e il bene e il male non ci sono più.
Come spiegato all'inizio, è sufficiente la ragione per capire che esiste la legge naturale da cui deriva, ad esempio, la certezza che la sessualità non può prescindere dal dato biologico: si nasce maschi o femmine e la nostra felicità dipende dal conformarsi a questo dato di natura.
Ma anche se è sufficiente la retta ragione per capirlo, i credenti sono arricchiti dalla Rivelazione che non contraddice i ragionamenti fatti fino ad ora, bensì li rende ancora più comprensibili.
Il primo criterio di giudizio per un cattolico è quello di tendere alla perfezione di Dio; "Siate perfetti come è perfetto il Padre mio" dice Gesù nel Vangelo. Qualunque riflessione di tipo morale si muove in questo orizzonte molto esigente. Ovviamente è un tendere alla perfezione senza mai arrivare a tale alto ideale; ecco perché è indispensabile ricorrere ai sacramenti e alla preghiera.
La seconda considerazione da fare è che ogni giudizio morale viene formulato perché c'è in gioco la salvezza dell'anima e non perché ci sia un'avversione o un senso di sfida verso alcune categorie di persone.
La salvezza dell'anima è decisiva per una eternità di gioia, il Paradiso. È per questo che il magistero condanna l'omosessualità. La Sacra Scrittura ritiene una grave depravazione l'atto omosessuale e nel Catechismo della Chiesa Cattolica questi atti vengono definiti intrinsecamente disordinati. "Intrinsecamente" significa che sono male a prescindere dal significato soggettivo che ciascuno può attribuire loro. Ad esempio, uccidere una persona innocente è intrinsecamente un disordine morale, anche se si avessero le intenzioni più nobili. Sul giudizio della singola persona ovviamente si apre uno scenario ben più complicato in quanto, affinché ci sia un peccato occorre che chi lo compie sia pienamente consapevole che quello che fa è male e lo voglia compiere lo stesso.
L'atto omosessuale è un peccato che, secondo la definizione tradizionale, grida vendetta al cospetto di Dio perché ribalta la struttura naturale dell'essere umano e della sessualità che è collegata alla relazione fra uomo e donna in vista della procreazione. Sempre nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge che occorre il massimo rispetto e la massima compassione nei confronti di quelle persone che hanno tendenze omosessuali, le quali sono chiamate alla castità (come del resto tutte le persone non sposate). Dare questi giudizi viene visto come omofobia o razzismo, perché si è creato un clima terroristico da parte del pensiero dominante contro chi vuole ricordare questi giudizi morali.
Anche sul piano scientifico molti esperti (medici, biologi, psicologi, ecc.) che cercano di studiare il fenomeno dell'omosessualità, spesso lo liquidano dicendo: "Ma se uno è contento così ..."
Questo modo di vedere le cose è irragionevole, perché si potrebbe applicare a molti altri comportamenti suscitando lo sdegno dell'opinione pubblica: ad esempio, se di un evasore fiscale oppure di un politico corrotto si affermasse che possono continuare in quel loro modo di essere perché sono contenti così, certamente, ha affermato ancora Palmaro, la gente non sarebbe d'accordo. Infatti, il piano morale non è risolvibile solo soggettivamente, ma ha una sua oggettività. Poi bisognerebbe anche capire se davvero uno sta bene così. Un conto è avere tendenze omosessuali, un conto è essere fautori dell'ideologia omosessualista. Molti politici portano avanti le istanze di tale ideologia pur non essendo omosessuali.
Dopo aver analizzato il piano antropologico, il punto di vista della Chiesa e quello della scienza, il Professor Palmaro ha illustrato il problema sul piano giuridico che nel confronto politico e agli occhi dell'opinione pubblica è quello più appariscente.
Ha senso promulgare delle leggi per affermare che il matrimonio è identificabile da una relazione fra due persone qualunque sia il loro sesso? La risposta è certamente no, infatti il matrimonio interessa lo Stato perché è il luogo dove un uomo e una donna, quando è loro fisicamente possibile, generano nuovi individui. Quindi lo Stato ha voluto questo istituto giuridico per la fisiologica potenziale apertura alla vita che scaturisce dall'unione di un uomo e una donna. Essi poi devono crescere i propri figli non solo sostenendoli materialmente ma anche educandoli da un punto di vista culturale, morale, civico ecc. Se lo Stato dovesse tutelare tutte le unioni in cui esiste qualcuno che si vuole bene, dovrebbe tutelare anche le amicizie. Infatti anche gli amici si vogliono bene, ma non c'è un istituto giuridico che regoli quelle relazioni attraverso diritti e doveri, perché non interessano allo Stato. Lo Stato è interessato a tutelare il matrimonio perché esso è l'impegno pubblico ad assumersi l'impegno per la costituzione di una nuova famiglia aperta alla procreazione ed educazione della prole. Questo è molto importante per il bene comune e il futuro del popolo. Ecco perché, oggettivamente, l'unione fra due persone dello stesso sesso non ha i requisiti per poter essere un matrimonio.
Inoltre bisogna considerare che esiste la libertà pratica di fare quel che si vuole; nessuno impedisce a nessuno di fare le scelte più stravaganti. Il fatto che una coppia omosessuale non si può sposare, non impedisce di fare nella vita privata ciò che vuole. Allora perché tanto accanimento per ricevere un riconoscimento giuridico? Perché, ha concluso Palmaro, attraverso un atto tecnico giuridico si vuole arrivare ad uno scopo simbolico: che culturalmente il comportamento omosessuale e il matrimonio come lo abbiamo sempre considerato arrivino ad essere considerati equivalenti.
Allora cosa succede il giorno dopo? Quali sono queste conseguenze così gravi?
Se venisse riconosciuto e legittimato giuridicamente il matrimonio omosessuale ci sarebbero delle conseguenze di tipo oggettivo:
1) Conseguenze di tipo educativo
Di fronte alla domanda "Qual è il matrimonio?" posta dai bambini, in uno Stato così, un adulto, come un genitore o una maestra sarebbe costretto ad equiparare i matrimoni fra due persone dello stesso sesso con quello fra due di sesso opposto, anche se non fosse d'accordo con questa visione delle cose. Ai bambini verrà insegnato, per legge, questo nuovo modello di famiglia che influenzerà pesantemente il loro modo di rapportarsi in futuro nelle relazioni affettive. Ancor più questo accadrà in caso di adozione, perché è certo che, se due vengono dichiarati sposi lo Stato non potrà più negare loro di diventare genitori, ovviamente con tecniche artificiali o attraverso l'adozione, visto che la natura non permette a due persone dello stesso sesso di procreare. Forse anche la natura verrà inquisita per omofobia?
2) Conseguenze per la libertà di pensiero
Quanto detto avrà pesanti ripercussioni sulla libertà di espressione, in quanto, chiunque dicesse che non è d'accordo su questo nuovo modo di concepire la famiglia, sarà denunciato per omofobia. Ecco che, ad esempio, una maestra a scuola non potrebbe più insegnare che il matrimonio avviene fra un uomo e una donna. Siamo arrivati ad un punto in cui la società chiama male il bene e bene il male. Ovviamente esistono i peccati e i peccatori. Tutti noi siamo peccatori e verso tutti i peccatori occorre avere misericordia, ma non c'è misericordia per il peccato, che va condannato. Quando si compie un peccato viene chiamata in causa prima di tutto la nostra coscienza perché non arrivano subito le forze dell'ordine. Dopo che sarà stata approvata questa legge, dire che l'omosessualità è un peccato non sarà più possibile, con conseguente limitazione della libertà di pensiero.
3) Conseguenze per la libertà di insegnamento della Chiesa
Tutto quello che è affermato nel Catechismo della Chiesa Cattolica e nella Sacra Scrittura non potrà più essere detto e quindi gli insegnamenti della Chiesa in questa materia saranno censurati.
La considerazione finale del Professor Palmaro riguarda l'accento di urgenza che nel giro di pochi mesi è stato dato a questa tematica. In molti Stati, da schieramenti politici di segno opposto fra loro, e quindi in modo unanimemente condiviso da tutte le forze politiche, è già stata votata la legge sui matrimoni omosessuali e anche l'Italia si appresta a farlo, come se fosse un'urgenza nazionale. La domanda che sorge spontanea è: in Italia in questo momento c'è, ad esempio, il problema degli esodati: perché allora pensare alle coppie omosessuali affinché possano sposarsi e non invece ai problemi reali della maggior parte della popolazione? E quante altre urgenze affliggono il nostro paese in crisi!
Appare chiaro che quest'ultima svolta giuridica rappresenta il degno epilogo, dopo le leggi per legalizzare il divorzio e l'aborto, perché l'equiparazione delle relazioni omosessuali con quelle eterosessuali è la negazione più radicale della natura umana. In una società in cui si insegna il rispetto per la diversità verso colui che viene da un altro paese e che ha una religione diversa, si permette, dal 1978 di abortire alcuni bambini solo perché "diversi". Non abbiamo visto in questi mesi la corsa per varare una legge che tutelasse i diritti dei down, ma anzi si assiste sempre più alla colpevolizzazione di quelle mamme che decidono di tenere un bimbo "diverso". Non è discriminazione questa?
In realtà accade questo perché in una società ingiusta il giusto mi ricorda che sto facendo del male tutte le volte che lo compio. Attraverso la visione filosofica e culturale dell'umanesimo era stata lanciata una sfida alla Chiesa: l'uomo veniva messo al centro dell'universo; egli era la misura di tutte le cose e tutto doveva avvenire per la sua esclusiva realizzazione, attraverso il suo saper fare e la sua magnificenza. Questo pensiero ha innescato il principio di progresso moderno, ma è miseramente fallito, nel momento in cui l'uomo ha pensato di poter essere anche un metro per i principi morali, facendo a meno di Dio e soprattutto del Dio incarnato, Gesù Cristo.
Un lungo applauso ha concluso la serata, segno che anche l'ottava conferenza di Mario Palmaro a Staggia è stata gradita dal numeroso pubblico presente.
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10/08/2013 13:51
 
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Francesco apre ai gay?
La Chiesa non condanna mai il peccatore

Papa francesco aereoTornando in aereo dalla Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile, papa Francesco ha risposto alle domande dei giornalisti, ossessionati dai soliti argomenti: donne preti, omosessuali e comunione ai divorziati.

Il Pontefice ha risposto ad una di queste dicendo: «si scrive tanto della lobby gay. Io ancora non ho trovato nessuno che mi dia la carta d’identità, in Vaticano. Dicono che ce ne siano. Ma si deve distinguere il fatto che una persona è gay dal fatto di fare una lobby. Se è lobby, non tutte sono buone. Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte. Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby: di questa tendenza o d’affari, lobby dei politici, lobby dei massoni, tante lobby… questo è il problema più grave».

Una frase che qualunque cattolico potrebbe sottoscrivere dato che ripete semplicemente il magistero della Chiesa, richiamando -come lo stesso Pontefice esplicita- il Catechismo«gli omosessuali devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione».

Innumerevoli tuttavia sono stati tentativi di usare queste parole addirittura come un avvallo del Pontefice (“progressista”) alle nozze gay. Basterebbe conoscere la Chiesa per sapere che la condanna è sempre verso il “peccato” e mai contro il “peccatore”, come è stato commentato sull’“Osservatore Romano”«il cristianesimo ha sempre distinto fra condanna del peccato e misericordia verso il peccatore, non è un rigido puritanesimo senza cuore». Questo vale per tutti i peccati, non solo quelli sessuali (compiuti da etero e da omo). Chiunque si sia andato a confessare in una Chiesa sa bene che non c’è mai un giudizio contro la persona(come si può condannare l’uomo per essere peccatore?). Inoltre, il peccatore non è impedito da una sincera ricerca della fede, semmai è ostacolato dal trovarla (la condanna del peccato è sempre per il bene dell’uomo, mai fine a se stessa).

La Chiesa accoglie tutti e perdona sempre, ma continua a condannare il peccato come ostacolo della fede e della realizzazione piena dell’uomo. Lo testimonia l’omosessuale Philippe Ariño, giovane docente di spagnolo e affermato saggista, di cui abbiamo già parlato«La Chiesa ha capito l’omosessualità», ha dichiarato in una recente intervista. «La Chiesa cattolicami riconosce innanzitutto come persona e non mi chiede di negare l’esistenza del mio desiderio omosessuale, ma piuttosto di valorizzarlo offrendolo pienamente a Dio, che mi ha amato fin dall’inizio per quello che sono, con i miei punti di forza e di debolezza».

Altri omosessuali cattolici lo hanno testimoniato. Ad esempio Alfonso Signoriniche ha spiegato«Essere cattolici e gay non è facile, non perché la chiesa non accolga i peccatori, Dio è accoglienza, è più mamma che papà. Ma è il fatto che ogni volta devi avere un confronto con il sacerdote che imbarazza sempre un po’». Perfino Nichi Vendola, leader di Sel, ha affermato«E’ stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito. Ho parlato della mia omosessualità con molti preti, con uomini e anche con donne di Chiesa. Non mi sono mai sentito rifiutato. Sono state anzi interlocuzioni belle, profonde. La Chiesa è un universo ricchissimo e complicato, non riducibile a nessuna delle categorie politiche che usa la cronaca». 

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01/12/2013 18:08
 
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Il matrimonio omosex è un falso problema




Tribunale 
 
di Bruno Ferraro*
*Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione
 
da “Libero”, 29/05/13
 

Il cosiddetto matrimonio omosex è fuori della Carta Costituzionale. È un’opinione pienamente condivisa dal Senatore Giovanardi e contrastata dalla Presidente della Camera Boldrini. I due personaggi si sono pronunciati a margine della Giornata internazionale contro l’omofobia e la Presidente si è appellata al Trattato UE e alla Commissione Europea, secondo cui “i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali formano parte integrale dei criteri per l’accesso all’Unione”.

Resto fermo nella mia convinzione e sostengo che, almeno fino ad eventuale sopravvenuta modifica della nostra Costituzione, nessuno può imporci di violarla e nessuno può dimostrare che il matrimonio omosex si armonizza con il principio dell’art. 29 che contempla il riconoscimento della famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”.

Sulla base dell’art. 3 della Costituzione e del principio di uguaglianza in esso sancito, nessuna discriminazione può ritenersi consentita in via di principio. Tuttavia, scendendo sul terreno delle norme positive, non riesco ad intravedere lacune suscettibili di essere colmate con norme di nuova emanazione. Non esiste un problema successorio, in quanto utilizzando il testamento è possibile trasmettere al compagno, in assenza di eredi aventi diritto, anche l’intero patrimonio. Nulla vieta, peraltro, la stipula di una polizza assicurativa o di una pensione integrativa a vantaggio del partner. È un falso problema il subentro nel contratto di locazione della casa in comune di residenza, in quanto tale contratto può essere stipulato congiuntamente dai due partner: in ogni caso la Corte Costituzionale (sentenza n. 404/1988) ha riconosciuto al convivente il diritto di successione nel contratto di locazione dopo la morte del titolare.

È un falso problema il diritto di visitare in carcere o in ospedale il partner in quanto tale possibilità è oggi concessa ai conviventi da norme dell’ordinamento penitenziario. Ed ancora, la giurisprudenza ha riconosciuto al convivente la risarcibilità per fatto illecito del terzo in danno del partner (esempio, un incidente stradale). Quanto ai contratti di convivenza, la loro stipula tra conviventi omosessuali è da tempo ammessa dalla giurisprudenza.

Se quanto precede è irrefutabile; se il legislatore non ha diritto di introdurre un istituto (il matrimonio) che si fonda su una legge di natura antica quanto l’uomo; se la questione dei diritti civili va tenuta nettamente distinta da quella concernente la famiglia; se i concetti di paternità e maternità sono radicati nella natura umana e non possono essere sostituiti con un generico concetto di “genitorialità”; se tutta la storia umana è centrata sull’attrazione dell’uomo verso la donna e viceversa; se la stessa parola “matrimonio” deriva da matris (madre) e munus(compito della madre di contribuire alla perpetuazione della specie); ci pensi un bel po’ chi sostiene che una coppia omosessuale ha diritto di vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico.

Il matrimonio omosex è un falso problema. Non c’è bisogno di scardinare la famiglia per dare ad omosex e transex i diritti di cui sono già oggi titolari.

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16/06/2014 08:51
 
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Luca era gay:
dalla voglia di suicidarsi alla creazione di una famiglia

Ispiratore della famosa canzone di Povia, Luca di Tolve testimonia la propria conversione

Dio non ha mai smesso di farmi la corte.”

Questa la sensazione che ha portato un giovane dal continuo desiderio di farla finita alla voglia di vivere, far crescere la propria famiglia ed aiutare gli altri.
Ma riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio.

Luca è un bimbo cresciuto senza padre che ha ricevuto solamente cure femminili e della mamma ha assorbito i modi di fare tanto da esser considerato da subito il classico “effemminato”. Quando ha sentito le prime pulsioni verso un compagno di classe i medici del consultorio sono stati categorici: “Signora, Suo figlio è gay.” Punto, capitolo chiuso. Ragazzo timbrato, pratica archiviata.

Con questa nuova etichetta, Luca ancora adolescente conosce un uomo più grande che lo avvicina agli ambienti gay da cui, subito, inizia a trovarne giovamento: tali sono state le entrate di denaro che ancora diciassettenne il ragazzo è andato a vivere da solo.

Ebbro di cose materiali ma costantemente sull’orlo di un precipizio. Di due cose Luca si rende quasi immediatamente conto: lo stato di solitudine in cui versava e la distanza dalle logiche imperanti nel fatato mondo delle varie associazioni gay.

A 24 anni Luca si ritrova sieropositivo, con nessuna stabilità nei rapporti sentimentali, molti compagni di vita morti di HIV e con l’unico sollievo da ritrovarsi nelle cose materiali, sensazione che si alternava alla costante depressione che portava periodicamente ad indugiare in pensieri suicidi.

Anche il magico mondo GLBT, in cui era ampiamente introdotto, non lo aiutava: le varie arcigay e simili riducevano le persone a cose, basavano tutto sul sesso ed incentravano le energie non tanto sull’aiuto delle persone omosessuali ma sul rendiconto economico e sulla speculazione.

In mezzo al buio, al baratro, Luca si ritrova con un rosario in mano –impolverato, di famiglia- e ripete apparentemente senza significato quello che ha visto da bambino fare alla madre ed alla nonna. Inizia a pregare, senza riconoscere le varie stazioni, senza seguire l’ordine preciso. Ma prega. E subito si sente investito da una sensazione di serenità che lo porta a volerne ricercare la fonte. La conversione come ricerca in Luca è contemporaneamente la sua cura: si dissolvono nel nulla gli attacchi di panico, svanisce l’attrazione verso gli uomini. Luca rifiorisce.

La ciliegina sulla torta –come lui stesso la definisce- è l’incontro con una ragazza, durante un pellegrinaggio. Una a cui non interessava cosa Luca fosse prima ma era fermamente convinta di voler dividere con lui la vita. Così arrivò il matrimonio e poi una figlia che ora ha pochi mesi.

Questa è la storia che Luca di Tolve ha voluto presentare in una serata organizzata dal Coordinamento Famiglie Trentine presso la sala dei Salesiani a Trento venerdì 6 giugno. Una storia che non è solo autobiografia ma vuole essere soprattutto promozione di un giusto ed equilibrato modo di intendere la vita. Per questo motivo, proprio in un suo precedente viaggio nel capoluogo trentino, ha deciso di far nascere un’associazione che si occupasse dei disturbi affettivi delle persone che si sentono omosessuali, gruppi d’aiuto con professionisti e psicoterapeuti ma anche luoghi di ricerca intima di sé. Ha così creato la 
 
 
Casa della Spiritualità in Valcamonica dove ex gay, coppie di fidanzati o sposi, persone che hanno bisogno di affidarsi ad un ritiro spirituale possono trovare asilo.
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03/11/2014 14:41
 
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 la famiglia: «non esistono modelli alternativi»




 
di Alessandro Barbano*
*direttore del quotidiano “Il Mattino”

 
da “Il Mattino”editoriale del 19/10/14
 

Rispetto per i gay. Non solo a parole, ma anche nei fatti e nei diritti, individuali, che meritano tutela. Ma la vera discriminata è la famiglia. Lo diciamo senza timore di essere additati al ludibrio, sbeffeggiati in pubblico e sulla rete, nei giorni del grande conformismo che viviamo. Giorni di show e inchini. In cui quasi tutta la politica, senza colore che conti, mostra a un selfie da prima pagina la faccia più audace che trova. Per un ritratto al Gay pride. O per riscrivere i diritti civili dall’anagrafe di un Municipio. Giorni in cui si fa a gara, a sinistra come a destra, per apparire più liberal, più aperti, più trasgressivi che si può. Giorni in cui la Chiesa, preoccupata di non perdere contatto con la modernità, scopre che il suo formato «ospedale da campo» è utile a prestare i primi soccorsi a un’umanità smarrita, un po’ meno a guarirla dai suoi mali.

Quando troppi sono d’accordo, c’è da dubitare che qualcosa non funzioni. Perché non funziona, per esempio, l’antica distinzione tra progressisti e conservatori? Verrebbe da rispondere: perché non c’è più niente da conservare. La famiglia, senza ombra di dubbio,è già un patrimonio perduto. Non solo perché crollano i matrimoni (3,5 per 1.000 abitanti, contro i 3,7 della Francia, i 4,8 della Germania e gli 8,0 della Turchia) e raddoppiano le separazioni e i divorzi. Ma perché la famiglia non scommette più su di sé. Non fa figli, non compra case, in una misura più grave che in qualunque altro Paese europeo. Qualcuno se n’è accorto?

Qualcuno ha compreso che la sfiducia nella famiglia coincide con la rinuncia al futuro dell’Italia? Qualcuno vuole dire ai cittadini che un Paese che da vent’anni fa 1,43 figli per donna non ha nessuna chance di rimontare il Pil? Sembrerebbe di no. La famiglia è aggredita nella sua unicità, ignorata dal welfare e svantaggiata dal fisco. Gli 80 euro elargiti dal governo finiscono in tasca ad un single che ne guadagna 24mila all’anno, non sul conto di una coppia che ne prende 28mila con un solo coniuge che lavora e quattro figli. C’è qualche forza politica che denuncia questa stortura? C’è qualche bel volto, di quelli che sgomitano per arrivare in cima e in cima arrivano, disposto a farsi fotografare sul divano in mezzo a quella coppia prolifica e ai suoi bambini? La risposta è no. L’obiettivo della politica ha smarrito il quadrangolo...

Cari lettori? Pensate che chi ha già pagato sulla sua pelle il prezzo della discriminazione si riconosca in una caricatura dove l’esibizione ha sostituito il pudore? Pensate che gli omosessuali italiani si sentano rappresentati da quei saltimbanchi che scambiano pubbliche effusioni davanti ad una telecamera, abbracciati al politico di turno convertito alla causa? Anche di questo è lecito dubitare.

Chi scrive pensa che i gay meritino ben altro rispetto e tolleranza per la loro scelta di vita. E abbiano un diritto su tutti gli altri: non vedersi usati a beneficio del protagonismo di pochi. Poi lo Stato dovrà attivarsi per rimuovere ogni ostacolo, legale o culturale, alla loro libertà d’affetti, al loro diritto di amarsi e di assistersi. Ma l’accettazione e il rispettonon possono diventare promozione sociale di un modello alternativo alla famiglia. Che non è una libertà, ma uno spazio di doveri prima che di diritti, una responsabilità sociale che la politica, anziché sostenere nel suo impegno, oggi ignora e tradisce.

Ciò vale anzitutto per il compito più importante, e non surrogabile da nessun altro presidio, che la famiglia ha nei confronti della società: il concepimento e l’educazione dei figli. Si dirà che anche qui molte cose sono cambiate. La modernità ha liberato la sessualità dal fine della procreazione. La tecnologia ha liberato la procreazione dal mezzo della sessualità. Ma entrambe non hanno liberato l’uomo e la donna dalla responsabilità nei confronti dei figli e nei confronti della comunità che sostiene la loro unione. Nessuna tecnica fecondativa, nessun cambiamento culturale, nessun esperimento di ingegneria sociale dovrebbero poter privare chi nasce del diritto di dire “mamma e papà”.Basterebbe guardare con gli occhi dei bambini per capire che pensarsi genitori non è un“insopprimibile diritto di autodeterminazione dell’individuo”, come invece ha decretato una cieca sentenza della Consulta. Ma solo un desiderio a cui corrisponde, in prima istanza su tutto il resto, una grande responsabilità sociale.

I progetti di legge sulle unioni tra gay fingono di non riconoscere questo dovere, ma di fatto lo ignorano. Negano l’adozione, ma ammettono il riconoscimento del figlio naturale di uno dei due partner. Nella giungla mondiale di leggi e di tecniche procreative, aggirare l’ostacolo sarà un gioco da ragazzi. Sarebbe meglio spiegare con onestà agli italiani che, se si passa dal riconoscimento dei diritti individuali a quello delle unioni di fatto, non esistono mezze misure. I paletti legali per vietare le adozioni sono palliativi che il costume e le sentenze abbatteranno. Ci sia consentito di dubitare che questa si chiami libertà. Ci sia consentito di denunciare che questo accade mentre la famiglia muore.


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14/12/2014 10:16
 
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FINALMENTE DIO PERMETTE AGLI UOMINI DI FARE CIO' CHE VOGLIONO: OMOSESSUALITA', DIVORZI, ABORTI, ECC.

Fiaba sulle permissioni divine e la libertà umana

Il vescovo li vede arrivare, una folla di persone dall'aria decisa. Sospirando, si girò verso di loro: "Che cosa volete, figlioli?". Quello che era evidentemente il loro capo si fece avanti: "Vogliamo che la Chiesa...". Il santo vescovo li ascoltò pazientemente, poi ad un certo punto alzò la mano: "Sì, sì, credo di avere capito. A questo punto penso che sia meglio che queste che cose le chiediate direttamente a Dio."

Si levò un mormorio di sorpresa. "Ma... disturbarlo per..." Ma il vescovo fece un cenno con la mano a liquidare l'obiezione e si avviò con passo deciso.
Gli altri lo seguirono.
Dio stava potando delle viti nel suo giardino. "Sì, un attimo, ho quasi finito." Recise un ultimo ramo e poi si sedette su un muretto. "Allora, forza, parlate" disse, con fare affabile.

Si fece avanti il capo del gruppo: "Signore, ecco, noi... vorremmo che permettessi l'uso di anticoncezionali..." Disse, quasi farfugliando. Dio scambiò un'occhiata con il vescovo: "Certo, lo permetto".
Un mormorio di sorpresa si levò tra i presenti, che cominciarono a scambiarsi pacche sulle spalle. "C'è altro, vero?" disse Dio. "Ecco, vorremmo che fossero permessi anche i rapporti omosessuali...". "Sono permessi", disse Dio.
Da alcuni degli astanti si levarono degli "Olè". "E anche i rapporti al di fuori del matrimonio...". "Accordàti", fece Dio. "La masturbazione...". "Certo". "L'aborto...". "Come no.
Ma aspettate, è inutile che vi sforziate di esprimerlo in parole, tanto lo posso leggere in voi cosa vorreste fare."
Li guardò, uno per uno. "Vorreste fare del sesso quando vi va e con chi vi va? Lo permetto. Anche con dei bambini? Sì, lo permetto. Vorreste impossessarvi dei beni di chi secondo voi ha troppo? Lo permetto. Della donna, dell'uomo di un altro? Lo permetto. Anche con la forza? Con la menzogna? Lo permetto. Volete uccidere chi non sopportate? Permetto anche questo."
Man mano che Dio parlava, tutti ad uno ad uno tacquero.
Dio si alzò: "Io permetto tutte queste cose. Le permetto già. E dovreste saperlo, visto che già le fate e visto che siete qui a parlare con me. ".
Si avvicinò, e fissò negli occhi il loro capo: "Ma quello che non posso fare è dire che tutte queste cose vi renderanno felici. Non posso proprio farvele bastare. Perché io ho fatto voi uomini in un'altra maniera." Mentre parlava sorrideva, un sorriso triste. "Non solo il fare tutte queste azioni non vi basterà, ma vi renderà ancora più infelici, perché sono proprio il contrario del modo in cui vi ho fatto."
Il leader del gruppo abbassò lo sguardo. Dio gli posò una mano sulla spalla: "Vi ho fatti in una certa maniera, e nemmeno io posso farvi in maniera diversa senza disfarvi del tutto. Nel fondo del vostro cuore voi non volete le cose che avete chiesto: chiedete delle cose che pensate colmino quella sete che avete, ma non sono le cose giuste. Sono le cose che qualcuno che odia voi e me vi ha suggerito proprio sapendo cosa vi succederebbe."
Si rivolse a quelli dietro: "Voi, che già le fate, ditemi, vi hanno resi felici, o ancora più disperati e famelici? Cosa è successo, come conseguenza di quelle azioni? Quale tristezza e schifo hanno generato?" Nessuno parlò. "E quindi," proseguì Dio, "cosa vorreste che io facessi? Che, nonostante quello che siete, quello che è, io vi dessi il permesso di sentirvi giustificati qualsiasi cosa facciate? In maniera da accusarmi anche di questo? Bene, il permesso di farlo ve l'ho dato. E ve l'ho dato fin dal principio. Si chiama libertà. Ma avete anche qualcosa d'altro, dentro, cioè la conoscenza di cosa sia bene e cosa sia male. E nemmeno io posso togliervela, perché ve la siete presa assieme alla libertà."
Si accostò al vescovo, passò il braccio attorno alle sue spalle bianche e lo strinse a sé. "Il vostro vescovo vi può ricordare cosa io stesso ho detto ai vostri padri. Cos'è che può rendervi felici. Ma, se non lo posso io, neanche lui può cambiare la vostra natura". "Cos'è che può renderci felici, allora?" chiese il capo del gruppo. "Già lo sai" disse Dio "stare qui assieme a me."
A questo punto, il silenzio era totale. Neanche si sentivano più gli uccellini tra i rami del giardino. Poi, uno ad uno, i presenti si voltarono e se ne andarono.
Alla fine rimasero solo Dio e il vescovo. Il vescovo sospirò: "Credi che l'abbiano capito, stavolta?" chiese, rivolgendosi a Dio. Dio si strinse le spalle: "Come tutte le altre volte. Ma una cosa la sanno, anche se ogni volta sembrano scordarsene". Il vescovo si girò verso Dio: "E qual è?". Rispose Dio: "Che io li amo".
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25/02/2015 23:06
 
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Lo psichiatra P.R. McHugh :
«Cambiare sesso? Per la scienza è un disturbo»

Ha anche rivolto una critica ai media, accusandoli di complicità nel promuovere e valorizzare quel che invece, afferma McHugh, è considerata una grave problematica quella di pensarsi nati in un “corpo sbagliato”. Oltretutto, ha proseguito, nemmeno l’operazione chirurgia cambia le carte in tavola: «I responsabili politici e i media non stanno facendo alcun favore né al pubblico né ai transgender, trattando le loro confusioni come un diritto bisognoso di essere difeso piuttosto che come un disturbo mentale che meritacomprensione, trattamento e prevenzione», ha spiegato. «Questo intenso bisogno di essere transgender costituisce un disturbo mentale per due aspetti: il primo è che l’idea di disallineamento sessuale è semplicemente sbagliata e non corrisponde alla realtà fisica. Il secondo è che può portare a risultati psicologici cupi». Lo psichiatria ha quindi approfondito in modo tecnico i motivi per cui la medicina considera la transessualità un disturbo mentale, in modo simile a coloro che soffrono di anoressia o bulimia nervosa.«Questi disturbi», ha proseguito, «si verificano in soggetti che hanno iniziato a credere che alcuni dei loro conflitti o problemi psico-sociali saranno risolti se potrà cambiare il modo in cui essi appaiono agli altri».

«Per il transgender», ha proseguito, «la propria sensazione di “genere” è un cosciente senso soggettivo che, essendo nella mente, non può essere messo in discussione da altri. L’individuo cerca spesso non solo la tolleranza della società di questa “verità personale”, ma anche l’affermazione di essa. Questo spiega il supporto per “l’uguaglianza transgender” e le richieste di pagamento da parte del governo per trattamenti medici e chirurgici e per l’accesso a tutti i ruoli e privilegi pubblici basati sul sesso». Ma in questo modo non si aiutano le persone. Per quanto riguarda i giovani, «i trattamenti devono iniziare con la rimozione del giovane dall’ambiente suggestivo che lo confonde, offrendo a lui un contro-messaggio in terapia familiare». Ma, sopratutto, «gli psichiatri devono sfidare il concetto solipsistico che ciò che è nella mente non può essere messo in discussione. I disturbi della coscienza, dopotutto, rappresentano il dominio della psichiatria. La maggior parte dei pazienti trattati chirurgicamente hanno descritto se stessi come “soddisfatti” dai risultati, ma i loro adattamenti psico-sociali successivi non erano migliori di quelli precedenti l’intervento chirurgico. Per questo alla Johns Hopkins abbiamo interrotto gli interventi chirurgici per cambiare sesso».

Lo psichiatra ha citato anche una serie di ricerche, come quella del 2011 svoltosi presso il Karolinska Institute in Svezia: uno studio a lungo termine (30 anni) durante il quale sono stati seguite 324 persone che hanno avuto un intervento chirurgico per cambiare sesso. Lo studio ha rivelato che dopo l’intervento “normalizzatore” queste persone hanno cominciato a sperimentarecrescenti difficoltà mentali e maggiori rischi di suicidio. Evidentemente si erano costruiti artificialmente un “corpo sbagliato”, che non era quello “giusto” in cui erano nati. La conclusione del dott. McHugh è che «il “cambiamento di sesso” è biologicamente impossibile. Le persone che si sottopongono ad un intervento chirurgico per cambiare sesso non cambiano da uomini in donne o viceversa. Piuttosto, essi diventano semplicemente uomini o donne femminizzati o mascolinizzati. Affermare che questa è materia per i diritti civili e incoraggiare l’intervento chirurgico è, in realtà, collaborare e promuovere un disturbo mentale».

Nessuno può emanciparsi dal suo dato biologico, nemmeno travestendosi o cambiando esteticamente il suo corpo. Come è stato spiegato, questa disforia tra sessualità biologica e desiderio mentale è definito “disturbo d’identità di genere” (DIG), patologiainserita nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (tanto che Vladimiro Guadagno, in arte Luxuria, da anni cerca di modificare le decisioni dell’OMS tramite referendum di cittadini). I dizionari medici la definiscono “disturbo mentale”, per i teorici Lgbt è invece “teoria del genere” da insegnare nelle scuole: “ognuno è quel che vuole essere”. Bisognerebbe tenerne conto quando si arriva a decisioni politiche, come quella del Comune di Roma che intende creare un badge con il nome che vogliono auto-conferirsi i dipendenti transessuali.

In ogni caso il parere della comunità scientifica -giusto o sbagliato che sia (le “verità” scientifiche sono soggette al mutamento, sopratutto per la psicologia, l’attuale punto di vista sull’omosessualità, ad esempio, è l’opposto di quello condiviso dalla comunità scientifica quarant’anni fa)- lo lasciamo volentieri agli esperti. A noi cattolici, infatti, interessa di più il giudizio morale su questi comportamenti: come cristiani siamo chiamati alla vicinanza, alla compassione, alla capacità di restituire la speranza perduta a queste persone, spronandole ad un cammino di accettazione di sé (superando, invece, l’utopia sessantottina dell’emancipazione da se stessi pensando così di “essere liberi”). Senza mai scandalizzarci e senza diventare complici o sostenitori delle loro difficoltà per un mal compreso buonismo. Non faremmo, altrimenti, il loro vero interesse.


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17/03/2015 10:57
 
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Cosa intende la Chiesa
quando parla di “inclinazione disordinata”

Philippe ArinoVi è una diffusa incomprensione su ciò che la Chiesa Cattolica insegna in materia di attrazione per lo stesso sesso. Purtroppo questo equivoco causa spesso isolamento per gli uomini e le donne cattolici che lottano con la propria identità sessuale e si sentono allontanati in un difficile momento della loro vita, quando invece necessitano dell’amore del popolo di Dio.

Una precisazione della posizione della Chiesa in tema di omosessualità è stata offerta da Arland K. Nichols, fondatore e presidente del “John Paul II Foundation for Life and Family”. Nichols ha giustamente preso spunto dal Catechismo e dal documento sulla «cura pastorale delle persone omosessuali» approvato ufficialmente da Giovanni Paolo II e realizzato dal cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

In tale documento si afferma che «la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata comeoggettivamente disordinata». L’inclinazione omosessuale non è peccato, ma risulta essere disordinata ovvero non ordinata verso il bene dell’uomo. E’ un giudizio duro, certamente, ma è colpa della nostra mentalità che non concepisce più la natura umana come universale, intrinseca e immutabile. Oggi invece pensiamo che la nostra natura sia costituita da tutto ciò che è “spontaneo” o che si sente “naturale per me”, ma la Chiesa ragiona invece tramite la cosiddetta legge naturale, una legge universale scritta nei nostri cuori.

Occorre comunque assicurare che la frase “oggettivamente disordinata” per quanto riguarda la tendenza omosessuale non si riferisce alla persona stessa. La Chiesa da sempre proclama un profondo rispetto per ogni persona, compresi coloro che provano attrazione per lo stesso sesso i quali riflettono l’immagine di Dio e sono, anche loro, preziose ai Suoi occhi. Mai dovrebbero essere oggetto di odio, come chiarisce il documento stesso: «Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico […]. Vadeplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni». Ma, aggiunge sapientemente il documento, «la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata».

Le persone che vivono questo tipo di attrazione non stanno peccando, è ingiusto che vivano un senso di colpa a causa della sola inclinazione. Allo stesso tempo, l’attrazione non può essere descritta come buona o neutra perché è indirizzata verso un atto che è, per definizione, immorale (cioè contro la felicità umana). Si consideri un adolescente che si sente attratto da una compagna di classe: anche se questa attrazione può consistere in pensieri e azioni esclusivamente sessuali, l’attrazione in sé è ordinata naturalmente al bene della persona (ad esempio, la complementarità reciproca, il matrimonio e la procreazione), quindi verso il suo compimento e la sua felicità. Tuttavia, se l’adolescente si ritrova sessualmente attratto da un compagno una tale attrazione non potrà mai essere rivolta al bene cioè alla complementarità reciproca, al matrimonio (nel suo senso cristiano) e alla procreazione. Questa attrazione, se seguita, è incapace di condurre al compimento della persona. Questo è ciò che intende la Chiesa quando usa il termine “disordine”.

La Chiesa afferma che ogni essere umano è “meravigliosamente creato” ad immagine di Dio e la colpa morale non è necessariamente presente da chi sperimenta attrazioni per lo stesso sesso. Anzi, queste persone posso diventare testimoni di santità quando, attraverso una grande libertà interiore, riescono ad abbracciare una vita di castità e di genuina amicizia. E se, nonostante i tentativi, non vi riescono saranno perdonate e accolte, così come vengono perdonati e accolti tutti coloro che riconoscono il loro peccato. Ogni cristiano ha una croce da portare. Per molti (si veda ad esempio la storia di Philippe Ariño), se determinati da una notevole spinta morale, è anche possibile (ma non facile) superare questa inclinazione trasformandola, seppur non senza fatica e sofferenza, in un giusto (cioè ordinato al bene) orientamento.


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06/06/2015 17:36
 
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In Italia non esiste l’omofobia,
lo dice anche “Repubblica”

Omofobia italiaRicordate le centinaia di articoli sui principali quotidiani in favore di una legge contro l’omofobiaper frenare la presunta dilagante persecuzione degli omosessuali in Italia? Tutto finito, ora che vanno promossi matrimoni e adozioni Lgbt bisogna assolutamente presentare le coppie gay cometotalmente integrate e accettate dagli italiani, che sarebbero così pronti a riconoscere il loro matrimonio.

E’ di questi giorni l’articolo-spot a favore delle adozioni Lgbt del giornalista di Repubblica Francesco Merlo (anticlericale di lungo corso): Merlo si è recato a casa di una coppia di donne con bambino descrivendo prevedibilmente la loro unione come un angolo di paradiso, di amore, di felicità, di bontà, di rispetto, di attenzione e di progresso, concludendo in modo classico: «Esco da quella casa e penso che se avessi da affidare un bambino lo darei a loro». E’ il copione classico per insinuarsi emotivamente nella testa del lettore.

Tuttavia nel confezionare lo spot pro-Lgbt, Merlo non si è accorto di aver appena realizzato anche uno spot contro i sostenitori dell’omofobia italiana, le due donne infatti hanno infatti raccontato -manco fossero dei profughi scappati dalla guerra-, l’aiuto e la vicinanza ricevuta dai vicini di casa, dagli impiegati dell’Anagrafe, dai negozianti del loro quartiere, dal consultorio a cui si sono rivolte e perfino al corso di preparazione al parto, «nessuna delle donne in gravidanza ha mostrato il minimo turbamento. Insomma gli italiani sono molto più avanti delle leggi dello Stato». Ma come? E la dilagante omofobia italiana? Il contesto attorno alle persone omosessuali non era mica discriminatorio, fino a poco tempo fa, tanto da aver bisogno di tutele specifiche?

Evidentemente le necessità dell’associaziono Lgbt sono cambiate, la legge contro l’omofobia è passata in secondo piano e allora ecco i quotidiani che raccontano un’Italia a misura degli interessi degli attivisti omosessuali. E’ sempre Repubblica, nelle sue quotidiane e sdolcinate interviste a coppie Lgbt, a confermare che quella dell’omofobia era una bufala: «Non abbiamo mai avuto problemiall’asilo, con il pediatra, per le vaccinazioni»hanno spiegato altri due omosessuali “genitori” di un bambino. «E neanche ne ha avuti con i suoi coetanei. Forse una differenza la vedremo quando sarà più grande o forse mai». E lo stesso in un terzo articolo-spot a favore delle nozze gay: «nella vita di tutti i giorni siamo una coppia accettata da famiglia, vicini e colleghi»hanno spiegato altri due omosessuali.

Insomma, quando gli attivisti Lgbt volevano far passare il ddl Scalfarotto sui quotidiani non si parlava altro di questa minoranza continuamente perseguitata e bisognosa di una speciale protezione giuridica. Era una grande sciocchezza, come abbiamo dimostratocitando dati e studi sociologici, ed infatti il disegno di legge è stato velocemente accantonato con l’unanime consenso. Oggi la strategia è puntare direttamente sulle nozze gay, così le coppie omosessuali vanno presentate come isole di paradiso, capitali del rispetto e dell’amore reciproco, lontane anni luce dalla litigiosa famiglia italiana, coppie perfettamente integrate nel contesto in cui vivono, dove vengono amate e rispettate, alla faccia dell’omofobia.

Entrambe le descrizioni sono false: nessuna omofobia e nessuna approvazione, gli italiani sono rispettosi delle persone ma difendono la famiglia naturale uomo-donna riconosciuta costituzionalmente, come mostrano i dati. Gli sforzi e le marchette diRepubblica riescono soltanto a mostrare la perenne autocontraddizione e l’utilizzo della stampa come organo di regime e di propaganda per instaurare l’ideologia Lgbt, esattamente per questo Papa Francesco la chiama “colonizzazione ideologica”.


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20/03/2016 10:35
 
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Cosa intende la Chiesa quando parla di “inclinazione disordinata”



Philippe ArinoVi è una diffusa incomprensione su ciò che la Chiesa Cattolica insegna in materia di attrazione per lo stesso sesso. Purtroppo questo equivoco causa spesso isolamento per gli uomini e le donne cattolici che lottano con la propria identità sessuale e si sentono allontanati in un difficile momento della loro vita, quando invece necessitano dell’amore del popolo di Dio.


Una precisazione della posizione della Chiesa in tema di omosessualità è stata offerta da Arland K. Nichols, fondatore e presidente del “John Paul II Foundation for Life and Family”. Nichols ha giustamente preso spunto dal Catechismo e dal documento sulla «cura pastorale delle persone omosessuali» approvato ufficialmente da Giovanni Paolo II e realizzato dal cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.


In tale documento si afferma che «la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata». L’inclinazione omosessuale non è peccato, ma risulta essere disordinata ovvero non ordinata verso il bene dell’uomo. E’ un giudizio duro, certamente, ma è colpa della nostra mentalità che non concepisce più la natura umana come universale, intrinseca e immutabile. Oggi invece pensiamo che la nostra natura sia costituita da tutto ciò che è “spontaneo” o che si sente “naturale per me”, ma la Chiesa ragiona invece tramite la cosiddetta legge naturale, una legge universale scritta nei nostri cuori.


Occorre comunque assicurare che la frase “oggettivamente disordinata” per quanto riguarda la tendenza omosessuale non si riferisce alla persona stessa. La Chiesa da sempre proclama un profondo rispetto per ogni persona, compresi coloro che provano attrazione per lo stesso sesso i quali riflettono l’immagine di Dio e sono, anche loro, preziose ai Suoi occhi. Mai dovrebbero essere oggetto di odio, come chiarisce il documento stesso:«Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la Chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico […]. Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni». Ma, aggiunge sapientemente il documento, «la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata».


Le persone che vivono questo tipo di attrazione non stanno peccando, è ingiusto che vivano un senso di colpa a causa della sola inclinazione. Allo stesso tempo, l’attrazione non può essere descritta come buona o neutra perché è indirizzata verso un atto che è, per definizione, immorale (cioè contro la felicità umana). Si consideri un adolescente che si sente attratto da una compagna di classe: anche se questa attrazione può consistere in pensieri e azioni esclusivamente sessuali, l’attrazione in sé è ordinata naturalmente al bene della persona (ad esempio, la complementarità reciproca, il matrimonio e la procreazione), quindi verso il suo compimento e la sua felicità. Tuttavia, se l’adolescente si ritrova sessualmente attratto da un compagno una tale attrazione non potrà mai essere rivolta al bene cioè alla complementarità reciproca, al matrimonio (nel suo senso cristiano) e alla procreazione. Questa attrazione, se seguita, è incapace di condurre al compimento della persona. Questo è ciò che intende la Chiesa quando usa il termine “disordine”.


La Chiesa afferma che ogni essere umano è “meravigliosamente creato” ad immagine di Dio e la colpa morale non è necessariamente presente da chi sperimenta attrazioni per lo stesso sesso. Anzi, queste persone posso diventare testimoni di santità quando, attraverso una grande libertà interiore, riescono ad abbracciare una vita di castità e di genuina amicizia. E se, nonostante i tentativi, non vi riescono saranno perdonate e accolte, così come vengono perdonati e accolti tutti coloro che riconoscono il loro peccato. Ogni cristiano ha una croce da portare. Per molti (si veda ad esempio la storia di Philippe Ariño), se determinati da una notevole spinta morale, è anche possibile (ma non facile) superare questa inclinazione trasformandola, seppur non senza fatica e sofferenza, in un giusto (cioè ordinato al bene) orientamento.



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11/04/2016 15:10
 
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“I maschi usino il bagno dei maschi”:
bagni pubbliciCosa sta accadendo in North Carolina? Semplicemente la morte del buon senso. E’ stata infatti approvata una legge in cui si specifica che i bagni pubblici vanno divisi in maschili e femminili e chi è nato geneticamente maschio non può accedere al bagno femminile, e viceversa.

Ciò che stupisce non è tanto l’ovvietà di tale legge, ma il fatto che le associazioni Lgbt e diverse multinazionali -come Apple, Twitter e Paypal, Disney, Google, American Airlines ecc.-, si sianoferocemente opposteaffermando che non bisogna discriminare e va permesso ad ogni individuo di scegliere il servizio igenico che vuole e che “si sente” di utilizzare.

La decisione di istituire questa legge è nata dopo la diffusione di casi in cui transessuali geneticamente maschi, o maschi che fingevano di essere transessuali, hanno approfittato della società gay-friendly americana per introdursi tranquillamente nei bagni femminili, arrivando a molestare sessualmente donne e bambine. Tra i casi più famosi c’è quello di Christopher Hambrook, un maniaco sessuale che ha deciso di fingere di essere un transessuale donna per potersi avvicinare ai luoghi frequentati dal sesso femminile, violentando quattro donne. «Chiunque poteva accedere ai bagni del sesso opposto. Tutto quello che doveva fare era affermare che il suo vero genere non era quello biologico»si legge sul National Review.«Lo scopo della legge è di garantire che le persone, soprattutto donne e bambini, possano utilizzare bagni pubblici e spogliatoi, senza essere esposti a persone di sesso biologico diverso. Si chiama buon senso».

L’Università di Toronto ha dovuto sospendere, almeno temporaneamente, le sue “politiche inclusive e non discriminanti” sull’uso dei bagni genderper le persone transessuali, dopo che alcune studentesse sono state molestate e videoriprese in momenti intimi da parte di alcuni studenti. Si sta quindi pensando di creare servizi igenici destinati solamente agli uomini che si identificano come donne, ma così si discriminerebbero i transessuali donna che si sentono uomni, anche loro necessitano di un bagno esclusivo. Così facendo, tuttavia, si violerebbero i diritti di Nano, la giovane donna che si “sente nata in un corpo sbagliato” e ritiene di essere un gatto. Servirebbe dunque creare una lettiera pubblica per felini a misura di esseri umani, e così via per accontentare ogni tipo delle più svariate “auto-sensazioni”. Siamo alla follia.

Nota di folklore: il più attivo contestatore della legge del North Carolina si chiama Chad Sevearance-Turner, presidente della Charlotte’s LGBT Chamber of Commerce. Ha dovuto dimettersi dopo che si è scoperto essere lui stesso un molestatore sessuale, condannato nel 2000 per pedofilia.

Tutto questo dimostra che le conseguenze sociali, una volta approvate le istanze Lgbt, sono anche concrete, arrivando a recare danno e discriminazione verso gli altri cittadini. La domanda “a te personalmente cosa cambia” se vengono istituite le nozze gay o accettate le richieste dei transgender, è fallace, poiché viviamo in un’unica società e ogni legge, lo insegnavano già gli antichi Greci, crea costume e condiziona la vita di tutti. Senza considerare che alla persona che pone tale quesito, non cambierebbe personalmente nulla nemmeno se venissero legalizzati ed istituiti la poligamia, l’eugenetica, l’incesto, la clonazione umana o la creazione di ibridi uomo-animale. Eppure, molto probabilmente, sarebbe ad essi comunque contraria.

“Ciò che cambia” con l’introduzione del matrimonio omosessuale è la distruzione delle fondamenta del matrimonio e, quindi, della famiglia costituzionalmente intesa, con ricadute su tutti. “Ciò che cambia” nell’accettare le richieste sociali delle persone transessuali è innanzitutto farsi complici -come ha ben chiarito lo psichiatra P.R. McHugh, professore emerito di Psicologia presso la Johns Hopkins University School of Medicine- di persone affette dal disturbo dell’identità di genere, patologia inserita nel Manuale di Classificazione dei Disturbi Mentali dall’American Psychiatric Association (APA), quindi confuse nella loro capacitá di intendere e volere rispetto alla loro identitá. In secondo luogo, esistono ancheconseguenze concrete e discriminanti per tutti gli altri cittadini, come insegna il caso del North Carolina.


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04/05/2016 15:56
 
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Gli studi di genere smentiti dalla scienza:
si nasce e si rimane uomini o donne

uomini-e-donneSecondo gli “studi di genere”, l’identità di genere sarebbe una componente distinta dall’identità sessuale e potrebbe anche non coincidere con essa (producendo maschi-donne e femmine-uomini), poiché le differenze tra uomo e donna sarebbero soltanto una costruzione sociale, dovuta a stereotipi di genere, per l’appunto. Su questa base teorica, nata negli anni ’70, viene legittimato il “cambio di sesso” di chi vive una incoerenza tra il “sentirsi” uomo (o donna) -cioè il “genere”-, e l’essere nata biologicamente come donna (o uomo), cioè il “sesso”.

Tutto falso, lo dimostra oggi la scienza moderna. Le differenze tra uomo e donna sono biologiche e genetiche, non certo dovute all’influsso sociale o dall’educazione ricevuta. Chi afferma di aver “cambiato sesso” ha semplicemente amputato parti anatomiche del corpo o ne ha aggiunte altre con la chirurgia estetica, dopo essersi bombardato di ormoni. A livello neuro-fisiologico rimane come è nato, nella sua originale identità sessuale.

«I dati scientifici»ha spiegato Antonio Federico, ordinario di Neurologia presso l’Università di Siena, «evidenziano chiare e nette differenze tra il cervello femminile e quello maschile, differenze che sono genetiche, ormonali e strutturali anatomo-fisiologiche, con importanti conseguenze sulle funzioni cerebrali e anche su alcune malattie». Oltre all’aspetto anatomico, «in situazioni complesse è avvantaggiata la donna, perché il cervello femminile è meno “rigido” e portato, quindi, ad analizzare uno spettro più ampio di dati e possibilità; al contrario, il cervello maschile è favorito in situazioni semplici e collaudate».

Lo ha confermato pochi giorni fa il neurochirurgo Giulio Maira«L’uomo possiede un cervello che segue schemi basati di più sulla razionalità, mentre nella donna sono più di tipo intuitivo. Ciò fa sì che le donne siano più brave nel multitasking, più empatiche e con migliori abilità sociali. Gli uomini, invece, eccellono nelle attività motorie e sono più capaci ad analizzare lo spazio». Esistono dunque comportamenti e qualità tipiche degli uomini e della donna perché vi sono differenti ed immodificabili impostazioni a livello cerebrale, i quali «influiscono sulle diversità di comportamento e di percezione del mondo»hanno spiegato i ricercatori dell’Università di Cambridge.

Non può dunque esistere alcuna “identità di genere” separata e/o in contraddizione con “l’identità sessuale”, chi sostiene di avere un’identità differente da quella indicata dalla sua struttura neuro-anatomo-fisiologica ha semplicemente un disturbo di percezione di sé, che la medicina moderna chiama “disforia di genere” o “disturbo dell’identità di genere” (DIG), ovvero «il forte e persistente desiderio di identificarsi con il sesso opposto, piuttosto che con il dato biologico o anatomico». I cosiddetti “studi di genere”, dunque, sono confutati fin dalla partenza: «La genetica e la biologia neoevoluzionista contemporanee hanno concorso a rimettere in gioco il corpo»si legge sul Dizionario di filosofia dell’Enciclopedia Treccani.«Per tali vie il sesso sembra riacquistare incidenza sul genere, attutendo la spinta propulsiva degli studi di genere».


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25/01/2017 22:13
 
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  L’American College of Pediatricians, per mano del suo presidente, la prof.ssa Michelle A. Cretella, del suo vice presidente, il prof. Quentin Van Meter, e con la collaborazione del prof. Paul McHugh, già primario di Psichiatria nell’ospedale Johns Hopkins, ha condotto un vasto studio sugli effetti del transessualismo e dell’ideologia di genere, soffermandosi con particolare enfasi sui pericoli per i bambini.


         Intitolato “L’ideologia di genere danneggia i bambini”, lo studio dell’American College of Pediatricians smonta, pezzo dopo pezzo, l’ideologia di genere e condanna senza mezzi termini la sua diffusione, come cosa normale, nelle scuole e nella politica. I risultati saranno resi pubblici solo ad agosto, ma gli autori hanno già anticipato gli otto punti centrali del loro lavoro (https://www.acpeds.org/the-college-speaks/position-statements/gender-ideology-harms-children).


         Lo studio si basa esclusivamente su dati scientifici e biologici, mettendo in chiaro fin dall’inizio che le ideologie non vanno d’accordo con la ricerca scientifica. Riportiamo di seguito il documento integrale.


 


                                                                                                                     Julio Loredo


 


L’ideologia di genere danneggia i bambini


       1. La sessualità umana è una caratteristica binaria, biologica e oggettiva. I geni “XY” e “XX” sono rispettivamente marcatori genetici di maschio e femmina; non marcatori genetici di un disturbo. La norma per il disegno umano è l’essere concepito sia maschio sia femmina. La sessualità umana è binaria per disegno, ed è ovviamente finalizzata alla riproduzione e allo sviluppo della nostra specie. Questo principio è evidente. I rarissimi disordini nello sviluppo sessuale (DSD) sono sempre deviazioni, medicalmente identificabili, dalla normale sessualità binaria, e sono giustamente riconosciuti come disturbi del disegno umano. Gli individui con DSD non costituiscono un terzo sesso.


      2. Nessuno nasce con un genere. Ognuno nasce con un sesso biologico. Il genere (cioè, la consapevolezza di sé come maschio o femmina) è un concetto sociologico e psicologico; non un fatto biologico oggettivo. Nessuno nasce con la consapevolezza di se stesso come maschio o femmina. Questa consapevolezza si sviluppa nel tempo e, come tutti i processi di sviluppo, può essere deragliato dalle percezioni soggettive della persona, dalle relazioni e dalle esperienze negative, dalla prima infanzia in avanti. Le persone che dicono di “sentirsi del sesso opposto” o “nella via di mezzo” non costituiscono un terzo sesso. Biologicamente rimangono sempre uomini o donne.


      3. La convinzione di essere qualcosa che non si è, nella miglior delle ipotesi, indica un pensiero alquanto confuso. Quando un ragazzo biologico perfettamente sano pensa di essere una ragazza, o una ragazza biologica perfettamente sana pensa di essere un ragazzo, vi è un problema psicologico oggettivo, che risiede nella mente e non nel corpo, e come tale andrebbe trattato. Questi ragazzi soffrono di Gender dysphoria (GD), in precedenza indicata come Gender Identity Disorder(GID), un disturbo mentale riconosciuto nella più recente edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders dell’American Psychiatric Association (DSM-V).


      4. La pubertà non è una malattia. Gli ormoni che la bloccano possono essere molto pericolosi. Reversibile o meno, il trattamento con ormoni per bloccare la pubertà produce uno stato di malattia – appunto, l’assenza di pubertà – e inibisce la crescita e la fertilità in un adolescente prima perfettamente sano.


      5. Secondo il DSM-V, il 98% dei ragazzi e l’88% delle ragazze con confusione di genere finiscono per accettare il proprio sesso biologico dopo aver superato naturalmente la pubertà.


      6. Gli adolescenti che fanno uso di ormoni per bloccare la pubertà al fine di impersonare il sesso opposto avranno poi bisogno di ormoni cross-sessuali nella tarda adolescenza. L’uso di tali ormoni (testosterone ed estrogeni) comporta gravi rischi per la salute, come ipertensione, coaguli, ictus, tumori ecc.


      7. I tassi di suicidio sono venti volte superiori tra gli adulti che fanno uso di ormoni cross-sessuali, o si sottomettono a chirurgia per cambiare sesso. Quale persona, compassionevole e ragionevole, condannerebbe gli adolescenti a questo tragico destino, pur sapendo che l’88% delle ragazze e il 98% dei ragazzi finiranno per accettare la realtà biologica, raggiungendo così l’equilibro di salute fisica e mentale?


      8. Condizionare i bambini, facendo loro credere che una vita intera di manipolazioni chimiche e chirurgiche per riuscire a impersonare il sesso opposto è normale e sano costituisce un abuso sui minori. Appoggiare una discordanza di genere come normale nella pubblica istruzione e nel campo politico provocherà solo confusione sia nei ragazzi che nei genitori. Portarli nelle “cliniche di genere” per subire trattamenti ormonali per bloccarne la pubertà costituisce un sopruso. Questo li indurrà a condurre un’intera vita fatta di uso di sostanze cancerogene e di chirurgie che mutileranno i loro corpi.


 


Michelle A. Cretella, M.D.
President of the American College of Pediatricians

Quentin Van Meter, M.D.
Vice President of the American College of Pediatricians
Pediatric Endocrinologist

Paul McHugh, M.D.
University Distinguished Service Professor of Psychiatry at Johns Hopkins Medical School and the former psychiatrist in chief at Johns Hopkins Hospital.

 


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21/06/2017 11:06
 
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18/11/2017 12:20
 
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OMOSESSUALE E CATTOLICO:
"La Chiesa ha ragione, quando chiede la castità. Sul piano psicologico e umano prima che su quello spirituale"


Dopo il mio ultimo post sul piccolo Charlie e il caso dello psicanalista Ricci, rompo il mio silenzio e torno a parlare di ferite dell’identità, e quindi di omosessualità che di queste ferite è un possibile “sintomo”. Premetto, per i molti che in questi tre mesi mi hanno chiesto se stessi bene, o se mi fossi ritirato “dall’agone”: state tranquilli. A volte, per potere riprendere il cammino e il combattimento abbiamo bisogno di fermarci, deporre le armi, e riposare.

Questo tempo inoltre mi è servito anche per recuperare la correzione su GIAIRO, il secondo libro di “Sotto il Cielo della Palestina”, che, al contrario di LEVI, mi ha preso molto più lavoro, spero con beneficio per chi lo leggerà.

Tuttavia l’anno sociale è ricominciato e non si può restare nel silenzio a lungo, quando fuori “il mondo brucia”, per citare un vescovo amato da una persona a me molto cara. Molti sono ancora coloro che vivono situazioni simili alla mia e attendono di sapere che non sono soli. Perciò, eccomi qui, di nuovo.

In questi due anni di incontri e conferenze in tanti mi hanno chiesto di scrivere qualcosa, un libro, un vademecum sul tema dell’omosessualità, che raccontasse la mia esperienza e servisse da guida a chi cerca risposte alternative per se stesso, o per aiutare coloro vicino a lui che vivono un’attrazione per lo stesso sesso, magari anche con delle proposte pastorali. Probabilmente prima o poi lo farò. Intanto provo a usare questo blog per dire alcune cose sul piano teorico, senza avere la pretesa di esaurire tutto sull’argomento.

Prima di entrare nel vivo però, vorrei chiarire una volta per tutte in virtù di cosa io possa permettermi di parlare su questi temi. Posto che nessuno, in ogni caso, è costretto ad ascoltarmi.

L’accusa infatti che i miei detrattori mi fanno più spesso è di non essere qualificato per parlare di omosessualità da un punto di vista psicologico, né da qualsivoglia altro punto di vista (a meno di sostenere il pensiero dominante del “sei nato così”, naturalmente).

Tale accusa si declina in due “sottoaccuse”:

io sono cattolico;

io non ho una laurea in psicologia.

Oggi vorrei soffermarmi sulla prima: secondo i miei detrattori, essendo cattolico, la mia posizione sull’omosessualità dipenderebbe tutta da una visione dogmatica impostami dalla Chiesa, che io avrei assunto come vera e alla quale avrei cercato di uniformarmi passivamente.

Sorvolo sul fatto che non esiste persona al mondo che non legga la realtà secondo un sistema valoriale di riferimento, e il fatto che il mio sia cattolico non significa che questo mi renda più parziale di chi magari ha come riferimento l’ideologia comunista, il capitalismo, la religione islamica, il razionalismo o chissà cos’altro. Il problema vero, in ogni caso, più che nel sistema di riferimento, dovrebbe stare nel motivo per cui lo si adotta e con che atteggiamento. In altre parole: è vero che io sostengo la posizione della Chiesa in maniera dogmatica, cioè come dato di fatto indiscutibile?

No. Per niente. E la mia storia lo testimonia.

Leggi anche: Uno scrittore omosessuale agli anti-Family day: “Io conosco il vostro dolore”
Nella mia vita mi sono permesso di sperimentare ogni aspetto della mia omosessualità, da quelli peggiori a quelli migliori, senza che la mia fede e ciò che mi dicevano essere buono (ma che in certi momenti mi sembrava irraggiungibile), mi fermasse in questa totale messa in discussione di quanto mi era stato insegnato.

In alcuni periodi sono arrivato a vivere alla luce del sole comportamenti apertamente contrari a quanto la mia fede mi chiedeva, pur non rinnegandola mai (e senza mai avere la presunzione di dover essere “capito” dalla Chiesa, solo perché non avevo la forza di rispondere alla sua proposta, o di capirla io per primo). Ho sperimentato la vita gay, i locali, il sesso occasionale; ma ho anche avuto relazioni “stabili” (per quanto sia possibile la stabilità tra due uomini con una relazione vissuta sessualmente), mi sono innamorato, e mi sono assunto la responsabilità di vivere una storia con una persona anche sul piano sessuale, pur sapendo che questo contrastava con quanto chiesto dalla mia fede.

Ho vissuto la dipendenza sessuale e quella affettiva; ma ho anche avuto la grazia di amare un fratello tanto da lasciarlo libero di andare, nel momento in cui ho capito che questo era il suo bene; ho odiato il mio orientamento sessuale fino a desiderare con tutto il mio cuore cambiarlo, e poi ho accolto la mia attrazione omosessuale come parte della mia storia, fino a oppormi a qualsiasi cambiamento, anche quando mi era innamorato di una donna; per arrivare ad oggi che capisco che “il cambiamento” non va né inseguito né ostacolato, poiché non è il nocciolo della questione.

Ho vissuto il peggio e il meglio. E tutto senza mai dare per scontato nulla. Mi sono interrogato e ho interrogato centinaia e forse migliaia di persone, su come vivessero, sulla loro storia, su quanto fossero felici, trovandomi a letto con loro o meno. Ho fatto (quasi) ogni sorta di pratica che prima giudicavo impraticabile; sono stato usato e io stesso ho usato tantissime persone; ho toccato il fondo e sono risalito, più e più volte. E sebbene non vada fiero delle molte bassezze che ho compiuto, non le rinnego, poiché ciascuna di esse era un passo di un cammino autentico nella ricerca di me stesso e di quell’uomo che Dio aveva in mente quando mi ha creato.

Se da un lato infatti, è vero che non ho mai smesso di credere che un Dio ci fosse, dall’altro ho più volte dubitato del fatto che Egli si interessasse a me e mi amasse. E anche quando questo mi è risultato chiaro, non ho mai smesso di cercare una strada per vivere tutto quello che ero, fragilità comprese, con Lui, al di là delle risposte semplicistiche che talvolta mi venivano date dai sacerdoti e che non rispondevano alla totalità delle mie domande, risultando spesso castranti.

Perciò ecco, alla luce di tutto questo, non mi si può proprio dire che la mia sia una visione dogmatica delle cose.

Se ad oggi dico quello che dico, è solo perché da ciascuna di queste esperienze, anche le peggiori, ho appreso qualcosa che mi mostrava una verità insopprimibile al fondo di noi, che è la stessa che difende la Chiesa da sempre: la nostra natura non è definita dai nostri desideri, ma dal nostro corpo maschile e femminile, in termini biologici, e in termini spirituali dal nostro essere figli di Dio per lo Spirito Santo che questo corpo lo abita.

E se il nostro corpo, la nostra carne, dice una verità su di noi, definendoci come maschi o femmine, dice anche in maniera evidente che due persone dello stesso sesso non sono fatte per avere rapporti sessuali tra di loro (il che però non impedisce loro di amarsi, se per amore intendiamo il modo in cui Cristo ama noi: “dando la vita per i propri amici”).

Quindi ecco: sì sono cattolico, ma per sostenere ciò che dice la mia Chiesa, ho dovuto prima metterlo in discussione radicalmente, per arrivare poi a scoprirne la bontà. Badate, non sto dicendo che questo sia il modo migliore di fare: non occorre sempre provare tutto per sapere cosa è male. Anzi, se uno imparasse a fidarsi dell’esperienza di chi ha già vissuto certe cose, si risparmierebbe tanti guai. Dico solo che nel mio caso il mio approccio è stato tutt’altro che teorico, o basato su una fede cieca. E di questo, nel bene e nel male, porto ancora i segni addosso.

In un’epoca in cui, più di ogni altra, siamo chiamati a rendere ragione di quello che crediamo, io ho cercato quelle ragioni umane che supportassero ciò che mi veniva detto per fede: che avere rapporti sessuali con un altro uomo non mi avrebbe fatto bene. Per inciso, questo è anche ciò che inviterei a fare a chi si preoccupa di una pastorale per chi ha ferite dell’identità: prima di deporre le armi di fronte al pensiero dominante, come molti sacerdoti e vescovi stanno facendo (in buona o cattiva fede), verificate se non ci siano risposte umane che diano ragione di quanto la Chiesa propone e dice su questo argomento.

Perché le risposte, fratelli miei, ci sono. E se non ci sono, vuol dire che non le abbiamo cercate abbastanza.

Se c’è una cosa che ho imparato, infatti, è che tutto quello che noi crediamo sul piano spirituale, da cristiani, affonda le sue radici prima nella nostra umanità. Non c’è fede al mondo come il cattolicesimo che rispetti di più la natura umana nella sua interezza. E questa corrispondenza non si contraddice quando affrontiamo le cose dal punto di vista scientifico (se parliamo della scienza vera: quella che cerca di capire la realtà, e non di piegarla aprioristicamente alle proprie teorie e speculazioni ideologiche).

In fondo come potrebbe essere altrimenti? Poteva un Dio che ha preso appieno la nostra natura umana contraddire la Sua stessa volontà e l’ordine che Lui stesso aveva creato? Ma se tutto ciò che è cristiano è anche profondamente umano, allora tutto quello che noi crediamo buono per la vita, deve avere in realtà, prima di una ragione spirituale, una motivazione umana e terrena, che sia riconoscibile sul piano razionale da qualsiasi uomo intellettualmente onesto, a prescindere dalla propria fede.

E in questo l’omosessualità non fa eccezione.

A un certo punto del mio cammino, infatti, mi è stata data la grazia di scoprire alcuni impianti teorici e scientifici che supportavano in maniera solida quello che io avevo verificato nella mia esperienza personale e in quella di tutti gli uomini che avevo incontrato: che l’omosessualità non è immutabile, ha delle ragioni, e va compresa per tutti i comportamenti ad essa correlati che impediscono una vita pienamente libera, al di là di quelli strettamente sessuali. Tali studi sono tra l’altro gli unici coerenti con la visione e le richieste della Chiesa.

Mi riferisco alla cosiddetta Teoria Riparativa, di cui magari parlerò più nello specifico in un’altra occasione e di cui il defunto Joseph Nicolosi era uno dei padri.

E sapete che ho scoperto una volta di più? Che la Chiesa ha ragione, quando chiede la castità, a chi ha ferite dell’identità come a tutti. Ha ragione sul piano psicologico, e umano prima che su quello spirituale.

Ha ragione, anche se nemmeno Lei sa perché.

E talmente poco lo sa, che i suoi pastori hanno iniziato a dubitare dell’effettivo beneficio che una vita vissuta secondo il vangelo potesse portare. Mentre gli altri cercavano giustificazioni “scientifiche” o pseudo-tali per vivere assecondando ogni proprio desiderio in maniera indiscriminata, la Chiesa non si preoccupava di capire perché fosse davvero bene per l’essere umano fare diversamente, forse nostalgica di un mondo in cui si facevano meno domande.

Per questo motivo oggi chi cita il Catechismo sul tema dell’omosessualità viene accusato di dogmatismo. Perché quando si chiede perché è bene per una persona con tendenze omosessuali non ascoltare quello che per lei sembra un desiderio istintivo di amore, la risposta che più facilmente si ottiene può essere riassunta più o meno in un “perché sì”.

Ecco, a me il “perché sì”, da cattolico, non è mai bastato. Ed è per questo che, da cattolico, mi riservo il diritto di parlare.

Leggi anche: Giorgio Ponte, l’omosessualità e la fede
L’unico “vizio” che mi riconosco in questo percorso, è stato quello di fidarmi del fatto che un bene ci fosse a andasse cercato. Molti di fronte al “perché sì”, hanno semplicemente scelto di non fidarsi più di chi li guidava e della loro buona fede e sono andati da altre parti.

Se non ti fidi del fatto che chi ti ama sta cercando di dirti qualcosa per il tuo bene, allora non cercherai nemmeno di capirne le ragioni che lui non sa spiegarti.

Perciò ecco: sì, sono cattolico e parlo da cattolico. Tuttavia il mio essere cattolico è nella libertà di chi non si rapporta con sudditanza alla sua Chiesa, ma in un rapporto di figliolanza che prevede anche il conflitto, ma che non permette a quel conflitto di mettere in dubbio l’amore, e in virtù di questo amore cerca di comprendere Colei da cui è amato e che ama.

Sono liberamente Cattolico, ortodosso, ma non dogmatico, fedele per ciò che Dio mi concede, peccatore secondo quanto la mia natura mi impone. E per questo mi sento libero di parlare e testimoniare ciò che ho verificato, anche a chi non mi ritiene credibile per farlo.

Per quanto riguarda la seconda accusa che mi si rivolge: io non ho una laurea in psicologia, ne parlerò in un secondo momento. Per ora volevo solo farvi sapere che sono tornato e che riprenderò a parlare, ovunque mi si darà l’opportunità di farlo.

A chi crede e a chi no, non smettete di cercare la Verità.

Voi siete meravigliosi.

P.S.
Chi volesse contattarmi per incontri o altro, per ora deve pensarmi nel Veneto e ricalcolare le distanze fra noi. Dopo sette anni ho lasciato la mia Milano, città straordinaria che ho molto amato, e mi sono trasferito a Verona (per quanto tempo ancora non lo so), seguendo un impulso che spero sia di Dio. Era per questo che mesi fa avevo chiesto preghiere. Grazie per chi mi ha ascoltato. Continuate a pregare, perché io capisca ciò che mi è chiesto e abbia sempre la forza di farlo. Ne ho bisogno, incessantemente.

[Modificato da Credente 18/11/2017 12:21]
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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