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LEGGI E COSTANTI MATEMATICHE CHE REGOLANO L'UNIVERSO

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2023 21:46
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15/06/2018 12:17
 
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“Un Universo così grande è uno spreco divino”.
Risponde l’astrofisico Hugh Ross

Prima dell’invenzione del telescopio, alcuni consideravano il cosmo troppo piccolo ed insignificante per essere l’opera di un Creatore. Solo un cosmo infinito, dicevano, si adatterebbe ad una divinità infinita. Oggi conosciamo la grandezza dell’Universo, eppure alcuni sostengono che sia un argomento contro l’opera di un Creatore.

Nel suo libro God: The Failed Hypothesis, il fisico Victor Stenger si lamenta infatti: «Se Dio ha creato l’universo come un posto speciale per l’umanità, sembra aver sprecato una quantità enorme di spazio». L’universo contiene infatti circa 200 miliardi di galassie di grandi e medie dimensioni e cento volte più galassie nane e le stelle si stima che ammontino a circa 50 miliardi di trilioni.

L’astrofisico Hugh Ross, docente presso l’Università di Toronto (Canada), ha però spiegato che «coloro che non hanno avuto il privilegio di studiare astrofisica potrebbero non rendersi conto che l’universo deve essere tanto enorme per permettere la vita umana, o qualsiasi altra vita, al suo interno». Le ragioni sono almeno due. La prima riguarda la produzione di elementi essenziali per la vita, mentre la seconda la velocità di espansione.

Il modello del Big bang, che vanta oggi una forte plausibilità nel mondo scientifico, ci dice che al momento della creazione cosmica l’Universo era infinitamente caldo e compresso e la sua materia esisteva sotto forma di idrogeno. Espandendosi si raffreddava e la velocità di espansione dipendeva dalla sua massa. Senza addentrarsi in spiegazioni complesse, basta comprendere che se la densità di massa cosmica fosse stata di poco inferiore, la fusione nucleare dell’idrogeno primordiale non avrebbe funzionato e non si sarebbero mai prodotti elementi essenziali alla vita, come carbonio, azoto, ossigeno ecc. Se, invece, fosse stata di poco superiore tutto l’idrogeno sarebbe stato rapidamente fuso in elementi non utili. Così, Ross ha commentato: «Date le leggi della fisica in base alle quali opera l’universo, la massa cosmica non doveva essere diversa da quello che osservano esattamente gli astronomi, altrimenti non saremmo qui ad osservarla e a discuterne. Un universo più grande o meno grande non avrebbe permesso l’esistenza della vita fisica». Dunque, ritorna la sensazione di una sintonizzazione fine in direzione della vita intelligente.

La seconda ragione per cui l’Universo avrebbe dovuto avere la dimensione che ha, è legata all’espansione cosmica. Essa, come già scritto, dipende dalla densità di massa: data la legge di gravità, una densità di massa inferiore avrebbe reso troppo rapida l’espansione, impedendo il formarsi di stelle e pianeti. Con una densità di massa superiore, invece, tutte le stelle sarebbero state enormi (o trasformate in buchi neri) ed i pianeti in orbita completamente inadatti alla vita umana. La morale che se ne può trarre è che la vita fisica non può esistere in un universo con una densità di massa minore o maggiore del valore che osserviamo nel cosmo.

Entrando in campo filosofico e teologico, così come vi entra chi nega Dio a partire dalla dimensione dell’Universo, l’astrofisico canadese arriva addirittura a ribaltare i piani e formulare un ragionamento molto semplice: «Data questa situazione, qualcuno potrebbe obiettare che la pura coincidenza spiega la densità di massa “giusta” dell’universo. Eppure, gli scienziati osservano che la massa dell’universo è finemente sintonizzata per produrre l’adeguata abbondanza e diversità di elementi essenziali per la vita e che la densità di massa è fissata con precisione per consentire il giusto tasso di espansione per tutta la storia cosmica, così che stelle e pianeti si formino nei momenti giusti e nei luoghi giusti per la vita. La combinazione di queste improbabilità astronomiche sfida chiaramente qualsiasi spiegazione diversa dall’intenzionalità trascendente».

Ovvero, c’è un tale «perfezionamento cosmico» che si spiegherebbe solo presupponendo un’intenzione e non una coincidenza. Oltre non è prudente andare, se non apprezzando quanto ha scritto Alfio Quarteroni, ordinario di Matematica presso l’Università del Minnesota: «Per chi ha fede, il Dio creatore non può esimersi dall’essere anche un matematico. Il più grande di tutti, naturalmente. Perché ha risolto il più complesso problema inverso che mai sia stato posto: determinare le condizioni iniziali giuste (al tempo zero, quello della creazione) affinché il sistema dinamico dell’evoluzione dell’universo arrivasse a oggi a possedere questa meravigliosa grandezza».


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