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LEGGI E COSTANTI MATEMATICHE CHE REGOLANO L'UNIVERSO

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2023 21:46
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20/04/2010 17:56
 
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      La scienza moderna si fonda sulla convinzione che l'universo sia governato da leggi matematiche, e questa idea fu inizialmente introdotta da Galileo e Newton, che credevano nell'esistenza di un Creatore intelligente, e proprio sulla base di questa loro convinzione ritenevano plausibile l'idea che l'universo fosse governato da leggi matematiche.
     Tale idea è stata poi confermata in modo così evidente che nel corso della storia la comunità scientifica l'ha accettata senza riserve e molti scienziati ormai la danno per scontata senza mai essersi posti il problema di trovare una sua giustificazione razionale.
     Semplicemente non si soffermano a riflettere sulle sue implicazioni logiche e filosofiche: visto che il nostro universo ha una natura concettuale (infatti le equazioni matematiche che lo reggono sono concetti astratti) esso necessita obbligatoriamente di una Mente personale ed intelligente che lo pensi in tale maniera.
      L'universo, e quindi tutta la materia, non esistono come sostanza, cioè non esistono in sè stesse, ma esistono solamente perchè pensate da una Mente trascendente e perciò il materialismo (cioè credere che la materia sia l'origine e causa di tutta la realtà) è una posizione filosofica assolutamente inconciliabile ed incompatibile con la visione della materia che la scienza ci offre.     

Questa tematica è stata da noi inserita perchè riteniamo che se vi sono delle leggi in natura, allora vi deve essere anche un Legislatore. 

 

     Le leggi della natura, che l'uomo scopre man mano che avanza nella sua ricerca, testimoniano a nostro parere che vi sono delle impostazioni precise, finalizzate e ricorrenti nell'universo, tali da far sì che nel micro come nel macro cosmo, vi sia un progetto unitario che presiede allo svolgersi di tanti eventi pur diversi fra loro.

 

    Come riscontro di questa nostra convinzione abbiamo trovato alcune pagine interessanti che vogliamo proporre, senza la pretesa che siano da tutti condivise.

 

    Dobbiamo anche dire di non avere una diretta competenza in materia,per cui ci limitiamo a riportare i testi così come li abbiamo trovati e che linkiamo per eventuali approfondimenti.

 

------------------------------------------------------------------------------------------- 

 

 

 

dal sito

http://www.ingcampagna.it/universo.htm

di G.Campagna

 

 

Gent.li Signori,

 

credo di  poter dire, con  autentica umiltà,  di avere trovato le leggi più  fondamentali di natura che regolano l’ universo.

Nonostante la  mia teoria, pubblicata dalla casa editrice Luigi Pellegrini, oltre a presentare una sua coerenza logica interna, sia sorretta da numerosi riscontri sia teorici che sperimentali,  sono pianamente consapevole del percorso che dovrà fare, seguendo cioè i canoni nobili del metodo Galileano.

Però, è anche importante che la mia teoria diventi di dominio pubblico, e non resti di dominio degli addetti ai lavori, nel cui dominio, talora, se non addirittura spesso, regna l’ortodossia della scienza, tanto da somigliare alla chiesa medievale:.. di ciò ho avuto, anche, esperienza diretta, quando ancora era giovane collaboratore di ricerca presso l’università di Roma: costoro li ho definiti e li definisco i baroni del assolutismo del “ sapere”. Per fortuna, esiste pure la buona stampa per diffondere il sapere e le idee degli sconosciuti, perché consapevole che la verità e la correttezza delle idee non stanno da una sola parte, senza contare che soffocando il sapere si rischia di perdere le iniziative creative, in particolare, di giovani studenti , lungo il loro cammino. Poi, vi è il fatto, non meno importante, che la vera ed autentica scienza cresce, dimostrando anche che certe teorie sono sbagliate.

Perché la mia teoria è  corretta.

 

Breve Sinossi

 

Nel II volume, a parte altro, dimostro che l’universo è chiuso, cioè è una sfera e, dunque, è finito.  La dimostrazione si svolge, oltretutto,  secondo due procedimenti. Il secondo procedimento, oltre ad essere una vera è propria dimostrazione,  l’ho guardato,  anche,  come controprova.  I risultanti  ottenuti,    identici.

Si dia  uno sguardo a pag. 65 e successive ,  II vol.

Brevemente, cercherò di spiegare perché la mia teoria è più che corretta.  essa, inoltre, ha una sua  intrinseca coerenza logica e matematica, priva di contraddizioni o di condizioni arbitrari, di anomalie o di singolarità e  coerente con gli esiti sperimentali: presupposti necessari, tanto necessari che mi permisero di trovare ,in modo naturale, appunto, le nuove  leggi naturali e tangibili. Noi, per esempio,  non siamo disconnessi col resto dell’universo, ma intrinsecamente legati l’uno all’altro. Per capirci,  possiamo dire che  il resto tocca noi, e noi tocchiamo il resto: naturalità e tangibilità.

 

 Intanto, premetto,  con la mia teoria sono riuscito a trovare, dimostrandole, le leggi più fondamentali della fisica classica, di quella quanto-ondulatoria, della relatività,  ristretta e generale, senza, peraltro, fare ricorso alla calcolo differenziale assoluto e tensoriale:

 queste leggi sono ben sperimentate e collaudate.

 Inoltre, nella mia teoria, non esiste argomento  non dimostrato.  I risultati, ottenuti,  conforme   con la sperimentazione fisica e con dati, osservati e misurati, astronomici.

 

Primo esempio.Oltre ad avere dimostrato e calcolato la costante G gravitazionale  di Newton

G=  = 6,67. 

 ho dimostrato che luce è effettivamente corrente elettromagnetica,

 =  = c

 

poi, dimostrando e calcolando   il suo valore

C =   =  = 2,99792458.

 

con     M= 0,545809. kg ,  f = B = 1,3555885.,  h ≈ 6,63.

 

i suddetti valori, di G e di c,   sono  ben noti e sperimentati.

 

 Sottolineo : nessuno prima d’ora è riuscito a farlo, il che significa che sono  due nuove leggi , esatte di natura

 

Secondo  esempio, riguardante la costante gravitazionale, anzi le “costanti” G, riportati, anche, nell’introduzione del II volume.

Con l’equazione evolutiva  di  G =  t  e  con l’accelerazione naturale, a = cf, combinandole, ho trovato sia l’energia cinetica totale di Einstein sia di quella totale ( cinetica +potenziale), ovvero

E = c   

e

 = 2 cP     →    sviluppo in serie   →          = 2 M +M-                           

 

 Ciò è una un’altra  prova ( teorica e sperimentale) della correttezza sia di  G =  t e che di  a= cf.

 

Un secondo esempio significativo.

Dimostrato  che la legge di Kepler è indipendente dalla massa M.

“Estromessa”, per cosi dire, la massa M, la legge di Kepler l’ho messa, dimostrandolo,   in relazione  con la carica Q.   Ciò, tuttavia, non è  il problema più rilevanti, per certi aspetti.  

 La cosa più fondamentale sta nel fatto   che i moti dei corpi, in generale, sono  indipendenti dalla costante gravitazionale G.

Invece,  la  G  ( o le G)  ha un’altra funzione particolare e complessiva, quella di misurare il contenuto e/o la distribuzione   della massa M o della densità della materia nell’universo . Infatti,  la G è inversamente proporzionale alla massa M, e, rispettivamente,  direttamente e inversamente proporzionali al tempo  intrinseco t. (per inciso, si sapeva già che  la costante gravitazionale  G era la  principale “ indiziata”. Per esempio, Dirac postulava che la  G  fosse inversamente proporzionale all’età dell’universo).

 

 A riguardo,  vedi  libro ,cosmologia e gravitazione, di Stephen Hawking pag. 51,52.

 

A questo punto, sorge spontanea la domanda: perché la legge di Kepler funziona cosi bene?  La risposta è semplice. Perché la massa M e la carica Q sono direttamente proporzionali, come ho, anche, dimostrato.

 

Altro esempio. Ho  calcolo la distanza tra il centro della nostra galassia e il nostro sistema solare, il valore ottenuto, ≈ 30.000-33.000 anni luce,  corrispondente con quello stimato  indirettamente, per esempio, usando il metodo delle cefeidi:

Le leggi applicati  sono

1) R=          o, anche:

2)        = a       

3)   =      (  condizionale naturale,  iniziale)  e da cui,  la carica Q.

Quest’ultima , la 3, è legata, peraltro, alla 2, come ho dimostrato ( vol. II, pag. 63).

Sottolineo:  infatti, si sa che  leggi della gravitazione non descrivano bene la dinamica  delle galassie.

Inoltre, le suddette leggi, le l’ho usate, anche, per verificare l’espansione dell’universo, per effetto del campo magnetico B, preesistente. ( II volume, pag. 62, 63 ).

[Modificato da Credente 11/04/2012 22:17]
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20/04/2010 17:57
 
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Altro esempio significativo:

Non solo, calcolo il valore della costante 1/137 della struttura fine, ma do la sua dimostrazione:

   =      =   =

 

 Nessuno  finora è mai riuscito a dare la dimostrazione, nonostante i vari tentativi da parte di molti.  Né potevano riuscirci ,  senza  avere, prima, unificato   le tre costante, G, h, c,  o, meglio ,  senza la giusta ipotesi e/o la tesi.  

Il valore 1/137 è stato ben sperimentato e collaudato.

 

Non solo,  avendo di dimostrato e calcolato il valore delle masse :

 

M = 0,545809.kg   e  M=  1,86667. kg

 

  alle quali, attraverso l’equazione, dimostrata,

M =  1,5825

 corrispondono i relativi tempi intrinseci :

 

t= 1,35154786. s           e         t = 0,39518875.   s        

facendo il rapporto tra le due masse ottengo:

 = (0,29239)                                 1

Facendo il rapporto tra i due tempi ottengo :

  = (0,29239)                                  2

Come si nota i due rapporti, la 1 e la 2,  sono identici.

Non è finita qui.  ora, moltiplico la 1 e la 2, ovvero

  =(0,29239)    (0,29239)   =   0,0854            →   

(  ) ≈ 0,0854 

Elevando ambo i membri al quadrato ottengo:

 

 = (  ≈

 

È del tutto evidente che, elevando la 1 o la 2 alla quarta,  ottengo sempre  .

Nota : a proposito, e in particolare del numero  0,0854,   vedi  libro,  QED,  di Fyemann pag. 160, 161.

 

Altro esempio: spostamento del perielio

(Vedi I vol. pag. 154,155)

π (2π) )   = π (2π)  =    = π (2π)   (  ) =                       1

 

in cui il primo termine è quello calcolato per la prima volta da Einstein, dove al posto di , vi è  il valore 6, leggermente approssimato.

 

nota: vedi libro,  fondamenti di meccanica relativistica, di Levi-Civita, prima edizione, 1982, Zanichelli a pag. 125.

 →          Uguagliando la prima e la seconda 

 

π (2π) )      = π (2π)                                    2

 

per lo scopo,  ammettendo che  R = distanza media mercurio-sole, e  = distanza terra-sole,  = velocità della terra,  con M = massa del sole,  la 2 resta cosi verificata.

Ciò è un altra prova teorica e sperimentale.

Inoltre,   =   = raggio di curvatura, per cui la 2 può essere scritta:

π (2π) )      = π (2π  

la quale può essere messa, anche,  in relazione con la terza equazione o con la quarta (in cui rimane inclusa la  legge di kepler, segnata in Rosso) della 1, ovvero

 

π (2π   =   = π (2π)   (  )

 

Altro esempio:

 Non solo calcolo il valore della costante naturale o dielettrica assoluta del vuoto, cioè di  , ma do la dimostrazione . Anche qui, nessuno, finora, aveva  dato la dimostrazione. Essa è stata  determinata solo  per via sperimentale.  

Ciò è poco rispetto al resto. Tuttavia, credo di aver dato  già  un’idea.

Adesso,  voglio evidenziare la seguente legge:

M =  1,5825                1

Perché, questa legge, in particolare?   ….Primo:   essa è consequenziale di tutta la mia teoria.  Secondo: con essa è possibile calcolare, non solo, le masse,  dell’elettrone e del protone, ma  tutte le possibili “masse”  di qualsiasi particella,(  pag. 13, vol. II) .  I valori,  dell’elettrone e del protone, come si sa , sono valori sperimentali.

Inoltre, 1,582 è il valore della carica elementare :   si sapeva, ma,  sino ad ora nessuno aveva dimostrato che era realmente una legge fondamentale della natura ( unità fondamentale o quanto). Io, non solo, do la sua dimostrazione, dimostro  anche che essa preesisteva già al tempo

t =   0,74. s                             ( II volume pag.11,12).

Dunque, la suddetta legge, la 1,  è corretta.   Non è tutto.

La suddetta legge, dimostrandolo, lo messa in relazione, sia con la legge dell’energia di Einstein, anche dimostrata,   sia con la legge ( dimostrata) degli stati atomici di energia,  degli elettroni e dei protoni;  cosi, per  conseguenza  dimostro che queste leggi, non solo  sono consistenti tra loro, ma sono  interconnessi, in modo armonico, con il tempo intrinseco t,  dal quale dipendono e discendono le cariche elettriche, le masse e cosi via:

       =  1,5825      =       ( energia totale)        (  II volume pag. 41)

 

e

 1, 5829.    =      2 c                                       ( II volume, pag. 38)

 

  I risultati ottenuti conformi con la sperimentazione.

 

Si dia  uno sguardo alla pag. 38 e successive del volume II.

 

 

 

Altro esempio.  le frequenze e, dunque,  le lunghezze delle diverse onde elettromagnetiche emesse:  spettro dell’atomo di idrogeno.

Avendo dimostrato che

  =     = 1,0828. c                                   ( vedi II volume, pag.39)

 

da questo esempio faccio notare il seguente:

il valore  1,0828. , noto come costante di Rydberg, in realtà è  il rapporto tra  l’energia 13,6 eV  e la  costante  : questa, detta permeabilità magnetica del vuoto.

Inoltre, facendo la differenza, tra il livello di energia inferiore e quello immediatamente  successivo, si ottengono le frequenze  e, di conseguenza  le lunghezze  delle diverse onde elettromagnetiche emesse dall’idrogeno, ovvero

 

 =  (  - )

 

È noto che le formulazioni  di Balmer, di Luiss Paschen, di Lyman, ecc.ecc. sono di natura sperimentali, cioè nessuno, prima d’ora,  le aveva dimostrare teoricamente. Pertanto, ciò è altra prova teorica e sperimentale della correttezza della mia teoria.

Nota: Vedi libro, la Fisica, di Amaldi quarta edizione, Zanichelli, pag 316.

 

Poi, per quanto riguarda  le  costanti G, anche,  riportate nell’introduzione del II volume, e  il peso totale della materia, pari a 2,5661.kg = ,    pongo alla   attenzione il seguente: 

 Si è a conoscenza che  la massa visibile ( stelle, pianeti, o galassie), da stime sperimentali e da osservazioni astronomiche, la danno a circa 1% .  Bene. La massa  totale visibile, da me dimostrata e calcolata  è  2,5661. kg,  in termini percentuali non supera 1%.   La cosa non finisce qui!

 Il fatto,  più interessante e , per certi aspetti, sorprendente, è  il rapporto tra le G:

1)       Il rapporto,  tra la G,  relativa al peso totale massa visibile,  pari a  3,641. (dimostrato) e quella, relativa alla nostra galassia,  pari 6,67. ( valore, dimostrato),     è  0,54. .

2)       il  rapporto,  tra la G = hc ( quantistica) = 1,9876., relativa al peso totale della materia e  quella, relativa al peso totale della massa visibile,  è  0,54., cioè identico al primo rapporto.

Ovvero :

 == 0,54.

 

Il che significa, non solo che le G sono in proporzione, ma che la materia nell’universo è distribuita  in modo perfetto ed uniforme. Ciò è un’ulteriore prova, come dimostro, che l’universo è isotropo ed omogeneo. 

( II volume pag. 60, 61).

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20/04/2010 17:59
 
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Pertanto, mi sembra di guardare un universo “fabbricato”, piuttosto che  un universo,  fatto a caso. Ciò, naturalmente, è solo un mio personale sentimento. Inoltre, ero già convinto che noi non siamo i soli ad abitare l’universo, oggi, lo sono, ancora, di più:  mi  manca solo la prova” visiva”, il resto  è come se fosse davanti ai miei occhi!

Poi, vi è il fatto che la costante gravitazione G di Newton,  ritenuta indipendente sia dalle massa M  e m che da  R, deve fare riflettere:  ciò è  completamente   incomprensibile, almeno per me. Non è possibile ritenere  questa costante G scollata, per cosi dire, dalla materia, a cui peraltro prendono parte le cariche elettriche, nonché il magnetismo. Infine, la forza di Newton è una forza che non mostra nessuna dinamicità, non essendo legata al tempo t intrinseco, né alla misura di questo, cioè alla velocità della luce c, anche metro di misura del tempo e di riferimento.   Infatti,  la forza di Newton è una forza squisitamente statica: e, dunque, rappresenta una chiara opposizione  con la dinamicità che si manifesta nell’intero universo e nelle sue parti.

 

Per quanto riguarda la dimostrazione sull’universo,  chiuso,  faccio notare il seguente:

Il rapporto ω (= 2π),  tra densità di energia e l’energia critica, è 2π. Quale migliore numero di 2π, poteva “dire” che l’universo è una sfera? …Da qualunque punto, la si guardi o la si “tagli”,   la sua simmetria è perfetta:  isotropia ed omogeneità, che si spiegano non solo con il fatto che ogni osservatore misura e “ vede” lo stesso valore   B = , ( preesistente),   anche con il fatto che il campo magnetico intergalattico  devia i raggi cosmici. ( II vol. pag. 49, 53,54).

 Dalla lettura dei dati ( I° volume),  man mano, che  venivano fuori, avevo  intuito, già, che l’universo doveva essere chiuso. Mi mancava solo dimostrarlo; cosa che successivamente ho fatto.

Infine, l’esistenza , accertata,  del campo magnetico intergalattico, si spiega con il fatto che il campo magnetico è frequenza pura, come ho dimostrato e comprovato.  Infatti, del campo magnetico intergalattico non si conosceva la sua origine, ma solo   la sua esistenza.   A riguardo,  alla fine  del II vol. riporto alcuni  riferimenti bibliografici.

Dunque,  non solo  spiego  l’origine del campo magnetico intergalattico,  ma  anche, per esempio,  la forma a spirale delle galassie, la forza propulsiva che spinge e distribuisce la materia e cosi via. La forza che si riteneva essere una sorte di  antigravità, invece,  è  Il campo magnetico B =  , peraltro,  già preesistente,   come dimostro, al tempo  0,74. s  :

basta immettere una particella all’interno di campo magnetico, per vedere l’effetto del campo magnetico sulla particella.  E, per finire spiego perché l’universo non può collassare.  Si Legga  la motivazione  a pag. 62, vol. II. e la relativa dimostrazione.

Ultimo esempio e rimando, per una prima lettura, all’introduzione del I e II volume.  

Si sa, per esperienza, che esiste l’energia pura elettromagnetica. Bene. Io,  l’ho dimostrata e calcolata:

E =  = Bh = 1,3555885.. 6,63. = 8,9875517873681764.

Con  B = campo magnetico sinonimo di frequenza f, dimostrato.

Dunque,  questa è nuova legge, esatta di natura.

Unificazione delle tre grandi costanti di nutura, G, ,h, c.  Ho unificato, dimostrandole, le tre grandi costanti di natura:

=1 = unità adimensionale

 

Poi,   attraverso  unica e concisa  legge, dimostrandola, mostro che  tutte le entità fisiche discendono effettivamente dal tempo, intrinseco t, ovvero:

  =   = t           

 

Ed infatti , a riprova,  seguirono:

Le nuove leggi di natura,  dimostrandole e poi verificandole,  le seguenti leggi tangibili e naturali:

1)      Q=  ε t            equazione evolutiva della carica.

2)    Mxt =               equazione evolutiva della massa

3)    h =t                  equazione evolutiva della h       

4)    G=t                    equazione evolutiva della costante gravitazionale

5)   E=                      energia elettromagnetica pura.

6)    c= =                 velocità della luce, preesistente già al tempo t= 

7)    B= f =           campo magnetico B = frequenza pura f, la grande costante di natura, preesistente.

Vedi I° volume.

Ho dimostrato che esistono tre G, ovvero:

 

A)     G =      = 6,67.       → relativa al peso  della nostra galassia = 1,212.  kg                       

B)      G=    =  3,64.    relativa alla massa ( visibile) dell’ universo = 2,218. kg

C)      G=hc   ( quantistica)  →  relativa massa totale ( non visibile )   =    =  2,5661.  kg                                                          

 

Nota : Il resto e, in particolare, le relative dimostrazioni sono riportate i due volumi, I e II.

A questo punto, mi vengono in mente le parole di Einstein. A chi,  gli chiedeva cosa avesse pensato se la sua teoria  si fosse rivelata sbagliata, rispondeva: “mi sarebbe dispiaciuto per il mio buon Dio, sapeva che mia teoria era corretta.”

Perché Einstein era cosi convinto, nonostante mancassero ancora le prove sperimentali e osservativi che convalidassero la sua teoria?  La risposta è semplice. Infatti, secondo   Einstein ,  i principi creativi risiedono ( anche) nella matematica. 

La matematica, oltre ad essere il linguaggio logico della natura,  è il nostro occhio:  essa ci fa vedere fin dove i nostri occhi  non possono  più vedere.   Secondo   Einstein ,  i principi creativi risiedono nella matematica;  e, aggiunge : “ i concetti e le  leggi che, strettamente collegate da tali principi creatavi, forniscono la chiave per la comprensione dei fenomeni naturali”. Allora, anziché,  usare il motto, nessuno unisca ciò che Dio ha separato, bisogna dire:

 l’unità,  che Dio ha dato, concependo l’universo,  al contrario,  deve essere riammessa e ricercata, perché

 non è possibile prescindere dall’unione dell’elettromagnetismo, legato alla materia, interconnesso con lo spazio-tempo e con il contenuto dentro questi. Einstein non si sbagliava,…peccato che il suo tentativo di fare discendere la carica dallo spazio-tempo  falli.  Non è possibile, dividere,  in due categorie, la  serie  A , la serie   B, per cosi dire, le entità fisiche, naturali e tangibili, che governano l’universo: mentre io scrivo questa sinossi, loro,  tutte insieme, nessuna esclusa,  stanno svolgendo il loro compito, come “creature viventi e coscienti”.

Qualcuno di voi dirà:  nessuna ha coscienza. Bene rispondo. Almeno una, sappiamo, ce l’ha. Chi?  Noi !  ….Ciò, naturalmente, non rientra nella “filosofia” della scienza,(  ne,  è il luogo adatto) , tuttavia dico  che l’universo va guardato in senso olistico….la  domanda,  che   mi ho sempre posta,  è : ..sono io a scrivere o gli atomi del mio corpo?

 

Riace,  10/08/2009

Giuseppe Campagna

 

Qui, succintamente,  posso dire che,  oltre ad aver trovato  in modo del tutto naturale o, per cosi dire, diretto,   leggi più fondamentali della fisica classica e moderna,  ho dimostrato  in particolare  che  tutte le entità fisiche, (energia ,cariche, massa…)  discendono dalle proprietà del tempo  intrinseco e dunque dallo spazio:

 

  =   = t

 Ho dimostrato e calcolato il valore della costante gravitazionale di Newton  

 

G     =6,67.

 

(Con f= B = 1,35666. e M= 0,545809  , entrambi dimostrate, e c = velocità della luce, anche uguale a  = c, dimostrata). Dove M= 0,545809  è nota anche come massa di Duff o del “ Buco nero”.

 

 nonché la sua equazione, che ho voluto chiamare, evolutiva o dinamica :

 

G  t

 

 attraverso la quale, in modo sempre  diretto o naturale,  ho trovato l’energia cinetica di Einstein

 

 

E = c

 

e totale ( cinetica +potenziale)

  = 2 M +M- 

 

(   dove    rappresenta  la correzione relativistica.       Infatti ,per esempio,    potendo  M=  , nel caso non relativistico, ciò che rimane dell’energia totale è 2 M +  = 0  →   E =- , energia totale negativa; in modo analogo si ottiene E =-  , ponendo M =  ).

 conciliando cosi fisica classica, moderna e relatività …. ed altro….

 

 

A parte questo ed altro,  ho trovato l’ equazione evolutiva o dinamica sia della carica Q, ovvero

 

 

Q =  ε t        (equazione evolutiva di Q)

 

nonché della costante di Plank, ovvero

 

 

h= t      ( equazione evolutiva di h)

 

dalla quale sono  risalito, come facile capire, all’energia cinetica pura

 

 

E=

 

Calcolai, dimostrandolo,  il valore 1/137 della struttura fine:

 

 

    = 



Ho dimostrato, in particolare, che campo magnetico  B= è frequenza f pura, che permea l’intero universo , con ciò ho capito o spero di avere interpretato bene che l’energia  cosi detta  oscura sia di origine magnetica.

 

Ho inoltre  dimostrato che

f=1,35666.M

 

cioè  la massa è equivalente alla frequenza, e  il valore f=B= 1,35666. ( per M=1) è la grande costante di natura.

 

….Ed altro… in modo diretto o naturale,  come per esempio le leggi più fondamentali della fisica quantistica:  l’energia e la frequenza degli elettroni lungo le loro orbite permesse

 

 

 =      e   ==  

 

 e dunque del positrone

 

 

 

e la   costante di    Rydberg’s

 

 

R =     =1,0974. 

 

 

E cosi via in modo diretto: il momento angolare totale

 

 

  = (    +  γh,

 

 

la condizione della risonanza magnetica, il valore dello spin, i rapporti giromagnetici dell’elettrone, del neutrone e protone… E cosi via, come per esempio, dimostrando, come è possibile calcolare la distanza tra il nostro sistema solare e il centro della nostra galassia,il raggio dell’universo, il peso dell’universo, il numero delle galassie  E cosi via …dimostrando che  la legge di legge di Kleper è indipendente dalla massa, ovvero

 

=

che invece dipende dalla carica Q, come si può notare. Si tenga anche conto che materia e carica sono direttamente proporzionali ( dimostrato) ….E cosi via come  la legge dello spostamento del perielio dei pianeti in particolare di mercurio

Titolo del libro:

 Le leggi di natura che governano l’universo (primo volume) - (secondo volume ) L'universo è chiuso


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20/04/2010 19:18
 
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Verso una visione globale del mondo
Quando ero giovane studente avevo, all’inizio, la sensazione che la letteratura, la matematica, la chimica, la biologia, la filosofia, la storia, la geografia, le lingue, la geologia, idrografia, la religione e cosi via, fossero materie l’una indipendente dall’altra. In realtà tutte queste discipline, complementari tra loro, rappresentano il lungo lavoro svolto dal pensiero umano nel corsi dei secoli. Esse, le varie discipline, rappresentano l’arricchimento e la crescita culturale della mente di ogni uomo. L’uomo attraverso di esse ha la possibilità di guardare il mondo che lo circonda nella sua globalità. Per esempio guardare al passato attraverso la storia è necessario per costruire il presente e il futuro migliori, impara a diventare più saggi, più prudenti. La storia delle religioni serve a che l’uomo possa scegliere, fra tutte le religioni, quella che meglio rappresenta l’etica, la morale, l’umiltà e la carità, requisiti graditi al Dio personale che, per la religione cristiana-giudaica fattasi uomo nella “ persona” di Gesù, rappresenta l’amore. La mente umana è aperta ad ogni cosa, da essa per cosi dire nascono teoricamente infinite variabili, molte note, altre che dovranno nascere: le nuove percezioni, che esaltano lo spirito umano, senza fine. Queste infinite variabili rendano la vita e lo spirito dell’uomo in un continuo dinamico, senza che essi potranno mai appiattirsi. Questa, quella della mente umana di contenere infinite variabili, è la parte migliore e sorprendente della natura umana, che la induce peraltro all’esistenza della natura trascendente, quella di Dio universale. Inoltre il fatto che dalla mente umana possono emergere, nel tempo e nello spazio, infinite variabili, pensieri ed intuizioni nuovi, fa riflettere che non esistono a priore livelli speciali e in particolare dogmatici di conoscenza, però non è neanche escluso che non potranno esistere. Il cammino è ancora troppo lungo per stabilirlo. La grande potenzialità della mente umana ci indica anche la possibilità di fare a meno del riduzionismo, convinzione tipica del positivismo: essa non dovrebbe favorire né il positivismo né la filosofia tradizione, quella dell’astrattezza, illuministica e dogmatica piuttosto dovrebbe guardare con favore le une e le altre nella loro globalità quando esse sono accompagnate dall’umiltà e dall’apertura. La stessa scienza vera, che dovendo seguire per forza un rigido protocollo sperimentale riproducibile nel tempo e in qualunque luogo dello spazio, dovrà essere accompagnata dall’umiltà. In altre parole dobbiamo prendere consapevolezza che la mente umana è capace di guardare la natura delle cose nella loro globalità. È un invito ad aprirsi ad una nuova cultura, ad una nuova filosofia, quella della globalità. Sorprendentemente la scienza, frutto della mente umana, ha creato un mezzo informatico di interazione, l’internet, capace di mettere insieme tutte quelle discipline scolastiche e altro facendoli interagire fra loro. L’internet è frutto della conoscenze fisiche e matematiche, ma è esso stesso è un “pezzo”, non trovato per caso, ma tratto dagli elementi esistenti nell’universo. Un mezzo, internet, i cui elementi “mescolati e nascosti” per lungo tempo nella natura diventa oggi per cosi dire il nuovo e piccolo mondo creato dalla mente umana:cioè un mondo nuovo pensato e creato dall’uomo. Allo stesso modo dobbiamo pensare che tutto l’universo sia stato pensato e creato da Dio. Chi poteva ( tra gli uomini del passato) infatti immaginare internet, per non parlare di altre affascinanti e sorprendenti scoperte? Con questa nuova filosofia “ globale” della vita si rafforzerebbero l’olismo e si ridimensionerebbe per certi aspetti il relativismo, cioè, quella concezione secondo la quale non esistono verità assolute, senza naturalmente escludere il libero pensare comune, non lesivo, ma tipico di una società in cui esistono usi e costumi propri. Si intravede qui il concetto di democrazia di pensiero, che vale per tutti, sia per quelli culturalmente avanzati sia per quelli che vivano con naturalezza senza una adeguata cultura, ognuno con la consapevolezza però che non si finisce mai di imparare. Si impara anche attraverso la cultura e la saggezza contadina. Non è la descrizione di un mondo utopistico, ma di un mondo più naturale, più essenziale con meno retorica. Sta al cuore degli uomini creare le condizioni culturali più favorevoli, iniziando con l’esaltare i valori fondamentali, quelli della dignità, dell’umiltà e della carità. Conviene a tutti. Il convincimento di esaltare i valori dell’etica e della morale, rappresenta lo sforzo, la perdita di certi privilegi materiali, che poi veri privilegi non sono, per acquisire insieme privilegi materiali coniugati con quelli più strettamente spirituali, dove è “concesso” anche qualche peccatuccio veniale. Non si cerca, dunque, il paradiso terrestre, si cerca più tosto, volendo anche essere pragmatici, i valori della persona umana, che non si trovano creando buchi neri, cioè malcostume e profitti illegali. Allora serve anche una buona lettera per esempio della bibbia, delle materie umanistiche e della storia dei popoli. Il binomio umiltà e moderazione è una virtù. L’umiltà in particolare si deve applicare in qualsiasi manifestazione umana, sia essa di natura scientifica, umanistica, filosofica, e in particolare religiosa, la moderazione nelle azioni degli uomini. Quanto più l’uomo si addentrerà in ogni sapere tanto più troverà che non si finirà mai di imparare e, a ragione, troverà che le sue percezioni potranno essere a volte sbagliate come giustamente ha messo in evidenza la vera scienza sperimentale. Un esempio, la filosofia di Aristotele (384-324 a.C.) ha condizionato, ma anche stimolato, le menti degli uomini per un’epoca durata circa 2000 anni fino all’epoca di Galileo, per non parlare di filosofi più moderni come kant ( 1724-1804) con i suoi giudizi a priori secondo i quali non era necessario ricorrere all’esperienza. Secondo kant per esempio l’affermazione :“ …”questo corpo ha un peso” poteva essere pronunciata sempre. Si sbagliava. I corpi in caduta libera perdano il proprio peso. Altro esempio kant, affermando che lo spazio e il tempo erano anch’essi giudizi a priori, semplici schemi mentali, non realtà. Si sbagliava. Lo spazio e il tempo non solo formano un’unica entità reale, ma costituiscono l’impalcatura, la geometria dell’universo. Lo spazio –tempo è un “ concentrato” di energia. Nonostante kant abbia seguito un percorso della ricerca scientifica ( sul modello del sapere di Newton) , studiando anche la matematica e la fisica, e fosse ritenuto tra i più importanti filosofi dell’era moderna, certe sue percezioni, ci volle del tempo, si dimostreranno poi sbagliate. Questo sta a dimostrare che, non solo, non si finisce mai di imparare, le nostre percezioni spesso ci inducano a commettere errori grossolani. Tuttavia spesso dimostrando che certe cose sono sbagliate il sapere umano progredisce. In un certo senso gli errori, naturalmente intellettuali, ricordiamolo, e comunque accompagnati sempre dall’umiltà, sono un bene, perché altrimenti si rimarrebbe fortemente condizionati dal timore di esporre certe idee, che a volte, al contrario, sono rivoluzionarie. Per esempio le idee, ancora giovanili, di Einstein, di de Broglie e di Plank sono state rivoluzionarie: esse diedero l’avvio alla fisica moderna. Ma Einstein, de Broglie e Plank e tanti altri veri scienziati come per esempio Maxwell, Schroedinger conosceva la fisica e in particolare la matematica. Senza la matematica le idee o le percezioni di questi scienziati non potevano tradursi in conoscenza. Bisogna conoscere la matematica usata in particolare di Einstein, di Maxwell, Schroedinger per capire quanto fosse difficile per questi grandi menti riportare alla luce nuove ed affascinanti scoperte. La matematica, tra tutte le discipline del sapere, ha il grande privilegio, quello di essere logica, e dunque essa è un mezzo potente e semplice. La matematica è il linguaggio semplice e logico usato dalla mente umana per parlare con la natura. È la logica matematica che sta riportando alla luce la logica dell’universo con sue leggi fisiche peraltro semplici. Matematica logica e universo logico; matematica semplice e leggi fisiche dell’universo semplici; non vi sembra sorprendente? Ma la matematica non è nata dal nulla, è nata dalla mente umana, e la mente umana a sua volta è interconnessa con il resto dell’universo. Solo in questo senso Kant poteva sostenere che è la mente umana a conferire ordine al mondo per poterlo capire. Ma kant non conosceva la matematica, adottata in particolare da Einstein per concepire che lo spazio tempo è un’unica entità reale, e non uno schema mentale come kant sosteneva. Né conosceva, kant, la struttura dell’atomo e le nuove leggi fisiche, perché scoperte dopo. Possiamo dire che chi conosce la matematica ha possibilità in più di comprendere meglio la natura delle cose. È difficile per esempio che un biologo possa comprendere a pieno la chimica molecolare quantistica ed atomica se non ha una adeguata conoscenza della matematica. Non volendo essere frainteso, ricordiamoci però che matematica è frutto della mente umana, quella che ogni biologo o neuro scienziato studia. E la vita è fatta di atomi, però va vista in senso olistico. La matematica nella sua astrattezza è mezzo potentissimo, meglio la comprende chi ha possibilità di applicarla. Credo che i ragazzi in generale non amino, e dunque trovino difficile la matematica perché spesso vengono abituati a vederla come “freddi” numeri o operazioni lunghe e noiose. Se ragazzi venissero messi nelle vere condizioni di capire l’importanza, nelle applicazioni in svariati campi del sapere, della matematica, imparerebbero ad amarla e dunque a comprenderla. È con la matematica, accompagnata dalla sperimentazione, che nasce la scienza vera. Le vere teorie scientifiche dell’ingegneria, della fisica, della chimica sono state sviluppati e vengono sviluppate attraverso la matematica. Non solo,le teorie matematiche danno delle soluzioni numeriche, che possono essere misurate e controllate. Di fatto ogni teoria scientifica dovrà superare la prova, quella della sperimentazione riproducibile, sempre sottoposta ad rigido protocollo di lavoro e controllo. È la nostra mente a sviluppare le teorie scientifiche però usando un mezzo logico, quello matematico, che essa stessa ( la mente) ha sviluppato nel corso dei secoli. Pensare attraverso i numeri è diverso che pensare per intuito, perché i numeri rappresentano la misura di grandezze geometriche, fisiche e chimiche. Nell’articolare una teoria scientifica concorre si l’intuito, ma accompagnato dalla misura, il numero. I numeri rappresentano l’ordine delle cose. È poiché l’universo è ordinato e logico, esso ubbidisce alle legge matematiche semplici. Se l’universo non fosse logico, le leggi matematiche non potrebbero essere applicate. Dunque la vera scienza non fa altro che studiare e mettere in evidenza l’ordine della natura. Il vero scienziato pensa pure all’origine di questo ordine, ma il suo pensare, in questo caso, rientra umanamente e giustamente nel libero pensare , quello cioè che da luogo in particolare e solitamente alle implicazioni filosofiche, che possono assumere forme e sfumature diverse. I teologi invece hanno sempre pensato che l’ordine dell’universo sia la prova dell’esistenza di Dio. È sorprendente che i teologi hanno sempre creduto, senza saperlo, all’ordine esistente nell’universo: infatti l’ ordine, ma anche la logica, dell’universo sta vedendo fuori per merito della vera scienza. Viene fuori in modo del tutto naturale che teologia e scienza stanno lavorando per lo stesso scopo, seppure, per molti aspetti, in modo diverso. In questo senso è un cammino, quello della scienza e della teologia, bello, naturale e, credo, ancora molto lungo: percorriamolo tutti insieme con pazienza e con autentica umiltà!. Si dice anche che la scienza, oltre ad essere nata in generale come piacere del sapere, in particolare, quella occidentale è stata stimolata dalla tradizione giudaica- cristiana, avendo questa sempre ritenuto che l’ordine dell’universo è opera di Dio. Ciò costituisce un buona motivazione di ritenere la scienza un mezzo potente per esaltare e mettere in evidenza l’ordine delle cose; da questo punto di vista, dunque, la teologia, secondo me, non corre neanche il rischio di secolarizzarsi. E’ vero che la scienza continua rinvigorire l’idea di Dio. È da notare a questo riguardo quanto il papa Giovanni Paolo II, in occasione delle celebrazioni dei 350 anni dalla pubblicazione del “ Dialogalo sopra i massimi sistemi del mondo” di Galileo , disse : ….” La chiesa sostiene la libertà di ricerca che è uno dei più nobili attributi dell’uomo. Mediante la ricerca l’uomo perviene alla Verità: uno dei nomi più belli che Dio si sia dato. Ecco perché la chiesa è convinta che non può esserci vera contraddizione tra scienza e fede, dal momento che tutta la realtà procede in ultima istanza dal Dio Creatore”. La vera scienza è stata costruita dalla mente di tutti gli uomini di tutte le epoche. Infatti essa non è saltata fuori all’improvviso, ma nata pian piano, indizio dopo indizio. Il fatto che il progresso scientifico del xx secolo è stato il secolo del massimo splendore di conoscenze e che a tutto oggi continua ad affascinarci, rafforzandosi con ritmo tale che non ha avuto un uguale nel corso nei secoli precedenti, non significa che tutto il riconoscimento è da attribuirsi agli scienziati dell’epoca moderna, perché senza i vari contributi di pensatori del passato, questo progresso di massimo splendore, credo, che difficilmente si sarebbe potuto realizzare. È bello e anche, sotto certi aspetti, sorprendente che chi un modo chi in un altro, tutti gli uomini dal passato fino ad oggi hanno contribuito a che essi, noi, tutti insieme abbiamo costruito un piccolo mondo, quello delle grande scoperte, i cui elementi primi qualcuno, un essere divino, li ha messi a disposizione degli uomini. Tutto ciò mi lascia fortemente attonito. Ecco perché ci dobbiamo anche aprire ad una nuova visione, quella che guarda le cose, interconnesse l’una all’altra, nella loro globalità, naturalmente con autentica umiltà. Aristotele, Kant e cosi via tanti pensatori hanno tirato fuori cose in parte corrette e in parte sbagliate. Le cose sbagliate sono state messe in evidenza da altri pensatori che si sono succeduti. Possiamo dire meglio cosi: le cose sbagliate sono state perfezionate con altre teorie comprovate sperimentalmente. Queste ultime però potrebbero essere ancora migliorate attraverso nuovi indizi ancora sconosciuti e cosi via. Quello che è sbagliato è di non arroccarsi su posizioni dogmatiche in particolare in campo scientifico. Infatti succede, come spesso è già accaduto, che uomini di scienza, e non, per la loro autorevolezza a volte carismatica, possono condizionare il cammino graduale della conoscenza nel tempo. Il tempo è prezioso per tutti e non va sprecato. Se la vera scienza, e non solo la scienza, è accompagnata dall’umiltà si guadagna del tempo per nuove, affascinanti e utili scoperte. Il successo del metodo scientifico, da Galileo in poi in particolare, ci suggerisce e ci incoraggia che indizio dopo indizio sarà possibile svelare i misteri della natura. Allora il mondo apparirà con maggior chiarezza nella sua globalità. Non è detto che non sarà possibile arrivare ai limiti estremi della conoscenza. Dopo tutto la strada da fare è, credo, lunghissima, forse un cammino senza fine e alla fine, cioè all’estremo ultimo è li che “ risiede” Dio. E dunque un giorno per incapacità di raggiungere l’ estremo ultimo, coloro i quali ci saranno, seppure in modo indiretto, “vedranno”, meglio di noi, Dio. Io già L’ho già “intravisto”, leggendo una certa logica e un ordine, esistenti nell’universo. Oggi prendo dell’atto di questo ordine, ordine,secondo me, pensato da una mente Divina. Mi sbaglierò, ma se nell’universo non si intravedesse ordine, ma caos, e da questo ultimo emergesse una fede sarebbe molto peggio di uno sbaglio, peraltro non lesivo, perché sarebbe una forte presunzione fare derivare una fede dal disordine, da cui nessuno ragionamento logico sarebbe possibile fare, né sarebbe stato possibile applicare la logica matematica. Diceva Einstein: “ la cosa più incomprensibile dell’universo è che è comprensibile” .Inoltre Einstein Amava ripetere: …”Dio non gioca a dadi”, mentre Niels Bohr ribatteva: Albert, la vuoi piantare di prescrivere a Dio quello che deve fare? Einstein riteneva infatti che la fisica mancasse di un vero e complesso apparato matematico, che, una volta scoperto, sarebbe stato in grado di descrivere la vera ed unica natura degli atomi. In altre parole se l’universo è stato concepito da Dio, all’interno di esso vi è nascosta una logica unificante. Dall’altra parte , secondo me, c’è una considerazione da fare. L’universo è ordinato, la vita in particolare cosciente gode del massimo ordine ( entropia negativa), inoltre all’interno di esso si riscontra una logica, diciamola pure “sotto” “logica”, descrivibile con la logica matematica. A coronare questa logica descrivibile vi sarebbe una logica, “unificante”, ma per cosi dire inafferrabile, che altro non sarebbe che quella che darebbe variabilità all’intero universo. Infatti la natura è incantevole proprio perché è mutevole nel tempo e nello spazio. Un esempio, a nessuno piacerebbe che noi, uomini, fossimo tutti identici e pensassimo allo stesso modo nel corso dei tempi all’interno dello stesso spazio. Lo stesso esempio varrebbe per le altre cose in natura. Ciò mi spinge ad una riflessione. Intanto quello che sembrerebbe logica inafferrabile è anche logica, inoltre la nostra mente è anche “ filosofa”, nel senso che le nostre percezioni limiti potrebbero essere preamboli che tenderebbero “ a stabilire un filo diretto ( atto di fede) con la “ visione” di Dio, l’inafferrabile, il trascendente. In ultima analisi, il tutto è ( o sarebbe) logica globale, al di sopra della quale c’è (o ci sarebbe) Dio universale. A tali livelli di conoscenza la forma condizionale è obbligatoria, anche perché cosi il senso dell’umiltà si accresce. Aspettiamo! Io non sono ansioso di correre, più tosto sono curioso di apprendere da altri e di pensare liberamente con la mia testa. Vi sono infatti livelli di conoscenza che non possono né immaginate né e di conseguenza, a maggior ragione, dimostrate. Ciò in certo senso mi fa ricordare il teorema di Cantor e quello, correlato in qualche modo a questo, dell’incompletezza di Kurt Godel. Il teorema di Cantor sulla non esistenza di un numero cardinale più grande di tutti gli altri, e cioè, dice Cantor, dato un insieme comunque grande, esiste un insieme ancora più grande e cosi via senza fine. Se l’insieme dato è infinito, esiste un altro insieme infinito più grande, la cui cardinalità è maggiore di quella dell’insieme dato. Per farmi meglio capire, immaginate una retta infinita: esiste un segmento AB, dato, esiste un altro segmento CD che contiene AB, che a sua volta è contenuto in segmento più grande e cosi via fino all’infinito: una disposizione di infiniti segmenti, uno incluso nell’altro, disposti per cosi dire a scatola cinese senza fine. Quando c’è di mezzo l’infinito, cioè l’assoluto che contiene tutte le cose, tra queste esistono entità che non possono essere comprese e nemmeno analizzate attraverso la matematica. Infatti Cantor, uno tra più grandi matematici del IXX secolo, riconoscendo l’impossibilità di avere un insieme che contiene ogni cosa, concluse che ci deve essere un Assoluto, qualcosa che non può essere incluso o analizzato della matematica, cioè Dio. Cantor, come i più grandi campioni della scienza, era un grande credente. L’assoluto di Cantor e i suoi numeri transfiniti sembrano rimarcare l’immagine di Dio descritta da S. Agostino nella Città di Dio. S. Agostino dice:…. ”Ogni numero è conosciuto da colui l’abilità di comprendere del quale non può essere soggetta a numerazione. Sebbene la serie infinita dei numeri non possa essere contata, questa infinità non è al di fuori della sua comprensione. Da ciò deve seguire che ogni infinità è, in un modo che non siamo in grado di esprimere, resa finita per Dio”. Io dico : L’Assoluto è di Colui che E’. Noi possiamo solo contemplarLo. Nella contemplazione e nelle riflessioni sulla tutta la bellezza dell’universo e dei suoi misteri, ci rendiamo sereni. Einstein racconta che, in una conferenza tenutesi in Giappone nel 1922, nel momento in cui, nelle sue riflessioni,….” seduto sulla mia sedia nell’ufficio brevetti quando, a un tratto, mi venni un idea: “ se una persona cade liberamente non sentirà il proprio peso. Fu sorpreso. Questo semplice pensiero mi impressionò moltissimo, spingendomi verso la teoria della gravitazione. Einstein riferi questa intuizione come il pensiero più felice della mia vita. “
Prendendo in uso le parole poetiche di Leopardi dico ancora,… “ tra questa immensità s’annega il pensier nostro (mio): e il naufragar ( m’è) c’è dolce in questo mare”
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20/04/2010 19:18
 
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Del resto anche il principio dell’incompletezza di Kurt Godel in certo senso conferma la stessa cosa, cioè secondo il quale, dimostrandolo, esistono teoremi che non possono essere mai dimostrati, per quanto i matematici possono costruire un sistema logico di principi su cui realizzare l’aritmetica, l’algebra, l’analisi e il resto della matematica: un tale sistema non potrà dirsi mai essere completo. In parole povere, quindi, nemmeno la matematica è in grado di dimostrare l’esistenza di Dio. Ciò naturalmente rende poco felici gli illuministi, in particolare quelli ortodossi, che speravano o sperano di spiegare ogni cosa con la ragione. Fatto è: né la matematica e, dunque, né la ragione possono spiegare l’essenza di Dio. Ciò è sorprendente, perché neanche la nostra mente è in grado di concepire l’essenza trascendente di Dio. Tutto sembra procedere secondo una logica coerente, cioè il possibile e l’impossibile farebbero parte di una logica globale: come dire, la matematica dell’immanente ( la mente umana, la natura) e “quella” del trascendente ( Dio). Del resto la matematica è nata dalla mente umana, che, guarda caso, neppure attraverso la stessa matematica, a sua volta, non può comprendere Dio. È solo un caso? Riflettiamo tutti insieme, credenti e non credenti! L’idea, in se, di infinito, in particolare di quello assoluto, è destinata restare per sempre inconcepibile dalla mente umana....
... Mentre i giovani si appresteranno a studiare il grande libro di Dio, attraverso le scienze, noi vogliamo continuare a capire la logica che ha seguito il creatore del mondo. I dettagli e altro lo lasceremo ai giovani del domani.

Gli elettroni, i protoni e neutroni non sono ammucchiati negli atomi in modo casuale, ma distribuiti secondo logica: i protoni stanno al centro dell’atomo, non da soli però altrimenti esploderebbero, avendo la stessa carica positiva. Il suo Creatore ha pensato di porre, tra protoni i neutroni, che hanno il ruolo, tra le altre cose, di schermare le cariche positive degli stessi protoni. Mentre gli elettroni stanno relativamente in periferia, “ruotando” attorno al nucleo centrale, senza mai essere risucchiati dalla carica positiva totale dei protoni.

Mi domando: è possibile che tutto sia accaduto casualmente? No. Sarebbe troppo difficile per chi studia con amore queste cose dire: tutto è causale. Ecco perché io credo il Colui che ha fatto il mondo. Trovo che la natura ha una sua logica. L’antico stupore verso la natura, che aveva cosi attratto gli uomini antichi, si unisce la logica di essa stessa, legata a quella della matematica. L’atomo è sede del magnetismo oltre che delle cariche. In altre parole l’atomo è sede dell’elettromagnetismo. Magnetismo e elettricità due aspetti diversi inseparabili, facenti parte della stessa medaglia. Gli elettroni, i protoni e gli elettroni dentro l’atomo si comportano come i microscopici aghi magnetici.

Per esempio un atomo di idrogeno è composto di un solo protone, che si comporta come un ago magnetico. Ponendo l’atomo di idrogeno in forte campo magnetico, “l’ago” magnetico del protone si orienterà parallelamente al campo magnetico. Il fatto che il protone dell’idrogeno si comporta pure come un’onda elettromagnetica, è possibile farlo entrare in risonanza, inviando su di esso un’onda radio della stessa frequenza. Questa onda radio, inviata sull’atomo di idrogeno posto in forte campo magnetico, si farà per cosi dire “accappiare” del nucleo dell’idrogeno, di conseguenza caricandosi di nuova energia entrerà in risonanza e il suo ago magnetico cambierà orientamento. Nell’istante in cui il nucleo cederà l’energia assorbita all’esterno, il suo ago magnetico ritornerà nella direzione originaria. L’onda radio emessa può essere registrata come immagine dell’idrogeno. Senza entrare nei particolari, la risonanza magnetica si base su questo principio. Infatti sfruttando il fatto che varie aree per esempio del cervello non contengono acqua nella stessa quantità e che per ogni molecola d’acqua vi sono atomi di idrogeno e uno di ossigeno, è possibile attraverso la risonanza magnetica disegnare l’immagine interna del cervello. Grazie a questa tecnica è possibile vedere cosa accade all’interno il nostro cervello. È pura coincidenza, causata degli scherzi della natura, il fatto di concederci di guardare il nostro cervello o qualunque altra parte del nostro corpo? A questo punto lascio agli altri il giudizio. Andando un po’ più vicino all’origine delle cose, ti accorgerai che quello potrebbe sembrare difficile lo troverai sorprendentemente ridotto in due sole cose: corpo e spirito. Vediamo in che senso. Ci domanderemo, per questo, cos’è la materia? L’acqua, i nostri libri di scienza, il pane, il nostro corpo e cosi via sono materia. Se provassimo a togliere le cariche elettriche e subnucleari, come si trasformerebbe la materia? Si trasformerà in massa, che essendo equivalente all’energia, di conseguenza repentinamente si trasformerà in energia. È stato già dimostrato. Energia spirituale, mi chiedo? Non so rispondere. Lascio agli altri a giudicare o a quelli che si occupano più squisitamente della “scienza” delle cose di Dio, per altri aspetti. Dunque siamo in presenza di due cose fondamentali: il corpo e l’energia. Se l’energia la ponessimo uguale allo spirito, avremmo il binomio: corpo- spirito. Ciò che noi chiamiamo massa è energia “concentrata”. La massa, tenuta insieme dalle cariche elettriche e subnucleari, da luogo alla materia. Esiste la materia ed esiste l’energia: è noto a tutti. La scienza vera, lo volesse o no, sta andando, senza saperlo, verso la direzione giusta: l’atto creativo, anche se questo sia fuori della sfera della conoscenza umana. Non è tutto. Ammesso che sia stato Dio ad innescare il big bang, dando cosi origine all’universo, da quell’istante in poi tutto si svolse in modo sequenziale, guidato continuamente ed ininterrottamente dallo spazio tempo, indicando alle particelle, elettroni, protoni e neutroni come muoversi e dove convergere. Quello che potrebbe sembrare il caos simile a quello provocato dallo scoppio di una bomba( big bang non è inteso proprio cosi), da li, dal big bang, alla fine, per farla breve, nacquero 92 atomi. Non un miliardo di atomi diversi, che da un caos generale ci si poteva anche attendere, ma solo 92 atomi diversi, il cui numero di protoni uguale quello degli elettroni cresce sorprendentemente da 1 a 92, dando luogo rispettivamente all’’idrogeno, all’elio e cosi via. Nasce la tavola periodica degli elementi. Inoltre, molti sostengono, gli atomi combinandosi fra loro in milioni di milioni di modi, hanno fatto nascere l’uomo, e per puro caso, essi sostengono, un è nato l’uomo, consapevole di sé stesso, che prova sentimenti, che ragiona, che studia gli stessi atomi attraverso la matematica e per via sperimentale. E per rendere il discorso più straordinario, che va al di là della comprensione umana- non su Dio- voglio richiamare l’attenzione di tutti sulla velocità della luce nel vuoto. Una velocità costante di 300 mila km/s. Eppure gli atomi, di cui noi siamo fatti, che essi stessi generano la luce e nello stesso la loro coscienza insieme alla loro razionalità, non sono in grado di concepire che un raggio di luce possa compiere in un solo secondo 300 mila km/s. Qualcosa,dunque, che va al di là della comprensione o dell’esperienza umana. Tutti, se interrogati, si chiederanno:…” come è possibile una velocità costante e quasi istantanea”? Eppure è un fatto oggettivo, misurato.

Allora viene da chiedersi è possibile l’esistenza di Dio? Si, rispondo io.
Perché se un dato oggettivo, che rappresenta per tutti noi, un fenomeno inconcepibile alla comprensione umana, solo una mente superiore o trascendente può concepire e creare simili fenomeni- e vi assicuro che di misteri ve sono ancora moltissimi- che vanno al di là della pura e razionale comprensione umana. Di fronte a tali fenomeni oggettivi, ma sorprendenti, non c’è parola-compresa la stessa parola Bibblica per chi non crede- che possa farci maturare in noi il senso della fede. È vero, allora, che l’universo è il grande libro della rivelazione. Neanche gli atei possono resistere a non cercare la fede. Ecco la grandezza della vera scienza. Essa ci mette di fronte, con fenomeni oggettivi e riproducibili- di fronte ad una scelta: credere o non credere, nonostante la vera scienza non si occupi di cose che vanno al li là del sapere umano.
A parte la piacevolezza a cui essa ci invita nel ricercare l’origine di tanti misteri, tuttavia mette tutti nelle condizioni di riflettere e -chi sa- di credere in un grande progetto. Sta di fatto che le più grandi menti del sapere umano, compreso Einstein, sono quasi tutti credenti.
[Modificato da Coordin. 23/03/2012 18:30]
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20/04/2010 19:44
 
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Per affermare l'esistenza di Dio in modo assoluto, non è possibile farlo con gli strumenti disponibili, perchè Dio trascende la natura da Lui creata.

In ogni caso è stata tentata una formulazione come segue:

"LA MATEMATICA DI DIO" -

Dio esiste:
Р (φ) φ è positivo (ο φ ε Р)
1^ assioma: Ρ (φ) . Ρ(ψ) > Ρ(φ •ψ).
2^ assioma: Ρ (φ) v Ρ (~φ)
1^ definizione G (x) ≡ (φ) [Ρ(φ) > φ (x)] (Dio)
2^ definizione φ Ess. x ≡ (ψ) [ψ (x) > N (y) [φ (y) >ψ (y)] ] (Essenza di x)
p > nq = N (p>q). Necessità
3^ Assioma P (φ) > NP (φ) ~ P (φ) > N ~ P (φ)
poiché ciò segue dalla natura della proprietà.


 Sembra quasi una affermazione blasfema tale appare la distanza tra una scienza, la matematica appunto, e l'Essere Supremo, inafferrabile, eppure in ogni dove, inarrivabile, eppure così vicino, inspiegabile, eppure così semplice. 
Il grande logico matematico non pubblicò mai il suo lavoro. Ma Gabriele Lolli e Piergiorgio Odifreddi decisero di publbicare le poche pagine scritte dal matematico austriaco con alcuni commenti. Tutti diretti a contestarne il contenuto. La formula è complicata per la mia mente, un tempo facilmente attratta dalla matematica, ora non più, altri studi, altri modi di pensare hanno sconvolto il mio processo logico ed ora ricerco altre cose, cerco di far affiorare l'istinto, il profondo, l'ancestrale sentire che tutto unisce e tutto pervade. Mi perdo nelle formule. 

No. Dio non può essere così complicato. E' necessaria la prova dell'esistenza di Dio? O la domanda è un'altra, che ribalterebbe la discussione.
Dio usò la matematica per creare il mondo?
Secondo il credo dell'antico testamento Dio usò la parola o meglio la forza della parola.  Sia fatto così come io ho pensato. E il mondo fu. La luce si separò dalle tenebre. La parola è così forte, la sua forza può avere tali conseguenze che il nome di Dio è oscuro e verrà rivelato alla fine dei tempi.
In ebraico le parole hanno un significato profondo. L'alfabeto ebraico a 22 lettere, tutte consonanti, le vocali sono rappresentate da punti che molto spesso scompaiono e non sono segnati. Ventidue lettere e nove vocali. E così nelle lettere cominciano a far ingresso i numeri. Ventidue. 

3,5 X 2 = 7 X π = 21,98

21,98 è quasi 22 che corrisponde dunque alla circonferenza di un cerchio che ha il diametro uguale a sette. Solo una coincidenza? Il sette è il numero della creazione e secondo una interpretazione della Torà, le lettere erano presso Dio e da Lui furono usate per creare il mondo. Ogni lettera contiene una parte dell'infinita luce divina. Del resto il linguaggio, le parole, sono solo dell'Uomo creato ad immagine e somiglianza del divino e pertanto capace di usare le parole.
Ogni lettera è rappresentata con un segno, rappresenta un oggetto ed legata ad un numero.

א La prima lettera Alef, l'unione degli opposti, il numero Uno, l'essenza di tutti i numeri e di tutti i conti, è la chiave di tutto, è l'unità del Dio unico. 

ב Beit la seconda lettera. La parte femminile, ricettiva. La dualità. Il momento stesso nel quale Dio cessa di essere uno e diventa altro e crea. Crea a sua immagine e somiglianza. Crea l'uomo.

ג Gimel Il movimento, la forza della creazione e del cambiamento. Ma è anche l'equilibrio. Il numero tre simbolo di stabilità e dei tre elementi: acqua, fuoco ed aria che riposano sul quarto elemento la terra

ד Dalet Ma dove risiede la saggezza? Nell'annullare se stessi, farsi poveri per essere esaltati nella ricchezza. E' il numero quattro, i quattro stadi: solido, liquido, gassoso, in combustione, ma anche le quattro lettere che compongono il nome di Dio, il nome che può essere pronunciato con rispetto e amore.

Gli ebrei chiamano Dio Il Nome Ha-Shem, solo a Mosé Dio si rivela come YHVH Yud - Hey- Vav- Hey.
Nella Torà il nome di Dio è ripetuto 1820 volte

70 X 26 = 1820

70 di nuovo il numero della creazione e 26 corrisponde alla somma delle lettere del nome di Dio

י Yud  10
ה Hei   5
ו Vav   6
ה Hei   5

e così 26

Le lettere del nome di Dio sono impresse nella creazione e ovunque è possibile intravedere una quadripartizione là vi è il nome di Dio o meglio le parole in ebraico riportano le lettere che compongono il nome di Dio. Come un imprimatur, un sigillo. 

Si ripresenta altrove lo stesso fenomeno?
Certo. La sezione aurea, quel numero che contiene l'armonia e se ripetuto crea quella sensazione di perfezione che solo alcuni luoghi e alcune costruzioni trasmettono. Armonia. Che è bellezza e completezza. Completezza che è unità. Uno. Come Dio.
La sezione aurea è una proporzione dell'universo che determina l'armonia delle cose.
Il numero d'oro 1,618
Il rapporto tra la base e l'altezza della piramide di Cheope è pari a 1,58 circa 1,618 Nei megaliti di Stonehenge il rapporto tra i due cerchi è circa 1,6, la pianta del Partenone è un rettangolo aureo e così anche nella cattedrale di Notre Dame a Parigi o nel Palazzo di Vetro dell'ONU.
Se proviamo a misurare le dimensioni del corpo della Venere del Botticelli ritroviamo costantemente la divina proporzione. 

Ma anche il nostro corpo è costruito così.
Il rapporto tra la distanza tra terra e l'ombelico e la statura è 1,618. Se moltiplichiamo la distanza tra il gomito e la punta delle dita per 1,618 otteniamo la lunghezza complessiva del braccio e così per la gamba o le mani o il viso. Tutto è proporzionato e rapportato al numero aureo.
Ma è ancora più sorprendente scoprire che se si costruisce all'interno di un rettangolo aureo una spirale tale spirale con le stesse proporzioni è ripetuta nel mondo vegetale e animale.
L'armonia della natura è pura matematica o meglio geometria perfetta, geometria e ciò sustanziazione dei numeri astratti, proporzioni costruite secondo una razionale scelta di dimensioni. Così tutte è perfetto nella diversità e nella complessità da essere semplicemente armonioso. Gli occhi si appagano di tale armonia. 

Ma i numeri ci consentono anche un'altra e più angelica armonia: la musica, che altro non è se una sequenza matematica.
La costruzione di una scala armonica è un esercizio matematico così come fu studiato da Pitagora. Nella Vita di Pitagora Giamblico racconta: <>
Poco credibile il racconto ma significativo il risultato: Pitagora crea uno strumento utile, come il compasso o il regolo, all'orecchio per percepire e misurare l'armonia della musica.
Pitagora trova conforto alle sue teorie: il numero è la sostanza del mondo, è il modello originario di ogni cosa, i numeri misurano la perfezione dell'universo. 

La tetraktys, sacra ai pitagorici, è una figura geometrica espressa in numeri così come i numeri divenendo forma creano l'universo. Il mondo è costruito secondo i rapporti armonici degli accordi musicali: la musica strumentale, la musica dell'uomo e quella cosmica vibrano all'unisono con l'universo in armonia. La prova di tutto ciò? La capacità dell'uomo di comprendere e spiegare le leggi dell'universo attraverso i numeri e di descriverle con il logos che è parola, ma ragione ultima delle cose, spiegazione, principio.
Il numero che è armonia e logos.
Le parole di Dio hanno creato un mondo in armonia perfetta. Parole che sono numeri ma anche musica.
La musica si esprime attraverso formule matematiche, la divisione ritmica del metro musicale è una frazione matematica ma è strettamente collegata a fenomeni fisici perché il suono si compone di onde stazionarie ma può essere scomposto in onde sinuisodali mediante l'analisi armonica dell'algoritmo della trasformata di Fourier.
Nel comporre molti grandi musicisti si attennero a principi matematici complessi si pensi ai canoni di Joan Sebastian Bach. Il grande maestro fece parte di una società segreta fondata nel 1738 a Lipsia da Lornz Mizler, finalizzata a studiare i legami tra la matematica e la musica o meglio il suono della matematica che è la musica. Il blasone della società era formato da un cerchio, la perfezione e da un triangolo, la trinità, circondati da api, all'interno i numeri 1,2,3,4,5,6 ossia i numeri armonici. Se dividiamo una corda in due avremo l'ottava, se operiamo la divisione 3 a 2 la quinta, 4 a 3 la quarta 5 a 4 la terza maggiore pura, 6 a 5 la terza minore. 

Nel medioevo la musica con l'artimetica, la geometria e l'astronomia appartenevano al sapere scientifico <> (Jean-Philippe Rameau, Trattato dell'armonia ridotto ai suoi principi fondamentali, 1722).
Ma la scienza è riuscita a distruggere la poetica visione del mondo che da Pitagora a Bach, pervade la nostra storia? 

Si deve giungere sino alla meccanica quantistica e alla misurazione dell'infinitamente piccolo. La misurane viene intesa come probabilità e secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg. Non sarei più in grado di andare avanti di comprendere e ciò che è più difficile raccontare le teorie degli ultimi anni, piuttosto mi interessa ricordare che tutto in questo mondo infinitesimo è indeterminato ed oscillante. Tutto: un fascio luminoso, come un fascio di elettroni od un singolo elettrone è trattato e ha le caratteristiche di un'onda. E tutto dipende da colui che osserva.
Così torniamo alla trasformata di Fourier il cui modulo quadro della funzione d'onda fornisce la distribuzione dell'impulso della particella che stiamo studiando.
La singola particella <> ma se ondeggia produce un suono che si propaga appunto a mezzo delle onde. Nell'infinitamente piccolo la musica dell'universo vibra, di una vibrazione continua e comune a tutte le particelle che creano i singoli corpi, e tutti i corpi, di ogni mondo possibile, vibrano e producono suoni, tutto l'universo ondeggia armonicamente in un suono di perfezione. In un canto. In un canto di gioia e di ringraziamento al Creatore come le schiere degli angeli 

Di fredda nube non disceser venti,
o visibili o no, tanto festini,
che non paressero impediti e lenti

a chi avesse quei lumi divini
veduti a noi venir, lasciando il giro
pria cominciato in li alti Serafini;

dentro a quei che più innanzi appariro
sonava 'Osanna' sì, che unque poi
i riudir non fui sanza disiro.
(Paradiso, Canto VIII, 22-30)


Ma vi è un luogo ove anche la musica cessa ove non è necessario alcun movimento ove tutto è così perfetto che tutto riassume e conclude. Là ove l'Uno si materializza. La è il silenzio, un silenzio caldo e intenso, un silenzio che è impossibile spiegare, un armonico e perfetto silenzio ricolmo di Amore.

Qual è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,

tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.

A l'alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva il mio disio e 'l velle,
sì come rota ch'igualmente è mossa,
l'amor che move il sole e l'altre stelle.
(Paradiso, Canto XXXIII, 132-145)






P.S. La misurazione di una costante fisica dimensionale, costante in quanto indipendente dal tempo, dipende dall'unità di misura adoperata. Ma esistono costanti fisiche adimensionali la cui misurazione non dipende dall'unità di misura scelta. La più conosciuta è la costante di struttura fine ά ed il suo valore è 1/137.035999. Non si sa perché ma il 137 è un numero del tutto particolare e inspiegabile <137. Ora, 137 è l'inverso di una cosa chiamata "costante di struttura fine". Questo numero è in relazione con la probabilità che un elettrone possa emettere o assorbire un fotone. La costante di struttura fine risponde anche al nome di costante alfa, e corrisponde al quadrato della carica dell'elettrone diviso per la velocità della luce moltiplicato per la costante di Planck. L'unico significato di tale sproloquio è che questo numero, 137, contiene l'essenziale dell'elettromagnetismo (l'elettrone), della relatività (la velocità della luce) e della teoria dei quanti (la costante di Planck). Sarebbe meno sconvolgente se il rapporto tra tutti questi importanti concetti risultasse pari a 1 o a 3 o, forse, ad un multiplo di p greco. Ma 137?
La cosa più notevole a proposito di questo notevole numero è che esso è privo di dimensioni... Molti numeri si presentano con dimensioni. Ma risulta che, quando si combinano tutte le quantità che costituiscono la costante di struttura fine, tutte le unità si cancellano! 137 si presenta da solo; si presenta ovunque in tutta la sua spoglia nudità. Ciò significa che gli scienziati di Marte o del 14° pianeta della stella Sirio, usando qualsiasi accidente d'unità per la carica e la velocità e la loro versione della costante di Planck, otterrebbero sempre 137. Si tratta di un numero puro.
I fisici si sono scervellati sul numero 137 per gli ultimi 50 anni. Werner Heisenberg affermò una volta che tutti i dilemmi della meccanica quantistica si sarebbero risolti non appena si fosse finalmente spiegato il 137>> (Leon Lederman, La particella di Dio, Mondadori, pag. 32)
A proposito. Il numero che rappresenta la Cabalà, la somma dei numeri corrispondenti alle lettere che compongono la parola ebraica, è il numero 137.


Dal sito
http://www.personaedanno.it/cms/data/articoli/012073.aspx

[Modificato da Coordin. 23/03/2012 18:40]
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20/04/2010 19:59
 
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L'impiego della sezione aurea 

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Rapporto tra musica e matematica.
Anche il Nautilus, una spirale logaritmica, segue i rapporti aurei

Si può far risalire al XIX secolo l'analisi dell'impiego della sezione aurea nelle arti figurative: si è infatti riscontrato che, per esempio, il rettangolo aureo è uno dei più piacevoli all'occhio umano.[2]. L'intento quindi è di riprodurre nella musica lo stesso effetto che si ottiene visivamente. In campo musicale però la percezione di questo rapporto può essere meno esplicito rispetto alle arti figurative poiché in musica subrentra il fattore temporale: il brano deve mantenere una scansione temporale costante per far in modo di avvertire distintamente le (es.) due sezioni in proporzione aurea[3]. (Es, se un brano è formato da 8 battute, può essere suddiviso in 5 e 3 battute).


Si inizia a parlare nella trattatistica musicale dell'impiego della sezione aurea solo nella prima metà del XX secolo con i trattatisti M. A. Brandts Buys, olandese, e J. H. Douglas Webster. Brandts Buys pubblicò ad Arnhem nel 1934 Muzikale Vormleer, dove parla approfonditamente delle architetture e strutture formali musicali con l'ausilio di schemi e grafici. Douglas Webster invece, riscontrando nel suo articolo pubblicato su Music&Letters nel 1950 l'impiego di tale procedura in alcune partiture, fa entrare ufficialmente la sezione aurea nell'ambito dell'analisi musicale. In particolare alcuni musicologi come l'ungherese Ernö Lendvai e Roy Howat analizzeranno in questo senso l'opera di alcuni autori del XX secolo, quali Béla Bartók e Claude Debussy. Jonathan D. Kramer menziona una quarantina di compositori (da Machaut a Webern) i quali avrebbero impiegato nelle loro opere più o meno evidentemente le proporzioni auree. Tra quelli del XX secolo ricordiamo Stravinsky, Xenakis, Stockhausen (vedi il brano Klavierstück IX, dove si hanno frequenti rimandi alle successioni fibonacciane nelle segnature di tempo), Nono, Ligeti, Manzoni e Gubajdulina che disse a proposito di Bartok:

  « [...] L'aspetto ritmico della musica di Bartók mi interessa moltissimo, al punto che vorrei studiare a fondo la sua applicazione della Sezione Aurea. »
   

Tuttavia è molto difficile stabilire se l'artista ha voluto consciamente strutturare l'opera con la sezione aurea o se piuttosto essa sia frutto della sua sensibilità artistica [3], dato che la sezione aurea si riscontra spesso in natura[4], come ad esempio nelle stelle marine, in ammoniti, conchiglie, ananas, pigne e nella forma di un uovo[2]. Infatti mentre alcuni ritengono che i sopra citati Debussy e Bartok impieghino deliberatamente la sezione aurea, per altri questo è meno scontato. D'altronde Debussy scrive al suo editore Durand (agosto 1903) esplicitamente:

(FR)
« Vous verrez, à la page 8 de "Jardins sous la Pluie", qu'il manque une mesure; c'est d'ailleurs un oubli de ma part, car elle n'est pas dans le manuscrit. Pourtant, elle est nécessaire, quant au nombre; le divine nombre [...]. »
(IT)
« Lei vedrà, alla pagina 8 di "Jardins sous la Pluie" che manca una misura; è inoltre una mancanza della mia parte, perché non è nel manoscritto. Ancora, è necessaria, per il numero; il numero divino [...]. »
 

Esempi di retorica nella storia della musica 

Claudio Monteverdi, la seconda practica e la teoria degli affetti 

Claudio Monteverdi, dipinto di Bernardo Strozzi, ca. 1640

Monteverdi intende iniziare la "seconda pratica", diversa da quella "insegnata da Zarlino". La "prima pratica" "l'armonia non è comandata ma comandante", comprendendo gli autori fiamminghi. Egli, con la seconda pratica, intende porre "per signora dell'armonia l'orazione", mettendo in risalto i valori espressivi del testo. Si ha quindi un capovolgimento di prospettive: mentre prima si sentiva il biosogno di creare regole musicali formali, rigide e precise, ora gli ambienti raffinati delle corti preferiscono assoggettarsi al testo per evidenziarlo.

Intende quindi suscitare gli affetti con tre principali passioni: «Ira (stile concitato), Temperanza (stile molle) & Humiltà o supplicazione (stile temperato)». Ritiene di essere il primo a intraprendere lo stile concitato introducendolo nel Libro ottavo dei madrigali; introduce quindi moltissimi espedienti, usa:

  • una frenetica ripercussione di note o accordi
  • ritimi marziali di fanfara, tremoli, pizzicati degli archi.

Questo viene quindi utilizzato anche in scene di guerra come il Tancredi e Clorinda dei Madrigali guerrieri.

Bisogna però osservare che per l'artista cremonese l'obiettivo principale era rendere palese il contenuto del testo nella musica: i madrigalismi hanno quindi sempre minor importanza, utilizzando nuovi criteri. Osservando globalmente il testo da musicare, puntava ad identificare gli affetti principali da muovere in modo da rendere più efficace la realizzazione. La musica quindi si avvicina alla parola diventando di per se "eloquente", tendendo a persuadere l'animo; arriva anche a manipolare il testo per ottenere l'effetto voluto (vedi Ahi, com'a vago sol cortese giro dal "Quinto libro" di madrigali, dove il verso finale viene ripetuto più volte all'interno del testo in modo da renderlo più carico emotivamente). Anche se può sembrare contraddittorio, tutto è incentrato verso le strutture musicali piuttosto che alle strutture poetiche; tuttavia perseguì con successo il suo obiettivo, tanto che esso dichiara nella prefazione del madrigale Combattimento dei "Madrigali guerrieri et amorosi":

  « La nobiltà [...] restò mossa dall'affetto di compassione in maniera che quasi fu per gettar lacrime: et ne diede applauso per essere statto canto di genere non più visto né udito »
   

Girolamo Frescobaldi e la seconda pratica nella musica strumentale 

Ritrarro di Frescobaldi all'età di 36 anni, Claude Mellan (ca. 1619)

Girolamo Frescobaldi, nel suo avvertimento «Ai lettori» del primo libro delle Toccate, spiega il suo progetto musicale: ricercare con lo strumento a tastiera gli affetti cantabili dei madrigali coevi, in grado di produrre efficacia e varietà, seguendo in tutto e per tutto i criteri della seconda prattica. Lo stile delle toccate e delle partite era molto vicino al cantato dell'epoca, con uso di fioriture e mutevolezza delle strutture melodiche e metrico-poetiche.

Egli diede un notevole contributo al genere della toccata, termine che deriva dal toccare la tastiera dello strumento, che poteva essere clavicembalo, organo o liuto. Nel libro delle toccate specifica nelle Avvertimeti al lettore:

  « Nelle toccate ho havuta consideratione che non solo siano copiose di passi diversi, et di affetti: ma che anche ciascuno si possa ciascuno di essi passi sonar senza obligo di finirle tutte potrà terminarle più li sarà gusto »
 
(Girolamo Frescobaldi, Avvertimeti al lettore dalla seconda edizione (1616) dal Primo Libro di Toccate)

Infatti il suo stile ricco di ornamenti rispecchia la musica vocale accompagnata da strumento in voga a quel tempo suonando così con affetti cantabili e diverità di passi; la scrittura è inoltre fedele alle pratiche improvvisative coeve come la diminuzione, fissando così sulla carta tali tecniche che rientravano solo nella prassi esecutiva. Ancora dallo stesso testo:

  « Non dee questo mododi suonare stare soggetto stare soggetto a battuta: come veggiamo usare ne i madrigali moderni, i quali quantunque difficili si agevolano per mezzo della battuta portandola hor languida, hor veloce, è sostenendola etiando in aria, secondo i loro affetti, ò senso delle parole »
   

Sembra quasi che faccia riferimento ai madrigali di Luca Marenzio e Carlo Gesualdo i quali, nei loro segmenti compositivi, contemplano momenti con diversi affetti che sono completi in quanto terminano con una cadenza. Così commentò il francese André Maugars dopo aver assistito ad una esecuzione nella Basilica di San Pietro:

  « Mi ricordo che uno dei violini suonò del puro cromatismo. e benché ciò in un primo tempo mi parve sgradevole all'orecchio non di meno mi abituai poco a poco a questo nuovo modo e ne ricavai un estremo piacere. »
 
(André Maugars, Résponse faite à un curieux sur le sentiment de la musique D'Italie(1639))

Nelle sue opere sono comunque presenti retaggi della prima pratica, come nei Fiori musicali.

Biagio Marini e gli "affetti" sonatistici 

Exquisite-kfind.png  

Gli espedienti adottati da questo autore nelle sue sonate possono essere condiderati mezzi con i quali perseguire l'intensificazione degli affetti. Esempi possono essere l'introduzione di effetti "in eco", "scordature" (accordatura degli strumenti diversa rispetto a quelle solite), "tremoli" con l'arco (vedi la Sonata a tre "La Forscarina" Op.1), "groppi" (ovvero il trillo ordinario) e "trilli". Con il suo libro pubblicato a Venezia nel 1618 Affetti musicali [...] Opera prima. Nella quale si contiene, symfonie, canzon, sonate [...] Accomodate da potersi suonar con violini cornetti & con ogni sorte de strumenti musicali viene impiegato per la prima volta il termine affetto in un titolo di una raccolta musicale.

L' Oratorio: lo Jephte di Giacomo Carissimi [modifica]

Nello Jephte di Giacomo Carissimi, detta anche Historia de Jephte, si vedono particolari usi delle figure retoriche, rintracciabili nella composizione musicale:

  • Uso dei cromatismi come rappresentazioni di acuta sofferenza, tecnica già considerata nel cinquecento come veicolo di espressione di situazioni accorate
  • epizeuxis (ovvero congiunzione), è la ripresa alla quarta superiore di un primo segmento musicale che conferma e enfatizza musicalmente il parallelismo del testo musicale
  • climax viene usato per aumentare la tensione emotiva.
  • intervalli inusitati e dissonanti
  • ripetizioni di parole
  • interpolazioni vocalizzate (manifestazioni musicali di un singolo affetto)
  • variazione del ritmo, da binario a ternario.

Il brano Plorate filii di tale venne pubblicato interamente nel già citato Musurgia universalis (Volume I Libro VII), poiché ritenuto dall'autore di tale manuale esempio magistrale e paradigmatico dell'affetto del lamento. Infatti, per suscitare maggiormente emozioni nell'ascoltatore, accentua l'affetto su parole singole o su gruppi di esse utilizzando tipici inflessioni vocali patetici. Mancano comunque prove certe che Carissimi avesse applicato consapevolmente le immagini retoriche nelle sue composizioni.

Un altro esempio di utilizzo della retorica nell'oratorio può essere costituito dalla Rappresentazione di Anima e di Corpo di Emilio de' Cavalieri; infatti l'autore nella Prefazione scrive che il suo intento è appunto quello di

  « rappresentare in palco la presente opera e far sì che questa sorta di musica commuova a diversi affetti »
   

Retorica in Johann Sebastian Bach

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Clavier-Übung e Orgel-Büchlein.
Johann Sebastian Bach da giovane, dipinto di J. E. Rentsch, il Vecchio (1723)
  « Dove il testo di un corale presenta elementi figurativi, essi vengono espressi attraverso la musica. Raramente tale aspetto rappresentativo è emerso con tanta chiarezza come nelle opere di Bach; la sua inclinazione verso un ardito descrittivismo musicale è particolarmente evidente. Soltanto ciò che è semplice ed immediatamente percettibile si presta a tale scopo; per questo le immagini musicali di Bach sono di una spontaneità elementare. Ma nonostante l'ingenuità cui spesso incorrono le imitazioni musicali della realtà, il suo linguaggio rimane sempre convincente. In Bach tutto questo non è mai fine a sé stesso, bensì immagine rappresentativa di un'idea.

 

[...]Ricordiamo come dalla penna del Maestro non ci sia pervenuta alcuna affermazione sulle particolarità della sua arte. Nemmeno i figli Friedemann e Philipp Emanuel seppero riferire alcunché al biografo Forkel (1749-1818); loro stessi vedevano nel padre unicamente un grande maestro della tecnica contrappuntistica. Le sole testimonianze in proposito sono tramandate oralmente: Johann Gotthilf Ziegler, un allievo di Bach, descrive come questi lo esortasse a "suonare i Corali secondo l'affetto delle parole". Basandoci su questi indizi possiamo dedurre come Bach considerasse l'elemento poetico quale componente talmente naturale della sua arte, da non vedere alcuna necessità di pronunciarsi su di esso. »
 
(Albert Schweitzer, Welches sind die Elemente der Tonsprache des Orgelbüchleins?)

Per tutto il XVIII secolo la teoria degli affetti trova diffusa applicazione. Illustre personaggio mdella storia della musica che adottò questa forma di retorica musicale fu J.S. Bach. Si può riscontrare una maggiore attenzione per questa pratica quando egli fu ammesso alla Societät der Musikalischem Wissenshaften (Società delle scienze musicali) del suo ex-allievo professore di contrappunto all'università di Lipsia Lorenz Mizler, dove erano ammessi solo esperti di filosofia e matematica. I trattati che scrisse per questa società furono tutti in forma compositiva, basta menzionare la Musikalisches Opfer (Offerta Musicale) e Die Kunst der Fuge (l'Arte della fuga). Ivi la complessità della scrittura del contrappunto carica di pathos la musica, complessità raggiunta tramite lo studio delle composizioni della Scuola franco fiamminga

Per l'età barocca con la retorica si persegue l'«imitazione de' sentimenti delle parole» come dice lo stesso Vincenzo Galilei ed è quindi vista come "spiegazione logica della parola" e non come analisi di una parola foco, trasmettendo comunque precise sensazioni e stati d'animo.

Esempi di figure retoriche del genere Augenmusik usate da Bach sono:

  • Nel corale "Nun komm, der Heiden Heiland" BWV 599, sopra la parola "Komm" ("Vieni", nella battuta 1) e "Gott Geburt ihm befellt" ("Dio ci condeda questa nascita prodigiosa", nella battuta 8), l'andamento dei gradi congiunti simbolizza la croce (La4, Si4, Fa#4, Sol4).
  • Nel corale "Puer natus in Bethlehem" BWV 603 la continua incessante alternanza di due note (Do4 e Si3) rappresenta il movimento della culla di Gesù [5].
  • Nel corale BWV 628 Erstanden ist der heilge Christ [Cristo Santo è risorto] il basso ha un movimento ascendente (ascensus).
  • La corale in stile fugato "Omnes generationes", tratta dal Magnificat BWV 243, presenta 41 ingressi delle voci: tante quante, secondo la Bibbia, sono le generazioni da Abramo a Gesù.
  • Nell'aria "Et exsultavit", tratta dal Magnificat, la sezione centrale in tonalità minore è formata da 41 note sulle parole "salutari meo" ("mio salvatore"), tante quante sono le generazioni da Abramo a Gesù.
  • Ricorre il descensus nei motivi di morte e quando si vuole evidenziare la discesa del Signore sulla terra (Natale)
  • La circulatio ricorre nei momenti festivi in quanto conferisce carattere danzante.

Bach nelle sue musiche fa rifermento anche alla gematria, che in Europa viene utilizzata come somma delle lettere alle quali viene così attribuito un significato numerico (vengono attribuite alle lettere numeri in ordine crescente in base all'ordine crescente, ovvero A=1 B=2 eccetera). Bach allarga questa concezione alla confessione luterana con la numerologia (es.: 7 simboleggia i sette doni dello Spirito Santo o le parole del Cristo sulla croce, 3 la trinità, 5 l'umanità. Sono presenti anche riferimenti numerici allo stesso autore: la parola BACH forma il numero 14 e J.S. BACH il 41) In questo modo la scienza musicale si unisce con l'esoterismo, unendo così la musica tramite anche i numeri, alla filosofia.

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20/04/2010 20:03
 
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Perchè Numero Aureo

NB tutte le immagini e parte dei concetti espressi  in questa sezione sono tratte da Wikipedia 

Il numero aureo è espresso dalla lettera greca Phi ovvero:

φ

Nel mio immaginario questo numero rappresenta l'unione tra l'infinito trascendentale e la materia.

Un bagliore dell'infinito.

Studiando le caratteristiche del numero aureo ho provato lo stesso brivido che si prova leggendo le parole dei grandi filosofi, dei grandi maestri spirituali o dei grandi scienziati.

Lo stesso brivido che viene studiando ogni scienza umana, quando non si ha ancora perso l'amore verso lo studio e non si è ancora soggiogati dallo sterile cinismo degli insegnanti.

"..quella del mistero è la più straordinaria esperienza che ci sia dato da vivere. 
È l'emozione fondamentale situata al centro della vera arte e della vera scienza. 
Da questo punto di vista chi sa e non prova meraviglia, chi non si stupisce più di niente è simile ad un morto, ad una candela che non fa più luce.."
Albert Einstein

Molte delle proprietà della sezione aurea e del numero aureo furono scoperte prima del VI secolo A.C. e furono poi esplorate dalle varie scuole pitagoriche.

Sarà Euclide a formulare la prima chiara definizione della sezione aurea e quindi del numero aureo, lasciandone testimonianza nei suoi "Elementi".

Saranno poi molti i matematici che studieranno le proprietà di questo numero. 
Tra questi ci sarà uno dei più famosi matematici nella cultura occidentale, Leonardo da Pisa detto
Fibonacci, che nel tardo medioevo entrerà in contatto con il mondo mussulmano ed in particolare con i grandi maestri matematici sufi.

Informazioni e curiosità su
 sezione aurea e numero aureo

Il numero aureo è un numero non naturale ed irrazionale (ovvero non è un numero intero ed il suo valore non può essere definito con una frazione ed è incalcolabile) 
Il suo valore approssimato è

 φ = 1,618033989......

Il suo valore può essere calcolato con la seguente formula:

1 più radice quadrata di 5 fratto 2

sembra semplice ma questa è solo una formula usata per esprimere matematicamente il valore del numero aureo, la scoperta di questo numero si basò su concetti geometrici e non matematici....

Alcune stranezze:

Il reciproco ed il quadrato del numero aureo hanno le stesse identiche cifre decimali, ovvero:
1,618033989... al quadrato = 2,618033989...
1 / 1,618033989...  = 0,618033989...

Altra peculiarità singolare:
φ2 - φ - 1 =0     ovvero:
 2,618033989 - 1,618033989 - 1 = 0

Un giochino matematico...
- prendere due numeri di tre cifre a caso (es. 496 e 860) sommare i due numeri
- all'importo ottenuto aggiungere il valore più grande tra i due numeri iniziali (in questo caso 860) 
- aggiungere a questa cifra il valore della somma precedente e continuare cosi' fino a raggiungere un valore di almeno 6 o 7 cifre
- dividere l'ultimo valore ottenuto con il penultimo
Si otterrà un valore molto vicino al valore del numero aureo, (più grandi saranno i numeri presi in considerazione più il valore finale sarà preciso). Per dettagli vedere la pagina relativa a
Fibonacci.

La sezione aurea

La sezione aurea è la sezione di una retta tale che
il valore del segmento AC diviso per il valore del segmento CB  dia il numero aureo, ovvero

Ma storicamente il numero aureo deriva dalla sezione aurea e non viceversa, ma cosè la sezione aurea?

Vedete i segmenti AC e CB nel disegno qui sotto?
Ecco cos'è la sezione aurea!
Credo che questa figura non abbia bisogno di commenti.....

La sezione aurea e la sua derivata la spirale aurea, vengono utilizzate da secoli per edificare tutti i grandi monumenti religiosi dell'Islam.

Dagli scavi archeologici si è scoperto che la stessa proporzione è stata utilizzata dagli antichi egizi per edificare la piramide di Giza. 

Attualmente tali proporzioni vengono utilizzate dagli architetti come "misura estetica" a cui aderire per ottenere edifici con caratteristiche di bellezza valide per tutte le culture.

Nella musica occidentale ci sono parecchi esempi di artisti che hanno utilizzato la sezione aurea per basare la metrica della propria musica, come ad esempio tra i tanti Debussy, Stockhausen, Stravinsky etc.

Ma la cosa più strabiliante è il rapporto tra sezione aurea e numero aureo con la natura. Ho approfondito meglio tali argomenti nella sezione dedicata a Fibonacci

 

Leonardo da Pisa detto Fibonacci

Fibonacci nacque a Pisa intorno all'anno 1170 e vi morì nel 1250 circa. 

Seguendo il padre commerciante nei suoi spostamenti, entrò in contatto con il mondo islamico e soprattutto con i grandi matematici di lingua araba e greca.

Si dedicò con grandissima passione agli studi matematici ed al suo ritorno in Europa diventò ben presto noto per queste sue conoscenze.

Scrisse vari trattati (alcuni dei quali giunti sino a noi) ed introdusse in Europa le cifre numeriche attuali (che noi chiamiamo arabe o indiane) e l'uso dello zero.

Viene anche ricordato per un serie numerica che porta il suo nome, che è intimamente legata al numero aureo:

La serie di Fibonacci

La serie di Fibonacci, come il numero aureo e la sezione aurea, ha affascinato moltissime persone a causa dei notevoli riscontri in natura.

Fibonacci osservò la crescita di un'allevamento di conigli ed espose la sua teoria:
partendo da una coppia di conigli e teorizzando di poter in breve ottenere due coppie e poi tre, la progressione matematica della crescita dell'allevamento sarà la seguente:

1+1=2
1+2=3
2+3=5
3+5=8
5+8=13
8+13=21
etc.

Tale serie matematica ha una validità perfetta per moltissimi casi in natura ed è questo che continua a sorprendere  chiunque si accosti per la prima volta all'argomento.

Anche gli artisti si sono lasciati affascinare...

L'artista torinese Mario Mertz ha creato con la serie di Fibonacci un'installazione per la città di Torino, intitolandola "il volo dei numeri". 
L'installazione è visibile durante l'inverno sulla Mole Antonelliana (monumento simbolo della città).


A questo proposito segnalo anche il notevole e gradevolissimo film "Dopo Mezzanotte" di Davide Ferrario, con un cast di attori giovani e molto bravi, tra i quali Giorgio Pasotti, Francesca Inaudi, il bravissimo Pietro Eandi e con la voce narrante di Silvio Orlando . 

Il film è quasi interamento girato dentro ed attorno alla mole e nel cast si può includere anche la Serie di Fibonacci!

Dal punto di vista matematico la serie di Fibonacci ha un'importanza incredibile ancora adesso, difatti tramite questa sono stati analizzati e risolti diversi problemi computazionali e di analisi economica.

La caratteristica più sorprendente è proprio il legame che c'e' tra la serie ed il numero aureo!

Fibonacci studiò separatamente anche le proprietà del numero aureo (restandone affascinato come tutti) senza accorgersi del profondo legame che esiste tra i due oggetti dei suoi studi!.... o almeno così narra la leggenda.....

La serie di Fibonacci in realtà non è solo una, difatti bisognerebbe più correttamente parlare "delle" serie di Fibonacci, questo perchè la base di partenza può essere una coppia di numeri qualsiasi.

E' una serie di Fibonacci, qualsiasi successione numerica che si comporti nel modo seguente:

a+b=c
b+c=d
c+d=e
d+e=f
etc

In questo caso la serie è  c, d, e, f....

Come ho già detto c'è un legame molto intimo tra la serie di Fibonacci ed il numero aureo.. 

Il risultato delle seguenti operazione di divisione effettuate su una qualsiasi serie di Fibonacci daranno SEMPRE il valore del numero aureo in modo più o meno approssimato!

d diviso c
e diviso d
f diviso e
etc

Nella pagina riguardante il numero aureo, proponevo un giochino matematico partendo da due numeri qualsiasi (496 e 860), ecco qui di seguito il calcolo:


Una serie di Fibonacci qualsiasi

Risultato delle operazioni di frazione
= numero aureo approssimato

a

496,00

  

b

860,00


c

1.356,00

(c/b) 1,576744186

d

2.216,00

(d/c) 1,634218289

e

3.572,00

(e/d) 1,611913357

f

5.788,00

(f/e) 1,620380739

g

9.360,00

(g/f) 1,617138908


15.148,00

1,618376068


24.508,00

1,617903354


39.656,00

1,618083891


64.164,00

1,618014928


103.820,00

1,618041269


167.984,00

1,618031208


271.804,00

1,618035051


439.788,00

1,618033583


711.592,00

1,618034144


1.151.380,00

1,618033930


1.862.972,00

1,618034011


3.014.352,00

1,618033980


4.877.324,00

1,618033992


7.891.676,00

1,618033987


12.769.000,00

1,618033989

 


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20/04/2010 21:48
 
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Il numero aureo (simbolo del rapporto aureo, che si ritrova in modo incredibile in natura, e nelle costruzioni umane) è 1,618 (seguito da un numero infinito di decimali), che è il risultato di questa equazione:

x1=(1+V5)/2


Per avere un assaggio delle incredibili proprietà di questo numero, davvero misteriosissimo, fate un piccolo esperimento con la vostra macchina calcolatrice tascabile:


Digitate: 1,6180339887 (ci fermiamo qui per comodità),  premete il tasto per elevare al quadrato (x2).  Cosa vedete ?   Ora digitate la stessa sequenza di cifre iniziale e premete il pulsante della divisione a metà (1/x).  Davvero sbalorditivo, no ?


Il quadrato di 1,6180339887.... (e potete aggiungere quanti decimali volete, del numero aureo) è 2,6180339887....   ... mentre il suo reciproco (1/x) è 0,6180339887 ....     Le cifre dopo la virgola, cioè, rimangono le stesse, nella stessa sequenza,  e il numero aureo è l'unico numero - tra gli infiniti numeri - per il quale accade questa cosa.

IL NUMERO AUREO NELLA NATURA

Quello che maggiormente ci sorprende è che questo rapporto aureo si trova in natura come una impronta divina, dice il Missori. Si scopre nei fiori, nelle foglie, frutta, nella spirale del girasole, nelle spirali di un cono di pino, nella stella Marina, nel nautilus, nel cavallo, nell’uccello, nel corpo umano ecc…

“La natura è scritta in questo grandissimo libro che ci sta aperto innanzi agli occhi, ma non si può leggere se prima non s’impara la lingua e conoscere i caratteri, nei quali è scritta. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”(Galileo Galilei). 

Il Nautilus e la Spirale logaritmica, aumentando, non cambiano la loro forma. 

La spirale è una successione di rettangoli “aurei”, h:b=0,618..numero aureo.

I girasoli di medie dimensioni hanno di solito 34 spirali di semi disposti in senso orario e 55 in senso antiorario, 34:55=0,618..Oppure 21 e 34 e quindi 21:34=0,618..numero aureo.

 

 

Spirali di un cono di pino: 8 in senso orario e 13 in senso antiorario, 8:13=0,618…

 


Le distanze fra due nervature successive, la spaziatura fra le foglie lungo uno stelo

m:M=0.618…L’inverso di questo numero è 1:0,618=1,618..miracolo della natura!

 

 

STELLE MARINE

Le stelle marine sono in prevalenza a forma pentagonale ed assumono i più svariati aspetti.

A destra e in basso alcune forme fantastiche disegnate da Erns H. Haeckel.(Montù)

        

La sezione Aurea nella morfologia del volto

La proporzione aurea e la bellezza del viso




Cosa rende un'immagine piacevole per gli occhi?

 

Secondo studi recenti, tutti i volti belli indipendentemente da razza, età, sesso, e altre variabili sono conformi a quella che è stata definita la "Divina Proporzione", vale a dire la Sezione Area.

 

 

 

Proporzione verticale ideale.

Se la distanza tra la bocca (CH) e il mento (ME) è 1, la distanza tra bocca e la coda dell'occhio (LC) è 
φ 1.618.


Se la distanza tra la base del naso (LN) e la parte inferiore del mento è 1, la distanza tra la base del naso e l'attaccatura dei capelli è φ 1.618.

Proporzione trasversale ideale.

Se la larghezza del naso (LN) è 1, la larghezza della bocca (CH) è φ 1.618, la larghezza tra i due angoli degli occhi (LC) è φ 1.618, e la larghezza tra le due tempie (TS) è φ 1.618.

Altezza e larghezza ideali

In un volto se la distanza tra le due guance è 1, allora l'altezza ideale è φ 1.618.

 

 

 


 

        

 

        


[Modificato da Credente 19/06/2022 13:52]
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20/04/2010 21:52
 
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SENTIMENTI CRISTIANI SUSCITATI DALLA STELLA PENTAGONALE

La DIVINA PROPORZIONE (M+m) : M =M :m della stella pentagonale è stata usata dai più grandi artisti per creare meravigliosi capolavori. Quei profondi sentimenti cristiani, espressi dalla stella cometa o stella di Betlemme, sono stati anticipati di circa sei secoli proprio dalla stella pitagorica. Questa non è un’arida figura geometrica, ma racchiude nella sua costruzione significati pregnanti, quasi misteriosi, divini. Colpisce principalmente la sua proprietà di rigenerare la “sezione aurea” da cui è nata. Infatti, i lati della stella si intersecano sempre secondo la “sezione aurea”. E’ sembrato che essa procurasse all’occhio umano un godimento maggiore di altri rapporti che si trovano fra gli altri poligoni. Sono proprio questi rapporti numerici a costituire il punto di partenza della Scuola di Pitagora per scoprire le leggi che governano sia i sentimenti dell’animo, sia i movimenti dell’intero universo.  Non a caso si può riscontrare che come sui 5 vertici della stella pentagonale è possibile collocare le 5 lettere della parola AMORE, cosi su quella cristiana si possono collocare le 5 lettere della parola JESUS che significa Gesù: il salvatore, il redentore del mondo.

 

        

 

 

 

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20/04/2010 21:57
 
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La spirale logaritmica

La sezione aurea gode di una proprietà molto importante per ciò che ci interessa, la proprietà iterativa, ovvero aggiungendo ad un segmento la sua sezione aurea si ottiene un nuovo segmento di cui quello dato è sezione aurea.

Dall’applicazione di tale proprietà si arriva alla costruzione di una curva detta spirale logaritmica. Si parte dal rettangolo aureo, ovvero dal rettangolo avente un lato che è sezione aurea dell’altro. Se sul lato maggiore del rettangolo aureo si costruisce un quadrato si ottiene un nuovo rettangolo aureo, grazie alla proprietà iterativa della sezione aurea. Ripetendo più volte tale costruzione, si ottiene una successione di quadrati, ognuno dei quali ha il lato che è sezione aurea del lato del quadrato successivo. (Si osserva che la successione dei lati dei quadrati si ottiene come quella dei numeri di Fibonacci, partendo dai lati di un rettangolo aureo anziché da 0 ed 1, ed ottenendo ogni termine dalla somma dei due precedenti).

Costruendo un arco di circonferenza inscritto in ogni quadrato, avente il centro nel vertice del quadrato, che non appartenga all’arco precedente e che stia sul lato che contiene il centro precedente, si ottiene la curva detta spirale logaritmica. E’ una curva equiangolare (in tutti i suoi punti l’angolo formato da un raggio e dalla tangente è costante). Tale curva gode di proprietà molto particolari: quella invariantiva, ovvero che la sua forma rimane inalterata indipendentemente dal raggio di quarti di circonferenza che la compongono; e quella per cui, pur essendo di lunghezza finita e quindi misurabile, è illimitata, nel senso che il centro della spirale lo si raggiunge dopo infiniti giri.

Tale curva si ritrova in natura in numerosissime manifestazione della vita animale e vegetale, ad esempio nella conchiglia del Nautilus. Le spirali del Nautilus sono costruite sulla struttura della spirale logaritmica. La crescita del mollusco e dell’ampiezza degli strati della conchiglia lascia inalterata la forma, confermando le proprietà invariantive della curva.

In Astronomia, le galassie si sviluppano e si strutturano lungo una spirale logaritmica.
Applicato alla forma di Taiji Quan, osserviamo che le posizioni possono aprirsi o chiudersi, aumentare o diminuire senza che la struttura del movimento si alteri minimamente, e mantenendo la potenza inerente alla propria struttura.

Possiamo quindi dedurre che l’essere umano, nel “tradurre” il Divino, l’Armonia che da esso promana, ha identificato nella proporzione aurea e nella spirale logaritmica una sua manifestazione.

 


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20/04/2010 22:06
 
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Il rapporto aureo governa la "musica" quantistica


Per la prima volta è stata messa in evidenza una simmetria nascosta che governa il comportamento alle nanoscale della materia allo stato solido
Una simmetria nascosta governa il comportamento alle nanoscale della materia allo stato solido. A metterlo in evidenza, lavorando in prossimità dello zero assoluto, è stato un gruppo di ricerca internazionale dell'Helmholtz-Zentrum Berlin per i materiali e l'energia, dell'Università di Oxford, dell'Università di Bristol e del Rutherford Appleton Laboratory, che ne parlano in un articolo pubblicato su "Science".

Per studiare le singolari proprietà che si manifestano alla scala atomica, i ricercatori si sono concentrati su un particolare materiale magnetico, il niobato di cobalto, nel quale gli atomi formano una sorta di catena che si comporta come una sbarretta magnetica dello spessore di un solo atomo.

Applicando un campo magnetico opportuno agli spin allineati la catena magnetica passa in un particolare stato critico quantistico: "Il sistema raggiunge un'incertezza quantistica, uno stato di sovrapposizione, come quello del gatto di Schrödinger. Ed è proprio questo che abbiamo fatto nel nostro esperimento, portando il sistema in uno stato critico quantistico", ha detto Alan Tennant, uno degli autori dello studio.

Regolando attentamente il sistema e introducendo artificialmente ulteriore incertezza quantistica, i ricercatori hanno osservato che la catena di atomi si comporta come una corda di chitarra: "Qui la tensione deriva dall'interazione fra spin che li porta a risuonare magneticamente. In queste interazioni abbiamo trovato una scala di note risonanti. Le prime due note mostrano una relazione perfetta fra loro: le loro frequenze sono in rapporto 1,618..., che è il rapporto aureo ben noto in arte e architettura", spiega Radu Coldea, primo firmatario dell'articolo, che si dice convinto che questa non sia una coincidenza. "Riflette una proprietà di bellezza del sistema quantistico, una simmetria nascosta. Quella, molto speciale che i matematici chiamano E8, di cui questa è la prima osservazione in un materiale." E8 è un particolare ente matematico, in particolare un gruppo di Lie, che descrive le simmetrie di un oggetto matematico a 57 dimensioni.

Gli stati di risonanza rilevati nel niobato di cobalto - osservano i ricercatori - sono una chiara illustrazione di come teorie matematiche sviluppate per la fisica delle particelle possono trovare applicazione nell'ambito della fisica alle nanoscale e nella futura tecnologia.

"Queste scoperte ci portano a speculare che il mondo quantistico e quello a scala atomica possano avere un loro ordine nascosto. Sorprese analoghe possono aspettare i ricercatori per altri materiali che siano in uno stato quantistico critico", ha concluso Tennant. (gg)

Mappata una delle più grandi e complicate strutture matematiche mai definite, chiamata E8
PAROLE CHIAVE
L'American Institute of Mathematics  (AIM) ha annunciato oggi che dopo quattro anni di lavoro 18 matematici e un folto gruppo di informatici statunitensi ed europei sono riusciti a mappare una delle più grandi e complicate strutture matematiche mai definite, chiamata E8.

E8 è un importante esempio dei gruppi di Lie, strutture matematiche definite nel XIX secolo dal norvegese Sophus Lie, per studiare la simmetria. Essi descrivono le possibili trasformazioni di un oggetto simmetrico, come una sfera un cilindro o un cono. Mentre questi sono però oggetti tridimensionali, E8 descrive le simmetrie di un ente matematico a 57 dimensioni, ed è esso stesso un oggetto matematico a 248 dimensioni.

"È un risultato eccitante" ha affermato Peter Sarnak, della Princeton University. "La comprensione e la classificazione delle rappresentazioni di E8 e dei gruppi di Lie è critica per il chiarimento di molti fenomeni in svariati campi della matematica e della scienza, inclusi teoria dei numeri, fisica e chimica."

Per dare un'idea della complessità dei calcoli, i matematici hanno fatto un paragone con il Progetto Genoma Umano: l'informazione genetica contenuta in una cellula ha dimensioni inferiori a un gigabyte, mentre il risultato del calcolo di E8, arriva ai 60 gigabyte. Se venisse trascritto su carta, hanno sottolineato i ricercatori, i fogli coprirebbero agevolmente tutta la superficie di Manhattan. (gg)



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04/05/2010 18:34
 
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Darwin, che non intendeva ammettere il finalismo della natura,si disperava dinanzi alla sua perfetta finalizzazione,osservando il ciclo fogliare (che consente alle foglie di ricevere la massima luce possibile in base alla disposizione sullo stelo) e scrisse ad un suo collega:“Se non vuoi che impazzisca e muoia di morte miserabile,dimmi perché il ciclo fogliare ha sempre un angolo di 1\2, 1\3, 2\5, 3\8, e mai un altro!”
[Modificato da Coordin. 23/03/2012 18:44]
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10/05/2010 09:47
 
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FRATTALI





Se hai problemi nella visualizzazione  dei caratteri, clicca qui.

Un frattale è un oggetto geometrico che si ripete nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse, ovvero che non cambia aspetto anche se visto con una lente d'ingrandimento. Questa caratteristica è spesso chiamata auto similarità. Il termine frattale venne coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot, e deriva dal latino fractus (rotto, spezzato), così come il termine frazione; infatti le immagini frattali sono considerate dalla matematica oggetti di dimensione frazionaria.

I frattali compaiono spesso nello studio dei sistemi dinamici e nella teoria del caos e sono spesso descritti in modo ricorsivo da equazioni molto semplici, scritte con l'ausilio dei numeri complessi. Ad esempio l'equazione che descrive l'insieme di Mandelbrot è la seguente:

 a_{n+1} = a_n^2 + P_0

dove an e P0 sono numeri complessi.

Frattali e natura

Forma frattale di una montagna

La natura produce molti esempi di forme molto simili ai frattali. Ad esempio in un albero (soprattutto nell'abete) ogni ramo è approssimativamente simile all'intero albero e ogni rametto è a sua volta simile al proprio ramo, e così via; è anche possibile notare fenomeni di auto-similarità nella forma di una costa: con immagini riprese da satellite man mano sempre più grandi si può notare che la struttura generale di golfi più o meno dentellati mostra molte componenti che, se non identiche all'originale, gli assomigliano comunque molto. Secondo Mandelbrot, le relazioni fra frattali e natura sono più profonde di quanto si creda.

  « Si ritiene che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze con la struttura della mente umana, è per questo che la gente li trova così familiari. Questa familiarità è ancora un mistero e più si approfondisce l'argomento più il mistero aumenta »
 

Auto-similitudine e definizione ricorsiva [modifica]



Per frattale, invece, si intende un oggetto che si ripete nella sua forma, allo stesso modo, su scale diverse senza rendersi dissimile dall'originale, in base a un algoritmo. Un esempio matematico semplicissimo? La serie frattale: 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34…. Ogni numero intero è dato dalla somma dei due precedenti e questa regola (detta Serie di Fibonacci) è l’algoritmo.

La natura offre diversi esempi di tale struttura matematica. Quello più a portata di mano è … il broccolo: osservate le sue cimette, sono tutti piccoli broccoli che si riproducono sempre nello stesso modo, in misura sempre minore. Anche l’abete riproduce su ogni ramo, rametto e ramoscello sempre lo stesso schema, in dimensione frattale, tanto che ne basta solo una fronda per simulare un intero albero di Natale. E ancora, l’Aloe spiralata, la conchiglia del Nautilus, vari cristalli etc. 


cavolfiore romanesco
La forma frattale di un Cavolfiore

A qualunque scala si osservi, l'oggetto presenta sempre gli stessi caratteri globali.

Una sostanziale differenza tra un oggetto geometrico euclideo ed un frattale è il modo in cui si costruisce. Una curva piana, infatti, si costruisce generalmente sul piano cartesiano, utilizzando una funzione del tipo:

f(x(t),y(t)) = 0

che descrive la posizione del punto sulla curva al variare del tempo t.

La costruzione dei frattali, invece, non si basa su di un'equazione, ma su un algoritmo. Ciò significa che si è in presenza di un metodo, non necessariamente numerico, che deve essere utilizzato per disegnare la curva. Inoltre, l'algoritmo non è mai applicato una volta sola: la procedura è iterata un numero di volte teoricamente infinito: ad ogni iterazione, la curva si avvicina sempre più al risultato finale (per approssimazione), e dopo un certo numero di iterazioni l'occhio umano non è più in grado di distinguere le modifiche (oppure l'hardware del computer non è più in grado di consentire ulteriori miglioramenti): pertanto, quando si disegna concretamente un frattale, ci si può fermare dopo un congruo numero di iterazioni.

Alla base dell’auto-similarità sta una particolare trasformazione geometrica chiamata omotetia che permette di ingrandire o ridurre una figura lasciandone inalterata la forma. Un frattale è un ente geometrico che mantiene la stessa forma se ingrandito con una omotetia opportuna, detta omotetia interna.


[Modificato da Credente 14/03/2021 17:53]
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10/05/2010 09:57
 
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I frattali sono influenzati da una certa casualità controllata.
   Ci sono diversi modi di introdurre il caso nella costruzione dei frattali e oggi ci sono programmi per computer che possono creare lunghe serie arbitrarie di numeri casuali. Per esempio si sceglie un numero di 4 cifre e si eleva al quadrato, poi si tolgono la prima e l'ultima cifra finché non rimangono ancora 4 numeri, si procede ancora con il quadrato e con il taglio delle cifre e così via: il risultato è una serie di numeri casuali tra 0 e 9999 che non fallisce test statistici di casualità e nello stesso tempo e stata creata con una regola precisa.
Tutto deriva dal primo numero, quindi è una sequenza deterministica, ma dà l'impressione che sia caotica.

Un buon metodo molto pratico per i frattali basato sulla casualità è pensare al fatto che i frattali sono formati da un numero infinito di punti e che si può rappresentare solo una frazione di essi, un illusione della loro completezza. Analizzando ad esempio l'albero di Pitagora scopriamo che sono stati rappresentati solo i primi 12 passaggi. Introducendo una certa casualità nella costruzione si potrebbe stabilire di lasciare al caso la decisione di creare una spirale verso sinistra o verso destra a seconda della disposizione dei lati dei triangoli rettangoli. Questa introduzione di piccoli disturbi nella costruzione di frattali rende questi ultimi più simili a oggetti naturali come alberi, piante, coralli e spugne.

Si è sviluppata quindi una branca della geometria frattale che studia i cosiddetti frattali biomorfi, cioè simili ad oggetti presenti in natura. I risultati a volte sono stati stupefacenti. Uno dei frattali biomorfi più riusciti è la foglia di felce i cui dettagli, detti autosimili, riproducono sempre la stessa figura.

Foglia di felce
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10/05/2010 21:58
 
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FRATTALE NATURALE: LA FELCE

[Modificato da Credente 14/03/2021 17:55]
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10/05/2010 22:19
 
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LA TEORIA DEL CAOS!

 

Cito queste parole dette da J.GLEICK:

 

"Una goccia d'acqua che si spande nell'acqua, le fluttuazioni delle popolazioni animali, la linea frastagliata di una costa, I ritmi della fibrillazione cardiaca, l'evoluzione delle condizioni meteorologiche, la forma delle nubi, la grande macchia rossa di Giove, gli errori dei computer, le oscillazioni dei prezzi Sono fenomeni apparentemente assai diversi, che possono suscitare la curiosità di un bambino o impegnare per anni uno studioso, con un solo tratto in comune: per la scienza tradizionale, appartengono al regno dell'informe, dell'imprevedibile dell'irregolare. In una parola al caos. Ma da due decenni, scienziati di diverse discipline stanno scoprendo che dietro il caos c'è in realtà un ordine nascosto, che dà origine a fenomeni estremamente complessi a partire da regole molto semplici."

 

La teoria del caos è nata quando la scienza classica non aveva piu mezzi per spiegare le irregolarità presenti in natura.

 

Questa è una teoria scientifica basata su sperimentazioni fisiche biologiche e matematiche che pian piano si è fatta strada sintetizzandosi nelle arti espressive.

 

Quando si parla di caos non si puo comunque parlare di completa casualità e disordine in quanto i sistemi caotici sono sistemi dinamici comunque prevedibili a breve termine..si potrebbe dire che nel caos ci sia in qualche modo dell' ordine..

 

La nozione di "organizzazione" evidenzia un processo che si dimostra innanzi tutto imprevedibile, non deterministico, partecipe al tempo stesso di ORDINE e DISORDINE, di condizioni di equilibrio e di non equilibrio.


Alla luce di questo la natura ci si presenta sempre più come una realtà difficilmente definibile determinabile. Infatti venuta attualmente meno la pretesa di un suo completo dominio, ci sembra vada meglio avvicinata l’interno di una ricerca aperta che tenga conto di tutti gli elementi che intervengono ; elementi che evidenziano una certa discontinuità ed ambiguità nella nozione di natura.



In geometria la linearità è riferita agli oggetti euclidei: i punti, le linee e i piani, ossia a tutti quegli elementi geometrici primitivi come il triangolo, il quadrato e il cerchio che appaiono uguali, indipendentemente dalla scala di riferimento. La teoria del caos, ovviamente, è a tutti gli effetti una scienza non lineare in quanto non si basa come del resto anche i modelli matematici e la geometria frattale, sui postulati euclidei. In altre parole si può affermare che la linearità è riferita alla semplicità dell'ordine, mentre la non linearità alla complessità del caos. Quest'ultima ha avuto negli ultimi decenni un'applicazione nel campo della matematica, della fisica, della biologia, dell'economia, della medicina ed anche nel campo artistico in generale ed architettonico in particolare. Il fulcro su cui è basata la visione di aspetti prima trascurati, non retti da leggi note e regolati da fattori apparentemente non prevedibili.


 


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Ora..Per chi non avesse chiaro cosa sia l'insieme di Mandelbroth eccovi qui una bella e complessa spiegazione a tutto.


Fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno io cosa fosse e,permesso che non sono uno spassionato amante di scienza e matematica,vi assicuro comunque che il tutto è molto interessante!


Ora cerco di Spiegarvi in poche parole di cosa tratta:


 

 

L’insieme di Mandelbrot è un luogo geometrico che si colloca al centro di una vasta distesa bidimensionale di numeri detta piano complesso e che soddisfa la legge di Mandelbrot (che esporremo successivamente). Quando si applica ripetutamente ai numeri una certa operazione, quelli all’esterno dell’insieme fuggono all’infinito, mentre quelli all’interno vanno alla deriva ondeggiando qua e là.

 

Vicino al margine, le oscillazioni dei numeri segnano l’inizio dell’instabilità. Questo insieme prende il nome da Benoit B. Mandelbrot, ricercatore al Thomas J. Watson Research Center della IBM a Yorktown Heights, New york. Partendo dal suo lavoro sulle forme geometriche, Mandelbrot ha sviluppato un campo che ha chiamato geometria frattale, cioè lo studio matematico di forme con dimensione frazionaria. Un secondo merito da attribuire al grande Benoit è quello dell’aver definito questa geometria come "geometria della natura". In particolare il confine dell’insieme di Mandelbrot è un frattale. In linea di principio si può effettuare uno zoom su qualsiasi parte dell’insieme e all’ingrandimento che si desidera: teoricamente l’ingrandimento che si può raggiungere utilizzando un calcolatore, è di molto superiore a quello necessario a risolvere il nucleo di un atomo. Guardando le immagini bisogna tenere presente che tutti i punti di colore diversi dal nero non appartengono all’insieme di Mandelbrot. La bellezza di queste immagini sta in gran parte nell’alone di colori assegnati ai punti in fuga. Se fosse necessario vedere l’insieme isolato, la sua immagine sarebbe affatto piacevole: l’insieme è coperto da filamenti e miniature di se stesso. In realtà nessuno dei mini Mandelbrot è una copia esatta dell’insieme genitore e nessuno di essi è uguale ad un altro. Ogni quadrato della regione di confine ne racchiude infinite di queste miniature, di cui nel migliore dei casi solo qualcuno è visibile con un ingrandimento scelto casualmente. L’insieme di Mandelbrot può essere così considerato l’oggetto più complesso della matematica.

 

Si può ora presentare la formula chiave, formula che apre le porte all’insieme di Mandelbrot e porta l’ordine nel caos:

 z=z^2 +c;                   qui  z   e  c   sono numeri complessi.

     Rimane il problema di scegliere il valore iniziale di c e z. Una possibilità è dare sempre valore zero a z e scegliere valori diversi per c. Si continua così l’iterazione facendo variare sistematicamente c su una porzione del piano complesso: se il numero complesso fugge verso l’infinito, lo si colora di bianco, in caso contrario di nero. Le pareti di questa prigione virtuale assumono la forma dell’insieme di Mandelbrot. Seguendo invece la regola opposta, in cui teniamo fisso c e z diventa il punto che varia, l’insieme risultante appare assai diverso dall’ insieme di Mandelbrot e viene chiamato insieme di Julia: di questi insiemi ve ne sono a palate; per ciascun valore prefissato di c usato nella formula di iterazione, appare un diverso insieme di Julia. La bellezza dell’insieme di Mandelbrot è duplice: dove un osservatore casuale vede solo un groviglio di filamenti e di spirali nei pressi del confine dell’insieme, in realtà questi disegni codificano le varie forme del caos e dell’ordine. L’insieme è in stretto rapporto con la stabilità e il caos nei sistemi dinamici, rapporto stabilito attraverso alcuni insiemi a quello di Mandelbrot strettamente correlati, gli insiemi di Julia, dal nome del matematico francese Gaston Julia, il primo nel 1918 ad avere compiuto studi di questo genere mentre si trovava in un ospedale militare, convalescente per le ferite riportate durante la prima guerra mondiale. Quando si applica la formula a un punto iniziale z, la successione risultante, come abbiamo visto, può comportarsi in due modi diversi: può vagare senza limitazioni, allontanandosi verso l’infinito, oppure restare confinata in una certa regione del piano complesso. I punti liberi costituiscono il piano di fuga, mentre quelli che restano confinati formano l’insieme prigioniero. Se il punto di partenza z appartiene all’insieme prigioniero, esso genera una successione interna all’insieme, indipendentemente dal numero di iterazioni e la forma di questa "prigione" dipende solo dal valore di c. L’insieme di Julia separa l’insieme di fuga da quello prigioniero. Scrivendo un programma per visualizzare insiemi di Julia, si può notare che per ogni parametro c, l’immagine risultante è di due tipi: l’insieme può essere un unico insieme connesso, oppure può essere costituito da un numero infinito di punti non connessi e dispersi. Bisogna perciò tenere d’occhio la successione generata dalla solita formula con z=0: se questa successione non diverge verso l’infinito l’insieme di Julia è connesso. Questo avviene in quanto se il punto c scelto è all’interno dell’insieme di Mandelbrot, il corrispondente insieme di Julia risulta connesso, mentre se si sceglie c all’esterno dell’insieme di Mandelbrot, l’insieme di Julia risulterà non connesso. Per scrivere un programma per visionare questi insiemi, si usano certi algoritmi di base. Questi algoritmi hanno in comune il processo iterativo centrale, che dipende da un particolare teorema: se la dimensione di z iterato raggiunge 2, si perde nell’infinito senza possibilità di ritorno. Questo fatto distingue i punti esterni e quelli interni all’insieme. Solitamente si lasciano 100 iterazioni per raggiungere la dimensione 2. Quando invece si deve visionare una parte "zoommata" dell’insieme, invece che con 2, la grandezza di z viene confrontata con 100 o addirittura 1000. Una volta raggiunto 2, la grandezza aumenta molto rapidamente e raggiunge i sopraccitati valori molto velocemente e in poche iterazioni. Le velocità diverse con cui i vari iterati di z superano il valore di soglia, possono essere colorate con colori diversi.

 

Ecco qua ora dovreste stare a posto per un bel po!:)

Se leggete con attenzione vi renderete conto che qui ho riportato delle nozioni che,una volta aperto e usato il programmino TIERAZON,troverete molto familiari o quanto meno capirete tutte quelle strane e affascinanti forme che escono fuori,PERCHE' sono fatte cosi e colorate in quel modo e magari potrete anche cominciare a genereare nuovi disegni non a caso ma usando invece la tabella numerica..

 

[Modificato da Credente 16/06/2018 18:34]
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10/05/2010 22:39
 
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L'ecologia moderna ha avuto inizio con gli studi di Charles Darwin, che nella sua “teoria dell'evoluzione” compilata nel 1859 nel ”Origin of Species”, mise in evidenza gli adattamenti dei diversi organismi ai vari tipi di ambiente, sottoposti al vaglio secolare della selezione naturale.

Coniato però nel 1869 dal biologo tedesco Ernst Heinrich Haeckel, il termine ecologia deriva del greco óikos , “casa”, e lógos , “discorso”: una scienza biologica che studia quindi l'ambiente e le relazioni che i diversi organismi viventi instaurano tra loro e con l'ambiente stesso. Haeckel, che per un certo periodo fu acceso sostenitore e divulgatore delle teorie Darwiniane, divenne presto uno dei suoi più acerrimi rivali, confutando fermamente il processo di selezione naturale come base del meccanismo evolutivo, a favore di un pensiero maggiormente focalizzato sull'ambiente come agente diretto sugli organismi naturali, in grado di produrre nuove razze e di generare diversità.

Il pensiero e il lavoro di Ernst Heinrich Haeckel rappresentano il punto di partenza di questa riflessione critica: innanzitutto perché ha costituito lo spunto teorico e pratico proposto da Bruce Sterling all'interno del suo workshop dal titolo "Generative Art and Design: critical assessments", tenuto a Fabrica lo scorso fine Novembre, cui il testo fa riferimento, in secondo luogo perché mi consente una deriva filosofico-critica che ambisce a individuare un punto di contatto possibile tra natura, teorie evolutive e arte programmatica e generativa. Impossibile? Beh, direi di no, anzi. Soprattutto se si prova ad accostare ed amalgamare, come colori su una tela, le ricerche del biologo tedesco sopra citato da un lato, con alcuni lavori del maestro concettuale e minimalista Sol Le Witt e il rapporto possibile tra matematica, numeri e natura dall'altro, e ciò che oggi si (ri)conosce come arte e design generativo.

 

La natura come arte

“Kunst Formen der Nature” significa letteralmente “Forme artistiche della Natura”: è questo il titolo dell'opera summa del biologo Ernst Haeckel, il suo testo principale del 1898, la sua ricerca più complessa e affascinante. E' questo altresì il testo da cui Bruce Sterling ha tratto, per i partecipanti al workshop, alcune immagini primarie che potessero costituire il materiale grafico di partenza per una ricognizione estetica e metodologica delle pratiche di ripetitività generativa. Perché è innegabile che, osservando le tavole, riccamente adornate, riportate nel testo Haeckeliano, la natura sia in grado non solo di creare spontaneamente vere e proprie “forme d'arte”, ma che sia in grado di produrre una corrispondenza diretta tra una certa estetica generativa, a partire da un'unità/nucleo fondamentale per arrivare a un'entità complessa, e una conseguente pratica evolutiva adattiva.

Se quindi, in altre parole, le tappe dello sviluppo embriologico di ciascuna specie, ripercorrono effettivamente gli stadi evolutivi che lo hanno condotto alla propria posizione nell'ordine naturale, la sopravvivenza di ogni singola specie dipende, di base, dalla sua interazione con l'ambiente. Secondo Hackel, il meccanismo con cui si generano nuove razze e nuove diversità è quello di una progressiva addizione di una determinata traiettoria di sviluppo a partire da un'unità di partenza, determinata a sua volta da parametri esterni (ambientali) imposti, in grado di condizionare la direzione progressiva della traiettoria stessa.

Mi sembra palese, a questo punto, un primo importante riferimento alle basi teoriche e metodologiche dell'Arte Generativa, come ci suggerisce uno dei pionieri della disciplina, l'architetto italiano Celestino Soddu: “ La Generative Art è un'idea realizzata come codice genetico di eventi artificiali, come costruzione di sistemi dinamici complessi in grado di generare variazioni senza fine. Ogni progetto di arte generativa, è un concept/software che lavora per produrre eventi unici e non ripetibili, come espressione di un'idea/visione che appartiene all'artista/designer/musicista/architetto /matematico. Questo atto creativo produce un'espansione senza fine della creatività umana: i computer sono semplicemente gli strumenti per la sua archiviazione nella memoria e successiva esecuzione. Questo approccio apre una nuova era nell'Arte, nel Design e nella Comunicazione: la sfida di una nuova naturalità dell'evento artificiale, come specchio della Natura stessa. Ancora una volta l'uomo emula la Natura , nell'atto specifico di creare Arte(…)”

Sebbene quindi nel corso dei secoli, biologi e morfologisti, abbiano ampiamente smentito una corrispondenza così stretta tra ontogenesi e filogenesi, quindi tra unità e complessità, il germe di pensiero è interessante e penso valga la pena alimentarlo ancora per un po'…

Forme, colori, linee e istruzioni

L'artista statunitense Sol Le Witt, maestro recentemente scomparso del concettualismo e del minimalismo, è notoriamente uno dei padri spirituali dei moderni artisti e designer generativi. Riducendo l'arte a una serie di istruzioni in grado di mettere chiunque nelle condizioni di disegnare forme, colori e linee disposte nello spazio bidimensionale e tridimensionale a creare elementi geometrici ripetuti e modulati secondo proporzioni spaziali standardizzate, Le Witt amava ricordare che “ognuno di noi è in grado di partecipare al processo creativo, di diventare egli stesso un artista”. E' noto infatti che l'artista tendesse a separare la fase di progettazione da quella di realizzazione dell'opera, riservando a sé il primo aspetto e ai suoi assistenti il secondo: se il processo artistico risiede quindi nell'ideazione concettuale dell'opera, l'esecuzione (basica, elementare, geometrica) può essere eseguita e realizzata da chiunque, grazie a una serie di dettagliate istruzioni suggerite, con approccio procedurale, da un'unità pensante. “Ci sono molti modi – affermava ancora Le Witt - per costruire un'opera d'arte: una è quella di prendere decisioni ad ogni passaggio, un'altra è quella di inventare un sistema che sia in grado di generare autonomamente queste decisioni”.

Ecco, in questo tipo di approccio si rispecchia il lavoro degli ultimi anni di alcuni tra i più importanti artisti e designer generativi del mondo (Casey Reas, Ben Fry, Jared Tarbell, Theodore Watson, Lia, Toxi, Andreas Schlegel , Marius Watz, Robert Hodgin, solo per citarne alcuni): se l'essere umano riconosce se stesso come autore di una serie di istruzioni matematiche da suggerire al computer, l'opera d'arte che ne risulta sarà la somma delle operazioni eseguite in modo autonomo dalla macchina stessa. E così come per Sol Le Witt gli elementi emotivi dei suoi autori, la loro gioia di un momento, la frustrazione, l'apatia, erano elementi costituenti di una libera interpretazione delle istruzioni a loro suggerite e quindi, in ultima analisi, dell'opera d'arte risultante, anche nell'universo dei software digitali (da Processing a VVVV a Open Frameworks per citare i più diffusi) si può azzardare il pensiero che le istruzioni dettate dall'artista/designer possano essere liberamente interpretate da una sorta di “emotività” della macchina “pensante”.

 

Del resto l'indifferenza concettuale di Le Witt verso qualsiasi tipo di giudizio estetico, l'idiosincrasia verso convenzioni estetiche prefissate e assimilate dal grande pubblico, una generale indifferenza verso qualsiasi tipo di distinzione tra il vecchio e il nuovo, si rispecchiano benissimo nelle parole di uno dei nostri autori generativi più importanti, Fabio Franchino:”Io alla sera fornisco delle istruzioni alla macchina, la quale nell'arco della nottata processa i dati e genera linee, forme e colori in maniera autonoma: al mattino, quando mi sveglio, valuto i risultati ottenuti. Se il prodotto mi piace lo tengo, se non mi soddisfa lo butto”.

Beh, non so cosa tutto questo vi suggerisca: personalmente penso che anche in questo caso sia consentito avanzare un parallelo con l'universo Naturale. Se assimiliamo l'ambiente, la natura nella sua accezione più ampia, come l'entità in grado di determinare una serie di mutamenti, evoluzioni e dinamiche, allora gli esseri viventi che vivono a contatto con essa (ecco di nuovo il concetto di “ecologia”) sono in grado di interpretare questi codici vitali, assimilarli, per reagire ad essi e generare in maniera autonoma una serie di forme, colori, sistemi che possano essere letti come il risultato del loro processo evolutivo, che da un'unità di partenza arriva a un sistema finale complesso. La differenza risiede forse nella “spontaneità” con cui questo processo si innesca: se infatti un artista/designer decide prioristicamente una serie di istruzioni da dettare alla macchina, è difficile pensare che la Natura non agisca seguendo solo e unicamente la sua spontaneità evolutiva. Al contempo è però affascinante pensare che così come l'artista/designer non conosca gli effetti finali delle sue istruzioni, lasciando libertà alla macchina di interpretarle, la Natura non si curi degli effetti che produce sugli esseri viventi che la abitano, lasciando loro una libertà evolutiva di forme ed elementi che noi esseri umani, solo in un secondo momento, potremo valutare eventualmente come “opere d'arte”.

 

Numeri in evoluzione

Una delle teorie matematiche attualmente più affascinanti e senza ombra di dubbio quella dei "frattali": per definizione del suo scopritore, il matematico polacco Benoît Mandelbrot, figure geometriche caratterizzate dal ripetersi sino all'infinito di uno stesso motivo su scala sempre più ridotta. Questa è la definizione più intuitiva che si possa dare di figure che in natura si presentano con una frequenza impressionante ma che non hanno ancora una definizione matematica precisa. L'universo naturale è infatti ricco di forme molto simili ai frattali, forme che non rispondono in alcun modo ai dettami geometrici della geometria Euclidea: un tratto di costa, i rami o le radici di un albero, una nuvola, i fiocchi di neve, le ramificazioni di un fulmine e la dentellatura di una foglia sono esempi di forme frattali che si creano spontaneamente in Natura. E tra queste, la forma frattale per eccellenza, la spirale, elemento costituente del guscio di moltissimi anellidi e conchiglie, guarda caso tra i principali oggetti di studio delle teorie di Ernst Heinrich Haeckel, una delle forme geometriche riconosciute tra le più belle e affascinanti.

Ecco, quand'anche spostiamo il campo di analisi alla matematica, ai numeri, alle equazioni e agli algoritmi, il piano di intersezione tra scienza, tecnologia, arte e natura rimane immutato. E se il metodo procedurale e generativo è quello che abbiamo scelto come elemento guida di questa trattazione, non sorprende pensare che la costruzione dei frattali preveda una procedura iterata, la ripetizione cioè di un elemento di partenza per un numero di volte teoricamente infinito al punto tale che dopo un po', l'occhio umano non sia più in grado di distinguere le modifiche apportate all'elemento di partenza. Senza dimenticare il fatto che, è riconosciuto, i frattali sono influenzati a loro volta da una certa casualità controllata. Ecco quindi tornare l'elemento della casualità, della spontaneità, come elemento distintivo (o unificatore) tra macchina e natura, secondo il quale ogni meccanismo evolutivo non è prevedibile dai suoi elementi costitutivi e spesso non è nemmeno possibile ricostruirlo a partire dalle sue manifestazioni osservabili.

L'elemento procedurale, generativo, ieratico ed evolutivo sembra quindi poter, a questo punto del testo, essere considerato come l'asse portante del pensiero sotteso a una moderna “ecologia computazionale”: dalle rivoluzionarie teorie di Turing sulla “morfogenesi” (la capacità di tutte le forme viventi di sviluppare corpi complessi a partire da elementi di estrema semplicità, secondo processi di autoassemblamento senza l'ausilio di una guida che segua un progetto prefissato) agli studi più recenti eseguiti sugli “algoritmi genetici” ( classe particolare di algoritmi evolutivi che usano tecniche di mutazione, selezione e ricombinazione affinché una certa popolazione di rappresentazioni astratte di possibili soluzioni candidate per un problema di ottimizzazione, evolva verso soluzioni migliori) sono trascorsi quasi 50 anni di studi, analisi e ricerche, sottese da un lato a mettere in evidenza le proprietà quasi computazionali di Madre Natura, dall'altro la capacità delle macchine digitali di simulare o replicare i complessi fenomeni naturali. Quale sia la forma d'arte più affascinante, quale il processo più ardito, io francamente ho smesso di chiedermelo…

Penso altresì che le risposte più interessanti a queste tematiche si possano ritrovare negli studi eseguiti e nelle teorie avanzate dal noto artista e ricercatore del Mit Media Lab, Karl Sims: in particolare in un suo lavoro del 1993, "Genetic Images", che prendeva spunto da un suo stesso paper intitolato "Artificial Evolution for Computer Graphics", in cui veniva descritta l'applicazione proprio degli “algoritmi genetici” per la generazione di immagini astratte 2D a partire da formule matematiche complesse. Secondo Sims quindi, le teorie evolutive di Darwin, possono essere simulate mediante l'uso di software generativi e algoritmi matematici opportuni tali per cui “popolazioni di entità virtuali specificate tramite descrizioni codificate al computer, possono evolvere applicando le stesse regole naturali di variazione e selezione: anche le caratteristiche di adattamento possono essere alterate e controllate dalla volontà del programmatore”.

 

L'aspetto a mio avviso interessante di “Genetic Images” è il fatto che questo lavoro venne presentato come un'installazione interattiva: in altri termini era il pubblico che poteva (a) scegliere e selezionare quali immagini e forme riteneva più interessanti da un punto di vista estetico, tra quelle generate da un computer impegnato nell'atto di simulazione di un processo di evoluzione artificiale. Le immagini selezionate, erano poi di volta in volta ricombinate dal computer per crearne di nuove, secondo metodi di alterazione e mutazione analoghi a quelli compiuti dalla specie naturali nel loro percorso evolutivo. Possono quindi, si chiede Karl Sims, queste evoluzioni interattive essere considerate un processo creativo? Se sì, è il pubblico a sviluppare un atteggiamento creativo indipendente o è necessaria la presenza di un designer che indirizzi la macchina verso precisi percorsi creativi? O è forse la macchina a sviluppare tendenze creative autonome?

Nella sua trattazione, Sims cita opportunamente il biologo Richard Dawkins che nel suo libro “The Blind Watchmaker” ricorda l'abilità dei processi evolutivi naturali nel creare forme complesse senza la presenza esterna di alcun designer o programmatore: “è quindi possibile che queste tecniche generative sfidano un aspetto importante delle nostre tendenze antropocentriche – conclude Sims - secondo le quali ci risulta difficile credere che tutti noi non siamo progettati da un Dio ma da una serie di casualità che si manifestano attraverso i codici di una evoluzione naturale”. Ecco, forse, la vera arte, risiede proprio in tutto questo.

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10/05/2010 23:01
 
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Complessità e Frattali
Mandelbrot con la sua teoria dei frattali ha fatto emergere il concetto che molte
delle strutture spaziali e dei processi temporali degli oggetti naturali non sono
caratterizzati da una unica scala spaziale o temporale ma si estendono su molte
scale spaziali e temporali. Ingranden do infatti tali strutture caratteristiche emergono
caratteristiche sempre nuove e più fini dell’oggetto in studio. E quindi, quando
misuriamo una proprietà come la lunghezza, l’area o il volume, i valori trovati
3
dipendono da quante di queste strutture più fini sono incluse nella nostra misura. In
conclusione i valori che misuriamo dipendono strettamente dal metro spaziale e
temporale che usiamo per effettuare la misura. Questa proprietà viene indicata come
fattore di scala (scaling) Per denotare oggetti e processi con proprietà multiscala
Mandelbrot ha scelto la parola frattale che proviene dal latino fractus e quindi
descrive l’esistenza di frammenti irregolari sempre più fini che gli oggetti naturali e i
processi hanno quando sono osservati a maggiore ingrandimento. La caratteristica
essenziale dei frattali è che, man mano che si rivelano dettagli più fini a maggiore
ingrandimento, la forma di tali dettagli è simile al tutto: è questa l’autosimilarità. La
dimensione frattale è un esponente che fornisce la misura quantitativa
dell’autosimilarità e del fattore di scala. In effetti nei sistemi biologici non si ha una
esatta autosimilarità geometrica quanto piuttosto un’autosimilarità statistica. In
altre parole parti dell’oggetto biologico sono raramente copie esatte ma ridotte
dell’intero oggetto e dunque le proprietà statistiche delle parti sono proporzionali alle
proprietà statistiche del tutto.
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11/05/2010 15:38
 
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Nuovi scenari della Fisica introdotti dal Fisico italiano Massimo Corbucci

La rivoluzione "copernicana" concettuale introdotta da Corbucci, può essere così riassunta:

"Gli atomi sono involucri di un baratro senza fondo"

Cercheremo di spiegarla in modo comprensibile a tutti.

Cercate di immaginare un atomo e di paragonare la sua struttura ad un Edificio. Gli appartamenti sono gli elettroni degli shell e gli scantinati sono i barioni del nucleo. L'ATOMO CLASSICO era paragonabile ad un palazzo di 126 appartamenti, ad un'unica scala e gli "inquilini" potevano venirsi a trovare affiancati e sovrapposti in base al numero atomico, secondo una distribuzione che segue la consecutività dei numeri da 1 a 126. A 126 appartamenti venivano "assegnati" 126 scantinati. Che dovesse essere così appariva ovvio. L'atomo del modello CORBUCCI, conformemente all'Ordine di Riempimento dei Livelli Atomici, è un palazzo di 112 appartamenti, di cui 50 sono dislocati nella "scala A" e 62 nella "scala B", conformemente alla dicotomia Chimica degli Elementi A e B. Gli scantinati poi non sono affatto 112, ma conformemente al dato di fatto che alcuni elementi della Tavola Periodica davvero non aumentano di numero barionico, pur aumentando di numero atomico, sono 103 ! (46 sotto alla scala A e 57 sotto alla scala B) Perché mancano 9 scantinati ? Perché il Progettista dell'Universo ha dovuto "requisirli" per "scavarci" un SOTTERRANEO , che mette in comunicazione tra loro tutti gli atomi del Creato.

Come dire che nel cuore dell'Edificio Atomo troviamo un "pozzo senza fondo" (uno spaventoso baratro ) e le particelle del nucleo, contornano questo buco immenso, come le particelle degli shell elettronici contornano 2 buchi del pari smisurati.


IMPLICAZIONI PER LA TEORIA SULL'ORIGINE DELLA MATERIA E PER LA GRAVITAZIONE DEI CORPI MATERIALI

La teoria di Higgs, che finora ha spiegato la "massa" della materia viene da Corbucci esemplificata in questo modo: - "E' come se l'atomo fosse paragonabile ad un convitto di frati e riflettendo su come fanno i frati a mangiare, si ipotizzasse l'esistenza di un fraticello speciale, molto caritatevole, che gira per il convitto, portando a ciascun religioso la quantità di cibo giusta, che gli serve per vivere"
La teoria di Corbucci, nella medesima traccia esemplificativa è questa: -"Non c'è nessun fraticello speciale che si aggira nel convitto atomo, bensì ai frati per nutrirsi è dato attingere dal pozzo senza fondo, presente nel sotterraneo del convento…"

La gravitazione universale, lo abbiamo già detto, è stata minata dal dato di fatto che i corpi non cadono a terra con medesima "g", se sono fatti di elementi chimici diversi. ES.: FERRO e ALLUMINIO.
Per la gravitazione universale l'assunto fondamentale è che vi sia la FORZA di GRAVITA', ovvero una CORRENTE DI QUANTITA' DI MOTO, che si sprigiona dal grave attraente al grave attratto, determinando infine l' EFFETTO attrattivo.

Dato che la FORZA di gravità non può che essere "democratica" (uguale per tutti i corpi e non ha pregio che un corpo sia composto di ferro o di alluminio) - dovendo conciliare questo, con il dato di fatto che una palla d'alluminio risulta più accelerata di una di ferro, in caduta libera, per la Fisica cominciano seri guai.

Come Corbucci salva la Fisica, risolvendo tutti gli inghippi:

La soluzione rappresenta la trovata più geniale che sia mai stata concepita in tutta la storia della Scienza.
Eccola: La gravità NON è una FORZA ! Non c'è nessuna corrente di quantità di moto, che fa da "spoletta" tra due gravi. La gravità "s-corre" (senza corrente di mediatori = non ci sono i tanto ricercati g r a v i t o n i !!!) all'interno del "sotterraneo" dell'edificio Atomo, arrivando immediatamente, senza che intercorra il minimo tempo di propagazione.

Questo è confermato dall'osservazione sperimentale, in quanto gli Astro-Fisici si sono già imbattuti, con estrema sorpresa, nell'osservazione di come gli effetti gravitazionali provenienti da aggregati lontanissimi, arrivino sulla terra, come se la gravità prendesse una SCORCIATOIA. (Il commento è stato fatto usando questo modo di dire … rispondente)

Alla luce di questa nuova concezione della gravità, si comprende la ragione per cui una palla di alluminio cade più veloce di una di ferro.


LA SPIEGAZIONE E' PERSINO "ELEMENTARE" :

E' evidente che gli elementi in ordine crescente di numero atomico, dall'Idrogeno - 1 all'atomo -112, non sono altro che Vuoto Quantomeccanico (il pozzo senza fondo = il "sotterraneo" della materia) , contornato da una "carrozzeria" sempre più "ingombrante". L'Idrogeno equivale ad una FERRARI vestita con un vestito leggerissimo ed è dunque l'atomo più "sprint" in caduta libera. L'accelerazione diviene sempre meno di 9,81 m/Sec 2, passando all'Elio, al Litio, al Berillio, al Boro … ecc… Come dire che la NUOVA TAVOLA PERIODICA (*) © 1998- realizzata da Corbucci, rappresenta la DISTRIBUZIONE GRAVITO-FORETICA dei 112 Elementi Chimici !

Per dirla con più enfasi: facendo precipitare dal davanzale di una finestra i 112 elementi l'ordine di arrivo a terra è: 1° L'Idrogeno e via via vengono giù tutti gli altri nell'ordine del numero atomico.


LA NUOVA TAVOLA PERIODICA DEI 112 ELEMENTI CHIMICI di M. Corbucci
Immagine


Link correlati
http://www.atomo112.info/tav_periodica/pagina_4.htm
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14/05/2010 07:04
 
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Il pensiero del famoso ex ateo Antony Flew sulle leggi che regolano l'universo:

Alla domanda su cosa lo abbia spinto a cambiare idea risponde che sono le moderne scoperte scientifiche ad averlo convinto:

“La scienza evidenzia tre dimensioni della natura che puntano a Dio. La prima è il fatto che la natura obbedisce a certe leggi. La seconda è la dimensione della vita, intelligentemente organizzata ed esseri motivati da un fine, che deriva dalla materia. La terza è la stessa esistenza della natura”. Prevede obiezioni al fatto che lui non sia uno scienziato e chiarisce quindi la differenza tra scienza e filosofia, “Quando studiamo l’interazione tra due corpi fisici, per esempio due particelle subatomiche, ci stiamo occupando di scienza. Quando ci chiediamo come mai queste particelle subatomiche – o qualsiasi cosa fisica – possano esistere e perché, ci stiamo occupando di filosofia. Quando tiriamo conclusioni filosofiche da dati scientifici, stiamo pensando come filosofi”. In altre parole uno scienziato non può pretendere che tutti si adeguino ad una interpretazione univoca delle sue scoperte. Se gli scienziati si impegnano in analisi filosofiche la loro autorità scientifica non ha nessuna rilevanza. Non a caso Einstein diceva “Un uomo di scienza è un povero filosofo”. Ciò non toglie che negli ultimi decenni influenti scienziati abbiano costruito un visione filosoficamente convincente di un universo razionale che guida verso una Mente superiore.

Per Flew sono tre le questioni rilevanti della ricerca scientifica. La prima è “Come sono nate le leggi della natura?”, la seconda “Come un fenomeno come la vita è nata dalla non-vita?” e la terza “Come l’universo, per cui consideriamo che tutto sia fisico, è nato?” Le leggi naturali sono una regolarità o simmetria della natura. Per esempio la legge della conservazione dell’energia dice che l’ammontare totale dell’energia in un sistema isolato rimane costante. Ma l’aspetto veramente importante è che queste regolarità sono matematicamente precise, universali e correlate. Einstein parla di “ragione incarnata”. “La domanda che dovremmo porci è come la natura sia stata confezionata in questo modo. Questa è certamente una domanda che scienziati da Newton ad Einstein ad Heisenberg si sono posti e a cui hanno dato una risposta. La loro risposta è stata: la Mente di Dio”. Einstein disse “Voglio conoscere come Dio ha creato questo mondo… Voglio conoscere i Suoi pensieri, il resto sono dettagli.” Flew ricorda i disonesti tentativi degli atei di tirare dalla loro parte Einstein nonostante le sue ripetute affermazioni contrarie. Sulla stessa linea di Einstein, nella connessione tra le leggi della natura e la mente divina, troviamo anche i padri della fisica quantistica, Max Planck, Werner Heisenberger, Erwin Schrödinger e Paul Dirac. “Se accettiamo il fatto che ci sono leggi, allora qualcosa deve aver imposto questa regolarità all’universo”. Dice Paul Davies “Gli atei sostengono che le leggi [di natura] esistono senza ragione e che l’universo è definitivamente assurdo. Come scienziato, trovo questo difficile da accettare. Ci dev’essere una base razionale inalterabile a cui la logica ordinata della natura dell’universo è radicata”.

Un altro argomento che Flew considera importante è il principio antropico, secondo cui l’universo sarebbe stato messo a punto per l’emergere della vita, una leggerissima variazione della velocità della luce o della massa di un elettrone e la vita non sarebbe stata possibile. Praticamente nessuno scienziato sostiene oggi che la messa a punto dell’universo sia dovuta al caso. I multiversi in opposizione a un universo è un’altra ipotesi, altamente speculativa, degli atei che non spiega però le origini delle leggi della natura. È un’alternativa disperata, “se l’esistenza di un universo richiede una spiegazione, multipli universi richiedono una spiegazione ancora maggiore”. Non c’è, a detta di Flew, una soddisfacente spiegazione naturalistica all’emergere della vita. “Come può un universo fatto d’insensata materia produrre esseri con fini intrinseci, capacità di auto-riproduzione e ‘chimica codificata’? Qui non è una questione di biologia, ma di una categoria di problema completamente differente”. E l’origine delle informazioni in codice del DNA e del RNA? Siamo qui in presenza di un codice che per definizione esige un codificatore. Dice il fisiologo, premio Nobel, George Wald “Noi scegliamo di credere all’impossibile: che la vita sia sorta spontaneamente a caso”. Un’altra brutta gatta da pelare per gli atei è la teoria del Big-Bang. Cioè che l’universo da loro considerato eterno, senza inizio e senza fine, abbia avuto un’inizio. E se ha avuto un inizio chi ha prodotto questo? Anche in questo caso le speculazioni si sprecano, auto-contenimento, fluttuazione quantica e il nulla che danno miracolosamente origine al cosmo.

Flew conclude il testo con una frase che sintetizza l'approccio mentale della sua ricerca "Un giorno potrei sentire una Voce che chiede 'Mi senti ora?'"

[Modificato da Coordin. 14/05/2010 08:15]
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08/05/2011 21:56
 
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Il chimico Marchetti: «gli organismi viventi sono frutto di un disegno ordinatore»

L’ONU ha dichiarato il 2011 l’Anno internazionale della chimica”. Il professor Leonardo Marchetti, docente e ricercatore di chimica organica dal 1976 all’Università di Bologna (facoltà di cui è stato preside per 6 anni), presidente del consorzio interuniversitario “La chimica dell’ambiente”, già Presidente del Collegio Nazionale dei Presidi delle Facoltà di Ingegneria italiane ed autore di 150 pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, è intervenuto sull’argomento in una recente intervista

Rispondendo alle domande sull’utilità della chimica, sulla previsione delle emissioni tossiche e inquinanti, e i possibili investimenti nella chimica “pulita”, ha dichiarato: «La chimica ha leggi precise e inviolabili, che permettono di conoscere come è costituita la materia: le possibilità che ne scaturiscono sono straordinarie».

Ha poi continuato: «Affascinante, per me, è poi la chimica degli organismi viventi: studiandola si ha la dimostrazione che non può essere frutto di una casualità cieca. È evidente che vi è dietro un preciso e sapiente disegno ordinatore. Ai giovani va illustrata questa profonda razionalità della chimica e delle sue leggi, la cui conoscenza permette di indirizzare le reazioni chimiche verso i nostri obiettivi».

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06/07/2011 08:44
 
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Considerazioni sul libro:
Dio è un matematico. La scoperta delle formule nascoste dell'universo
Autore Livio Mario
Traduttore Capararo C.; Zucchetti A.
Editore Rizzoli (collana Saggi italiani)

Come è possibile che un prodotto della mente umana, pur essendo indipendente dall'esperienza, si accordi tanto bene agli oggetti della realtà fisica? Se lo chiedeva, tra gli altri, Einstein pensando alla matematica, una disciplina che almeno dai tempi dei pitagorici ha assunto un'aura di divinità per le sue caratteristiche di perfezione e trascendenza. Man mano che le nostre conoscenze tecniche si sviluppano, scopriamo che le formule e le forme geometriche, elaborate sullo slancio della speculazione pura, descrivono con precisione il mondo che ci circonda e spesso anticipano scoperte ben più tarde. Qual è il mistero di tanta "irragionevole efficacia"? Per rispondere a questa domanda, Mario Livio ripercorre con vivace curiosità le avventure, i pensieri e gli accesi dibattiti delle grandi menti del passato: geni che non a caso furono insieme matematici e mistici, astronomi, fisici, sociologi e alchimisti. Così, tra le leggi della gravitazione universale di Newton, le geometrie non euclidee di Riemann e il teorema d'incompletezza di Godel, nel racconto trovano spazio anche le Osservazioni fatte sui bollettini di mortalità con cui nel Seicento il merciaio londinese John Graunt aprì la strada al trionfale ingresso di numeri ed equazioni nelle scienze sociali per mezzo della statistica.


La recensione di IBS

Con poche equazioni si possono spiegare l'armonia musicale e il patrimonio genetico, la luce delle stelle e il comportamento del mercato azionario. La matematica è un'invenzione, o è un mondo a parte, appena al di là del nostro universo visibile? Questo tema affascinante è al centro del nuovo saggio di Mario Livio, l'astrofisico che, dopo il successo ottenuto con La sezione aurea e L'equazione impossibile, torna a interrogarsi sul mistero della perfetta corrispondenza tra la speculazione matematica e la realtà fisica, cercando di dare risposta a una domanda solo all'apparenza paradossale: Dio è un matematico?
L'universo, in effetti, sembra essere stato progettato da una mente matematica. Già Einstein era perplesso di fronte al mistero che il mondo della realtà fisica sembrasse obbedire alle leggi che risiedono nel mondo delle forme matematiche. Queste leggi hanno due possibili utilizzi: quello "attivo", secondo il quale Newton, Maxwell ed Einstein si servirono di equazioni succinte per spiegare fenomeni come la gravità, l'elettromagnetismo, o la struttura dello spazio e del tempo. Ancora più stupefacente, è il lato "passivo" dell'efficacia della matematica: ovvero il fatto che i concetti e le relazioni che i matematici puri studiano, per ragioni esclusivamente teoriche, si rivelino poi, a distanza di decenni se non di secoli, come soluzioni inaspettate ai problemi della realtà fisica. Questo accadde, ad esempio, con i codici cifrati di Hardy, che divennero fondamentali per le comunicazioni militari. O con Keplero e Newton, che riutilizzarono le orbite ellittiche disegnate dal greco Menecmo, vissuto due millenni prima, per descrivere il nostro sistema solare. Ancora, i fisici del XX secolo, grazie alla scoperta che alla base del mondo subatomico ci sono motivi matematici ben definiti, hanno messo al primo posto i principi matematici di simmetria, sostenendo che la natura e la materia vi dovessero obbedire.
La tesi di Mario Livio in questo libro è volta a dimostrare che anche molta parte dell'attività umana, se non tutta, sembra emergere da una struttura matematica sottostante, persino dove meno ce lo si aspetta. Le opzioni azionarie, i progetti dei computer, gli studi sulla pubblica opinione, persino le analisi dell'evoluzione delle lingue: tutti i tentativi di comprensione umana del mondo conducono alla fine a scoprire i campi sempre più raffinati della matematica, che si rivela così "il manuale nascosto" della natura.
Ma le verità matematiche rappresentano la scoperta di un mondo, o sono un'invenzione della nostra mente? è come chiedersi – scrive Livio – se "Dio creò gli uomini a sua immagine, oppure gli uomini inventarono Dio a loro immagine?" Per rispondere a questi quesiti il viaggio dell'autore parte da lontano, da Pitagora e Platone, passa per Galilei, Newton e Cartesio, giunge nei terreni della probabilità, della statistica e della geometria odierne. Un percorso di lettura piacevole, ricco di numerosi esempi per sostenere, in conclusione, che "la nostra matematica è una combinazione di invenzioni e scoperte" e per regalarci almeno una certezza: che se Dio esiste, di sicuro, è un matematico integralista.

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Il libro "I numeri dell'universo. Le costanti di natura e la teoria del tutto" di Barrow John è una lettura impegnativa.

Chi desidera qualcosa di rilassante deve stare alla larga da tale libro.
D'altro canto chi vuole ragionare sulle scoperte scientifiche e come queste dimostrano assolutamente l'esistenza di Dio, deve armarsi di volontà e cominciare a leggere questo testo.
AUTORE E CONTENUTI
Lo scrittore Barrow, scrivendo questo suo impegnato testo dimostra di credere nell'esistenza di una realtà fisica, e crede che a tutte le leggi della matematica corrispondano le REGOLE e le LEGGI dell'universo.
REGOLE e le LEGGI devono essere associate, per logica, a INTELLIGENZA e LEGGISLATORI, come disordine e caos viene associato al caso.
L'autore dimostra di essere affascinato dal mistero che tutto questo ordine cela!
Si chiede:
<< Un gioco di pura probabilità, o meccanismi regolari che determinano la vita del microcosmo e del macrocosmo? >>
Barrow cerca di portare il suo tema verso una "teoria del tutto, che possa divenire esplicativa dei misteri dell'universo".

Secondo me, l'autore si è gettato in un compito molto arduo, ma che non lo sembra preoccupare più di tanto, e continua fino alla fine a ricercare e proporre una risposta!

"I numeri dell'universo. Le costanti di natura e la teoria del tutto" descrive delle "costanti di natura" ossia "i numeri dell'universo", quelle leggi fondamentali della fisica, la cui validità non dipende dallo spazio o dal tempo dove vengono collocate per l'analisi dei vari fenomeni della natura.

Per esempio i "numeri" degli elementi che costituiscono la terra sono stabili, benché fra di loro vi è una sorprendente varietà; alcuni sono rari, altri abbondano.

Elementi come l'oro sono belli a vedersi.
Altri sono gas che non vediamo nemmeno, come l'azoto e l'ossigeno.
Ogni elemento è composto di atomi di un certo tipo.
La struttura degli atomi e le loro relazioni reciproche rivelano un uso razionale delle risorse e un'organizzazione stupenda che segue uno schema ben preciso.

SCHEMA E ORDINE PRECISI

Circa 300 anni fa si conoscevano solo 12 elementi: antimonio, argento, arsenico, bismuto, carbonio, ferro, mercurio, oro, piombo, rame, stagno e zolfo.
Quando se ne scoprirono altri, gli scienziati notarono che gli elementi riflettevano un ordine preciso.
Visto che in questo ordinamento rimanevano dei posti vuoti, scienziati come Mendeleev, Ramsay, Moseley e Bohr ipotizzarono l'esistenza di elementi sconosciuti, predicendone le caratteristiche. In seguito quegli elementi furono scoperti confermando puntualmente le previsioni. Come fecero quegli scienziati a predire che esistevano forme di materia a quel tempo ancora sconosciute?
Ebbene, gli elementi chimici seguono un ordine numerico che dipende dalla loro struttura atomica. Questa è una legge dimostrata.
Per questo motivo i libri di testo possono pubblicare una tavola periodica degli elementi suddivisa in righe e colonne, in cui trovano posto idrogeno, elio e così via.
Poche sistematizzazioni, nella storia della scienza, possono competere con il concetto di periodicità quale vasta rivelazione dell'ordine del mondo fisico.
Se in futuro verranno scoperti nuovi elementi, è certo che questi troveranno la loro collocazione nel sistema periodico, conformandosi al suo ordine ed esibendo le caratteristiche appropriate per il gruppo in cui si troveranno.
Disponendo gli elementi secondo le righe e le colonne della tavola periodica si nota una notevole affinità tra gli elementi che occupano la stessa colonna.
Ad esempio, nell'ultima colonna ci sono elio (numero atomico 2), neon (numero atomico 10), argo (numero atomico 18), cripto (numero atomico 36), xeno (numero atomico 54) e radon (numero atomico 86). Si tratta di gas che emettono una forte luce quando sono attraversati da una scarica elettrica, e vengono usati in certe lampade. Inoltre, a differenza di altri gas, non reagiscono facilmente con vari elementi.
Sì, finanche negli atomi che lo costituiscono, l'universo rivela uno straordinario grado di armonia e ordine. Da dove derivano l'ordine, l'armonia e la varietà dei "mattoni" dell'universo?
EVOLUZIONE ALLE STRETTE
Leggendo questo libro è naturale porsi la domanda:
"l'ordine e l'armonia degli elementi nella tavola periodica sono frutto del caso o di un progetto intelligente?"
L'evoluzionista, contro ogni logica, dirà:
<>
Io, che evoluzionista non sono, dico, e spero che capite che uso la ragione:
<< l'ordine e l'armonia degli elementi sono frutto di un progetto intelligente!>>


Carlo.
Scheda tecnica del libro:
• Titolo: I numeri dell'universo. Le costanti di natura e la teoria del tutto
• Autore: Barrow John D.
• Traduttore: Cannillo T.
• Editore: Mondadori
• Data di Pubblicazione: 2004
• Collana: Oscar saggi
• ISBN: 8804532483
• Pagine: 326
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20/03/2012 22:29
 
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L’evidenza dei miracoli, 

in memoria della scoperta di J.C. Maxwell

 
 
di Giorgio Masiero*
*fisico e docente universitario

 
 

Agli stolti che m’irridono perché credo ai miracoli chiedo come essi siano così ciechi da non vederne la presenza diffusa in Natura. Mi basta, o Signore, “guardare le cose che hai fatto”, comeAgostino; ammirare “il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”, come Kant. Di recente sono stato a Lourdes: non sono andato a vedere gli storpi che prendono a camminare o i ciechi che acquistano la vista, ma solo per ringraziarti, Dio mio. Con riverenza mi sono bagnato all’oceano di bontà accudente quel mare di dolore, che là si concentra ogni giorno da ogni continente: vi sono tante delusioni che nelle persone sensibili aprono la strada alla sfiducia, ma là ho visto il miracolo che la sofferenza e Dio non sono necessariamente una contraddizione, ma possono essere la soluzione di chi trova l’Assoluto sull’orlo dell’abisso. Nella mia esperienza, Signore, e per la mia sensibilità, i miracoli più evidenti sono le leggi naturali, che Tu ottimo legislatore hai scelto e che la nostra limitata ragione si spiega in parte, e non tanto i casi che la nostra ὕβρις non si spiega affatto e presume fuori di quelle leggi. Un fenomeno naturale che mi lascia incantato sono le onde elettromagnetiche.

Esse manifestano la loro magica essenza nelle frequenze radio delle telecomunicazioni, nell’infrarosso riscaldante, nelle miriadi di colori della luce, nell’ultravioletto abbronzante, nei raggi X della medicina e in quelli gamma delle altissime energie prodotte nelle stelle e negli acceleratori di particelle. Nel momento in cui scrivo queste note, onde elettromagnetiche create dalla mia mente rimbalzano freneticamente tra le sinapsi del mio cervello; altre, dopo essersi propagate dai miei neuroni ai nervi digitali palmari, provocano attraverso la tastiera del pc l’eccitazione degli strati elettronici periferici dei cristalli liquidi del monitor, materializzandosi nelle parole di pixel che vi si accendono; altre avvolgono di luce la stanza in cui mi trovo, l’irraggiamento mi riscalda il corpo e riflette dal display alle mie retine i puntini luminosi, consentendo l’immediato controllo della mia mente sul testo; altre ancora, rimbalzando dal wireless al cavo telefonico, da questo ad un satellite, e dal satellite ad un altro cavo, trasmettono in tempo reale il file, man mano che evolve, al cloud, un server in South Carolina; nel disco del server, altre onde subito polarizzano 228.416 settori contigui nei due opposti stati magnetici e producono una stringa di altrettanti 0 ed 1 che rappresenta isomorficamente il mio testo e conserva al sicuro una copia dei miei pensieri. E poi? Ancora, le radiazioni residue di tutti i suoni, i sentimenti, le parole, i pensieri provocati e vissuti da tutte le generazioni di cose, piante, animali e uomini che mi hanno preceduto, mi avvolgono, trasmettendomi la storia cifrata incancellabile dell’Universo, dalla più antica, la primigenia radiazione di fondo fissata dal Big Bang ed osservata nel 1964 da A. Penzias e R. Wilson (Nobel, 1978).

Le onde elettromagnetiche non sono materia, ma una forma di energia strutturata in un campo tensoriale 4-dimensionale di ordine 2 antisimmetrico, vibrante ininterrottamente fino a mille miliardi di miliardi di volte al secondo e propagantesi nel vuoto alla velocità di 300.000 km/sec. Nulla come le onde elettromagnetiche permea tutte le regioni dello spazio-tempo dell’Universo in maniera così delicata da risultare del tutto invisibile, ed insieme così pervasiva da registrarne tutta la storia. Esse sono stateinvisibili compagne dell’uomo per centinaia di migliaia d’anni e tuttora lo sono per la maggioranza della gente che, senza provare stupore, dà per scontato che la tv di casa trasmetta audio e video ripresi a lunga distanza, il proprio cellulare replichi la voce di una persona all’altro capo del mondo, la sola pressione d’un interruttore allaghi di luce la stanza, una Tac analizzi l’interno del corpo umano entrandovi ed uscendovi come un fantasma, qualcosa arrivi quotidianamente dal Sole ad illuminare e riscaldare il pianeta Terra alimentandovi la vita e la coscienza, dopo aver percorso nello spazio vuoto 150 milioni di km.

Un giovane matematico scozzese, J.C. Maxwell, il 17 marzo 1861, pubblicò nel “Philosophical Magazine”un’unificazione delle leggi riguardanti elettricità e magnetismo (fino ad allora considerati fenomeni distinti) in un sistema di equazioni che oggi si scrivono:

Caro lettore, anche se non conosci la matematica, fermati un istante ad ammirare la simmetrica bellezza e la miracolosa stringatezza di due equazioni che in pochi bit concentrano un terzo di tutti i fenomeni naturali e metà delle applicazioni tecnologiche moderne! «La matematica […] possiede non solo la verità, ma una bellezza suprema, fredda e austera, come quella di una scultura, ma senza richiami alla nostra più debole natura, senza i sontuosi orpelli della pittura e della musica, ma pura e sublime e capace di una perfezione severa come solo l’arte più grande può avere. Il vero spirito di gioia, l’esaltazione, il senso di essere più che un uomo, che sono la pietra di paragone dell’eccellenza, stanno solo nella matematica e nella poesia» (B. Russell). Oltre il miracolo dell’essere delle onde elettromagnetiche, Maxwell svelò quel giorno altri trascendentali riguardanti la loro verità e bellezza. Vero è il logos che ne previde l’esistenza: le equazioni nell’intenzione di Maxwell dovevano servire solo a codificare i fenomeni elettrici e magnetici noti; ma tra le loro soluzioni emerse qualcosa di nuovo, mai osservato prima: le onde elettromagnetiche, appunto. Solo qualche anno dopo, il fisico tedesco H.R. Hertz, guidato nella sua ricerca da quella previsione matematica, le osservò e ne misurò i parametri in laboratorio. La potenza predittiva contenuta in quelle equazioni non si ferma qui, perché da esse Maxwell poté desumere anche la velocità con cui questi “angeli” (secondo una dizione, poetica ma non tanto, di R. Feynman, Nobel 1965) si spostano nello spazio, un numero che ammutolì il mondo perché coincideva con la velocità della luce. Dunque la luce, questo fenomeno su cui per secoli si erano interrogati i filosofi e che occupava per proprio conto un settore della fisica, è composta di onde elettromagnetiche: nelle equazioni di Maxwell stanno anche le leggi dell’ottica!

Di solito, con metodo galileiano s’intende l’uso descrittivo della matematica per le leggi naturali e se ne lascia in ombra l’uso predittivo. Eppure, questa “irragionevole efficacia della matematica” (E. Wigner, Nobel 1963) non è rara e, altrettanto della prima, non trova nessuna spiegazione scientifica. Anno 1930: Urano e Nettuno seguono orbite non del tutto rispondenti alla legge di gravitazione…, a meno che non ci sia più in là un altro pianeta, piccolo e lontano, mai osservato. Puntando il telescopio nella direzione e sulla distanza indicata dalla matematica, in quell’anno fu trovato Plutone! E cento anni prima era toccato a Nettuno. L’antimateria fu predetta nel 1927 da P.A.M. Dirac (Nobel, 1933) con la sua magica equazione dell’elettrone (che gli fu suggerita da motivazioni estetiche: “La verità è bellezza”, disse per spiegarne l’intuizione), ma solo alcuni anni dopo fu osservata in laboratorio. E lo stesso miracolo si ripeténell’unificazione matematica dell’elettromagnetismo con la forza nucleare debole delle radiazioni beta, che prima (1979) valse il Nobel a S. GlashowA. Salam e S. Weinberg che la teorizzarono e poi (1983) a C. Rubbia e S. van der Meer, che la verificarono nei laboratori del Cern. Un altro miracolo riguardante le onde elettromagnetiche è costituito dalla possibilità data alla ragione umana di conoscerle, e di ricavarne così infinite tecniche, a partire dalla prima in ordine di tempo, il telegrafo senza fili di G. Marconi(Nobel, 1909). Nelle equazioni di Maxwell la mente umana ha concentrato tutte le leggi dell’elettricità, del magnetismo e dell’ottica, così che se fossero consegnate ad un’intelligenza aliena, a questa non servirebbe altro per progettare la tecnologia del telefono, o di un televisore, o di un microscopio, o di un motore trifase, o della motrice di una metropolitana. I miracoli descrittivi, predittivi, estetici e tecnologici del campo elettrodebole si ripetono nelle altre due forze della fisica: la gravitazione e la cromodinamica. «Trovi sorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo come a un miracolo o a un eterno mistero? A priori, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabile da parte del pensiero. […] È qui che compare il sentimento del miracoloso, che cresce sempre più con lo sviluppo della nostra conoscenza. E qui sta il punto debole dei positivisti e degli atei di professione, che si sentono paghi del pensiero di avere con successo non solo liberato il mondo da Dio, ma persino di averlo privato dei miracoli. La cosa curiosa, invece, è che dobbiamo contentarci di riconoscere il miracolo, senza poter individuare una via legittima per andar oltre» (A. Einstein, Nobel 1921).

L’essere, il vero e il bello delle leggi fisiche è un “miracolo”, un “dono immeritato”, “che non possiamo spiegarci” (E. Wigner). Di fronte ad esso, l’aut aut non mi pare quello positivista tra fede e ragione, ma quello esistenziale tra fede ragionevole nel Logos divino e fede irragionevole nel caso. Se tanti premi Nobel per la fisica parlano di miracolo, lo posso fare anch’io? Se la radiazione cosmica di fondo, che pervade l’Universo, è la traccia del Big Bang, l’armonia matematica pervasiva del Cosmo e la sua intellegibilità non sono l’impronta del Logos creatore e della Sua presenza nella creatura umana?

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08/07/2012 15:28
 
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Pontifex.RomaNella ereditarietà dei caratteri non c'è nessun caso, non c'è nessuna selezione naturale, ma solo moduli matematici che seguono una logica ferrea (e provata sperimentalmente!). Un anniversario un po' tirato per i capelli, quello celebrato ieri con enfasi da Google per il 189° anno dalla nascita del "padre della genetica" Gregor Mendel. Tanto tirato, vista la cifra affatto tonda e del tutto inusitata, da far sorgere qualche sospetto. Non si tratta infatti di un attore famoso, non è una pop star, non è una icona del politicamente corretto: e perché mai allora il motore di ricerca Internet più utilizzato del mondo dovrebbe arrampicarsi sin sui vetri pur di ricordare un oscuro abate moravo nato quasi due secoli fa e dimenticato persino dai suoi contemporanei? Forse perché è opinione diffusa che quei suoi esperimenti sui piselli di cui conserviamo qualche vaga memoria scolastica siano un gran contributo alla causa evoluzionista, in perfetto accordo e anzi a suprema conferma delle ipotesi formulate dal naturalista inglese Charles R. Darwin. «Alcuni scienziati e filosofi influenti», nota infatti don Mariano Artigas nel suo Le frontiere dell'evoluzionismo (Ares, Milano 1993), scritto con il rigore e l'immediatezza  di cui necessitano i non addetti ai lavori, «videro nel darwinismo un puntello scientifico per il materialismo e per l'ateismo, e sembrò che l'uomo ne uscisse ridotto a un animale fra gli altri».

Ma,  Mendel con Darwin non c'entra alcunché. Anzi, Mendel il darwinismo lo mette in crisi. Lo chiude in un angolo, costringendolo a rivedersi per fare i conti con la realtà delle cose - appurata a norma di metodo scientifico (come il darwinismo invece non fa) appunto dall'abate moravo - e per confrontarsi con quelle domande pressanti che la "genetica dei piselli" non permette più di scantonare.

 l'umile ma acuto abate, seguendo i propri interessi botanici (erano le piante, dopo Dio, la seconda passione della sua vita), si mise a coltivare piselli. Ne coltivò un numero enorme, e li osservò accuratamente uno a uno. I piselli facevano al caso suo. I piselli sono infatti vegetali particolarmente adatti agli studi che piacevano a Mendel, e questo perché i loro fenotipi (la "totale manifestazione fisica di un organismo", come dice il manuale) presentano caratteri costanti e definiti. Ne selezionò, di piselli, 22 varietà differenti, quindi si concentrò su sette paia che mostravano caratteristiche opposte, cioè fra l'altro facili da distinguere a occhio nudo (e la cosa è importantissima, giacché, come osserva costantemente il genetista antievoluzionista Giuseppe Sermonti, la moderna biochimica evoluzionistica pensa di salvarsi rifugiandosi nell'infinitamente piccolo e per definizione un po' oscuro, e si dimentica però di guardare in faccia gli animali e le piante in carne, ossa e clorofilla).

Incrociando le diverse specie di piselli, Mendel osservò che la prima generazione nata dopo gl'incroci era composta da individui uniformi, laddove quelle successive presentavano mutazioni rispondenti a precise proporzioni matematiche. Matematiche: oggettive e calcolabili, due più due fa quattro, e di qui non si scappa. Osservò pure che ciascuno dei caratteri presentati dai nuovi individui di piselli veniva trasmesso ai discendenti in modo indipendente, e questo perché determinato da un fattore che gli era proprio, suo e non seriale, allora come oggi, come sempre.

È così che Mendel, osservando la realtà e lasciandosi realisticamente ammaestrare da essa, descrisse e scrisse la famosa legge dell'ereditarietà dei caratteri: negli esseri viventi esistono unità indipendenti ed ereditabili, e l'ereditarietà è un andamento determinato dalle diverse combinazioni di codeste unità indipendenti. Non c'è caso, non c'è selezione naturale. C'è invece un corso e ricorso regolare, descrivibile con moduli matematici, che si svolge seguendo una logica ferrea.

Ora, le leggi scoperte da Mendel nel comportamento dei piselli messi al mondo dal buon Dio in quell'orto della provincia imperiale del tempo che fu sono nientepopodimeno che la base, certa e matematica, della genetica moderna. Tutto parte da lì, dall'orto dell'abate, solo che il buon abate non se ne accorse.

Nel 1865 egli rese infatti sì pubbliche le proprie scoperte, fra stupore e meraviglia, nel corso di due riunioni svoltesi alla Società di Storia naturale dell'allora Brünn, ma la cosa restò confinata agli addetti ai lavori. Nessuno ne intuì la grandezza. Lo stesso Mendel, fatto ritorno al monastero, se ne occupò solo a titolo personale, e aveva pure una comunità da mandare avanti, e certe questioni anche burocratiche da sbrigare, e così via. Nel 1884 si portò insomma la scoperta nella tomba.

Successe però che un naturalista, Hugo de Vries (1848-1935), occupato in studi analoghi a quelli che avevano appassionato Mendel, venne fortuitamente a sapere, nel 1900, lunghi anni dopo, delle scoperte dell'abate. Per caso, direbbe Darwin, ma il caso non esiste. Di più: in quello stesso 1900 prima il botanico tedesco Karl Erich Correns (1864-1933), poi l'agronomo austriaco Erich Tschermak (1871-1962) pervennero ad analoghe conclusioni. A quel punto, il mondo era bene sapesse, il mondo doveva sapere. E così fu. Erano però trascorsi ben 35 anni da quando il pio e scientifico abate aveva penetrato un poco di più lo schema del reale così come il buon Dio lo aveva fatto in barba alla barba di Darwin. Era tardi, ma a quel punto il darwinismo non poté che tremare, di sdegno e di paura. L'abate aveva infatti scoperto che, nonostante le opinioni nutrite dagli uomini in materia, la trasmissione ereditaria dei caratteri nei viventi avviene indipendentemente dall'ambiente e dal corpo di un determinato individuo. E questa era scienza, cioè conoscenza certa ottenuta per via galileianamente sperimentale, non ipotesi filosofica.

Quando, nel 1953, tre ricercatori uno più assurdo dell'altro, uno persino un po' eugenista, un altro che piuttosto che credere a Dio credeva agli alieni, scoprirono il DNA, venne trovato anche l'agente responsabile della legge ereditaria descritta da Mendel, l'acido desossiribonucleico. Il genetista statunitense James Dewey Watson (nato nel 1928), il biologo britannico Francis Henry Compton Crick (1916-2004) e il biologo molecolare pure britannico Maurice Hugh Frederick Wilkins (1916-2004) ci vinsero il Premio Nobel; avrebbero dovuto dedicarlo a Mendel quel Nobel.

Ora, dopo Mendel, l'evoluzionismo darwiniano chiamiamolo classico è entrato in crisi profonda, fermato dalla scienza esso che scienza non è pur fingendo di esserlo. Così ha cercato un riparo. Per non soccombere si è riciclato, per non morire ha abbandonato la paleontologia e si è gettato nei materiali citoplasmatici. Ma non è mai riuscito a battere le leggi di Mendel; oggi combatte battaglie importanti ma di retroguardia, e sfida su questo o quel punto specifico su cui la ricerca deve ancora fare luce piena. L'impianto generale descritto da Mendel rimane però per esso un ostacolo insormontabile. Siamo sicuri che anche cercando su Google queste verità saltano fuori.

di Marco Respinti

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10/09/2012 12:20
 
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28/09/2012 18:31
 
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Il genetista Collins:
«ritengo che le leggi della natura siano opera di Dio»

Esattamente due anni fa, il 27 settembre 2010, il più influente e importante scienziato del mondo, il genetistaFrancis Collins, noto per aver guidato l’equipe di ricercatori che ha decifrato il genoma umano e attuale direttore delNational Institutes of Health, ovvero la principale agenzia di ricerca scientifica e biomedica del governo degli Stati Uniti (e quindi del mondo), ha risposto ad un paio di domande circail rapporto tra scienza e fede. Due ambiti che lo riguardano in prima persona, essendo lui ricercatore scientifico ma anche devoto cristiano, autore anche di Il linguaggio di Dio. Alla ricerca dell’armonia tra scienza e fede (Sperling & Kupfer 2007)

Egli ha ribadito una visione realista dei rapporti che intercorrono tra i due ambiti: «la scienza cerca di ottenere risposte rigorose alle domande su “come” funziona la natura, e generalmente è abbastanza affidabile [...], quindi, se volete rispondere a questo tipo di domande, come funziona la biologia per esempio, la scienza è la modalità per arrivarci. Gli scienziati sono turbati dal suggerimento che altri tipi di approcci possano essere adottati per ricavare verità sulla natura». Ecco il principale errore di alcune persone, che utilizzano argomenti teologici per spiegare contesti di competenza scientifica. Ma la fede, spiega Collins nell’intervista«risponde a una diversa serie di domande. Ed è per questo che io non credo ci debba essere un conflitto. I tipi di domande a cui la fede può indirizzare una risposta, sono nel campo filosofico: “perché siamo tutti qui?”, “perché c’è qualcosa invece che nulla?”, “esiste un Dio?”. Queste non sono questioni scientifiche e la scienza non ha molto da dire su di esse».

Per come è fatto (per come è stato creato), l’essere umano «ha bisogno di qualcosa che vada oltre la scienza, per perseguire alcune delle cose di cui gli esseri umani sono curiosi. Per me, ha perfettamente senso». Eppure, si lamenta il genetista, «alcuni miei colleghi scienziati che sono persuasi di essere atei, a volte usano la scienza come una clava sulla testa dei credenti, suggeriscono in sostanza che tutto ciò che non può essere ridotto a una questione scientifica non è importante e rappresenta una superstizione che dovrebbe essere eliminata. Parte del problema è che questi estremisti hanno occupato il palco, queste sono le voci che sentiamo». Eppure, «molte persone sono in realtà a loro agio con l’idea che la scienza sia una modalità affidabile per conoscere la natura, ma che non sia tutto, c’è un posto anche per la religione, per la fede, per la teologia, per la filosofia. Ma questa prospettiva di armonia non attira l’attenzione più di tanto, ho paura che nessuno sia così interessato all’armonia come lo è per il conflitto».

La seconda domanda permette una risposta più personale: «il mio studio nella genetica certamente mi dice, incontrovertibilmente, che Darwin aveva ragione sulla natura di come le cose viventi siano arrivati sulla scena, per discendenza da un antenato comune sotto l’influenza della selezione naturale per periodi di tempo molto lunghi [...]. Questa è una risposta a un “come?”. Lascia invece aperta la domanda del “perché?”. Altri aspetti del nostro universo, per me come per Einstein, sollevano interrogativi circa la possibilità diun’intelligenza dietro tutto questo. Perché, per esempio, le costanti che determinano il comportamento della materia e di energia, come quella gravitazionale, per esempio, hanno esattamente il valore che devono avere perché vi sia tutta la complessità dell’Universo? Questa è una cosa mozzafiato vista nella scarsissima probabilità con cui è avvenuta. E fa pensare che una mente potrebbe essere stata coinvolta nella fase di impostazione, ma allo stesso tempo non implica necessariamente che tale mente controlli le manipolazioni specifiche di cose che stanno accadendo ora nel mondo naturale». Anche la natura, come l’uomo, è dotata di libertà.

Tuttavia, conclude Francis Collins, «penso che le leggi della natura potenzialmente possano essere il prodotto di una mente. Penso che sia un punto di vista difendibile. Ma una volta che queste leggi sono entrate in vigore, allora penso che la natura vada avanti e la scienza ha la possibilità di percepire come questo funzioni e quali sono le sue conseguenze».

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17/10/2012 20:41
 
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Il misterioso rapporto tra i mattoni dell’aritmetica
e quelli del mondo

di Giorgio Masiero*
*fisico

 

Il periodo tra gli anni ’30 e ’70 del secolo scorso si può considerare l’epoca d’oro della fisica delneutrone, per l’impiego via via crescente di questa particella, scoperta da James Chadwick nel 1932. Il neutrone fu determinante nella teoria a capire la struttura del nucleo atomico e nelle applicazioni a raccogliere i dati necessari alla progettazione di reattori ed ordigni nucleari. Con impatti rilevanti (e terribili) sulla tecnica, l’economia e la politica globali.

Dopo la scoperta della fissione (anni ‘30-‘40), il risultato maggiore fu forse ottenuto a metà degli anni ’50: si trovò che, colpendo con un fascio di neutroni di bassa energia inuclei pesanti (quelli aventi almeno un centinaio tra protoni e neutroni), questi si dispongono a livelli energetici discreti, più o meno stabili. Dunque, come la nube elettronica intorno al nucleo ha configurazioni quantizzate, così anche il sistema dinamicodel nucleo consiste di righe nitidamente osservabili. A dipanare la matassa della fenomenologia accumulata nei laboratori fu un fisico eclettico, Eugene Wigner, che ad una conferenza sul neutrone (Gatlimburg, 1956) presentò un modello matematico capace di predire gli spettri nucleari. Wigner, sulla base dell’osservazione dei livelli dell’uranio 239 (dove la distribuzione in apparenza casuale è contemperata da un effetto d’ordine che ne vieta l’assembramento sotto una certa soglia), propose uno schema teorico soddisfacente, per la semplicità delle assunzioni e l’efficacia delle predizioni. 15 anni dopo, il modello fu perfezionato da Freeman Dyson: questi, giovandosi di una mole di dati molto maggiore di quella di Wigner (per il solo erbio 166 erano state misurate 109 risonanze del nucleo) e studiando gli oggetti matematici chiamati “autovalori di un operatore GUE”, stabilì che la funzione di correlazione (che conta quante righe sono separate da un dato dislivello energetico) è:

y = 1 – (sinπxx)2.

Sulla strana proprietà della matematica di descrivere i fenomeni naturali, e di farlo in sembianze belle e succinte, mi sono soffermato in diversi articoli. Oggi mi basti aggiungere che Wigner pubblicò in quegli anni anche un saggio, destinato a diventare un classico di filosofia della matematica e della fisica, intitolato “L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali”: in esso, trattando della sinergia tra matematica e fisica, Wigner opina si tratti di una relazione inspiegabile. Ma su questo mistero incombe forse un mistero ancora più grande…

Cambiamo ambiente: saltiamo dal mondo materiale degli atomi a quello etereo dei numeri. Senza dubbio la più importante questione aperta della matematica è l’Ipotesi di Riemann. Essa resiste da 150 anni ad ogni tentativo di dimostrazione ed è connessa alla possibilità che nell’infinita successione dei numeri primi

2   3   5   7  11  13  17  19  23  29  31  37 41  43  47  53  59  61  67  71  73  79  83  89  97 101 …,

che sembra dispiegarsi caoticamente, ci sia della musica sopra il rumore di fondo: sia contenuta cioè una qualche regolarità ancora da scoprire. Il Clay Institute ha inserito la questione nella lista dei “7 problemi del Millennio” promettendo un milione di dollari al suo risolutore. Oltreché avere un’importanza fondamentale in aritmetica (dove i numeri primi fanno la parte degli atomi, perché ogni intero si può scrivere in modo univoco come prodotto di numeri primi), il problema ha anche impatto sui servizi internet, la cui sicurezza si basa in buona misura sull’inesistenza di software capace di scomporre in tempi ragionevoli un numero prodotto di due numeri primi di alcune centinaia di cifre (v. un mio articolo del luglio scorso): se l’Ipotesi di Riemann si dimostrasse vera, la legge matematica con cui i numeri primi si succedono potrebbe disvelarsi e la dea Isis apparire nel suo splendore al baciato dalla serendipity…, minacciando la crittografia usata nelle transazioni finanziarie, nelle infrastrutture strategiche, nelle informazioni industriali e militari sensibili, ecc.

La comprensione dell’Ipotesi di Riemann richiede conoscenze di matematica superiore e non entrerò nei dettagli: dirò soltanto, ai fini di poter trasmettere a tutti i lettori la fragranza del miracolo narrato in questo articolo, che se essa è vera – come i teoremi parziali e le simulazioni al computer fanno ritenere –, allora la distribuzione dei numeri primi è correlata a quella d’un infinito insieme di punti (gli “zeri non banali della funzione Zeta di Riemann”), che verrebbero a trovarsi tutti allineati lungo una certa retta. Già l’autore della congettura, Bernhard Riemann, aveva trovato nel 1859 la posizione dei primi 3 “zeri”, trovandoli allineati sulla retta prevista; nel 1903 Jørgen Gram calcolò i primi 15, pure ivi allineati; nel 1935 Edward Titchmarsh giunse alla determinazione dei primi 1.041, ancora tutti allineati. Con l’entrata in campo dei calcolatori questo genere di ricerche ha subito un’accelerazione: ai nostri giorni il network internazionale di computer cooperativi ZetaGrid ha verificato l’Ipotesi di Riemann per i primi 385 miliardi di punti. Tra il 1987 ed il 2001Andrew Odlyzko si è dedicato a studiare le proprietà statistiche della distribuzione degli zeri di Riemann, esaminandone una decina di miliardi nell’intervallo compreso tra i posti 1020 e 1022. Poté così calcolare con precisione in un largo intervallo che la funzione di correlazione (che ora conta quanti zeri sono separati da una data distanza) è rappresentabile da una funzione identica a quella dei nuclei pesanti:

y = 1 – (sinπxx)2.

I calcoli di Odlyzko rivelano quindi un’incredibile coincidenza, oggi nota come legge di Montgomery-Odlyzko: “La distribuzione dei livelli energetici dei nuclei atomici pesanti è empiricamente uguale a quella degli zeri non banali della funzione Zeta di Riemann”!

Conclusione. Già è un compito improbo, risolvibile solo approssimativamente, prevedere come si muovono 3 o più corpi sotto l’effetto della gravitazione: lo sa ogni studente di meccanica classica. Il fatto che se ne possa calcolare solo una soluzione approssimativanon è di poco conto, perché coincide – come ha dimostrato definitivamente il matematicoQiudong Wang una ventina di anni fa – con l’impossibilità di sapere se un sistema con più di 2 corpi è stabile sotto l’azione del campo gravitazionale, confermando così l’esistenza nei fenomeni fisici di quel caos deterministico, già intuito da Henri Poincaréun secolo prima. Nel caso del sistema solare, con circa 150 corpi tra Sole, pianeti e satelliti (senza contare asteroidi e comete), nessuno pertanto saprà mai la soluzione esatta: sappiamo che una soluzione dinamica abbastanza  stabile c’è, perché altrimenti la vita non sarebbe comparsa né sopravvivrebbe nella Terra, ma nessuno al mondo può dire, per es., per quanti anni Plutone resterà agganciato al Sole.

Desta quindi stupore una formula matematica in grado di descrivere statisticamente le “orbite” nucleari dei 94 protoni e 145 neutroni del plutonio 239 (complicate di spin e parità), ad energie di milioni di elettronvolt; e dei nuclei degli altri atomi pesanti… Wigner non poteva non meravigliarsi dell’efficacia del suo modello! Tutto ciò appartiene però all’“irragionevole efficacia della matematica”, un fatto che i fisici danno per scontato: come potrebbero altrimenti guadagnarsi da vivere? Ciò che Wigner non avrebbe mai immaginato quando propose la sua formula a Gatlimburg è che essa potesse descrivereanche un’altra specie di atomi, fuori dello spazio-tempo e privi di massa ed energia, un tipo di “particelle” non appartenenti al mondo fisico: i numeri primi! È questa unacoincidenza cosmica? O l’esistenza dell’operatore GUE, che sembra governare insieme l’Universo fisico e l’Iperuranio logico-matematico, rivela un rapporto platonico tra i 2 mondi?

L’unica risposta dotata di senso sta per me nella Bibbia: “Hai disposto ogni cosa,[Signore], in misura, numero e peso” (“Sapienza” 11, 21), come dire con la geometria, l’aritmetica e l’algebra. La sentenza della “Sapienza” spiega anche perché la matematizzazione del mondo propugnata da Galileo si è rivelata il giusto programma della scienza moderna. E a questo punto, anche il mistero dell’”irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali” è svelato.

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09/11/2012 12:18
 
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Anche le piccole creature, hanno in se delle leggi matematiche che caratterizzano la loro forma.
DM451
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22/11/2012 00:04
 
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«Com'è possibile generare l’universo da una formula?»

di Davide Ori

- Perché ciò che esiste è comprensibile? Che risposte può dare la ricerca scientifica? A Milano per l'Anno della Fede, il cosmologo Heller dialoga con l'astrofisico Bersanelli, per «sapere come Dio creò l'universo. Voglio conoscere la mente di Dio»

«La fede si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità», esordisce Marco Bersanelli, astrofisico all’Università degli studi di Milano, riprendendo la Porta fidei del Papa. «Una mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità».
L’incontro dal titolo “Quando fede e scienza si incontrano in una persona” di lunedì 12 novembre ha aperto il ciclo “L’Anno della Fede: pellegrini della verità” organizzato dal Centro culturale di Milano in occasione del nuovo anno liturgico indetto dal Papa.

L’Aula Magna della Cattolica di Milano è gremita. Molti i giovani in platea. Con il professore della Statale sul palco c’è Michael Heller, sacerdote polacco, fisico, cosmologo della Pontificia Università di Cracovia e vincitore del premio Templeton nel 2008. Dietro di loro, proiettata sullo schermo, una galassia.
«Proprio dalla scienza si pongono degli interrogativi nuovi che nascono dall’esperienza del reale», dice Bersanelli: «La scienza trova delle risposte perfettibili, ma reali». Il metodo scientifico è caratterizzato dal linguaggio matematico attraverso cui si scopre un’armonia sottesa alle cose. La ricerca è alimentata e scaturita dalle domande che l’uomo scienziato si pone e pone al reale. «Ogni punto di arrivo coincide sempre con un nuovo punto di domanda», osserva per riprendere nuovamente il Papa: «Mentre i primi istanti del cosmo e della vita eludono ancora l’osservazione scientifica, la scienza si ritrova però a riflettere su una vasta serie di processi che rivela un ordine di costanti e corrispondenze evidenti e serve da componente essenziale della creazione permanente». E proprio su quest’ultimo elemento l’incontro entra nel vivo: «C’è un rapporto tra l’ordine del cosmo così come ci è dato di osservare e il fatto che questo universo esista, sia dato».

«La scienza moderna ci dice che il software dell’universo sono le teorie matematiche», esordisce Michael Heller nel suo percorso lungo la strada degli studi sull’evoluzione dell’universo: da Albert Einstein ad Alexander Friedman, da Edwin Hubble all’atomo primordiale di Georges Lemaître del 1931.
E proprio una frase del padre della relatività, secondo Heller, sintetizza la sua scoperta: «L’universo è come la mente di Dio. Voglio sapere come Dio creò l’universo. Voglio conoscere la mente di Dio».
Anche se Einstein non sapeva nulla dell’espansione dell’universo. Ma allora, si chiede lo studioso polacco, «cosa sanno le equazioni che contengono elementi che ancora non conosciamo?». Oggi la ricerca si spinge a trovare un’equazione che possa contenere fisica quantistica e relatività di Einstein. «Ora voglio lasciare la matematica e addentrarmi in un lato più filosofico», spiega Heller. E si domanda: «Come si può passare dall’equazione a ciò che esiste? Come è possibile generare l’universo da una formula?». Il sacerdote polacco osserva anche come le equazioni non sanno e non possono sapere tutto ciò che esiste. 

«La scienza ha almeno tre grandi lacune: l'esistenza dei valori (bene e male), l'esistenza ontologica dell'universo e la sua comprensibilità», e aggiunge: «Queste sono aperte alla trascendenza». Non è semplice rispondere a questi dati, sottolinea Heller, ma facciamoci aiutare ancora da Einstein: «Non capiremo mai perché l’universo è comprensibile e perché esiste» (mistery of existence and of comprensibility). E commenta il cosmologo: «Per me Existence = Comprensibility. Qualcosa che esiste deve essere comprensibile. Questo è possibile solo se i due misteri di cui parla Einstein hanno la stessa natura, dipendendo da un unico fattore: il Creatore. Colui che dona armonia al cosmo, tanto da essere indagato con le equazioni e che al contempo lo fa essere. Di qui il titolo dell’incontro».L’universo esiste ed è comprensibile, proprio perché l’atto della creazione è comprensibile, «voglio conoscere la mente di Dio». E chi meglio di un sacerdote e scienziato può entrare su «due diversi piani epistemologici, che però interagiscono continuamente tra loro», nella realtà tutta? Fino ad avere «un’ambizione», la chiama lui. Un desiderio: conoscere la mente di Dio.

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