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EFFETTI SOCIALI DI IDEOLOGIE ATEE

Ultimo Aggiornamento: 14/02/2021 18:46
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18/04/2010 23:38
 
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Crimini dell'ateismo in Romania
Persecuzioni del comunismo ateo al cristianesimo
Non si può scindere l'ideologia comunista con l'ideologia atea.

Non si può non rilevare che i più grandi dittatori e usurpatori della storia furono tutti atei e anti-cristiani: Stalin, Pol Pot , Tito, Mao, Hoxtha, Milosevic, Nicolae Ceausesco ecc... Verificate voi stessi cliccando sul link che vi porterà alla loro biografia su Wikipedia (guardate la tabella riassuntiva sulla destra sotto la foto).

Non si può neanche non denunciare che la persecuzione ai cristiani era prassi comune nelle dittature comuniste e atee (come è riportato anche su Wikipedia).

Lo dimosta il fatto che nelle peggiori dittature dell'ultimo secolo l'ateismo era la religione di Stato (e lo è ancora nella terribile e disumana Cina, a Laos, in Corea del Nord e in Vietnam).
E' tutto ampiamente dimostrato in questo articolo: nelle dittature comuniste c'era l'ateismo di Stato.


Quel che avvenne nel carcere di Pitesti
Fra il 1949 e il 1952 nel carcere speciale di Pitesti, in Romania, a nord di Bucarest, sono avvenuti dei fatti ben oltre i Gulag sovietici e nazisti. Quel che accadde nel carcere di Pitesti fu l’apice dell’orrore del comunismo, l’orrore del totalitarismo, l'orrore dell'ateismo.

Il regime comunista cercò, al fine di creare l'uomo nuovo, di azzerare l’anima dei prigionieri: intellettuali, borghesi, religiosi e sopratutto studenti universitari. Lo strumento utilizzato erano le torture continue, giorno e notte, senza pausa.

La documentazione è anche raccolta nel libro in uscita in questi mesi: Musica per lupi da Dario Fertilio, giornalista del Corriere della Sera.

Il giornalista racconta a Il Giornale alcune orribili torture:
"pestaggi per mezzo di fruste, cinture, lance; sospensioni al soffitto con pesi da 40 chili per ore e giorni consecutivi; rottura delle dita delle mani e dei piedi; nutrizioni forzate a base di sale con divieto di bere; cozzi procurati delle teste, al modo delle incornate tra cervi; bruciature delle piante dei piedi; percosse alle tibie per mezzo di barre metalliche; costrizione a leccare il contenuto delle latrine; partecipazione obbligatoria a torture collettive, induzione a commettere reciprocamente atti di sodomia; sospensioni al soffitto per le ascelle con zaini sulla schiena carichi di pietre; schiacciamento sotto il peso di corpi, varianti fra il numero di quindici e diciassette; sbattimento di crani contro cemento o pareti delle celle; costrizione a dormire in posizioni fisse; perforazione delle piante dei piedi per mezzo di aghi; posizioni obbligate contro il muro, puntando l’uno o l’altro piede, per la durata di tutta la notte; ordine di produrre masse fecali dove successivamente si depongono gli alimenti; induzione a orinare nelle bocche dei compagni; disposizioni di mangiare direttamente dalle gavette cibo bollente, a quattro zampe e senza ricorrere alle mani; immersioni prolungate delle teste nei buglioli; percosse alle casse toraciche sino alla frattura delle costole, ecc...". (link all'articolo del 16/3/10)

Lo scopo era annientare le anime dei reclusi di Pitesti: la famiglia, i genitori, il proprio passato non solo dovevano essere rinnegati appunto a seguito della tortura che durava giorno e notte, ma si doveva arrivare a un livello per cui si accusavano i propri genitori, i propri figli, la propria moglie delle peggiori nefandezze.


Per i religiosi non era finita qui.
I religiosi inoltre dovevano partecipare alla processione in cui a Gesù e Maria vengono rivolti insulti irripetibili e ricevere l’eucaristia intingendo il pane nell’urina. Così si arriva al paradosso che il torturato stesso cerchi Eugen Turcanu al fine di denunciare il proprio passato, rivelare di aver compiuto o pensato le cose più inimmaginabili. Il tutto in un’atmosfera che sconfina addirittura in un misticismo folle e il blasfemo.


Bibliografia e link sull'argomento
La prigione dove cancellavano l'anima, da Il Giornale.
Osservatorio sui delitti del comunismo nel Mondo, da Inilossum.it
La persecuzione comunista contro il cristianesimo, da Libertà e Persona.
Le persecuzioni del comunismo sovietico e del nazismo, da Ragionpolitica.
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18/04/2010 23:41
 
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1948, gli atei-comunisti al potere in Cecoslovacchia: disastro umano.
Il 20 febbraio 1948 (esattamente 62 anni fa) gli atei-comunisti, attraverso "il colpo di Stato di Praga", presero violentemente il potere.

Comunismo al potere, stato religiosamente laico-ateo-neutrale, insomma, per molti sembrava il paradiso in terra. Chissà quali benefici portò l'emancipazione dalla religione...vediamo un pò:

1. "Da subito gli elementi dissidenti furono eliminati a tutti i livelli della società, inclusa la Chiesa cattolica. Crearono spaccature al suo interno istituendo associazioni filogovernative nella speranza di arrivare al distacco dal "nemico" vaticano. Quattro obiettivi: staccare la Chiesa dal Vaticano, dividere i vescovi tra di loro, dividere i sacerdoti dai vescovi e dividere il popolo dai sacerdoti.
Il 21 marzo 1948 i comunisti nazionalizzarono tutti i beni ecclesiastici, conventi e chiese comprese".
(da: Bonaguro, Cecoslovacchia 1948. I comunisti al potere, Il Timone marzo 2008).

2. "Una volta che il comunismo prese il potere in Cecoslovacchia (1948) la politica del governo si improntò verso drastiche riduzioni delle libertà dei cittadini e della democrazia.
Gli elementi dissidenti con il regime furono eliminati a tutti i livelli della società, incluso quello religioso" (www.wikipedia/Cecoslovacchiasottoilregimecomunista.it)

3. "Iniziò la purga delle forze di sicurezza cecoslovacche, sostituendo comunisti ai non comunisti. Venne introdotto il centralismo burocratico sotto la direzione del Partito Comunista"
(da: www.wikipedia/storiadellacecoslovacchia.it).

4. "L'economia era amministrata a livello centrale e pianificato, con il progetto dell'abolizione della proprietà privata del capitale e con la limitazione dei possedimenti a cinquanta ettari" (da: www.wikipedia/l'eracomunista.it)

5. "Il territorio cecoslovacco si copre di campi di concentramento ispirati a quelli nazisti per epurare borghesi e reazionari e vendicarsi sui nazisti presenti sul territorio. I campi di lavoro forzato diventano legali e costituiscono lo strumento di base delle persecuzioni di massa attuate dal regime totalitario". (da: www.lager.it).

6. "L'autonomia della Slovacchia fu eliminata"
(da: www.wikipedia/l'eracomunista.it).

7. "Nel 1949 fu istituito l'Ufficio per gli affari religiosi per controllare l'attività delle Chiese, i sacerdoti diventarono "dipendenti" che necessitavano del permesso per officiare messa. La stampa cattolica e le associazioni cattoliche vennero abolite. Gli atei-comunisti fondarono l'organizzazione dei "preti patrioti", dalle idee progressiste orientate al comunismo che venivano presentati al popolo come i veri preti del futuro. Nel giugno del 1949 fu espulso dal Paese il rappresentante della Santa Sede e vennero arrestati tutti i religiosi non allineati con il regime.
Le suore, oltre diecimila, furono condannate in massa ai lavori forzati. Le chiese, i conventi, i monasteri, i seminari vennero chiusi" (da: Bonaguro, Cecoslovacchia 1948. I comunisti al potere, Il Timone marzo 2008.

8. "Vi è un aumento del numero delle persone inviate a lavorare nei campi: in questo periodo l'abbassamento dell'età media degli internati cecoslovacchi è un dato di fatto innegabile: sono rinchiuse nei campi 13.400 persone (820 donne), di cui 3.600 (300 donne) nella sola Slovacchia. A Praga vi sono 1.631 internamenti decretati, a Brno 1.228, e a Ostrava 833. Il 17,7 % ha meno di ventun'anni." (da: www.lager.it).

9. "La crescita industriale fu rapidamente sorpassata dal Giappone e dalla Repubblica Federale Tedesca ed eguagliata da Austria e Grecia"
(da: www.wikipedia/storiadellacecoslovacchia.it).

10. Nel 1950 si abolirono gli ordini religiosi, iniziarono una serie di processi-farsa contro semplici fedeli ed autorità ecclesiastiche che vennero condannati a pene esemplari. Fu internato l'arcivescovo di Praga, l'"intransigente" Josef Beran.

11. "Il numero degli internati è salito a 25.000 circa.
A Ostrava si è rinchiusi in un campo per infrazione alla disciplina del lavoro. Ogni ex detenuto reca sulla fedina penale l'indicazione della permanenza in un campo di lavoro forzato" (da: www.lager.it)

12. Ricorda l'ex presidente Václav Havel: "Negli anni '50 nel nostro paese c'erano enormi campi di concentramento in cui si trovavano decine di migliaia di uomini innocenti.
I cantieri però pullulavano di decine di migliaia di giovani entusiasti della nuova fede, l'ateismo, che cantavano inni al lavoro. Si torturava e si giustiziava, si fuggiva avventurosamente all'estero, si cospirava, e contemporaneamente si scrivevano poesie celebrative al dittatore".

13. "Nel 1950 in Cecoslovacchia vi erano 350 campi e prigioni speciali per una popolazione carceraria di 120.000 persone". Un ex internato, arrestato nel febbraio del 1949 all'età di ventitré anni, ricorda una sorta di casamatta senza finestre di 3 metri per 3 e mezzo, alta 1 metro e 70, dove si accalcavano più di 20 persone. "A turno, ci si avvicinava all'abbaino per riuscire a respirare."
(da: www.lager.it)

14. "Dopo numerose purghe il Partito Comunista denunciò 14 suoi leaders nel novembre 1952 e li condannò a morte.
Gli oppositori vennero accusati di cospirazione per poter espellerli dalle posizioni di potere. Vennero effettuati arresti in larga scala per chiunque avesse avuto contatti con l'Occidente, con gli ebrei e con i borghesi nazionalisti slovacchi
(da: www.wikipedia/storiadellacecoslovacchia.it).

15. "L'11 luglio 1960 entra in vigore la nuova costituzione. Nella sfera religiosa, era ufficialmente promosso e insegnato l'ateismo".
(da: www.wikipedia/repubblicasocialistacecoslovacca.it)

16. "La nazione fu caratterizzata dall'assenza della democrazia e dalla relativa arretratezza economica in confronto all'Europa occidentale, anche la la sua economia rimase più avanzata degli stati del blocco orientale"
(da: www.wikipedia/repubblicasocialistacecoslovacca.it)

17. All'inizio degli anni sessanta l'economia della nazione divenne pericolosamente stagnante. Il tasso di crescita industriale era il più basso dell'Europa orientale.

18. "Gli anni '70 videro l'ascesa del movimento dissidente in Cecoslovacchia, grazie anche ai cristiani come Havel. Il movimento venne bandito e addirittura molti imprigionati".
(da: www.wikipedia/repubblicasocialistacecoslovacca.it

19. "I mass media erano controllati dal Partito Comunista.
Era proibita la proprietà privata di qualsivoglia società di trasmissione o di comunicazione, anche se le chiese ed altre organizzazioni pubblicarono alcuni periodici e giornali. Anche con questo monopolio dell'informazione, tutte le pubblicazioni erano visionate e corrette dall'Agenzia per la Stampa e l'Informazione del governo"
(da: www.wikipedia/repubblicasocialistacecoslovacca.it


Ricorda l'ex-presidente cristiano Václav Havel:
20. "Il febbraio 1948 gettò il paese nella sciagura. Il putsch comunista privò i cittadini delle libertà, fu causa di innumerevoli disgrazie e di tragedie personali, per un'intera epoca significò la fine della speranza nello sviluppo democratico della repubblica, fu l'inizio della rovina generale e della devastazione economica del nostro Stato".



Dopo tutto questo sapete cosa dice Raffaele Carcano (presidente della UAAR)?
Dalla sua seggiolina si compiace che la Cecoslovacchia abbia ancora rimasugli di comunismo e sia rimasta in gran parte atea.

Non si può non ripetere quel che scrisse il grande Chesterton:
"Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa".
(Chesterton, Ortodossia, 1908)

Fonti per verificare
Storia della Cecoslovacchia - l'era comunista - Wikipedia
Repubblica socialista cecoslovacca (1960-1990) - Wikipedia.
Cecoslovacchia 1948. I comunisti al potere - Bonaguro, Il Timone, marzo 2008.
Per gli ebrei continua la vita nei campi in Cecoslovacchia - Lager.it
Jean Beran, storia dell'arcivescovo "dissidente" del regime - Wikipedia.
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18/04/2010 23:43
 
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Peter Singer: ateismo e infanticidio
La concezione orgogliosamente ateistica della vita porta a considerare la realtà come la tragedia della casualità, dell'ingiustizia e del non senso.

C'è chi resiste in modo frustrato e aggressivo e chi arranca nel suo nichilismo gaio. Ma molti non reggono questa depressione razionale e questo spiega perchè il numero degli atei suicidi è altissimo.
Lo dimostra uno studio del dipartimento di Psichiatria dell’Università del Manitoba, ripreso in un articolo del La Stampa, vedi qui.

Qualche illustre e orgoglioso ateo però preferisce pensare agli altri invece che a sè e da anni sta promuovendo l'infanticidio. Pensate che io stia scherzando?

Peter Singer
Valutiamo quello che sta sostenendo attualmente l'ateo bioeticista e convinto animalista Peter Singer. L'illustre intellettuale laico vuole disfarsi dell'eredità ebraico-cristiana e afferma:

"Nè un neonato nè un pesce sono persone, uccidere questi esseri non è moralmente così negativo come uccidere una persona"
(Singer, Ripensare alla vita, Il Saggiatore 1996, pag. 20)

Altre citazioni da un'intervista apparsa sul Foglio dell'11/03/2008 (trovate il link a fondo pagina):.

"Il feto non ha autocoscienza e alcun senso della propria esistenza nel tempo. Non può sperare, non sa cosa sia il futuro. Per questo non ha diritto alla vita. Non penso che l’uccisione di un feto o di un bambino sia moralmente equivalente con l’uccisione di un essere razionale e autocosciente".

"Anche se il bambino potrà avere una vita senza eccessiva sofferenza, come nel caso della sindrome di Down, ma i genitori pensano che sia un peso eccessivo per loro e vogliono averne un altro, questa può essere una ragione per ucciderlo"

"E' un diritto ragionevole lasciar morire i malati neurovegetativi perchè essi sono simili agli infanti disabili, non sono esseri coscienti, razionali, autonomi, la loro vita non ha valore intrinseco, il loro viaggio è arrivato alla fine".

"La morte del feto e del bambino è una tragedia per i genitori, non per il feto o il bambino".

"L’aborto a nascita parziale, quando il medico in fase ultima della gravidanza uccide il bambino aspirandone il cervello, è un metodo da praticare per rispettare la volontà della donna che vuole interrompere la gravidanza".

"Dobbiamo squarciare il velo sui conflitti con l’etica tradizionale, compresa la proibizione dell’uccisione della vita umana innocente quando ci sono circostanze in cui farlo può essere la miglior cosa da fare".

"Molti anni fa, nel 1994, proposi di fare eutanasia fino a un mese dalla nascita. Oggi penso che non dovremmo porre alcun limite temporale. Più aspettiamo più cresce il legame fra il bambino e i genitori, quindi l’eutanasia deve essere eseguita prima possibile".

"Se si vuole un altro figlio, è giusto eliminare quello Down"

"I feti, i neonati e i menomati cerebrali non hanno diritto alla vita"

"L’aborto è omicidio. E’ l’eliminazione di un bambino. Ma non significa che non sia moralmente giustificato".

"Anche se il bambino potrà avere una vita senza eccessiva sofferenza, come nel caso della sindrome di Down, ma i genitori pensano che sia un peso eccessivo per loro e vogliono averne un altro, questa può essere una ragione per ucciderlo"

"Da un punto di vista complessivo uccidere il neonato emofiliaco non è l’equivalente morale di uccidere una persona. La perdita di una vita felice da parte del primo bambino è superata dal guadagno di una vita più felice da parte del secondo. Di conseguenza, se uccidere il bambino emofiliaco non ha conseguenze negative per altri, da un punto di vista complessivo, sarebbe giusto ucciderlo"

"Una questione è se il bambino appena nato abbia lo stesso diritto alla vita di un adulto. Il neonato disabile deve essere ucciso prima possibile, perché poi si sviluppa un legame troppo forte tra la madre e suo figlio"

"Perché limitare l’uccisione dentro il corpo della donna? E’ ipocrita far abortire all’ottavo mese e non consentire l’eutanasia neonatale"

"Non dobbiamo essere contro l’eutanasia solo perché la praticarono i nazisti. Io voglio ridurre la sofferenza"

"I feti, i bambini appena nati e i disabili sono non-persone, meno coscienti e razionali di certi animali non umani. E’ legittimo ucciderli"

Riassumendo.
Questo pazzo ateo ritiene che "persona" non equivalga ad "essere umano". Eleva in questo modo i cani, gli elefanti ed i maiali allo status di persone, sulla base del fatto che sarebbero autocoscienti. Allo stesso tempo non avrebbe problemi ad uccidere (con il consenso dei genitori) coloro che presentino disabilità cognitive, come la diffusissima sindrome di Down e tutti i nuovi nati (anche sani), perché essi mancherebbero di caratteristiche rilevanti come l'autocoscienza del tempo e la capacità di ragione.

Ma i disabili cosa dicono del nuovo Mengele?
Nel 1999 decine di disabili hanno manifestato davanti all’ingresso della Nassau Hall, all’Università di Princeton perché il neonazi Peter Singer ha assunto la direzione della cattedra di bioetica. Tuttora i disabili lo chiamano il nuovo Jeremy Bentham e lo definiscono "l’uomo più pericoloso del mondo".

La disabile Diane Coleman, fondatrice di Not yet dead (non ancora morti) che aveva per anni manifestato contro Jack Kevorkian fuori dai tribunali scrivendo articoli dal titolo: "Noi amiamo i nostri tubi per mangiare, respirare e orinare (vedi qui), ha scagliato un nuovo anatema contro Singer : "Nessuno deve dimostrare di essere persona".

E lui come risponde?
"Viviamo in democrazia, ognuno ha diritto alla critica"

Altre reazioni alle sue tesi
Il congressman repubblicano Steven Forbes ha scritto una lettera al rettore di Princeton, Harold Shapiro, in cui evoca il programma di eugenetica nazista e chiede la revoca dell’incarico a Singer.

Il Wall Street Journal ha paragonato Singer al segretario di Hitler, Martin Bormann:
"Ci chiediamo cosa impedisca a Princeton di arruolare un nazista o un giapponese che non vedeva nulla di sbagliato negli esperimenti sui prigionieri di guerra"

Anche l’ateo pro life Nat Hentoff ha chiesto nei suoi editoriali di cacciare quel "professore dell’infanticidio" dall'università.

Un deputato del congresso disse che la nomina equivaleva a "mettere Josef Mengele a capo della bioetica"

Il professor David Oderberg ha addirittura affermato che "per nulla al mondo accetterei di comparire in una pagina di un quotidiano con Singer".

C'è da dire però che è sempre stato un tormentone delle società "senza Dio" il voler decidere chi è "persona" e chi non lo è, eliminando coloro che non rientravano nei canoni della cosidetta umanità.
Non serve andare lontano nel tempo, basta leggere le notizie che arrivano dalla Cina ateo-comunista: vedi qui, qui e qui.

A noi sembra una cosa naturale che ogni essere umano abbia diritti inviolabili, questo perché, volenti o nolenti, siamo segnati dal passaggio di Gesù di Nazareth su questa terra.
E' con Lui che nessun essere umano può più essere "sacrificato".

L'enciclopedia Deagostini lo conferma:
"Fu il cristianesimo a introdurre concetti diversi sull'infanzia, tra cui la condanna dell'infanticidio e l'idea dell'innocenza dell'infanzia", vedi qui.

Ma anche numerosissimi intellettuali atei lo ammettono:
"Se andiamo prima del cristianesimo, ai tempi dei Greci e dei Romani, troviamo che l'appartenenza alla specie Homo Sapiens non era sufficente a garantire la protezione della propria vita. Non c'era rispetto per le vite degli schiavi o degli altri "barbari"; e anche tra gli stessi Greci e Romani, i neonati non avevano un automatico diritto alla vita. I neonati deformi venivano uccisi esponendoli alle intemperie sulla cima di una collina. Platone a Aristotele pensavano che lo Stato dovesse imporre l'uccisione dei neonati deformi".
(Peter Singer, Etica pratica, Liguori 1989, pag. 82-83)

Un altro filosofo laico, Richard Rotry, sostiene:
"Se si guarda a un bambino come a un essere umano, nonostante la mancanza di elementi relazionali sociali e culturali, questo è dovuto soltanto all'influenza della tradizione ebraico-cristiana e alla sua specifica concezione di persona umana".
(Rotry, Objectivity, Relativism and Truth. Philosophical Paper, Cambridge 1991)

E' con Gesù che anche i bambini diventano persone. Nei Vangeli è evidente la struggente commozione verso loro, anzi addirittura sono l'esempio da cui imparare la povertà di cuore, la semplicità: Mc. 5,41, Mt. 18,6, Mt. 18,2, Mc. 10,13-14, ecc...

L'ateo Corrado Augias afferma:
"Non si può apprezzare la forza delle parole di Gesù verso i bambini, se non si considera che i bambini, in una società contadina primitiva, erano nulla, erano non persone, proprio come i miserabili. Un bambino non aveva nemmeno diritto alla vita. Se suo padre non lo accettava come membro della famiglia, poteva benissimo gettarlo per strada e farlo morire, oppure cederlo a qualcuno come schiavo".
(Augias e Pesce, Inchiesta su Gesù, Mondadori 2006, pag. 90)

Anche il più grande nemico del cristianeismo, l'ateo Friederich Nietzsche, vedeva di buon occhio l'eliminazione fisica dei bambini disabili:
"L'individuo fu ritenuto dal cristianesimo così importante, posto in modo così assoluto, che non lo si potè più sacrificare. Ma la specie umana sussiste solo grazie a sacrifici umani! E questo pseudoumanesimo che si chiama cristianesimo, vuole giungere appunto a far si che nessuno venga sacrificato".
(citato da Renè Girard in Vedo Satana cadere come la folgore, Adelphi, Milano 2001, pag. 228)

E' l'ateismo nazista che praticò l'eugenetica nazista. Citando Wikipedia:
"L'eugenetica nazista ha come fine il miglioramento della razza mediante l'eugenetica. In particolare essa era mirata a quanti furono identificati come "vite di nessun valore": devianti, degenerati, ritardati e persone con difficoltà di apprendimento, malati mentali, religiosi, deboli ecc. L'Aktion T4 fu il programma nazista di eugenetica che prevedeva la soppressione o la sterilizzazione di persone affette da malattie genetiche, inguaribili o da più o meno gravi malformazioni fisiche". (vedi qui e qui).


Conclusione
La concezione atea-dogmatica della vita è molto pericolosa.
La storia e l'attualità insegnano. Lo si vede da quello che sta accadendo sotto la dittatura atea-comunista cinese, vedi qui e da tutto quello che è accaduto sotto tutte le dittature atee-comuniste: Russia, Cambogia, Bielorussia, Albania ecc..., vedi qui l'articolo apposito.

Concludo con una frase di Henri De Lubac, filosofo e cardinale del XX secolo:
"Non è vero che l’uomo, come sembra talvolta si dica, non possa organizzare il mondo terreno senza Dio. È vero però che, senza Dio, non può alla fin dei conti che organizzarlo contro l’uomo".
(De Lubac, Il dramma dell’umanesimo ateo, Jaka Book).

Per approfondire e verificare:
Parla Peter Singer, guru dell'aborto eugenetico e dell'infanticidio, Il Foglio (vedi qui un link alternativo).
Le persone disabili hanno paura di Peter Singer, di Giampiero Griffo membro dell'esecutivo mondiale di Disabled Peoples' International.
Noi amiamo i nostri tubi per mangiare, respirare e orinare, "Not Dead Yet" (non ancora morti, associazione di disabili americani che lottano contro l’eutanasia)
E i disabili cosa dicono?, Carlo Bellieni, Neonatologo.
Meglio dieci tombe che una nascita in più, Sandro Magister.
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18/04/2010 23:46
 
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I crimini dell'ateismo in Cina
Recentemente nel dialogo con alcuni atei intransigenti è emersa da parte loro la convinzione che l'ateismo possa portare più benefici di quanti ne ha portato il Cristianesimo e la speranza di poter un giorno governare politicamente un Paese per poter dimostrare questo. Mi è venuto il dubbio che gli atei moderni non sappiano, o preferiscono non sapere, che esistono e sono esistiti governi in cui l'ateismo è ed era la religione di Stato. L'ateismo era infatti presentato come dottrina di Stato, come la verità "scientifica" che il regime comunista consacrava con la sua autorità.

Un esempio?
In tutti gli Stati in cui ci fu o c'è tuttora l'ateismo come religione ufficiale, essi sono stati governati, proprio in quegli anni, da regimi comunisti.
tra il 1944 e il 1989 in cui c'era come primo segretario Enver Hoxha.
Sapete perchè nessun ateo ne parla? Provate a guardare qui.
Ne parlerò comunque in modo più approfondito in seguito.

Ma concentriamoci sui giorni nostri. Un Paese in cui il governo professa l'ateismo come religione ufficiale da oltre 50 anni è il Partito Popolare Cinese. Risultato? Guarda qui qualche numero.
Una marea di denuncie per violazione dei Diritti fondamentali dell'uomo e la ripetizione di quel che avvenne in Albania e nell'Unione Sovietica Comunista e atea. Ecco piccoli esempi.

* Condanne a morte. Il Governo Ateo Cinese effettua il maggior numero di condanne a morte, anche per futili motivi, rispetto a qualsiasi altro governo. Vedi qui e qui.


* Schiavismo. Il Governo Ateo Cinese sfrutta i lavoratori fino allo schiavismo, incurante dei Diritti fondamentali dell'uomo. Vedi qui, qui.


* Campi di concentramento. Il Governo Ateo Cinese ha istituito dei centri di lavoro forzato per i carcerati chiamati Lagoai. Sono veri e propri campi di concentramento. In essi avvengono, con la compiacenza dei politici, torture, omicidi e crudeltà infinite in completa libertà. Il governo pratica lo schiavismo sfruttando la manodopera dei carcerati che vivono in condizioni disumane, chiaramente a costo zero. Vedi qui, qui e qui.


* Infanticidio. Mentre nelle Nazioni di cultura cristiana la persona umana è sacra e inviolabile, da anni il Governo Ateo Cinese perpetua l'infanticidio: le bambine cinesi vengono uccise per ordine del governo per risolvere il problema della svorappopolazione: vedi qui, qui e qui, qui e qui.


* Altissimo tasso di suicidi. Mentre in Italia, noto paese a maggioranza cattolica, si suicidano 5,6 persone ogni 100mila abitanti, in Cina la mentalità atea e disumana produce il 23,9 morti da suicidio ogni 100mila persone. Vedi qui, qui e qui.


* Depressione. In Italia c'è un tasso di depressione del 11% e in Europa del 14%, vedi qui. In Cina è del 20%: circa 30milioni di persone in continuo aumento. Vedi qui.


* Esecuzioni pubbliche. In Europa è pieno di associazioni cattoliche che si battono contro la pena di morte, vedi qui. In Cina il Governo Cinese Ateo celebra regolarmente le feste nazionali e le feste non con la Messa domenicale o con la festa ai Santi come in Europa, ma mandando a morte decine e decine di persone. In questo modo le esecuzioni saranno più seguite e il popolo potrà educarsi al sano rispetto delle regole. A queste esecuzioni è usanza portare i bambini come spettatori e i parenti dei condannati dovranno anche saldare il costo delle pallottole. Vedi qui, qui e qui.


* Aumento dei malati psichici. A Pechino i malati psichici sono passati dallo 0,38 per mille del 1993 al 33,1 per mille del 2003. Vedi qui e qui.


* Persecuzioni religiose. Il Governo Ateo Cinese perseguita, violenta e incarcera qualsiasi credente di qualsiasi religione. Giunge perfino alla pena di morte. Vedi qui, qui, qui, qui e qui.


* Censura. Il Governo Ateo Cinese utilizza la censura come routine. Tutto ciò che non è gradito al governo, dai giornali, alla televisione, fino ad Internet, viene semplicemente censurato. Sopratutto se l'argomento è religioso. Vedi qui, qui, e qui. Perfino l'enciclopedia è censurata, la stessa cosa che vorrebbero gli atei italiani. Vedi qui.


* Sterilizzazione delle donne. Il Governo Ateo Cinese obbliga per legge (Legge del figlio minore) ad avere un solo figlio. Chi trasgredisce verrà torturato o sterilizzato e sui bambini verrà effettuato l'aborto forzato. Chi vuole avere più di un figlio deve pagare ingenti somme allo Stato. Vedi qui, qui e qui.


* Orfani e bimbi clandestini scampati dall'aborto forzato. Secondo l'Unicef in Cina ci sono circa 100mila di bambini orfani e 200milioni di clandestini senza diritto perchè scampati all'aborto forzato perpetrato dal governo cinese. Vedi qui


* Traffico di organi. I rappresentati del Governo Ateo Cinese favoriscono il traffico illecito degli organi, appropriandosi di reni, cornee e fegati dei condannati a morte, senza chiaramente che loro possano esprimere opinione. Vedi qui, qui, e qui



Tutto questo è in linea con quello che da sempre sostiene l'ateismo.
L'ateismo afferma infatti (vedi i filosofi atei o il pluridecorato -sopratutto sul sito della UAAR- Emile Zola) che l'uomo, non avendo Dio e quindi non avendo uno scopo preciso e un destino, altro non è che un aggregato ammasso di cellule senz'anima, una macchina, che un giorno sarà possibile montare e smontare a piacimento.

Prese alla lettera questi consiglii il grande ateo e genocida Mao Zedong (vedi qui com'è orgogliosamente elencato fra gli atei famosi della UAAR).
La sua filosofia atea lo portò all'uso sistematico della repressione e dei lavori forzati, allo sterminio di milioni di contadini nella riforma agraria del 1951 causando la carestia del 1958-1961 e la violenza della Rivoluzione Culturale. Tra il 1959 e il 1962 a causa della sua politica morirono tra i 15 e i 20 milioni di cinesi, vedi qui.

Eh si, quando gli atei prendono il potere...vi dicono niente Lenin, Stalin, Tito, Ceausesco, Hitler, Mussolini, Pol Pot, Hoxha, Milosevic...??

Ma il popolo come fa ad accettare tutto questo violento ateismo?
Infatti non lo accetta e si sta assistendo sempre più a numerosissime conversioni al cristianesimo, alcune proprio dei militanti del partito. Vedi qui, qui, qui, qui, qui, e qui.

Per verifiche e approfondimenti
Ateismo, Francesco Agnoli.
Il comunismo ateo cinese uccide ancora, Lagoai.
Il regime in Cina, Dittatori e dittature.
L'ideologia disumana raccontata da un cinese, Zenit
I guai di un ateismo di stato, Metronio.
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19/04/2010 00:06
 
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Sapete cos'hanno in comune questi uomini (oltre al fatto di essere i più grandi dittatotri della storia..): Lenin, Stalin, Hitler, Mussolini, Pol Pot, Mao, Ceausescu, Hoxha, Tito, Milosevic…?

Erano tutti atei militanti (con un avversione particolare per il cristianesimo) che hanno tentato di creare un mondo in cui non ci fosse bisogno di Dio. Il "leit movie" delle loro dittature era: l’uomo può fare a meno di Dio per costruire un mondo razzialmente puro, economicamente giusto, eugeneticamente sano, socialmente equilibrato, un mondo perfetto, divino, utopico, paradisiaco (e disperato, aggiungerei io...).
Inoltre, i nazisti non hanno forse riconosciuto nell'anticristiano Nietzschez un antesignano della loro ideologia aberrante?
E non è stato l'antimetafisico Heidegger tra i primi sostenitori della dittatura hitleriana? Lo dimostra, per esempio, il discorso del 3 Novembre 1933 dal titolo Appello agli studenti tedeschi, in cui disse:
"Non teoremi e idee siano le regole del vostro vivere. Il Führer stesso e solo lui è la realtà tedesca dell'oggi e del domani e la sua legge"(Heidegger, Appello agli studenti tedeschi)

La Chiesa ha sempre condannato le dittature e i totalitarismi, come conferma Albert Einsten (non certo un fervente cattolico):
"Solo la Chiesa rimase ferma in piedi a sbarrare la strada alle campagne di Hitler per sopprimere la verità. Io non ho mai provato nessun interesse particolare per la Chiesa prima, ma ora provo nei suoi confronti grande affetto e ammirazione, perché la Chiesa da sola ha avuto il coraggio e l'ostinazione per sostenere la verità intellettuale e la libertà morale. Devo confessare che ciò che io una volta disprezzavo, ora lodo incondizionatamente".
(Dichiarazione di Albert Einstein pubblicata da Time magazine, 23 dicembre 1940, pag.40). Ma andiamo nei particolari...

* Come nasce l'ateismo?
L'ateismo nasce come ricerca di senso, di penetrare nelle profondità della vita, lasciando prevalere però alla fine, consapevolmente o meno, una presunzione, o meglio una ribellione (vedi qui).
La ragione di alcuni si ribella, fa i capricci come certi bambini che si impuntano, perchè si accorge di non riuscire a misurare tutto e perciò preferisce chiudersi in disperate congetture logiche e astratte (vedi Dawkins) perdendo il rapporto con la realtà e svalutando le proprie esigenze di uomini. E' un circolo vizioso: più si oppongono e più diventano dialettici...

Basta però, per fortuna, un attimo di semplicità, di umiltà e consapevolezza di sè e di ciò che sta attorno per mettere in crisi tutti i possibili ragionamenti (ricordate quando Kant diceva che il momento in cui sembrava che tutta la sua "critica alla ragion pura" fosse inadeguata, era quando sollevava lo sguardo verso il cielo stellato?). Per questo Gesù diceva: "Grazie Padre perchè hai rivelati queste cose ai semplici".

* Sapevate che i peggiori orrori nella storia sono causati dall'ateismo?.
Il Novecento, soprattutto, è il secolo dell’ateismo assoluto, ed è, non a caso, il secolo degli stermini di massa, delle guerre mondiali, e delle più grandi catastrofi umane della storia.
Tra l'800 e il 900 il fervore ateo ha generato tutti gli ingredienti delle dittature totalitarie: il razzismo biologico (religione della razza), il nazionalismo (religione della patria), il social-darwinismo, l’eugenetica, e il social-comunismo.
L’ateismo è il padre, più o meno diretto, del comunismo e del nazismo e di tutte le ideologie atee nate a partire dal '700, cioè da quando la ragione dell'uomo ha iniziato ad essere presuntuosa. L’ateismo dal quel momento assume connotati tali da diventare una vera e propria religione civile, secolare, con i suoi dogmi e la sua ortodossia.

La caratteristica di tutte queste ideologie di morte, evidenti sopratutto nel '900, è la negazione più o meno esplicita di un Dio trascendente, dell’uomo come sua creatura, dotata di un’anima immortale, e del peccato originale come limite dell’uomo. Recentemente la giornalista e politica Souad Sbai, laica, ha affermato: "Vorrei ricordare che i regimi totalitari del Novecento - nazismo nel suo periodo di ascesa e comunismo - hanno tentato di spazzare via i crocifissi dalle aule scolastiche e dalla storia europea, l’uno attuando la cosiddetta “guerra dei crocifissi”, l’altro tentando di cancellare Gesù Cristo dalla Storia dei Paesi dominati. In tal modo attuando un’operazione di de-semantizzazione e di conseguente distruzione del senso di una civiltà" (Il Sussidiario, 5/11/09). La politica, il potere e lo stato al di sopra di tutto, al posto di Dio.

Karl Popper, il filosofo più importante del '900, paragonando all'ateismo ad una fede religosa disumana, afferma:
"Tra le fedi completamente disumane ci sono anche i vari tipi di totalitarismo e di razzismo: Questi sono movimenti che con una fervente fede tentano di distruggere la maggiore conquista del cristianesimo: la credenza che siamo tutti fratelli, che tutte le differenze fra noi non sono alla fine molto importanti; la credenza, in breve, nell’unità dell’umanità".
(Karl Popper, Dopo la società aperta, Armando Editore)

* Il desiderio dell'ateismo è un mondo perfetto senza Dio: il mezzo per riuscirci è la guerra.
L’uomo, le masse ideologizzate e secolarizzate del Novecento chiedono alla politica, al partito, allo stato, al dittatore di rispondere a tutte le esigenze della società e dell'uomo. La creazione del mondo perfetto e dell'uomo sufficiente a se stesso dunque, urge, preme: necessita al più presto l’eliminazione, tramite ghigliottine, gulag, lager e polizie segrete, Ovra,Gestapo, Ceka e Kgb, di coloro che ostacolano, che impediscono, che non comprendono, che complottano, che sospettano.

Il mezzo per raggiungere questa perfezione è la guerra – o la violenza, che è lo stesso – sempre considerata un male, per quanto talora inevitabile (guerra di difesa), che diviene ora un bene in se stessa: il vento che spazza lo stagno (vedi Hegel), “la sola igiene del mondo” (vedi i futuristi), una esigenza di natura (vedi i socialdarwinisti), uno splendido cozzare di popoli, (vedi i nazionalisti), la fine del passato oscuro e l’inizio di una nuova era (vedi tutti i rivoluzionari, da Mussolini a Mao).

Avendo negato a priori l’essenza dell’uomo, l’anima e Dio, l'ateismo ha sempre identificato tutto l’esistente in ciò che è materiale e terreno e quindi coerentemente ritiene come soluzione di tutto il potere e la sola politica, che tutto controlla: la politica totalitaria dei regimi totalitari. Politica vuol dire guerra, e la guerra è necessaria per bruciare i mali dell’epoca… questo è quanto si ricava dalla lettura di giornali e periodici pubblicati nell’arco di tempo tra il 1880 e il 1914 e che offrono una fonte inesauribile di dati relativi alla struttura darwinistico-sociale del nazionalismo popolare del tempo nell’area anglosassone, in Francia, in Germania o in Italia.

* Dimostrazione storica (per i dubbiosi: riferitevi a Wikipedia): .

1. Il nazismo si è orginato dal nazionalismo, responsabile anche dello scoppio della Prima guerra mondiale, che con i suoi dieci milioni di morti, venti milioni di feriti, mutilati e nevrotici, e sette milioni di prigionieri e dispersi, rappresenta la più grande tragedia della storia. Ebbene il nazionalismo è figlio della Rivoluzione francese, antitetico alla concezione cattolica (quindi universale, l'esatto opposto del nazionalismo).
In Italia il nazionalismo, fu interpretato da personaggi assolutamente nemici della Chiesa, e di ogni religiosità, come Francesco Crispi, alla fine dell’Ottocento, e Benito Mussolini, anticlericale anarchico e socialista, ai primi del Novecento, e poi duce del fascismo, cioè di quella concezione dello stato per la quale “tutto è nello stato e nulla di umano e di spirituale esiste, e tanto meno ha valore, fuori dello stato”. Gli interventisti (I° guerra mondiale), furono tutti uomini delle élites, avversi alla visione cattolica dominante nel paese: Mussolini, Gabriele D’Annunzio, il socialista nazionalisteggiante Cesare Battisti, i nazionalisti Giovanni Papini ed Enrico Corradini, i futuristi di Marinetti.
Giovanni Papini, prima della sua conversione, scrisse sulla rivista nazionalista Lacerba, nel 1914: “Finalmente è arrivato il giorno dell’ira dopo i lunghi crepuscoli della paura. Finalmente stanno pagando la decima delle anime per la ripulitura della terra… Siamo troppi. La guerra è una operazione maltusiana. C’è un troppo di qua e un troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla tavola”. I frutti del nazionalismo, condannato inutilmente da diversi Papi, portarono alla prima guerra e poi, nel dopoguerra, al fascismo, al nazismo e al “socialismo nazionalista” di Stalin.

1. Anche per il marxismo (nato dall'ateismo) valeva l’assioma che l’umanità non aveva come scopo la pace ma la lotta di classe, l’idea nazional-popolare di un eterno antagonismo tra popoli.I totalitarsmi socialisti, fascisti, nazionalsocialisti; e comunisti furono influenzati dal marxismo ateo, con gradazioni diverse. Come ha giustamente scritto Karl Löwith: “Il marxismo è una forma secolarizzata del pensiero biblico". Cosa abbia partorito la religione atea del marxismo, lo sappiamo tutti: dalla Russia, alla Cina, alla Cambogia, al Vietnam, ai paesi dell’America latina, si parla, almeno , di cento milionidi morti, secondo cifre assolutamente prudenziali.

1. I biologi aderenti al darwinismo, prestati alla politica, scrivevano: "La lotta spietata tra le nazioni non è altro che una necessità biologica" (come ha ben raccontato il celebre paleontologo evoluzionista Stephen Jay Gould nel suo “I pilastri del tempo”). Ed Enrico Corradini, interpretando la concezione ateistica e socialdarwinista, sul Regno del 28 febbraio 1904, allo scoppio del conflitto russo giapponese, scrisse: “la guerra è un grandioso e terribile fenomeno della natura, un cozzo di forze avverse primordiali ed eterne, irrefrenabili. E tali sono appunto le forze che conducono alle guerre le nazioni e le razze. Perciò dinanzi ad esse l’uomo civile è abolito e ritorna l’uomo sincero allo stato di natura”.

2. Un'altra componente del nazionalsocialismo fu il razzismo, basato essenzialmente sul materialismo biologico (mai esistito nell'Europa cattolica). Il razzismo contrappone all'idea della comune figliolanza degli uomini a Dio, l’idea che essi siano invece originati da ceppi diversi, più o meno “nobili”, più o meno evoluti, più o meno meritevoli.
Mentre lo scienziato cattolico Louis Pasteur, alla fine dell’Ottocento, rivendicava l’uguaglianza degli uomini di fronte a Dio, le ideologie atee sostenevano che la fratellanza universale in senso cattolico era una evidente falsità, perché in realtà la scienza dimostrerebbe l’ineguaglianza delle razze in base alla misurazione dei crani, e degli arti. Il razzismo si nutrirà di una visione assolutamente atea, in cui non vi è alcuno spazio per un Dio creatore di tutti i popoli, ma solo per l’esistenza di popoli “superiori” e di popoli “inferiori”, di sangue, di luoghi, di colore della pelle, di predisposizioni naturali e genetiche e di ambienti operanti sull’uomo al di sopra della sua libertà. Lo storico Gianni Gentile afferma: “La cultura scientifica di stampo positivistico (cioè ateo, ndr) nella seconda metà dell’Ottocento aveva elaborato una teoria delle razze, secondo la quale a ogni razza venivano attribuite diverse basi biologiche che determinavano i vari comportamenti, anche dal punto di vista morale e dei costumi. Questa impostazione pseudoscientifica consentiva di stabilire una gerarchia che poneva la razza bianca al di sopra delle altre razze”.

3. Strettamente connessa al razzismo, troviamo l’eugenetica, che altro non è che l’antico sogno ateistico di creare una umanità perfetta, assolutamente sana, senza macchia, autosufficiente e che quindi non ha bisogno di un Dio salvatore e di una redenzione. L’eugenetica è presente già nella Repubblica ideale, sostanzialmente comunista, di Platone, nella “Città del sole” di Tommaso Campanella, anch’essa organizzata secondo criteri comunisti. Il sedicente scienziato ateo, Francis Galton, che nel 1883 coniò la parola “eugenics”, spiegò al mondo che tramite matrimoni selettivi e le sterilizzazioni forzate si sarebbe creato l’“uomo nuovo”, sano e felice. Non tanti anni più tardi Adolf Hitler, nel “Mein Kampf”, dopo aver spiegato che lo stato, la nazione, dovrà impedire ai malati o ai difettosi di procreare, aggiungeva: “Basterebbe per seicento anni non permettere di procreare ai malati di corpo e di spirito per salvare l’umanità da una immane sfortuna e portarla a una condizione di sanità oggi pressoché incredibile”.Lo studioso Lifton afferma: “Il progetto nazista si ispirava a una visione di controllo assoluto del processo evolutivo sul futuro umano biologico. Facendo ampio uso del termine darwiniano ‘selezione’ i nazisti cercarono di arrogarsi le funzioni della natura (selezione naturale) e di Dio nell’orchestrare le proprie selezioni, la loro versione della evoluzione umana”.

Per nessuna epoca della storia, prima dell’affermarsi dell’ateismo assoluto, si possono solo lontanamente pensare le stragi e le malvagità create da nazismo e comunismo, e dalle loro appendici ideologiche (razzismo, eugenetica, socialdarwinismo). E’ una evidenza storica che non credo nessuno possa negare.

Chiudo con un giudizio del grande politologo, filosofo e politico Augusto del Noce:
“Per varie che possano essere le forme rivoluzionarie, il loro lato comune è la correlazione tra l’elevazione della politica a religione e la negazione del soprannaturale. Alla liberazione religiosa si sostituisce la liberazione politica. Il problema del male viene trasposto dal piano psicologico e teologico a quello politico e sociologico: i dogmi della Caduta e della Redenzione vengono trasferiti sul piano dell’esperienza storica”
(Augusto del Noce “Il problema dell’ateismo”).
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15/03/2012 20:56
 
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Charles Darwin e Francis Galton all’origine dell’eugenetica e del razzismo


 

di Francesco Agnoli*
*scrittore e giornalista

 
 

Strettamente connessa al razzismo troviamo l’eugenetica, che altro non è che la riedizione dell’antico sogno, utopico, e cioè ateistico, di creare una umanità perfetta, assolutamente sana, senza macchia,che non abbisogni di un Dio Salvatore e di una Redenzione. L’eugenetica è presente già nella Repubblica ideale, sostanzialmente comunista, di Platone; nella “Città del sole” di Tommaso Campanella, anch’essa organizzata secondo criteri comunisti; nel sogno di alcuni maghi del Cinquecento, che credevano di poter applicare la selezione adottata per i cavalli, anche all’uomo. Soprattutto, l’eugenetica moderna, riporta, come si è accennato, al nome di Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che nel 1883 coniò la parola “eugenics”. Le dottrine di Galton vennero attuate per la prima volta, con sistematicità e scientificità, negli Stati Uniti, alla fine dell’Ottocento, prima di essere riprese da Hitler che col suo programma eutanasico, volto a eliminare malati, anziani, mutilati e deformi, avrebbe definitivamente screditato una “scienza” che aveva goduto fino ad allora di grandi entusiasmi, non solo presso molti scienziati, ma anche presso diversi governi nel mondo. Nel “Mein Kampf”, dopo aver spiegato che lo Stato, la nazione, “dovrà impedire ai malati o ai difettosi” di procreare, Hitler aggiungeva: “Basterebbe per seicento anni non permettere di procreare ai malati di corpo e di spirito per salvare l’umanità da una immane sfortuna e portarla ad una condizione di sanità oggi pressoché incredibile” . Del resto Rudolf Hess era solito definire il nazismo una “biologia applicata”, mentre lo studioso Lifton definì il nazismo come una “biocrazia”, perché fondato su una visione di controllo assoluto dei processi biologici: utilizzando il termine darwiniano “selezione”, i nazisti cercarono di sostituirsi alla natura (selezione naturale) e a Dio, per essere loro a dirigere e controllare l’evoluzione umana. Tale biocrazia si esplicò con le leggi razziali sul matrimonio, con la creazione di luoghi appositi dove ariani e ariane di particolare bellezza e forza venivano spinti ad unirsi all’unico fine di procreare una discendenza “superiore”, con la sterilizzazione forzata, l’eutanasia di determinate categorie di inadatti e improduttivi, e l’utilizzo dell’aborto per le donne tedesche gravide di bambini non “puri”, o per le donne dell’est, dopo le conquiste seguite allo scoppio della guerra.

Ma queste idee, come si diceva, dovevano la loro fortuna, prima che ad Hitler, al pensiero e all’opera dello scienziato Francis Galton, il primo a proporre con una certa sistematicità e con un notevole seguito, l’idea di matrimoni selettivi, di segregazione dei disgenici, di sterilizzazione di barboni, poveri, malati, idioti, persone assai genericamente “inferiori”, allo scopo di impedirne la procreazione, per migliorare la razza, convinto che le caratteristiche “sia fisiche, sia mentali, sia morali” delle persone “fossero ereditarie”. Con Galton tutto divenne spiegabile in base all’ereditarietà, mettendo assolutamente tra parentesi i fattori ambientali e il mistero della libertà individuale, con la conseguenza di “convertire problemi come la criminalità, la prostituzione, la disoccupazione, l’improduttività” in fenomeni patologici, determinati esclusivamente dalla natura biologica. Il criterio di discriminazione proposto da Galton per identificare “adatti” e “inadatti” fu l’integrazione sociale, o più in breve, il successo, con la conseguenza inevitabile di una visione “classista” per cui poveri, emarginati, alcolizzati, spesso immigrati italiani o irlandesi o neri, vennero catalogati tra gli “inadatti”, tra le persone da isolare, da controllare, da sterilizzare, affinché il loro patrimonio genetico non si diffondesse. Il fine di Galton era quello di “guidare attraverso l’eugenetica il corso dell’evoluzione al fine di raggiungere nessun altro scopo se non il bene dell’umanità intera”, sacrificando se necessario i singoli individui, e affiancando alla selezione naturale, incompleta, unaselezione artificiale, guidata dagli uomini superiori. Galton arrivò a negare il peccato originale come categoria teologica, e a riproporlo in chiave determinista, come una problematicità biologica, da eliminare in vista di una meritocrazia biologica. Keyles, insistendo sull’accento messianico dell’opera galtoniana, osserva che “Galton trovò nell’eugenetica un sostituto scientifico dell’ortodossia clericale, una sorta di fede secolarizzata, capace di avverare concretamente il sogno di un miglioramento del genere umano”, sino a prospettare, nella sua novella “Kantsaywhere” l’idea di un “paradiso eugenetico”, “dove vigono tre classi divise su base biopsichica, e dove l’ordine e la felicità sono garantiti dalla segregazione dei malati (disgenici) e dall’accoppiamento dei migliori (eugenici)” .

Si capisce molto bene che l’idea di fondo di Galton era assolutamente atea, materialista, determinista, e perché nello stesso tempo egli vedesse nella Chiesa il grande nemico, e nell’eugenetica una sorta direligione atea, civile, di salvezza, che avrebbe realizzato, come si diceva, la razza pura, la razza felice, intelligente, bella, giusta e persino ricca. Si discute molto se Galton abbia o meno preso spunto daCharles Darwin, ma sembra che sia piuttosto difficile negarlo, nonostante poi Galton sia andato ben al di là delle più estreme ipotesi del cugino. Certo è che alcune sue idee erano già in nuce nello stesso Darwin,il quale citava spesso e volentieri, e non per contraddirlo, ma per elogiarlo, il suo bizzarro parente. Scriveva Darwin: “Noi uomini civilizzati facciamo di tutto per arrestare il processo di eliminazione; costruiamo asili per pazzi, storpi e malati; istituiamo leggi per i poveri ed i nostri medici esercitano al massimo la loro abilità per salvare la vita di chiunque all’ultimo momento. Vi è motivo per credere che la vaccinazione abbia salvato un gran numero di quelli che per la loro debole costituzione un tempo non avrebbero retto al vaiolo. Così i membri deboli delle società civilizzate propagano il loro genere. Nessuno di quelli che si sono dedicati all’allevamento degli animali domestici dubiterà che questo può essere altamente pericoloso per la razza umana…Dobbiamo quindi sopportare l’effetto, indubbiamente cattivo, del fatto che i deboli sopravvivano e propaghino il loro genere, ma si dovrebbe almeno arrestarne l’azione costante, impedendo ai membri più deboli e inferiori di sposarsi liberamente come i sani”. Si vede chiaramente in queste frasi come Darwin stigmatizzasse la vaccinazione, ma anche le “leggi per i poveri”, e il lavoro dei medici, quando tutto ciò fosse servito a mantenere in vita e propagare “membri più deboli e inferiori” della razza umana. Scriveva ancora: “Greg e Galton hanno molto insistito sull’ostacolo più importante, esistente nei paesi civilizzati, contro l’incremento di numero degli uomini di classe superiore, cioè sul fatto che i più poveri e negligenti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi invariabilmente si sposano per primi, mentre i prudenti e frugali, che sono generalmente virtuosi anche in altri modi, si sposano in tarda età…Ovvero, come scrive Greg: ‘L’Irlandese imprevidente, squallido, senza ambizioni, si moltiplica come i conigli; lo scozzese frugale, previdente, pieno di autorispetto…trascorre i suoi migliori anni nella lotta e nel celibato… Nell’eterna lotta per l’esistenza è la razza inferiore e meno favorita che ha prevalso ed ha prevalso non ad opera delle sue buone qualità ma dei suoi difetti’” . Alla fine dell’ “Origine dell’uomo”, nell’ultima pagina, concludeva: “L’uomo investiga scrupolosamente il carattere e il pedigree dei suoi cavalli e dei suoi cani prima di accoppiarli. Ma quando si tratta del proprio matrimonio, raramente, o mai, si prende questa cura… Tuttavia con la selezione egli potrebbe agire in qualche modo non solo sulla struttura fisica e l’ossatura della sua prole, ma sulle loro qualità morali e intellettuali…L’avanzamento del benessere del genere umano è il problema più complesso: tutti coloro che non possono evitare la povertà per i propri figli dovrebbero evitare il matrimonio: infatti la povertà non è solo un grande male, ma tende al proprio incremento portando alla sconsideratezza del matrimonio. D’altra parte Galton ha osservato che, se il prudente evita il matrimonio mentre l’incauto si sposa, i membri inferiori tendono a soppiantare i membri superiori della società”. E’ evidente, leggendo questi pensieri, che Darwin fu talora portato ad abbracciare una visione per nulla lontana da quella dell’eugenetica, che contemplava l’esistenza di “membri superiori” e “membri inferiori”, matrimoni da impedire, e un certo disprezzo per le classi meno abbienti.

E’ anche vero, però, come scrive Cristian Fuschetto, citando Pichot, che “‘Darwin aveva l’abitudine di scrivere su un argomento tutto ed il suo contrario’, tant’è che tra i suoi numerosi lavori è possibile trovarne sia alcuni caratterizzati da un certo ‘umanismo’ sia altri ‘più favorevoli a Galton’”. Pichot aggiunge che “Darwin sembra essere stato in buon accordo con suo cugino Galton, e se non ha parlato propriamente di eugenetica è stato verosimilmente perché l’eugenetica è stata teorizzata dopo la sua morte. Continua Fuschetto: “Premesso che sull’idea dell’ereditarietà delle facoltà mentali Darwin aveva posto pensiero già a partire dalla fine degli anni ’40, c’è da dire che poi, quando anche Galton cominciò ad occuparsi (più sistematicamente ed approfonditamente di lui) di questi problemi, di riferimenti e concessioni all’opera galtoniana ce ne furono (come si è visto, ndr) di espliciti, sino agli ultimi anni di vita. Alfred Russell Wallace raccontò che in una delle sue ultime discussioni con Darwin, costui, in perfetto accordo col cugino, “si mostrò davvero molto preoccupato per il futuro dell’umanità, per il fatto che nella moderna civiltà la selezione naturale non ha gioco e perciò i più adatti non sopravvivono”.“L’affinità tra Galton e Darwin, conclude Fuschetto, “emerge chiaramente anche da una lettera che il grande naturalista scrive al cugino in risposta alla richiesta di un parere su ‘Hereditary Genius’, dove Galton (in ossequio al dogma sociobiologico) pensa di aver dimostrato l’ereditarietà delle facoltà mentali: ‘…non credo di aver mai letto in tutta la mia vita qualcosa di più interessante ed originale… mi congratulo con te e ti esorto a continuare il tuo lavoro, convinto che sarà memorabile’ ” . Del resto è innegabile che Darwin si rifacesse da una parte al pensiero di Thomas Malthus, e dall’altra stimasse l’operato dell’amico e sostenitore Ernst Haeckel (1834-1919).

Malthus era stato un pastore anglicano, illuminista, autore, nel 1798, di un famoso “Saggio sulla popolazione” in cui tra le altre cose si biasimavano le riforme sociali, ritenute “dannose per la società, perché il miglioramento economico delle classi più povere avrebbe stimolato l’incremento demografico, cioè il peggiore dei mali”. Ogni politica a favore del benessere dei poveri era per Malthus un errore politico ed economico innegabile. Ernst Haeckel era invece uno zoologo tedesco grande sostenitore dell’evoluzione darwiniana, però all’interno di una sua visione filosofica monista e materialista. Il pensiero, per lui, non era altro che un prodotto dell’attività fisiologica e chimica del cervello. Haeckel era anche convinto della superiorità della razza indogermanica e della bontà del modello spartano. A Sparta, come si sa, i bambini malformati, i malati, i deboli, venivano eliminati, perché poco idonei all’arte della guerra. Tale selezione artificiale, spiegava Haeckel, aveva avuto il grande merito di favorire lo sviluppo di un popolo forte ed eroico. Affermare dunque una certa somiglianza e alcune contiguità tra determinate posizioni di Darwin e l’eugenetica di Galton, non vuole certamente dire buttare a mare le intuizioni che vi furono nella sua speculazione di naturalista, quanto notare come i cedimenti di Darwin ad un pensiero materialista, ideologico, e non scientifico, in certi momenti, lo portarono prima a non riconoscere l’unicità dell’uomo, riducendolo, nell’ “Origine dell’uomo”, ad un semplice animale, solo quantitativamente e non qualitativamente diverso dagli altri, e poi, coerentemente, a posizionievidentemente disumane. L’errore di fondo, giova ripeterlo, sta nella volontà di Darwin, in alcuni momenti della sua vita, di identificare tutto l’uomo (si badi bene, tutto) nella sua animalità, dimenticando l’altra dimensione, non animale, e cioè l’esistenza dell’anima, e riducendo così l’idea di Dio, il senso morale, la capacità di astrazione, la libertà, la volontà…, a facoltà sì umane, ma anche, e solo in minor grado, animali. Così facendo Darwin riteneva di applicare modalità di indagine scientifiche a tutto l’uomo, come se pensiero, volontà, libertà ecc. fossero entità misurabili e studiabili scientificamente. L’errore, per dirla con altre parole, errore gravido di conseguenze filosofiche, che mai volle contrastare nell’opera del cugino, fu di voler rinchiudere il mistero dell’uomo nella sua teoria, che può al massimo spiegare l’origine fisica, essa sì animale, dell’uomo, ma non certo la sua totalità, la sua essenza spirituale.

In un modo o nell’altro, certo anche per l’appoggio concesso a Galton dal celebre zio, e da personaggi assai noti, come il matematico Bertrand Russell, il padre dell’ateologia moderna, e George Bernard Shaw, l’eugenetica si diffuse in breve, ad opera di biologi, medici, psichiatri e politici, ben prima dell’ascesa del nazismo, in molti paesi: Inghilterra, Usa, Francia, Belgio, Svizzera, Svezia, Olanda e alcune nazioni dell’America latina… In Germania, addirittura, gli studi eugenetici ebbero un forte impulso già sotto la Repubblica di Weimar, col finanziamento americano, e col sostegno di politici socialisti e di alcuni scienziati ebrei. Galton, che, come scrive S.J. Gould, era considerato all’epoca “uno dei massimi intelletti del suo tempo”, e che voleva dimostrare scientificamente la naturale e incolmabile inferiorità dei neri, e la superiorità su tutte della razza anglosassone, raggiunse il vertice della sua fama al Primo Congresso Internazionale di Eugenetica del 1912, allorché divenne un vero scienziato vate: le riviste più prestigiose, da “Nature”, al “Times”, si contendevano i suoi articoli, le sue disquisizioni sulla necessità di sostituire il vecchio libero arbitrio col più “aggiornato” determinismo. Nel 1902 ricevette la “Darwin Medal of the Royal Society” (a ennesima dimostrazione del fatto che i più autorevoli scienziati inglesi non vedevano conflitto tra alcune posizioni filosofiche di Darwin e quelle del cugino); nel 1908 partecipò alla “Darwin-Wallace Celebration” della Linnean Society, e nel 1910, per i suoi scritti sulla eugenetica, ottenne la“Copley Medal of the Royal Society” che però, a causa della sua salute inferma, fu ritirata per suo conto da Sir George Darwin, figlio del padre dell’evoluzionismo ed eugenista convinto, come del resto ancheLeonard Darwin, anch’egli figlio del celebre naturalista, e presidente della britannica “Eugenics Education Society”. Ma il paese dove le teorie di Galton avrebbero fatto più fortuna furono gli Usa. Di questo parleremo nel prossimo articolo.

Da: Perché non possiamo essere atei (Piemme 2009)

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15/03/2012 21:03
 
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LA CULTURA ATEA CHE PRODUCE MORTE

 L’eutanasia, il suicidio assistito, pare stia facendo passi da gigante in Belgio, dopo la parziale depenalizzazione del 2002. Nel 2003 si erano avuti 235 casi, che nel 2007 sono raddoppiati. L’anno scorso erano 954 e quest’anno pare si sia arrivati a circa 85 autorizzazioni al mese (è molto prossima  la soglia delle mille). Ci si avvicina alla cifra di 3 eutanasie al giorno. A ricorrere al suicidio di Stato sono in prevalenza i malati di cancro e molti terminali.

La notizia conferma un dato ormai riscontrabile in moltissimi altri casi. Come la legalizzazione del divorzio ha banalizzato questa pratica; come la legalizzazione dell’aborto ha portato a ricorrere all’interruzione di gravidanza come a una normale pratica anticoncezionale, così la legalizzazione dell’eutanasia porta a sviluppare ed incrementare il ricorso al suicidio. La legge fa mentalità, fa cultura. Cadono i tabù, le barriere. Se ciò che è orribile diventa consentito, cessa di essere orribile. E’ una semplice constatazione suffragata da numeri, cifre, statistiche.

Ma una legge non arriva a caso, non cala dall’alto così, perché qualcuno si sveglia la mattina e l’impone. Una legge, in un paese democratico, è proposta e, se trova una maggioranza, viene varata. La legge è fatta da una maggioranza (magari anche risicata) di uomini che impongono in qualche modo la loro cultura, la loro visione della vita, la loro antropologia. In Belgio questi uomini hanno ottenuto la maggioranza, in Italia (per fortuna) ancora no e il suicidio da noi è ancora qualcosa di anomalo, di contro natura, è un male da combattere.

Se questo accade da noi è perché resiste un modello morale che, più o meno consapevolmente, si rifà alla grande tradizione cristiana. E’ il Cristianesimo che insegna che la vita è un valore e che va vissuta fino in fondo. Di più: che la vita è un dono di cui non siamo padroni e che ha un significato anche in condizioni di dolore e di sofferenza. Di conseguenza, uno Stato come il nostro deve sforzarsi a sostenere il malato nella situazione in cui si trova, perché la viva dignitosamente e nel modo migliore possibile. In Belgio lo Stato si dà disponibile ad uccidere il malato. Mi paiono due prospettive molto diverse.

Appurato che tutto dipende da una posizione culturale, è ora che però qualcuno si assumi le proprie responsabilità. Dall’ultimo trentennio del secolo scorso ad oggi abbiamo assistito ad un’accelerazione delle morti legalizzate dagli Stati. Abbiamo visto scoppiare e morire le famiglie; abbiamo visto aumentare l’aborto in modo esponenziale (specie quello più odioso e maligno, quello a fini eugenetici); abbiamo visto radicarsi, ramificarsi, differenziarsi il consumo di droga; abbiamo visto manipolare, violentare, congelare, buttare via l’embrione umano; assistiamo al suicidio legalizzato dei malati… C’è un vento gelido di morte che aleggia sul mondo occidentale. Si ammucchiano cataste di cadaveri e di mali mentre la gente balla, ride, consuma, si sballa e nemmeno se ne rende conto. Di chi la responsabilità di questo tragico panorama?

Bisogna cominciare a mettere sul banco degli imputati la cultura o l’incultura che è all’origine di un modello di vivere sociale che contempla il continuo e sistematico ricorso all’eliminazione della vita, della fatica, del problema. Fino ad oggi sul banco degli imputati c’è stata la religione e la sua storia. In occidente c’è stata la Chiesa cattolica, accusata d’intolleranza, di spirito di crociata, di settarismo, di invasione del campo politico. La Chiesa e i cattolici devono fare i conti con gli sbagli del passato e di fatto dimostrano d’imparare dal loro passato. Chi l’autocritica non la fa mai e non fa i conti col passato è invece la mentalità dominante, quella che Augusto Del Noce definiva già nel 1963 della “irreligione naturale”, o dell'ateismo assoluto, che è divenuta fenomeno di massa e base culturale del democratismo attuale.

Ed ecco allora che se la Chiesa, dopo un momento di incertezza, ha combattuto il Fascismo e il Nazismo, con la loro ideologia razzista e selettiva, prendendo definitivamente e coraggiosamente la strada della difesa della vita e della dignità di ogni essere umano, la mentalità atea attuale si ritrova tragicamente ad attuare alla perfezione (grazie all’ausilio di una tecnica perfezionata) le aspirazioni di quelle ideologie totalitarie, violente, barbare e disumane.

Il fatto è che l'ateismo assoluto della società opulenta, nel sostenere che una convivenza ordinata e pacifica non può basarsi su una legge soprannaturale, non sa dare una bussola etica all'uomo contemporaneo, non ha ragioni forti, convincenti. La libertà che promette in realtà non è libertà, ma sottomissione alle idee dominanti del momento, quindi al potere che le impone veicolandole attraverso i mass media che rappresentano sempre una realtà parziale e manipolata; sottomissione alla legge delle maggioranze; sottomissione al potere della tecnoscienza; sottomissione alla moda imposta.

Questa cultura atea è la principale responsabile del gelido vento di morte che soffia da tutte le parti. Bisogna metterla sul banco degli imputati, smascherando quell'immagine pietosa e solidaristica  (addirittura di difesa dei diritti umani!) che pretende, con un diabolico rovesciamento della realtà, di spacciare al mondo intero.

Gianluca Zappa

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15/03/2012 21:26
 
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Darwinismo e degrado morale

La degenerazione morale è in crescita costante. Gli atteggiamenti che poche generazioni fa sono state disapprovate, disdegnate, proibite e condannate, tutto a un tratto vengono accettate, addirittura ricercate e ampiamente praticate. Questa è una questione importante che molti disconoscono. Gli stili di vita e i comportamenti considerati finora come immorali, adesso sono consentiti perché trattasi di "scelte diverse". Si accettano perversioni quali omosessualità, aggressività nelle società, aumento di frodi, mancanza di rispetto fra coniugi e convivenza in tali condizioni, aumento dei divorzi e del consumo di droghe e alcol, aumento di furti e aggressioni, esecuzione di omicidi senza scrupoli, aumento del tasso di criminalità, mancanza di rispetto e diffusione del gossip...Questi pochi esempi e la situazione attuale in cui versano alcuni paesi occidentali, mostrano chiaramente quanto sia pericolosa la degenerazione.

Alla radice di tutto ciò si trovano le risposte sbagliate alla domanda "Perché esistono gli esseri umani?" La verità è che la gente esiste per conoscere Allah, il Creatore. Egli rivela che esiste solo una fonte di pace che la gente cerca nei posti sbagliati. Lo stile di vita morale religioso comandato da Lui donerà alla gente pace e felicità nel mondo.


Phillip Johnson e il suo libro Defeating Darwinism

Ignorare questi fatti porta alla degenerazione morale, alla tristezza, alla disperazione e alla depressione.

Una delle maggiori cause di questa corruzione morale è la definizione dell'ideologia darwinista che vuole l'essere umano non come servo di Dio ma come un animale egoista venuto al mondo per caso. Stando a questa affermazione non scientifica, un essere non si dovrebbe aspettare di avere leggi e valori diversi da quelli di un animale. La vita è una lotta e gli esseri umani devono essere spietati combattendo gli uni contro gli altri con le unghie e con i denti.

Ciò significa totale disprezzo dei veri valori morali. In Defeating Darwinism, il professor Phillip E. Johnson dell'Università della California, Berkeley, parla degli effetti negativi comparsi nella società dagli anni '60 con l'indebolimento dei credi religiosi e la prevalenza della visione materialista del mondo:

"Sarebbe pressappoco corretto dire che gli anni '60 hanno segnato la seconda Dichiarazione americana di Indipendenza, [...] [la dichiarazione di distaccamento di alcuni] da Dio. Ci si potrebbe aspettare che a una tale dichiarazione seguano conseguenze legali e morali, e così è accaduto."

Il biologo molecolare Michael Denton dichiara che è impossibile analizzare i problemi che hanno lasciato il segno nel XX secolo senza tener conto del darwinismo:

"Il ventesimo secolo sarebbe incomprensibile senza la rivoluzione darwiniana. Le correnti sociali e politiche dilagate nel mondo negli scorsi ottant' anni sarebbero state impossibili senza la sua approvazione intellettuale. è ironico ricordare che è stata la visione laica del XX secolo a facilitare il modo di accettare l'evoluzione, mentre oggi è forse la visione darwiniana della natura a essere responsabile, più di ogni altra, della visione scettica e agnostica del ventesimo secolo. Quella che un tempo è stata una deduzione del materialismo, adesso è diventata il suo fondamento".

 

Uno dei più grandi raggiri del darwinismo è l'affermazione riassunta nei termini "lotta per la sopravvivenza" e "sopravvivenza dei più adatti". Secondo le dichiarazioni non realistiche degli evoluzionisti, la vita è una sfera di conflitto e competizione per tutti gli esseri viventi, uomo incluso. In un mondo simile, non c'è posto per caratteristiche di vera moralità quali amore, rispetto, collaborazione o altruismo.

In L'origine dell'uomo, Charles Darwin scrisse che l'umanità aveva raggiunto la posizione in cui si trovava attraverso la lotta, e che doveva continuare a lottare per progredire, che nessuna legge dovrebbe impedire tale processo:

 

Secondo la forma-mentis darwinista, che considera l'uomo una specie animale, gli umani non valgono molto. La logica darwinista sociale impone di non fare nulla per aiutare chi soffre, e questa è gente che resta abbandonata senza aiuto né protezione. Stando alla logica morale islamica, ogni credente è responsabile di assicurare agli altri pace, sicurezza e benessere.

 

"L'uomo, al pari di ogni altro animale, è progredito alla sua attuale condizione suprema indubbiamente attraverso la lotta per l'esistenza derivante dalla sua rapida riproduzione; e se vuole arrivare ancora più in alto, deve soccombere a questa dura lotta.

Altrimenti cadrà presto nell'indolenza e saranno di più gli uomini in gamba a non avere successo nella battaglia della vita rispetto ai meno dotati. Da ora in avanti la nostra percentuale naturale di aumento, sebbene porti a molti e ovvi mali, non deve diminuire a dismisura in nessun modo. Ci dovrebbe essere un'aperta competizione per tutti gli uomini.

Nel mondo buio imposto dal darwinismo, la cosa importante per le persone è trascorrere l'intera vita combattendo. Questa affermazione manca di ogni fondamento scientifico ed è anche incompatibile con la ragione e la logica. Ma queste ipotesi pericolose vengono messe in pratica; l'onestà, l'eroismo, la lealtà e la devozione vengono rimpiazzati dall'ipocrisia, dall'egoismo, dalla mendacità e dalla slealtà; e vincerà solo chi possiede queste caratteristiche. Questi fondamenti su cui il darwinismo basa la sua visione contorta del mondo e la sua moralità, vengono spesso applicati dagli evoluzionisti con lo scopo di influenzare la gente.

Ad esempio, in un articolo intitolato "The center of Life", Lorraine Lee Larison Cudmore, vincitrice di un dottorato in biologia, ammette apertamente che nella visione evoluzionista della vita non c'è posto per la pietà e la compassione:

"L'evoluzione è dura, inevitabile [...] Non c'è posto per la compassione o la buona competizione. Troppi organismi sono nati, così, in modo abbastanza semplice, molti di loro sono destinati a morire. L'unica cosa che importa è lasciare più figli a portare i propri geni di quanti ne lasci il vicino".

 

Come con il razzismo, il capitalismo selvaggio e l'eugenetica esaminati precedentemente in questo libro, le idee contorte e le pratiche pericolose rafforzate dal darwinismo sono i risultati degli errori e delle menzogne sulla lotta dei più forti per la sopravvivenza. Rimane il fatto che la vita non è una sfera di lotta. L'unica battaglia degli esseri umani deve essere quella contro i loro simili più infimi. Nella lotta contro il male nella propria natura e in quelli intorno a lui, l'uomo deve cercare di far prevalere gli aspetti positivi dell'amore, della compassione, dell'affetto, della pace, della sicurezza, del rispetto e della lealtà. A richiedere tutto questo sono i valori morali graditi ad Allah e che Lui ha scelto per i suoi servi.

Il darwinismo sociale non dà valore alla vita umana

Quando vengono messi in pratica il dogma darwinista della "lotta per la sopravvivenza" e le sue visioni errate, si svaluta la vita umana. Uccidere la gente per qualsiasi motivo, abbandonarla alla fame, provocare guerre e massacri, perpetrare atti di terrorismo, sterminare gli invalidi mentali o fisici o chi appartiene a una razza diversa, diventano tutti atti "legittimi".

In linea con questa mentalità bacata è il professore americano E. A. Ross che non dà alcun valore alla vita umana. Secondo la visione darwinista sociale di Ross: "il culto cristiano della carità come mezzo di grazia ha creato un riparo sotto il quale hanno strisciato e si sono nutriti i dementi e i cretini". Secondo Ross: "Lo stato accoglie fra le sue braccia protettive i sordomuti, ed è in processo di formazione una razza di sordomuti". Dal momento che queste azioni ostacolano il cosiddetto sviluppo evolutivo naturale, Ross dichiarò che la scappatoia per un mondo migliore era quella di lasciare la gente in balia di se stessa di modo che venisse eliminata tramite la selezione naturale.176 

Siamo di fronte a una visione spietata! L'uomo possiede una coscienza, e la coscienza impone di proteggere i deboli, gli emarginati e i poveri. Altrimenti, se l'uomo perde la sua capacità "di pensare come un essere umano" poi raggiungerà davvero una posizione inferiore a quella degli animali perché questi ultimi mostrano grande solidarietà e collaborazione. (Per ulteriori informazioni, leggete Devotion Among Animals: Revealing the Work of God di Harun Yahya's, Global Publishing, Istanbul).

Ross non è l'unico darwinista sociale ad attribuire scarso valore alla vita umana. Sono in molti a condividere la sua idea. Ad esempio, l'evoluzionista Peter Singer, docente di bioetica presso l'Università di Princeton, si spinge ad affermare che la gente con gravi disabilità fisiche non merita di vivere. Egli espresse la sua opinione crudele in questi termini:

"Se mettiamo a confronto un bambino con gravi disabilità [...] con un cane o un maiale, ad esempio, la maggior parte delle volte noteremo che è il non umano ad avere capacità superiori [...] è solo il fatto che il bambino disabile sia un membro della specie Homo Sapiens a farlo trattare in maniera diversa da un cane o un maiale. Tuttavia, la specie, di per sé, non è moralmente rilevante [...]"

 

 

[Modificato da Credente 15/03/2012 21:34]
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10/05/2012 16:51
 
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Cavalli Sforza: «la fine del determinismo genetico»

 In un articolo su la Repubblica Francesco e Luca Cavalli Sforzaaffrontano la fine del determinismo genetico alla luce dello studio dei meccanismi epigenetici. L’articolo è apparso Col titolo Quando l’apprendimento può essere trasmesso” e l’argomento affrontato sono le nuove conoscenze sull’epigenetica, la trasmissione di caratteri sviluppati nel corso della vita.

L’articolo inizia con una sintetica ed efficace esposizione dell’epigenetica«Le nostre attività, quindi, oppure agenti patogeni cui siamo esposti, o ciò che mangiamo, possono modificare il modo in cui lavorano le nostre cellule. I cambiamenti non incidono sulla sequenza di DNA, che rimane immutata, ma sono trasmessi alle cellule figlie insieme al DNA della cellula madre, quando questa si divide»L’importanza dell’epigenetica in ambito antropologico è nell’aver definitivamente smentito l’idea che analizzando il DNA di una persona fosse possibile determinarne tutte le caratteristiche, un’idea che unitamente all’affermarsi dell’evoluzionismo darwiniano per selezione naturale, era stata sin dall’inizio del ’900 all’origine della triste vicenda delle politiche eugenetiche.

Ma se il determinismo genetico viene oggi definitivamente confutato, in passato ha giustificato lepolitiche eugeniste che enormi drammi hanno provocato su entrambe le coste dell’Atlantico, andando dalla discriminazione verso gli immigranti avvenuta negli USA nella prima metà del XX secolo, alle più tristemente conosciute politiche eugenetiche della Germania nazista. Ma l’eugenetica ha continuato ad essere operante anche in Svezia, dove fino agli anni ’70 il Nobel per la pace (sic!) del 1982, Alva Mydral, proponeva politiche eugeniste di sterilizzazione forzata e di promozione del razzismo, idee che come abbiamo visto non solo non le impedirono di ricevere il Nobel per la pace, ma non le impedirono neanche di divenire presidente della sezione scientifica dell’UNESCO dal 1950 al 1955.

In nome del determinismo genetico si riteneva inutile spendere soldi e tempo per l’educazione dei figli di persone che “non avrebbero mai dovuto diventare genitori”, affermava nel 1922 Margaret Sanger la paladina della società basata sull’eugenetica e fondatrice di Planned Parenthood, la più grande industria dell’aborto oggi prendete al mondo. La scoperta dell’ereditarietà epigenetica rende adesso ancor più assurdo tutto questo.  Le caratteristiche che facevano etichettare come “deboli di mente” e spesso dichiarare “indesiderati” il 79% degli emigranti italiani, l’87% di quelli russi o l’83% degli ebrei, oltre ad essere frutto di discutibili test d’intelligenza, potevano essere causate da fattori epigenetici, dalle condizioni di miseria in cui quelle persone erano vissute, persone che dopo essere state relegate agli ultimi posti di una società piena di disuguaglianze, venivano anche “punite” come portatrici di caratteri negativi da eliminare con l’isolamento e la sterilizzazione.

Adesso, all’inizio del XXI secolo, la scoperta dei meccanismi epigenetici ci mette in condizione di liberarci dai dogmi che vedono tutto scritto nel DNA, il “gene egoista” di Richard Dawkins e le conseguenze di un approccio deterministico possono dunque essere messe da parte: l’ambiente e le condizioni sociali sono determinanti. La sopravvalutazione del determinismo genetico e della selezione naturale ha però portato a delle degenerazioni di cui la biologia del XX secolo è stata responsabile o quantomeno corresponsabile, e per le quali dovrebbe “chiedere scusa”, dovrebbe porgere quelle scuse che a volte vengono chieste alle religioni e che stavolta sarebbe giusto che la “scienza” offrisse a coloro che, in nome dell’eugenetica, sono stati perseguitati.

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10/05/2012 17:09
 
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La mattanza di cattolici ed altri credenti
sotto il comunismo ateo

Già Lenin, infatti, andato al potere nel 1917 provvide a mettere fuori legge le religioni perché riteneva, come Marx, che fossero solo un’illusione creata dall’uomo per evadere dalla realtà (“l’oppio dei popoli”). A farne le spese più pesanti fu la Chiesa Ortodossa perché maggioritaria del paese, ma tutte le confessioni presenti in Russia ne ebbero a soffrire: negli anni ’20 sotto la Repubblica sovietica vivevano circa un milione e seicentomila cattolici che furono sottoposti a dure misure repressive fino alla fine dell’URSS. Eppure la Chiesa aveva cercato inutilmente di stipulare un Concordato e aveva offerto, durante la carestia del 1922, due milioni di dollari per alleviare le sofferenze della popolazione, ma come ha sottolineato lo storico Andrzej Kaminski «in Unione Sovietica la fede e la pratica di una religione furono a lungo motivi sufficienti per essere deportati in un campo di concentramento».

Le misure antireligiose furono esportate nei territori direttamente occupati, come negli stati Baltici. Ad esempio,  in Lituania era severamente proibito ai sacerdoti «tenere lezioni ai bambini, impartire la cresima, assistere malati e moribondi e sovrintendere ai funerali” ed era vietato “pubblicare, stampare e diffondere libri, opuscoli o giornali a carattere religioso». Il filosofo polacco Leszek Kolakowskidenunciava il fatto che molte persone erano rinchiuse nei campi di concentramento sovietici per«propaganda religiosa» e che era un «dovere giuridico dei genitori dare ai figli un’educazione comunista e quindi atea; in caso contrario il potere minaccia di togliere i figli stessi». In altri stati, invece si assistette alla nascita di democrazie popolari, formalmente indipendenti, ma nella pratica asservite all’URSS e il cui obiettivo principale era diffondere l’ateismo divenuto in pratica religione di stato, e separare i contatti delle chiese con Roma. Nei paesi ortodossi come la Romania e la Bulgaria l’influenza sovietica s’intrecciò a più strette relazioni locali con la chiesa autocefala ortodossa e il Patriarcato di Mosca. In Romania, infatti, il potere sovietico cercò di spingere i greco-cattolici a far parte della Chiesa Ortodossa (ma ciò non impedì agli stessi ortodossi d’essere perseguitati), e impose la fusioneimprigionando o uccidendo coloro si opposero ossia tutti i vescovi e gran parte dei sacerdoti. Si tentò, invece di manipolare la Chiesa Cattolica di rito latino sostituendo l’autorità di Bucarest a quella del Vaticano. Nonostante le persecuzioni, però, il regime non riuscì mai ad imporre la propria autorità e si ebbero diversi martiri come padre Alajos Boga, morto in carcere per non aver accettato un piano governativo di una Chiesa nazionale senza legami con Roma. Stessa sorte toccò in Bulgaria al vescovo di Nicopoli, il beato Eugenio Vincenzo Bossilkov, processato nel 1952 per essersi rifiutato di mettersi a capo di una chiesa nazionale e condannato a morte. «Non ho rinnegato né la Chiesa, né il Santo Padre, né don Gallioni (n.d.a. Reggente della delegazione apostolica)» disse prima di morire.

Anche nei paesi a maggioranza cattolica, la persecuzione si fece sentire aspramente. La Chiesa inPolonia ebbe un ruolo importante nella formazione di Solidarnoc e parecchi preti e vescovi subirono laprigione o la morte per la loro resistenza al potere comunista come il primate Stefan Wyszynski che subì una lunga prigionia. In Ungheria, invece, il primate Josef Mindszenty fu incarcerato nel 1948  secondo l’incredibile accusa di voler scatenare una terza guerra Mondiale (lo stesso aveva già subito una detenzione dal governo comunista nel 1919 e un’altra sotto il nazismo nel 1944)! Venne liberato durante la rivolta d’Ungheria, e riuscì a mettersi in salvo dalla repressione russa rifugiandosi nell’Ambasciata Americana. In Cecoslovacchia, il cardinale Beran (che era stato prigioniero nel campo di Dachau) venne posto agli arresti domiciliari e fu espulso nel 1965. La repressione peggiore si ebbe comunque in Albaniadove verso il 1976 l’ateismo di stato entrò di fatto nella costituzione (Stalin, invece, aveva fatto redigere una costituzione liberale che ovviamente rimase sulla carta) e i giornali annunciavano trionfalmente che tutte le chiese e le moschee erano state chiuse o demolite. Nella Germania dell’Estla lotta religiosa assunse aspetti meno cruenti: si cercò di scimmiottare rituali cristiani sotto altri nomi come il battesimo o il matrimonio socialista. Si obbligava le persone a giurare fedeltà allo stato o al socialismo, in una cerimonia fatta in contrapposizione alla comunione cattolica e alla confermazione protestante e s’insegnava ai bambini: «Lenin ha spiegato che quest’epoca in cui non esisteranno più lacrime ha un nome. Non si chiama né Natale, né primavera (…) si chiama socialismo». Anche qui, però,non mancarono violenze contro gli atti di resistenza cristiani come quelli contro la distruzione della chiesa nell’Università di Lipsia.

Queste azioni non avvenivano solo nel mondo sovietico, ma anche negli altri stati comunisti. NellaJugoslavia, Tito aveva già fatto uccidere centinaia di sacerdoti e dopo che l’arcivescovo Alojzije Stepinac si rifiutò di sovrintendere a una chiesa nazionale croata, fu arrestato e processato con l’accusa di essere stato complice dei massacri ustascia. Sebbene alcuni studiosi abbiano preso seriamente queste accuse, in realtà, fu un processo farsa e uno degli estensori dell’accusa, Josip Hrnevic ammise: «se avessimo ascoltato i testimoni della difesa, il processo sarebbe caduto». Del resto, il marescialloperseguitò la Chiesa Cattolica anche in Slovenia nonostante il clero si fosse schierato dalla parte del movimento di liberazione ottenendo promesse di rispetto che non furono mai mantenute. La situazione non muta, anzi peggiora se dal comunismo europeo si passa a quello asiatico perché oltre alla propagazionedell’ateismo e al tentativo di sradicare il legame con Roma, vi era anche un atteggiamento xenofobico: il cristianesimo era considerato una religione straniera e come tale doveva essere respinto. Sotto ilVietnam del Nord si provvide a chiudere i seminari, a espellere i missionari stranieri, a nazionalizzarele scuole e a paralizzare la vita cristiana. La persecuzione provocò l’esodo di circa 600.000 cattolici (su 1 milione e mezzo) verso il Vietnam del sud. Anche nel Laos la piccola comunità cristiana soffrìpersecuzioni e anche qualche martirio, mentre la guerra di Corea permise a Kim il Sung di tentare d’estirpare ogni presenza cristiana e molti missionari operanti nel sud vennero deportati a nord. «La nostra rivoluzione è molto più utile ed efficacie del tuo Dio» disse una guardia ad un prete incarcerato. La dittatura più sanguinaria fu comunque quella che sorse in Cina, sotto Mao Tse Tung. Questi durante la guerra civile aveva promesso di rispettare la libertà religiosa di tutti i cinesi, ma appena giunto al potereinstaurò l’ateismo di stato vietando la propaganda religiosa. Scelse di tollerare il culto privato perché pensava che col tempo il popolo avrebbe abbandonato la fede, ma simile disposizione non valeva per il cattolicesimo perché religione non autoctona. Il dittatore cinese perciò diede vita al “Movimento delle Tre Autonomie”, i cui obiettivi erano l’autogoverno, l’autofinanziamento e  l’autopropaganda. I vescovi cinesi ribadirono, però, che chi usciva dall’obbedienza della Santa Sede si allontanava dalla Chiesa e si assistette così alla nascita di due chiese: una costretta in clandestinità con vescovi nominati da Roma e un’altra “ufficiale” con vescovi nominati dal governo.

Vedendo questa situazione e il fatto che nonostante la persecuzione nei paesi liberati come in Francia e in Italia, sempre più persone continuavano ad aderire al partito comunista, Pio XII decretò la scomunicaper chi avesse sostenuto o fatto parte del partito, ma l’adesione di un’ampia parte della società alle idee socialiste rese difficile applicare una simile disposizione e la scomunica cadde presto nel dimenticatoio. La fine del comunismo europeo segnò la fine delle persecuzioni religiose, ma in Asia resiste ancora e molti credenti sono tutt’oggi incarcerati e uccisi per la loro fedeltà alla Chiesa o per il loro rifiuto all’ateismo di stato.

——————————————————-
Bibliografia
ANDREA RICCARDI, Il secolo del martirio, Milano 2000
AA. VV. Il libro nero del comunismo Milano, 1998
AA. VV. Il libro nero del comunismo europeo, Milano 2006
ANDRZEJ KAMINSKI, I campi di concentramento dal 1896 a oggiTorino 1998

 

Mattia Ferrari

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19/11/2012 21:41
 
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Quando Stalin finanziava la propaganda
dell’ateismo scientifico

Questo perché dal gennaio 1918 lo Stato divenne ufficialmente ateo, con la Costituzione sovietica del 1918 si iniziò a finanziare la propaganda anti-religiosa, le chiese che occupavano suolo pubblico vennero distrutte e le feste religiosevennero abolite, Natale e Pasqua compresi. Il dittatore Stalin stabilì, inoltre, che il condividere superstizioni religiose (processioni religiose, credere ai miracoli, ecc….) era punito con la prigione, o con la deportazione nei gulag (nel caso di reiterazione), o con la fucilazione se nei gulag il prigioniero opponeva resistenza.

Ne ha parlato anche la poetessa russa Ol’ga Aleksandrovna Sedakova, docente dal 1991 presso la Facoltà di Filologia dell’Università di Mosca: «ottenere un diploma, senza dare gli esami delle materie ideologiche, tra cui l’ateismo scientifico era impossibile».

In questi giorni è apparsa anche la testimonianza di Andrey Kuraev, nato a Mosca nel 1963 da genitori non credentiA scuola è divenuto direttore di un giornale scolastico chiamato“The Atheist” , ha poi scelto la carriera universitaria, ottenendo la laurea inTeoria e storia dell’ateismo scientifico” . Fu in questo periodo che «mi resi conto», ha raccontato Kuraev, «che nei libri di studio c’era moltissime speculazioni e una forte incompetenza. Nessuno degli insegnanti conosceva l’ebraico o il greco, ma questo non impediva loro di avanzare una critica scientifica della Bibbia. Rimasi molto deluso». 

Kuraev ha anche raccontato che «noi gli studenti, specializzandi in ateismo scientifico, venivamo contattati dal Comitato dei Giovani comunisti di Mosca per condurre una ricerca sociologica sulla religiosità dei giovani. Ci mandavano nelle chiesa di Mosca ogni domenica in osservazione, per poi  farci compilare dei questionari nei quali indicare il nome del sacerdote, il contenuto del suo sermone (specificando se era indirizzato ai giovani, se ha solo citato la Bibbia e i Padri della Chiesa o anche la stampa e la letteratura contemporanea). Dovevamo indicare anche il numero di parrocchiani e se avevamo riconosciuto dei giovani che conoscevamo».

A motivo di questo avvicinamento con gli ambienti ortodossi e grazie alla lettura di Dostoevskij, Kuraev decise in seguito di battezzarsi, ovviamente in clandestinità. Ha ricordato le bugie che doveva dire ai suoi genitori per frequentare la chiesa, fino a quando lo hanno scoperto. Dopo alcune resistenze suo padre gli ha sorprendentemente detto:«Sai, alla fine sono contento che battezzato … ora hai nelle tue mani la chiave di tutta la cultura europea». Quando Kuraev decise infine di entrare in seminario, al padre -che lavorava presso l’Accademia delle Scienze- venne  bloccato l’accesso a un importante lavoro per l’UNESCO.

Fortunatamente, come ha commentato la Sedakova, «il comunismo non è riuscito a cancellare Dio dal cuore delle singole persone. Anche se costoro sono stati costretti a diventare – se non dei martiri – almeno dei confessori della fede all’interno dello Stato ateo. Sul cuore umano, in fin dei conti, nessuno può vantare pieni poteri, nessun regime può se Dio lo chiama a sé».

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11/03/2013 13:44
 
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Rivoluzione e illuminismo:
origine di tutte le ideologie moderne

Rivoluzione FranceseIl presidente Giorgio Napolitano, in un recente intervento sull’Osservatore Romano ha affermato che «è stato impossibile -se non per piccole cerchie di nostalgici sul piano teoretico e di accaniti estremisti sul piano politico- sfuggire alla certificazione storica del fallimento dei sistemi economici e sociali d’impronta comunista».

Finalmente una chiara dichiarazione autorevole. Ma non è una posizione scontata: tutti sono pronti a condannare il fascismo ma esistono ancora molti che faticano a prendere le distanze dal comunismo, e altri che invece proseguono a sostenerlo. Marco Rizzo, leader dei Comunisti italiani (Sinistra Popolare) ha ad esempio recentemente espresso dolore e condoglianze per la morte di uno dei peggiori dittatori della storia del ’900, Kim Jong-il della Corea del Nord.

Giovanni Fighera, docente nei licei classico e scientifico e ricercatore di Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Milano (e autore di questo blog) ha dato un’ottima definizione di “ideologia”«Il termine indica un pensiero o un sistema di pensiero pregiudiziale, senza un fondamento di verifica nella realtà. Quindi, lo sguardo ideologico è quella modalità di trattare il reale non partendo dall’osservazione e dal desiderio di conoscenza dello stesso, bensì dall’idea preconcetta che si possa già avere». Tutto il contrario del cristianesimo, che non nasce all’interno dell’uomo, non nasce da un’idea ma -come ha spiegato Benedetto XVI- «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».

Nel suo interessante articolo su La Nuova Bussola Quotidiana ha correttamente spiegato che la madre di tutte le ideologie contemporanee e quelle XX secolo è la Rivoluzione francese, perché, citando Giacomo Leopardi, «lo scopo non solo dei fanatici, ma dei sommi francesi o precursori, o attori, o […] complici della rivoluzione era esattamente di fare un popolo esattamente filosofo e ragionevole [...] l’uso intiero, esatto e universale della ragione e della filosofia, dovesse essere il fondamento e la cagione e la fonte della vita e della forza e della felicità di un popolo». Come conseguenza di questo, spiega Fighera, ci furono centinaia di migliaia di morti, una violenza inaudita nei confronti della tradizione cattolica francese, l’eliminazione della libertà di culto e di pensiero. Pensiamo alla ghigliottina di Danton, alla Legge dei sospetti e agli Anni del Terrore, altro che “liberté, égalité, fraternité“!!

E la Rivoluzione francese è figlia dell’Illuminismo, dove «dimenticandosi dell’abisso di male cui può pervenire l’uomo, l’Illuminismo francese propone una visione positiva della storia e del mondo, scordandosi, però, della persona. La positività riguarda la società nel suo progresso, non il singolo. Tutta la vita del singolo deve impegnarsi nella realizzazione di questo ipotetico futuro, che non risponde alle domande di felicità del cuore del singolo». Dall’Illuminismo al positivismo e con la «consolidata fiducia nella scienza e nel progresso, si rafforza nella convinzione che l’uomo possa finalmente realizzare un mondo perfetto senza Dio, confidando nelle “scienze positive” o nelle nuove dottrine politiche».

I totalitarismi del ’900 furono impostati sull’ateismo e/o sul positivismo scientista(nazismo ed eugenetica, ateismo scientifico obbligatorio nelle università sovietiche ecc.) ma sono arrivate a mostrare «l’inanità dello sforzo umano di poter costruire un mondo migliore senza Dio ricorrendo sempre alla violenza e alla sopraffazione».

Ancora oggi non sono tramontate le ideologie, si continua a presumere di «costruire la nuova città, di creare l’oasi, di fondare il mondo nuovo sulle ceneri del vecchio, che avrebbe palesato tutta la propria insufficienza». Relativismo, progressismo, ecologismo, libertinismo sessuale, teorie del gender…«le nuove ideologie mostrano sempre la medesima presunzione che l’uomo possa prendere il posto non più occupato da Dio e finalmente, lontano da ancestrali fantasie religiose e superstiziose, realizzare il mondo giusto, equo, fondato sul diritto e su una morale al passo con i tempi».

Ancora una volta si ripete il peccato presuntuoso di Adamo ed Eva, ancora una volta la storia è pronta a dichiarare fallita l’ennesima rincorsa all’idolo di turno.

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01/06/2013 11:46
 
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Germania: secolarizzazione e occultismo

Occultismo“Quando il cielo si svuota di Dio, la terra si popola di idoli”, diceva il teologo K. Barth. Più che una massima sembra essere un’evidenza storica dopo l’ubriacatura di secolarizzazione che ha sconvolto il ’900, triplicando per l’uomo i vitelli d’oro davanti a cui inginocchiarsi (la Razza, il Comunismo, il Nazismo, la Natura, la Scienza, la Politica ecc.) e lasciando oggi le società meno cristianizzate in balia di una miriade di forme di spiritualismi vari, esoterismi e pseudoreligioni.

Ne è un caso classico la Germania, ex terra protestante e dunque la più esposta tra i maggiori stati occidentali all’effetto secolarizzazione.  Uno studio del 2011 ha attestato che la Germania nel suo complesso si trova al di sotto della media europea di “religiosità”, con solamente il 47% della popolazione che afferma di credere in Dio. Ad abbassare tale media è la parte orientale della Germania, la regione al mondo con il maggior numero di non credenti (52,1%). La causa è da ricercarsi nella forte secolarizzazione impressa dal nazismo con l’aggiunta della successiva eredità marxista.

Se dunque la Germania è vista come la testa d’ariete della secolarizzazione occidentale, a confermare la citazione iniziale di Barth è la definizione arrivata in questi giorni di “repubblica dell’occulto”. Il processo di scristianizzazione infatti pare viaggiare in parallelo al giro d’affari legato all’esoterismo, che quest’anno ha toccato quota 20 miliardi, il doppio di dieci anni fa. Un tedesco su quattro è aperto a guaritori, terapie alternative e cure spirituali, oltre il 40% ha un’opinione positiva su astrologia e new age, oltre la metà ha simpatia per l’antroposofia e la teosofia.

Una prova esattamente opposta a questo fenomeno l’ha mostrata nel 2008 lo studio “What Americans Really Believe”, una delle indagini più vaste mai condotte sugli atteggiamenti degli americani verso la religione, mostrando che la religione cristiana tradizionale diminuisce di molto la credulità generale, dai lettori dei tarocchi all’astrologia. Si è notato inoltre che gli irreligiosi e i membri delle denominazioni protestanti più liberali, lungi dall’essere resistenti alla superstizione, tendono ad essere molto più propensi a credere nel paranormale e alla pseudoscienza.

Due altri fenomeni per cui purtroppo la Germania viene citata è la crescente cristianofobia, come segnalato dal sociologo Massimo Introvigne, coordinatore dell’osservatorio della Libertà religiosa del Ministero degli esteri, e la pesante denatalità che secondo l’Ufficio statistico federale tedesco è arrivata ai minimi storici

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15/06/2013 15:42
 
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Ancora oggi i preti cattolici
difendono i nativi dai colonialisti

Missionario amazzoniaDobbiamo davvero essere grati al prestigioso sociologo americanoRodney Stark e dovremmo anche domandarci come mai tra tutti i ricercatori e studiosi cattolici usciti dalle decine di Università cattoliche ci troviamo oggi a ringraziare sopra tutti uno studioso che cattolico non è, ma ex agnostico e oggi vicino alla chiesa episcopale.

Chiunque voglia affrontare il ruolo della Chiesa cattolica nella storia, in particolare per le tematiche su cui è soventemente attaccata,non può prescindere dai libri Stark che è riuscito a contrastare egregiamente la storiografia anticlericale che ha dominato fino al secolo scorso (e lo ha fatto in modo attendibile, la bibliografia citata a fine libro arriva sempre a sfiorare le 50 pagine!).

Rispetto al colonialismo europeo, ad esempio (lo ha fatto notare Francesco Agnoli), ha fatto notare che le leggi schiaviste più umane erano quelle della Spagna e della Francia: questo a causa della influenza esercitata dalla Chiesa cattolica, in prima linea nel difendere la natura umana e di creature di Dio anche degli schiavi. «Il problema non era che la Chiesa non condannava la schiavitù, quanto piuttosto che erano in pochi ad ascoltarla» (“A gloria di Dio”, Lindau 2011), ha spiegato, osservando addirittura che nell’Inghilterra anglicana e nellaDanimarca protestante si scatenarono spesso le ire e le persecuzioni nei confronti dei cattolici più coraggiosi nel difendere il diritto alla libertà.

In ogni caso abbiamo già affrontato la questione in uno specifico dossier su questo sito web, dove abbiamo anche citato la posizione dei più grandi studiosi in questo campo, come lo storico americano Eugene D. Genovese, fra i massimi esperti di schiavismo americano: «Il cattolicesimo», ha scritto quando ancora era un leader del marxismo, «ha impresso una profonda differenza nella vita degli schiavi. E’ riuscito a creare un’etica nuova ed autentica nella società schiavista americana, brasiliana e spagnola» ( E. Genovese, “Roll, Jordan, Roll: The World the Slaves Made”, 1974, pag. 179).

In questi giorni è tornato sul tema anche Franco Cardini, noto storico italiano e ordinario presso l’Istituto Italiano di Scienze Umane (Sum), il quale ha spiegato: «sarebbe ingiusto negare che molti della Chiesa cattolica si siano piegati alle esigenze delle potenze colonialistiche e alla loro pratica di violenza e rapina. Resta tuttavia un fatto: nel mondo protestante non c’è nessun missionario che sia riuscito a combattere ingiustizia e violenza con lo stesso successo con cui l’hanno fatto i cattolici: e difatti nell’America settentrionale e Oceania si sono avuti sistematici genocidi su larga scala, messi in atto sopratutto da inglesi e olandesi, che non trovano riscontro nell’America meridionale dove stragi e razzìe di schiavi ebbero certamente luogo, ma dovettero fare i conti con apostoli che difesero i nativi a viso aperto, spesso accettando insieme a loro la persecuzione». E’ il caso del domenicanoBartolomé Las Casas che riuscì a convincere Carlo V a promulgare le “Nuevas Leyes”,«irreprensibile codice garantista nei confronti dei nativi, che resta un modello giuridico a testimonianza del senso di equità di un sovrano cattolico e che impedì molte sopraffazioni».

Ma la lotta contro il colonialismo, nel continente mesoamericano, continua ancora oggi. Purtroppo l’offensiva delle multinazionali neocolonialiste, ha spiegato Cardini, «si è andata sviluppando di pari passo alla campagna di sètte protestanti che, ad esempio in Guatemala, hanno quasi sradicato la Chiesa cattolica». La cronaca di oggi ci dice infatti che, ad esempio, il vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga è stato obbligato a lasciare la sua residenza a causa delle minacce di morte ricevute per la sua difesa degli indios. In Honduras padre Candido Pineda è stato più volte minacciato per la sua attività in difesa degli indigeni e dei contadini poveri, ed è stato arrestato per questo dalla polizia. In Amazzonia i missionari cattolici stanno difendendo i nativi contro le multinazionali e le loro ruspe, padre Dario Bossi ha recentemente vinto contro il colosso minerario Vale, salvando i villaggi locali. E così via.

Non a caso la conclusione dell’articolo di Cardini è questa: «I tempi sono cambiati: ma nel continente americano la battaglia tra chi difende gli oppressi e chi sostiene gli oppressori continua. E i preti cattolici sono ancora in prima linea».

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18/06/2013 08:25
 
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La persecuzione comunista contro il cristianesimo
 

 

 Gli storici concordano su questo punto: non c’è stato nella storia secolo più drammatico e cruento del Novecento . Il Novecento è stato il secolo dei totalitarismi, delle guerre mondiali, delle Rivoluzioni planetarie, dei genocidi e delle persecuzioni religiose.

Tra tutte, la persecuzione più estesa e sistematica è stata quella condotta contro il cristianesimo dal comunismo, l’idea criminale per eccellenza del XX secolo. Il Libro nero del comunismo curato da Stéphane Courtois , ha sollevato un velo sui crimini del comunismo, offrendoci una prima statistica funebre di 85 milioni di morti distribuiti tra la Rivoluzione d’Ottobre, la dittatura staliniana, la Rivoluzione cinese, la Cambogia di Pol Pot e la Cuba di Fidel Castro.

Le cifre vanno in realtà più che raddoppiate se si considera che il solo comunismo cinese fece ottanta milioni di morti solo nel periodo del “Grande balzo in avanti” maoista, tra il 1958 e il 1961 . Il vero problema però non è la quantità, ma la “qualità” ideologica del crimine. Un’analisi del fenomeno che si limiti a descrivere le conseguenze del male sul piano dei fatti, senza risalire alle sue cause ideologiche profonde rischia di rendere ancora più fitto il mistero che sembra avvolgere il comunismo.

Per svelare questo mistero bisogna partire soprattutto dal suo odio contro la religione, denunciato da Pio XI nel 1937 con la Enciclica Divini Redemptoris , in cui scrive che “per la prima volta nella storia stiamo assistendo ad una lotta freddamente voluta, e accuratamente preparata dall’uomo contro ‘tutto ciò che è divino’ (II Thessal. II, 4)” (n.22).

 I teorici del comunismo non hanno mai nascosto il loro odio verso la religione. Marx ed Engels la definiscono “oppio del popolo” ; Lenin la chiama “acquavite spirituale” ; Gramsci “puro narcotico per le masse popolari” . Il “socialismo scientifico” non va giudicato però nelle sue affermazioni teoriche, ma nelle sue realizzazioni pratiche, perché è nella prassi, come spiega Marx, che i filosofi dimostrano la verità del loro pensiero .

Sul piano giuridico, la posizione del comunismo nei confronti della religione è quella riassunta dall’art. 124 della Costituzione sovietica del 1936 secondo cui “la libertà di praticare culti religiosi e la libertà di propaganda antireligiosa sono riconosciute a tutti i cittadini” . Religione e antireligione non sono sullo stesso piano. La libertà religiosa è ristretta al culto privato, alla coscienza interiore del singolo e di fatto vanificata. L’antireligione ha invece il diritto di propaganda e l’appoggio dello Stato. L’ateismo deve espandersi occupando lo spazio pubblico, mentre la religione deve estinguersi, anche perché il sistema comunista nega la dimensione privata dell’individuo in nome del primato del pubblico e del collettivo.

L’ateismo militante costituì, di fatto, il motore del sistema sovietico. Tutto ciò che apparteneva alla Chiesa, non solo proprietà e beni economici, ma seminari, scuole, orfanotrofi, ospedali, vennero nazionalizzati. Fu vietato l’insegnamento della religione e l’uso visibile di simboli religiosi, come icone e croci, perfino sulle tombe. Tutte le funzioni religiose e le manifestazioni pubbliche della religione, quali battesimi, matrimoni, funerali, dovevano essere prive di ogni riferimento religioso.

Cattedrali, chiese e cappelle destinate al culto furono trasformate in stalle per animali, in magazzini, in fabbriche, in sale cinematografiche. Si organizzarono “carnevali antireligiosi” nel periodo delle grandi feste liturgiche. Furono prodotti film antireligiosi e creati musei dell’ateismo, spesso nelle chiese.

L’insegnamento e lo studio dell’ateismo venne reso obbligatorio nelle Università e nelle scuole di ogni ordine e grado. Anche la radio dell’Associazione degli Atei militanti trasmetteva su tutte le stazioni sovietiche in 14 lingue e, nel 1970 in URSS erano 4500 le stazioni radio che diffondevano la propaganda .

La Chiesa ortodossa russa, prima del 1917 contava circa 210.000 membri del clero, tra monaci e preti diocesani, Negli anni del Terrore, dal 1917 al 1941, ne vennero fucilati circa 150.000. Sempre nel 1917 i vescovi russi erano 300 e di essi 250 furono assassinati dai bolscevici. Dopo il crollo dell’impero, nel 1917 i cattolici erano forse 2 milioni e mezzo, i vescovi 14, i sacerdoti 1350, le chiese circa 600. Nel 1941 rimanevano aperte solo due chiese, una a Mosca e l’altra a Leningrado (appartenenti all’ambasciata francese) e vivevano nel Paese solo 1 vescovo (straniero) e 20 sacerdoti in libertà. I preti fucilati erano stati quasi 300, gli altri costretti ad emigrare .

La campagna di ateizzazione proseguì, dopo la morte di Stalin (1953), sotto Kruscev e i suoi successori. Il rapporto Ilicev sull’educazione atea del novembre 1963 ribadì l’inconciliabilità di scienza e religione e la necessità di un sistema di coerente educazione scientifica atea . “Fra poco tempo – disse Kruscev – la religione finirà di esistere, la gente dimenticherà cosa è la religione ed io vi mostrerò l’ultimo sacerdote cattolico” .

L’assalto alle Chiese dopo il 1945 La conferenza di Yalta sancì la spartizione dell’Europa in due zone di influenza: con il consenso dei governi occidentali, il comunismo sovietico divenne padrone assoluto dell’Europa orientale. Iniziò quindi la persecuzione contro i cristiani che vivevano nei Paesi dell’Europa orientale. Vanno ricordate le grandi figure di prelati cattolici che si opposero al comunismo in quegli anni terribili.

Uno dei primi fu l’arcivescovo uniate di Leopoli in Ucraina, Joseph Slipyi. Quando i sovietici gli offrirono di divenire patriarca ortodosso di Mosca, purché rompesse con Roma, egli preferì continuare la sua vita nei gulag dove trascorse 17 anni e poi in esilio. Con lui va ricordato il beato Alessio Zaryckji (1912-1963), di nazionalità ucraina, deportato a Karaganda in Kazakistan, dove morì martire della fede nel 1963. Anche la Jugoslavia ebbe un suo simbolo eroico in Monsignor Alòjzije Stepìnac (1898-1960), arcivescovo di Zagabria, arrestato il 18 settembre 1946. Era accusato di condiscendenza verso il nazismo, ma il reale movente era la lettera pastorale del 23 settembre 1945, con cui l’episcopato da lui guidato rivelava che 243 membri del clero erano stati uccisi, 169 imprigionati e 89 scomparsi. Sottoposto a processo, fu condannato a sedici anni di lavori forzati, trasferito al carcere di Lepoglava e successivamente al domicilio coatto nel suo villaggio natale di Krašiæ, dove rimase strettamente sorvegliato dalla polizia fino alla morte per avvelenamento nel 1960. Fu beatificato nel 1998 da Giovanni Paolo II.

 In Ungheria, l’arresto del cardinale Jozsef Mindszenty (1892-1975), il 26 dicembre 1948, manifestò le intenzioni del regime. I comunisti lanciarono contro di lui una campagna di diffamazione analoga a quella lanciata contro Stepinac. A causa della sua eroica opposizione fu torturato per quaranta giorni consecutivi e costretto a firmare documenti di cui non conosceva il contenuto. Tutti gli ordini religiosi furono dichiarati fuorilegge (1950) e circa diecimila religiosi furono costretti a trovare altri modi di vivere.

Nel 2009 è stato beatificato mons. Zoltan Meszlenyi (1892-1951), vescovo ausiliario di Esztergom, successore del cardinale Mindszenty, morto in campo di concentramento nel 1951. E’ il primo beato della dittatura comunista ungherese. Due altri nomi celebri sono quelli del cardinale Stéfen Wyszinski (1907-1981) arcivescovo di Varsavia e Primate di Polonia e del cardinale Josef Beran (1888-1969), arcivescovo di Praga, in Cecoslovacchia.

Quando il cardinale Beran, arcivescovo di Praga, morì, nel 1969, fu segretamente fatto cardinale Stephan Trochta (1905-1974), che morì, a sua volta, nel 1974 dopo un brutale interrogatorio. Con lui va ricordato il Beato Vasil Hopko (1904-1970), greco-cattolico, arrestato e torturato, e il vescovo clandestino, Jan Korec, nato nel 1923, oggi cardinale, animatore della resistenza cattolica in Slovacchia. In Lituania, la “terra delle croci”, dal 1972, la rivista clandestina “Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania” ha documentato gli atti di arbitrio e di violenza commessi contro il popolo lituano .

Ancora negli anni Ottanta, in Lituania, i sacerdoti venivano minacciati, picchiati, uccisi, come padre Bronius Laurinavicius (1913-1981) e padre Juozas Zdebskis (1929-1986). In Albania, preti e laici furono uccisi a migliaia dai comunisti di Enver Hoxha, passato negli anni Sessanta, dal comunismo filo-sovietico a quello cinese. I gerarchi del Partito comunista si compiacevano ad affermare che l’Albania fosse divenuta “il primo Stato ateo del mondo”, come si legge nella costituzione approvata nel 1976. Tra le figure di spicco della resistenza va ricordato padre Mikel Koliqui (1902-1997), creato cardinale da Giovanni Paolo II nel 1994. Era stato condannato ai lavori forzati nel 1945, con l’accusa di ascoltare le radio straniere.

 In Bulgaria, paese a larga maggioranza greco-ortodosso, la Chiesa ortodossa bulgara divenne nel 1950, un organismo pubblico, al servizio dello Stato. Padre Eugenio Bossilkov (1900-1952), oggi Beato, fu arrestato, torturato, condannato a morte e gettato in una fossa comune nel 1952. In Romania, le chiese, le scuole, gli ospedali cattolici vennero chiusi o trasferiti agli ortodossi. Mons. Iuliu Hossu (1885-1970), nominato cardinale in pectore da Paolo VI, rifiutò di rinnegare la propria fede e morì in prigione, come il servo di Dio Anton Durcovici (1888-1951), vescovo di Iasi. In Moldavia, i vescovi Aron Marton (1896-1980) di Alba Iulia e il padre Alexandru Todea (1912-2002), poi cardinale passarono la loro vita in prigione e agli arresti.

Sono in corso i processi di beatificazione di mons. Vladimir Ghika (1873-1954), morto in un carcere comunista, in seguito alle torture della Securitate e quello del francescano padre Clemente Gatti (1880-1952), anch’egli morto in seguito ai maltrattamenti ricevuti in carcere. In Romania vi fu qualcosa peggio di Auschwitz. Nessun lager o gulag eguagliò il carcere di Pitesti, a nord di Bucarest, tra il 1949 e il 1952 , vero e proprio teatro degli orrori, dove il carceriere Eugen Turcanu aveva inventato i supplizi più efferati, per rieducare i prigionieri attraverso la tortura fisica e psichica, praticata a vicenda tra i detenuti politici.

Ai seminaristi veniva infilata ogni giorno la testa in un secchio pieno di urina e di escrementi, mentre le guardie inscenavano una parodia del rito battesimale: Turcanu li obbligava i seminaristi a partecipare a messe nere, che lui stesso organizzava, specialmente durante la settimana santa e il venerdì santo .

L’ombra dell’imperialismo comunista, fin dagli anni Trenta, si diffuse nel mondo. Come dimenticare l’olocausto rosso in Spagna, dove il numero dei preti e dei religiosi martirizzati è stato almeno di 6832, fra i quali trenta vescovi . La maggioranza dei martiri del XX secolo finora beatificati dalla Chiesa risale soprattutto ai primi sei mesi della guerra civile spagnola, dal luglio 1936 al gennaio 1937. Anche l’Italia conobbe una “guerra civile” tra il 1943 e il 1945. È stata documentata la morte di 129 sacerdoti ammazzati dai partigiani comunisti tra l’8 settembre 1944 e il 18 aprile 1945 . Tra questi, è stato beatificato don Francesco Bonifacio (1912-1946), ucciso dalle milizie di Tito nel 1946. C’è anche un seminarista di 14 anni, Rolando Rivi (1931-1945) per cui è avviata la causa di beatificazione. Il 18 gennaio 1952 Papa Pio XII nella Lettera apostolica Cupimus imprimis non esitò a paragonare la situazione dei cattolici e dell’intero popolo della Cina comunista a quella dei cristiani delle prime persecuzioni dell’epoca romana.

L’imponente libro Mao, the unknown story di John Halliday e Jung Chang , descrive dettagliatamente le pene patite dai seguaci di tutte le religioni in Cina nel secondo dopoguerra del Novecento. Nel 2000 è morto il cardinale Ignatius Kung Pin-Mei, l’arcivescovo di Shangai che ha passato 30 anni nei lager, 2 agli arresti domiciliari e 13 in esilio. Accanto al suo nome va ricordato quello del servo di Dio François-Xavier Nguyen Van Thuan, vescovo di Saigon (1928-2002) in Vietnam, imprigionato per 13 anni, dal 1975 al 1988, poi creato cardinale nel 2001. La persecuzione incruenta in Occidente Il comunismo è morto? I rapporti dell’Aiuto alla Chiesa che soffre documentano che la persecuzione continua da Cuba alla Corea del Nord, oltre che in Cina, dove i Laogai, inaugurati da Mao nel 1950, sono oggi ancora operanti, per annientare gli oppositori politici e fornire al regime un’enorme forza lavoro a costo zero. Non possiamo dimenticare però che accanto alla persecuzione cruenta, esiste quella incruenta, non meno feroce, che si serve del linciaggio mediatico e dell’isolamento morale. Esso fa parte della guerra culturale e psicologica del comunismo, che in Occidente ha trovato in Antonio Gramsci il suo maggiore teorico.

L’anticristianesimo di Gramsci è sofisticato ma implacabile. Compito del comunismo, per Gramsci, è portare al popolo quel secolarismo integrale, che l’illuminismo aveva riservato a ristrette élite. Sul piano sociale, questo secolarismo ateo viene attuato mediante una eliminazione di fatto del problema di Dio, realizzata, secondo le parole del comunista sardo, da una “completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume” , cioè attraverso un’assoluta secolarizzazione della vita sociale, che permetterà alla “prassi” comunista di estirpare in profondità le stesse radici sociali della religione.

 Lo Stato “laico”, a differenza degli Stati atei del passato, non ha bisogno di professarsi esplicitamente ateo. Dio, ormai espulso totalmente da qualsiasi ambito sociale, non dev’essere nominato neppure per negarlo. Il Cristianesimo deve essere rimosso dalla memoria storica e dallo spazio pubblico, per evitare qualsiasi forma di autocomprensione cristiana della società. C’è quindi una stretta coerenza tra la richiesta, recentemente fatta all’Italia, di rimuovere il Crocifisso dai luoghi pubblici e l’espunzione di ogni richiamo al Cristianesimo dal Preambolo del Trattato di Lisbona.

La nuova Europa, in cui non c’è posto né per Dio né per il Cristianesimo, realizza il piano gramsciano di secolarizzazione integrale della società. Il cuore ideologico del comunismo è il materialismo dialettico: la concezione del mondo secondo cui tutto è materia in trasformazione e la dialettica è la legge del perenne divenire. I regimi comunisti sono caduti, ma il relativismo professato e vissuto dall’Occidente si fonda sui medesimi presupposti del materialismo e del relativismo, ovvero sulla negazione di ogni realtà spirituale e di ogni elemento stabile e permanente nell’uomo e nella società. Dobbiamo prendere atto del fatto che la profezia di Fatima, secondo cui la Russia avrebbe diffuso i suoi errori nel mondo, si è avverata. La decomposizione del comunismo ha putrefatto l’Occidente. Il comunismo non è riuscito però a distruggere il Cristianesimo e in esso, e solo in esso, l’Europa può ancora trovare le ragioni della sua vita e della sua speranza.

Roberto De Mattei, Convegno “The Fall of Communism Conference

[Modificato da Credente 18/06/2013 08:27]
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25/08/2013 17:07
 
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“Nessuno è mai stato ucciso in nome dell’ateismo”
…davvero?

NoAtheismLa vulgata comune in certi ambienti molto secolarizzati è che la religione abbia ucciso miliardi e miliardi di persone, in nome della religione, mentre anche se i peggiori dittatori della storia furono tutti atei dichiarati e impostarono sempre l’ateismo di Stato (Albania, Cina, Corea del Nord, Unione Sovietica, Cambogia ecc.), “nessuno è mai stato ucciso in nome dell’ateismo”.

Certamente è vero che alcune religioni hanno fin nei propri semi la prevaricazione con la forza sugli “infedeli”, mentre altre -come ilcristianesimo- hanno alla base un messaggio d’amore. Tanti cristiani e tanti uomini di Chiesa hanno commesso abomini e violenze, spesso convinti che fosse la volontà di Dio, ma sempre lo hanno fatto tradendo il Vangelo e gli stessi principi che avrebbero dovuto difendere.  Se dunque si devono condannare questi comportamenti e chiedere scusa per essi, occorre anche rispondere alle accuse generalizzate e storicamente infondate che arrivano dalla cultura laicista.

Innanzitutto, ne abbiamo già parlato, gli studi -come “Encyclopedia of Wars” di Charles Phillips e Alan Axelrod- evidenziano che nella lista delle principali 1763 guerre della storia, meno del 7% hanno avuto una causa religiosa e generato meno del 2% di tutte le persone uccise in guerra. I conflitti armati, anche se portati avanti da autorità religiose, sono sempre stati motivate da conquista territoriale, controllo delle frontiere per rendere sicure le rotte commerciali o rispondere a all’autorità politica.

Passando alla frase “nessuno è mai stato ucciso in nome dell’ateismo”, essa può essere pronunciata soltanto da chi non conosce il Novecento, il cosiddetto “secolo ateo” che vide per la prima volta nella storia l’esplosione del rifiuto pubblico di Dio e i primi tentativi di creare sistemi sociali e politici privi di religione e ostili ad essa, come l’illuminismo aveva soltanto teorizzato. Il ’900 è stato il secolo ateo perché è stato il secolo marxista, e viceversa. Lo stesso Karl Marx ha detto: «la religione è l’oppio dei popoli», ma in Economic and Philosophic Manuscripts of 1844 ha anche aggiunto: «Il comunismo incomincia fin dall’inizio con l’ateismo. Anche se l’ateismo è diverso dal comunismo, l’ateismo è ancora per lo più un’astrazione».

Vladimir Lenin, il tremendo dittatore sovietico, ha invece affermato«Un marxista deve essere un materialista, cioè, un nemico della religione, ma una dialettica materialista si basa non sulla lotta contro la religione in modo astratto, non sulla base della distanza puramente teorica, non variando la predicazione, ma attraverso un modo concreto, sulla base della lotta di classe, quello che sta avvenendo oggi, ed è educare le masse più e meglio di quanto possa fare ogni altra cosa». Ed ancora, Lenin spiegava«La base filosofica del marxismo, come Marx ed Engels hanno più volte dichiarato, è il materialismo dialettico -che si è completamente ripreso dalle tradizioni storiche del materialismo del XVIII secolo in Francia e di Feuerbach (prima metà del XIX secolo) in Germania-, un materialismo che è assolutamente ateo e positivamente ostile a ogni religione». Non solo l’ateismo, ma anche il darwinismoinfluenzò il pensiero di Marx, Lenin e Stalin. «In queste ultime settimane ho letto un sacco di cose. Tra gli altri, il libro di Darwin “Natural Selection”. Anche se è sviluppato nel grezzo stile inglese, questo è il libro che contiene la base della storia naturale per la nostra visione», disse Marx nel 1860.

L’Unione Sovietica è stata ufficialmente atea dal 1917 al 1992, fino a quando salì al potere Gorbacev. Ed infatti la persecuzione dei cristiani in Unione Sovietica è stata violentissima: 28 vescovi e 1200 sacerdoti sono stati assassinati soltanto da Leon Trotsky. Dopo Lenin e Stalin oltre 50.000 sacerdoti sono stati uccisi, molti sono stati torturati, crocifissi e mandati nei lager. La maggior parte dei seminari sono stati chiusi, la pubblicazione della scrittura religiosa è stata vietata, abolito l’insegnamento religioso nelle scuole, nel 1922 messe fuori legge le canzoni e le celebrazioni religiose anche all’interno delle abitazioni private. «La Russia diventò rossa con il sangue dei martiri»ha detto padre Gleb Yakunin, militante dei diritti umani della Chiesa ortodossia. Secondo fonti della Chiesa russa, fino a cinquanta milioni di credenti ortodossisono morti nel XX secolo a causa della persecuzione comunista.

L’ateismo (scientifico) divenne materia obbligatoria nelle università sovietiche, tanto che la poetessa russa Ol’ga Aleksandrovna Sedakova, docente dal 1991 presso la Facoltà di Filologia dell’Università di Mosca e nominata cavaliere della Repubblica francese nel 2005, ha raccontato«Nessuno dei progetti utopici del regime come l’ateismo di stato o l’arte e le scienze manipolate dall’ideologia riuscì a realizzarsi allo stato puro. Ma pur nella loro parziale attuazione hanno generato fiumi di sangue, degradazione e ignoranza in tutti i campi».  Ne ha parlato anche Andrey Kuraev, laureatosi in “Teoria e storia dell’ateismo scientifico”, oggi cristiano: «Noi, gli studenti, specializzandi in ateismo scientifico, venivamo contattati dalComitato dei Giovani comunisti di Mosca per condurre una ricerca sociologica sulla religiosità dei giovani. Ci mandavano nelle chiesa di Mosca ogni domenica in osservazione, per poi farci compilare dei questionari nei quali indicare il nome del sacerdote, il contenuto del suo sermone (specificando se era indirizzato ai giovani, se ha solo citato la Bibbia e i Padri della Chiesa o anche la stampa e la letteratura contemporanea). Dovevamo indicare anche il numero di parrocchiani e se avevamo riconosciuto dei giovani che conoscevamo».

Questo solo per quanto riguarda l’Unione Sovietica, ma bisognerebbe affrontare le altre dittature ufficialmente atee. Ancora oggi ne rimangono due: la Cina e la Corea del Nord(considerato lo Stato più persguitatore dei cristiani nel 2013 dall’agenzia americana Open Doors) dove ancora oggi i cristiani vengono discriminati in quanto cristiani, ovviamente nelsilenzio imbarazzato degli aggressori occidentali della religione in nome della superiorità morale dell’ateismo.

Il premio Nobel russo Aleksandr Solzhenitsyn, spiegando le grandi tragedie del regime comunista sovietico, ha scritto«Oltre mezzo secolo fa, quando ero ancora un bambino, mi ricordo di aver sentito un certo numero di anziani spiegare così i grandi disastri che hanno colpito la Russia: “Gli uomini hanno dimenticato Dio, ecco perché tutto questo è successo”. Da allora ho speso pressoché 50 anni di lavoro sulla storia della nostra rivoluzione, producendo centinaia di libri e raccogliendo centinaia di testimonianze personali. Ma se mi si chiedessero oggi di formulare nel modo più conciso possibile la causa principale della rivoluzione rovinosa che ha inghiottito circa 60 milioni della nostra gente, non potrei essere più rispettoso alla precisione se non ripetendo: “Gli uomini hanno dimenticato Dio, ecco perché tutto questo è accaduto”».

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05/12/2014 18:58
 
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Dove portano le teorie di Watson,  lo scienziato  che crede  all’evoluzione cieca



James Watson



Watson non ha mai fatto mistero del suo “ateismo scientifico”. Nel suo “Dna, il segreto della vita” (Adelphi 2004), il biologo arriva infatti ad affermare che la sua (sic!) scoperta del Dna arriverebbe a penetrare il «segreto della vita», confermando «la rivoluzione del pensiero materialistico dell’Ottocento». Ovvero: nella vita non vi è «nulla di speciale» ed essa «non è altro cheuna questione di chimica», mentre l’uomo è «il prodotto di lanci casuali dei dadi della genetica» (p.415). Citando queste parole, Francesco Agnoli ha commentato che «se il dna è tutta la vita, e se tutta la vita è riconducibile al dna, allora ogni distinzione tra uomo e uomo, e ogni alterità tra uomini e animali, è riconducibile solo ed esclusivamente ad esso. Di qui al razzismo il passo è breve: la differenza di sviluppo tra bianchi e neri non deriverebbe da dissimili cultura, storie ed educazioni, ma da fattori genetici, e come tale sarebbe incolmabile, eterna, immutabile» (F. Agnoli,“Perché non possiamo essere atei”, Piemme 2009, p.102).


Ed infatti Watson è, guarda caso, proprio inciampato nel razzismo. Dopo aver affermato sul “New York Times” che «la moralità è troppo importante per lasciarla nelle mani dei teologi ufficiali. Le persone hanno dei valori e io non voglio che altre persone pensino per me», nel suo libro “Avoid boring people” (2007) ha fatto esplicite affermazioni razziste, sull’inferiorità dei neri d’Africa e sulla loro genetica incapacità di raggiungere determinati obiettivi, tentando di fondarle, senza successo, su determinazioni genetiche: «Le nostre politiche sociali», ha scritto, «sono basate sul fatto che l’intelligenza degli africani è pari alla nostra, ma tutti i test dicono il contrario». Ha riconosciuto come naturale l’aspirazione umana all’uguaglianza degli uomini, ma «le persone che hanno avuto a che fare con dipendenti neri sostengono che non è vero». E ancora: «Non c’è un valido motivo per prevedere che le capacità intellettive delle persone divise geograficamente al momento della loro evoluzione si siano esplicate in maniera identica. Il nostro desiderio di attribuire uguali capacità razionali come una sorta di patrimonio universale dell’umanità non è sufficiente per renderlo reale». Nel 1997 invece affermò che una donna avrebbe dovuto avere il diritto di abortire se dalle analisi fosse emersa l’omosessualitàdel suo bambino, immediatamente difeso e sostenuto dal suo amicoRichard Dawkins.


Sempre nel 1997 firmò a favore della clonazione umana, perché «non esiste un’anima immortale ma soltanto processi elettrochimici». Ha quindi invocato l’eugenetica e la selezione sessuale«Lasciateci liberare la società dai difetti genetici». In un documentario per la tv inglese ha invitato a modificare geneticamente il dieci per cento dei bambini, che considera “stupidi”. E ha proposto una cura genetica per la stupidità perché«Non dobbiamo cadere nell’assurda trappola di essere contro tutto ciò a cui Hitler era a favore».


 Watson crede e credeva davvero (al contrario di molti non credenti) al riduzionismo ateo-scientista, al “non siamo altro che”, al “siamo solo figli di un’evoluzione cieca”, al fatto che “siamo solo” il nostro Dna. Se si prendono sul serio queste convinzioni allora qualunque essere umano con “difetti genetici”, come le persone disabili, diventa ipso facto “persona difettosa”, per questo Watson invoca l’eugenetica, la modifica genetica degli “stupidi”, l’aborto per gli omosessuali (ritenuti imperfezione evolutiva), così si spiega anche il suo razzismo verso i neri. Infatti, è stato sottolineato, se l’uomo è ridotto alla sua identità genetica, esito dell’evoluzione “regolata” dal caso, allora perché non scartare gli “errori statistici”, i risultati difettosi, i prodotti mal riusciti o incompleti, dallo scarso o nullo “funzionamento”? Perché far vivere personedestinate all’infelicità difettando della pienezza biologico-vitale? Se l’uomo è solo materia e prodotto casuale dell’evoluzione, è logico che la sua dignità dipenda dalla sua riuscita, dal suo essere adatto. Di più: dalla capacità, dalla forza che ha di affermarla. Ma se Dio c’è, ed è il Creatore dell’uomo – a Sua immagine e somiglianza –, il quale perciò, oltre che cellule, è un’anima immortale, spirituale, razionale e definitivamente incarnata, allora, e solo allora, questa creatura ha un valore trascendente. Cioè, semplicemente, se l’uomo è creatura di Dio, il suo valore prescinde da ogni accidente che caratterizzi il singolo individuo.


Come abbiamo sottolineato nel nostro apposito dossier, lo storico ebreo del razzismo, Lèon Poliakov, ha notato infatti: «Il rifiuto di vedere l’uomo creato a immagine di Dio, fu in buona parte alla base del pensiero determinista e razzista del XIX secolo. Infatti la tradizione giudaico-cristiana era “antirazzista” e “antinazionalista”. Per questo l’antropologia della Chiesa ha sempre giocato un ruolo di un frenoestremo alle teorie razziste» (L. Poliakov, “Il mito ariano”, Editori Riuniti 1999, pag. 245,246,370,371).


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24/11/2015 19:42
 
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Il laicismo europeo è il terreno fertile
per le cellule terroristiche islamiche

islamiciLa nostra posizione l’abbiamo espressa ieri: bando al buonismo, l’Islam ha un enorme problema di convivenza e connivenza con la violenza e, tuttavia, bando alle odiose generalizzazioni: milioni di islamici vivono la loro fede in modo pacifico, in diversi casi in difesa dei cristiani perseguitati dai terroristi dell’Isis. E’ a questo “islam moderato” che dobbiamo allearci, spronandolo a condannare ancora di più l’uso distorto di Dio fatto dai fondamentalisti e aiutandolo ad isolare e denunciare le cellule violente.

Occorre però anche conoscere davvero l’Islam, al di là delle semplificazioni mediatiche. Lo ha ricordatoLaura Guazzone, docente di Storia contemporanea dei paesi arabi presso l’Istituto italiano di Studi Orientali dell’Università La Sapienza di Roma: bisogna «sapere che esistono movimenti e istituzioni che dannoun’interpretazione moderata alla sharia, che non è un testo o un codice di legge, ma una collazione dei precetti dal 600 d.C. a oggi che sono stati dedotti dal testo del Corano e della Sunna, la vita del profeta. Da questi sono stati tratti dei precetti, che possono essere interpretati in modo diverso. L’Islam moderato predica la necessità di contenere e al massimo prevede un allontanamento dall’apostata dalla comunità, anche in senso puramente culturale e religioso ma senza nessuna conseguenza di pena, tanto meno capitale». Così,«se non capiamo la prospettiva interna, mettiamo nello stesso calderone movimenti che intendono agire in quanto musulmani, finiamo per mettere l’islam moderato con i movimenti più insurrezionalisti, in particolare del mondo arabo».

Questo differente modo di interpretare l’Islam spiega la gioia di gruppi islamici alla notizia dell’attentato a Parigi e contemporaneamente le dure condanne di una parte del mondo islamico. Così come fa piacere osservare imam musulmani e rabbini ebrei pregare assieme per le vittime del terrorismo vicino a Bataclan, uno dei luoghi colpiti dagli attentati di venerdì scorso. Fanno riflettere le parole di Sami Salem, imam della moschea di via della Magliana a Roma: «Una piena condanna. Senza sé e senza ma. Questo non è Islam, ma terrorismo. È arrivato il momento di unire le forzeper affrontare questo mostro. È fondamentale spiegare prima di tutto che nell’islam non ci sono appelli alla violenza, né è contemplata la possibilità di uccidere il prossimo. Musulmani e Cristiani hanno delle radici in comune. Si tratta di atti in cui la religione non c’entra niente, viene strumentalizzata da persone che danno interpretazioni fanatiche e sbagliate delle sacre scritture in generale. Non riesco a comprendere come possano fare, e quali strumenti utilizzino per trasformare persone, troppo spesso giovani, in mostri telecomandati. I musulmani d’Italia, di Roma, come tutti i musulmani nel mondo, devono incarnare l’autentico messaggio dell’Islam. Dare il buon esempio. Devono essere onesti, corretti nei loro rapporti con tutte le persone senza distinzioni di fede o nazionalità. Chi commette atti criminali come quelli di Parigi o ha atteggiamenti estremisti è un criminale e basta».

Secondo il sociologo iraniano Farhad Khosrokhavar, direttore di ricerca dell’EHESS di Parigi e studioso dell’immigrazione islamica in Europa, la crisi che porta i giovani alla rottura con le società occidentali non deriva tanto dal rifiuto dei valori che queste offrono a loro, ma piuttosto nel vuoto di regole morali che li accoglie. L’Occidente amante del pensiero debole, del relativismo, del non senso della vita, del sessantottismo, della borghesia cinica e indifferente, dell’individualismo esasperato. Guarda caso, effettivamente, i giovanissimi terroristi musulmani nascono e vivono in Europa, sopratutto in Francia, Belgio, Danimarca, Svezia e Germania. Ovvero i Paesi attualmente più secolarizzati dell’Occidente. Il laicismo del vecchio e stanco Occidente è davvero il terreno fertile del proliferare di queste cellule terroristiche?

Gli stessi complici degli attentatori di venerdì sono stati fermati in Belgio, due dei quali erano cittadini francesi. Proprio il Belgio, nonostante i suoi soli 11 milioni di abitanti, è lo Stato europeo che conta, proporzionalmente, il più alto numero di cittadini volontari partiti per combattere tra le file dell’Isis. A Bruxelles esiste proprio un quartiere islamico definito Belgistan, la culla del jihadismo europeo, la centrale di reclutamento dei giovani terroristi in Europa.

Il rettore della moschea francese di Courcouronnes, Khalil Merranha spiegato che a plagiare i giovani musulmani europei c’è un imam potentissimo, ovvero Google. «Questi ragazzi non sanno nulla di religione. Sono schiavi di Internet, plagiati dalla rete. Io ho visto i siti islamisti. Sono fatti molto bene. Promettono denaro, donne, armi, potere e gloria imperitura. Ti fanno sentire parte di qualcosa». Ragazzi disperati per il vuoto morale attorno a loro, che si sentono isolati e vagano su internet in cerca di risposte, di appartenenza, ovvero di identità. L’Occidente ha rifiutato le sueradici cristiane, così come ha ricordato Claudio Magris, una scuola arriva a vietare una visita artistica che include un Cristo dipinto da Chagall, nel timore che ciò possa offendere i non cristiani. Questo è il vuoto identitario che favorisce lo sviluppo del fondamentalismo religioso.

Papa Francesco lo ha spiegato benissimo davanti al Parlamento europeo: «un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e le potenzialità, può essere anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente, perché è proprio l’oblio di Dio, e non la sua glorificazione, a generare la violenza». E’ l’oblio di Dio a generare la violenza, parole profetiche. Così ha commentato Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea presso La Sapienza di Roma, «questa interpretazione, molto più sottile e acuta di quelle che siamo abituati a leggere e ascoltare, rivela come sia fallace la speranza di affrontare questo problema enfatizzando la laicità, ricacciando le religioni nel sommerso e nell’indicibile. E al tempo stesso apre nuove responsabilità -ma anche nuove possibilità- all’azione delle donne e degli uomini di fede».


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15/04/2016 21:46
 
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Come liberarci del fallimentare umanesimo ateo?
Lo spiega il filosofo Rémi Brague

Contro il cristianismo e l'umanesimo«In quanto filosofo, ciò che mi interessa non sono le cause, sono le ragioni. Le cause spiegano il passato, le ragioni permettono di agire in vista del futuro». Queste parole di Rémi Brague, potrebbero ben sintetizzare il contenuto del libro Contro il cristianismo e l’umanismo (Cantagalli 2015). Un libro di ragioni, appunto, sul senso dell’essere, dell’esserci, della società e dell’Europa, della storia e della modernità, la ragione del credere nel Dio cristiano e del fallimento etico dell’umanesimo ateo.

Si tratta di una serie di profondi saggi del celebre filosofo francese, professore emerito di Filosofia medievale e araba presso la Sorobona di Parigi e la Ludwig-Maximilian di Monaco, certamente tra i più importanti intellettuali cattolici viventi, formatosi, come spiega lui stesso nel libro, sugli «scritti di Joseph Ratzinger, per me fonte di approfondimento della mia fede, ma anche un modello per l’accademico che sono» (p. 63). Proprio come il teologo Ratzinger, anche Brague si dimostra capace di dare continuamente linfa nuova alle riflessioni sui grandi temi, rivoluzionando il modo di pensarli e di pensare.

La scelta della selezione dei testi di Brague è merito della co-autrice del libro, la giovane filosofa Elisa Grimi, che non conoscevamo e si è rivelata una interessante scoperta. Ricercatrice presso l’Università de Neuchâtel, si occupa di filosofia morale e dirige la rivista Philosophical News, nel suo saggio iniziale ha ben riflettuto sul problema dell’identità dell’Europa, gravata dalla «cultura della facilitazione», cioè il «potere dell’ideologia, che apparentemente facilita i criteri dell’agire liberandolo dal giogo della responsabilità ma che alla lunga stermina dal di dentro […]. Domina lo spirito vagabondo, non quello medioevale capace di dar origine a un ordine, vale a dire mendicante» (p.34). Manca il cuore dell’uomo e questo comporta la perdita del cuore dell’Europa, la sua frammentazione e incapacità di unità, quella che «sfociò come fonte viva dal cristianesimo» (p.35). La soluzione, per la Grimi, è la riaffermazione di un pensiero umile, che comprende di essere «per natura mancante» e per questo «bisognoso di altro» da sé, occorre un uomo che «non è posto al centro della storia, ma che attende nella storia di scoprire di questa il suo centro» (p. 37). La speranza di una giustizia e di un perdono trascendenti, non immanenti.

L’estrema esaltazione dell’uomo, colui “che non deve chiedere mai”, è il cuore del problema anche per Rémi Brague, lo definisce umanismocioè un umanesimo ideologizzato. Se quest’ultimo è stato concepito nella Bibbia e nell’antica Grecia per nobilitare l’irriducibile valore dell’essere umano, la sua sacralità, questa concezione è stata tuttavia laicizzata ed esasperata negli ultimi due secoli, portando «l’uomo a concepirsi come essere supremo» (p.312), secondo Auguste Comte, fautore del suo destino. Un umanesimo ateo, indipendente da Dio, che «contiene un germe mortifero, anche nella sua forma più moderata, cioè l’agnosticismo», poiché incapace di rispondere al perché «è bene che un tale essere esista. Su questo l’ateismo non ha nulla da dire», impossibilitato «a pronunciarsi sul valore dell’uomo». L’umanismo fallisce in un cortocircuito: se l’uomo «non ammette alcuna istanza superiore» a sé, allora nemmeno «può parlare a proprio favore, non è un giudice disinteressato, ma una parte in causa. Non si giudica qualcuno sull’immagine che egli ha di sé stesso». Perciò «non sappiamo se è bene che esistano gli uomini» (p.316). Decade dunque anche ogni capacità di giudizio valoriale, di bene e male, sulle azioni umane, situazione assai pericolosa sopratutto oggi, «che l’uomo è in possesso dei mezzi che gli permetterebbero di sopprimersi». E’ la filosofia, la ricerca delle ragioni, dunque, a spingerci a capire che «abbiamo bisogno di un punto di riferimento, di un punto di Archimede esterno all’uomo, che possa spiegarci perché è legittimo che ci siano degli uomini. Un Dio capace di mettersi sul piano di ciò che rende l’uomo uomo, cioè un Dio razionale, un dio lògos. Come cristiano aggiungerei: un Dio il cui lògos si è fatto carne»(p.319). Colui che rende uomo, l’uomo. L’alternativa è lo «spirito vagabondo» del confuso uomo occidentale.

Un passaggio che, con tutta la loro buona volontà, non sono in grado di sostenere i “cristianisti”, cioè gli “atei devoti”, coloro che «difendono il valore del cristianesimo e il suo ruolo positivo nella storia. Non intendo scoraggiarli, mi piacerebbe persino che in Francia fossero più numerosi perché quello che dicono è vero. Soltanto vorrei dire a loro che il cristianesimo non si interessa a se stesso. S’interessa a Cristo» (p.196). La difesa astratta dei valori e della civiltà cristiana, «non funziona se non vi si crede veramente» (p.69). L’umanità non ha bisogno di disquisire sui valori cristiani, di fronte al fallimentare nichilismo imposto dall’umanismo ateo necessita di un «kit di sopravvivenza». Esso, spiega il filosofo francese,«lo troviamo nei dieci comandamenti. Ma anche nei pensatori pagani dell’antichità, in Cina, nelle Indie, a dire il vero un po’ dappertutto. Non esistono regole morali prettamente cristiane. Come vivere lo sanno tutti, o possono saperlo. Ma perché vivere, perché scegliere la vita e, tanto per cominciare, perché dare la vita, sono interrogativi più complessi. E’ a essi che il cristianesimo fornisce una risposta» (p.248).

E questo può meglio capirlo e sperimentarlo solo chi di questa Risposta ha fatto e fa esperienza personale, cioè il cristiano e non il cristianista. Nè, tanto meno, il laico umanista.


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18/04/2016 17:35
 
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A parte l’Urss (che dal 1917 – secondo le stime minimali – fece 20 milioni di vittime) c’è la Corea del Nord (inferno comunista tuttora funzionante): dal 1950 circa 3 milioni di vittime.

E la Cambogia: dal 1975 al 1979 i Khmer rossi hanno fatto 2 milioni di vittime su 6 milioni di abitanti.

Accanto ad altri macelli comunisti dal 1945 in avanti (Africa, Vietnam, Afghanistan, Europa dell’est, Cuba), che hanno fatto anch’essi qualche milione di vittime, c’è il caso più tragico: la Cina.

Dal 1949, quando il comunismo di Mao ha preso il potere, ha fatto più di 70 milioni di vittime. A cui vanno aggiunti gli aborti forzati imposti dal 1979 per la legge sul figlio unico: 300 milioni di “nascite in meno” in 21 anni.


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14/02/2017 22:59
 
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Setta satanica offre abbracci in cambio di aborti



san valentino satana I membri della setta Satanic Temple hanno indetto  l’evento “Baci e abbracci per Satana” per foraggiare la causa dell’aborto in Missouri (Usa).


Il satanismo è un fenomeno reale, non è solo argomento di film e fumetti horror. In America capita anche di trovare gruppi politici di ispirazione satanica, come appunto il Satanic Temple. L’iniziativa, si legge, è contro la legge del Missouri che richiede a tutte le donne che cercano di interrompere legalmente la gravidanza di informarsi obbligatoriamente tramite appositi documenti su quanto stanno per fare, e attendere 72 ore tra il momento della richiesta e l’aborto, così da prendere una decisione non istintiva.


I sostenitori del Satanic Temple offriranno oggi degli abbracci nelle strade in cambio di donazioni per sostenere legalmente la loro causa contro la legge. Fondato nel 2012, è un gruppo anti-cristiano e la sua mission è la promozione del “bene”, dell’esercizio critico, della divulgazione scientifica e razionale. Sono attivi a fianco del mondo Lgbt, dei “diritti riproduttivi” e della totale laicità della società, vedendo tuttavia fallire gran parte delle loro iniziative. Sul loro sito web dicono di non credere nell’adorazione di Satana, lo vedono semplicemente come simbolo della ribellione e dell’anarchismo nei confronti della tirannia. Ritengono la bestemmia verso Dio un’«espressione legittima di indipendenza personale dai controproducenti canoni tradizionali».


Sorprende vedere questa forma di satanismo laicizzato, completamente ateo, almeno apparentemente. D’altra parte, l’annullamento della presenza religiosa nella società e la negazione razionale di Dio è l’unico modo per non rischiare di contribuire alla causa del teismo: la stessa adorazione di Satana, infatti, ammette la soprannaturalità: se esiste il Male, esiste anche il Bene. Rinnegare pubblicamente la devozione e le Messe nere, invece, permette loro di ateizzare il satanismo, evitando così di risultare controproducenti. Non è un caso che Marco Dimitri, fondatore dei Bambini di Satanapassato dall’ufologia al satanismo pagano, si dichiari pubblicamente ateo e socio dell’Unione Atei Agnostici Razionalisti.


Secondo un’indagine giornalistica nel 2008, in Italia sarebbero un milione e mezzo (circa il 3% della popolazione), più donne (64%) che uomini, più adulti (64%) che adolescenti, le persone coinvolte nelle sette, di qualsiasi oscurità esse si nutrano: il 49% sono psicosette, il 15% pseudo- religiose, il 18% magiche e il 18% predicano spiritismo e satanismo. Secondo il Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa (Gris) esisterebbero circa 500 sette sataniche con 3 mila seguaci.


Detto questo, buon San Valentino a tutti gli innamorati. Anche alle anime perse, che possano ritrovarsi sperimentando anche solo per un attimo l’amore misericordioso del Signore.



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05/03/2017 17:17
 
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Il comunismo uccise 20 milioni di cristiani,
Altro che Inquisizione 

ateismo di stato Secondo uno studio del matematico russo Nikolay Yemelyanov, docente alla Università Ortodossa San Tichon, nei sette anni di potere leninista -dalla rivoluzione russa del 1917 fino alla morte di Lenin nel 1924-, circa 25mila sacerdoti ortodossi furono imprigionati e 16mila vennero uccisi, in quanto cristiani.

Lo stesso è accaduto ai preti cattolici, molto meno numerosi e il cui caso è meno studiato. Lo ha citato nel suo libro lo scrittore laico britannico Martin Louis Amis, che ha anche raccolto alcune frasi significative del dittatore Vladimir Lenin«Ogni idea religiosa, ogni idea di Dio è un’abiezione indescrivibile delle specie più pericolose, un’epidemia delle specie più abominevoli. Ci sono milioni di peccati, atti di violenza e contagi fisici che sono meno pericolosi della sottile e spirituale idea di Dio» (citato in M. Amis, Koba il terribile, Einaudi 2003).

Proprio in questi giorni si ricorda la Rivoluzione russa, l’evento che portò i bolscevici al potere nell’Unione Sovietica (23-27 febbraio 1917, Lenin prenderà il potere nell’ottobre dello stesso anno). Lo sterminio dei credenti proseguì anche dopo la morte di Lenin: secondo il prof. Todd M. Johnson, docente di Global Christianity e direttore del Center for the Study of Global Christianity presso il Gordon-Conwell Theological Seminary, il numero delle vittime cristiane che trovarono la morte sotto al regime ateo-marxista furono 20 milioni (15 milioni tra il 1921 e il 1950 e 5 milioni tra il 1950 e il 1980). Dati che trovano conferma anche in altri studi. Senza contare, ovviamente, i numeri dei torturati e degli incarcerati per il solo fatto di professare la fede in Dio ed essere, dunque, automaticamente nemici dello Stato.

Anche per questo lo storico Fulvio De Giorgi, docente all’Università di Modena e Reggio Emilia, ha dichiarato«Il comunismo era una religione secolare, senza senza Dio: una tragica religione atea. Ha avuto una “fede religiosa” (rovesciata), politica e intra- umana, con un’escatologia profana: un millenarismo storico. Purtroppo questa fede nella possibile perfezione terrena era in realtà disumana e, mancando della vera speranza escatologica trascendente, doveva vedere come nemici e odiare tutti coloro che non si adeguavano ai suoi schemi para-teologici. Così, quello che doveva essere il paradiso in terra fu, nella realtà, un inferno orribile, una dittatura fatta di gulag, deportazioni, soppressioni di massa, inquadramento da caserma». Giorgio La Pira, ha continuato lo storico italiano, «diceva ai sovietici: tagliate dal grande albero del socialismo il ramo secco dell’ateismo (marxista). Non fu ascoltato e parve un ingenuo utopista. Ma poi il comunismo sovietico è crollato, con infamia. Mentre di La Pira si parla ancora, con rispetto e positivo interesse».

Purtroppo anche Antonio Gramsci continua ad essere guardato con assoluto rispetto, seppur si sappia che -come è stato scritto giustamente pochi giorni fa- «fu a lungo fan dei bolscevichi, della violenza rivoluzionaria, dei campi di lavoro e del repulisti sociale. Lenin era un Grand’Uomo, il Padre dei Popoli e il Grande Timoniere che aveva forzato gli eventi storici con un colpo di mano».

Davanti a tutto questo stupisce che lo scrittore belga Pieter Aspe abbia recentemente paragonato il terrorismo islamico a «quanto accadeva nel Medioevo, quando erano i cristiani con l’Inquisizione ad uccidere donne e infedeli, imporre la loro fede. Oggi sono gli estremisti musulmani a farlo». A parte l’ignoranza storica, dato che l’Inquisizione fu prettamente rinascimentale e promossa particolarmente dalla confessione protestante e non cattolica -come spiegato dalla storica Marina Montesano e dallo storico Franco Cardini-, la prof.ssa Anne J. Schutte, docente all’University of Virginia ha inoltre spiegato con validi argomenti che il sistema inquisitoriale «ha offerto la migliore giustizia criminale possibile nell’Europa dell’età Moderna» (A.J. Schutte, Aspiring Saints, Johns Hopkins University Press 2001), il tutto confermato dallo studio di Christopher Black dell’Università di Glasgow, autore di Storia dell’Inquisizione in Italia. Tribunali, eretici, censura (Carocci 2013). Rispetto ai numeri dei condannati dall’Inquisizione, tutti gli storici parlano di poche migliaia di casi, tra essi stupratori, pedofili e rei di omicidio.

Il paragone tra terrorismo moderno (e antico) islamico e l’Inquisizione è dunque storicamente insostenibile e folle, seppur questo non significhi negare che spesso nella storia della Chiesa vi siano stati tragici errori che, seppur contestualizzati e ridimensionati per correttezza storica, rimangono grosse colpe umane. Ma, come ha spiegato Benedetto XVI, «è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura».

Michael R. Licona, teologo dell’Houston Baptist University, ha scritto«Vale la pena notare che c’è una grande differenza tra Stalin e un criminale cristiano. Quest’ultimo ha agito in contrasto con gli insegnamenti di Gesù, mentre non si può dire che Stalin abbia agito in contrasto con gli insegnamenti dell’ateismo dal momento che l’ateismo non ha intrinseci insegnamenti morali. Stalin non ha agito in modo incompatibile con le credenze atee, mentre un criminale cristiano agisce sempre in contrasto con gli insegnamenti di Gesù»L’imbarazzo con cui il mondo ateista e anticlericale dimentica puntualmente l’inquisizione atea sovietica -che ha causato morti e sofferenze immensamente superiori a quelli attribuiti all’Inquisizione-, sembra forse suggerire che il prof. Licona non abbia tutti i torti.


[Modificato da Credente 05/03/2017 17:20]
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12/07/2018 17:15
 
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Una barbarie infernale,
così l’epoca pre-cristiana e quella anti-cristiana

«Io sono greco, non cristiano». Così si definisce il filosofo Umberto Galimberti, amante del continuo confronto tra cultura greca e cristiana: per lui il cristianesimo ha rovinato il paradisiaco mondo greco-romano, tesi copiata da Nietzsche per il quale il dio della natura Dioniso avrebbe dovuto sconfiggere il Dio cristiano della glorificazione della sofferenza.

Ma le cose stanno davvero così? Il prof. Jeremiah J. Johnston, docente di Cristianesimo antico presso la Houston Baptist University ha recentemente pubblicato il saggio Unimaginable: What Our World Would Be Like Without Christianity (Bethany House Publishers 2017), attraverso citazioni, lettere e documenti, ha ben descritto il mondo pre-cristiano e quello anti-cristiano (XVIII – XIX secolo)

«Secondo i nostri odierni standard era l’inferno sulla terra: la povertà, la malattia, la morte prematura, la violenza domestica, l’ingiustizia economica, la schiavitù e la corruzione politica erano il dono della vita», ha spiegato Johnston. Prima del cristianesimo, l’idea della dignità e del valore umano erano completamente inesistenti, tanto che una persona su quattro viveva in schiavitù e quest’ultima era promossa come progresso dalle menti più eccelse: «il possesso è uno strumento per la vita, e l’acquisto è il totale degli strumenti e lo schiavo è un bene animato ed ogni servo è come uno strumento per gli strumenti» (Aristotele, Politica, 1253a – 1253b).

Le leggi romane delle XII tavole (Leges Duodecim Tabularum, V secolo a.C.), comandavano invece ai padri di mettere a morte il loro bambino fosse nato con anomalie: «Il bambino deformato deve essere ucciso immediatamente» (Tabella IV.1). L’età greco-romana era un incubo soprattutto per le donne: una bambina era più probabile che venisse abbandonata o uccisa, le adolescenti subivano frequentemente abusi sessuali o prostituzione forzata, le donne adulte erano completamente controllate dai mariti, che avevano il diritto di abusarne o di abbandonarle. Le vedove morivano di povertà. Di tutto ciò parla un nostro specifico dossier. Come riconobbe Hegel: «Sono già millecinquecento anni che, mediante il cristianesimo, la libertà della persona ha iniziato a fiorire ed è divenuta, in una parte peraltro piccola del genere umano, principio universale» (citato in M. Caleo, Hegel filosofo di babilonia, Guida 2001, p. 145).

L’accademico americano Jeremiah J. Johnston ha anche osservato che questi inumani standard etici sono casualmentericomparsi laddove si è imposta un’ideologia anticristiana. Tra il XVIII e il XIX secolo, infatti, quando la scena culturale era dominata da Voltaire, Hume, Lombroso, Feuerbach, Marx, Nietzsche e Freud, ecco ricomparire la schiavitù (teorizzata da Thomas Hobbs, John Locke ed Edmund Burke), il razzismo e la denigrazione dell’uomo in quanto essere. «Puoi ottenere ogni cosa dai negri», teorizzava David Hume, «offrendogli qualcosa di forte da bere, e puoi facilmente convincerli a vendere non solo i figli, ma anche mogli e amanti, per una botte di Brandy». E ancora: «I negri sono naturalmente inferiori ai bianchi» (D. Hume, Of National Characters, Cambridge University Press 1994, pp. 78-92).

Una disincantata e disperata visione dell’umanità dominò il pensiero di Nietzsche, per il quale «la maggioranza degli uomini non ha diritto all’esistenza, ma costituisce una disgrazia per gli uomini superiori» (F. Nietzsche, Volontà di potenza, Libro IV: Disciplina e selezione). E così descriveva l’umanità: «Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, ma in voi c’è ancora molto del verme. Una volta eravate scimmie, e anche adesso l’uomo è piú scimmia di qualsiasi scimmia al mondo» (F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra). La sua idea di superuomo ispirò, alla fine, Adolf Hitler: «un pazzo deciso a distruggere la maggior parte dell’umanità per avvantaggiare una razza “superiore”», scrive Johnston. «Rifiutando il cristianesimo, l’ateismo radicale del XX secolo non ha portato l’umanità verso un’utopia illuminata post-cristiana, ma ha semplicemente ripreso la barbarie pre-cristiana». Superfluo continuare citando il comunismo antiteista sovietico.  Così, «l’etica basata sul teismo cristiano è stata sostituita da un’etica” scientista che non ha avuto problemi con esseri umani apparentemente superiori che schiavizzano e uccidono esseri umani apparentemente inferiori. La principale differenza tra l’antichità precristiana e i governi totalitari post-cristiani è che questi ultimi possedettero uno zelo molto più grande e strumenti molto più pericolosi».

Il volume dello storico statunitense risulta prezioso in un momento storico in cui molti credono di volere -ma senza conoscere- un mondo privato del cristianesimo. Puntuale fu il giudizio laico del filosofo della scienza Marcello Pera: «Mai l’Europa ebbe tanto progresso quanto ne produsse al tempo in cui consumò i misfatti dell’Olocausto, dei Lager e dei Gulag. Non è il paganesimo che fonda la democrazia. E non sono l’agnosticismo, il laicismo o l’ateismo che nutrono la libertà. Se si vogliono la pace, la convivenza, il rispetto, occorre credere nei valori da cui tutto ciò dipende. I valori del cristianesimo sono ancora il miglior antidoto alle prevaricazioni di ogni tipo, compreso quelle consumate nel nome degli stessi cristiani» (M. Pera, Perché dobbiamo dirci cristiani, Mondadori 2008, pp. 101, 102).


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Una barbarie infernale,
così l’epoca pre-cristiana e quella anti-cristiana

«Io sono greco, non cristiano». Così si definisce il filosofo Umberto Galimberti, amante del continuo confronto tra cultura greca e cristiana: per lui il cristianesimo ha rovinato il paradisiaco mondo greco-romano, tesi copiata da Nietzsche per il quale il dio della natura Dioniso avrebbe dovuto sconfiggere il Dio cristiano della glorificazione della sofferenza.

Ma le cose stanno davvero così? Il prof. Jeremiah J. Johnston, docente di Cristianesimo antico presso la Houston Baptist University ha recentemente pubblicato il saggio Unimaginable: What Our World Would Be Like Without Christianity (Bethany House Publishers 2017), attraverso citazioni, lettere e documenti, ha ben descritto il mondo pre-cristiano e quello anti-cristiano (XVIII – XIX secolo)

«Secondo i nostri odierni standard era l’inferno sulla terra: la povertà, la malattia, la morte prematura, la violenza domestica, l’ingiustizia economica, la schiavitù e la corruzione politica erano il dono della vita», ha spiegato Johnston. Prima del cristianesimo, l’idea della dignità e del valore umano erano completamente inesistenti, tanto che una persona su quattro viveva in schiavitù e quest’ultima era promossa come progresso dalle menti più eccelse: «il possesso è uno strumento per la vita, e l’acquisto è il totale degli strumenti e lo schiavo è un bene animato ed ogni servo è come uno strumento per gli strumenti» (Aristotele, Politica, 1253a – 1253b).

Le leggi romane delle XII tavole (Leges Duodecim Tabularum, V secolo a.C.), comandavano invece ai padri di mettere a morte il loro bambino fosse nato con anomalie: «Il bambino deformato deve essere ucciso immediatamente» (Tabella IV.1). L’età greco-romana era un incubo soprattutto per ledonne: una bambina era più probabile che venisse abbandonata o uccisa, le adolescenti subivano frequentemente abusi sessuali o prostituzione forzata, le donne adulte erano completamente controllate dai mariti, che avevano il diritto di abusarne o di abbandonarle. Le vedove morivano di povertà. Di tutto ciò parla un nostro specifico dossier. Come riconobbe Hegel«Sono già millecinquecento anni che, mediante il cristianesimo, la libertà della persona ha iniziato a fiorire ed è divenuta, in una parte peraltro piccola del genere umano, principio universale» (citato in M. Caleo,Hegel filosofo di babilonia, Guida 2001, p. 145).

L’accademico americano Jeremiah J. Johnston ha anche osservato che questi inumani standard etici sono casualmente ricomparsi laddove si è imposta un’ideologia anticristiana. Tra il XVIII e il XIX secolo, infatti, quando la scena culturale era dominata da Voltaire, Hume, Lombroso, Feuerbach, Marx, Nietzsche e Freud, ecco ricomparire la schiavitù (teorizzata da Thomas Hobbs, John Locke ed Edmund Burke), il razzismo e la denigrazione dell’uomo in quanto essere. «Puoi ottenere ogni cosa dai negri», teorizzava David Hume«offrendogli qualcosa di forte da bere, e puoi facilmente convincerli a vendere non solo i figli, ma anche mogli e amanti, per una botte di Brandy». E ancora: «I negri sono naturalmente inferiori ai bianchi»(D. Hume, Of National Characters, Cambridge University Press 1994, pp. 78-92).

Una disincantata e disperata visione dell’umanità dominò il pensiero di Nietzsche, per il quale «la maggioranza degli uomini non ha diritto all’esistenza, ma costituisce una disgrazia per gli uomini superiori» (F. Nietzsche, Volontà di potenza, Libro IV: Disciplina e selezione). E così descriveva l’umanità:«Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, ma in voi c’è ancora molto del verme. Una volta eravate scimmie, e anche adesso l’uomo è piú scimmia di qualsiasi scimmia al mondo» (F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra). La sua idea di superuomo ispirò, alla fine, Adolf Hitler«un pazzo deciso a distruggere la maggior parte dell’umanità per avvantaggiare una razza “superiore”», scrive Johnston. «Rifiutando il cristianesimo, l’ateismo radicale del XX secolo non ha portato l’umanità verso un’utopia illuminata post-cristiana, ma ha semplicemente ripreso la barbarie pre-cristiana». Superfluo continuare citando il comunismo antiteista sovietico.  Così, «l’etica basata sul teismo cristiano è stata sostituita da un’etica” scientista che non ha avuto problemi con esseri umani apparentemente superiori che schiavizzano e uccidono esseri umani apparentemente inferiori. La principale differenza tra l’antichità precristiana e i governi totalitari post-cristiani è che questi ultimi possedettero uno zelo molto più grande e strumenti molto più pericolosi».

Il volume dello storico statunitense risulta prezioso in un momento storico in cui molti credono di volere -ma senza conoscere- un mondo privato del cristianesimo. Puntuale fu il giudizio laico del filosofo della scienza Marcello Pera«Mai l’Europa ebbe tanto progresso quanto ne produsse al tempo in cui consumò i misfatti dell’Olocausto, dei Lager e dei Gulag. Non è il paganesimo che fonda la democrazia. E non sono l’agnosticismo, il laicismo o l’ateismo che nutrono la libertà. Se si vogliono la pace, la convivenza, il rispetto, occorre credere nei valori da cui tutto ciò dipende. I valori del cristianesimo sono ancora il miglior antidoto alle prevaricazioni di ogni tipo, compreso quelle consumate nel nome degli stessi cristiani» (M. Pera,Perché dobbiamo dirci cristiani, Mondadori 2008, pp. 101, 102).


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13/12/2018 23:17
 
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L’ateismo antibiblico di Nietzsche ispirò il nazismo:
l’accusa dei filosofi

Nietzche ispirò il nazismo. Così sostengono numerosi storici e filosofi, tra cui Sossio Giametta, uno dei massimi esperti del filosofo tedesco. L’anti-ebraismo e l’odio per la morale cristiana crearono il terreno fertile per la dittatura nazista, non a caso Hitler era un estimatore di Nietzsche e di Schopenhauer.

 

«Gli uomini hanno dimenticato Dio, perciò tutto questo è accaduto». Così si espresse Aleksandr Isaevič Solženicyn, il principale nemico dell’Unione Sovietica, colui che fece conoscere al mondo i gulag dove lui stesso venne rinchiuso per molti anni. Il fatto che l’ideologia sovietica fosse unareligione atea è fuori di dubbio, basterebbe leggere i pensieri di Lenin e Stalin.

Ma anche nel substrato culturale del nazismo svetta l’oblio di Dio, del cristianesimo in particolare. Tutto il Settecento e l’Ottocento, d’altra parte, sono pervasi da una polemica antiebraica ma anche antibiblica e anticattolica e già agli inizi del Novecento, grandi sociologi come Pareto e Weber e, più avanti, storici eminenti quali Mayer, Nolte, Ritter, Hobsbawm, Elias, tutti concordano, sia pure a partire da orientamenti tra loro assai diversi, nel collocare Nietzsche nell’ambito della reazione antidemocratica di fine Ottocento.

Lo ha accennato pochi giorni fa il filosofo Sossio Giametta, grande studioso di Friedrich Nietzsche, del quale è considerato uno dei massimi esperti mondiali. Riflettendo sulla caduta della civiltà occidentale, «cioè la civiltà cristiano-europea fondata dal cristianesimo», Giametta ha osservato che ebbe inizio «con i giovani hegeliani di sinistra: Feuerbach, Ruge, Marx, Stirner, Bauer, poi Schopenhauer; in Danimarca Kierkegaard. La crisi raggiunse l’acme nella seconda metà dell’Ottocento e fu incarnata soprattutto da Nietzsche». E’ il celebre filosofo tedesco al centro dell’attenzione, in quanto «trasferì verso la Grecia arcaica e dionisiaca le correnti selvagge della sua epoca, sicché alla fine la Grecia risulta essere soprattutto un alibi. Nietzsche fece piazza pulita di sistemi e costumi, morali e religioni, tradizioni e istituzioni, per cui gli rimase solo la natura col suo vitalismo selvaggio. In tal modo costruì nell’empireo della filosofia quello che sarebbe diventato il cuore del fascismo-nazismo. Questo fu l’ultimo colpo di coda dell’Occidente prima di perdere il primato alla fine della Seconda guerra mondiale».

Nietzsche fece piazza pulita della morale cristiana preparando il terreno culturale al nazi-fascismo, ecco l’accusa. Opinione condivisa anche dall’eminente filosofo e storico marxista-maoista Domenico Losurdo che, nel suo volume dedicato proprio al filosofo tedesco, ha scritto: «Thomas Mann fu spinto a malincuore a riconoscere che le raccomandazioni eugenetiche del filosofo da lui amato, erano entrate a far parte della “teoria e pratica del nazionalsocialismo”, così come la condanna del cristianesimo, colpevole di bloccare, con i suoi scrupoli morali il necessario e benefico “annientamento di milioni di malriusciti”, aveva contribuito a creare un terreno ideologico favorevole per le pratiche genocide di Hitler» (D. Losurdo, Nietzsche, il ribelle aristocratico, Bollati Boringhieri 2002, p. 783).

Nietzsche incolpò l’ebraismo biblico e il cristianesimo di aver introdotto nel mondo dogmi nefasti e assurdi: la presenza di un Dio trascendente e personale, la creazione, l’esistenza della colpa e del peccato, dell’aldilà e di un giudizio finale, il decalogo mosaico. Ma soprattutto, propagandò l’odio verso l’ebreo Cristo, responsabile di aver portato nel mondo la peggiore delle nefandezze, cioè l’“ama il prossimo tuo come te stesso”«Se si pongono gli individui come uguali», accusava il filosofo prussiano, «si mette in questione la specie, si favorisce una prassi che mette capo alla rovina della specie; il cristianesimo è il principio opposto a quello della selezione. Se il degenerato e il malato devono avere altrettanto valore del sano, allora il corso naturale dell’evoluzione è impedito. Questo amore universale per gli uomini è in pratica un trattamento preferenziale per tutti i sofferenti, falliti, degenerati: esso ha in realtà abbassato la forza, la responsabilità, l’alto dovere di sacrificare uomini. La specie ha bisogno del sacrificio dei falliti, deboli, degenerati; ma proprio a questi ultimi si rivolse il cristianesimo. Il cristianesimo ha preso le parti di tutto quanto è debole, abietto, malriuscito». (Nietzsche, L’anticristo. Maledizione del cristianesimo, Adelphi 1977, pag. 73-136).

Adolf Hitler, in molti suoi discorsi, ripeté gli stessi concetti di Nietzsche ma, sopratutto, il suo filosofo prediletto fu un altro tedesco, l’antisemitaArthur Schopenhauer. Il suo nome lo si trova citato fin nel Mein Kampf. Se il filosofo Giametta ha suggerito come Nietzsche riportò in auge la civiltà pre-cristiana, Schopenhauer oppose al cristianesimo la filosofia orientale, la «sapienza indiana», augurandosi il superamento degli «accidenti successi in Galilea». Difatti Hitler attinse anch’egli all’Oriente, usò la svastica -simbolo teosofico di tempo circolare- per sostituire la croce, credeva nella reincarnazione, era vegetariano, un indomito riduzionista biologico e professava un “eterno ritorno” universale e panteistico (anche per questo bollò il pensiero di Einstein come «fisica ebraica»).

Così, i grandi filosofi nemici del cristianesimo inspirarono le dittature del Novecento. «Sia il movimento di pensiero ispirato a Nietzsche che quello ispirato a Heidegger hanno subito una sorta di processo per i loro legami, diretti o indiretti, con il nazismo», ha scritto il filosofo francese Philippe Nemo, direttore del Centro di ricerche in Filosofia economica presso la prestigiosa ESCP Europe (La bella morte dell’ateismo moderno, Rubettino 2016, p. 18). Il messaggio nicciano è una valorizzazione dei valori dionisiaci, del rifiuto di ogni trascendenza. Il nichilismo di Nietzsche è la svalutazione di ogni senso del vivere, lo sprofondamento nel nulla. Come ha scritto il filosofo Roberto Timossi«il “superuomo” è colui che non ha bisogno di alcun Dio perché egli stesso, nell’eterno ritorno dell’uguale, ha preso il posto degli dèi, la risurrezione dell’uomo. E’ il solito ateismo antropologico che punta a sostituire Dio con l’uomo» (pp. 158, 159).

Una filosofia che non solo ha generato mostruosità inenarrabili, quando è stata presa sul serio, ma è risultata essere intellettualmente sterile.«Occorre ormai ammettere», ha scritto ancora Nemo, «che la lunga tradizione filosofia che va da Spinoza a Hegel, a Nietzsche e a Heidegger è arrivata ad un vero e proprio “punto morto” intellettuale. Non è infatti riuscita, alla fine, a sostituire il Dio dei filosofi e degli intellettuali a quello di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, né il Superuomo all’uomo, né l’Essere alla Croce. Né Nietzsche né Heidegger sono giunti a elaborare una visione completa, plausibile e feconda del mondo, dell’uomo e dell’esistenza. Secondo Michel Deguy, che fu uno dei principali heideggeriani francesi, oggi a Parigi non resta che un ultimo “circolo” heideggeriano, ormai ridotto a pochissimi membri e sostanzialmente sterile» (p. 18). Questo perché, una volta annientato Dio ed i valori della cultura umana, si para un enorme vuoto, un gigantesco nulla da riempire. «Ma non esiste alcun superuomo nella realtà e la filosofia nicciana riesce solo a dissolvere l’essere umano senza sostituirlo con alcunché» (R. Timossi, Nel segno del nulla, Lindau 2015, p. 160).


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28/12/2018 12:29
 
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Il Sessantotto ha distrutto la società:
se a dirlo è l’Espresso
...

fallimento sessantottoSessantotto e società. Il settimanale l’Espresso e una riflessione dello storico Giovani Orsina sul fallimento sociale della rivoluzione sessantottina, ridottasi ad azione violenta e narcisismo individualista.

 

Se lo dice perfino l’Espresso, settimanale della sinistra radical & anticlerical, allora chi può smentirlo? Il Sessantotto ha distrutto la società, generando la crisi dei valori che viviamo oggi. A scriverlo sulle pagine della rivista “rossa” è lo storico Giovanni Orsina, ordinario di storia contemporanea alla LUISS Guido Carli di Roma.

Il ’68 compie mezzo secolo quest’anno e le riflessioni su quel periodo si moltiplicano. Orsina traccia un bilancio politico ma anche morale. «Vogliamo tutto!», era il motto dei giovani ribelli sessantottini, imbevuti della menzogna che la libertà equivalesse ad emancipazione, allo sradicamento dei legami e delle autorità e al far ciò che pare e piace. Le aspettative erano enormi, le bocche piene di cambiamento e azione non-violenta, poi -commenta implacabile lo storico- il tutto «si disperde in mille rivoli ideologici l’un contro l’altro armati; o si riduce a perseguire l’azione per l’azione, magari violenta; oppure finisce riassorbita nei partiti della sinistra tradizionale».

Il fallimento trasforma così gli obiettivi della contestazione: «non più la soddisfazione del desiderio individuale come strumento di rivoluzione politica, ma la soddisfazione del desiderio individuale punto e basta». Il benemerito desiderio di una “liberazione” scartò, deridendola, la proposta cristiana(forse a volte formulata effettivamente in modo troppo moralistico e poco entusiasmante) e, tuttavia, non trovò alcuna risposta soddisfacente né nella politica, né nella stessa rivoluzione.

I Sessantottini cancellarono il passato e fallirono pure anche solo nel proporre una valida alternativa per il futuro. Scrive lo storico dell’Espresso: «Al di là e al di qua dell’Atlantico studiosi e intellettuali denunciano l’involuzione dell’“individuo desiderante” in un “narcisista” incapace di distinguere fra se stesso e la realtà; disconnesso da un passato e incapace d’immaginare un futuro; sovreccitato, autoreferenziale, e in definitiva profondamente infelice».

Così, la depressa infelicità dei padri si è riversata sui figli. Come ha dichiarato il celebre filosofo francese Remì Brague, professore emerito presso l’Università Paris 1 Panthéon-Sorbonne: «i figli del baby boom diventati sessantottini», i giovanotti della sua stessa generazione, «si sono mostrati di un egoismo scoraggiante nei confronti della generazione seguente, che hanno voluto d’altra parte poco numerosa», considerando il tracollo demografico europeo. «Le hanno lasciato un ambiente inquinato, un debito pubblico sempre crescente e, nell’ambito morale, degli esempi di comportamento devianti e mortiferi. Mi auguro che la presente generazione ci getti il prima possibile nell’immondezzaio della storia».

Un esempio paradigmatico di tutto ciò è quanto ha raccontato il figlio di una delle icone principali del Sessantotto: John Lennon. «Un cattivo padre. Ed io non riesco a diventarlo per colpa sua», ha detto Julian, il figlio maggiore del leader dei Beatles. «Mio padre cantava d’amore, parlava d’amore, ma non ne ha mai dato, almeno a me che ero suo figlio».

fonte UCCR


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22/01/2019 11:37
 
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Il terrorismo politico?
Invenzione del secolo buio illuminista

terrore giacobinoIlluminismo francese e ghigliottina. Il nuovo libro dello storico Francesco Benigno (Università di Teramo) affronta la storia del terrorismo, individuandone l’origine nella Francia illuminista, patria della Rivoluzione francese e -secondo alcuni- della tolleranza.

 

Il Medioevo sarebbero stati “secoli bui”, mentre l’Illuminismo fu un periodo “di luce”. Ancora oggi, ripetendo questo abusato concetto, siamo tutti vittime della vincente propaganda illuminista, per l’appunto. Poi però arrivano gli storici che, implacabili, continuano nel tentativo di svegliare le masse: ci tentò fino all’ultimo il celebre Jacques Le Goff, che dedicò anni di pubblicazioni scientifiche per dimostrare che il Medioevo è sinonimo di progresso, cultura e diritti umani (soprattutto verso la figura della donna). Ma la leggenda, purtroppo, ha resistito.

Oggi arriva un altro volume interessante: Terrore e terrorismo. Saggio storico sulla violenza politica (Einaudi 2018), scritto dallo storico Francesco Benigno, docente presso l’Università degli Studi di Teramo e direttore dell’Istituto meridionale di storia e scienze sociali. Uno studio sul terrorismo, dalla sua nascita fino ai giorni oggi. E quando nacque il terrorismo? Proprio nel periodo illuminista che, secondo alcuni, avrebbe invece regalato alla storia modernità, giustizia sociale, emancipazione da tutto il buio precedente.

 

Terrorismo nasce nella Francia illuminista.

Invece no. Il concetto di terrorismo -inesistente prima- nacque proprio verso la fine del ‘700, in piena Rivoluzione francese. Il frutto più maturo dell’illuminismo furono la ghigliottina ed il Terrore giacobino, un «“regime di sangue e paura”, il cui scopo era il fine palingenetico della Rivoluzione e l’attuazione di Virtù e Giustizia anche attraverso violenza repressiva e legislazione speciale, il Terrore appunto», scrive lo storico Marcello Flores D’Arcais (Università di Siena) recensendo il libro del collega Benigno. «È nell’Ottocento che il terrorismo acquista la sua configurazione più coerente». Giunse in Italia, in Spagna, in Germania, in Austria, in Russia, in Giappone, in Grecia, dove si moltiplicano gli attenti politici. La Francia illuministafece da apripista, non facendosi remore ad utilizzare il terrore come strumento del “bene” (secondo i rivoluzionari).

 

Bauman: “Il comunismo? Figlio del secolo dei Lumi”.

Già il celebre sociologo polacco Zygmunt Bauman indicò che «il comunismo non è un’utopia romantica, ma è figlio del secolo dei Lumi, di Voltaire e Diderot». E, di fatti, aggiunse, «il comunismo è una tecnica di conquista del potere, tecnica golpista, tecnica che permette di ignorare i risultati delle elezioni, e che tende alla totale manipolazione delle coscienze e del linguaggi. Camus disse che la particolarità del Novecento stava nel fatto di causare il Male in nome del Bene».

 

Sam Harris: “Un movimento ateo trasformatosi in regno del terrore”.

Perfino il filosofo Sam Harris, uno degli atei militanti più famosi al mondo, ha riconosciuto nel 2014 che «ci sono stati molti movimenti atei nel corso della storia che iniziarono con il più alto degli ideali, tra cui le rivoluzioni francese e russa. Ma il loro idealismo iniziale si è rivelato insostenibile. Si sono trasformate in regni del terrore, la forza bruta ed il terrore divennero i mezzi utilizzati per il controllo sociale».

 

Il paradosso della storia è che i più celebri illuministi (si pensi a Voltaire) vengono oggi celebrati come maestri di tolleranza e a loro vengono perfino attribuite false citazioni (come “Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”), censurando completamente l’amara verità: appena furono al potere, la loro tolleranza la espressero attraverso la lama della ghigliottina.

fonte UCCR


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14/02/2021 18:46
 
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