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COSA ESPRIMONO I CREDENTI NEL "CREDO"

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2010 10:14
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29/04/2010 09:54
 
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Le considerazioni che seguono hanno lo scopo di metterci a contatto con quella che chiamiamo
professione di fede, comunemente detta "Il Credo".

Una serie di affermazioni sintetiche che costituiscono il fondamento dell’essere cristiani.
Fin dai primissimi tempi i discepoli di Gesù si sono serviti di alcune brevi frasi per cercare
di sintetizzare la realtà del loro maestro. In genere erano formule brevi che con il tempo la
chiesa ha ampliato sia per esigenze di completezza e sia per prendere le distanze dalle
deviazioni (eresie) che cominciavano a manifestarsi riguardo al mistero di Gesù Cristo.
Inoltre si è sentita la necessità di raccogliere l’essenziale della fede in sintesi articolate e
complete destinate in particolare a coloro che intendevano entrare a far parte della
comunità mediante il Battesimo.
Per questa ragione tali sintesi vengono chiamate Simboli della fede e costituiscono
anche oggi il primo e fondamentale riferimento di ogni catechesi di iniziazione alla vita
cristiana.

Fra tutti i simboli della fede, due hanno un posto speciale nella Chiesa di oggi:
- Il Simbolo Apostolico, così chiamato perché ritenuto il più antico riassunto della
fede degli apostoli. La sua autorità deriva dal fatto che è il simbolo accolto dalla
Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo degli apostoli, e dove egli
portò l’espressione della fede comune.
- Il Simbolo detto di Nicea-Costantinopoli, il quale trae la sua autorità dal fatto di
essere frutto dei primi due concili ecumenici (Nicea 325; Costantinopoli 381).
Attualmente questo simbolo viene usato sia dalle chiese dell’Occidente che da
quelle dell’Oriente.

La Chiesa per conferire il Battesimo a coloro che intendono farne parte propone dunque
una serie di affermazioni a cui occorre prestare l’assenso (credo). Da qui la consuetudine
di chiamare Credo l’insieme di queste affermazioni.
Prima di esaminare le singole affermazioni occorre chiarire il significato dell’assenso che
ad esse viene chiesto. In altre parole si tratta di comprendere il significato del verbo
credere.

CREDERE: UN VERBO DAI MOLTI SIGNIFICATI

Credere è uno strano verbo in italiano perché contiene sia l'idea di sicurezza e sia quella
di insicurezza. Infatti "credere" viene usato nei seguenti modi
1. "Credo che..." = penso che..., ma non ne sono sicuro.
Es.: "Credo che domani faccia bello" = non ne sono ben sicuro ma non mi meraviglierei
troppo qualora capitasse il contrario.
2. "Credo a... (qualcuno)" = mi fido di qualcuno e perciò accetto quanto mi dice.
Es.: "Credo al medico che mi propone una certa cura" = mi fido del medico e perciò
accetto come valido per guarire qualcosa che per me non è verificabile e perciò mi rimane
sempre, fino a guarigione avvenuta, un margine più o meno grande di dubbio.
In questo caso "credere" è accettare come vero qualcosa che non mi è evidente e che
tuttavia accetto sulla parola di persone in cui ho fiducia, non in base a prove di tipo
razionale, ma in base ad "indizi" o "garanzie". Prima mi fido della persona e poi accetto
per vero quello che la persona dice.
Però, dato che non c'è l'evidenza soggettiva di ciò in cui credo, rimane sempre un margine
di dubbio sul "valore" delle persone che mi propongono l'inevidente.
3. "Credo a ... (qualcosa)" = sono assolutamente sicuro della verità di un'affermazione.
Es.: "Quello è uno che crede a ciò che fa" = è assolutamente sicuro di ciò che fa e si butta
con convinzione, entusiasmo e rischio in ciò che fa.
In questo caso però, se voglio essere chiaro, devo precisare da dove nasce questa mia
sicurezza. Una certa affermazione è vera perché
a) la constato vera, oppure ho esperienza della realtà espressa da quell'affermazione;
b) l'ho dimostrata razionalmente;
c) mi fido di qualcuno che me la garantisce, perché lo ritengo degno di fiducia.
In quest'ultimo caso ricado nel 2° significato del verbo "credere".
Proviamo ad applicare quanto detto alla prima affermazione che troviamo nel Credo:
Credo in Dio.

Che senso può avere la frase: "Credo in Dio?"
In quale dei significati del verbo "credere" analizzati precedentemente si usa la frase?
1. Non sono ben sicuro dell'esistenza di Dio.
Normalmente chi dice "Credo in Dio" non usa "credo" in questo senso. Qualora lo usasse
così, occorre notare che questo atteggiamento non può reggere una vita. Ci sarà una
continua oscillazione fra il sì e il no a seconda dei fatti che succedono, belli o brutti.
2. Accetto l'esistenza di Dio, perché mi fido .
Questa affermazione può essere però intesa in due sensi:
a) Mi fido di Dio e perciò mi lascio guidare da Lui.
Ma chi dice così come fa a fidarsi di una persona che non conosce? Dio l'ha visto? Come
fa ad essere sicuro che c'è? (v. sotto, punto 3.)
b) Mi fido di qualcuno che mi dice che Dio c'è.
In questo caso accetto l'esistenza di Dio sulla parola di qualcuno che me l'ha detto e mi
porta "garanzie" (non "prove") che io ritengo sufficienti perché mi fidi di lui.
Questo "intermediario" fra me e Dio non può portare "prove". Se infatti mi portasse prove
di tipo razionale che io ritengo valide, io non crederei a lui, ma esclusivamente al mio
cervello.

In questo caso occorre però precisare chi è questo "intermediario" e quali garanzie offre
per essere creduto quando afferma che Dio c'è.
Per ciò che riguarda Dio, Mosè, o Gesù, o Maometto, o vari altri lungo i secoli si sono
presentati come "testimoni" di Dio. Il problema è: "A chi credere?"
E tutto sta nel valutare le "garanzie" che ognuno di essi porta per essere creduto.
Secondo i cristiani il modo valido per arrivare a Dio è: "Credo a Gesù di Nazareth il quale,
proclamandosi Figlio di Dio, mi rivela Dio come suo Padre". Garanzia unica che Gesù
porta per essere creduto è la sua risurrezione.
3. Sono sicuro che Dio c'è e affido a Lui la mia vita .
In questo caso però occorre precisare da dove nasce questa sicurezza.
Le risposte date storicamente sono state
a) perché l'ho visto, lo vedo, lo constato, lo scopro... fuori di me! oppure perché lo intuisco
in me!
A chi risponde così si può domandare: "Sei sicuro che quello che hai visto o intuito sia Dio
o non piuttosto una proiezione dei tuoi desideri, una tua costruzione psicologica per
bisogno di sicurezza?
b) perché lo dimostro!
A chi risponde così si può domandare ancora: "Come? Con quali prove?".
Egli porterà le prove. Io le valuterò e se le troverò convincenti, "crederò" all'esistenza di
Dio, ma solo fidandomi del mio cervello. Ringrazio lui di avermi aiutato a capire, ma Dio
c'è non perché l'ha detto lui, bensì perché sono arrivato io a dimostrarne l'esistenza.
E anche qui "credere" non è usato in senso tecnico teologico. Crea confusione.
I cattolici accettano come valida per arrivare a dire che Dio c'è anche la ragione umana
Ma per dire questo si basano su un dato di fede, perché citano un'affermazione definita
dal Concilio Vaticano I, la quale si basa su un testo di Paolo, lettera ai Romani 1,20:
- il testo del Vaticano I: "È possibile dalle cose create arrivare a conoscere con certezza
che Dio c’è".
- il testo di Rom 1,18-20: "Si rivela infatti (l’)ira di Dio dal cielo contro ogni empietà e
ingiustizia di uomini che tengono avvinta la verità in ingiustizia, perché ciò che è
conoscibile del Dio è manifesto in essi: il Dio infatti ad essi (lo) manifestò. Infatti le cose
invisibili di lui dalla creazione del mondo appaiono intelligibili per mezzo delle opere, sia
l’eterna sua potenza, sia la divinità, ...". (ma qualcuno qui direbbe "inventato").
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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