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La figura di Maria ha ispirato poeti e scrittori di ogni tempo

Ultimo Aggiornamento: 05/01/2011 21:19
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30/04/2010 23:08
 
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Akathistos - Introduzione


Akathistos - Introduzione


O Madre di Dio, o invitta protettrice,
noi, tua città, salvati da terribili sciagure
eleviamo a Te inni di vittoria e di ringraziamento.
Tu, che possiedi potenza invincibile, liberaci da tutti i mali
e noi grideremo a Te: Gioisci Vergine Sposa.

Kontakion dell'Akathistos


L'Akathistos è l'inno liturgico mariano per eccellenza, si tratta di un vero e proprio monumento letterario e poetico di primissimo valore ove viene celebrato l'amore del Dio fattosi uomo ed incarnatosi nel seno della tutta Santa Vergine Maria. Il testo affonda le sue radici nella sacra scrittura, nella riflessione contemplativa simbolica dei padri, nella liturgia e nella fede della Chiesa professata nei concili di Efeso e di Calcedonia. Nell'Akathistos "La Madonna (Theotokos) è posta in relazione essenziale al Verbo Incarnato al punto da formare con Lui un'unica realtà contemplativa: Maria è al centro in riferimento assoluto a Cristo il quale è il centro, che le comunica luce e significato e della cui opera è raggiunta e trasfigurata in partecipe e subordinata condivisione" (Fortunato Malaspina, l'Akathistos). L'autore, attingendo alle Scritture del Nuovo Testamento, attraverso la tradizione e la meditazione dei Padri,  risale al Vecchio, in modo da mettere in risalto ed interpretare i fatti, i simboli e le profezie che svelano il piano di Dio nel suo luminoso cammino di discesa dal Cielo verso l'umanità fino al grembo della Vergine, per portare la salvezza al genere umano. L'inno tratta della verginità di Maria, della sua maternità verginale e divina e della sequela di Cristo, il Dio fattosi uomo. L'ordito della prima parte dell'inno si basa sui Vangeli dell'infanzia, mentre la trama è costituita dalla tradizione della Chiesa fondata sul ripensamento che del mistero dell'incarnazione hanno formulato i Padri ed i mistici nel corso del tempo, fino alla stesura dell'inno. Non a caso il linguaggio dell'Akathistos è fortemente simbolico ed intessuto di immagini e di tipologie suggerite dalla riflessione spirituale, dalla realtà della fede e dell'esperienza di Dio nella preghiera contemplativa: strumenti, tutti questi, necessari per una più efficace visione del mistero divino, che non si lascia certo schematizzare dagli schemi razionali del nostro pensiero.

L'Akathistos è una composizione sapientemente architettata ove si intrecciano in perfetta armonia i contenuti più accessibili con le figure e i simboli sottintesi che soltanto un'anima avvezza alla preghiera contemplativa e molto avanzata nella conoscenza teologica dei misteri può individuare e comprendere a fondo. L'autore dell'inno è anonimo, ma per certo egli non può essere che un dotto e un mistico allo stesso tempo, un uomo che ha saputo trascrivere in versi la propria esperienza del mistero del Verbo in cui vede brillare la Vergine. La grandezza dell'anonimo autore non è però limitata alla capacità di essere riuscito a riepilogare in una perfetta sintesi orante la fede che la Chiesa professa, ma si estende alla sua immensa umiltà che lo ha reso appunto anonimo davanti alla storia. Egli ha voluto eliminare ogni personalismo, in modo tale che l'inno divenisse una manifestazione di lode comune a tutta la Chiesa. Nei secoli si è lungamente dibattuto su chi fosse l'autore dell'Akathistos, alcuni codici attribuiscono l'inno a Sergio, altri ricollegandosi alla traduzione latina lo fanno risalire a Germano I di Costantinopoli. Altre ancora suppongono Giorgio di Pisidia, il patriarca Fozio, oppure Romano il Melode, ma in realtà tutte queste ipotesi risultano infondate.

Compito relativamente più semplice è la determinazione della data di composizione dell'inno; ricorrendo sia a criteri filologici, sia teologici, si può stabilire una datazione non antecedente al V secolo. L'inno non si collega né all'oggetto né ai formulari di alcuna festa mariana introdotta dall'imperatore Giustiniano, ma si riallaccia unicamente al formulario della primitiva festa della Madre di Dio in uso un po' dappertutto alla fine del quarto secolo nel contesto della Natività. Si può presupporre tuttavia una datazione non successiva al nono secolo.
Il termine Akathistos non è il titolo dell'inno, anche se comunemente così viene chiamato; indica piuttosto una rubrica liturgica: esso deve essere cantato ed ascoltato "non stando seduti" (à-kathistos). L'inno appartiene al genere iconografico greco del kontakion, termine il cui significato è ignoto, forse era relativo all'usanza di conservare avvolta attorno ad una piccola asta (kontos) la pergamena contenente l'inno. Akathistos è una composizione poetica di più strofe dette "trofària". Le strofe sono legate strutturalmente e mnemonicamente tra loro dall'acrostico: infatti nella versione greca ciascuna strofa inizia con una lettera dell'alfabeto sempre diversa, dall'alfa all'omega. L'Akathistos è quindi un acrostico alfabetico che si compone di 24 stanze (oikoi), tante quante sono le lettere dell'alfabeto. È tradizione considerare l'inno diviso in due grandi sezioni, di 12 stanze ciascuna: la prima, fino alla 12ª stanza, ha un tono prettamente narrativo ed evangelico, mentre la seconda sezione, dalla 13ª alla 24ª stanza, è di tipo teologico-dogmatico. Le stanze dispari sono dedicate alla Madonna (Theotokos). Le stanze pari, più brevi delle prime, sono dedicate al Verbo Incarnato e si concludono tutte con l'alleluia. La struttura metrica del testo è un vero e proprio capolavoro dell'intelletto umano: ogni singola parte si presenta in perfetto ordine rispetto alle altre costruendo un telaio perfetto abbellito da un elegantissimo intreccio, il più vario che si possa immaginare. Già da una superficiale analisi del testo, balza agli occhi la forte presenza di alcuni numeri dal valore prettamente simbolico, come il 12, il 24, il 6, il 2 ed il 3. Approfondiremo questo interessante aspetto in un articolo successivo.

Il primo passaggio dell'Akathistos dal semplice culto cantato all'iconografia con buona probabilità avviene intorno all'XI secolo, epoca a cui risale il primo esempio documentato: si tratta del manoscritto 429 di Mosca (cf. N.P. Kondakov, Histoire de l'art byzantine considèré principalement dans le miniatures). A partire dall'XI secolo, moltissimi monasteri e chiese orientali hanno arricchito le loro decorazioni sacre con l'iconografia dell'Akathistos. Le icone che propongono le 24 stanze dell'inno figurano nel pronao delle Chiese, o nei refettori, o più in generale in ambienti comuni. Un esempio per tutti si trova presso il Monte Athos, ove l'iconografia dell'Akathistos occupa un posto di fondamentale rilievo nel refettorio della "Grande Lavra". Nel corso dei secoli l'iconografia dell'inno si diffuse in tutte le chiese dell'Europa orientale, dalla Russia alla Moldavia, dalla Jugoslavia alla Romania.
Le icone che abbiamo preso in considerazione in questo studio provengono dal monastero dei "Tre Santi Vescovi" (Οι Τρείς Ιεράρχες) costruito nella metà del XIV secolo dall'eremita Barlaam che si arrampicò sulle impervie rocce tipiche della regione delle meteore, per costruire poche celle ed una piccola cappella che dedicò appunto ai tre vescovi (San Basilio il grande, San Gregorio Nazanzieno e San Giovanni Crisostomo).
La regione delle Meteore, localizzata in Tessaglia, subito dopo quella del monte Athos, ospita il più grande raggruppamento di monasteri della Grecia, ben 24 di cui 6 ancora abitati, e dal 1989 è stata inserita dall’UNESCU nel Catalogo dei Monumenti del Patrimonio Internazionale come bene culturale e naturale di particolare importanza.

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