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CONOSCERE L'AZIONE DEL MALIGNO PER DIFENDERSI

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2022 15:52
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23/02/2010 21:50
 
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III - PRATICA DELLA LIBERAZIONE

1. La liberazione

« Liberazione » è un termine molto ampio, come il termi­ne opposto « schiavitù », e si estende a tutta la gamma del­l'opera liberatrice di Cristo, « il quale passò beneficando e ri­sanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo » (At. 10,38).
Satana manifesta il suo potere agli uomini con l'errore e il peccato, con la malattia e con la morte, con l'oppressione e l'odio. Cristo ci libera dall'errore e dal peccato, dandoci la ve­rità e la grazia; dalla malattia e dalla morte donandoci la salute e immettendoci nel regno della vita; dall'oppressione e dall'odio, ridonandoci la libertà dei figli di Dio e comunican­doci l'amore.
Qui, però, parlando di liberazione, restringiamo il di­scorso, nella sua attuazione pratica, alla liberazione dagli in­flussi demoniaci, di cui abbiamo parlato nei capitoli prece­denti.
Questa liberazione è un dono di Dio, e Dio può liberare quando vuole e come vuole, anche senza l'intervento dell'uomo e di intermediari umani.
L'uomo però può impetrarla.
Senza nulla togliere all'efficacia dei Sacramenti, degli atti penitenziali, della lettura o ascolto della Parola, qui noi voglia­mo impetrarla attraverso la preghiera di liberazione.
Questa può essere fatta da persona singola, per la propria liberazione; e può essere fatta dalla comunità per la libera­zione degli altri.
Noi sempre preferiamo questa forma comunitaria e, per diversi motivi, di ordine teologico e pastorale.
Annettiamo grande valore alla Chiesa, e per Chiesa in­tendiamo non solo la Chiesa universale o particolare, ma anche ogni comunità di credenti, che si riunisce attorno a Gesù e in­voca il suo Nome. Nella comunità dei credenti è Cristo che prega e che opera, è Cristo che continua a liberare i suoi fratelli dal Nemico.
D'altra parte, come abbiano annotato più sopra parlando di « carismi e ministeri della preghiera di liberazione », rite­niamo per certo che la liberazione sia una funzione dello stesso Corpo di Cristo, il quale deve eliminare le infiltrazioni del Ne­mico, in qualunque parte esse si manifestino, perché ogni ma­nifestazione è di peso e di danno per l'intero corpo.
Inoltre la preghiera comunitaria, cioè fatta in gruppo, consente l'intervento di diversi carismi e l'interazione di di­versi ministeri, che rendono più efficace la preghiera; e d'altra parte ci preservano dal pericolo di essere confusi con maghi e guaritori, che operano sempre isolatamente.
La preghiera, perciò, sugli oppressi va fatta sempre in gruppo, a meno che la persona (per es. il sacerdote, il medico) non si trovi nella necessità di operare da solo.
La preghiera può assumere il carattere di una richiesta fatta a Dio perché intervenga e comandi allo spirito delle te­nebre perché abbandoni una persona, una situazione, un luogo: si chiama « preghiera deprecatoria ». Può assumere il carat­tere di uno scongiuro diretto alle forze del male perché desistano dal sostenere una situazione, dal molestare una persona, dall'in­festare un luogo: si chiama « preghiera imprecatoria », o più propriamente « scongiuro », « esorcismo ».
Noi usiamo normalmente la preghiera deprecatoria - la sola che merita il nome di preghiera - in tutti i nostri inter­venti, a qualsiasi livello.
L'imprecazione - che impropriamente è detta preghie­ra - ossia lo scongiuro o l'esorcismo, non viene normalmente usato, tranne che nel caso dell'autoliberazione. Chiunque in­fatti che sia aggredito può respingere direttamente l'assalto, e, fidando in Dio, aggredire e cacciare l'avversario. Riteniamo perciò che chiunque può usare su di sé l'esorcismo di Leone, preghiera deprecatoria.
Negli esorcismi del Rituale Romano le due forme, impre­catoria diretta a Satana, e deprecatoria diretta a Dio, sono ab­binate. Negli esorcismi minori del Battesimo, secondo il nuovo rito, si usa solo la forma deprecatoria.

2. L'autoliberazione
La liberazione è opera di Dio. « In quel giorno romperò il giogo togliendolo dal suo collo, spezzando le sue catene » (Ger. 30,8). Il Padre inviò Gesù « per ridurre all'impotenza il diavolo e liberare tutti quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita » (Ebr. 2,14). È Lui che « spezza le catene, infrange le porte di bronzo, spezza le sbarre di ferro » (Sal. 107,14-16), e « porta via con sé i prigionieri » (Ef. 4,8; Sal. 68,19).
Ma l'uomo è invitato a lasciarsi liberare da Gesù. Egli stesso deve « rompere le catene inique, sciogliere i legami del giogo » (Is. 58,6). « Sciogliti dal collo i legami, schiava figlia di Sion - dice il Signore in Isaia - senza prezzo foste ven­duti e sarete riscattati senza denaro » (52,2-3).
Da quali vincoli e come l'uomo può liberarsi?
1) Schiavitù personali
La prima autoliberazione riguarda le schiavitù personali, che possono irretire il pensiero, il sentimento, l'azione, impe­dendo la presa di possesso del regno di Dio in tutte le aree della nostra vita personale.
Un'area influenzabile da parte del Maligno può essere la fissazione delle idee: idee bizzarre che danno una visione erra­ta della realtà e occupano insistentemente la nostra mente, im­pedendoci di concentrare la nostra attenzione sul lavoro, sullo studio, e ostacolando la vita di relazione; pensieri strani, come quello di essere seriamente ammalati, o quello della morte a breve scadenza, che paralizzano ogni attività.
Altra area influenzabile è quella che concerne la vita mo­rale. Una forma di lussuria che crea abitudini schiavizzanti; un'ira che diventa collera ad ogni piccolo stress; un'ignavia che ci inchioda al letto e ci rende inetti a qualsiasi attività.
La schiavitù può interessare anche la sfera fisica: dolori mestruali allucinanti che bloccano la persona quattro-cinque giorni al mese, con stati di ansia che precedono il ciclo; malattie misteriose in coincidenza con le grandi festività; malessere nell'entrare in chiesa e nell'assistere alle celebrazioni liturgiche.
Tutte queste schiavitù che comportano ferite più o meno profonde alla personalità dell'uomo, nelle diverse sfere della sua attività psico-fisica, possono essere curate, oltre che con i Sacramenti e gli atti penitenziali, con l'uso frequente della pre­ghiera di lode, e con l'autocomando, previa rinuncia specifica allo spirito che si presume mantenere quella schiavitù.
, Gli effetti benefici non si faranno attendere molto. Nei casi più resistenti, ricorrere alla preghiera del fratello.
2 ) Schiavitù sociali

Intendiamo quelle schiavitù che si radicano nell'uomo, membro di una società malsana, che vive nel « naturale », schia­va della materia e degli elementi del cosmo.
L'uomo psichico, nel senso paolino, vive a livello delle pulsioni, delle tendenze, delle immaginazioni e delle opinioni. « Quando, per dichiararle innocenti, diciamo di queste cose: "è naturale", ci facciamo complici del loro recupero da parte degli spiriti del male. Noi disconosciamo il fatto che esse sono per­vertite dal peccato originale, e perciò non possono sbocciare, fiorire senza essere prima ri-create, ossia senza passare attra­verso una morte e una resurrezione; così ci collochiamo sul piano di una saggezza tutta umana, quella dei "prìncipi di que­sto mondo" e per la quale le esigenze della vita dello Spirito sembrano follia (1 Cor. 2,6) » (D. Ange, Balsamo è il tuo nome, Ed. Ancora, Milano, 1982, p. 323).
Sotto il velo dell'umanesimo, che lusinga le tendenze na­turali, si nasconde un paganesimo, cioè un ritorno al mondo dominato dal maligno, uno sganciamento da Cristo e un pas­saggio sotto « gli elementi del mondo »(Gal. 4,9; Col. 2,8). Le stesse cose buone, « che sono sane e non hanno veleno di morte » (Sap. 1,14), se sono idolatrate legano il cuore, violano la libertà interiore, e ci fanno amoreggiare col « dio di questo mondo » (2 Cor. 4,4).
La stessa libertà viene violata dal collettivo. A livello della coscienza personale si pone sempre la scelta libera. Ora questa libertà di scelta è condizionata e compromessa dall'opinione collettiva, anonima e dominante, che spersonalizza l'uomo. È qui che il diavolo gioca la sua carta, perché più facilmente può operare nell'uomo spersonalizzato, menomato e legato attra­verso i mass-media. Le cose « normalizzate » dalla massa fini­scono col passare come « naturali », « lecite », « buone », per­ché tutti le fanno, anche quando sono in flagrante contrasto col Vangelo.
Tutto questo può determinare un rientro sotto l'influsso del signore di questo mondo, da cui bisogna liberarsi.
La liberazione avviene attraverso la parola di Dio, che penetra e scandaglia, ed è luce che rischiara, ed ha una forza di distruzione e di creazione.
Avviene pure attraverso la separazione dai mezzi di co­municazione inquinanti e alienanti.
Avviene attraverso la lotta alla triplice concupiscenza, nella luce della fede.
3 ) Legami sottili
La partecipazione saltuaria a sedute medianiche, a pra­tiche esoteriche, il ricorso a maghi, l'uso inconsiderato del pendolo o dell'oroscopo nell'ordinare la nostra attività, e simili, possono facilmente creare dei legami. Se si tratta di legami forti questi vanno sciolti con la preghiera di liberazione o con l'esor­cismo, ma se sono deboli perché non hanno impegnato la per­sona, allora possono essere risolti privatamente dalla stessa persona:
a) con la rinunzia esplicita a queste pratiche e a que­sti legami;
b) con la riconsacrazione a Cristo Signore;
c) con l'uso continuato di sacramentali;
d) con la recita personale del­l'esorcismo di Leone XIII o altra formula di scongiuro.

L'autoliberazione, per tutti questi casi, comporta un serio mutamento di vita e una pratica costante delle virtù cristiane e della preghiera personale.
3. La potenza del nome di Gesù
Uno dei mezzi più potenti per disincagliarci dal potere del Maligno e per difenderci dai suoi attacchi è l'invocazione del Nome di Gesù.
Il Nome che porta in radice, nella sua prima sillaba, l'ori­gine divina di Gesù, e nella seconda sillaba la sua missione sal­vifica, Dio-salva, è il Nome che « è al di sopra di ogni altro nome, che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro » (Ef. 1,21).
È un Nome che incanta il cielo e tira dietro a sé le anime amanti: « Olio profumato è il tuo Nome » (Cant. 1,2). È un Nome che apre ogni porta celeste: « Qualunque cosa chiede­rete al Padre nel mio nome, egli ve la darà » (Gv. 16,23).
È un Nome che dà speranza di salvezza ai credenti: «Chiun­que invocherà il nome del Signore sarà salvo » (Rm. 10,13), dove « il Signore », nella citazione di Gioele (GI. 3,5), in verità è Gesù (Rm. 10,9).
È il Nome che raddrizza gli storpi e fa dire a Pietro: « È il Nome di Gesù che ha dato vigore a quest'uomo, perché non c'è altro nome nel quale è stabilito che possiamo essere sal­vati » (At. 3,16; 1,12).
Ed è il Nome che scaccia i demoni (Mc. 16,17) e sottomet­te ogni potenza del Nemico (Lc. 10,17). Il Nome che, pronun­ziato da Gesù: « Sono io » (Gv. 18,5), fa stramazzare i soldati venuti a catturarlo.
Per questo « al Nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra, e sottoterra »(Fil. 2,10).
Nessuno però può efficacemente pronunziare questo No­me, se non nello Spirito Santo (1 Cor. 12,3 ).
È lui che lo mette nella nostra bocca, lo carica di una forza potente, per cui il diavolo fugge.
Però se è vero che nessuno può invocare salutarmente Gesù se non nello Spirito Santo, è pur vero che Gesù, invocato, risponde a questa invocazione dando il suo Spirito.
Lo Spirito di Gesù che è diametralmente opposto allo Spi­rito malvagio, sottrae gradatamente l'uomo al suo dominio e lo colloca in Cristo Signore, anzi forma in lui il figlio di Dio ad immagine di Cristo Signore; in altri termini mette Gesù nella nostra vita, e ci rende così invulnerabili.
Questa azione dello Spirito interessa la mente, il cuore, e anche il corpo.
Attraverso la sua santa « Unzione » (1 Cor. 1,21; 1 Gv. 2,20-27) sottrae la mente all'influsso delle tenebre che oscu­rano il pensiero, al modo di ragionare « umano » e « mondano », e crea in noi una mentalità nuova, una certa affinità con Dio, facendoci entrare nel « pensiero » di Cristo (1 Cor. 2,16).
Lo Spirito libera il cuore dalle 12 intenzioni cattive che inquinano l'uomo (Mc. 7,22) e vi introduce i « sentimenti » di Cristo, veicola in noi l'« operazione » di Cristo, per cui il nostro agire si innesta nell'opzione fondamentale di Cristo, la « volontà » del Padre (Ebr. 10,5).
Lo Spirito sottrae il nostro corpo all'influsso della carne corrotta e lo immette nel sacrificio di Cristo, insegnandoci « ad offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio » (Rm. 12,1), per riprodurre in noi l'immagine di Cristo, secondo il principio di conformità (2 Cor. 4,10; Fil. 3,21; Rm. 8,29; 1 Cor. 15,49; Gal. 5,24; 6,14-17).
Affidarsi allo Spirito di Gesù, lasciarsi vivere da Lui, la­sciarsi fare da Lui « Icona di Cristo », lasciarsi possedere da lui in tutti i meandri dell'essere, significa non lasciare al nemico nessuno spazio, nessun punto dove appigliarsi pur nella nostra fragilità creaturale. Gesù diceva: « Viene il principe di questo mondo, e in me non ha nulla » (Gv. 14,30). Così dobbiamo poter dire noi: non trovi in noi nulla di suo, e perciò non abbia nessun potere su di noi.
Col nome di Gesù invochiamo anche il nome di Maria. La sua presenza nella nostra vita è garanzia contro gli assalti del maligno.
L'esperienza ci insegna che alcuni demoni, soprattutto i demoni dell'impurità, tremano di fronte al nome di Maria.
Essa ricorda loro la creatura bella, senza macchia, sfug­gita al loro dominio.
Essa ricorda loro la sconfitta: « Porrò inimicizia tra te la donna; essa ti schiaccerà il capo » (Gn. 3,15).
Essa è come « un esercito schierato in campo » e, se noi la invocheremo, saremo vittoriosi nella lotta.


4. Per un ministero di liberazione

La liberazione dai disturbi demoniaci, o « per esorcismi » o per « preghiera », è uno dei compiti più delicati della Chiesa, e non può essere lasciata, come un fatto privato, all'arbitrio del singolo o anche di un gruppo particolare.
Ora, nota bene il Card. Suenens, la Chiesa ha legiferato per i casi di possessione riservando al Vescovo l'intervento, mentre ha lasciato « nel vago e indefinito tutto ciò che si colloca « al di fuori » della possessione » (o.c., p. 119, n. 58); per cui è una « necessità urgente definire una nuova pastorale in mate­ria... con norme adeguate da rispettare » (ivi).
Sarebbe auspicabile che la Chiesa ripristinasse il ministero dell'esorcistato, scomparso come ordine minore nella riforma liturgica conciliare, almeno per quelle regioni dove più vivo se ne sente il bisogno. E niente vieta che qualche Conferenza episcopale faccia istanza a Roma in questa direzione. Potrebbe essere un ministero aperto anche a laici qualificati e dotati, al­meno in casi particolari.
Ma finché l'autorità competente non si muove in questa direzione, oserei avanzare una proposta.
In ogni diocesi il Vescovo dovrebbe mettere accanto al­l'esorcista un gruppo di discernimento, composto di tre o quattro persone, tra cui un medico e uno psicologo. Tutti i casi « sospet­ti » dovrebbero essere portati a questo gruppo, il quale, dopo conveniente esame, dirotterà il paziente o al medico, o all'esor­cista, o al gruppo orante.
Il gruppo orante o i gruppi oranti, se i casi sono molti, dovrebbero essere costituiti da persone esperte e preparate, e dovrebbero intervenire nei così detti « casi minori », lascian­do all'esorcista il trattamento dei casi più importanti. Nel grup­po orante.non dovrebbe mai mancare il sacerdote.
La liberazione, così, rientrerebbe nel piano normale della pastorale degli infermi.
Una terapia bene impostata dovrebbe articolarsi nei se­guenti punti:
a) evangelizzazione, per consentire, soprattutto ai lon­tani che hanno idee confuse e passano da un mago ad una cartomante, da un medium ad un pranoterapeuta, senza alcun risultato, di ritrovare, nella Fede, la via della salvezza;
b) pratica guidata dei Sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, per consentire una lenta e indispensabile purifica­zione e un necessario irrobustimento della vita cristiana;
c) esercizi ascetici, preghiere liturgiche, lettura o ascolto della Parola di Dio, che sono fonti di liberazione da ogni influs­so maligno;
d) frequenza a gruppi di preghiera, dove il disturbato trova un clima di quiete, esce dal proprio isolamento e, nella gioia della fraternità, riacquista fiducia in se stesso, negli altri e in Dio.
Anche dopo la liberazione, l'oppresso avrà bisogno, per qualche tempo, di frequentare il gruppo, per restaurare le forze esauste, per abituarsi ad usare le armi spirituali (Ef. 6,11-18) contro il Nemico che tornerà sicuramente all'attacco (Mt. 12,44).
Noi attribuiamo le molte e durature liberazioni proprio alla frequenza costante del gruppo di preghiera, dove l'amore dei fratelli e la preghiera di lode impediscono ogni ricaduta.
In attesa che le Conferenze episcopali si sensibilizzino a questo problema, con le iniziative che riterranno più opportu­ne, i gruppi di Rinnovamento, che sogliono fare preghiera comunitaria di « guarigione » o « risanamento interiore », po­tranno fare anche preghiera di « liberazione », rispettando sem­pre la « linea di demarcazione », e sempre che il Vescovo non sia esplicitamente contrario.
È superfluo dire che anche nei casi minori non si possono fare « scongiuri » sulle persone, ma solo « preghiere », a meno che non ci sia il sacerdote autorizzato.
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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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