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RICERCA SU GESU' NELLA STORIA e STORICITA' DEI VANGELI

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2024 17:25
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07/06/2018 18:58
 
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La prima e completa fonte su Gesù di Nazareth? Risale al 30 d.C.



I quattro Vangeli sono inattendibili essendo stati redatti a molti anni di distanza dai fatti che pretendono narrare. Così si sente dire spesso, ma è un’affermazione falsa. Vediamo perché.


Innanzitutto più volte abbiamo sottolineato che le informazioni su Gesù di Nazareth sono più numerose e vicine ai fatti raccontati rispetto a moltissimi altri personaggi storici, come Giulio Cesare, Adriano, Marco Aurelio, Giuseppe Flavio, Socrate, Alessandro Magno ecc. Tanto che il celebre studioso John Robinson ha commentato: «La ricchezza dei manoscritti, e, soprattutto, lo stretto intervallo di tempo tra la scrittura e le prime copie esistenti, di gran lunga fanno dei Vangeli il miglior documentato testo di qualsiasi scritto antico della storia» (Can we Trust the New Testament?, Grand Rapids 1977, p. 36).


In secondo luogo, gli evangelisti hanno tratto gran parte delle informazioni da fonti pre-sinottiche (orali e scritte), in circolazione già pochi anni dopo la morte di Gesù. «Alcuni discepoli di Gesù», ha aggiunto il principale biblista vivente, John P. Meier, «possono aver cominciato a raccogliere e sistemare detti di Gesù anche prima della sua morte» (Un ebreo marginale, Vol. 1, Queriniana 2006, p. 157).


Ma c’è un altro argomento su cui vorremmo soffermarci più dettagliatamente: le lettere di San Paolo scritte, come tutti sanno, precedentemente ai Vangeli. In particolare, la Prima Lettera ai Corinzi è stata composta nel 50-55 d.C., dunque soltanto circa vent’anni dopo la crocifissione del Cristo. In essa sono già presenti tutti i “dati salienti del cristianesimo”: è morto per i nostri peccati; fu seppellito ed è risorto il terzo giorno; apparve a Pietro, e poi ai Dodici; apparve a più di cinquecento fratelli; apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; per ultimo è apparso anche a Paolo stesso.


In questa lettera Paolo afferma di voler trasmettere ai lettori quel che lui stesso ha ricevuto (παραλαμβάνω) direttamente dai discepoli. Il defunto ebreo ortodosso Pinchas Lapide rimase così impressionato da tale lettera (il capitolo 15, in particolare) che la definì «una formula di fede che può essere considerata come una dichiarazione di testimonianza oculare» (The Resurrection of Jesus: A Jewish Perspective, Ausburg 1983, p. 98-99). Il biblista Richard Bauckham, dell’Università di Leeds, ha sottolineato che il termine “testimonianza oculare” «non ha significato forense, ma significa osservatori di prima mano di quegli eventi». Ovvero, Paolo è entrato in contatto con «informatori che parlavano per conoscenza diretta» (Jesus and the Eyewitnesses, William B. Eerdmans Publishing Company 2006).


Anche gli studiosi più critici sono concordi che ciò che Paolo sta trasmettendo lo ha appreso nell’imminenza dei fatti descritti. Lo studioso non credente Gerd Lüdemann ha affermato: «gli elementi della tradizione citati da Paolo devono essere datati ai primi due anni dopo la crocifissione di Gesù, non più tardi di tre anni. La formazione delle tradizioni di apparizione menzionate in 1 Cor. 15,3-8, cade tra il 30 e il 33 d.C.» (The Resurrection of Jesus Christ: A Historical Inquiry, Promethus 2004, p. 38). L’agnostico Bart. D. Ehrman ha scritto: «Paolo deve aver incontrato Cefa e Giacomo tre anni dopo la sua conversione, ricevendo le tradizioni che riportò nelle sue lettere, verso la metà degli anni Trenta, diciamo nel 35 o nel 36. Le tradizioni che ereditò erano, ovviamente, più vecchie e risalivano probabilmente a un paio d’annicirca dopo la morte di Gesù. Ciò dimostra in modo lampante quanto fosse di pubblico dominio, immediatamente dopo la data tradizionale del suo decesso o quasi, che Gesù fosse vissuto e morto (Did Jesus Exist? HarperCollins Publishers 2012, p. 132). Lo stesso affermano studiosi del calibro di John Dominic Crossan, EP Sanders, Gary Habermas, Ulrich Wilckens, Joachim Jeremias, Robert Funk («La convinzione che Gesù fosse risorto dai morti aveva già messo radici nel momento in cui Paolo si convertì intorno al 33 d.C. Dato che Gesù morì verso il 30 d.C., il tempo per il loro sviluppo era quindi di due o tre anni al massimo», What Did Jesus Really Do?, Polebridge Press 1996).


Tutto questo attesta una semplice verità: il contenuto dei Vangeli (compresa passione, morte e resurrezione di Cristo) era già noto, diffuso e discusso appena dopo la morte in croce di Gesù. Quando tutti i testimoni oculari (amici e nemici dei Dodici apostoli) erano ancora vivi e potevano smentire tali racconti, se fossero stati falsi o alterati. Il Sinedrio e i nemici di Cristo, se avessero voluto, avrebbero taciuto immediatamente i suoi seguaci…ma nessuna fonte ebraica o romana riporta nulla del genere. Anzi, fonti non cristiane come Giuseppe Flavio, confermano i contenuti evangelici.


Lasciamo la conclusione al già citato non credente Bart D. Ehrman, ricercatore dell’Università della Carolina del Nord: «Non dobbiamo attendere il Vangelo di Marco, datato attorno all’anno 70, per sentir parlare del Gesù storico. La prova, che traiamo dagli scritti di Paolo, combacia perfettamente con i dati forniti dalle tradizioni evangeliche, le cui fonti orali risalgono quasi certamente alla Palestina romana degli anni Trenta del I secolo. Paolo dimostra che, a pochi anni di distanza dal periodo in cui era vissuto Gesù, i suoi seguaci discutevano di quanto aveva detto, fatto e vissuto il maestro ebreo palestinese che era stato crocifisso dai romani su istigazione delle autorità ebraiche. E’ una straordinaria convergenza di prove: le fonti evangeliche e i resoconti del nostro primo autore cristiano. E’ difficile spiegare tale convergenza se non dando per certa l’esistenza di Gesù» (Did Jesus Exist? HarperCollins Publishers 2012, p. 132, 133).



[Modificato da Credente 07/06/2018 18:59]
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