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23/02/2010 18:28
 
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Andrea Nicolotti

EPITTETO

  Epitteto

Epitteto

Nato verso la metà del I secolo, a Gerapoli, il filosofo stoico Epitteto fu maestro a Roma e fu tra i filosofi che subirono la cacciata dalla capitale voluta dall’imperatore Domiziano. Raccolta una cerchia di discepoli a Nicopoli in Epiro, vi fondò una scuola, attiva nel periodo del principato di Adriano (117-138); alcune testimonianze del suo insegnamento ci sono pervenute tramite la raccolta di Dissertazioni del discepolo Arriano (95-175 circa).

In un passo di quest’opera, trattando di un tema assai caro allo stoicismo, ovvero la mancanza di paura di fronte alla morte, Epitteto enumera vari categorie di persone che hanno questo atteggiamento, come i bambini e i pazzi (incoscienti), coloro che per qualche motivo desiderano la morte, oppure coloro che accettano la morte con serenità, come i filosofi.

Tra coloro che invece non hanno paura della morte solo per abitudine (ethos), egli enumera i “Galilei”.

“Anche per follia uno può resistere a quelle cose, o per ostinazione, come i Galilei” (Diss. Ab Arriano digestae IV, 6, 6)1.

Con l’espressione “quelle cose” il filosofo intende gli atti compiuti dai tiranni, e chiamando i Cristiani “Galilei” usa un titolo comune.

Egli ha forse davanti agli occhi alcuni casi di persecuzione (la lettera di Paolo a Tito presume una comunità cristiana a Nicopoli, ove Epitteto insegnò a lungo), e non riesce a spiegarsi l’atteggiamento di ostinazione dei Cristiani, al quale egli reagisce invocando nelle righe successive “il ragionamento e la dimostrazione”. Come già per Plinio, i cristiani sono degli irrimediabili cocciuti; il motivo della fede per lui è completamente ignoto o incompreso.


NOTE AL TESTO

1 Eta ØpÕ man…aj mn dÚnata… tij oÛtwj diateqÁnai prÕj taàta kaˆ ØpÕ œqouj oƒ Galila‹oi. Ed. H. Schenkl, Leipzig, 1916.

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