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COSA E' LA PREGHIERA E COME PREGARE

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2019 19:09
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16/02/2010 18:53
 
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Tutti possono pregare! Il ricco e il povero, il forte e il debole, il sano e il malato, il santo e il peccatore. La preghiera e' sempre a nostra disposizione, piu' di ogni altra cosa.

San Serafino di Sarov


Attingiamo dal Nuovo Testamento le indicazioni riguardanti la preghiera per avere un fondamento Scritturale per usare bene questo prezioso mezzo per poter comunicare col Signore, per poter dare a Lui la nostra lode e il nostro ringraziamento e poter ottenere nuove grazie e benedizioni.
Attraverso la Scrittura possiamo anche ricavare in che modo pregava Gesù, i suoi apostoli e gli altri credenti.

Mat 5,44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,

Mat 6,5 Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

Mat 6,9 Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;

Mat 9,38 Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!».

Mat 24,20 Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato.

Mat 26,41 Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».

Mar 13,18 Pregate che ciò non accada d'inverno;

Mar 14,38 Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole».

Lu 6,28 benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.

Lu 10,2 Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.

Lu 11,2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno;

Lu 21,36 Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

Lu 22,40 Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione».

Lu 22,46 E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».

At 8,24 Rispose Simone: «Pregate voi per me il Signore, perché non mi accada nulla di ciò che avete detto».

Ef 6,18 Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi,

Col 4,3 Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della predicazione e possiamo annunziare il mistero di Cristo, per il quale mi trovo in catene:

1Te 5,17 pregate incessantemente,

1Te 5,25 Fratelli, pregate anche per noi.

2Te 3,1 Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi

Eb 13,18 Pregate per noi, poiché crediamo di avere una buona coscienza, desiderando di comportarci bene in tutto.

Giac 5,16 Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.

Giuda 20 Ma voi, carissimi, costruite il vostro edificio spirituale sopra la vostra santissima fede, pregate mediante lo Spirito Santo.


Mat 6,5 Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.

Mat 14,23 Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.

Mat 26,36 Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare».

Mat 26,53 Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?

Mar 6,46 Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.

Mar 11,25 Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

Lu 5,16 Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare.

Lu 6,12 In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.


Infine, ricordiamo la grande preghiera di Gesù fatta alla vigilia della sua passione e riferita in Giov 17 e subito dopo durante la sua passione, la preghiera per poter allontanare il calice amaro che avrebbe dovuto bere. Qui si insegna in modo supremo l'arte di rimettere a Dio ogni decisione e di lasciare che si compia la sua volontà.
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07/05/2010 23:44
 
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La Preghiera

di padre Giosuè

Ci sono molte testimonianze sulla preghiera, molte definizioni di essa. Su di essa sono stati scritti tanti trattati; sono state spese lunghe ore di meditazione e di riflessione e la mente e il cuore dell’uomo, sempre in ricerca dell’Assoluto non sono mai stanchi di approfondire il discorso sulla preghiera. Anche noi in questi giorni vogliamo fermare il nostro passo e stare davanti al Signore per riflettere sulla preghiera. Non pretenderemo di esaurirne i contenuti, sarebbe presunzione, ci accontenteremo di ravvivare in noi questo dono che Dio ci ha lasciato come uno dei più preziosi, come il dono che ci permette di creare in noi quella sinfonia di amore e di amicizia fra ciò che è l’inaccessibile e l’invisibile, ossia Dio e noi, fragili creature impastate di umanità e di terra.

Diceva un Padre che la musica è l’arte che più si avvicina e ci avvicina a Dio perché possiede in sé quelle qualità che appartengono solo a Dio: l’inafferrabilità e l’invisibilità.

Così la preghiera, come la musica, è invisibile e inafferrabile: la possiamo si leggere su un libro o su un pezzo di carta ma, come le note su un pentagramma, per renderla viva per essere veramente quello che dice il suo nome deve essere suonata, parlata con le labbra e col cuore dell’uomo. Ecco perché la preghiera, prima di ogni altra cosa, è dono prezioso di Dio all’uomo: perché è l’arte spirituale che, meglio di ogni altra, ci avvicina a Dio e ci mette in sintonia con Lui.

Il liuto è tuo e anche il plettro: il tuo cuore e la parola di Dio intessuta della sua tenerezza e della sua sollecitudine; è la parola che prima ancora di invocarla, e già presente e fa vibrare il tuo strumento. Se è il caso, dunque, metti in gioco in questi giorni tutto il tuo essere per captare più chiaramente ancora in te la voce silenziosa di Dio.

La preghiera allora è una pratica assolutamente straordinaria, perché con essa di avviciniamo a Dio e Dio a noi. Egli accetta di ascoltarci, di lasciarci parlare. Dio lo sapeva. L’uomo non può bastare a se stesso. Egli è fatto per fiorire in un’apertura all’Altro e, nell’Altro, ai fratelli in una comunione di carità. Per questo, uno degli inviti pressanti di Gesù è "Domandate e vi sarà dato" (Mt 7, 7).

Più di una volta Egli ritorna su questo tema, perché vuole aiutarci. È attento ai nostri bisogni per supplire alle nostre carenze. Aspetta che contiamo su di Lui, che abbiamo bisogno di Lui.

Egli è un Dio di bontà che desidera dialogare con gli uomini, con loro intrattenersi e raccogliere le loro confidenze. Dio accetta così di mettersi alla portata dell’uomo. Per mezzo del suo Figlio, Egli si pone umilmente in mezzo a noi. Egli fa qualcosa di più che ascoltare. Vi prende da parte, con la sollecitudine di un Padre. Dunque, la preghiera autentica non è un semplice atto umano; ma una comunione d’amore di Dio con la sua creatura. Dio è sempre e in ogni tempo disposto a riceverti e non cessa di invitarti a venire a Lui. "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, e io vi ristorerò" (Mt 11, 28); "Colui che viene a me, non lo respingerò (Gv 6, 37). Perché Dio si rallegra di aversi accanto a sé; e, se è possibile, in modo permanente.

Quando siano dinanzi a Dio, alla sua presenza, realizziamo di fatto il ritorno della creatura esiliata verso il seno del suo creatore. Così la preghiera è, di per se stessa, un ritorno a Dio dopo lunghe ore passate lontano da Dio, in mezzo alle preoccupazioni della terra e agli affanni quotidiani.

Perciò la preghiera autentica, che è riuscita a rispondere al desiderio che Dio ha di stare sempre con noi, deve continuare segretamente in fondo al cuore, con uno scambio senza parole, anche dopo che abbiamo lasciato il luogo della preghiera. Possiamo allora tornare alle occupazioni della giornata ma intanto la preghiera non cessa il suo lavoro segreto all’interno del nostro cuore.

Diceva Karl Borth: "Dio ha tempo per l’uomo"; questo è il mistero del suo amore: che Dio ha avuto tempo per l’uomo. La risposta a questo è che l’uomo abbia tempo per Dio, e si lasci amare nel silenzio, nella docilità, nella perseveranza, nella fedeltà. Ecco, in questo senso, la preghiera diventa alleanza di amore, che non si fonda sull’entusiasmo del momento, sulla emotività che passa, ma sulla scelta, coraggiosa e forte, di stare alla presenza di Dio, di resistere e sopportare anche il silenzio di Dio, perché Egli parli quando e come a Lui piacerà.

Sotto questa veste, dunque, Dio e l’uomo intessendo un colloquio d’amore, donandosi e comunicandosi vicendevolmente, creano la preghiera.

Che cosa contiene questa comunione reciproca?

Innanzitutto è necessario superare quella concezione della preghiera che porta tutta, o quasi, l’attenzione sull’iniziativa dell’uomo, sulla sua ricerca, sul suo desiderio, sul suo sforzo ascetico. Tutto questo viene dopo. L’iniziativa è e rimane sempre di Dio: della sua libertà, della sua bontà. Dio si mostra tutto proiettato, con lo slancio di tutto il suo cuore, verso la sua creatura; desidera renderla partecipe della sua intimità, della sua stessa vita infinita.

Non siamo noi a dirlo o a pensarlo, ma è la Scrittura stessa che ce lo rivela: "Piace a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e manifestare il mistero della sua volontà" (Ef 1, 9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, verbo fatto carne, nello Spirito Santo accesso al Padre e sono resi partecipi della natura divina (cf. Ef 2, …).

Così non dobbiamo pensare a dio come a un Dio lontano: Egli, nel suo grande amore, è vicino alle pieghe, (anche le più impercettibili), e si intrattiene con essi per invitarli alla comunione con Lui.

Questo Dio, che secondo la definizione di Giovanni, è "Carità", donatosi a noi e operante nell’intimità del nostro cuore (cfr. Gv 14, 17-23), è il divino interlocutore della nostra preghiera. Quando l’uomo, quando noi saremo capaci di ascoltare e di capire sino in fondo questo discorso d’amore?

Mi sono diffuso nel parlare di Dio e del suo discorrere con l’uomo per sottolineare il bisogno di partire sempre a Dio quando si parla della preghiera cristiana, Ciò nonostante, grande è la responsabilità dell’uomo, di noi, nel mettere in opera questo dialogo di amicizia che Dio desidera per noi. E questa responsabilità gli viene dallo svelamento interiore della sua dignità di Figlio di Dio: come egli ci ha uniti strettamente al Figlio suo; come ci abbraccia e ci fonde nello stesso amore del Figlio, così vuole che con tutte le forze rimaniamo uniti e radicati in lui: nella sua vita, nel suo amore, alla sua parola; Egli vuole che preghiamo "nel nome" del Figlio: con le sue disposizioni, col suo stesso cuore.

Certo, noi siamo creature, ed in quanto tali limitate; tuttavia dobbiamo sforzarci di impegnare tutto noi stessi in questo dialogo d’amore e di amicizia: la nostra sensibilità, la nostra immaginazione, il nostro sentimento, la nostra intelligenza, la nostra volontà.

Dobbiamo avere, per questo, tanta umiltà: coscienti che non siamo nati uomini di preghiera, ma lo possiamo diventare attraverso un lavoro arduo e paziente su noi stessi. La possibilità di saper pregare è condizionata alla nostra volontà di conoscere ed assaporare l’amicizia di Dio. La preghiera può essere spontanea nella misura in cui io mi lascio cambiare, trasformare dallo Spirito. Occorre che lo Spirito faccia breccia nel nostro cuore perché nasca una sinfonia fra noi e Dio; e solo dall’incontro d’amore fra la nostra e la Sua vita nascerà spontaneamente una preghiera vera.

E allora chiudo questo primo pensiero sulla preghiera ribadendo che la preghiera è attesa, ascolto, abbandono, è lasciarsi amare da Dio, secondo un’immagine che usava Carlo Carretto: "La goccia d’acqua deve lasciarsi assorbire dal sole, per essere poi rimandata a fecondare la terra".

Diciamo con verità al Signore, usando le parole di Agostino: "Hai fatto il nostro cuore per te ed inquieto è il cuore nostro, finché non riposi in te"

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07/05/2010 23:48
 
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PARTE QUARTA 
LA PREGHIERA CRISTIANA

SEZIONE PRIMA 
LA PREGHIERA NELLA VITA CRISTIANA

CAPITOLO TERZO 
LA VITA DI PREGHIERA

ARTICOLO 1 
LE ESPRESSIONI DELLA PREGHIERA

I. La preghiera vocale

2700 Con la sua Parola Dio parla all'uomo. E la nostra preghieraprende corpo mediante parole, mentali o vocali. Ma la cosa più importante è la presenza del cuore a colui al quale parliamo nella preghiera. « Che la nostra preghiera sia ascoltata dipende non dalla quantità delle parole, ma dal fervore delle nostre anime ». 179

2701 La preghiera vocale è una componente indispensabile della vita cristiana. Ai discepoli, attratti dalla preghiera silenziosa del loro Maestro, questi insegna una preghiera vocale: il « Padre nostro ». Gesù non ha pregato soltanto con le preghiere liturgiche della sinagoga; i Vangeli ce lo presentano mentre esprime ad alta voce la sua preghiera personale, dalla esultante benedizione del Padre, 180 fino all'angoscia del Getsemani. 181

2702 Il bisogno di associare i sensi alla preghiera interiore risponde ad un'esigenza della natura umana. Siamo corpo e spirito, e quindi avvertiamo il bisogno di tradurre esteriormente i nostri sentimenti. Dobbiamo pregare con tutto il nostro essere per dare alla nostra supplica la maggiore forza possibile.

2703 Questo bisogno risponde anche ad una esigenza divina. Dio cerca adoratori in Spirito e verità, e, conseguentemente, la preghiera che sale viva dalle profondità dell'anima. Vuole anche l'espressione esteriore che associa il corpo alla preghiera interiore, affinché la preghiera gli renda l'omaggio perfetto di tutto ciò a cui egli ha diritto.

2704 Essendo esteriore e così pienamente umana, la preghiera vocale è per eccellenza la preghiera delle folle. Ma anche la più interiore delle preghiere non potrebbe fare a meno della preghiera vocale. La preghiera diventa interiore nella misura in cui prendiamo coscienza di colui « al quale parliamo ». 182 Allora la preghiera vocale diventa una prima forma della preghiera contemplativa.

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25/07/2010 23:12
 
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Gli apostoli chiesero a Gesù: “Signore, insegnaci a pregare!”.

Perché non è facile pregare bene, non si improvvisa mai la vera preghiera. Si pratica e si coltiva.

La preghiera più efficace è quella del cuore: amorosa, devota, umile.

È la certezza che Gesù è dentro te, nell’anima e ti sente, partecipa alla tua preghiera perché unisci tutto quello che fai alla sua Vita e alla sua Passione.

Per raggiungere questa preghiera amorosa, che è sinonimo di affettuosa, appassionata, ardente, calda, premurosa, bisogna entrare nella Via del Vangelo, abbandonando contemporaneamente la via del peccato. Non è un fatto automatico, all’inizio e anche dopo anni, l’anima che si sforza in questo cammino passerà dalla Via Divina alla via umana, in un alternarsi di alti e bassi, fervore e tiepidezza.

Questo atteggiamento danneggia l’anima, non le permette di purificarsi.

E la purificazione è uno dei mezzi necessari per il raggiungimento della preghiera del cuore. Chi non ha ancora fatto l’esperienza di questa intima e potente preghiera, non deve abbattersi o lasciare gli sforzi dell’impegno giornaliero, perché ci sono delle mète da raggiungere e superare.

Dobbiamo proporci il raggiungimento di una spiritualità elevata, e per il fatto che è alta, il primo sforzo è di farci minimi, cominciando a prendere consapevolezza di tutto ciò che facciamo nella giornata, di rivederlo la sera con calma meditativa. Bisogna arrivare a capire il motivo delle reazioni, delle impulsività, le mancanze di carità, di umiltà, la perdita della pazienza, il racconto di bugie, la pigrizia o accidia spirituale cronica, perché poca preghiera.

La conoscenza personale è sempre aiutata da Gesù.

Egli oggi ci insegna a pregare, con la versione più breve del Padre Nostro presentato da San Luca.


Gesù spiega agli Apostoli non solo per cosa devono pregare, aggiunge anche in che modo e con quale disposizione.


Questi insegnamenti sono racchiusi nel Padre Nostro.

Quasi sempre si recita questa preghiera velocemente e senza mai cogliere qualche significato delle affermazioni contenute. È importante sapere che il Padre Nostro contiene sette domande, precedute da un proemio.


Padre nostro, che sei nei cieli:

1ª Sia santificato il tuo nome.

2ª Venga il tuo regno.

3ª Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

4ª Dacci oggi il nostro pane quotidiano.

5ª E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

6ª E non ci indurre in tentazione.

7ª Ma liberaci dal male. Amen.


Queste sette domande devono essere oggetto di meditazione, per caricare il Padre Nostro di significati che conosciamo bene e che chiediamo con piena convinzione. Dire: Padre, può essere addirittura una tortura se qualcuno ha brutti ricordi del padre naturale. La meditazione deve mettere piena distinzione e convinzione che il Padre del Cielo è tutto Amore e perdona sempre quando ci si confessa. Altrimenti la parola Padre può rimanere ambigua e fastidiosa.


Questa meditazione delle sette domande porterà a scoprire che pregare è parlare con Dio. Un parlare che deve essere anche ascolto, ma il parlare deve essere conciso, quindi essenziale e pieno di amore. Se manca l’amore sono inutili le lunghi parole. Se c’è l’amore e si parla prolungatamente con Gesù, può essere segno di fiducia, anche se è importante l’essenziale e poi si rimane in ascolto delle ispirazioni che Gesù ci invia.

Le ispirazioni sono delicate, serene, mettono pace, spingono solo al bene.

Parlare con Gesù recitando il Padre Nostro è un ottimo esercizio, sono le parole insegnate da Lui, le più essenziali, e nessuno della Santissima Trinità si stancherà di ascoltarle.

Perché chiamiamo Padre non uno qualsiasi, è Colui che ci ha donato l’esistenza, è il Padre perfetto e pieno di premure per ognuno di noi. Non si dimentica nulla di quanto ci abbisogna ma vuole che glielo chiediamo spesso. Poi, Lui non delude mai.

Non delude mai se chiediamo beni soprannaturali, e anche beni materiali, ma solo se ci aiutano ad amare Dio. Queste richieste sono sempre accolte dal Padre, mentre altre richieste sono mancanti di qualcosa e per questo non causano l’arrivo delle Grazie sperate.

Un ottimo esercizio è quello di ripetere lentamente e spesso il Padre Nostro, per convincerci che Lui non è lontano né indifferente, ci ama tutti allo stesso modo, non vuole punirci ogni volta che sbagliamo perché ci ama e desidera la nostra salvezza eterna.

Dobbiamo considerarlo vero Padre, la preghiera deve essere fiduciosa e perseverante.

Dobbiamo chiamarlo come i bambini si rivolgono al loro padre.

Come ho scritto all’inizio di questo commento, per pregare bene non bisogna improvvisare, è la pratica quotidiana a darci la capacità di farci ascoltare. Infatti, chi prega male perché contemporaneamente continua a commettere peccati mortali, o chi si trova all’inizio e non prega con fervore, molto spesso parlano a se stessi. Pregano se stessi, ma senza volerlo, la preghiera non pura né buona non fuoriesce dalle loro persone.

Dobbiamo imparare a pregare, giorno dopo giorno, con umiltà e fiducia.

E il Padre Nostro è la preghiera per eccellenza, non esistono preghiere più belle, è la preghiera scaturita dal Cuore di Gesù. La preghiera che ci fa riconoscere la grandezza di Dio, che ci parla di un Dio Padre che provvede a tutti noi, suoi figli bisognosi.

Il Padre Nostro ci deve dare perseveranza nella preghiera. La perseveranza porterà la fiducia, potremo ripetere con gioia il bellissimo insegnamento di Gesù, sicuri di essere ascoltati: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”.

La fiducia ci darà le ali della colomba per volare in alto con lo spirito e presentare davanti il trono di Dio le nostre richieste, sicuri che il Padre ci darà quanto di meglio conserva.

Il Padre Nostro è la vera scuola di preghiera.

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23/09/2010 08:30
 
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17/02/2011 15:18
 
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Decalogo della Docilità allo Spirito Santo

Rom.8,26       Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza;                   non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede    con gemiti inesprimibili; 27e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito,    perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio.




Decalogo della Docilità

allo Spirito Santo




1. LO SPIRITO PARLA SOTTOVOCE

Lo Spirito è rispettosissimo della tua libertà; è un amore forte e discreto quello dello Spirito, basta un po' di orgoglio e di superficialità e la Sua voce non ti raggiunge più. Lo Spirito tace, tace e attende.

Il Papa nell'enciclica sullo Spirito Santo dice: “Lo Spirito è la suprema guida dell'uomo, la luce dello spirito umano”.


2. SE LO SPIRITO MARTELLA C'E' UN PROBLEMA CHE SCOTTA

Quando lo Spirito insiste è perché ci segnala una piaga, bisogna aprire gli occhi. Ogni ritardo ad accogliere la Sua voce fa gravi danni alla tua vita spirituale; ogni prontezza nel rispondere ti rinnova e ti apre a percepire meglio la Sua luce. Ma quante volte lo Spirito martella: "Lascia quell' amicizia. Lascia quell'occasione, lascia quel vizio". E allora quando lo Spirito martella bisogna partire.

Il Papa nell'enc. dice: “Sotto l'influsso dello Spirito matura e si rafforza l'uomo interiore. Lo Spirito costruisce in noi l'uomo interiore, lo fa crescere e lo rafforza”.


3. IL SEGRETO DELLA GIOIA E' DARE CONTINUE GIOIE ALLO SPIRITO SANTO

Ma bisogna partire dalla concretezza, dalle piccole cose. Ogni atto di umiltà, ogni atto di generosità alimenta la gioia che lo Spirito Santo semina in noi. Quando fate un atto di bontà, voi, se non state attenti, dopo vi inorgoglite un po'. Quando fate un atto di bontà adesso non fate più così; fermatevi e dite: “Grazie, Spirito Santo”. Io ho inventato per me questa preghiera; quando faccio una gentilezza adesso dico: “Grazie, Spirito Santo, ancora, ancora”, per dirgli: "Continua a ispirarmi la bontà, continua a mettermi un' occasione di fare qualcosa di bello per te". Ecco, continuamente lo Spirito Santo è all' opera, ma bisogna lasciarlo operare.

Il Papa nell'enc. al numero 67 dice: “La gioia che nessuno può togliere è dono dello Spirito Santo”.


4. LO SPIRITO NON SI STANCA DI PARLARTI, DI ISTRUIRTI, DI FORMARTI

Lo Spirito, voglio dire, è la fedeltà dell'amore e usa i mezzi più semplici: ispirazioni, consigli di persone che ti amano, esempi, testimonianze, letture, incontri, avvenimenti…

Il Papa nell'enc. al numero 58 dice: “Lo Spirito Santo è l'incessante donarsi di Dio”.


5. LA PAROLA DI DIO E' LA PRIMA ANTENNA DELLO SPIRITO SANTO

Voglio dire: impara a leggere la Parola di Dio implorando lo Spirito; non leggere mai la Parola senza lo Spirito. Nutriti della Parola invocando lo Spirito. Prega la Parola nello Spirito. Quando prendi in mano la Parola, primo: alza l' antenna dell' ascolto dello Spirito; poi prega, prega lo Spirito. E' con la Parola e la preghiera che impari a distinguere la voce dello Spirito.

Il Papa nell'enc. al numero 25 dice: “Con la forza del Vangelo lo Spirito Santo rinnova costantemente la Chiesa”. Vedete, la Parola di Dio è l'antenna costante che rinnova la Chiesa, per cui la Chiesa si collega con lo Spirito Santo.

6. NON CESSARE DI RINGRAZIARE LO SPIRITO PER QUELLO CHE FA PER TE

La tua vita è un intreccio misterioso e continuo di doni dello Spirito Santo: dal Battesimo fino alla morte. Dalla tua nascita fino alla morte c'è un filo d' oro: i doni dello Spirito; un filo d'oro che percorre tutta la tua vita. Tu percepisci appena alcuni doni, ma devi sforzarti di trovarne tanti. E dei doni che percepisci comincia a ringraziare.

Il Papa nell'enc. al numero 67 dice: “Davanti allo Spirito io mi inginocchio per riconoscenza”.


7. IL MALIGNO COPIA DALLO SPIRITO E FA DI TUTTO PER CONTRASTARE LA SUA OPERA

Satana è la scimmia di Dio, copia da Dio. Anche lui manda le sue ispirazioni, anche lui manda i suoi messaggi, manda i suoi messaggeri. Certe volte, quando aprite i mass media c'è il messaggero che vi aspetta, ma la potenza dello Spirito Santo sbaraglia con un soffio Satana. Basta affidarci a Lui totalmente e prontamente; poi vinciamo qualunque seduzione di Satana se siamo ben legati allo Spirito Santo.

Incontro sempre più persone che sono impaurite di Satana: non c'è da aver paura di Satana perché abbiamo lo Spirito Santo. Quando ci leghiamo allo Spirito Santo, Satana non può più nulla. Quando invochiamo lo Spirito Santo, Satana è bloccato. Quando sulle persone imploriamo lo Spirito Santo Satana è inefficace.

Il Papa nell'enc. al numero 38 ha scritto: “Satana, il perverso genio del sospetto, sfida l'uomo a diventare l'avversario di Dio”.


8. UN'OFFESA FREQUENTE ALLO SPIRITO E' NON RAPPORTARTI A LUI COME UNA PERSONA

Insisterò sempre su questo punto, perché noi non trattiamo lo Spirito Santo come una persona.

Eppure Gesù ci ha affidati a Lui e ha detto che "Vi insegnerà ogni cosa, vi ricorderà quello che vi ho detto", ci accompagnerà, ci convincerà sul peccato, ci strapperà cioè dal peccato.

Gesù ci ha affidati a Lui e ha detto che è il nostro sostegno, il nostro maestro, eppure molto spesso noi non ci rapportiamo a Lui come una persona viva, viva che vive in mezzo a noi. Lo consideriamo una realtà lontana, sfuggente, irreale.

Il Papa ha detto queste bellissime parole, al numero 22 dell'enc.: “Lo Spirito è non solo un dono alla persona ma è la Persona dono”. La Persona che si fa dono, il donarsi incessante a Dio.

E allora abituatevi a cominciare sempre la giornata dicendo: “Buongiorno, Spirito Santo”, che è vicino a voi, in voi, e a terminare la giornata dicendo: “Buonanotte Spirito Santo”, che è in voi e che guida anche il vostro riposo.


9. GESU' HA PROMESSO CHE IL PADRE DA' LO SPIRITO A CHIUNQUE LO CHIEDE.

Non ha detto che il Padre dà lo Spirito a chi lo merita; ha detto che dà lo Spirito a chi lo chiede. Allora bisogna chiederlo con fede e con costanza.

Il Papa al numero 65 dell'enc. dice: “Lo Spirito Santo è il dono che viene nel cuore dell'uomo insieme con la preghiera”.


10. LO SPIRITO E' L'AMORE DI DIO EFFUSO NEI NOSTRI CUORI

Più viviamo nell'amore, più viviamo nello Spirito Santo. Più seguiamo il nostro egoismo più ci allontaniamo dallo Spirito Santo. Però lo Spirito non si arrende mai, continuamente ci stimola nell'amore.

Il Papa nell'enc. dice: “Lo Spirito Santo è Persona-Amore, in Lui la vita intima di Dio si fa dono”.

Mi dona incessante la Sua vita intima, perché l'amore di Dio effuso nei nostri cuori è lo Spirito Santo.

 

 

 

TRATTO DALLA TRASMISSIONE “SCUOLA DI PREGHIERA” A CURA DI P. GASPARINO

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16/05/2011 23:35
 
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PERCHE' PREGARE
[Modificato da Credente 20/05/2011 19:36]
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16/06/2011 08:04
 
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Parlandoci della preghiera e insegnandoci come bisogna pregare Gesù ci chiama ad una conversione della nostra preghiera. Ci dice dapprima di non essere come i pagani, che credono che nella preghiera le loro parole siano la cosa più importante. La cosa più importante è l'azione di Dio, molto più della nostra, e perciò è essere molto semplicemente in profondo rapporto con Dio. Non contano le parole, non contano i bei pensieri ed è un'illusione credere che, più sono le idee che abbiamo saputo mettere bene in ordine nella preghiera, più essa abbia valore. Non è quello che facciamo noi, ma quello che Dio fa in noi che conta.
Poi Gesù ci dà una preghiera che veramente converte la nostra, la cambia forse alla radice e così ci mette in condizione di "esaudire Dio". Noi chiediamo a Dio di esaudirci, ma più ancora quando preghiamo esaudiamo Dio, che desidera trasformarci se lo lasciamo agire in noi. Se preghiamo come ci ha insegnato Gesù, noi esaudiamo Dio e la nostra è una preghiera che può veramente trasformare la vita.
E certamente una profonda educazione alla preghiera quella che Gesù ci dà incominciando con domande tutte riferentisi a Dio: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà". E chiaro che spontaneamente, cioè nel nostro istintivo egoismo, noi non cominceremmo mai le nostre preghiere in questo modo, che è mettersi davanti a Dio, è contemplare Dio e desiderare che egli sia conosciuto, amato, che si realizzino i suoi progetti e non i nostri, così limitati e senza futuro.
Gesù ci ha dato l'esempio di una simile preghiera quando in circostanze angoscianti, la sua prima preghiera è stata: "Padre, glorifica il tuo nome!". Più esattamente dovrei dire che è stata la seconda preghiera, perché ha incominciato con una domanda: "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora?" e ha rifiutato di pregare così, per dire invece: "Padre, glorifica il tuo nome" (Gv 12,2728).
Anche le preghiere concernenti direttamente la nostra vita sono educative per noi.
"Dacci oggi il nostro pane quotidiano". E una preghiera nello stesso tempo fiduciosa e limitata. Non si chiede la ricchezza, o di essere assicurati per tutto il resto della vita: si domanda per oggi il pane di oggi. Nel testo greco c'è un aggettivo che non si sa bene come tradurre e alla fine lo si traduce abitualmente "il nostro pane quotidiano" ispirandosi all'"oggi" immediatamente precedente. Ma è probabile che Gesù, qualificando il pane che ci fa chiedere, abbia pensato sia un pane necessario per la nostra vita, ma per la nostra vita spirituale.
"Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Gesù continua ad educare la nostra preghiera mostrandoci che l'amore che Dio ci dà è legato al nostro amore per il prossimo. E subito dopo insisterà: "Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi, ma se voi non perdonerete, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe". "Non indurci in tentazione ma liberaci dal male". Le ultime domande ci mantengono sempre al livello della vita spirituale. Non chiediamo di essere liberati dalla sofferenza, ma dal
male. E vero che si può considerare un male anche la sofferenza, ma non è la stessa cosa. Nella misura in cui essa è un male, domandiamo di essere liberati anche dalla sofferenza, ma accettiamo di soffrire fisicamente se questo serve al nostro bene. L'importante è che siamo liberati dal peccato, da tutto ciò che nuoce al nostro rapporto con Dio. Per questo domandiamo di essere liberati dalla tentazione e dal male, il male spirituale.
Siamo riconoscenti al Signore che ci ha così educati alla preghiera e cerchiamo di essere fedeli al suo insegnamento, per crescere nell'amore suo e dei fratelli.
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24/09/2011 11:27
 
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"CREDO NELLA PREGHIERA"

Credo che la preghiera non è tutto ma che tutto

deve cominciare dalla preghiera:

perché l'intelligenza umana è troppo corta

e la volontà dell'uomo troppo debole;
perché l'uomo agisce senza Dio non dà mai il meglio di se stesso.





Credo che Gesù Cristo, dandoci il "Padre Nostro"

ci ha voluto insegnare che la preghiera è amore.

Credo che la preghiera non ha bisogno di parole;
perché l'amore non ha bisogno di parole.



Credo che si può pregare tacendo, soffrendo, lavorando,

ma il silenzio è preghiera solo se si ama,

la sofferenza è preghiera solo se si ama,
il lavoro è preghiera solo se si ama.



Credo che non sapremo mai con esattezza

se la nostra è preghiera o non lo è.

Ma esiste un test infallibile della preghiera:

se cresciamo nell'amore,

se cresciamo nel distacco dal male,
se cresciamo nella volontà di Dio.



Credo che impara a pregare

solo chi impara a tacere davanti a Dio.

credo che impara a pregare
solo chi impara a resistere al silenzio di Dio.



Credo che tutti i giorni dobbiamo chiedere al Signore

il dono della preghiera, perchè chi impara a pregare
impara a vivere.



tratto da ... UN MONACO NEL MONDO
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15/10/2011 12:44
 
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CONSIGLI PER PREGARE BENE

Negli scritti degli uomini e delle donne che hanno incontrato Dio si fa sempre allusione a una misteriosa facoltà che s’è svegliata in loro e li ha messi in rapporto con lui. In sostanza essi ci dicono: “Non sono i miei sensi corporei ad essere entrati in gioco né la mia affettività né la mia intelligenza, ma un senso interiore di cui fino a quel momento ignoravo l’esistenza”.
Molti sono coloro che hanno fatto questa improvvisa scoperta dal giorno in cui Giobbe esclamava :”Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Gb 42,5)
Se questo senso spirituale è ignorato dai manuali di psicologia non lo è dalla Bibbia. Essa lo chiama “cuore nuovo”. Essa è portatrice di una promessa di Dio, trasmessa dal profeta Ezechiele :Vi darò un cuore nuovo…toglierò da voi il cuore di pietra e ridarò un cuore di carne (Ez 36,26).
Ogni battezzato è si dotato  di questo “cuore nuovo” ma, per accedere ad una conoscenza viva di Dio, il suo cuore dovrebbe essere educato, esercitato; altrimenti, come le diverse facoltà corporali o intellettive che non vengono usate, esso si sclerotizza. E allora deperiscono la fede, la speranza, l’amore, questi dinamismi del “cuore nuovo” mediante i quali esso potrebbe entrare in relazione con Dio.
La preghiera interiore è il mezzo privilegiato per cui si risveglia, entra in gioco, si sviluppa il “cuore nuovo” ricevuto al battesimo.
Certamente esistono molte altre forme di preghiera: la preghiera liturgica, la preghiera comunitaria, la preghiera personale.
L’orazione assomiglia a queste differenti forme di preghiera ma ha nondimeno un carattere proprio. E’ preghiera individuale, interiore, prolungata. Va anzitutto a Dio per Dio. Ricerca la presenza e la conoscenza di Dio, si apre alla sua azione e al suo amore, aspira alla comunione con lui.
 
Per stringere relazioni personali con Cristo devo anzitutto conoscerlo. Ed è essenzialmente nel Vangelo che io farò la sua conoscenza. L’intelligenza, l’intuizione non bastano a chi intraprende tale lettura. Ricordatevi: la sera di Pasqua, Cristo appare all’improvviso in mezzo ai suoi apostoli riuniti e, ci dice il Vangelo :”…aprì loro la mente alla comprensione delle Scritture (Lc 24,45). Domandiamo questa stessa grazia quando noi leggiamo il Vangelo. Chi vuole pregare deve una volta per tutte prendere in mano il Vangelo, non abbandonarlo più e ritornarvi ogni giorno. Più gli anni passeranno, più il volto di Cristo assumerà un rilievo catturante e meglio egli apprezzerà il “dono di Dio”.
 
Non è sufficiente cercare risposta alla domanda: “Chi è Cristo ?”; occorre pure chiedersi: “Chi è lui per me?”. Nel tempo dell’orazione io mi sforzerò di scoprire il suo amore per me.
-         Egli mi ama da sempre
-         Egli mi ama personalmente
-         Egli mi ama come io sono
-         Egli mi guarda con amore
Un giorno, un giovane venne a trovare Gesù Cristo e san Marco annota: “Gesù lo guardò e l’amò” (Mc 10,21).
Nell’ora della preghiera che io senta, dunque, posato su di me, questo sguardo di Cristo, che mi ama personalmente, come sono.
 
L’orazione è un incontro interpersonale: io, allora, non mi contento di cercare la conoscenza di Cristo e di sapere ciò che egli è per me; io reagisco.
 
-         Prima reazione: io mi apro all’amore di Cristo. Questo atteggiamento di apertura all’amore di Cristo è la   
       fede.
 
-         Seconda reazione: io mi offro a Cristo, come sono, poiché è così che egli mi ama
 
-         Terza reazione:  reazione d’amore anch’essa. Io mi metto a sua disposizione e, nel corso della preghiera, a
       poco a poco intravedo ciò che il suo amore attende da me. Io mi riprometto di rispondere.
 
-         Quarta reazione: di speranza. L’amore tra due persone tende con tutto il proprio slancio al possesso 
       reciproco. Così  nei confronti di Dio. Come non desiderare questa comunione d’amore con lui?
 
COME PREGARE
 
L’uomo tutto intero deve ingaggiarsi nella preghiera. Andare all’orazione come se non si avesse corpo, è misconoscere che l’essere umano è indissociabilmente corpo e anima. E’ cadere nell’errore di coloro che pensavano che il corpo è una prigione, da cui l’anima deve evadere per raggiungere Dio. Il Figlio di Dio ha forse trovato indegno di sé prendere un corpo umano per venire da noi e parlarci? Un doppio contributo ci si deve attendere dal corpo al momento della preghiera: in primo luogo che esso favorisca la calma e la vigilanza dello spirito mediante un atteggiamento stabile ed immobile, fermo e disteso; in secondo luogo che, attraverso atteggiamenti e gesti espressivi, esso traduca, sostenga, favorisca i diversi atteggiamenti spirituali dell’anima: adorazione, lode, offerta…
 
L’essenziale della preghiera non risiede né nella stabilità dell’attenzione né nell’”io sento” e neppure nell’”io penso”, ma nell’”io voglio”: l’adesione della mia volontà alla volontà di Dio.
Io dirò, ad esempio: “Signore, io voglio da questa orazione ciò che tu vuoi”; “Signore, io mi metto a tua disposizione”.
 
Otto consigli

1.      Fin dall’inizio della preghiera, stabilite ciò che io chiamo la relazione ‘Io-Tu’ con Cristo, con Dio. Altrimenti rischia di accadere con Dio ciò che spesso capita con un interlocutore: mentre gli parliamo, il nostro spirito è abitato da tutt’altro. Io gli dirò: “Signore, so che tu mi attendi, che tu mi intendi” oppure: “So che tu mi guardi e che mi ami…”.
 
2.      La relazione ‘Io-Tu’ sarà più cordiale, concreta, viva se, accostandomi a Cristo, io cerco di entrare nel suo modo di vedere. Perché non domandargli: “Signore, qual’è la tua reazione vedendomi venire a te? Che cosa ti aspetti da me?.
 
3.      Durante la preghiera, di quando in quando, riaffermerò l’”io voglio” iniziale. Questa conferma intensifica il mio slancio verso Dio e potrà inoltre contribuire ad eliminare le ‘distrazioni’.
 
4.      La lettura di un testo, meglio la meditazione, la ‘ruminazione’ di questo testo, all’inizio della preghiera, è augurabile,  importante.
 
5.      Se accade, nel corso della preghiera, che nasca il fervore – di cui è legittimo rallegrarsi – bisogna evitare che l’”io voglio” ceda e si dissolva nell’”io sento”.
 
6.      Quando, al contrario, regna la noia, quando mi trovo senza pensieri, senza amore ritornerò molto tranquillamente, molto pacatamente, senza tensione e senza irritazione all’”io voglio”.
 
7.      Fare spazio al silenzio
 
8.      Parliamo nel corso dell’adorazione, non necessariamente per dire cose meravigliose, ma per intrattenerci familiarmente con il Signore sulle nostre gioie, sui nostri lavori, desideri , dolori, in una parola sulla nostra vita. Essere ‘vero’. Non truccarsi per andare all’incontro con Dio.
 
Per imparare a pregare, niente di meglio che contemplare nel Vangelo Cristo in preghiera, cercare modestamente di intravedere e sposare i sentimenti che animavano la sua preghiera.
La preghiera di Gesù Cristo era fatta di adorazione, di ringraziamento, di supplica, di intercessione, di lode, di offerta… Di tutte le componenti della preghiera umana.
Lo si vede nel pieno dell’azione, quando le folle gli si accalcano attorno, ritirarsi nella solitudine per pregare. Senza dubbio egli sente l’imperioso bisogno di trovarsi da solo a solo con il Padre. Senza dubbio egli vuole anche farci comprendere che pregare è lasciare tutto per Dio.
 
Ecco alcuni consigli pratici concernenti soprattutto la preparazione, l’inizio e la fine dell’orazione.
 
Dove pregare ? – Dio è presente ovunque. Tuttavia, per il tempo della preghiera è augurabile scegliere un luogo di quiete e di silenzio.

Quando pregare ? – E’ indispensabile determinare in precedenza, una volta per tutte, o a rigore ogni giorno, l’ora in cui non si rischia di essere disturbati.
 
Durata ? – Un quarto d’ora, è troppo o troppo poco. In realtà, molto presto, o si abbandona il quarto d’ora o si passa alla mezz’ora.
 
Appello al corpo -  Dopo aver fatto il possibile per raggiungere la calma e la distensione del corpo, è importante ricorrere al suo contributo attivo.
 
Inizio dell’orazione – Il solo vero motivo dell’orazione e questo: Dio è la e mi attende. Dio, Dio, Dio: questa semplice parola deve riempire il mio pensiero e il mio essere.
 
Orazione - Adorazione, amore filiale, relazione Io-Tu, disponibilità: tali sono le disposizioni interiori sulle quali ogni orazione autentica deve fondarsi.
 
Conclusione della preghiera –  La conclusione della preghiera è sovente la parte più trascurata. S’impone quindi, al termine dell’orazione, di ringraziare il Signore. Dall’adorazione al ringraziamento tale potrebbe essere la curva spirituale della nostra preghiera. Ma intendiamoci bene: ringraziamento, azione di grazie a Dio per la preghiera stessa e non, anzitutto per tale grazia accordata, per tale fervore sentito. Il che include che noi lo ringraziamo anche per i fallimenti, le distrazioni, l’aridità. Noi ringraziamo Dio per essere stato là, anche se, da parte nostra, non gli siamo stati sempre presenti, cosa di cui gli domandiamo perdono. Io non devo mai cadere alla tentazione di giudicare la mia preghiera, di dichiararla cattiva, perché mi è accaduto d’essere distratto o sonnacchioso. Non mi lascerò andare alla stizza: il valore della mia preghiera non dipende dalla mia sola attività. Ho infatti la certezza che Dio, durante tutto il corso della mia orazione, ha agito in me, che Cristo ha pregato in me. Infatti la frase di san Paolo: “…non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”, può essere così modificata, senza essere tradita: Io prego, ma non sono più io che prego, Cristo prega in me. Così nel tempo della preghiera – che pensiero esaltante! – in me palpita la preghiera di Cristo. Il corpo intervenga per terminare, come all’inizio, con un gesto religioso: un segno di croce o una prostrazione, con una preghiera vocale: il Padre nostro, ad esempio, è assai indicato – un Padre nostro recitato con grande attenzione, a bassa voce e di cui ogni frase sarà caricata di adorazione e di confidenza filiale.
             (da La preghiera interiore – Henri Caffarel – Editrice Ancora Milano)
 
 
Specchietto riepilogativo:
 
Inizio dell’orazione
Il solo vero motivo dell’orazione e questo: Dio è la e mi attende. Dio, Dio, Dio: questa semplice parola deve riempire il mio pensiero e il mio essere.
 
Io dirò, ad esempio: “Signore, io voglio da questa orazione ciò che tu vuoi”; “Signore, io mi metto a tua disposizione”.
 
“So che tu mi guardi e che mi ami…”. Nell’ora della preghiera che io senta, dunque, posato su di me, questo sguardo di Cristo, che mi ama personalmente, come sono.
 
 
Orazione:
La lettura di un testo, meglio la meditazione, la ‘ruminazione’ di questo testo, all’inizio della preghiera, è augurabile,  importante. dice il Vangelo :”…aprì loro la mente alla comprensione delle Scritture (Lc 24,45). Domandiamo questa stessa grazia quando noi leggiamo il Vangelo.
 
“Signore, qual’è la tua reazione vedendomi venire a te? Che cosa ti aspetti da me?.
 
Fare spazio al silenzio
 
Parliamo nel corso dell’adorazione, non necessariamente per dire cose meravigliose, ma per intrattenerci familiarmente con il Signore sulle nostre gioie, sui nostri lavori, desideri , dolori, in una parola sulla nostra vita. Essere ‘vero’. Non truccarsi per andare all’incontro con Dio.
 
 
Fine dell’orazione:
S’impone quindi, al termine dell’orazione, di ringraziare il Signore.
Il corpo intervenga per terminare, come all’inizio, con un gesto religioso: un segno di croce o una prostrazione, con una preghiera vocale: il Padre nostro, ad esempio, è assai indicato – un Padre nostro recitato con grande attenzione, a bassa voce e di cui ogni frase sarà caricata di adorazione e di confidenza filiale.

 
 
 
 
Preghiera, prima della preghiera…
 
Dio so che mi attendi…
 
Dio so che mi stai guardando e che mi  stai amando personalmente, come sono…
 
Dio, Dio, Dio…
 
Fa o Dio che solo tu possa riempire il mio pensiero e il mio essere;
Fa che le mie preoccupazioni, le miei gioie, i miei lavori si dissolvano e spariscono davanti a Te, affinché  possa sentire chiaramente posato su di me il Tuo sguardo…affinché palpiti su di me la Tua preghiera;
 
Dio, io voglio essere a Tua disposizione; voglio da questa preghiera ciò che Tu vuoi e  conto sul Tuo aiuto per rispondere alla Tua attesa.
 
Dio io sono qui per Te. Questo tempo Te lo dono affinché il Tuo Spirito possa aprire la mia mente alla comprensione delle scritture e possa far germogliare nel profondo del mio cuore la parola che ascolterò.
 
Amen!
 
*******
 
“O Tu che dimori nel  profondo del mio cuore, fa che io Ti incontri
nel profondo del mio cuore.
O Tu che dimori nel profondo del mio cuore, fa risuonare la tua voce
nel profondo del mio cuore.
O Tu che dimori nel profondo del mio cuore, custodiscimi accanto a te
nel profondo del mio cuore”.
 
Amen!
 
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27/10/2011 23:53
 
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A che serve la preghiera se Dio conosce già i bisogni di ogni uomo?

Risponde padre Alessandro Clemenzia, Dottore in teologia sistematica


Pregare non è informare Dio dei nostri bisogni, ma un volgersi verso di Lui.

C’è un evento, descritto nel Vangelo di Matteo, in cui la pre-onni-scienza di Dio e la preghiera si incontrano, senza tuttavia far emergere quell’apparente contraddizione in cui ci si imbatte nell’affrontare una tale tematica. L’episodio è quello del Maestro che insegna ai Suoi in che modo pregare. Gesù antepone alla formulazione della preghiera la pre-onni-scienza del Padre: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,7-8).
Il «sapere di quali cose» e il «prima ancora» è espressione rispettivamente dell’onniscienza e della prescienza divine, che sono due modalità di intendere, proporzionate (fino alla coincidenza) all’essere stesso di Dio.

Eppure, proprio a partire da questa premessa, Gesù insegna a pregare: «Voi dunque pregate così: Padre nostro» (Mt 6,9). Dalla prima parola, Padre, «Abbà», emerge cosa sia la preghiera: più che un chiedere un qualcosa che da soli non si riesce a ottenere, è una dinamica comunicativa verso Qualcuno che mi sta di fronte, che insieme si fa mio interlocutore e, a sua volta, mi fa suo interlocutore.

In questo dialogo, l’esclamazione «Padre» indica un parlare da figli come il Figlio; anzi, dal momento che solo Gesù può rivolgersi a Dio con un tale appellativo, è un’esclamazione che può essere espressa solo da figli «nel Figlio»; così come unicamente «nello Spirito» si può riconoscere Dio come Padre; forse sarebbe teologicamente più opportuno affermare che è lo stesso Spirito a pronunciare nell’io orante «Abbà».

Ma di quale dinamica si parla a proposito della preghiera se non «del rimanere nell’intimo di Dio, del partecipare alla sua stessa vita» (Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n.8)?
In questo ambiente dialogico, l’essere stesso del credente di fronte al Padre viene superato da un movimento in profondità in cui l’orante viene trans-ferito e in-serito in Dio, come in una dimora; ciò avviene attraverso l’andamento in cui l’uomo si perde e si ritrova in Dio, e che ha nella Trinità il suo ritmo originario: il Padre si perde e si ritrova totalmente nel Figlio, il Figlio nel Padre, e lo Spirito è lo stesso trascendimento in Persona.

L’essere trasferiti nell’Altro fa sì che il credente, singolarmente inteso, possa inabitare nella vita trinitaria, nell’intimo di Dio.

Questa dinamica personale ha però un carattere prettamente comunitario, come indica la parola «nostro», che segue l’invocazione Abbà. Si legge sempre in Matteo: «Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo [saranno insieme un’unica voce] per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,19). La sinfonia dei cuori e della mente (della preghiera) si invera lì dove due o più sono radunati in Gesù, nel Suo nome che si fa presenza tra loro. E sempre nel Figlio, tra i due o più, accade il trasferimento in Dio: tale con-cordia genera, dunque, quella Presenza che trans-pone nell’intimo di Dio.

Cosa significa essere in Dio? È nel provare a dare una risposta, anche se non esauriente, a tale domanda che è possibile rintracciare il legame tra pre-onni-scienza divina e preghiera umana. Essere in Dio significa osservare e interpretare il proprio ambiente vitale da uno spazio nuovo, divino appunto; vedere tutto da Dio, dalla Trinità, e agire per ciò che si è visto, compiendo così la Sua volontà. È conoscere in prospettiva trinitaria, è uno sguardo che trasfigura la realtà creata rendendola «altra» da come si manifestava prima (rivelandola come è realmente).
È «partecipare» alla sua onniscienza, in quanto è un conoscere che germoglia dall’intimo di Dio.
Affermare dunque l’onniscienza di Dio è affermare contemporaneamente
(da un punto di vista logico) la valenza della preghiera e, perché no, la sua con-venienza.
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13/01/2012 09:50
 
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05/05/2012 12:45
 
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Pregare è dissetarsi alla Sorgente,
è respirare il soffio della Vita,
è riposarsi lasciandoci cullare dalle braccia
di un Padre che ci ama follemente.
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02/08/2012 20:24
 
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pregare deve essere un costante atteggiamento nella nostra vita per essere sempre in comunione con Dio. Prima di pregare confessiamo i nostri peccati, barriera tra noi e Dio, chiediamogli perdono e lasciamoci purificare dal sangue di Gesù, nostra vita. Lodiamo e adoriamo Dio, viviamo nella Sua giustizia e reclamiamo le Sue promesse. 1Giovanni 1,7-9; Gal 5,25

[Modificato da Coordin. 19/10/2012 06:34]
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27/10/2012 14:20
 
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INVOCARE IL SIGNORE

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05/11/2012 19:43
 
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14/11/2012 16:58
 
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LA POTENZA DELLA PREGHIERA

La preghiera, in accordo con la Parola e la volontà di Dio, ha la potenza di realizzare il piano di Dio per la terra e per l'umanità.
Isaia 55,6-11; 1 Giovanni 5,14-15; Romani 12,1-2

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16/11/2012 16:17
 
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INVOCARE IL NOME DEL SIGNORE
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07/01/2014 19:43
 
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Qual è il senso e lo scopo
della preghiera?

Cerchiamo di rispondere in modo molto semplice e schematico, così che tutti possano capire, vicini e lontani dalla preghiera. Divideremo la risposta in tre parti: 1) forse non capiamo o non sappiamo riconoscere la risposta di Dio; 2) forse non stiamo pregando correttamente e/o 3) forse non conosciamo il senso pieno della preghiera. Cominciamo ad affrontarle nello specifico.

 

1) Dio sembra non rispondere? E’ probabile che Dio risponda, ma non secondo le nostre aspettative limitate. E’ Lui stesso che ce lo ricorda tramite il profeta Isaia: «I miei pensierinon sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie [...]. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri» (Is, 55, 1-11). Quel che pensiamo essere “bene” per noi spesso non coincidecon quel che è davvero “bene” per noi agli occhi di Dio.

 

2) Dio sembra non rispondere? E’ possibile, inoltre, che il nostro modo di pregare sia sbagliato, cioè arrogante, poco cosciente, forse credendo che la preghiera sia una bacchetta magica che esaudisca i nostri desideri. Niente di tutto questo, non si può chiedere veramente a Dio qualcosa se non si entra in un dialogo personale con Lui. Come ha risposto recentemente J. Warner Wallace, guardiamo come Gesù stesso insegna a pregare: «”Quando pregate, dite: ‘Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno. Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano; perdona a noi i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non farci entrare nella tentazione”» (Lc 11:2-4).

Come vediamo, Cristo invita l’uomo che prega a riconoscere innanzitutto la santità di Dio, ovvero ad essere coscienti di stare domandando qualcosa a Dio, perché solo se entriamo nella rivelazione di Dio come Padre possiamo comprendere come e cosa domandare. Inoltre, segue una semplice richiesta: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, cioè l’invito a concentrarsi più sui nostri bisogni che sui nostri desideri, chiedendo non più di quanto si necessità. Fondamentale poi domandare di essere perdonati per poter perdonare gli altri, dunque un atto di umiltà sulla nostra condizione limitata di uomini peccatori, per evitare ogni arroganza e egoismo nella richiesta.

 

3) Se dunque è importante capire che la risposta di Dio può essere diversa dalle nostre attese e che ci è stato insegnato da Gesù Cristo un modo adeguato di rivolgersi a Lui, fondamentale è comprendere davvero cosa sia la preghiera e la sua vera utilità. Comprendendolo si riesce allora a rispondere anche ad una seconda domanda fondamentale:perché domandare a Dio, se Lui conosce ciò di cui abbiamo bisogno.

Questa perplessità viene solitamente usata dagli anticristiani di professione, come Corrado Augias, per apologia verso l’ateismo. «Pregare perché dio faccia o non faccia una certa cosa», spiega superbo il giornalista di “Repubblica”«implica che la sua volontà possa essere influenzata». Dunque, la conclusione ovvia per lui: Dio non è onnipotente, non conosce il nostro bene e quindi non esiste. Eppure, cristiani e anticristiani, dovrebbero davvero capire cosa serva pregare e che essa non modifica affatto la volontà di Dio. Come dice Tommaso d’Aquino«noi preghiamo non allo scopo di mutare le disposizioni divine: ma per impetrare quanto Dio ha disposto di compiere mediante la preghiera dei santi; e cioè, come dice S. Gregorio, affinché gli uomini, “pregando meritino di ricevere quanto Dio onnipotente aveva loro disposto di donare fin dall’eternità”» (Summa Theologiae, II-II, q. 83, a. 2). È (anche) per questo motivo che Dio, pur conoscendo perfettamente tutti i desideri umani, nondimeno vuole che gli uomini glieli esprimano pregando. La preghiera come esercizio di libertà e di cosciente affidamento.

Ma la preghiera ha un secondo scopo, forse ancora più importante di quello della richiesta. Ovvero, domandare di essere aiutati a capire che non siamo padroni della nostra vita ed avere la forza di affidarci a Lui: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42). Così Gesù si è rivolto al Padre prima di finire in croce e questo è l’apice del pregare.

La preghiera (di adorazione, di lode, di ringraziamento e di richiesta) non serve per far comprendere a Dio le nostre necessità, ma per disporre noi ad accogliere il Suo aiuto.Sant’Agostino ricorda che «la creatura ragionevole offre preghiere a Dio… per costruire se stessi, non per istruire Dio» (De gratia Novi Testamenti ad Honoratum liber unus, 29). La preghiera, ha spiegato infatti don Massimo Camisasca, aiuta ad entrare «in una nuova visione di se stessi. Non si è più soli, non si è più abbandonati alle forze del mondo. Sappiamo che la vita è una battaglia, ma anche che la guerra è già stata vinta da Colui che ha sofferto per noi e che ora è risorto e vive. La preghiera cambia la nostra prospettiva di vita e ci fa vivere l’esperienza della vittoria sulle nostre angosce, sui rimorsi del passato, sulle lacerazioni, sulla morte. Se entriamo nella volontà del Padre, concretamente, se chiediamo a Lui di insegnarci che cosa vuole, egli risponde». «Ci dà la forza di aspettare, ci sorregge nelle prove che altrimenti sembrerebbero schiacciarci, ci dona uno sguardo capace di esultare e un animo che sa valorizzare tutto il bene che trova», ha concluso don Camisasca. Paradossalmente questa potenza della preghiera è riconosciuta anche dal mondo scientifico: TM Luhrmann, docente di antropologia all’Università di Stanford (e agnostico o non credente) ha spiegato che«probabilmente il modo più accurato per capire la preghiera è come una capacità di cambiare il modo in cui usiamo le nostre menti».

Papa Francesco ha risposto a sua volta in questa direzione spiegando che la preghiera non è tanto un domandare ma piuttosto un lasciarsi guardare dal Signore«la preghiera è guardare il volto di Dio, ma soprattutto sentirsi guardati. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare… No! Làsciati guardare dal Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo».

 

Concludendo: quando preghiamo, dunque, dobbiamo sapere che 1) Dio può rispondere secondo i Suoi pensieri e non secondo i nostri, 2) che si può domandare soltanto entrando in dialogo con Lui e non fingendo che sia un oracolo alla mercé dei nostri desideri. Infine, ancora più importante, 3) bisogna concepire la preghiera come momento di relazione con Dio, lasciarsi guardare da Lui trovando il coraggio per affidarsi alla Sua volontà. Un esercizio per piegare le nostre effimere idee su noi stessi al destino che Lui ha preparato per noi, accettando liberamente il compito (la vocazione) che ci è stato affidato. Proprio come Gesù ha accettato il suo destino, rivolgendosi così a Dio: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà».


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24/01/2014 17:45
 
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Qual è il senso e lo scopo della preghiera?




Cerchiamo di rispondere in modo molto semplice e schematico, così che tutti possano capire, vicini e lontani dalla preghiera. Divideremo la risposta in tre parti: 1) forse non capiamo o non sappiamo riconoscere la risposta di Dio; 2) forse non stiamo pregando correttamente e/o 3) forse non conosciamo il senso pieno della preghiera. Cominciamo ad affrontarle nello specifico. 


1) Dio sembra non rispondere? E’ probabile che Dio risponda, ma non secondo le nostre aspettative limitate. E’ Lui stesso che ce lo ricorda tramite il profeta Isaia: «I miei pensierinon sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie [...]. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri» (Is, 55, 1-11). Quel che pensiamo essere “bene” per noi spesso non coincidecon quel che è davvero “bene” per noi agli occhi di Dio.


 2) Dio sembra non rispondere? E’ possibile, inoltre, che il nostro modo di pregare sia sbagliato, cioè arrogante, poco cosciente, forse credendo che la preghiera sia una bacchetta magica che esaudisca i nostri desideri. Niente di tutto questo, non si può chiedere veramente a Dio qualcosa se non si entra in un dialogo personale con Lui. Come ha risposto recentemente J. Warner Wallace, guardiamo come Gesù stesso insegna a pregare: «”Quando pregate, dite: ‘Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno. Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano; perdona a noi i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore, e non farci entrare nella tentazione”» (Lc 11:2-4).


Come vediamo, Cristo invita l’uomo che prega a riconoscere innanzitutto la santità di Dio, ovvero ad essere coscienti di stare domandando qualcosa a Dio, perché solo se entriamo nella rivelazione di Dio come Padre possiamo comprendere come e cosa domandare. Inoltre, segue una semplice richiesta: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, cioè l’invito a concentrarsi più sui nostri bisogni che sui nostri desideri, chiedendo non più di quanto si necessità. Fondamentale poi domandare di essere perdonati per poter perdonare gli altri, dunque un atto di umiltà sulla nostra condizione limitata di uomini peccatori, per evitare ogni arroganza e egoismo nella richiesta. 


3) Se dunque è importante capire che la risposta di Dio può essere diversa dalle nostre attese e che ci è stato insegnato da Gesù Cristo un modo adeguato di rivolgersi a Lui, fondamentale è comprendere davvero cosa sia la preghiera e la sua vera utilità. Comprendendolo si riesce allora a rispondere anche ad una seconda domanda fondamentale:perché domandare a Dio, se Lui conosce ciò di cui abbiamo bisogno.


Questa perplessità viene solitamente usata dagli anticristiani, come Corrado Augias, per apologia verso l’ateismo. «Pregare perché dio faccia o non faccia una certa cosa», spiega  il giornalista di “Repubblica”«implica che la sua volontà possa essere influenzata». Dunque, la conclusione ovvia per lui: Dio non è onnipotente, non conosce il nostro bene e quindi non esiste. Eppure, cristiani e anticristiani, dovrebbero davvero capire cosa serva pregare e che essa non modifica affatto la volontà di Dio. Come dice Tommaso d’Aquino«noi preghiamo non allo scopo di mutare le disposizioni divine: ma per impetrare quanto Dio ha disposto di compiere mediante la preghiera dei santi; e cioè, come dice S. Gregorio, affinché gli uomini, “pregando meritino di ricevere quanto Dio onnipotente aveva loro disposto di donare fin dall’eternità”» (Summa Theologiae, II-II, q. 83, a. 2). È (anche) per questo motivo che Dio, pur conoscendo perfettamente tutti i desideri umani, nondimeno vuole che gli uomini glieli esprimano pregando. La preghiera come esercizio di libertà e di cosciente affidamento.


Ma la preghiera ha un secondo scopo, forse ancora più importante di quello della richiesta. Ovvero, domandare di essere aiutati a capire che non siamo padroni della nostra vita ed avere la forza di affidarci a Lui: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42). Così Gesù si è rivolto al Padre prima di finire in croce e questo è l’apice del pregare.


La preghiera (di adorazione, di lode, di ringraziamento e di richiesta) non serve per far comprendere a Dio le nostre necessità, ma per disporre noi ad accogliere il Suo aiuto.Sant’Agostino ricorda che «la creatura ragionevole offre preghiere a Dio… per costruire se stessi, non per istruire Dio» (De gratia Novi Testamenti ad Honoratum liber unus, 29). La preghiera, ha spiegato infatti don Massimo Camisasca, aiuta ad entrare «in una nuova visione di se stessi. Non si è più soli, non si è più abbandonati alle forze del mondo. Sappiamo che la vita è una battaglia, ma anche che la guerra è già stata vinta da Colui che ha sofferto per noi e che ora è risorto e vive. La preghiera cambia la nostra prospettiva di vita e ci fa vivere l’esperienza della vittoria sulle nostre angosce, sui rimorsi del passato, sulle lacerazioni, sulla morte. Se entriamo nella volontà del Padre, concretamente, se chiediamo a Lui di insegnarci che cosa vuole, egli risponde». «Ci dà la forza di aspettare, ci sorregge nelle prove che altrimenti sembrerebbero schiacciarci, ci dona uno sguardo capace di esultare e un animo che sa valorizzare tutto il bene che trova», ha concluso don Camisasca. Paradossalmente questa potenza della preghiera è riconosciuta anche dal mondo scientifico: TM Luhrmann, docente di antropologia all’Università di Stanford (e agnostico o non credente) ha spiegato che«probabilmente il modo più accurato per capire la preghiera è come una capacità di cambiare il modo in cui usiamo le nostre menti».


Papa Francesco ha risposto a sua volta in questa direzione spiegando che la preghiera non è tanto un domandare ma piuttosto un lasciarsi guardare dal Signore«la preghiera è guardare il volto di Dio, ma soprattutto sentirsi guardati. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare… No! Làsciati guardare dal Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo»


Concludendo: quando preghiamo, dunque, dobbiamo sapere che 1) Dio può rispondere secondo i Suoi pensieri e non secondo i nostri, 2) che si può domandare soltanto entrando in dialogo con Lui e non fingendo che sia un oracolo alla mercé dei nostri desideri. Infine, ancora più importante, 3) bisogna concepire la preghiera come momento di relazione con Dio, lasciarsi guardare da Lui trovando il coraggio per affidarsi alla Sua volontà. Un esercizio per piegare le nostre effimere idee su noi stessi al destino che Lui ha preparato per noi, accettando liberamente il compito (la vocazione) che ci è stato affidato. Proprio come Gesù ha accettato il suo destino, rivolgendosi così a Dio: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà».



[Modificato da Credente 24/01/2014 17:51]
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02/07/2014 07:35
 
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LETTERA SULLA PREGHIERA
di Mons: Bruno Forte)


Mi chiedi: perché pregare? Ti rispondo: per vivere.

Sì: per vivere veramente, bisogna pregare. Perché? Perché vivere è amare: una vita senza amore non è vita. È solitudine vuota, è prigione e tristezza. Vive veramente solo chi ama: e ama solo chi si sente amato, raggiunto e trasformato dall’amore. Come la pianta che non fa sbocciare il suo frutto se non è raggiunta dai raggi del sole, così il cuore umano non si schiude alla vita vera e piena se non è toccato dall’amore. Ora, l’amore nasce dall’incontro e vive dell’incontro con l’amore di Dio, il più grande e vero di tutti gli amori possibili, anzi l’amore al di là di ogni nostra definizione e di ogni nostra possibilità. Pregando, ci si lascia amare da Dio e si nasce all’amore, sempre di nuovo. Perciò, chi prega vive, nel tempo e per l’eternità. E chi non prega? Chi non prega è a rischio di morire dentro, perché gli mancherà prima o poi l’aria per respirare, il calore per vivere, la luce per vedere, il nutrimento per crescere e la gioia per dare un senso alla vita.

Mi dici: ma io non so pregare! Mi chiedi: come pregare? 

Ti rispondo: comincia a dare un po’ del tuo tempo a Dio. All’inizio, l’importante non sarà che questo tempo sia tanto, ma che Tu glielo dia fedelmente. Fissa tu stesso un tempo da dare ogni giorno al Signore, e daglielo fedelmente, ogni giorno, quando senti di farlo e quando non lo senti. Cerca un luogo tranquillo, dove se possibile ci sia qualche segno che richiami la presenza di Dio (una croce, un’icona, la Bibbia, il Tabernacolo con la Presenza eucaristica…). Raccogliti in silenzio: invoca lo Spirito Santo, perché sia Lui a gridare in te "Abbà, Padre!". Porta a Dio il tuo cuore, anche se è in tumulto: non aver paura di dirGli tutto, non solo le tue difficoltà e il tuo dolore, il tuo peccato e la tua incredulità, ma anche la tua ribellione e la tua protesta, se le senti dentro.

Tutto questo, mettilo nelle mani di Dio: ricorda che Dio è Padre – Madre nell’amore, che tutto accoglie, tutto perdona, tutto illumina, tutto salva. Ascolta il Suo Silenzio: non pretendere di avere subito le risposte. Persevera. Come il profeta Elia, cammina nel deserto verso il monte di Dio: e quando ti sarai avvicinato a Lui, non cercarlo nel vento, nel terremoto o nel fuoco, in segni di forza o di grandezza, ma nella voce del silenzio sottile (cf. 1 Re 19,12). Non pretendere di afferrare Dio, ma lascia che Lui passi nella tua vita e nel tuo cuore, ti tocchi l’anima, e si faccia contemplare da te anche solo di spalle.

Ascolta la voce del Suo Silenzio. Ascolta la Sua Parola di vita: apri la Bibbia, meditala con amore, lascia che la parola di Gesù parli al cuore del tuo cuore; leggi i Salmi, dove troverai espresso tutto ciò che vorresti dire a Dio; ascolta gli apostoli e i profeti; innamorati delle storie dei Patriarchi e del popolo eletto e della chiesa nascente, dove incontrerai l’esperienza della vita vissuta nell’orizzonte dell’alleanza con Dio. E quando avrai ascoltato la Parola di Dio, cammina ancora a lungo nei sentieri del silenzio, lasciando che sia lo Spirito a unirti a Cristo, Parola eterna del Padre. Lascia che sia Dio Padre a plasmarti con tutte e due le Sue mani, il Verbo e lo Spirito Santo.
All’inizio, potrà sembrarti che il tempo per tutto questo sia troppo lungo, che non passi mai: persevera con umiltà, dando a Dio tutto il tempo che riesci a darGli, mai meno, però, di quanto hai stabilito di poterGli dare ogni giorno. Vedrai che di appuntamento in appuntamento la tua fedeltà sarà premiata, e ti accorgerai che piano piano il gusto della preghiera crescerà in te, e quello che all’inizio ti sembrava irraggiungibile, diventerà sempre più facile e bello. Capirai allora che ciò che conta non è avere risposte, ma mettersi a disposizione di Dio: e vedrai che quanto porterai nella preghiera sarà poco a poco trasfigurato.

Così, quando verrai a pregare col cuore in tumulto, se persevererai, ti accorgerai che dopo aver a lungo pregato non avrai trovato risposte alle tue domande, ma le stesse domande si saranno sciolte come neve al sole e nel tuo cuore entrerà una grande pace: la pace di essere nelle mani di Dio e di lasciarti condurre docilmente da Lui, dove Lui ha preparato per te. Allora, il tuo cuore fatto nuovo potrà cantare il cantico nuovo, e il "Magnificat" di Maria uscirà spontaneamente dalla tue labbra e sarà cantato dall’eloquenza silenziosa delle tue opere.
Sappi, tuttavia, che non mancheranno in tutto questo le difficoltà: a volte, non riuscirai a far tacere il chiasso che è intorno a te e in te; a volte sentirai la fatica o perfino il disgusto di metterti a pregare; a volte, la tua sensibilità scalpiterà, e qualunque atto ti sembrerà preferibile allo stare in preghiera davanti a Dio, a tempo "perso". Sentirai, infine, le tentazioni del Maligno, che cercherà in tutti i modi di separarti dal Signore, allontanandoti dalla preghiera. Non temere: le stesse prove che tu vivi le hanno vissute i santi prima di te, e spesso molto più pesanti delle tue. Tu continua solo ad avere fede. Persevera, resisti e ricorda che l’unica cosa che possiamo veramente dare a Dio è la prova della nostra fedeltà. Con la perseveranza salverai la tua preghiera, e la tua vita.

Verrà l’ora della "notte oscura", in cui tutto ti sembrerà arido e perfino assurdo nelle cose di Dio: non temere. È quella l’ora in cui a lottare con te è Dio stesso: rimuovi da te ogni peccato, con la confessione umile e sincera delle tue colpe e il perdono sacramentale; dona a Dio ancor più del tuo tempo; e lascia che la notte dei sensi e dello spirito diventi per te l’ora della partecipazione alla passione del Signore. A quel punto, sarà Gesù stesso a portare la tua croce e a condurti con sé verso la gioia di Pasqua. Non ti stupirai, allora, di considerare perfino amabile quella notte, perché la vedrai trasformata per te in notte d’amore, inondata dalla gioia della presenza dell’Amato, ripiena del profumo di Cristo, luminosa della luce di Pasqua.

Non avere paura, dunque, delle prove e delle difficoltà nella preghiera: ricorda solo che Dio è fedele e non ti darà mai una prova senza darti la via d’uscita e non ti esporrà mai a una tentazione senza darti la forza per sopportarla e vincerla. Lasciati amare da Dio: come una goccia d’acqua che evapora sotto i raggi del sole e sale in alto e ritorna alla terra come pioggia feconda o rugiada consolatrice, così lascia che tutto il tuo essere sia lavorato da Dio, plasmato dall’amore dei Tre, assorbito in Loro e restituito alla storia come dono fecondo. Lascia che la preghiera faccia crescere in te la libertà da ogni paura, il coraggio e l’audacia dell’amore, la fedeltà alle persone che Dio ti ha affidato e alle situazioni in cui ti ha messo, senza cercare evasioni o consolazioni a buon mercato. Impara, pregando, a vivere la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.
Un dono particolare che la fedeltà nella preghiera ti darà è l’amore agli altri e il senso della chiesa: più preghi, più sentirai misericordia per tutti, più vorrai aiutare chi soffre, più avrai fame e sete di giustizia per tutti, specie per i più poveri e deboli, più accetterai di farti carico del peccato altrui per completare in te ciò che manca alla passione di Cristo a vantaggio del Suo corpo, la chiesa. Pregando, sentirai come è bello essere nella barca di Pietro, solidale con tutti, docile alla guida dei pastori, sostenuto dalla preghiera di tutti, pronto a servire gli altri con gratuità, senza nulla chiedere in cambio. Pregando sentirai crescere in te la passione per l’unità del corpo di Cristo e di tutta la famiglia umana. La preghiera è la scuola dell’amore, perché è in essa che puoi riconoscerti infinitamente amato e nascere sempre di nuovo alla generosità che prende l’iniziativa del perdono e del dono senza calcolo, al di là di ogni misura di stanchezza.

Pregando, s’impara a pregare, e si gustano i frutti dello Spirito che fanno vera e bella la vita: "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5,22). Pregando, si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l’urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremi confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell’Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a Lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama. Pregando, si loda. E la lode è la gioia e la pace più grande del nostro cuore inquieto, nel tempo e per l’eternità.

Se dovessi, allora, augurarti il dono più bello, se volessi chiederlo per te a Dio, non esiterei a 
  domandarGli il dono della preghiera. Glielo chiedo: e tu non esitare a chiederlo a Dio per me. E per te. La pace del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con te. E tu in loro: perché pregando entrerai nel cuore di Dio, nascosto con Cristo in Lui, avvolto dal Loro amore eterno, fedele e sempre nuovo. Ormai lo sai: chi prega con Gesù e in Lui, chi prega Gesù o il Padre di Gesù o invoca il Suo Spirito, non prega un Dio generico e lontano, ma prega in Dio, nello Spirito, per il Figlio il Padre. E dal Padre, per mezzo di Gesù, nel soffio divino dello Spirito, riceverà ogni dono perfetto, a lui adatto e per lui da sempre preparato e desiderato. Il dono che ci aspetta. Che ti aspetta.

(Mons. Bruno Forte)

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05/03/2015 22:15
 
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Perché pregare
se Dio conosce già i nostri pensieri?

E’ una domanda che molti ci pongono anche per e-mail e a cui abbiamo già risposto. Ma cogliamo l’occasione della risposta di Lane Craig per approfondire. Il filosofo americano, come spesso fa, procede per metafore: porsi questa domanda, scrive, è come domandarsi che utilità ha dire “Ti amo” alla propria ragazza o moglie. Forse pensiamo che lei non lo sappia già? Dire “Ti amo” fa parte della costruzione di un rapporto intimo con l’altro, che è anche una delle intenzioni della preghiera. Una forma di preghiera, ha proseguito Lane Craig, è anche dire semplicemente “Grazie Signore!”. «Potete immaginare qualcuno così ottuso da dire: “Io non devo ringraziare John per quello che ha fatto per me, perché sa già che gli sono grato“?”, oppure: “Io non devo chiedere scusa a Susan perché sa già mi dispiace”?».

Pregare, infatti, significa manifestare consapevolmente e liberamente la propria fede e la propria intenzione di fondare un rapporto di intimità con Dio. Possiamo dire che la preghiera è un esercizio di libertà e di cosciente affidamento. Recentemente Papa Francesco ha proprio risposto a questo quesito: «Dio non conosce già le nostre necessità? Dio ci invita a pregare con insistenza non perché non sa di che cosa abbiamo bisogno. Al contrario, Lui ascolta sempre e conosce tutto di noi, con amore. Nel nostro cammino quotidiano, specialmente nelle difficoltà, nella lotta contro il male fuori e dentro di noi, il Signore non è lontano, è al nostro fianco; noi lottiamo con Lui accanto, e la nostra arma è proprio la preghiera, che ci fa sentire la sua presenza accanto a noi, la sua misericordia, anche il suo aiuto. C’è una lotta da portare avanti ogni giorno; ma Dio è il nostro alleato, la fede in Lui è la nostra forza, e la preghiera è l’espressione di questa fede».

Si può pregare per chiedere una guarigione fisica (e gli studi effettivamente dimostrano l’utilità della preghiera in questi casi), ma essa non ha lo scopo di cambiare i progetti di Dio. Semmai di chiedere a Dio di aiutarci ad accettare il Suo progetto su di noi. Domandare di sentirci peccatori, di essere aiutati a capire che non siamo padroni della nostra vita ed avere la forza di affidarci a Lui: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42). Queste parole di Gesù in croce sono l’apice del pregare. Come ha scritto Sant’Agostino, «la creatura ragionevole offre preghiere a Dio per costruire se stessa, non per istruire Dio» (De gratia Novi Testamenti ad Honoratum liber unus, 29).

E’ ovvio che ci si riferisce a preghiere dette con il cuore, non la ripetizione meccanica di formule imparate a memoria. L’entusiasmo della preghiera è dire: “Dio, rivelati a me! Io scelto di aprire il mio cuore e la vita a Te”. Ma la preghiera è anche unmomento di silenzio, senza parole. «Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare. No! Lasciati guardare dal Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo»ci ha spiegato il Papa.


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14/03/2015 22:30
 
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Il dialogo con il Signore deve avvenire per amore e con amore, non per pura convenienza, per vedere cosa ci guadagniamo, e nella nostra preghiera devono essere sempre presenti alcuni elementi che rimandano alla parola “agape”.

Agape in greco si riferisce all'amore perfetto di colui che ama dando tutto senza aspettarsi nulla in cambio, come nel caso dell'amore di Dio per noi.

Ecco allora gli elementi che non devono mai mancare:


LODE
Loda Dio per quello che è. Per la sua grandezza, per la sua bellezza, per la sua bontà. Pensa alle meraviglie della creazione e chiediti “Per quale di tutte queste voglio lodarlo oggi?” La lode a Dio ti fa uscire da te stesso, ti fa smettere di concentrarti sui tuoi problemi e sulle tue miserie e ti fa rendere conto di tutto ciò che Dio ha posto di buono accanto a te.

GRATITUDINE
Rendi grazie a Dio per ciò che fa specificatamente nella tua vita. Ripercorri la tua giornata e ringrazialo per ogni cosa che riesci a ricordare: non solo per quelle belle che ti hanno reso felice, ma anche per quelle apparentemente negative, perché Egli le ha permesse a uno scopo: forse per farti crescere nell'umiltà, nella pazienza o nella comprensione.

PENTIMENTO
Ripercorri la tua giornata e chiedi perdono a Dio per tutto ciò che hai pensato, detto, fatto o non fatto che non sia stato conforme alla sua volontà e alla sua misericordia; per tutto ciò che non è stato ispirato dal suo amore ma dal tuo egoismo, dall'ira, dal risentimento, dall'ingiustizia, dall'intolleranza...

CONVERSAZIONE (chiedi, domanda, prometti)
Raccontagli le tue cose come le racconti alla persona con cui chiacchieri più volentieri. Egli ti ascolta sempre, non ti giudica e non ti condanna, per cui aprigli il tuo cuore.

ASCOLTO
La vera preghiera deve implicare necessariamente il dialogo, ovvero non bisogna solo parlare, ma anche ascoltare. Dio ci parla attraverso la sua Parola, attraverso le persone che ci circondano, attraverso ciò che ci accade... il punto è prestare attenzione, saperlo ascoltare. La preghiera come dialogo insegna a imparare a riconoscere la voce di Dio nella nostra vita, il modo particolare in cui parla proprio a te.
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14/06/2015 17:18
 
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COME PREGARE QUANDO QUALCUNO CI FA SOFFRIRE

Ci sono persone che ci fanno soffrire. Consapevolmente o meno, intenzionalmente o meno, ci fanno passare dei brutti momenti. Ci fanno male le loro parole dure, i loro atteggiamenti umilianti, i loro tratti dispotici, la loro mancanza di responsabilità, le loro infedeltà, le loro alterazioni temperamentali, le loro dimenticanze e negligenze...


Di fronte a persone di questo tipo, possiamo reagire comportandoci con loro come si comportano con noi, “perché se ne rendano conto”, “perché vedano cosa si prova”, o possiamo affrontarli, dire loro la verità e mettere un freno. Possiamo anche eludere il problema ignorandolo e lasciandolo alla sua sorte. Sappiamo, però, che queste soluzioni spesso non funzionano.

Possiamo anche cercare il momento e le parole più adeguati per far vedere loro cosa sta accadendo. Possiamo mettere amore: “Dove non c'è amore, metti amore e troverai amore” (San Giovanni della Croce). E alla fine, possiamo pregare per loro.

Pregare per una persona amata è facile, ma pregare per una che ci fa del male non lo è.

Non appena ricordi quella persona nella preghiera ti si torce lo stomaco. E se arrivi a formulare una preghiera, la cosa più probabile è che sia per chiedere a Dio che le mandi un fulmine, che le dia una buona lezione o che la crei di nuovo. Anche se ti nascono dentro questi sentimenti, riprova. Vedrai che la preghiera calmerà il tuo cuore, perché nella preghiera si rende presente lo Spirito di Dio che è Amore, ed Egli, l'Amore in persona, rinnoverà il tuo cuore. E ti dirà: “Ma quello di cui si trattava era che l'altro cambiasse”. Sì, ma pregando per chi ti fa soffrire si renderai conto che il primo che inizia a cambiare sei tu.

Pregando per chi ti fa soffrire:

Ti dai l'opportunità di sfogarti e di farlo con chi è onnipotente e può rimediare a ogni cosa. Sfogarsi con Dio sana e libera. Mettere nelle mani di Dio quello che non puoi controllare e a cui non puoi porre rimedio è da persone sensate.

Dio ti fa vedere che il rancore, la vendetta, la mancanza di perdono, il risentimento e l'odio non sono virtù cristiane, e che piuttosto devi imparare ad essere come Dio è con noi: ricco in misericordia, disposto a perdonarmi sempre (anche se non lo merito), tollerante, paziente, compassionevole. “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34), “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23, 43).

Recita con coerenza e sincerità il Padre Nostro e dai al tuo Padre celeste scuse sufficienti per perdonarti. “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

Lo Spirito Santo inizierà a modellare il tuo cuore in base al Suo. Vedrai che tutto quel rancore che porti dentro è veleno che intossica, aceto che amareggia la vita, e che man mano che te ne purifichi e lo sostituisci con il miele della carità cristiana la vita diventa molto più leggera. Te la passi già abbastanza male con la sofferenza che l'altro ti impone per amplificarla con il riflusso della tua amarezza.

E non ti resti il minimo dubbio sul fatto che se preghi con fede e carità per chi ti fa soffrire Dio agirà. Non aspettarti risultati immediati, aspetta semplicemente con fiducia assoluta.

Forse ti potrà essere utile questa preghiera di intercessione e guarigione di padre Emiliano Tardif:

Padre di bontà, Padre d'amore, ti benedico, ti lodo e ti rendo grazie perché per amore ci hai dato Gesù. Grazie, Padre, perché alla luce del tuo Spirito comprendiamo che Egli è la luce, la verità e il buon pastore, che è venuto perché abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza.

Oggi, Padre, voglio presentarti questo/a figlio/a. Tu lo/la conosci per nome. Te lo/a presento, Signore, perché Tu ponga i tuoi occhi di Padre amorevole sulla sua vita. Tu conosci il suo cuore e conosci le ferite della sua storia. Tu conosci tutto ciò che ha voluto fare e non ha fatto. Conosci anche ciò che ha fatto o che gli hanno fatto facendogli del male. Tu conosci i suoi limiti, i suoi errori, i suoi peccati. Conosci i traumi e i complessi della sua vita.


Oggi, Padre, ti chiediamo di effondere per l'amore che hai per Tuo Figlio Gesù Cristo il tuo Santo Spirito su questo/a fratello/sorella, perché il calore del tuo amore che guarisce penetri nel più intimo del suo cuore. Tu che guarisci i cuori spezzati e bendi le ferite, guarisci questo/a fratello/sorella, Padre. Entra in quel cuore, Signore Gesù, come sei entrato in quella casa in cui si trovavano i tuoi discepoli pieni di paura. Tu sei apparso in mezzo a loro e hai detto “Pace a voi”. Entra in quel cuore e donagli la tua pace. Riempilo d'amore. Sappiamo che l'amore caccia il timore. Passa per la sua vita e guarisci il suo cuore.

Sappiamo, Signore, che Tu fai sempre ciò che ti chiediamo, e te lo stiamo chiedendo con Maria, nostra madre, che era alle nozze di Cana quando non c'era vino e Tu hai risposto al suo desiderio, trasformando l'acqua in vino. Cambia il suo cuore e donagli/le un cuore generoso, un cuore affabile, un cuore buono, dagli/dalle un cuore nuovo.

Fai sbocciare, Signore, in questo/a fratello/sorella i frutti della tua presenza. Donagli/le il frutto del tuo Spirito che è l'amore, la pace e la gioia. Fa' che venga su di lui/lei lo Spirito delle beatitudini, perché possa gustare e cercare Dio ogni giorno vivendo senza complessi e senza traumi insieme alla/al sua/o sposa/o, insieme alla sua famiglia, insieme ai suoi fratelli.

Ti rendo grazie, Padre, per ciò che stai facendo oggi nella sua vita. Ti ringraziamo di tutto cuore perché Tu ci guarisci, perché ci liberi, perché spezzi le catene e ci doni la libertà. Grazie, Signore, perché siamo templi del tuo Spirito e questo tempio non si può distruggere perché è la Casa di Dio. Ti rendiamo grazie, Signore, per la fede. Grazie per l'amore che hai posto nei nostri cuori.

Quanto sei grande, Signore! Sii benedetto e lodato, Signore.





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17/07/2015 22:17
 
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love married holding handsEsperienza di preghiera in famiglia
 
Questo fine settimana ho avuto il primo laboratorio di preghiera per coppie sposate. Ne sono uscito pieno di gratitudine. Lo Spirito Santo è stato presente e attivo in ogni momento, ma sabato pomeriggio lo ha fatto in modo speciale.

Abbiamo fatto una processione eucaristica meditando sul cammino della vita come pellegrinaggio al cielo, e di altare in altare abbiamo ringraziato Dio per i doni che ci ha dato per raggiungerlo.

Al primo altare ciascuno ha ringraziato per il dono del/la proprio/a sposo/a.
Al secondo, per il dono dei figli.
Al terzo, per il dono degli amici.
Al quarto, per il dono di Cristo Buon Pastore.
Al quinto, per il dono della Vergine Maria, nelle cui braccia ci abbandoniamo e in cui riponiamo la nostra fiducia. Non camminiamo da soli.

Alla fine, le coppie hanno rinnovato le loro promesse battesimali. Quando ho visto l'amore, la convinzione e l'emozione con cui lo facevano, ho reso grazie a Dio vedendo da vicino la bellezza dell'amore sponsale.

Misericordia: amore senza condizioni

Mentre ogni coppia passava davanti a Cristo Eucaristia per rinnovare le sue promesse, pensavo alla storia che c'era dietro ciascuna di loro: donazione reciproca, figli, gioie, sofferenza, virtù, passioni, miseria, perdono, misericordia... Quando confermavano l'uno all'altro la propria fedeltà e la donazione senza limiti fino alla morte, potevo toccare la grandezza della misericordia. Sicuramente salivano sull'altare con ferite e dolore, ma l'amore era più forte e ha prevalso.

La domanda sul fatto che l'altro lo meritasse veniva immediatamente spazzata via dalla misericordia: la misericordia è l'amore per chi non lo merita. È amore senza condizioni, fino all'estremo.

“Così prendono vita le parole del Signore sul perdono, questo Amore che ama fino alla fine [Cf ? Gv 13,1 ]. La parabola del servo spietato, che corona l'insegnamento del Signore sulla comunione ecclesiale, [Cf ? Mt 18,23-35 ] termina con queste parole: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”. E' lì, infatti, “nella profondità del cuore ” che tutto si lega e si scioglie. Non è in nostro potere non sentire più e dimenticare l'offesa; ma il cuore che si offre allo Spirito Santo tramuta la ferita in compassione e purifica la memoria trasformando l'offesa in intercessione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2843).

Preghiera per le coppie sposate

Vedendo le grandi sfide che poneva la loro vocazione come sposi e genitori, ho capito che una grande forma di preghiera delle persone sposate è la preghiera di intercessione, e ho proposto loro che d'ora in poi recitassero tutti i giorni questa preghiera l'uno per l'altro:

Signore, ti supplico, concedi al/la mio/a sposo/a (dire a voce alta il nome) la grazia di fare esperienza del tuo amore, e di raggiungere la salvezza eterna alla fine della sua vita.

Maria, metto questa intenzione nelle tue mani.

Si può desiderare qualcosa di meglio per la persona che ami di più?

Credo che sia una preghiera molto potente. Una preghiera che rinnova ogni giorno l'amore sponsale, che trasforma la ferita in compassione e che, non ne ho il minimo dubbio, Dio ascolta compiaciuto.



Fonte: Padre Evaristo Sada,

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20/08/2015 14:41
 
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Così il demonio impedisce che la preghiera sia efficace

Questo testo immagina un diavolo che dà consigli ai giovani demonietti sulla falsariga de "Le Lettere di Berlicche" di C.S. Lewis



di Antonio Benvenuti


Signorie vostre demoniche, vi ringrazio per essere rimasti con noi fino ad ora. Con oggi siamo giunti all'ultimo capitolo del nostro viaggio nelle Sette Opere di Misericordia Spirituale, che abbiamo visto come trasformare, opportunamente per noi, in altrettante opere di crudeltà spirituale.

Arrivati al termine, devo confessarvi che il termine crudeltà che ho scelto per etichettarle non mi soddisfa pienamente. La crudeltà, infatti, nel comune vocabolario umano, è qualcosa di assolutamente perverso e maligno, ma senza un vero scopo. Se perversità e malignità si adeguano perfettamente alla mia indole, la seconda parte non è così vera. Infatti in me, e in noi diavoli in generale, l'essere crudeli ha uno scopo preciso: l'allontanare dal Nemico che sta lassù, il più possibile, il mortale che abbiamo tra le grinfie.

E questo per due ragioni: il nutrirci di lui, e l'arrecare dispiacere Lassù. In ambedue le ragioni è la gioia, la nostra completezza. Mentre, invece, per coloro che vivono ancora come schiavetti del loro signore celeste, essere completi risiede in quella specie di dipendenza reciproca che chiamano comunione. Questo ci porta appunto all'ultima Opera:

Recto: 7 Pregare per i vivi e per i morti

Devo ancora una volta approfondire i termini per coloro di voi che hanno poca dimestichezza con il mondo mortale, per i quali immagino questa storia della preghiera desti non poche perplessità. Lasciate che vi definisca meglio in cosa consiste: nel supplicare qualcuno, in questo caso il nostro nemico o uno dei suoi intermediari, che avvenga qualcosa che chi prega desidera ardentemente.

Sconcertante. Se non si adopera la violenza, senza ricattare, come sperare di essere esauditi? Perché qualcuno dovrebbe concederci qualcosa, se non ne ha lui per primo un vantaggio? A quale scopo pregare per altri vivi e perfino morti, e non solo per se stessi?

Sono interrogativi che non hanno risposta. Dopo molto studio delle faccende umane, sono giunto alla conclusione che sia appunto la comunione, quella strana collaborazione che vi descrivevo pocanzi, la risposta alla questione. Per qualche motivo il Nemico incoraggia i mortali ad occuparsi l'uno delle faccende degli altri. Quella famosa misericordia che avevamo già incontrato.

Ma sul perché debba aspettare che sia una delle sue insignificanti creature a implorarlo prima di agire in favore di un'altra anima altrettanto insignificante ci è ignoto. Ha forse a che fare con la libertà dei mortali, o con il metterli alla prova, e può darsi persino sia legato a quel dolore che sembra incapace di impedirci di usare.

Certo è che più di una volta abbiamo visto il Nemico sottrarci all'ultimo un boccone che davamo già per acquisito. E' uno dei trucchi che usa più spesso, uno dei vantaggi che ha grazie all'essere fuori da quel tempo che invece lega noi e gli esseri umani. Noi riusciamo a vedere solo quanto accade nel presente; ma se qualcuno in futuro pregherà per la salvezza dell'uomo a cui ci stiamo dedicando questo non ci è dato da conoscere.

Sapete tutti cosa accade: stiamo dando il tormento a qualche tizio ed improvvisamente ci troviamo sbattuti fuori, avvolti da una luce dolorosa, impediti a proseguire. Oppure abbiamo fatto di tutto per non farlo incontrare con i Servi del Nemico, e questi si presentano a lui inaspettati; o, peggio ancora, arriva da Lassù una parola, un avvenimento che distrugge in un attimo anni interi di nostre accurate preparazioni.

Non che non possa accadere comunque, anzi; ma in caso di preghiere è quasi garantito che la Grazia del Nemico arrivi a romperci le uova nel paniere. Rassicuratevi, però, nessun automatismo. Demonietti miei, non c'è da spaventarsi: sta in ogni caso all'umano accettare il suggerimento che gli arriva di Lassù. Fosse altrimenti, qui da noi ci sarebbe una bella carestia.

Come evitare allora una preghiera efficace? Ci sono moltissime maniere. Vi elenco le più utili. Invece di far concentrare l'umano che avete in custodia su una persona reale, sviate la sua attenzione su soggetti generici. Più spirituali e meno concreti sono, meno beneficio ne trarrà lui personalmente e colui per cui prega. Guidatelo verso slanci sentimentali non rivolti in ginocchio al Nemico, ma gettati lì spontaneamente, così come capita. Ci abbiamo messo secoli a far credere che la preghiera, al contrario di qualunque altra attività, non abbia bisogno di metodo e forma per servire a qualcosa. Non buttate via il lavoro di tanti demoni migliori di voi.

Gettate continuamente dubbi sul fatto che funzioni davvero; evidenziate dove non è servita, e dove invece sia esaudita suggerite che sarebbe andata così comunque. Mai e poi mai deve essere attirata l'attenzione sul fatto che la preghiera peggiore per noi è quella che si affida integralmente alla buona volontà del Nemico stesso. “Sia fatta non la mia, ma la tua volontà” è una frase che il Nemico sembra trovare irresistibile.

Tenete conto che gli umani raramente hanno ben presente per cosa o per chi pregare. Chiedono cose piccole, che non hanno probabilità di essere, quando potrebbero e dovrebbero chiederne di grandi, se vogliono sfuggire ai nostri forconi e alle nostre forchette. Quanto grandi lo sa solo il Nemico, ed è per questo che quando si lasciano andare totalmente nelle sue braccia sono così pericolosi.

Evitate di fare sì che coinvolgano santi e specialmente la Madre. Abituateli a considerarli una superstizione popolare, e non un filo diretto con Lassù che li aiuta a trovare le parole giuste.

Ma più di tutto, educateli all'egoismo. Se li convincete che è la sola libertà che decide della sorte degli uomini, è fatta. Perché pregare per uno che ha deciso di peccare? Perché perdere tempo per uno già dannato? Se anche i buoni tacciono sui peccati altrui, se pensano del prossimo “ha scelto lui così”, mai si muoveranno per pregare per lui. Sarebbe inutile, per il loro modo di pensare; e noi avremo la vita (loro) molto più facilmente.

Eccoci dunque all'ultima definizione:

Verso: 7 – Fatevi gli affari vostri!
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10/07/2016 21:38
 
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La preghiera in cinque punti




Spesso ci chiediamo cosa sia veramente la preghiera. A questa domanda si potrebbe rispondere così.


1) La persona ha bisogno di un tu. Altrimenti, come si dice volgarmente, ce la cantiamo e ce la suoniamo. Da soli non possiamo conoscere la verità, che emerge solo dal dialogo. Dunque, rivolgersi all’Altro è una necessità primordiale.
bisogno del tu

2) Carl Gustav Jung, nel suo volume Tipi psicologici, dimostra come ognuno di noi sia una miscela di pensiero, intuizione, sensazione e sentimento, variamente combinati tra loro, con funzioni dominanti e funzioni secondarie. Questo vuol dire che tutti siamo forti in qualcosa e deboli per altri aspetti. L’incontro con l’Altro è quindi indispensabile per colmare le lacune, per poter raggiungere la completezza.
completezza

3) In teologia esiste una realtà definita peccato originale: ciò sta a significare che abbiamo tutti una tara di partenza, che impedisce di coglierci oggettivamente, di vedere con sufficiente lucidità i dettagli della realtà interiore ed esteriore. Solo l’Altro può dirci, dunque, chi siamo veramente.
nebbia

4) Essendo fondamentalmente figli e creature, pensati da sempre da un Padre da cui dipendiamo per la vita, abbiamo un bisogno congenito di affidamento. Se questo non trova uno sbocco nella nostra esperienza quotidiana, scivoliamo in dipendenze più o meno disastrose (e ognuno qui compili un elenco personale).
Alcolismo

5) La preghiera risponde a tutto questo: solo nell’abbraccio con l’Altro ritroviamo il senso, la dignità, la libera espressione dell’io autentico che corrisponde all’immagine di Dio. Cristo è lo sbocco naturale di ogni nostro desiderio più profondo. La Vergine Maria ci porta per mano fino a Lui, con infinito amore.
mani


[Modificato da Credente 10/07/2016 22:01]
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18/10/2016 12:00
 
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Se aspetti di essere santo per arrivare alla preghiera vera, potresti anche aspettare tutta la vita...senza riuscirci. Invece se ti presenti davanti a Dio come un peccatore e un malato.... a poco a poco il Signore ti guarirà e ti renderà santo per davvero.
Quando cadi nel peccato, ti senti turbato e tentato di non pregare più giustificandosi: "Come posso presentarmi davanti a Dio in questo stato?"
Questo è un errore grave, questa è falsa umiltà ispirata da Satana. Il tuo peccato non può essere il pretesto per non pregare: più sei malato, più hai il dovere di cercare il medico!
Tu vorresti presentarti davanti a Dio in piena regola, tutto pulito, pettinato e contento di te. Ma questa è una pericolosa illusione ed una tua presunzione.
Tu non puoi fare a meno della Misericordia.
La santità sta nella tua dipendenza dalla Misericordia.
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24/10/2016 15:52
 
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Perché alcune persone ottengono miracoli e altre no?Come pregare per avere  da Dio le grazie necessarie




In tutta la storia del popolo di Dio e della Chiesa ci sono resoconti di autentici miracoli. I miracoli sono interventi di Dio, riguardo ai quali possiamo dire che, per amore, Egli compie un’eccezione per ciò che supera la nostra natura e la nostra comprensione. Il miracolo è una prova di Dio, una pratica esclusiva del Suo amore onnipotente, che fa parte di un piano superiore. Il Signore non vuole viziare i Suoi figli, ma salvarli; ogni miracolo fa parte del Suo piano salvifico.


Ecco una piccola “diagnosi”, in sei parti, per capire quali sono i motivi per cui non avete ancora ottenuto il miracolo di cui avete bisogno.


1. Non chiedere miracoli


Sembra ovvio, ma molti non ottengono miracoli perché non li chiedono, anche se esistono grazie che otteniamo senza chiederle. Un chiaro esempio è il fatto che il sole sorga ogni mattina. Il Padre “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni” (Mt 5,45).


Se si vuole un miracolo, bisogna chiederlo. Molte persone perdono tempo lamentandosi, reclamando, ma dimenticano che Dio può tutto, in tutto e in tutti. Usate il tempo che sprecate a reclamare e fatene una preghiera a Colui per il quale nulla è impossibile. Offrite le vostre lacrime nella preghiera. Egli vi ascolterà.


2. Non avere fede


In verità vi dico: Se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete fare ciò che è accaduto a questo fico, ma anche se direte a questo monte: Levati di lì e gettati nel mare, ciò avverrà. E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete” (Mt 21, 21-22).


Se stiamo già pregando ma non riusciamo a ottenere il miracolo, può essere che ci manchi la fede. Nella Lettera agli Ebrei esiste un’ottima definizione: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono. Per mezzo di questa fede gli antichi ricevettero buona testimonianza” (Eb 11,1-2). La buona testimonianza è proprio questo intervento divino.


Chiedere un miracolo con fede è avere la certezza che solo Dio è capace di compierlo, perché se dipendesse esclusivamente dagli uomini non accadrebbe nulla.

3. Non perseverare

Siamo della generazione fast food e Internet senza limiti, in cui in ogni momento cerchiamo l’illimitato. Una generazione altamente tencologica e con grandi facilitazioni. Siamo abituati ad avere tutto subito. La logica divina non è cambiata, non tutto è spontaneo. Quante persone sono guarite da alcune malattie dopo anni in cui la famiglia aveva chiesto un miracolo? Per capire la logica di Dio, impariamo con Gesù: “Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: “C’era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi“. E il Signore soggiunse: “Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”” (Lc 18,1-8).

 Quando vogliamo qualcosa, del resto, non lottiamo per ottenerlo? Vale anche nel mondo spirituale. Persistendo nella preghiera, prendiamo sempre più coscienza del fatto che Dio è l’unico capace di realizzarlo, e la nostra fede cresce.

 4. Non sapere come chiedere

Se nonostante fede e perseveranza il miracolo non è ancora arrivato, è perché state agendo in modo errato. Il miracolo non arriva a partire da una formula o da un ordine, da un rito. Il “come” è un modo di chiedere, e il chiedere è sapere che il miracolo dipende solo da Lui. Bisogna saper riconoscere totalmente (con la mente, le parole e il cuore) che solo il Signore può concederci il miracolo.

5. Superare la prova prima che avvenga il miracolo

La sofferenza, la tribolazione, la malattia, qualsiasi avversità che si presenta non è volontà di Dio, ma Egli la permette, come ha fatto con Giobbe, perché possiamo crescere con questi eventi della vita. Il ritardo del Signore nell’agire può derivare dal fatto che non riusciamo a imparare da quell’episodio. Egli, come Padre, permette l’avversità perché possiamo crescere nel soprannaturale.

Si nota in modo molto concreto, ad esempio, nella guarigione interiore, quando molti, dopo il perdono concesso a una persona, ottengono l’apertura a una cura fisica o riescono ad avere fede sufficiente per intercedere per una causa impossibile nella propria famiglia.

6. Non è volontà di Dio che quel miracolo avvenga

Quanto è difficile riconoscerlo! Ma è una verità tremenda. Egli è Amore e vuole il nostro bene. Quello che riteniamo positivo per noi può non essere un bene reale, e Dio lo sa. “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri” (Is 55,8). Dicendo questo, Gesù spiega: “Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano” (Mt 7,11).

Egli non ci concede e noi non capiamo. Ciò che conta è non agire come bambini capricciosi, ma riconoscere e far maturare la nostra dedizione a Lui, e riconoscere che più importante dei miracoli del Signore è il Signore dei Miracoli, che ha già compiuto il miracolo più grande, ovvero la nostra salvezza attraverso la Sua Passione e Resurrezione, e ci concede il prezioso miracolo dell’Eucaristia in ogni Santa Messa.


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SI FACCIANO SUPPLICHE, PREGHIERE E RINGRAZIAMENTI PER TUTTI . (1Tim.2,1)


 
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