III - IL TESTO DEI VANGELI È STATO TRASMESSO FEDELMENTE FINO A NOI.
Se è certo che gli Autori dei Vangeli hanno scritto quel che hanno visto e udito, possiamo anche essere certi che i loro scritti sono giunti intatti f no a noi?
Ossia, possiamo essere certi che i nostri Vangeli di oggi riferiscono con esattezza i fatti che riguardano Gesù avvenuti in Palestina 2.000 anni fa?
Per rispondere a questa domanda ripercorriamo a ritroso, la "catena" dei testi evangelici, cominciando da quelli che oggi possediamo per discendere negli anni fino ai grandi Codici del IV secolo dopo Cristo, scritti su pergamena, ed ai numerosissimi frammenti di Vangelo scritti sui fragili papiri, che sono databili ai primi decenni dalla morte di Gesù.
A) I VANGELI CHE OGGI NOI POSSEDIAMO
E cominciamo dai testi del Vangelo che oggi abbiamo tra le mani.
Qui abbiamo riprodotto una pagina di un Vangelo come quelli che oggi ognuno di noi può acquistare in libreria.
Esso è in lingua italiana, nella traduzione ufficiale curata dalla CEI e fatta direttamente sul testo originale greco, la lingua nella quale i vangeli furono scritti (o nella quale furono tradotti dalla prima stesura in ebraico) ad opera degli stessi evangelisti.
B) I CODICI SCRITTI SU PERGAMENA NEL N SECOLO DOPO CRISTO
Si chiederà: dove i traduttori in lingua italiana hanno preso il testo originale greco? Rispondiamo che lo hanno preso dagli antichi codici del IV secolo dopo Cristo, scritti in lingua greca su pergamena e che contengono tutto il testo dei Vangeli.
La ragione per cui si dovette attendere fino al IV secolo dopo Cristo per scrivere i Vangeli su solidi fogli di pergamena è che solo nel IV secolo l'imperatore Costantino, con il rescritto di Milano del 313, concesse la libertà al Cristianesimo.
Solo allora i Vangeli (scritti prima nella semiclandestinità su economici ma fragili fogli di papiro) furono ricopiati sui più costosi ma solidissimi fogli di pergamena, e rilegati poi in forma di codice.
Di questi codici ricorderemo qui solo i tre principali: Il Codice Vaticano; il Codice Sinaitico e il Codice Alessandrino.
Il Codice Vaticano (B,03) cosiddetto perché fin dal secolo XV è conservato nella Biblioteca Vaticana.
É il più antico dei grandi codici del IV secolo ed è anzi considerato molto vicino all'epoca dei manoscritti su papiro.
É scritto su 3 colonne e contiene quasi tutto l'Antico Testamento, i quattro Vangeli integralmente e la maggior parte delle lettere degli Apostoli.
Il Codice Sinaitico (S,01), scoperto dal celebre papirologo von Tischendorf nel I Monastero di Santa Caterina sul monte Sinai. É scritto su 4 colonne.
É dell'inizio del IV secolo e contiene quasi tutto l'Antico Testamento, tutto il Nuovo Testamento.
Dopo molte vicissitudini è stato acquistato dal Museo Britannico di Londra dove è conservato.
Alcuni fogli mancanti dello stesso codice furono più tardi ritrovati a S. Caterina e qui conservati.
Il Codice Alessandrino (A,02) è del secolo V e contiene quasi tutto l'Antico Testamento e il Nuovo Testamento con solo poche lacune.
É pure conservato nel Museo Britannico di Londra.
L'importanza scientifica di questi codici del N secolo è illustrata in questo grafico.
Gli antichissimi frammenti di papiri evangelici (dei quali parleremo subito) furono ricopiati fedelmente, nel IV secolo (notiamo che nel N sec. i papiri del Vangelo erano numerosissimi ed erano ancora intatti), sui robusti Codici di pergamena, che fanno da "ponte" tra quelli e i Vangeli che noi oggi possediamo, ossia fanno da ponte tra Gesù e noi.
C) GLI ANTICHISSIMI PAPIRI EVANGELICI DEI PRIMI DECENNI DOPO CRISTO
Quel che ci resta ora da dimostrare è che questi codici del IV secolo riproducono fedelmente gli antichissimi papiri scritti nei primi decenni dopo Cristo. Ed è appunto quanto ci accingiamo ora a fare.
Come abbiamo accennato a pagina 69, di questi frammenti di papiri dei Vangeli - che vanno da Gesù al IV secolo - ne sono giunti a noi ben 4.680 parziali e circa 230 completi: ma il loro numero è destinato ad aumentare col procedere delle ricerche archeologiche.
Noi ne ricorderemo qui solo i principali, per dimostrare che il loro testo è riprodotto esattamente nei grandi codici del IV secolo.
Questi antichi papiri - anche se piccoli - fanno infatti come da "tasselli di saggio" e confermano che tutto il testo dei Vangeli contenuto nei grandi Codici del IV secolo è fedele agli originali.
E incominciamo col mostrare il papiro Chester Beatty I (P45), ritrovato presso il Cairo nel 193o ed ora custodito nel Museo Beatty di Dublino.
Esso è legato in forma di codice ed è databile alla prima metà del secolo III. Contiene gran parte dei Vangeli di Marco e di Luca, e degli Atti.
Più antico del Beatty I° è il codice in papiro P66, detto Bodmer II perché
conservato nella Biblioteca Bodmer di Coligny, presso Ginevra.
É databile alla seconda metà del secolo II, forse anche verso il 15o d.C. Contiene i primi 14 capitoli del Vangelo di Giovanni, dai versi 1,1 ai versi 14,26 (mancano solo 24 versetti) e alcuni frammenti dei restanti 7 capitoli.
Più antico ancora è il frammento di codice P52, detto papiro Rylands, ritrovato nel 192o nell'alto Egitto e conservato nella Biblioteca Rylands di Mancester.
É scritto sui due lati e contiene alcuni versetti del capitolo 18 del Vangelo di Giovanni.
L'esame della scrittura e la prova al radio-carbonio 14 lo fanno datare all'epoca dell'imperatore Adriano (137-139 dopo Cristo) se non prima. Generalmente è ritenuto dell'anno 125.
Ma il più antico papiro contenente un testo del Vangelo è il 7Q5, così detto perché ritrovato nella settima grotta di Qumran e catalogato con il numero progressivo 5.
Di esso, data la sua antichità ed importanza, ci occuperemo ora più a lungo.
Qumran è una località della Palestina a Nord-Est del Mar Morto dove ai tempi di Gesù fioriva una comunità religiosa di monaci Esseni, del cui monastero rimangono ancor oggi numerosi resti.
Quando Vespasiano, nell'anno 66 dopo Cristo, in seguito alla prima sollevazione dei Giudei contro Roma, iniziò la repressione militare che si concluse con la distruzione di Gerusalemme i monaci fuggirono da Qumran non però prima di aver nascosto, nelle numerose grotte naturali che costellano le alture a nord del monastero, i loro libri sacri racchiusi in anfore di terracotta ben sigillate.
Fu così che quei preziosi manoscritti sfuggirono alla distruzione e poterono giungere fino a noi.
Infatti, quasi 2000 anni più tardi, nel 1947, alcuni pastori beduini che erano saliti sui dirupi di Qumran alla ricerca di una capra, penetrarono in una grotta dove trovarono alcune anfore piene di rotoli tutti coperti di scritture antiche.
La scoperta attirò subito l'attenzione del mondo scientifico: le grotte, in numero di 11, furono ispezionate sistematicamente dagli archeologi: nella grotta n. 1 fu ritrovato il celebre rotolo di Isaia, scritto in ebraico su pergamena, risalente al I secolo avanti Cristo (vedi a pagina 69), mentre nella grotta ispezionata nel 1955, furono rinvenuti alcuni frammenti di rotoli di papiro eccezionalmente scritti in lingua greca.
Ma fu solo 17 anni dopo, nel 1972, che il celebre papirologo spagnolo, Padre José O'Callaghan, mentre stava lavorando alla catalogazione scientifica dei papiri greci dell'Antico Testamento, cercando di decifrare il 7Q5, scoprì che esso conteneva non un testo dellAntico Testamento ma del Nuovo Testamento, e precisamente i versetti 52 e 53 del capitolo 6° del Vangelo di San Marco.
Ecco (pag.92 a sinistra)la trascrizione in caratteri moderni delle lettere decifrate e la loro integrazione (qui evidenziata) nel testo criticamente ricostruito e la traduzione italiana del passo:
«...avevano capito riguardo ai pani, ma il loro cuore era indurito. 53 E compiuta la traversata vennero a Genesaret e approdarono. 54 E quando...
Possiamo quindi affermare con certezza che il papiro 7Q5 contiene il testo di Marco lo stesso testo che ritroviamo intatto nei grandi codici del IV secolo e che qui abbiamo messo in evidenza nel Codice Vaticano.
Ciò dimostra che la trasmissione del testo dei Vangeli si è mantenuta inalterata dai manoscritti del I secolo ai grandi codici del IV secolo e, da questi, fino ai nostri giorni.
Alla fine di questo nostro lavoro non ci resta che il dovere di precisare il meglio possibile l'anno nel quale fu scritto il papiro 7Q5.
In base ai dati storici esso è certamente anteriore agli anni 66-68 dopo Cristo, anni nei quali - come sappiamo - fu nascosto nella grotta 7 di Qumran.
Ma in base ai dati paleografici, ossia in base al tipo di scrittura, esso risulta ancora più antico: infatti i paleografi Schubart e Roberts hanno datato il 7Q5 attorno agli anni 50; e questo ancor prima che O'Callaghan lo identificasse con Marco 6,52-53.
Se poi, seguendo gli studi di Padre Carmignac, riflettiamo che il 7Q5 non è l'originale scritto in ebraico da Marco a Roma, ma una copia della sua traduzione greca giunta più tardi a Qumran, si deve concludere con lui che l'originale di Marco è ancora più antico e fu scritto assai prima dell'anno 50, forse tra il 42 e il 45, ossia a soli 10-15 anni dalla morte di Gesù, quando vivevano ancora i testimoni oculari dei fatti (Op.cit.pag.104).
Notiamo infine che la vicinanza dei manoscritti dei Vangeli ai fatti che narrano è, si può dire, un caso unico nella storia della trasmissione dei testi antichi. Se si pensa che eventi storici dei quali nessuno dubita, come le campagne di Giulio Cesare in Gallia da lui descritte nel De bello gallico, sono testimoniate da pochissimi manoscritti che distano 8 secoli dall'originale; e che le opere dei grandi poeti greci come Omero, Eschilo, Euripide e Sofocle e di grandi filosofi come Platone e Aristotile sono giunte a noi su copie scritte 1200-13oo anni dopo che fu scritto l'originale, allora dobbiamo convenire che i Vangeli sono, sotto l'aspetto delle fonti, i testi più sicuri che si conoscano.