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RIFLESSIONI E COMMENTI BIBLICI (Vol.1)

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2010 09:55
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14/11/2010 15:30
 
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padre Romeo Ballan L'annuncio missionario di un Re finito in croce

Riflessioni
Ci sono le "Sette Parole di Gesù in croce". Ma anche le "sette parole dette a Gesù in croce". Le prime sono tema di abbondanti predicazioni e scritti spirituali. Ma anche le seconde si prestano per commenti e riflessioni feconde. Nel Vangelo lucano di oggi troviamo quattro parole pronunciate verso Gesù: dai capi (v. 35), dai soldati (v. 36-37) e dai due malfattori crocifissi accanto a Gesù (v. 39-42). Queste quattro parole hanno in comune, sia pur con sfumature diverse, la sfida rivolta a Gesù: "dimostra chi sei (il Cristo, il re...), salva te stesso, scendi dalla croce... Le parole dei capi, dei soldati e di uno dei malfattori sono ingiuriose, sprezzanti, senza pietà. Il cliché si ripete secondo una logica umana di totale incomprensione e stravolgimento della identità del Cristo.

La scritta sopra il capo di Gesù parla da sola: "Questi è il re dei Giudei" (v. 38). Dice tutto di quella condanna. Ma come decifrarla, chi la capisce nella sua verità? Per i capi religiosi e politici sono parole da burla; ma per Dio e per il cristiano dal cuore sincero sono parole vere, che centrano in pieno l'identità di quello strano condannato! Quella lapide è una sfida che attraversa i secoli: o la si accetta o la si rifiuta. Con alterne conseguenze! "Il popolo stava a vedere" (v. 35): muto e perplesso, fra curiosità e impotenza, non capisce cosa sta succedendo, non sa cosa fare... Poco dopo, però, quando lo spettacolo si concluse in orrenda tragedia, quelle folle "se ne tornavano percuotendosi il petto" (v. 48).

È possibile cogliere il significato di quella morte dalle parole del secondo dei malfattori, il famoso 'buon ladrone', l'unico che riconosce il senso di quella scritta e l'identità di Gesù. Non gli chiede una clamorosa liberazione, ma solo di stare accanto a lui nell'ultima fase della vita: "Ricordati di me..." (v. 42). Richiesta subito esaudita: "Oggi sarai con me nel paradiso" (v. 43). Gesù ha solo parole di salvezza piena: oggi, in paradiso! Il silenzio di Gesù, il suo gesto di perdono, le poche parole (con il Padre, la madre, gli amici...) svelano il mistero di un re splendido e potente, ma che finisce su una croce. La sua è una regalità strana: ha mandato in tilt Erode, Pilato, Tiberio, i capi, il popolo... Una regalità difficile da comprendere e ancor più da accettare. Una regalità spesso incompresa e travisata! Ma per chi l'accetta, è una regalità vera, capace di dar senso pieno alla vita. (*)

La chiave del mistero di quella morte sta nella risposta alle domande 'logiche' di tutti: "Perché non scendi dalla croce? Perché non chiarisci tutto facendo il miracolo? Ne hai fatti tanti di strepitosi, per gli altri... Se tu scendessi dalla croce, tutti ti crederebbero". Ma in che cosa crederebbero? "Nel Dio forte e potente, nel Dio che sconfigge e umilia i nemici, che risponde colpo su colpo alle provocazioni degli empi, che incute timore e rispetto, che non scherza... Questo non è il Dio di Gesù. Se scendesse dalla croce, svuoterebbe il suo messaggio anteriore, tradirebbe la sua missione: avallerebbe l'idea falsa di Dio che le guide spirituali del popolo hanno in mente. Confermerebbe che il vero Dio è quello che i potenti di questo mondo hanno sempre adorato perché è simile a loro: forte, arrogante, oppressore, vendicativo, umano. Questo Dio forte è incompatibile con quello che ci è rivelato da Gesù in croce: il Dio che ama tutti, anche chi lo combatte, che perdona sempre, che salva, che si lascia sconfiggere per amore" (F. Armellini).

Tale riflessione ha ricadute immediate sul terreno della missione: Quale Dio annunciamo? Quale volto di Dio rivela la missione che portiamo avanti: un Dio dalla povertà e debolezza o un Dio alla ricerca di riconoscimenti e di potere? Sarebbe in sintonia con la logica umana e con i re di questo mondo. Nel modo di far missione, a volte ci sono concessioni, c'è timore nell'annunciare, con le parole e con i fatti, un Dio che perde, che perdona, soffre, è sconfitto... E quindi non si favorisce la crescita di una Chiesa povera, umile, disposta a perdere... L'abbondanza di mezzi umani rischia di togliere trasparenza all'annuncio. È più evangelica una missione che si realizza con mezzi deboli, che annuncia Dio dalla povertà, dall'umiltà, espulsione, persecuzione, distruzione... Perché è nella logica del Re che vince e regna dalla croce! Un re così disturba i nostri piani, perché esige un cambio di vita, capacità di perdono, accoglienza di chiunque, tempi più lunghi, prospettive scomode... Le condizioni sono esigenti, ma con Lui l'esito della missione è assicurato!
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