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S.Agostino: vita, opere, riflessioni su un grande dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2015 23:01
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27/02/2010 20:46
 
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Attività antimanichea. Perde il filo del discorso e guadagna un'anima

15. 1. Ricordo ancora, non solo io ma anche altri fratelli che allora vivevano con noi nella chiesa d'Ippona insieme con quel santo uomo, che una volta mentre eravamo insieme a tavola, egli disse:
15. 2. « Vi siete accorti come oggi in chiesa la mia predica, dall'inizio alla fine, si sia svolta contro quella ch'è la mia abitudine, perché non ho spiegato completamente il tema che avevo proposto, ma l'ho lasciato in sospeso? ».
15. 3. Gli rispondemmo: « Infatti ricordiamo di esserci meravigliati in quel momento ». E lui: « Credo - disse - che proprio per mezzo della mia dimenticanza e del mio errore il Signore abbia voluto ammaestrare e risanare qualcuno del popolo che è nell'errore, poiché nelle sue mani siamo noi e le nostre parole.
15. 4. Infatti, mentre trattavo alcuni punti della questione che avevo proposta, con una digressione mi sono inoltrato in un altro argomento, e così, senza spiegare fino in fondo quella questione, preferii terminare la predica polemizzando contro l'errore dei manichei, piuttosto che continuando a trattare l'argomento che avevo iniziato ».
15. 5. Uno o due giorni - se non sbaglio - dopo questi fatti si presenta un commerciante di nome Fermo e alla nostra presenza si getta gemendo ai piedi di Agostino che stava nel monastero: fra le lacrime scongiurò il vescovo di pregare insieme con i santi il Signore per i suoi peccati, confessando di aver seguito la setta dei manichei e di essere vissuto in quella per molti anni. Per di più aveva versato inutilmente forti somme di danaro ai manichei, soprattutto a quelli che essi definiscono gli eletti. Ma trovandosi poco prima in chiesa, per misericordia divina, era stato richiamato sulla retta via dalla predica di Agostino ed era diventato cattolico.
15. 6. Allora il venerabile Agostino in persona e noi che eravamo lì presenti gli chiedemmo di indicarci con precisione quale punto soprattutto di quella predica avesse fatto effetto su di lui; e mentre egli riferiva e tutti noi richiamavamo alla mente la trama del discorso, ammirammo con stupore il misterioso disegno di Dio per la salvezza delle anime, glorificammo il suo santo nome e benedicemmo colui che opera la salvezza delle anime quando vuole, donde vuole e come vuole, per mezzo di strumenti consapevoli e inconsapevoli.
15. 7. Da quel momento quell'uomo abbracciò la norma di vita dei servi di Dio e lasciò il commercio. Poiché si segnalava per i suoi progressi fra i membri della chiesa, mentre era in un'altra regione, per volere di Dio richiesto e pressato diventò prete, conservando e custodendo la sua santa norma di vita. E forse egli, che si è stabilito in un paese oltre mare, è ancora vivo.


Smaschera i Manichei e li converte

16. 1. A Cartagine poi alcuni manichei, di quelli che chiamano eletti ed elette, furono sorpresi da Orso, procuratore della casa imperiale, ch'era di fede cattolica, e tradotti in chiesa da lui stesso, furono interrogati dai vescovi alla presenza degli stenografi.
16. 2. Fra i vescovi c'era anche Agostino di beata memoria, che più degli altri conosceva quella nefanda setta: perciò gli riuscì di mettere in luce i loro riprovevoli errori con citazioni tratte dai libri che i manichei hanno in uso, e così li indusse a confessare le loro bestemmie. Quegli atti ufficiali misero altresì in luce, per confessione di quelle donne, cosiddette elette, le pratiche indegne e turpi che essi secondo il loro perverso costume erano soliti commettere.
16. 3. Così lo zelo dei pastori procurò incremento al gregge del Signore e lo difese in maniera adeguata contro i ladri e i predoni.
16. 4. Agostino ebbe anche una pubblica disputa nella chiesa d'Ippona con un certo Felice, del numero di quelli che i manichei chiamano eletti, alla presenza del popolo e degli stenografi che trascrivevano ciò che veniva detto. Dopo il secondo o il terzo dibattito quel manicheo, vedendo confutati la vanità e l'errore della sua setta, si convertì alla nostra fede e passò alla nostra chiesa, come risulta anche dalla lettura degli atti.


Contraddittorio col vescovo ariano Massimino

17. l. Provocato da un certo Pascenzio e poiché lo richiedevano persone di alta condizione, Agostino ebbe a Cartagine una pubblica discussione con costui. Era questi un conte della casa imperiale, di fede ariana, esattore molto severo del fisco, che si valeva del suo potere per contrastare duramente e sistematicamente la fede cattolica, e con le sue spiritosaggini e la sua autorità tormentava e maltrattava molti sacerdoti di Dio un po' sempliciotti nella loro fede.
17. 2. Ma l'eretico rifiutò in modo assoluto che si portassero le tavolette e lo stilo, che il nostro maestro richiese con grande insistenza prima e durante il dibattito. Quello negava, sostenendo che per timore delle leggi dello stato non voleva mettersi a rischio con questa trascrizione: tuttavia Agostino vedendo insieme con altri vescovi che erano presenti che quel modo di fare era accetto a coloro che assistevano, cioè che si disputasse in modo privato senza che alcunché fosse messo per iscritto, accettò il dibattito. Predisse comunque ciò che poi si verificò: che, terminata la riunione, ciascuno, in assenza di documentazione scritta, sarebbe stato libero di sostenere di aver detto ciò che non aveva detto e di non aver detto ciò che aveva detto.
17. 3. Discusse con Pascenzio: sostenne la sua dottrina, ascoltò ciò che sosteneva l'avversario, con valido ragionamento e con l'autorità delle scritture insegnò e dimostrò i fondamenti della nostra fede, dimostrò poi che le proposizioni di Pascenzio non erano suffragate da alcuna evidenza né dall'autorità della sacra scrittura e le confutò.
17. 4. Ma quando le due parti si divisero, quello ancor più adirato e furente andava diffondendo molte menzogne per sostenere la sua fede erronea, vantandosi che Agostino, da tanti esaltato, era stato sconfitto da lui.
17. 5. Poiché queste vanterie erano ormai divulgate, Agostino fu costretto a scrivere a Pascenzio, pur senza fare i nomi di quelli che avevano disputato per riguardo al timore che aveva Pascenzio, e nelle lettere espose fedelmente ciò che le due parti avevano detto e fatto: se quello avesse negato, egli a comprovare i fatti aveva molti testimoni, cioè quelle persone di alta condizione che erano state lì presenti.
17. 6. Alle due lettere che gli erano state indirizzate, a stento quello ne inviò una sola di risposta, nella quale era solo capace di insultare piuttosto che dare dimostrazione della sua dottrina. Tutto ciò può esser provato a chi vuole e sa leggere.
17. 7. Ancora con un vescovo ariano, di nome Massimino, che era venuto in Africa con i Goti, Agostino ebbe una pubblica discussione ad Ippona, per desiderio e richiesta di molti, alla presenza di persone importanti: ciò che le due parti esposero, sta scritto.
17. 8. Se gl'interessati vorranno leggere con attenzione, senza dubbio esamineranno sia ciò che afferma l'astuta e irragionevole eresia per sviare ed ingannare, sia ciò che professa e insegna la chiesa cattolica sulla divina Trinità.
17. 9. Ma quell'eretico, tornato da Ippona a Cartagine, in forza della grande loquacità di cui aveva dato prova nel dibattito, si vantava falsamente di essere uscito di qui vincitore. E poiché tutto ciò non poteva essere esaminato e valutato facilmente da persone non versate nelle sacre scritture, più tardi Agostino ricapitolò per iscritto tutto quel dibattito, presentando una per una le obiezioni e le risposte. Fu così messo in chiaro che quello non aveva saputo rispondere alle obiezioni di Agostino, e furono fatte pure alcune aggiunte, poiché nel ristretto tempo del dibattito Agostino non aveva potuto dire e far trascrivere tutto. infatti quell'uomo perfido aveva fatto in modo che il suo ultimo intervento, protratto molto in lungo, occupasse tutto lo spazio di tempo che rimaneva.


Attività antipelagiana. Frutti delle sue fatiche. Gli scritti

18. 1. Anche contro i pelagiani, nuovi eretici del nostro tempo, abili polemisti che con arte sottile e nociva scrivevano e parlavano ovunque potevano, in pubblico e nelle case private, Agostino ebbe a che fare per circa 10 anni: a tal riguardo scrisse e pubblicò molti libri e molto spesso predicò in chiesa al popolo su questo errore.
18. 2. Poiché questi perversi con grande attività cercavano di attirare alla loro perfidia anche la sede apostolica, in maniera pressante anche concili di vescovi africani si adoperarono perché i papi della città santa, prima il venerabile Innocenzo e dopo il beato Zosimo suo successore, si convincessero quanto quella dottrina dovesse essere respinta e condannata dalla fede cattolica.
18. 3. Quei vescovi di sede tanto importante in tempi diversi condannarono i pelagiani e li separarono dalle membra della chiesa, e con lettere inviate alle chiese d'Africa, d'Oriente e d'Occidente, stabilirono che quelli dovevano essere condannati ed evitati da tutti i cattolici.
18. 4. Anche il piissimo imperatore Onorio, informato di questo giudizio emanato contro i pelagiani dalla chiesa cattolica di Dio, si uniformò ad esso e con alcune sue leggi li condannò e decretò che quelli dovevano essere considerati eretici.
18. 5. Per cui alcuni di loro, che si erano allontanati dal grembo di santa madre chiesa, vi sono ritornati e altri ancora vi ritornano, mentre si fa strada e prevale sempre di più contro quel detestabile errore la verità della retta fede.
18. 6. Quell'uomo memorabile era un importante membro del corpo del Signore, sempre sollecito e vigile per tutto ciò che riuscisse utile alla chiesa universale.
18. 7. Per volontà divina gli fu concesso di godere già in questa vita il frutto delle sue fatiche, innanzitutto nella regione della chiesa d'Ippona, cui specificamente egli era a capo, e anche nelle altre parti d'Africa: infatti vedeva che sia per opera sua sia di quelli che egli stesso aveva dato come vescovi la chiesa del Signore si era amplificata e incrementata, e godeva che manichei donatisti pelagiani e pagani in gran parte erano venuti meno e si erano uniti alla chiesa di Dio.
18. 8. Favoriva gli studi e i progressi di tutti i buoni e se ne rallegrava, e piamente e santamente tollerava certe mancanze di disciplina dei fratelli, mentre s'addolorava della malvagità dei cattivi, sia di quelli nella chiesa sia fuori della chiesa; gioiva sempre, come ho detto, di ciò che recava giovamento alle cose del Signore e s'addolorava per ciò che recava loro danno.
18. 9. Molti libri furono da lui composti e pubblicati, molte prediche furono tenute in chiesa, trascritte e corrette, sia per confutare i diversi eretici sia per interpretare le sacre scritture ad edificazione dei santi figli della chiesa. Queste opere furono tante che a stento uno studioso ha la possibilità di leggerle e imparare a conoscerle.
18. 10. D'altra parte, per non defraudare di nulla chi ha brama di parole di verità, ho stabilito con l'aiuto di Dio di allegare alla fine di questo libro anche l'indice di quei libri, prediche e lettere. Una volta che lo avrà letto, chi ama più la verità di Dio che le ricchezze temporali potrà scegliersi l'opera che vorrà da leggere e conoscere e potrà chiederne copia anche alla biblioteca d'Ippona, dove troverà esemplari più corretti, ovvero cercherà dove potrà. Così trascriverà e conserverà le opere che avrà trovato e senza gelosia le darà da trascrivere anche a chi glielo chiederà.


Agostino nella vita di ogni giorno (cc. 19-27)
Agostino giudice

19. 1. Agostino seguiva anche il consiglio dell'Apostolo che dice: Chi di voi ha una lite con un altro, oserà appellarsi al giudizio degl'infedeli e non dei santi? Ignorate forse che i santi giudicheranno il mondo? E se voi giudicherete il mondo, non siete capaci di giudicare cose dappoco? Non sapete che giudicheremo gli angeli? Ma allora non giudicheremo tanto più le cose del mondo? Perciò, se giudicherete fra di voi cose del mondo, mettete a presiedere coloro che nella chiesa contano di meno. Vi parlo così per vostra vergogna. Non c'è fra di voi qualche persona saggia, che possa giudicare fra i suoi fratelli? E invece il fratello viene a giudizio col fratello, e questo davanti agli infedeli? (1 Cor. 6, 1 ss.).
19. 2. Richiesto perciò da cristiani e da persone di ogni religione, ascoltava le cause con religiosa attenzione: aveva sempre presente l'affermazione di uno che diceva che preferiva giudicare fra persone sconosciute piuttosto che fra amici: infatti mediante un equo giudizio di uno sconosciuto si poteva fare un amico, mentre invece avrebbe perso l'amico, cui avesse dovuto dar torto nel giudizio.
19. 3. Con continuità ascoltava le cause e giudicava, talvolta fino all'ora di colazione, altre volte per l'intera giornata rimanendo a digiuno; e in quest'attività considerava il valore delle anime cristiane, quanto ciascuno progredisse nella fede e nei buoni costumi, ovvero regredisse.
19. 4. Sapeva cogliere il momento opportuno per spiegare alle parti la verità della legge divina e l'inculcava in loro, insegnando e rammentando il modo di conseguire la vita eterna. Da coloro per i quali attendeva a quest'attività non richiedeva altro se non l'obbedienza e la devozione cristiana, che è dovuta a Dio e agli uomini, e riprendeva i peccatori alla presenza di tutti, perché gli altri ne avessero timore.
19. 5. Svolgeva tale attività quasi come sentinella stabilita dal Signore alla casa d'Israele (Ez. 3, 17; 33, 7), predicando la parola e insistendo a tempo debito e non debito, riprendendo esortando rimproverando con ogni pazienza e dottrina (2 Tim. 4, 2), dedicandosi soprattutto ad istruire quelli che erano adatti ad insegnare anche agli altri.
19. 6. Richiesto anche da alcuni di occuparsi di loro questioni temporali, mandava lettere a varie persone. Ma riteneva un peso questa occupazione che lo distoglieva da attività più importanti: infatti gli era gradito discutere sempre delle cose di Dio, sia in pubblico sia in discussione fraterna e familiare.


Sollecitudine e discrezione nei rapporti con le autorità

20. 1. Sappiamo anche che egli, pur richiesto da persone a lui molto care, non scrisse lettere di raccomandazione alle autorità civili: a tal proposito soleva dire che si doveva osservare la massima di un sapiente, del quale è scritto che, in considerazione del suo buon nome, non aveva concesso molto agli amici; e di suo poi aggiungeva che per lo più il potente che concede qualcosa preme per il contraccambio.
20. 2. Quando poi, pregato, vedeva che era necessario intercedere, lo faceva così dignitosamente e discretamente che non soltanto non risultava fastidioso o molesto, ma addirittura era oggetto d'ammirazione. Così una volta, presentatasi la necessità, egli scrisse a suo modo ad un vicario d'Africa, di nome Macedonio, per raccomandare un postulante; e il vicario, dopo aver esaudito la richiesta, gli rispose così:
20. 3. « Ammiro moltissimo la tua sapienza sia nei libri che hai pubblicato sia in questa lettera che non hai ritenuto gravoso inviarmi per intercedere a favore di chi si trovava in strettezze.
20. 4. Infatti quelli contengono tanto acume, scienza e santità che nulla vi è di superiore ad essi; la lettera poi è scritta con tanta discrezione che, se non accordassi ciò che chiedi, dovrei ritenere che la colpa è mia e non dipende dalla difficoltà della questione, signore meritatamente venerabile e padre degnissimo.
20. 5. Infatti tu non insisti, come fanno quasi tutti quelli di qui, per ottenere ad ogni costo ciò che chiede l'interessato; ma ciò che ti sembra opportuno chiedere ad un giudice stretto da tante preoccupazioni, questo tu chiedi con quella delicatezza che fra i buoni è la più efficace per ottenere cose difficili. Perciò ho accordato ciò che chiedevano le persone che hai raccomandato: del resto già prima avevo dato loro motivo di sperare ».


Concili e ordinazioni

21. l. Quando poteva, prendeva parte ai concili episcopali celebrati nelle diverse province`, ricercando in essi non il suo interesse ma quello di Gesù Cristo (Fil. 2, 21), perché la fede della santa chiesa non riportasse danno e perché alcuni vescovi e chierici, scomunicati a ragione o a torto, fossero assolti oppure rimossi.
21. 2. Nelle ordinazioni dei vescovi e dei chierici riteneva che si dovessero seguire il consenso della maggior parte dei fedeli e la consuetudine della chiesa.


Semplicità di vita e libertà di spirito. Carità sopra tutto

22. 1. Le sue vesti, i calzari, la biancheria da letto erano di qualità media e conveniente, né troppo di lusso né di tipo troppo scadente: infatti a tal proposito gli uomini son soliti o far troppa esibizione oppure vestirsi troppo poveramente, ricercando in ambedue i casi il proprio vanto, non l'utile di Gesù Cristo (Fil. 2, 21).
22. 2. Invece Agostino, come ho detto, teneva una via di mezzo, non eccedendo né da una parte né dall'altra (Num. 20, 17). Usava di una mensa frugale e parca, che però fra la verdura e i legumi aveva qualche volta anche la carne, per riguardo agli ospiti o a qualcuno che non stava bene, e aveva sempre il vino: infatti Agostino conosceva e ripeteva le parole dell'Apostolo: Ogni creatura di Dio è buona e niente bisogna rifiutare di quel che si accetta con rendimento di grazie: infatti questo viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera (1 Tim. 4, 4 s.).
22. 3. E lo stesso beato Agostino dice nelle Confessioni: « Non temo l'immondezza del cibo, ma l'immondezza della cupidigia. So che a Noè fu permesso di mangiare ogni genere di carne che potesse servire da cibo (Gen. 9, 2 ss.), che Elia fu rifocillato con la carne (1 Re, 17, 6), che Giovanni, la cui astinenza era oggetto di meraviglia, non fu contaminato dagli animali che gli servivano da cibo, cioè le cavallette (Mt. 3, 4). So invece che Esaù fu sedotto dal desiderio di lenticchie (Gen. 25, 29 ss.), che Davide si rimproverò per il desiderio dell'acqua (2 Sam. 23, 15 ss.), e che il nostro re fu tentato non con la carne ma col pane (Mt. 4, 3). E anche il popolo nel deserto meritò di essere rimproverato non perché aveva desiderato carne ma perché per desiderio di carne aveva mormorato contro il Signore (Num. 11, 1 ss.) » (Conf., X, 46).
22. 4. Quanto al bere vino, l'Apostolo scrive così a Timoteo: Non bere soltanto acqua, ma fa' uso anche di un po' di vino per il tuo stomaco e le tue frequenti malattie (1 Tim. 5, 24).
22. 5. Usava d'argento soltanto i cucchiai, ma il vasellame per portare i cibi a tavola erano o di terracotta o di legno o di marmo, e ciò non per povertà ma di proposito.
22. 6. Fu sempre molto ospitale. E durante il pranzo aveva più cara la lettura o la discussione che non il mangiare e il bere. Contro quella pessima abitudine degli uomini teneva qui questa iscrizione:

Chi ama calunniare gli assenti,
sappia di non esser degno di questa mensa.

Ammoniva così ogni invitato ad astenersi da chiacchiere superflue e dannose.
22. 7. Una volta che alcuni vescovi che gli erano molto amici si erano dimenticati della scritta e parlavano in maniera contraria ad essa, Agostino indignato li riprese aspramente, dicendo che o quei versi dovevano essere cancellati dalla mensa o che egli si sarebbe alzato in mezzo al pranzo e se ne sarebbe andato in camera sua. Possiamo testimoniare questo episodio io ed altri che prendevamo parte a quel pranzo.


Carità e disinteresse

23. l. Si ricordava sempre dei compagni di povertà e dava loro attingendo a quel che serviva per sé e per coloro che abitavano insieme con lui, cioè dalle rendite dei beni della chiesa e anche dalle offerte dei fedeli.
23. 2. Per evitare che questi beni - come di solito avviene - fossero fonte di odiosità nei confronti dei chierici, egli soleva dire al popolo di Dio che avrebbe preferito vivere delle loro offerte piuttosto che sobbarcarsi la cura e l'amministrazione di quei beni: perciò egli era pronto a cederli ai fedeli, sì che tutti i servi e i ministri di Dio vivessero così come nel Vecchio Testamento si legge che chi serviva all'altare, aveva parte del medesimo (Deut. 18, 1 ss.; 1 Cor. 9, 13). Ma i laici non vollero mai accettare quella proposta.


Amministrazione dei beni della Chiesa

24. 1. Delegava e affidava a turno ai chierici più abili l'amministrazione e tutti i beni della casa annessa alla chiesa, senza tenere per sé né chiave né anello, e quelli che erano stati preposti alla casa segnavano tutte le entrate e le uscite. Il rendiconto gli veniva letto alla fine di ogni anno, perché egli sapesse quanto si era ricevuto e quanto si era distribuito o rimanesse da distribuire. Ma in molti affari dava fiducia all'amministratore piuttosto che verificare i conti precisi e documentati.
24. 2. Non volle mai comprare casa, campo o villa, ma se qualcuno spontaneamente donava qualcosa di tale alla chiesa o lo affidava a titolo di deposito, non rifiutava ma diceva di accettare.
24. 3. Sappiamo però che rifiutò alcune eredità, non perché sarebbero state inutili ai poveri ma perché riteneva giusto ed equo che esse venissero in possesso dei figli o dei parenti o dei genitori dei defunti, ai quali quelli morendo non le avevano voluto lasciare.
24. 4. Un tale fra i cittadini d'Ippona di alta condizione, che viveva a Cartagine, volle donare una proprietà alla chiesa d'Ippona, e fatto il documento, mentre tratteneva per sé l'usufrutto, lo mandò senz'altro ad Agostino di beata memoria. Egli accettò volentieri l'offerta, rallegrandosi con quello perché provvedeva alla sua salvezza eterna.
24. 5. Ma dopo alcuni anni, mentre io mi trovavo Per caso presso di lui, ecco che il donatore manda per mezzo di suo figlio una lettera con la quale pregava di restituire a suo figlio il documento di donazione, mentre diceva di distribuire ai poveri 100 soldi.
24. 6. Quando il santo venne a conoscenza della lettera, si addolorò che l'uomo o aveva simulato la donazione ovvero si era pentito della buona opera, e tutto quanto poté e Dio suggerì al suo cuore, addolorato per questa resipiscenza, disse a rimprovero e correzione di quello.
24. 7. Subito restituì il documento che quello aveva mandato spontaneamente e che non era stato né desiderato né richiesto, rifiutò la somma di danaro e con la lettera di risposta riprese e rimproverò come si doveva quell'uomo, ammonendolo a dare umilmente soddisfazione a Dio per quella ch'era simulazione o iniquità, per non uscir di vita con un peccato così grave.
24. 8. Spesso diceva anche ch'è più sicuro per la chiesa ricevere legati di defunti piuttosto che eredità che potevano riuscire fonti di preoccupazioni e danni, e che i legati dovevano essere piuttosto offerti che non richiesti.
24. 9. Egli non accettava alcun deposito, ma non lo proibiva ai chierici che volessero accettarli.
24. 10. Non si applicava con zelo e passione ai beni che la chiesa aveva in proprietà o in possesso, ma era maggiormente interessato e dedito alle realtà più importanti dello spirito, anche se talvolta si distoglieva dalla meditazione delle cose eterne per dedicarsi a quelle temporali.
24. 11. Ma dopo averle disposte ed ordinate, lasciatele da parte come cose noiose e moleste, riportava l'animo alle realtà interiori e superiori, sia che meditasse nell'indagine delle realtà divine sia che dettasse qualcosa che avesse già trovato in argomento sia che correggesse ciò ch'era stato già dettato e trascritto. Per far questo, lavorava di giorno e vegliava di notte.
24. 12. Egli era come quella piissima Maria, ch'è simbolo della chiesa celeste: di lei è scritto che sedeva ai piedi del Signore intenta ad ascoltare la sua parola; e poiché la sorella si lamentò di lei perché non l'aiutava mentre essa era occupata in gran da fare, si sentì dire: Marta, Marta, Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta (Lc. 10, 39 s.).
24. 13. Non ebbe mai interesse a nuove costruzioni, evitando di applicare in questioni del genere l'animo che voleva aver sempre libero da ogni molestia temporale. Non impediva però coloro che volessero costruire, purché non in maniera troppo lussuosa.
24. 14. Talvolta, quando mancava danaro alla chiesa, comunicava al popolo dei fedeli che egli non aveva di che distribuire ai poveri.
24. 15. Per aiutare prigionieri e gran quantità di poveri, fece spezzare e fondere alcuni vasi sacri e distribuì il ricavato a chi ne aveva bisogno.
24. 16. Non avrei ricordato questo episodio, se non sapessi che esso contrasta l'opinione di alcuni uomini che pensano secondo la carne. Del resto anche Ambrogio di venerabile memoria ha detto e scritto che in tali strettezze senz'altro si deve fare così.
24. 17. Talvolta Agostino, parlando in chiesa, ricordava che i fedeli trascuravano la cassa dei poveri e quella della sacrestia, dalla quale si provvede ciò ch'è necessario per l'altare: a tal proposito una volta mi riferì che, mentre egli era presente, anche il beato Ambrogio aveva trattato in chiesa lo stesso argomento.


Autorità paterna. La legge del perdono

25. l. I chierici stavano sempre con lui nella stessa casa e venivano nutriti e vestiti con una sola mensa e con spese comuni.
25. 2. Perché nessuno, troppo proclive a giurare, incorresse anche nello spergiuro, predicava su questo argomento in chiesa al popolo e ai suoi intimi aveva proibito di giurare, anche a tavola. Se uno avesse mancato, perdeva una bevanda di quelle stabilite: infatti era prefissato il numero dei bicchieri di vino per quelli che vivevano e pranzavano con lui.
25. 3. Mancanze di disciplina e trasgressioni dei suoi dalla regola retta e onesta tollerava e rimproverava quanto conveniva ed era necessario: a tal proposito insegnava specialmente che nessuno doveva piegare il suo cuore a parole cattive per cercare scuse ai suoi peccati (Sal. 140, 4).
25. 4. Ammoniva pure che se uno offriva il suo dono all'altare e lì si fosse ricordato che un suo fratello aveva qualcosa contro di lui, avrebbe dovuto lasciare il dono all'altare e andare a riconciliarsi col fratello e solo allora sarebbe dovuto tornare all'altare e offrire il dono (Mt. 5, 23 s.).
25. 5. Se poi uno aveva qualcosa contro un suo fratello, lo doveva trarre da parte: se quello gli avesse dato ascolto, avrebbe guadagnato quel suo fratello; in caso contrario, avrebbe fatto ricorso ad una o due persone. Se poi quello non avesse tenuto in alcun conto neppure costoro, si sarebbe fatto ricorso alla chiesa: se quello non avesse obbedito neppure a questa, sarebbe stato per lui come un pagano e un pubblicano (Mt. 18, 15 s.).
25. 6. Aggiungeva anche che al fratello che peccava e chiedeva perdono bisognava rimettere il peccato non sette volte ma settanta volte sette, come ciascuno chiede ogni giorno al Signore di perdonarlo (Mt. 18, 21 s.; 6, 12).


Presìdi della castità

26. 1. Nessuna donna frequentò mai la sua casa né vi rimase per qualche tempo, neppure la sua sorella germana, che vedova consacrata a Dio per molto tempo fino al giorno della sua morte fu preposta alle serve del Signore, e neppure le figlie di suo fratello ch'erano parimenti consacrate a Dio: eppure i concili episcopali avevano fatto eccezione per queste persone.
26. 2. Affermava a tal proposito che certo non poteva sorgere alcun sospetto a causa della sorella e delle nipoti che fossero vissute insieme con lui; però, poiché quelle non avrebbero potuto vivere insieme con lui senza la compagnia di altre donne loro amiche e sarebbero venute a visitarle anche altre donne di fuori, a causa di queste poteva nascere motivo di scandalo per i più deboli (1 Cor. 8, 9; Rom. 14, 13). Infatti qualcuno di quelli che stavano insieme col vescovo o con qualche chierico potevano cedere a tentazioni umane a causa di tutte quelle donne che abitavano insieme o usavano recarsi lì, ovvero inevitabilmente sarebbe stato diffamato dai malvagi sospetti degli uomini.
26. 3. Perciò affermava che mai donne debbono vivere nella stessa casa con i servi di Dio, anche castissimi, per evitare - come ho detto - che tale esempio costituisse motivo di scandalo o di offesa per i deboli. Egli poi, se veniva invitato da qualche donna a visitarla e salutarla, non si recava mai da quella senza la compagnia di chierici, e mai parlò con esse da solo a sole, neppure se si doveva trattare qualche questione riservata.

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È Lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri.. Ef 4,11
 
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