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PECCATI e MISERICORDIA

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2021 10:06
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06/02/2010 20:42
 
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I dieci Comandamenti sono comuni a tutti i credenti.
Forse è uno dei pochi elementi che accomunano almeno nella parte teorica i grandi gruppi religiosi ed i piccoli gruppi.
Ebrei, Cristiani e Musulmani hanno questi stessi comandamenti. E tutte le confessioni appartenenti a queste tre grandi religioni monoteistiche conservano l'enunciato principale espresso nel libro dell'Esodo quando Dio diede a Mosè le Tavole della Legge.
Al giovane ricco che gli chiedeva cosa dovesse fare per avere la vita eterna, Gesù disse di osservare i comandamenti, come condizione indispensabile.
E' perciò evidente che non osservando questi comandamenti si rischia seriamente di perdere la vita eterna. Si tratta dunque di peccati gravi, che se non confessati dietro sincero pentimento possono condurci alla perdita della salvezza.
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18/03/2010 09:01
 
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I PECCATI PIU' GRAVI

    I peccati contro lo Spirito Santo sono il *termine di un processo*: la tiepidezza. O invertiamo il processo, oppure rischiamo di commettere anche i peccati più gravi. Nella vita spirituale non si può stare fermi: o si progredisce o si va indietro. La spiegazione dei peccati contro lo Spirito Santo ci serva dunque per odiare e fuggire anche il minimo peccato veniale: la meditazione delle colpe più grandi ci faccia evitare anche le più piccole.

D. 153 - Perché i peccati contro lo Spirito Santo sono dei più gravi e funesti?
R. - I peccati contro lo Spirito Santo sono dei più gravi e funesti, perché con essi l’uomo si oppone ai doni spirituali della verità e della grazia, e perciò, anche potendolo, difficilmente si converte.
Spiegazione. - Tra i peccati mortali sono più gravi e funesti: a) i peccati contro lo Spirito Santo; b) quelli che gridano vendetta al cospetto di Dio.
Come c’insegna il catechismo i peccati contro lo Spirito Santo sono dei più gravi e funesti perché con essi l’uomo si oppone al doni spirituali della verità e della grazia. L’uomo può peccare specialmente per tre cause. Per ignoranza, non riflettendo alla gravità del male; per debolezza, non sapendo resistere al piacere sensibile che lo attira, per malizia, cioè conoscendo pienamente il male, e non avendo neppure la scusa del piacere che lo attira; peccando anzi quasi solo per fare male. Questo genere di peccato si oppone in modo diretto a Dio, all’opera con cui Dio vuole render l’uomo meritevole del paradiso. I peccati contro lo Spirito Santo, sono peccati di pura malizia; quindi l’uomo che li commette, anche potendolo, difficilmente si converte, poiché essi pongono chi se ne rende colpevole in opposizione diretta ai mezzi della salute. Chi si rende reo dei peccati contro lo Spirito Santo, fa, in ordine alla salute eterna, quello che farebbe in ordine alla guarigione un ammalato che invece della medicina prendesse cose che direttamente aggravano la febbre che lo consuma.
Ciò si comprende anche meglio considerando brevemente la malizia particolare di ognuno di essi:
I - Disperazione della salute. - Uno dispera della salute quando pensa, crede che non potrà salvarsi, perché ritiene che Dio o non vuole salvarlo, o non vuol dargli i mezzi necessari, o non vuole perdonargli i peccati. Egli con ciò reca la massima ingiuria alla bontà di Dio che può e vuole sempre salvarci, anche se i nostri peccati sono gravissimi, purché facciamo da parte nostra quello che dobbiamo. Chi dispera imita Caino e Giuda. Caino disse: "Il mio peccato è così grande, che io non posso meritar perdono". Giuda, disperando del perdono, andò ad impiccarsi ad un albero.
II - Presunzione di salvarsi senza merito. - Presunzione è fiducia disordinata, fiducia non appoggiata a ragione seria. Speriamo di salvarci, perché Dio ci vuole salvi, e noi vogliamo, da parte nostra, fare ciò che è necessario per salvarci, e cioè, come diciamo nell’atto di speranza, speriamo da Dio "la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere che io debbo e voglio fare". Presumere di salvarsi senza merito è burlarsi di Dio, quasi che Egli ci debba il paradiso, o ci debba premiare del bene che non abbiamo voluto fare.
III - Impugnare la verità conosciuta. - Impugnare, cioè negare, respingere, combattere la verità conosciuta, è atto di ribellione a Dio, che c’insegna per mezzo della Chiesa la verità, che illumina la nostra mente. Purtroppo ai giorni nostri sono molti i cristiani che colla parola, cogli scritti impugnano la verità conosciuta, perché torna loro
molesta.
IV - Invidia della grazia altrui. - Vuol dire vedere di mai occhio, essere malcontenti che il prossimo pratichi la virtù, viva religiosamente; e desiderare che il prossimo cada in peccato e non pratichi il bene in ordine alla vita eterna. E desiderare che gli altri non camminino per la via della salute. Così il demonio è stato invidioso della grazia di Adamo e di Eva; e lo è della grazia nostra. Di tale delitto si rendono facilmente colpevoli anche quelle persone che, vedendo il loro prossimo buono, pio, religioso, tentano con ogni mezzo dì trascinarli al male, imitando il demonio che, invidioso, indusse al peccato i nostri progenitori nel paradiso terrestre.
V - Ostinazione nei peccati. - Vuoi dire conoscere di far male, sapere che quel male offende Dio e conduce alla rovina, e tuttavia persistervi. Dio con le sue grazie, con le sue prediche, ecc. chiama il peccatore a penitenza. Ma l’ostinato non si arrende, persiste nel peccato che conosce essere male. Quanti purtroppo ai giorni nostri vivono colpevoli di questo delitto, respingendo la grazia di Dio e ostinandosi nel male!
VI - Impenitenza finale. - Una vita di peccato conduce spesso a morire impenitenti. È gran male peccare; è male maggiore perseverare nel male, ostinarsi nel peccato; supremo e irreparabile male è morire impenitenti, ostinati nel male, nell’avversione a Dio. Questo è l’ultimo e irreparabile delitto contro Dio, che ci ha creati e fatti cristiani per darci un giorno il paradiso. Per l’impenitenza finale l’uomo respinge tutte le grazie e gl’inviti paterni dei Signore e si precipita nell’eternità in stato di irreparabile ribellione a Dio che, per la suo giustizia, lo deve punire.
Pratica. - Se non volete arrivare a quest’estremo non vi familiarizzate mai col peccato. - Fuggite coloro che vogliono indurvi al male o anche solo allontanarvi dalla Chiesa. - Pregate lo Spirito Santo onde potervi sempre conservare nella sua santa grazia.

La spiegazione, leggermente modificata, è tratta da: Mons. Giuseppe Perardi, Nuovo Manuale del Catechista, Torino: L.I.C.E, 1914/11, pp. 244-46.

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15/04/2010 14:08
 
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959. Che cosa è il vizio?

Il vizio è una cattiva disposizione dell'animo a fuggire il bene e a fare il male, causata dal frequente ripetersi degli atti cattivi.

960. Che differenza v'è tra peccato e vizio?

Tra peccato e vizio v'è questa differenza, che il peccato è un atto che passa, mentre il vizio è la cattiva abitudine contratta di cadere in qualche peccato.

961. Quali sono i vizi che si chiamano capitali?

I vizi che si chiamano capitali sono sette:

  1. Superbia;
  2. Avarizia;
  3. Lussuria;
  4. Ira;
  5. Gola;
  6. Invidia;
  7. Accidia.

962. I vizi capitali come si vincono?

I vizi capitali si vincono con l'esercizio delle virtù opposte. Cosi la superbia si vince con l'umiltà; l'avarizia con la liberalità; la lussuria con la castità; l'ira con la pazienza; la gola con l'astinenza; l'invidia con l'amor fraterno; l'accidia con la diligenza e col fervore nel servizio di Dio.

963. Perché questi vizi si chiamano capitali?

Questi vizi si chiamano capitali, perché sono la sorgente e la cagione di molti altri vizi e peccati.

964. Quanti sono i peccati contro lo Spirito Santo?

I peccati contro lo Spirito Santo sono sei:

  1. disperazione della salute;
  2. presunzione di salvarsi senza merito;
  3. impugnare la verità conosciuta;
  4. invidia della altrui grazia;
  5. ostinazione nei peccati;
  6. impenitenza finale.

965. Perché questi peccati si dicono in particolare contro lo Spirito Santo?

Questi peccati si dicono in particolare contro lo Spirito Santo, perché si commettono per pura malizia, la quale è contraria alla bontà, che si attribuisce allo Spirito Santo.

966. Quali sono i peccati che si dicono gridare vendetta nel cospetto di Dio?

I peccati che diconsi gridar vendetta nel cospetto di Dio sono quattro:

  1. omicidio volontario;
  2. peccato impuro contro l'ordine della natura;
  3. oppressione dei poveri;
  4. fraudare la mercede agli operai.

967. Perché si dice che questi peccati gridano vendetta al cospetto di Dio?

Questi peccati diconsi gridare vendetta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la loro iniquità è così grave e manifesta che provoca Dio a punirli con più severi castighi.

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15/04/2010 14:10
 
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I 7 Vizi Capitali

1) Superbia

Il superbo ostenta sicurezza e cultura e sminuisce i meriti altrui. La sua posizione psicologica è però più complessa: non sempre è realmente convinto di possedere tutte le qualità che lui stesso si attribuisce. Teme delusioni e insuccessi perché rivelerebbero la triste verità che egli stesso sospetta, quella di essere in realtà un mediocre, un normodotato, di rientrare nella media.

2) Accidia

Indolenza, indifferenza: l'accidioso indugia voluttuosamente nell'ozio e nell'errore. Sa quali siano i suoi impegni, ma pur di non assolverli, ne ridimensiona la portata, autoconvincendosi che si tratti di piccolezze e che rimandarle non comporti conseguenze gravi. 

3) Lussuria

La lussuria non è la semplice dedizione ai piaceri sensuali. Lussurioso è soprattutto chi si lascia rapire e cullare continuamente dalla fantasie sensuali. La lussuria diventa un vizio quando il costante volgersi del pensiero al desiderio impedisce il normale svolgimento delle incombenze quotidiane.

4) Ira

L'ira non è l'occasionale esplosione di rabbia:  diventa un vizio in presenza di un'estrema suscettibilità che fa sì che anche la più trascurabile delle inezie sia capace di scatenare una furia selvaggia.

5) Gola

Il peccato di gola non è la mera ingordigia o la smodata consumazione di cibo, ma il lusso alimentare, la predilezione per la cucina raffinata, la propensione a cibarsi esclusivamente di pietanze  pregiate e costose.

6) Invidia

Per l'invidioso, la felicità altrui è fonte di personale frustrazione. Sminuisce i successi altrui e li attribuisce alla fortuna o al caso o sostiene che siano frutto di ingiustizia.

7) Avarizia

Estremo contenimento delle spese non perché lo imponga la necessità, ma per il gusto di risparmiare fine a se stesso. L'avaro si sente un virtuoso e si descrive con aggettivi delicati ed equilibrati: prudente, attento, oculato, parco.


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04/05/2010 16:49
 
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PARTE TERZA 
LA VITA IN CRISTO

SEZIONE PRIMA 
LA VOCAZIONE DELL'UOMO: 
LA VITA NELLO SPIRITO

CAPITOLO PRIMO 
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA

ARTICOLO 8 
IL PECCATO

I. La misericordia e il peccato

1846 Il Vangelo è la rivelazione, in Gesù Cristo, della misericordia di Dio verso i peccatori. 106 L'angelo lo annunzia a Giuseppe: « Tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21). La stessa cosa si può dire dell'Eucaristia, sacramento della redenzione: « Questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati » (Mt 26,28).

1847 « Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi ». 107 L'accoglienza della sua misericordia esige da parte nostra il riconoscimento delle nostre colpe. « Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa » (1 Gv 1,8-9).

1848 Come afferma san Paolo: « Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia » (Rm 5,20). La grazia però, per compiere la sua opera, deve svelare il peccato per convertire il nostro cuore e accordarci « la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore » (Rm 5,21). Come un medico che esamina la piaga prima di medicarla, Dio, con la sua Parola e il suo Spirito, getta una viva luce sul peccato:

« La conversione richiede la convinzione del peccato, contiene in sé il giudizio interiore della coscienza, e questo, essendo una verifica dell'azione dello Spirito di verità nell'intimo dell'uomo, diventa nello stesso tempo il nuovo inizio dell'elargizione della grazia e dell'amore: "Ricevete lo Spirito Santo". Così in questo "convincere quanto al peccato" scopriamo una duplice elargizione: il dono della verità della coscienza e il dono della certezza della redenzione. Lo Spirito di verità è il Consolatore ». 108

II. La definizione di peccato

1849 Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all'amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell'uomo e attenta alla solidarietà umana. È stato definito « una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna ». 109

1850 Il peccato è un'offesa a Dio: « Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto » (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l'amore di Dio per noi e allontana da lui i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare « come Dio » (Gn 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è « amore di sé fino al disprezzo di Dio ». 110 Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all'obbedienza di Gesù, che realizza la salvezza. 111

1851 È proprio nella passione, in cui la misericordia di Cristo lo vincerà, che il peccato manifesta in sommo grado la sua violenza e la sua molteplicità: incredulità, odio omicida, rifiuto e scherno da parte dei capi e del popolo, vigliaccheria di Pilato e crudeltà dei soldati, tradimento di Giuda tanto pesante per Gesù, rinnegamento di Pietro, abbandono dei discepoli. Tuttavia, proprio nell'ora delle tenebre e del principe di questo mondo, 112 il sacrificio di Cristo diventa segretamente la sorgente dalla quale sgorgherà inesauribilmente il perdono dei nostri peccati.

III. La diversità dei peccati

1852 La varietà dei peccati è grande. La Scrittura ne dà parecchi elenchi. La lettera ai Gàlati contrappone le opere della carne al frutto dello Spirito: « Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio » (Gal 5,19-21). 113

1853 I peccati possono essere distinti secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto umano, oppure secondo le virtù alle quali si oppongono, per eccesso o per difetto, oppure secondo i comandamenti cui si oppongono. Si possono anche suddividere a seconda che riguardino Dio, il prossimo o se stessi; si possono distinguere in peccati spirituali e carnali, o ancora in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissione. La radice del peccato è nel cuore dell'uomo, nella sua libera volontà, secondo quel che insegna il Signore: « Dal cuore [...] provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo » (Mt 15,19-20). Il cuore è anche la sede della carità, principio delle opere buone e pure, che il peccato ferisce.

IV. La gravità del peccato: peccato mortale e veniale

1854 È opportuno valutare i peccati in base alla loro gravità. La distinzione tra peccato mortale e peccato veniale, già adombrata nella Scrittura, 114 si è imposta nella Tradizione della Chiesa. L'esperienza degli uomini la convalida.

1855 Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell'uomo a causa di una violazione grave della Legge di Dio; distoglie l'uomo da Dio, che è il suo fine ultimo e la sua beatitudine, preferendo a lui un bene inferiore.

Il peccato veniale lascia sussistere la carità, quantunque la offenda e la ferisca.

1856 Il peccato mortale, in quanto colpisce in noi il principio vitale che è la carità, richiede una nuova iniziativa della misericordia di Dio e una conversione del cuore, che normalmente si realizza nel sacramento della Riconciliazione:

« Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale [...] tanto se è contro l'amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc., quanto se è contro l'amore del prossimo, come l'omicidio, l'adulterio, ecc. [...] Invece, quando la volontà del peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va contro l'amore di Dio e del prossimo — è il caso di parole oziose, di riso inopportuno, ecc. —, tali peccati sono veniali ». 115

1857 Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: « È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso ». 116

1858 La materia grave è precisata dai dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre » (Mc 10,19). La gravità dei peccati è più o meno grande: un omicidio è più grave di un furto. Si deve tenere conto anche della qualità delle persone lese: la violenza esercitata contro i genitori è di per sé più grave di quella fatta ad un estraneo.

1859 Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e pieno consenso. Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell'atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L'ignoranza simulata e la durezza del cuore 117 non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono.

1860 L'ignoranza involontaria può attenuare se non annullare l'imputabilità di una colpa grave. Si presume però che nessuno ignori i principi della legge morale che sono iscritti nella coscienza di ogni uomo. Gli impulsi della sensibilità, le passioni possono ugualmente attenuare il carattere volontario e libero della colpa; come pure le pressioni esterne o le turbe patologiche. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.

1861 Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili. Tuttavia, anche se possiamo giudicare che un atto è in sé una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio.

1862 Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza o senza totale consenso.

1863 Il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell'anima nell'esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene temporali. Il peccato veniale deliberato e che sia rimasto senza pentimento, ci dispone poco a poco a commettere il peccato mortale. Tuttavia il peccato veniale non rompe l'alleanza con Dio. È umanamente riparabile con la grazia di Dio. « Non priva della grazia santificante, dell'amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna ». 118

« L'uomo non può non avere almeno peccati lievi, fin quando resta nel corpo. Tuttavia non devi dar poco peso a questi peccati, che si definiscono lievi. Tu li tieni in poco conto quando li soppesi, ma che spavento quando li numeri! Molte cose leggere, messe insieme, ne formano una pesante: molte gocce riempiono un fiume e così molti granelli fanno un mucchio. Quale speranza resta allora? Si faccia anzitutto la Confessione... ». 119

1864 « Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata » (Mt 12,31). 120 La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. 121 Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna.

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04/05/2010 16:52
 
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V. La proliferazione del peccato

1865 Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice.

1866 I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l'esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano 122 e san Gregorio Magno. 123 Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l'avarizia, l'invidia, l'ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia.

1867 La tradizione catechistica ricorda pure che esistono « peccati che gridano verso il cielo ». Gridano verso il cielo: il sangue di Abele; 124 il peccato dei Sodomiti; 125 il lamento del popolo oppresso in Egitto; 126 il lamento del forestiero, della vedova e dell'orfano; 127 l'ingiustizia verso il salariato. 128

1868 Il peccato è un atto personale. Inoltre, abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo:

— prendendovi parte direttamente e volontariamente;
— comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;
— non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;
— proteggendo coloro che commettono il male.

1869 Così il peccato rende gli uomini complici gli uni degli altri e fa regnare tra di loro la concupiscenza, la violenza e l'ingiustizia. I peccati sono all'origine di situazioni sociali e di istituzioni contrarie alla bontà divina. Le « strutture di peccato » sono espressione ed effetto dei peccati personali. Inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male. In un senso analogico esse costituiscono un « peccato sociale ». 129

In sintesi

1870 « Dio [...] ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per usare a tutti misericordia » (Rm 11,32).

1871 Il peccato è « una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna ». 130 È un'offesa a Dio. Si erge contro Dio in una disobbedienza contraria all'obbedienza di Cristo.

1872 Il peccato è un atto contrario alla ragione. Ferisce la natura dell'uomo ed attenta alla solidarietà umana.

1873 La radice di tutti i peccati è nel cuore dell'uomo. Le loro specie e la loro gravità si misurano principalmente in base al loro oggetto.

1874 Scegliere deliberatamente, cioè sapendolo e volendolo, una cosa gravemente contraria alla Legge divina e al fine ultimo dell'uomo è commettere un peccato mortale. Esso distrugge in noi la carità, senza la quale la beatitudine eterna è impossibile. Se non ci si pente, conduce alla morte eterna.

1875 Il peccato veniale rappresenta un disordine morale riparabile per mezzo della carità che tale peccato lascia sussistere in noi.

1876 La ripetizione dei peccati, anche veniali, genera i vizi, tra i quali si distinguono i peccati capitali.


(106) Cf Lc 15.

(107) Sant'Agostino, Sermo 169, 11, 13: PL 38, 923.

(108) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem, 31: AAS 78 (1986) 843.

(109) Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22, 27: CSEL 25, 621 (PL 42, 418); cf San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 71, a. 6: Ed. Leon. 7, 8-9.

(110) Sant'Agostino, De civitate Dei, 14, 28: CSEL 402, 56 (PL 41, 436).

(111) Cf Fil 2,6-9.

(112) Cf Gv 14,30.

(113) Cf Rm 1,28-32; 1 Cor 6,9-10; Ef 5,3-5; Col 3,5-9; 1 Tm 1,9-10; 2 Tm 3,2-5.

(114) Cf 1 Gv 5,16-17.

(115) San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 88, a. 2, c: Ed. Leon. 7, 135.

(116) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 17: AAS 77 (1985) 221.

(117) Cf Mc 3,5-6; Lc 16,19-31.

(118) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 17: AAS 77 (1985) 221.

(119) Sant'Agostino, In epistulam Iohannis ad Parthos tractatus, 1, 6: PL 35, 1982.

(120) Cf Mc 3,29; Lc 12,10.

(121) Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem, 46: AAS 78 (1986) 864-865.

(122) Cf San Giovanni Cassiano, Conlatio, 5, 2: CSEL 13, 121 (PL 49, 611).

(123) Cf San Gregorio Magno, Moralia in Iob, 31, 45, 87: CCL 143B, 1610 (PL 76, 621).

(124) Cf Gn 4,10.

(125) Cf Gn 18,20; 19,13.

(126) Cf Es 3,7-10.

(127) Cf Es 22,20-22.

(128) Cf Dt 24,14-15; Gc 5,4.

(129) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 16: AAS 77 (1985) 216.

(130) Sant'Agostino, Contra Faustum manichaeum, 22, 27: CSEL 25, 621 (PL 42, 418).

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10/05/2010 08:28
 
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La bestemmia più grave dell'omicidio. Una offesa a Dio e alla sua infinita misericordia. Grande differenza tra insulto e bestemmia. L'insulto é figlio della volgarità, la bestemmia un rinnegare Dio

Un pezzo del nostro Di Pietro ha portato a riflettere sulla bestemmia e sulle sue conseguenze. Ne abbiamo discusso con il noto teologo, don Renzo Lavatori, docente. Professor Lavatori, che cosa é la bestemmia?: " una offesa gravissima a Dio, un peccato che merita ogni biasimo e censura in quanto offende, spesso consapevolmente, la infinita bontà di Dio e ne revoca in dubbio la efficacia". Che differenza esiste tra bestemmia e insulto?: " una grande diversità di conseguenze e contenuti, anche se normalmente, nella comune accezione, si ritiene che bestemmia ed insulto siano la stessa cosa ed invece non é affatto così". Dunque precisiamo: " l' insulto o la parolaccia, per essere maggiormente chiari, é sintomo di volgarità, di rabbia, di concitazione e comuque sarebbe bene evitarli. Specie quando questi avvengono platealmente in Tv, dando un pessimo esempio agli spettatori. L' insulto racchiude nella maggior ...

... parte dei casi, un deficit di educazione e di saper vivere che può avere origine nella formazione della persona. Oggi ne sentiamo di vari, epiteti coloriti, salaci e, lo ribadisco, volgari".

La bestemmia?: " é una cosa radicalmente diversa dall' insulto o ingiuria. La bestemmia consiste nel rinnegare Dio con una manifestazione blasferma e figlia di una ribellione a Dio e alla sua bontà. La bestemmia é figlia talvolta del demonio, della rabbia e dell' ira o in alcuni casi, ma questi mi sembrano meno gravi, anche se ugualmente censurabili, figli di tradizioni regionali deprecabili, come spesso accade in Toscana o nel Lazio. Da quelle parti, la bestemmia non ha un preciso valore offensivo verso Dio, ma molte volte coloro i quali la profferiscono, sono credenti. In sostanza é una specie di patrimonio genetico, che sarebbe meglio evitare".

Da che cosa deriva la bestemmia?: " quella che si chiama anche blasfemia, è frutto di una incoscienza e non credenza o talvolta ribellione a Dio, il cui santo nome viene messo sotto i piedi. Sono bestemmie ovviamente anche tutte le imprecazioni contro la Madonna e i santi, in quanto in sé stesse implicano la idea di rifiuto del divino e del sacro, con la precisa e mirata volontà di colpire".

Ma la bestemmia é solo una espressione o si concretizza anche in altri atteggiamenti?: " generalmente la bestemmia comune é la imprecazione volgare contro Dio, ma anche il fatto, spesso ricorrente, di sentir dire da qualcuno, io non ho commesso peccati, é una bestemmia in quanto costui, con orgoglio smisurato, non sa riconoscersi peccatore e dunque necessitato a ricevere il perdono di Dio. Pertanto  la bestemmia é una insidia molto grave e nasconde pericoli da evitare, per la salute dell' anima".

Da che cosa può dipendere la bestemmia?: " geralmente da due eccessi, contrapposti. O dal fariseismo di chi si crede a posto e non si ritiene meritevole del perdono divino, pensando di essere sempre  e comunque nel giusto, o dalla ipotesi della disperazione. Ovvero quando, a seguito di eventi, si sente travolto e distrutto e non confida in Dio, arriva a dubitare e offenderlo. Anche questa é una bestemmia, il credere che Dio ci abbandoni equivale e revocare in dubbio la sua bontà senza limiti".

Padre Lavatori, la religione si può mai imporre?: " assolutamente no. Dio ci lascia liberi di credere e non, non ci dice con un imperativo che cosa fare ed é per questo che l' uomo pecca nell' esercizio del suo libero arbitrio. Evidente che questa condotta alla fine dei tempi, sarà valutata. Ma in terra nessuno é autorizzato ad imporre la religione e men che mai con la forza. La religione si propone e non si impone".

[Modificato da Credente 16/10/2010 18:10]
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16/10/2010 18:12
 
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(Lc 12,8-12)
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’Uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.

 

Commento di Padre Giulio Maria Scozzaro


Questa affermazione di Gesù ha causato agitazione nei cristiani poco coerenti. Una Parola di Gesù abbastanza forte, allo stesso tempo non chiara neanche a molti addetti allo studio della teologia. I modernisti hanno distorto tutto il Vangelo, anche questa Parola è stata manipolata, falsata, adattata ai piaceri di questi tempi. Ne hanno dato una spiegazione annacquata.

“Chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato”, ma non intende la bestemmia come parola blasfema o maledizione, la spiegazione è ben più grave. Richiede un’attenzione sincera ed interessata per comprenderne la corretta spiegazione, per avere chiara la gravità dell’affermazione di Gesù, che riguarda tutti.


Dopo avere chiarito cosa avverrà a chi Lo riconoscerà e a chi Lo rifiuterà, Gesù afferma che “chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato”. La confusione su questa frase è immensa, ognuno dà una spiegazione personale, secondo la maturità della vita spirituale. In effetti, sembrerebbe delimitare la misericordia infinita di Gesù, il suo desiderio di salvare tutti i peccatori.

Bisogna chiarire due cose: Il peccato della bestemmia può essere perdonato, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere perdonata. Separiamo la bestemmia come tale e l’atteggiamento peccaminoso che è un oltraggio allo Spirito Santo.

“La bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata”: significa che è impossibile ottenere il perdono, non per mancanza di amore o di potenza di Dio (è dogma di fede che la Chiesa può rimettere tutti i peccati senza alcuna eccezione) ma per la chiusura all’azione della Grazia da parte di chi commette i peccati.

Non è Gesù a rifiutare il perdono, è l’ostinazione del peccatore a rifiutare il perdono.

La maggior parte dei cristiani senza rendersene conto -tanto è ottenebrato l’intelletto-, non hanno alcun desiderio di chiedere perdono a Gesù. E questo succede anche a tutti coloro che pur pregando (?), hanno una condotta di vita spregiudicata e sono insensibili alle cose di Dio. Non si tratta del classico peccatore come lo intendiamo comunemente, che può, senza limiti ed alcun problema, convertirsi e cominciare una vita santa.

Riguarda chi riconosce che determinate opere sono di Gesù e nella sua follia le attribuisce al diavolo. Perché non è interessato a Gesù né alla vita di Grazia. Succede anche a Sacerdoti e Vescovi. Nessuno è escluso.

Quindi, la bestemmia contro lo Spirito Santo è quella di coloro, che chiudono gli occhi davanti alle opere di Dio e respingono ostinatamente le sue opere, addirittura attribuendole al diavolo, identificando così lo Spirito Santo con lo spirito maligno, come facevano i farisei.

Vediamo innanzitutto i sei peccati contro lo Spirito Santo indicati dal Catechismo: 1) l’impugnazione della verità conosciuta; 2) l’invidia della Grazia altrui; 3) la disperazione della salvezza; 4) la presunzione di salvarsi senza merito; 5) l’ostinazione nel peccato; 6) l’impenitenza finale.

Quindi, la bestemmia contro lo Spirito Santo è l’ostinazione nel peccato, e si commette sapendo di andare consapevolmente contro Dio, è un’irriverenza ribelle, arrecando umiliazione intenzionale alle cose legate a Dio, sapendo quindi con precisione che dichiara guerra a Dio.

Una malattia viene dichiarata inguaribile quando l’ammalato rifiuta la medicina, allo stesso modo c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona, perché il peccatore rifugge la Grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio. Rifugge perché rifiuta la Grazia.

Questa è la bestemmia contro lo Spirito Santo e non può essere perdonata, perché il peccatore è sprofondato nella ribellione piena e definitiva contro Dio. Non potrà più tornare indietro, non vuole tornare a Dio, anche se si sforzasse sarebbe un’ipocrisia.

A causa dei suoi molti ed abominevoli peccati, non ha assolutamente la capacità di cercare la Grazia. La sua anima è devastata dai peccati gravissimi e consapevoli. Non si salverà nonostante le preghiere degli altri.

Fate attenzione, non è Gesù a non volere convertire il peccatore, ma il peccatore a rifiutare la sua Grazia, e Gesù lo lascia libero nella sua scelta. Gesù rispetta il libero arbitrio di tutti noi.

Invece, è diversa la situazione di un grande peccatore che pecca ripetutamente ma non per opposizione a Dio o volutamente contro la sua volontà. Pecca per debolezza e perché incapace di resistere alle tentazioni. E questo peccatore potrà salvarsi. Sono due situazioni opposte di due peccatori.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo” (CCC 1864).

Il peccatore dovrebbe rivolgersi a Gesù con un atteggiamento di riconoscenza, non di bestemmia.
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27/09/2011 21:33
 
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"PERCHE' DIO LO HA PERMESSO..."

Una credente è stata intervistata in uno show televisivo americano, chiamato "Early Show", e la conduttrice, Jane Clayson, le ha chiesto: "Come ha potuto Dio lasciare che il disastro a NYC, e le sue conseguenze potessero verificarsi?". Lei ha risposto in maniera molto penetrante dicendo:

"Io credo che Dio sia profondamente rattristato da tutto quello che è successo, proprio come lo siamo noi, ma per anni abbiamo detto a Dio di uscire dalle nostre scuole, di uscire dal nostro Governo, e di uscire dalle nostre vite. E da rispettoso qual è, credo che Lui sia quietamente uscito. Come possiamo aspettarci che Dio ci dia le Sue benedizioni, e la Sua protezione, se prima esigiamo che ci lasci soli?"

Penso che tutto sia cominciato quando Madeline Murray O'Hare (che è stata assassinata, ed il suo corpo è stato ritrovato recentemente), si lamentò, poiché non voleva che si pregasse nelle scuole americane, e gli americani hanno detto: “OK”.

Poi qualcun altro ha detto che sarebbe meglio non leggere la Bibbia nelle scuole americane. Quella stessa Bibbia che dice: "Non uccidere, non rubare, ama il tuo prossimo come te stesso, ...", e gli americani hanno detto: “OK”.

Poi il Dott. Benjamin Spock ha detto che i genitori non dovrebbero sculacciare i propri figli quando si comportano male, poiché le loro piccole personalità potrebbero essere alterate, e la loro stima personale danneggiata, ed il mondo ha detto: "Un esperto dovrebbe sapere ciò di cui sta parlando.", ed ha detto: “OK” (da notare che il figlio del Dott. Spock si è suicidato).

Poi, in molti paesi del mondo, qualcuno ha detto: "Lasciamo che le nostre figlie abortiscano, se lo vogliono, senza neanche avvisare i propri genitori". Ed il mondo ha detto: “OK”. 

 Poi qualche saggio docente scolastico ha detto: "Visto che i ragazzi sono ragazzi, e lo faranno comunque, diamo ai nostri figli tutti i preservativi che vogliono, così possono divertirsi quanto vogliono. Ed il mondo ha detto: “OK”.

Poi, i maggiori ufficiali eletti nel mondo hanno detto che non importa quello che una persona fa in privato, anche se si tratta di un governatore, purché ci sia occupazione e lavoro. Ed il mondo, d'accordo con loro, ha detto che non importa ciò che ognuno fa privatamente, incluso i presidenti, purché ci sia lavoro e l'economia vada bene, ed ha detto: “OK”.

Poi il mondo ha detto, Stampiamo dei giornali con foto di donne nude, e chiamiamo tutto ciò "Completo e realista apprezzamento della bellezza del corpo femminile". Ed il mondo ha detto: “OK”.

Poi qualcun altro ha portato quell'apprezzamento un passo oltre, ed ha pubblicato foto di bambini nudi, e li ha anche resi disponibili in rete. Ed il mondo ha detto: “OK”.

Si ha il permesso di girare film e show televisivi che promuovono profanità, violenza, e sesso illecito. Si può registrare musica che incoraggia stupri, droga, omicidi, suicidi, e temi satanici. Ed il mondo li ha chiamati "intrattenimento", ed ha detto che non ha effetti collaterali, e che nessuno, comunque, lo prende in seria considerazione, e quindi ha detto: “OK”.

 

Ora ci chiediamo perché i nostri figli non hanno coscienza, perché non sanno distinguere il bene dal male, e perché uccidono così facilmente estranei, compagni di scuola, e loro stessi. Probabilmente, se ci pensassimo bene, troveremmo una risposta. 

Io penso che il perché ha molto a che fare con: "Ciò che l'uomo avrà seminato, quello ancora mieterà" (Galati 6,7).

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13/10/2011 11:28
 
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IL PECCATO DI ORIGINE

Ro 5,12 Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato.


In ogni essere umano è presente un conflitto fra la tendenza al piacere
disordinato e la tendenza alla giustizia. Esiste un'esperienza fondamentale
che facciamo tutti: in certi casi vediamo con certezza che dovremmo fare una
certa cosa che riconosciamo essere buona per noi e tralasciare un'altra che
riconosciamo essere cattiva ma dalla quale possiamo ricavare un piacere
momentaneo e disordinato.

  In questa situazione la scelta giusta e conveniente implica uno sforzo
perché dobbiamo superare la nostra repulsione di fronte a qualcosa che sul
momento non ci piace e ci costa fatica.

  Questa situazione di conflitto ci fa soffrire e da essa nasce lo sforzo
necessario e quotidiano per mettere ordine fra le componenti della
personalità.

  La necessità che gli uomini hanno di mettere ordine dentro se stessi, lo
sforzo quotidiano che devono fare per comandare se stessi testimoniano
l'esistenza di una situazione di disordine che è presente all'interno di
ogni essere umano, di una ferita che tutti abbiamo al nostro interno.

  Una ferità è sempre una situazione di lacerazione, di disordine che si è
prodotto fra gli elementi di un tessuto che era originariamente integro e
quindi ordinato: l'esistenza di una ferita presuppone sempre l'esistenza di
uno stato di ordine che c'era ed è stato perso.

Il conflitto fra la tendenza al piacere momentaneo e disordinato e la
tendenza alla giustizia e quindi il conflitto fra le passioni e la volontà,
tra la volontà e la ragione è un conflitto che è presente all'interno di
ogni uomo ed è il risultato di una misteriosa ferita originale dell'umanità.

  " Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di
gravi errori nel campo dell'educazione, della politica, dell'azione sociale
e dei costumi ". ( Catechismo della Chiesa Cattolica n. 4077)

  Omero, che è uno dei primi autori pagani che ci sono pervenuti, presenta
in tutte le sue opere il più vistoso dei conflitti che assillano l'uomo: la
lotta fra la mente e il cuore, cioè fra la ragione e le passioni. Questo
conflitto all'interno dell'uomo spinge gli eroi omerici all'instabilità
psichica.  Così, nel libro XXII dell'Odissea, Odisseo " rimproverò il suo
cuore con il ragionamento ".

  L'episodio che meglio mostra questo conflitto che c'è nell'interno dell'
uomo e il tentativo di unificare le componenti psichiche in lotta, è quello
delle sirene. Odisseo prevede con la mente la possibilità che il proprio
impulso, passando accanto alle sirene, venga allettato dal loro canto in
modo da disubbidire alla ragione e andare incontro alla morte accecato dalla
passione. Odisseo previene il pericolo facendosi in anticipo legare dai
marinai a cui ha accuratamente turato le orecchie con la cera affinché non
siano sedotti dal loro canto.

  In questo caso la passione viene ridotta all'obbedienza con la previsione
e la coercizione. Ma il collegamento fra la mente e il cuore per funzionare
stabilmente, e non solo momentaneamente con l'uso di quella
che Omero chiama l'accortezza - pinytés -, è una sorta di talento, di dono
che viene dall'alto e che solo alcuni personaggi come Achille possiedono in
maniera eccezionale. Achille è un eroe che ha quel fortunato stato psichico
di unione stabile fra la mente e il cuore che Omero indica con il termine di
risolutezza - ménos -, per cui riesce ad agire senza essere messo in crisi
dalle passioni come ad esempio la pigrizia o la paura. Ma l'uomo, con la sua
sola volontà, non è in grado di procurarsi questa stabile padronanza al suo
interno per cui ad Omero non resta che attribuire l'origine della
risolutezza a qualche divinità.

  L'uomo, da solo, non riesce a lottare durevolmente contro tutte le proprie
passioni disordinate, non riesce, da solo, a superare le difficoltà più
gravi, le illusioni, i condizionamenti, gli attaccamenti disordinati a cose
o persone che determinano quella che, con linguaggio psicanalitico, viene
denominata l'angoscia della separazione.

  Il Concilio Vaticano II ricorda che l'uomo non può perseverare nello
sforzo di combattere contro le proprie passioni disordinate senza compiere
grandi sforzi e senza l'aiuto della grazia. (cfr Concilio Vaticano II,
Costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo,
del 7 dicembre 1965, n.25 ).

Secondo lo psicologo tedesco Albert Görres  uno dei principali ostacoli al
superamento del male sta nella mancanza di una motivazione che illumini e
che incoraggi.

Quale motivazione può essere così forte, nella lotta contro il male, da
poter superare le stesse forze umane, da poter superare l'angoscia della
perdita che nasce da profondi condizionamenti nei confronti di cose, persone
e idee a cui l'individuo si è fisicamente e psicologicamente attaccato?

Secondo lo psichiatra statunitense William Glasser uno dei bisogni
fondamentali dell'essere umano è quello di sentirsi amato. Glasser dice che
un uomo, abbandonato su un'isola deserta o in una cella solitaria di una
prigione, un uomo privato del bene della salute e degli affetti dei suoi
cari è destinato a perdere il contatto con la realtà e può anche diventare
pazzo, a meno che non riesca a mantenere la convinzione che qualcuno ancora
lo ama . Le persone che hanno fede, attraverso la preghiera - la vita di
preghiera è la ricerca dell'unione con Dio nei pensieri e nelle azioni -, e
il cattolico anche attraverso l'aiuto particolare dei sacramenti, sentono
nella loro vita l'amore di Dio che li sostiene, li illumina e li incoraggia
anche nelle difficoltà più gravi.

Certamente l'amore di Dio rappresenta la più grande forza in grado di
motivare la persona affinché possa perseverare nella lotta contro il male.


( Bruto Maria Bruti )



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14/11/2011 11:29
 
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IL PERDONO E LE INDULGENZE

[Modificato da Credente 29/09/2019 23:18]
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25/06/2016 22:16
 
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I PECCATI DELLA LINGUA

La parola è un dono che il Signore ci ha concesso nella sua grande magnanimità, affinchè diventasse il mezzo per esprimere la saggezza e l'intelligenza che pure sono suoi doni e ci rendono a Lui somiglianti. Ma anche questi doni hanno bisogno di essere coltivati, mantenuti  e corroborati con molta cura.
Spesso invece, usiamo parlare senza riflettere molto a quello che diciamo, soprattutto se non ci siamo abituati a controllare come e di cosa stiamo parlando.
Se non stiamo molto attenti, le nostre parole possono diventare molto nocive per noi stessi e per gli altri.
La lingua è uno strumento con cui l'uomo può fare tanto bene oppure fare tanto male. Con essa si può trasmettere agli altri pensieri di bontà, di verità, di bellezza. Come gli angeli cantano le lodi di Dio giorno e notte, così l'uomo può - con l'ausilio della lingua - cantare le medesime lodi al re del cielo e della terra.
Vediamo qui di seguito alcune situazioni che dovremmo evitare nell'uso della nostra lingua:

1) NOMINARE INVANO IL NOME DI DIO
Il secondo comandamento del Decalogo recita: "Non nominare invano il Nome del Signore tuo Dio". Invano significa essenzialmente due cose:
- senza giusto motivo
- senza proporzionata devozione
E' un male pronunciare il Nome di Dio per scherzo, per burla, con ira, per imprecare e per bestemmiare. Questo discorso vale anche per il nome dei santi, in modo particolarissimo per quello della Vergine Maria. Essendo i santi amici di Dio, un'insulto fatto a loro ricade direttamente su Dio. Lui li ama e perciò non tollera che vengano impunemente insultati o ingiuriati. Nominare invano il Nome di Dio e dei santi è peccato veniale/leggero. Si ricordi per l'edificazione di tutti che in chiesa - stando alla norma del Concilio di Basilea Ferrara - quando si nomina il nome di Gesù Cristo si china il capo. Questo quasi a dire: "Signore, se oso nominare il tuo santo Nome è solo per lodarti, benedirti, pregarti". Tale deve essere l'atteggiamento di chi vuole onorare Dio come si conviene.

2) LA BESTEMMIA
Oltre al modo classico c'è un modo più raffinato di bestemmiare che è quello meno criticato e meno riconosciuto: affermare ad esempio "Dio è ingiusto" oppure "Dio non si cura di noi" o ancora "Dio non sa quel che fa" o far dire a Dio cose che Dio non dice né ha mai detto né può dire etc. C'è ben poco da dire su questo punto essendo tutti oltraggi al Nome di Dio nonché tutti peccati mortali! Perchè bestemmiare?
- Se Dio c'è il bestemmiatore è un folle perchè si attira un pronto castigo da parte di Colui che gli dà la vita!
- Se Dio non c'è cosa ottiene col bestemmiare se non il fare una magra figura? Chi infatti rispetterebbe una persona che insulta ciò che non c'è? ...
Il cane se morde per sbaglio il padrone subito si pente e piange; l'uomo invece bestemmia Dio e non se ne cura affatto, anzi, spesso rincara stoltamente la dose... E' bene riprendere i bestemmiatori, senza insultarli per evitare ulteriori peccati, ma con fermezza nonché fare atti di riparazione per le bestemmie che ogni giorno si dicono nel mondo.

3) LA MENZOGNA
Offende Dio chi mente volontariamente. Dio è verità e la menzogna il suo contrario. Pochi capiscono la sua gravità. Se la menzogna arreca grave danno alla vittima costituisce peccato mortale. Se invece parliamo della cosiddetta "Bugia di scusa" è peccato veniale. In ogni caso mai mentire è lecito. Si può tacere la verità, anzi, a volte è doveroso per non incorrere in problemi gravi, ma mai si può mentire senza colpa. Intendere bene: Non è mentire il dire "Non lo so" se ciò che mi viene chiesto di rivelare è un segreto tra me e un'altra persona. C'è poi il caso delle restrizioni mentali, cioè di quelle risposte che hanno doppio significato oppure che non significano né si né no. Quando ad esempio si chiede a una persona l'elemosina e la persona, temendo di venire truffata da chi chiede il denaro, risponde: "Non ho soldi" pensando a mente (per te!).

4) I GIURAMENTI
Giura chi chiama Dio o i santi a testimoni di ciò che afferma/nega. Bisogna evitare i giuramenti secondo il precetto evangelico. Davanti all'autorità - politica ed ecclesiastica - la santa Chiesa insegna che è lecito giurare. Chi giura sulla verità di cose di poca o di nulla importanza fa peccato veniale!
Chi giura il falso su cose gravi o non gravi, fa peccato mortale!
Chi giura il falso dunque fa sempre peccato mortale, anche se ciò che giura è di poco conto! Chi giura deve rispettare il giuramento fatto tranne nel caso abbia giurato di fare il male. In quel caso ha peccato nel giurarlo ma non nel non mantenere il giuramento.

5) LA MALDICENZA
I denti e le labbra sono due cancelli che Dio ha posto sulla bocca dell'uomo perchè eviti di parlare a vanvera, senza ragionare. Il Vangelo insegna che di ogni parola inutile sarà chiesto conto agli uomini. Chi parla male degli altri fa tre danni:
- A se stesso perchè macchia la sua anima con il peccato
- A chi ascolta perchè chi ascolta volentieri la maldicenza pecca a sua volta
- Alla vittima della maldicenza togliendogli l'onore
San Tommaso insegna che non c'è bene più grande dell'onore perciò chi toglie l'onore a una persona con la maldicenza può a ragione definirsi: "demonio incarnato". Chi parla male ha il demonio sulla lingua e chi ascolta con piacere ha il demonio nelle orecchie.

6) LA CALUNNIA
Attribuire un male a una persona innocente. E' un peccato grave e solitamente nasce dalla gelosia. Per essere assolti dalla calunnia occorre non solo confessare di avere calunniato una persona (Dio non voglia più persone!) ma bisogna anche riparare alla calunnia parlando bene di chi si è infangato con il cattivo nome. E' molto difficile farlo se la voce si sparge perciò è sommamente pericoloso come peccato.

7) LA MORMORAZIONE
Quando una colpa di una persona viene sbandierata in piazza. In questo caso il peccato è mortale o veniale a seconda di due fattori:
- La gravità della colpa che si rivela
- Le circostanze in cui si rende pubblica la colpa
Se non si rivela il nome della vittima non c'è peccato perchè si salvaguardia il suo onore. E' lecito manifestare colpa già note se c'è un buon motivo, sennò è meglio tacere a motivo di carità.

8) LA RETICENZA
Lasciar intendere il male di un'altra persona. Quando si dice "E' bravo/a ma..." quel "ma" lascia intendere di tutto e questo causa zizzania tra le persone, malcontento, cattiveria e ulteriori peccati.


9) IMPRECAZIONE: Proferire qualche parola contro se stessi o contro gli altri desiderandone il male. A seconda della gravità del male che si augura può costituire un peccato veniale o un peccato mortale. Se si impreca distrattamente o senza vera collera non c'è peccato mortale ma veniale. Augurare la morte a qualcuno invece costituisce colpa grave. Spesso chi augura il male lo subisce.


10) MALEDIZIONE PATERNA/MATERNA
Un caso particolare collegato all'imprecazione: quando i figli causano la rabbia dei genitori in modo tale da far si che questi li "maledicano". Bisogna ricordare che se c'è una maledizione che il cielo ascolta è quella dei genitori verso i figli per questo essi devono assolutamente fare in modo di non arrivare mai a maledire i propri figli perchè non potrebbero sfuggire alle conseguenze.

11) INGIURIA
E' sempre un peccato almeno veniale, a volte può essere grave a seconda della circostanza e dell'offesa. Gesù insegna che chi ingiuria gravemente il prossimo tanto da scacciarlo dalla propria vita è meritevole dell'inferno. Pensiamo a due persona che da amiche che erano per un qualche motivo arrivano a ingiuriarsi e a mandarsi a quel paese; questo è un caso tipico. Il vangelo insegna il perdono illimitato. Non bisogna vivere le piccole ingiurie che si fanno in famiglia fratelli o sorelle, ma correggersi prima possibile. Offendere gravemente qualcuno è peccato mortale. Male maggiore è l'ingiuria fatta ai superiori, genitori o altri. Si toglie l'onore e per essere assolti bisogna ridare l'onore tolto alla vittima. Qual ora fossimo noi le vittime dell'ingiuria, se non la meritiamo preghiamo per chi ci fa del male e rispondiamo dicendo bene di lui. Se invece la meritiamo ringraziamo Dio che ci permette cosi di scontare un po' dei nostri peccati.

12) LODARE SE STESSI
E' frutto di superbia. Lasciamo che siano gli altri a lodarci e se dovessero farlo rimaniamo sempre umili consci che la nostra parte l'abbiamo fatta ma che è niente in confronto a ciò che Dio ha fatto e fa per noi tutti. Chi si loda solitamente disprezza gli altri. Se non nel cuore, a volte nelle parole. Il pericolo è di suscitare invidie, gelosie e zizzania che sono cancri per le comunità e per le famiglie e quindi causare peccati.

13) DISCORSI IMMORALI
Bisogna evitare le compagnie immorali e i luoghi immorali. La bocca parla della pienezza del cuore perciò se il cuore è pieno di purezza tutto ciò che uscirà dalla bocca sarà puro, viceversa... si causa lo scandalo specialmente verso i bambini e i giovani. Lo scandalo è un peccato che per essere assolto va riparato ed è molto difficile ripararlo a volte. Il buon esempio è la migliore predica...

14) PAROLACCE
Sono sempre un male e un prestare la bocca al demonio. satana (scritto volutamente minuscolo) è il primo che non disdegna di dire parolacce quando si rivela nella gente che possiede. Non è il modo di parlare invece di Gesù o di Maria santissima. I nostri esempi sono Loro, non lui. A seconda della pesantezza della parolaccia si ha peccato veniale o mortale; Don Bosco diceva che la prima cosa brutta che ricordava di aver sentito da giovane era una parolaccia e da allora non l'aveva più dimenticata. L'abitudine non giustifica una cattiva azione.

15) PARLARE MALE DELLA RELIGIONE
Chi usa il dono di Dio per parlare male della Religione da Lui fondata è un serpente che fa le veci del maligno. Se poi parla male della religione ad altri è un assassino di anime. Chiunque allontana una sola anima dalla chiesa voluta da Cristo come arca di salvezza per le genti del mondo intero si mette da se stesso all'inferno. Chi perde le anime perde se stesso! Fa le veci dirette del demonio che per perdere le anime le tenta e le tenta attraverso la bocca di questo scellerato che parla male di ciò che dovrebbe benedire e amare.

Usiamo la lingua per parlare bene e non per peccare. Confessiamo i peccati di lingua che prima pensavamo fossero cosette da niente e ripariamo ai danni fatti a Dio, a noi stessi e al prossimo.
[Modificato da Credente 25/06/2016 22:21]
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24/10/2016 16:15
 
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Preoccuparsi è peccato ?

Il peccato della preoccupazione
Il mondo è malato, ma la malattia più grave non è provocata da infezioni, virus o epidemie, per quanto possa essere contagiosa. Le malattie psicosomatiche sono il segno di una società emotivamente frustrata e mentalmente malata. Milioni di persone sono schiacciati da problemi di ansia, e la preoccupazione provoca problemi domestici, fallimenti lavorativi, ingiustizie sociali e morti premature.

Una delle caratteristiche della preoccupazione è la sua natura contagiosa. Vari psichiatri credono che la preoccupazione sia molto più contagiosa di malattie infettive come la poliomielite e la difterite. La preoccupazione ha effetti devastanti non solo in chi ne soffre, ma in tutti coloro che circondano la persona interessata.

La parola “preoccupazione” deriva dalla parola greca “merimnao”, che è una combinazione di due parole: “merizo”, che significa “dividere”, e “nous”, che significa “mente” (includendo le facoltà percettive, di comprensione, sentimento, giudizio e determinazione).

Preoccupazione, quindi, significa “dividere la mente”. La preoccupazione divide la mente tra interessi degni e pensieri dannosi.

Una persona con la mente divisa tra il successo e il fallimento fallirà sicuramente. Una mente divisa non raggiunge le sue mete, perché è sempre rosa dal dubbio.

La mente divisa è la sfiducia nei confronti di se stessi, è sentirsi incapaci anche quando si è pienamente qualificati a svolgere un certo compito. San Giacomo parla dello stato infelice della persona che ha la mente divisa, che definisce“un uomo che ha l’animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni” (Giacomo 1, 8).

L’uomo non risoluto, dall’animo diviso, è incostante in tutto ciò che fa. È incostante nelle sue emozioni. È instabile nelle sue decisioni. È instabile nei suoi giudizi.

La preoccupazione è PECCATO

Preoccupandosi, la persona accusa Dio di falsità.

La Parola di Dio dice: “Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8, 28).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La Parola di Dio dice: “Ha fatto bene ogni cosa” (Marco 7, 37).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La Parola di Dio dice: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Filippesi 4, 13).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La Parola di Dio dice: “Non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete… il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno” (Matteo 6,25a, 32b).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La preoccupazione è un’ipocrisia, perché professa fede in Dio e allo stesso tempo attacca la sua fedeltà.

Come vincere la preoccupazione

Il nostro obiettivo in questo articolo è quello di sviluppare non un sistema di autoaiuto, ma un rapporto di fiducia reciproca tra noi e il nostro Dio. Siamo esseri con un’enorme carenza affettiva, abbiamo bisogno di relazionarci, di vivere in comunità, di essere parte della società. Spesso Dio è solo l’“agente supremo” della religione che pratichiamo, non l’autore della nostra vita e colui che ci fornisce tutto ciò di cui godiamo.

Dio è la persona più accessibile su cui possiamo contare, in ogni tempo e in qualsiasi momento. Basta una parola di preghiera, anche solo un gemito senza speranza, inesprimibile, per richiamare l’attenzione del Padre verso i figli.

Dobbiamo stabilire un equilibrio nel nostro rapporto con Dio, far sì che diventi una strada a doppia corsia, in cui entrambi possano avere accesso l’uno all’altro. La fiducia è la base di qualsiasi rapporto. Dobbiamo confidare nel fatto che le nostre preghiere stiano raggiungendo il loro obiettivo e che Dio, a Suo tempo, compirà i disegni e i propositi della nostra fede.

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Bibliografia: Haggai, John – Como vencer a preocupação, Copyright © 1981 by EDITORA VIDA


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29/09/2019 23:20
 
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Chiacchiericcio & Maldicenza:
peccati gravi e troppo frequentemente trascurati

 

I peccati della lingua, come i giudizi temerari o le critiche infondate, sono spesso eretti a virtù, col pretesto di denunciare un male (reale o supposto). Essi commettono in realtà la più terribile delle ingiustizie: l’attentato all’onore altrui.

Meditare l’Epistola di san Giacomo sarebbe un buon modo per occupare intelligentemente qualche ora della nostra estate, benché non manchino gli impegni. S’è diffusa l’abitudine di utilizzare la lingua non per glorificare Dio ma per ferire e uccidere il nostro prossimo. L’apostolo consacra una parte della sua missiva a questo peccato, ordinario e comune, già abituale nelle prime comunità cristiane. Vigorosamente egli scrive:

Così anche la lingua è un piccolo membro, eppure si vanta di grandi cose. Osservate: un piccolo fuoco può incendiare una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita. Ogni specie di bestie, uccelli, rettili e animali marini si può domare, ed è stata domata dalla razza umana; ma la lingua, nessun uomo la può domare; è un male continuo, è piena di veleno mortale.

Gc 3, 5-8

Regolamenti di conti “in nome del Bene”

La constatazione è severa e san Giacomo non esita ad annoverare la lingua tra gli strumenti dell’inferno. Eppure, i peccati della lingua sono non soltanto trascurati ma sovente anche spacciati per virtù, sotto il pretesto che ce ne serviamo per denunciare un male reale o supposto. Amiamo assumere la posa dei cavalieri senza macchia e senza paura, tirar fuori scheletri dagli armadi altrui invece di pensare a pulire le nostre sporcizie. Ogni giorno i media danno in pasto alle folle delle persone – solitamente non meno peccatrici della maggior parte di noi – sotto il pretesto di far regnare il Bene (inteso secondo criteri non privi di contraddizioni). Poiché ormai ciascuno è invitato a rilasciare le proprie opinioni su qualunque argomento, ne approfittiamo per i nostri regolamenti di conti, per giudicare di ciò che non conosciamo e per esporre in pubblico i (supposti) crimini degli uni e degli altri, facendoci con ciò propagatori involontari di tutti i rumori, di ogni chiacchiericcio circolante – la cui origine è sempre dubbia. Ci rendiamo conto che così commettiamo ingiustizie gravissime, che nell’ultimo giorno peseranno quanto crimini di sangue? La Chiesa e gli ambienti ecclesiastici non sfuggono alla triste regola comune: i regolamenti di conti, provocati da gelosia o carrierismo, implicano colpi bassi e conducono molte persone a disperare e perfino a rigettare la fede, tanto la controstestimonianza è flagrante e scandalosa.

 

Il potere della lingua

La giustizia commutativa, che regola i rapporti tra gli uomini, è così sfigurata dall’oltraggio, dalla diffamazione, dalla maldicenza, dalla calunnia, dalla zizzania, dallo sfottò, dalla maledizione. San Tommaso d’Aquino nota, nella Summa:

 

I peccati commessi contro il prossimo si stimano essenzialmente a partire dal pregiudizio che recano a terzi, poiché è in questo che si esprime la loro colpa. E il pregiudizio a sua volta si misura dal bene che distrugge. Ora, l’uomo possiede tre tipi di beni: quelli dell’anima, quelli del corpo, quelli esteriori.

S.Th. II-IIæ, q. 73, a. 3

In gradi differenti, noi possediamo il dominium su questi beni. Ricerchiamo dei beni per appropriarcene, nel senso di farli nostri. La nostra proprietà può estendersi, fino a un certo punto, sulle cose e sugli esseri esterni a noi. Donde la nostra responsabilità in ogni cosa. Il ruolo della facoltà della volontà è di rendere umani i nostri atti, cioè di mostrare che abbiamo il potere di agire e che dell’agire possediamo il dominio. Tale potere è un potere di uso. Constatiamo dunque che il nostro dominium e il nostro potere d’uso sono estensibili quasi all’infinito, la cosa più inconstestabile restando quanto tocca le nostre facoltà spirituali e gli atti intellettuali che ne derivano. Ora, l’uso della lingua cade esattamente sotto questo registro in cui la nostra libertà è intera e piena è la nostra responsabilità.

La paura del disonore

Tra i beni posseduti da ognuno si trova il diritto all’onore, alla reputazione, all’amicizia, alla dignità. Beni esteriori che rilevano della prerogativa della persona umana e che sono facilmente deturpabili. Essi sono costantemente esposti, come una proprietà aperta e senza recinti alle voglie e alle curiosità dei passanti. L’omicidio e la mutilazione si avventano su una vita di per sé stabile. I peccati della lingua, se non toccano il corpo, proveranno a toccare l’anima e costituiscono quindi un’ingiustizia grave. San Tommaso, riprendendo l’Etica a Nicomaco di Aristotele, sottolinea:

L’uomo usa delle cose esteriori e, tra queste, un posto preminente spetta all’onore. Esso è infatti ciò che più si avvicina alla virtù, poiché è la testimonianza che se ne rende, la quale è offerta a Dio e agli esseri più perfetti, e poiché per acquisire l’onore ed evitare l’onta gli uomini disprezzano tutto il resto.

S.Th. II-IIæ, q. 129, a. 1

Certamente è difficile dire di cosa siano costituiti beni esteriori peculiari come l’onore. L’onore non è semplicemente il sentimento di uno stato di benessere morale. Esso è, per il Dottore angelico, grandezza d’animo e magnanimità. Il timore del disonore è dunque quel che più colpisce l’uomo saggio e virtuoso, ma peccatore malgrado tutto. La gioia più viva non risiede nel possesso delle ricchezze ma in quello dell’onore. È facile constatarlo quando una personalità, per quanto adorna di tutti i beni, si trova improvvisamente ad essere oggetto del pubblico ludibrio. Essa appare subito come nuda e spoglia di tutto allo sguardo degli altri, in parte presi da moti di pietà, in parte (ed è il gruppo più folto) desiderosi di partecipare al massacro. L’onore dipende dallo sguardo degli altri su di noi. L’elemento altruistico è centrale. Bossuet, nel suo Sermone sull’Onore del mondo, nota molto correttamente che l’uomo va a cercare il proprio onore nelle opinioni degli altri. Pascal avrebbe detto allo stesso modo, nei Pensieri:

 

Qualunque possesso l’uomo abbia sulla terra, qualunque salute o comodità essenziale, egli non è soddisfatto se non gode della stima degli uomini.

Il diritto alla stima degli altri

L’onore è una ricchezza essenziale e, come ogni ricchezza, si definisce a partire dall’utilità che è la misura del suo valore. Abbiamo diritto alla stima altrui. Sappiamo tutti quanto la vera amicizia sia il bene più raro e più stimabile che ci sia, sempre a rischio di deperimento. La nostra natura umana postula un tale diritto, donde derivano anche la reputazione, il rispetto eccetera. Non a caso il Salvatore è stato spogliato di tali diritti inalienabili al fine di conformarsi a quanto è più miserabile. Anche sul fondo del suo abbandono, però, Egli ha beneficiato della presenza e della fedeltà di alcuni esseri: di sua Madre, delle pie donne, di alcuni discepoli. Bossuet sottolineava che la privazione dell’onore crea una tale sofferenza che essa può toglierci il gusto della vita, così che – paragonata a una simile vita – la morte sembra preferibile. L’uomo a cui venga sottratto l’onore vive una passione crocifiggente che può durare tutta una vita. Così bisogna pensarci due volte, annodarsi e snodarsi sette volte la lingua in bocca, prima di esprimere un giudizio o un’opinione che rischia di lordare una persona, poiché non possiamo pesare le conseguenze che ricadranno su di lei – senza parlare del fatto che insozziamo e sviliamo la nostra anima in un peccato mortale!

 

L’ingiustizia dei peccati di parola

Ecco perché san Tommaso non esitò ad assimilare l’oltraggio a una rapina e la diffamazione a uno stupro, poiché l’onore e la reputazione sono delle proprietà che possono esserci tolte anche se il nostro corpo prova a difenderle. L’ingiustizia dei peccati di parola è del resto duplice, perché comincia con un’azione che lede l’onore, ma al contempo crea sul piano dei significati una narrazione che durerà nel tempo. Butto là una parola maldicente e quest’ultima prosegue la sua opera deleteria ben oltre il ricordo che io continuo ad averne in memoria. Ciò non impedisce che io sia totalmente responsabile delle conseguenze di una parola infelice. Le circostanze diventano più gravi quando la mia azione ha per scopo il nuocere profondamente e durevolmente alla persona, laddove regolarmente butto benzina sul fuoco della mia lingua col preciso intento di incenerire uno che ieri era mio amico e che oggi diventa l’oggetto del mio disprezzo e delle mie cattiverie. L’intenzione che precede l’atto è tanto peccaminosa quanto l’atto stesso: l’intenzione è già un pugnale. Essa non cessa di conficcarsi a fondo nella schiena di chi avevo messo su un piedistallo e che ora passo il tempo a diffamare.

La pretesa di prendere il posto del Giudice

Abbandonarsi a siffatto esercizio rivela la nostra pusillanimità e la capacità che abbiamo di coltivare i peggiori sentimenti. Nessuno risulta accresciuto dall’aver eroso l’onore di un altro. Talvolta c’illudiamo di accaparrare quell’onore su di noi, ma un giorno o l’altro (e in ogni caso nell’ultimo giorno) il peso di quel male ricadrà sulla nostra testa. Eppure Nostro Signore era stato molto chiaro riguardo a quanti si arrogano il diritto di giudicare gli altri e di utilizzare la lingua per ripittare il mondo a loro gusto. Mai, neanche in presenza dei peggiori peccatori, magari pubblici, Egli cercò di umiliarli togliendo loro il sostegno del loro essere, il loro onore, certo macchiato ma tuttavia sussistente. Egli sapeva che un uomo al quale si nega l’onore non è più capace di bene. Come sta scritto nell’Ecclesiaste:

Le parole che escono dalla bocca del saggio sono piene di grazia; le labbra dell’insensato lo faranno cadere nel precipizio.

Eccl. 10, 12

Non spetta a noi sapere se abbiamo il diritto di procedere alle grandi pulizie del mondo braccando gli altri e denunciando le loro malefatte, mentre passiamo il nostro tempo ad elencare le pagliuzze altrui e a trascurare le nostre travi. Bisogna riconoscere che viviamo in un tempo marcio in cui ciascuno ha la pretesa di prendere il posto del Giudice mentre nasconde le proprie vergogne. Dovremmo tremare, perché i nostri peccati di lingua sono spesso più terribili dei mali che abbiamo la pretesa di denunciare.

fonte ALETEIA


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09/10/2019 17:17
 
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Prima di andare a confessarvi,
chiedete a Dio di effondere la sua misericordia su di voi

 

Immaginatevi come colui che il Buon Samaritano ha trovato lungo la strada,
permettendogli di guarire le vostre ferite

A volte possiamo avere paura di andare a confessarci. È un timore strano, perché il sacerdote ha sentito cose ben peggiori e Gesù è lì nel confessionale che aspetta di ripulire la nostra anima.

 

Qualunque sia la cosa che ci impedisce di andare a confessarci, un modo per prepararci è ricordare le varie parabole dei Vangeli, in cui Gesù ci ha offerto splendide immagini che possiamo applicare al nostro uso dei sacramenti.

Ad esempio, ecco una breve preghiera attribuita a San Girolamo recitata da molti prima della Confessione. Ci ricorda la parabola del Buon Samaritano e del Buon Pastore, immagini che si adattano perfettamente quando vengono viste alla luce della Confessione. Se vi sentite esitanti nell’accostarvi a questo sacramento, recitate questa preghiera e permettete alla misericordia di Dio di effondersi su di voi e di riportarvi nel gregge:

 

Mostrami, Signore, la tua misericordia, e usala per rallegrare il mio cuore. Permettimi di trovarti, ti cerco con tanto desiderio. Ecco l’uomo che i ladri hanno sequestrato, maltrattato e lasciato mezzo morto sulla strada per Gerico. Samaritano di buon cuore, vieni in mio aiuto! Sono la pecora che vagava nel deserto. Cercami e riportami nel tuo gregge. Fa’ di me secondo la tua volontà, perché io possa rimanere con te tutti i giorni della mia vita e lodarti con tutti coloro che sono insieme a te in cielo per tutta l’eternità. Amen.

 

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07/04/2021 10:06
 
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