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Ultimo Aggiornamento: 26/01/2020 19:42
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30/05/2014 15:18
 
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Chiesa e Facebook: sono le suore le più attive

Alcune sorprese da un’indagine sull’uso tra sacerdoti, religiosi e seminaristi del social network più noto


Un desiderio crescente di evangelizzare attraverso la rete bussa sempre più insistentemente alla nostra porta. È quello di sacerdoti, in particolare i più giovani, di seminaristi e di religiosi, uomini e soprattutto donne, le più aperte a cercare nei social media uno strumento pastorale utile ad ampliare la propria rete di relazione. A rivelare questa realtà inaspettata è una lunga ricerca, cominciata addirittura nel marzo del 2011, condotta dal Cremit dell’Università Cattolica di Milano e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia, ma partita da una richiesta di WeCa (Associazione Webmaster Cattolici Italiani). Lo studio si è svolto in due fasi: la prima ha prodotto una raccolta di dati quantitativi, la seconda ha messo in evidenza profili e modalità di utilizzo del mezzo. Ne è uscita una mappa molto significativa rispetto al linguaggio che i pastori finalmente hanno cominciato a parlare nella quotidianità della loro missione. Se ne parlerà al convegno “Churchbook. Tra social network e pastorale” che si terrà il prossimo 29 maggio presso l’Università Cattolica di Milano. Uno dei ricercatori protagonisti, la dottoressa Rita Marchetti, docente di Teoria e Tecnica dei Nuovi Media all’Università di Perugia, nonché vicepresidente WECA presso la diocesi di Perugia, ha anticipato ad Aleteia alcuni dei dati più sorprendenti.

Cosa l’ha sorpresa di questi risultati?

Marchetti: La ricerca ha mostrato che c’è un uso abbastanza diffuso di Facebook sia tra i consacrati, in particolare i sacerdoti diocesani, sia tra i religiosi e le religiose soprattutto delle famiglie Salesiana e Paolina, dunque quelle che hanno nel loro DNA una vocazione alla comunicazione. E poi c’è grande diffusione tra i seminaristi: ovviamente la componente anagrafica è un fattore che determina un maggiore utilizzo del social network. Questa ricerca, al di là del dato quantitativo – quanti religiosi usano Facebook – è andata soprattutto nella seconda fase a chiedersi come viene utilizzato lo strumento, quindi con due approcci di ricerca diversi. Il primo è andato a vedere quali sono le reti di relazione che vengono instaurate nel social network, e si è visto che c’è una stretta relazione con la vita offline: quindi il fatto di avere un’identità del soggetto conta, dato che il social network è fatto per rafforzare i legami con persone che già si conoscono e per mantenere rapporti a distanza, in alcuni casi anche per creare nuove occasioni di incontro. Col secondo approccio siamo andati ad analizzare anche le discussioni, in particolare che cosa dicono nelle bacheche Facebook i consacrati e i seminaristi, e lì siamo arrivati ad individuare diversi usi, dal più tradizionale ai più innovativi, svelando che esistono coloro che utilizzano Facebook per un’attività più pastorale ed altri che hanno un utilizzo di tipo più personale.

Ci descrive i profili che avete identificato?

Marchetti: Questi profili sono stati definiti proprio a partire da cosa viene detto nelle bacheche. Ci sono quelli che utilizzano Facebook per pubblicare citazioni dal Vangelo, altri che lo utilizzano per intervenire su temi che sono già più all’attenzione del dibattito pubblico, per proporre dei frame tipici sui temi in discussione. Ecco, i quattro profili che abbiamo identificato – confessori, attivisti, esegeti e predicatori – nascono proprio dalle analisi dei contenuti di quello che viene detto nei profili Facebook.

Cosa è risaltato rispetto alle religiose?

Marchetti: Le religiose erano quelle che nella prima fase avevamo visto essere quantitativamente le meno attive su Facebook. Il 9,3% rispetto al 20% dei diocesani e quasi al 60% dei seminaristi. Ci siamo chiesti come mai: certamente l’aspetto anagrafico conta perché le religiose sono quelle più anziane. Quando siamo andati però nella seconda fase ad analizzare i profili delle religiose ci siamo accorte che sono quelle che presentano un maggior numero di amici, quelle a cui il social network permette di creare nuove relazioni online indipendentemente da una conoscenza pregressa? Probabilmente ciò si deve al fatto che le religiose che hanno un profilo Facebook sono quelle anche più giovani all’interno del gruppo analizzato. Ma qui forse non conta soltanto l’aspetto anagrafico quanto il diverso compito pastorale, perché ad esempio questa dimensione che loro hanno definito – le religiose stesse – di internauti, quelle che non si conoscevano già online, non è presente tra i seminaristi, dove si riscontra un uso dei social network più simile a quello dei loro coetanei fuori dal seminario.

Quindi in generale si può dire che la base della comunità ecclesiale dialoga molto su Facebook?

Marchetti: Questa è una cosa che emergeva già dalla prima ricerca che avevamo fatto con WeCa, sempre con l’Università di Perugia nel 2007-2008. Lì eravamo andati ad analizzare le parrocchie, parroci ed internet. Già allora si vedeva una grande diffusione di questo mezzo, e con nostra grande sorpresa nonostante l’età media dei sacerdoti fosse superiore ai 60 anni e molti si trovavano a gestire più di una parrocchia, ci siamo accorti che il web – in quel caso non era solo Facebook ma si analizzava la presenza a tutto tondo dei parroci in rete – era molto utilizzato. Probabilmente questo si deve al fatto che coloro che vivono la parrocchia, che è il livello ecclesiale più a diretto contatto con la vita quotidiana nella quale ormai internet è entrato prepotentemente, sono anche quelli che hanno saputo cogliere direttamente le opportunità che la rete offre.

C’è anche un grande uso di immagini, a scopo pastorale?

Marchetti: Noi siamo andati ad analizzare soprattutto l’aspetto testuale, i testi più che le immagini. Comunque c’è sicuramente. Nella prima parte, quando abbiamo fatto una mappatura delle presenze in Facebook, per ciascun soggetto nel social network abbiamo compilato la scheda d’analisi e siamo andati a vedere anche che tipo di foto utilizzavano, qual era la rappresentazione del proprio sé nel social network. Ci sono quelli che si presentano come sacerdoti con la foto che li ritrae direttamente, mentre più bassa la percentuale di coloro che preferiscono non utilizzare la propria foto nel profilo. Consideri anche che i dati che noi forniamo vanno letti necessariamente per difetto, perché noi siamo riusciti a rintracciare sono quelli utilizzano il loro nome e cognome.

C’è quindi ancora un po’ di diffidenza a rivelare troppo della propria identità?

Marchetti: Dai dati che forniamo sembrerebbe che il social network sia maggiormente utilizzato senza nascondersi, anche laddove c’è magari una foto che ritrae gabbiani o paesaggi. Ad esempio tra i Salesiani molti utilizzano l’immagine di Don Bosco, e questo dimostra una forte carica identitaria. Bisogna anche dire che questa ricerca è durata quasi tre anni perché abbiamo utilizzato delle tecniche abbastanza innovative, dalla Social Network Analysis all’analisi dei testi, quindi mettendo insieme diverse tecniche. Bisogna rendersi conto che utilizzare i profili Facebook su Facebook non è banale, dato che i dati non sono disponibili: quindi, per scaricare ad esempio le reti dei soggetti studiati abbiamo dovuto utilizzare un’applicazione Facebook realizzata da ricercatori dell’Oxford Internet Institute. Gli stessi sacerdoti hanno dovuto scaricare le loro reti, fidandosi dei ricercatori. C’è stata una collaborazione davvero fattiva, che per queste ricerche è difficile da trovare.

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13/06/2014 08:13
 
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Ritorno alla terra per inventare il futuro






Agricoltura e green economy offrono nuove possibilità di lavoro che attirano soprattutto i giovani





 
Non viviamo un periodo che offra molti motivi di ottimismo sul versante occupazionale, ma qualche raggio di sole si riesce a scorgere e viene da un settore che sembrava inesorabilmente lasciato indietro dalle “sorelle” maggiori dell’industria e del terziario: l’agricoltura. E’ l’unico “campo” in Italia che oggi segna un avanzamento del Pil e degli occupati e secondo il Rapporto “Lavorare e vivere green in Italia”, elaborato dalla Coldiretti, dalla green economy possono aprirsi opportunità per oltre centomila posti di lavoro nelle campagne. Ci spiega come Romano Magrini, responsabile nazionale lavoro della Coldiretti.

Agricoltura e green economy si pongono in controtendenza rispetto alle potenzialità occupazionali attuali: è così?

Magrini: E’ in atto una nuova valorizzazione del settore agricolo, soprattutto da parte dei giovani. Lo dimostrano le iscrizioni alle scuole di agraria che sono le uniche ad aumentare, così come la scelta dei corsi universitari di agraria: dal 2008 ad oggi il numero degli studenti è salito del 45%. In agricoltura, inoltre, si registra un mantenimento dei livelli occupazionali se non, come avviene soprattutto per le regioni del Centro-nord, una immissioni di nuovi lavoratori. Il fenomeno è legato anche alle nuove attività cui i giovani si stanno dedicando legate alla green economy e che si caratterizzano come agricoltura sostenibile, biologica, della produzione o del risparmio di energia attraverso l’agricoltura. E’ stato calcolato cha la green economy possa offrire una possibilità di sviluppo del settore di almeno centomila nuovi posti di lavoro.

Un ritorno alla terra dopo un grande periodo di crisi…

Magrini: Assistiamo da qualche anno a una riscoperta del valore del cibo salutare, del made in Italy legato alla gastronomia e all’enologia e quindi della terra e della campagna, persino degli orti urbani. Si verifica così una “migrazione al contrario”: abbiamo vissuto la migrazione dalle campagne alle città, oggi assistiamo al processo inverso.

La Coldiretti ha messo a punto un sistema per aiutare la ricerca di lavoro: di cosa si tratta?

 Magrini: Abbiamo ottenuto di recente l’autorizzazione del Ministero del lavoro a svolgere intermediazione di manodopera e creato a questo proposito il sito “Jobincountry”. Rappresenta un luogo virtuale tra domanda e offerta di lavoro, nel quale le imprese cercano lavoratori e i lavoratori possono caricare i loro curricula e rendersi disponibili. C’è la possibilità di trovare lavoro da operai o da impiegati, ma anche da dirigenti. Non mancano nel sito i curricula di professionisti che hanno perso il proprio lavoro da dirigente e offrono qui l’esperienza professionale maturata.

E’ una possibilità offerta anche agli immigrati? Molto spesso sono i più impiegati in agricoltura.

Magrini: Certo: lavoratori stranieri che volessero farsi conoscere in Italia per cercare impiego in agricoltura potrebbero inserire il proprio curriculum anche dall’estero. Per lavorare in Italia è però necessario che siano in regola con il permesso di soggiorno. Esiste già una larga parte di lavoratori immigrati  in agricoltura che sono stati chiamati attraverso il meccanismo dei flussi: rappresentano ormai il 15% degli occupati nel settore e alcuni comparti molto importanti sono gestiti praticamente in toto da loro. Uno per tutti quello dei “bergamini”, cioè gli addetti alle stalle di mucche da latte che sono in gran parte lavoratori che vengono da Paesi asiatici, in particolare India e Sri Lanka.

Il ritorno alla terra richiede un cambio di passo rispetto alla tradizione? Più innovazione e creatività?

Magrini: Oggi sussistono entrambi gli aspetti: agricoltura di tipo tradizionale e nuove espressioni. Il ritorno alla produzione agricola in zone di montagna o collinari, ad esempio, dove non si possono fare coltivazioni estensive, ma dove per il bene di tutti la presenza degli agricoltori costituisce un presidio fondamentale contro l’erosione del suolo o il pericolo di incendi, rappresenta un’attività nuova da sostenere in modo appropriato. Attività tradizionali come la stalla dei bovini da latte o da carne oppure un’azienda agrituristica si affiancano ad attività innovative come l’azienda che ha vinto l’Oscar green organizzato da Coldiretti e che produce mobili con i fichi d’India o l’azienda che produce funghi con i fondi del caffè messi nella terra o l’azienda che ha dato il via alla produzione di birre artigianali. Negli ultimi anni, legate all’agricoltura, si sono sviluppate molte attività di ospitalità o connesse a questa, come escursioni, ippoterapia, aziende didattiche dove trovano occupazione anche lavoratori diversamente abili o con handicap psichici importanti. Ci sono tante “invenzioni” che hanno dato e danno soddisfazioni ai giovani che vogliono tornare al mestiere dei loro nonni.

Si può guardare con ottimismo al futuro?

Magrini: Per dirlo con uno slogan, l’agricoltura è l’unico settore che può offrire un futuro al nostro Paese e ai nostri giovani, soprattutto se verranno varate riforme in grado di diminuire gli ostacoli burocratici e potenziare il vero made in Italy, così imitato in tutto il mondo, delle buone imprese italiane.
 

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22/07/2014 16:14
 
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Iraq: il professore musulmano che è morto per i cristiani






 


Mosul un docente dell'università ha preso posizione contro lapulizia etnica dei cristiani ed è stato ucciso dall'Isis. A riporta la news è Missionline il 21 luglio. Intanto a Baghdad altri musulmani hanno lanciato la campagna «Sono iracheno, sono cristiano»
 

Si chiamava Mahmoud Al 'Asali era un professore del dipartimento di pedagogia dell'Università di Mosul, la seconda città dell'Iraq. Mahmoud ha visto tutto quanto sta succedendo nella sua terra e ha avuto coraggio di dire che non è questo l'islam in cui crede lui. Pur sapendo che cosa rischiava, lui educatore si è esposto pubblicamente per non diventare complice di questa violenzabarbara. E ha pagato questa scelta con la vita: è stato ucciso ieri a Mosul dalle milizie dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante. A dare la notizia è oggi il sito iracheno ankawa.com.

Dalla parte dei perseguitati
Quella di Mahmoud è la più clamorosa tra le storie di quesi musulmani che - nonostante tutto quanto sta succedendo in Iraq e tanti anni durissimi di contrapposizioni settarie che hanno avvelenato gli animi - scelgono di stare dalla parte dei cristiani e delle minoranze.Sempre da Mosul sabato era arrivata via Twitter la foto di Ali, un giovane musulmano, che salutava pubblicamentel'amico cristiano Alaa, costretto a fuggire. Un'attestazione pubblica di amicizia, più forte di ogni violenza.

Campagna social
Un altro esempio è la campagna #‎i_am_iraqi_i_am_christian, «sono iracheno e sono cristiano» che vede dei musulmani esporsi pubblicamente per mostrare la loro solidarietà ai cristiani iracheni. Ieri un gruppo di musulmani a Baghdad si è presentato con dei cartelli con questa frase fuori dalla chiesa caldea di San Giorgio e hanno postato la foto su Facebook

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23/07/2014 15:12
 
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Partita interreligiosa,
il 1° settembre su RaiUno l’evento calcistico
ideato da Papa Francesco

foto partita per la pace rai uno

PARTITA INTERRELIGIOSA PER LA PACE – Un evento unico, il primo in assoluto in Italia. Un’occasione di sport ma anche di grande preghiera. L’appuntamento è previsto per il 1° settembre alle 20,45 presso lo Stadio Olimpico di Roma e sarà in diretta su RaiUno e RadioUno. E non poteva che essere un’idea di Papa Francesco quella si radunare enti e associazioni che si prodigano per le persone più bisognose assieme ad alcuni rappresentanti del mondo del calcio passato e odierno. Del progetto fanno infatti parte laScholas Occurrentes del Vaticano, ideata proprio da Bergoglio per promuovere l’integrazione sociale e la cultura dell’incontro attraverso le tecnologie e lo sport, e la Fondazione P.U.P.I. creata da Javier Zanetti e sua moglie Paula, una onlus che sostiene i programmi di adozione a distanza. A sostegno dell’iniziativa non potevano mancare il Comune di Roma, il CONI, la FIGC e la Lega Serie A.
Ma quello che attrarrà sicuramente in maniera esponenziale saranno i giocatori e gli allenatori che prenderanno parte all’evento: saranno infatti presenti Lionel Messi, Roberto Baggio, Samuel Eto’o, Javier Zanetti, Zinedine Zidane, Yuto Nagatomo, Gianluigi Buffon, Andrea Pirlo e numerose altre stelle del calcio, venute a rappresentare diverse religioni.

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Lo stesso Zanetti, ex capitano dell’Inter, si è dichiarato onorato di poter contribuire alla realizzazione della Partita Interreligiosa per la Pace, di cui Papa Francesco gli aveva già parlato nel 2013. “Siamo riusciti a confluire le nostre energie per rendere concreto questo incontro di calcio per raccogliere fondi per il progetto Un’alternativa di vita e dare uno spunto di riflessione per tutti i popoli”. E sarà proprio questo l’intento della partita: quello di sostenere il progetto Un’alternativa di vita che riguarda i bambini fino ai 13 anni che si trovano in condizioni economiche precarie. E’ dal 2001 che la Fondazione nata a Buenos Aires realizza iniziative volte ad aiutare questi bambini e oggi lo può fare anche grazie al supporto degli altri due enti coinvolti nella partita. Tutto il ricavato del match sarà devoluto al progetto, così come ha spiegato il Presidente Internazionale di Scholas Occurrentes Enrique Palmeyro che ha sottolineato l’importanza di iniziative simili per il futuro dei giovani: “Noi cerchiamo di aiutare i giovani in difficoltà di tutto il mondo e di ogni religione a esprimere le loro potenzialità. La Partita Interreligiosa per la Pace favorirà ancor più questo contatto attraverso i grandi campioni del calcio”.

Oltre alla diretta televisiva sarà possibile partecipare all’evento comprando i biglietti presso i punti vendita del gruppo Ticketone a partire dal 25 luglio.


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01/08/2014 23:41
 
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 - Caritas Jerusalem soccorre migliaia di musulmani rifugiati nelle scuole e nelle chiese di Gaza


Gaza (Agenzia Fides) –
Ci sono quasi 1300 palestinesi, in stragrande maggioranza musulmani, rifugiati nella chiesa greco-ortodossa di San Porfirio a Gaza per sottrarsi ai bombardamenti dell'esercito israeliano. Altri settecento hanno trovato rifugio presso la chiesa cattolica della Sacra Famiglia. In questi giorni la loro sopravvivenza dipende in buona parte dalle iniziative di soccorso e assistenza messe in campo da Caritas Jerusalem per dare il proprio contributo all'affronto dell'emergenza rappresentata da più di 130mila sfollati (di cui 70mila ammassati nelle scuole dell'Onu) che hanno dovuto lasciare le loro case dall'inizio dell'operazione militare israeliana “Bordo Protettivo”. Finora i morti tra i palestinesi sono oltre 700, e i presidi sanitari della Striscia non riescono a far fronte all'impressionante quantità dei feriti (più di 4mila). 

“I nostri 18 operatori stanno lavorando senza sosta in quella situazione terribile, coi nostri centri medici mobili che operano nelle scuole e distribuendo kit di sopravvivenza alle famiglie ammassate nelle scuole, in collaborazione con l'Onu” riferisce all'Agenzia Fides padre Raed Abusahliah, direttore di Caritas Jerusalem. “Da ieri - aggiunge il sacerdote palestinese residente a Ramallah -abbiamo preso per una settimana la responsabilità dei rifugiati presenti nella chiesa ortodossa e nella scuola cattolica. Distribuiamo cibo e pasti caldi, latte e beni di prima necessità per i bambini, carburante per i generatori elettrici. Intanto, con Caritas Internationalis, abbiamo lanciato un appello per progetti e iniziative a lungo termine da avviare immediatamente dopo il cessate il fuoco. Serviranno fondi per un milione 130mila euro. Ma già vedo arrivare adesioni da tutto il mondo, e anche in Terra Santa soprattutto i giovani danno offerte alla Caritas per i fratelli di Gaza. E’ un flusso ininterrotto”. 
Sabato e domenica prossima in tutte le parrocchie di Giordania, Palestina e Israele si pregherà per il ritorno della pace e ci saranno raccolte fondi a favore della gente di Gaza. “ A questo proposito - dichiara p. Raed - rivolgo un umile appello a Papa Francesco: convochi una veglia di digiuno e preghiera per la pace in Terra Santa, come ha fatto per la Siria. Tutti i popoli che abitano questa terra, la terra di Gesù, sono stanchi di vivere nella paura e nel dolore”. (GV) (Agenzia Fides 24/7/2014).


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04/08/2014 07:58
 
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Materna e digitale: la Chiesa di oggi

Se 15 milioni di follower vi sembrano pochi (tanti sono i “seguaci” del profilo Twitter di papa Francesco), provate a immaginare una cifra che oscilla tra i 60 e i 200 milioni: «È il numero di volte in cui ogni messaggio del Santo Padre viene “ritwittato”», spiega il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, monsignor Claudio Maria Celli. «Un risultato del genere – aggiunge – sarebbe stato impensabile fino a pochi anni fa. Ed è la conferma che la Chiesa non può non essere presente nelle reti sociali». In visita-lampo a Lerici, in provincia di La Spezia, dove mercoledì sera ha ricevuto il premio intitolato alla memoria di Angelo Narducci, monsignor Celli si è intrattenuto a lungo con i sacerdoti della diocesi locale e con il pubblico dell’ormai tradizionale Festa di «Avvenire», passando in rassegna sfide e opportunità dell’era digitale.

«L’errore da evitare – avverte – sta nel pensare che la comunicazione sia un settore pastorale da affiancare agli altri. Non è così: la comunicazione non solo attraversa tutta la vita della Chiesa, ma ne costituisce la stessa ragion d’essere. La Chiesa esiste per comunicare, ha sempre comunicato e non può smettere di farlo proprio adesso». Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1970, monsignor Celli è stato chiamato a guidare il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali nel 2007, quando il continente digitale stava iniziando a rivelarsi in tutta la sua vastità. «Pensiamo a un documento come il decreto Inter Mirifica, che pure riveste un ruolo cruciale all’interno del Concilio Vaticano II – osserva ancora monsignor Celli –. Il contesto di riferimento è quello dei primi anni Sessanta: la comunicazione si articola in una serie di strumenti (la radio e la televisione, il cinema e la carta stampata) e la Chiesa si interroga su quale sia il modo più opportuno per servirsene. Si tratta di un quadro che, in sostanza, rimane immutato per diversi decenni, fino all’ultima fase del pontificato di Giovanni Paolo II, nel corso del quale si iniziano a registrare i primi mutamenti. Ma è nell’ultimo decennio che la rivoluzione digitale si dispiega con una rapidità e con una serie di conseguenze del tutto inattese. Continuare a ragionare di strumentazione mediatica, a questo punto, non ha più senso. I media digitali sono descrivibili semmai in termini di ambiente, di condivisione, di “rete” appunto».

Una vicenda vivacissima e affascinante, nella quale si intrecciano le personalità e gli insegnamenti dei Pontefici che si sono susseguiti nell’ultimo mezzo secolo. A monsignor Celli, per esempio, sta particolarmente a cuore l’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, promulgata da Paolo VI nel 1975: «Il digitale è di là da venire, d’accordo, ma la consapevolezza della posta in gioco è già fortissima. Papa Montini, in particolare, arriva ad affermare che “la Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore” se non intervenisse nell’ambito della comunicazione “con audacia e saggezza”, due doti che mai come oggi si confermano necessarie ». E che si ritrovano, non a caso, nell’opera e nel pensiero di Benedetto XVI. «Ricordo ancora quando gli proponemmo l’apertura di un canale della Santa Sede su YouTube – dice monsignor Celli –. La sua risposta fu semplice e immediata: “Voglio essere lì dove gli uomini di oggi sono”. Un criterio poi confermato dalla scelta di attivare il profilo del Papa su Twitter e da tante riflessioni preziose. Una, su tutte, si conferma di straordinaria attualità. È il discorso al mondo della cultura pronunciato da Benedetto XVI a Lisbona nel 2010, laddove il Papa invoca il principio del “rispetto dialogante” in termini che descrivono benissimo la complessità degli ambienti digitali: “La convivenza della Chiesa, nella sua ferma adesione al carattere perenne della verità, con il rispetto per altre ’verità’, o con la verità degli altri, è un apprendistato che la Chiesa stessa sta facendo”».

E papa Francesco? «La mole dei retweet è già di per sé eloquente – risponde monsignor Celli –. Altre personalità internazionali, come il presidente Obama, possono avere un numero maggiore di follower,
ma nessuno di loro gode di un ascolto tanto capillare e diffuso. È la dinamica tipica del mondo digitale, per cui la parola del Papa riesce a coinvolgere chi magari non metterebbe mai piede in chiesa, ma viene raggiunto lì dove già si trova. Dopo di che, però, c’è bisogno di una comunità che prosegua nel mondo reale quest’opera di accoglienza. Di sicuro Francesco ha dalla sua un’autenticità travolgente, come dimostrano le testimonianze, sempre più numerose, di persone che si riavvicinano alla fede o tornano alla pratica sacramentale perché colpite dai suoi gesti e dalle sue parole. Quando invoca una Chiesa “in uscita”, capace di tenere sempre aperte le porte e di esprimersi con atteggiamento materno, papa Bergoglio indica con chiarezza la strada di quella “cultura dell’incontro” che, infatti, lui stesso ha voluto porre al centro del suo primo messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali».

Dalla Festa di «Avvenire» a Lerici, dove ha ricevuto il premio Narducci, l’intervento di monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali: «I media non sono più strumenti ma ambienti. Le comunità cristiane favoriscano un’autentica cultura dell’incontro e del rispetto dialogante»
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15/08/2014 21:53
 
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Egitto: aumentano le conversioni dall'islam al cristianesimo






Si sta formando una Chiesa “delle catacombe”





«Associazioni vicine ai Cristiani d’Oriente e i Copti stessi, testimoniano di un 
aumento delle conversioni al cristianesimo. Determinarne il numero è impossibile in quanto coloro che si convertono rischiano procedimenti giudiziari o addirittura la morte se la loro conversione diventa pubblica». È quanto si legge in un articolo pubblicato sul sito del patriarcato latino di Gerusalemme sulla situazione dei cristiani in Egitto, che così continua:

«Si forma così una Chiesa “delle catacombe”, non tanto per il confronto col governo, come può accadere in Cina o in altri paesi asiatici, ma per proteggersi dalle vendette della comunità di origine 
dei nuovi cristiani. “Non è il potere politico che ci opprime - spiega un neofita Egiziano – ma direttamente i vicini. Se un musulmano si converte rischia che la sua famiglia e i suoi vicini lo colpiscano, fino a volerlo uccidere, in quanto lo considerano un traditore”. Lo stesso queste difficoltà non coprono la bellezza dei fatti: nelle persecuzioni, cioè nel momento in cui una conversione sembrerebbe più improbabile, più pericolosa, il messaggio di Cristo si fa strada. È proprio questo che pensano i cristiani: essi sono colpiti e più ancora incoraggiati a far conoscere la loro Chiesa che cade, ma per  rialzarsi ogni volta».
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12/10/2014 21:23
 
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Trovata in Spagna una delle prime rappresentazioni di Cristo

In una patena di vetro del IV secolo

 
Gli scavi del sito archeologico di Cástulo (Jaén), a circa cinque chilometri da Linares, hanno portato alla luce una patena del IV secolo con le manifestazioni dell'iconografia cristiana su questo supporto più antiche e meglio conservate nella Penisola iberica, e tra le poche al mondo.

La patena, presentata al Museo di Linares, è realizzata in vetro di tonalità verdastra, ha un diametro di 22 centimetri ed è alta circa 4 centimetri. Il suo stato di conservazione è eccezionale.

La patena con l'immagine di Cristo nella sua Maestà è stata rinvenuta all'interno di un edificio destinato al culto religioso, eretto nella seconda metà del IV secolo d.C. e utilizzato solo per un secolo.

David Expósito, coordinatore dello studio di materiali del progetto Forvm MMX, ha spiegato che tutti sono entusiasti per ciò che rappresenta per quest'opera, perché “in Spagna non ce n'è nessuna simile, e questo pezzo è conservato all'81%”.

Il ritrovamento è avvenuto in una costruzione situata a nord dell'edificio (anch'esso con funzione religiosa, anche se della Roma imperiale) in cui è stato trovato il “Mosaico degli Amori”, riconosciuto dal National Geographic tra le scoperte più importanti del 2012.

Secondo Expósito, l'artigiano ha realizzato la decorazione mediante graffito, mostrando tre personaggi “imberbi e con i capelli corti”, con aureola: la figura centrale è un Cristo nella sua Maestà fiancheggiato da due apostoli, probabilmente Pietro e Paolo, nell'orbe celeste, inserito tra due palme, che nell'iconografia cristiana rappresentano, tra le altre cose, l'immortalità, l'aldilà, il cielo.

Le indagini, ancora in corso, confermano mediante l'analisi dei tratti stilistici e delle caratteristiche tecniche della patena che risalirebbe a uno dei laboratori di artigianato di vetro più importanti di Roma o dei dintorni, visto che pezzi simili sono stati rinvenuti nelle catacombe.

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21/10/2014 17:53
 
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Quello che viene definito come un intervento rivoluzionario ha permesso al 40enne cittadino bulgaro Darek Fidyka, che era paralizzato dal 2010 dalla vita in giù dopo un accoltellamento, di tornare a camminare. 

Secondo il sito della Bbc, il trattamento compiuto da chirurghi polacchi in collaborazione con scienziati britannici, si è basato su un trapianto di cellule del suo sistema olfattivo inserite nel midollo spinale.

«È stato raggiunto qualcosa di più impressionante dell'uomo che cammina sulla Luna», ha detto Geoff Raisman, dell'Istituto di Neurologia dell'University College London che ha guidato il team di ricerca nel Regno Unito. I risultati di questo trattamento, che apre uno scenario del tutto nuovo per le persone paralizzate, sono stati pubblicati sulla rivista "Cell Transplantation".


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23/10/2014 12:06
 
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L’Istituto chimico farmaceutico militare (Icfm) di Firenze ha terminato la sperimentazione di fase I per un farmaco ‘blocca emorragia’ che può essere efficace contro i sintomi del virus Ebola”. Una ONG impegnata contro l’epidemia ne ha già richieste 1.000 dosi che stanno per essere inviate in Sierra Leone. Ad annunciarlo è stata il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin.

Il farmaco è un anti emorragico e dunque affronta il sintomo più drammatico della malattia ma non serve a combattere il virus. Del resto al momento i pazienti vengono trattati proprio con “terapie di sostegno” perchè medicinali specifici non ne sono stati trovati e non esiste nemmeno un vaccino.
A Firenze lo studio del farmaco era nato per fini militari, in particolare per curare le ferite, ma vista la sua efficacia si è pensato di usare la molecola anche contro Ebola. Se dovesse funzionare potrebbero essere spedite altre dosi in Africa occidentale, dove sta colpendo l’epidemia. L’Icfm di Firenze è l’unico laboratorio pubblico italiano dove si possono fare sperimentazioni e produrre farmaci,
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14/11/2014 22:52
 
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Pakistan: cristiani e musulmani in preghiera per i coniugi uccisi

Si sono riuniti oggi a Lahore per chiedere giustizia e per pregare per i coniugi cristiani arsi vivi a Kasur: eminenti leader cristiani e musulmani del Pakistan sono stati fianco a fianco nel condannare la brutalità e nell’invocare Dio, dopo il linciaggio di Shahzad e Shama, uccisi perchè accusati di blasfemia.

L’assemblea si è riunita nel “Peace Center” di Lahore, centro per il dialogo interreligioso avviato e gestito dai frati domenicani. Come riferisce in un colloquio con Fides il responsabile del Centro, padre James Channan, tra gli organizzatori c’erano il forum per il dialogo “United Religions Initiative”, il movimento islamico “Minhajul Quran International”, la rivista cattolica “The Christian Voice”.

Presenti numerosi leader religiosi, studiosi, attivisti per i diritti umani, tra i quali Abdul Khabir Azad, imam della moschea reale di Lahore (la più grande del Pakistan), il leader islamico sufi Shafat Rasool, presidente del Consiglio interreligioso del Pakistan, padre Pascal Paulus, presidente della Conferenza dei Superiori Maggiori, padre Inayat Bernard, direttore di “The Christian Voice”.

L’assemblea ha condannato all’unanimità l’uccisione di Shahzad e Shama, e ha chiesto che i colpevoli siano condotti davanti alla giustizia, inclusi i religiosi musulmani che hanno dato l'annuncio nelle moschee istigando all’omicidio. Si chiede perciò al giudice capo della Corte Suprema del Pakistan di prendere l’iniziativa, per far sì che la giustizia faccia il suo corso rapidamente.

“Una forte richiesta si è alzata, invitando le istituzioni a fermare l'abuso delle leggi sulla blasfemia: a tutti coloro che abusano di questa legge deve essere comminata la stessa pena prevista per i presunti blasfemi, come l'ergastolo e la condanna a morte” spiega padre Channan.

Un appello è stato rivolto al governo: “In passato, in casi di violenza di massa contro i cristiani, mai è stata fatta giustizia: è ora che l’impunità finisca” hanno detto i presenti, invitando il governo attuale del Premier Sharif a “introdurre la pace e l'armonia interreligiosa nel curriculum scolastico”. Una strada essenziale è anche “formare a questi valori gli imam che guidano la preghiera nelle moschee”.

L’assemblea interreligiosa di Lahore, racconta padre Channan, ha anche invocato l’intervento delle Nazioni Unite, “perché formino una speciale Commissione per accertare l'uso improprio della legge sulla blasfemia in Pakistan e le persecuzioni di cristiani e di altre minoranze religiose”.

In reazione ai fatti di Kasur, è stata annunciata la nascita di un movimento a livello nazionale, “che sarà presente nelle strade e nei luoghi di culto, per promuovere la pace e l’armonia, e far sì che abbia termine l’uccisione di persone innocenti a causa della loro fede”. L’incontro si è concluso con una preghiera interreligiosa.

(R.Vaticana)
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28/11/2014 16:19
 
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WEB-AP07042201510Cristiani cinesi in aumento
Negli ultimi tempi, il Governo comunista cinese è furioso con i cristiani e sta abbattendo delle chiese nella città costiera di Wenzhou, arrestando vescovi e altri leader ecclesiali ritenuti clandestini e ordinando illecitamente sacerdoti docili al regime come “vescovi cattolici”. Dietro questa escalation della repressione, e come sua vera causa, c'è il rapido aumento dei cristiani in Cina.

Attualmente nel Paese più popolato al mondo ci sono circa 100 milioni di cristiani. Solo i cattolici sono circa 12 milioni. Molti di loro sono nuovi convertiti, che ansiosi di compiere la Grande Missione stanno evangelizzando i propri connazionali. Anche il Partito Comunista Cinese negli ultimi anni ha reclutato nuovi membri, aprendo le sue fila a intellettuali, imprenditori e altre classi in precedenza “sospette”, perfino ai capitalisti! Anche così, gli 86,7 milioni di seguaci formali di questa “fede” oggi decadente, in maggioranza comunisti solo di nome, sono ormai meno dei crescenti e vibranti gruppi di seguaci del cristianesimo in Cina.

Per i leader del Paese, che preferiscono chiaramente che il popolo cinese non creda in alcuna divinità che non sia il dio-Partito (e il Partito sono loro), questa situazione è intollerabile. La risposta comunista è la recente ondata di persecuzioni anticristiane. La buona notizia è che il cattolicesimo in Cina è in ascesa anche così.

Vorrei condividere con voi, lettori di Aleteia, alcuni dei molti aspetti della fede cattolica che ho verificato nel mio recente viaggio in Cina che suscitano speranza.

Uno di essi è il volto di un sacerdote cattolico, parroco nelle periferie di una grande città cinese, che è determinato a salvare il maggior numero possibile di anime. Mentre parlavamo, mi ha mostrato il progetto di un'enorme statua di Gesù Cristo. Vuole costruirla in segreto e poi metterla di notte su un piedistallo che guardi alla ferrovia che passa vicino alla sua chiesa. “Come otterrà il permesso delle autorità?”, ho chiesto. “È terra della Chiesa”, ha risposto con fermezza. “Non ho bisogno di permesso”.
Nelle province settentrionali della Cina che ho visitato non ci sono state chiese abbattute. Ci sono invece chiese costruite. Le migliaia di chiese che sono state abbattute o confiscate per ordine del Partito negli anni Cinquanta e Sessanta sono state quasi tutte ricostruite o restaurate, spesso con donazioni straniere. Un esempio è la chiesa parrocchiale di Dongergou, nella provincia di Shanxi, dove le Messe vengono celebrate in modo continuativo da più di 220 anni.

Ricordo i volti delle persone che assistevano alla Messa ogni giorno quando ero lì. Arrivavano mezz'ora prima e passavano il tempo cantando preghiere in cinese classico, composte centinaia di anni prima. Al momento dell'inizio della Messa, la chiesa era gremita.

Sono state costruite molte nuove chiese, alcune con il permesso ufficiale, altre senza. Questa è una zona in cui i laici prendono spesso l'iniziativa. In uno dei villaggi, i parrocchiani, in larga misura neoconvertiti, organizzavano riunioni di preghiera e Messe occasionali quando un sacerdote poteva essere presente. Il luogo? Una stalla abbandonata. Ho fatto loro una donazione per aiutare a costruire una nuova chiesa.

Ricordo il volto delle cinquanta coppie di evangelizzatori laici di una parrocchia che, pieni di zelo, viaggiavano in moto ogni domenica mattina per evangelizzare le comunità vicine. Andavano alla Messa della chiesa parrocchiale la sera prima e la domenica mattina, dopo una benedizione del sacerdote locale, partivano per i villaggi a quindici, trenta, cinquanta chilometri di distanza per predicare il Vangelo. Si riunivano con persone curiose di conoscere la fede cattolica in case private, per leggere la Bibbia e pregare. Alcuni di questi gruppi di nuovi credenti erano già troppo numerosi per riunirsi a casa di qualcuno. Quando il Governo locale ha negato loro il permesso per costruire una chiesa, hanno costruito un “salone sociale”. Una chiesa con un altro nome è sempre una chiesa, a patto che sia debitamente consacrata. Quando oggi si cammina per le strade cinesi, si vedono molte persone che portano una croce. Se si interpellano, risponderanno che sono cristiane, anche se in realtà non sanno quasi niente della fede. Un cinese diventa membro di una chiesa domestica frequentandola anche una volta sola. Un cinese diventa cristiano leggendo il Vangelo di Marco e facendo una preghiera in cui accetta Gesù come suo Signore e Salvatore. Questi passi sono importanti, è chiaro, ma se il numero di protestanti in Cina sta aumentando molto più rapidamente di quello dei cattolici è perché la Chiesa esige dai suoi membri molto più di questo.

Ricordo i volti raggianti dei 26 bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione nella cattedrale dell'Immacolata Concezione. Tutti avevano ricevuto vari mesi di catechesi, memorizzato le preghiere e compreso il significato dell'Eucaristia. Sono stato felice vedendo che il numero di bambini e bambine era praticamente uguale, il che non è comune in Cina, dove tante bambine, ancora nel grembo materno, sono vittime della politica del figlio unico, che provoca una maggioranza sproporzionata di bambini.

Vari vescovi cattolici sono agli arresti domiciliari in Cina per aver rifiuitato l'autorità dell'Associazione Cattolica Patriottica Cinese (ACP), un'organizzazione di facciata creata dal Partito Comunista Cinese per monitorare e controllare i cattolici. Ciò include il vescovo di Shanghai, monsignor Thaddeus Ma, agli arresti domiciliari nel seminario di Sheshan da più di due anni. Monsignor Ma ha approfittato della sua Messa di ordinazione per annunciare che stava rinunciando all'ACP. Il suo annuncio è stato accolto dalla congregazione di 1.000 membri con applausi fragorosi, il che non sorprende considerando il disprezzo dei fedeli cattolici per questa organizzazione manipolata dal Governo.

Ricordo il volto di un giovane sacerdote, che chiameremo Giuseppe, che stava progettando di recarsi a Roma per studiare bioetica. Il Governo crede ancora che sia un seminarista, mi ha detto. In realtà, Giuseppe è già stato ordinato da un vescovo ritenuto clandestino dal Governo cinese, ma sta tenendo segreto il suo sacerdozio. “Quando un buon vescovo dell'Associazione Patriottica verrà nella mia città, sarò ordinato da lui. Così il Partito mi riconoscerà come sacerdote e non come seminarista. Questo ha i suoi vantaggi”. Quello che Giuseppe vuol dire con “buon vescovo dell'Associazione Patriottica” è che questo vescovo sia riconosciuto sia da Pechino che da Roma. Ce ne sono alcuni, come l'attuale arcivescovo di Pechino, monsignor Joseph Li Shan.

La conversione della Cina al cristianesimo è stata un processo lungo. I cristiani nestoriani sono arrivati in Cina nel VII secolo, ma hanno ottenuto poche conversioni. I gesuiti sono arrivati nel XVI secolo, alimentando la speranza che, se fossero riusciti a convertire l'imperatore, anche milioni di cinesi avrebbero abbracciato la fede. Il grande gesuita Matteo Ricci colpì l'imperatore Wanli, della dinastia Ming, che offrì alla Chiesa il terreno su cui è situata oggi la cattedrale del Nord di Pechino. Uno dei successori di padre Ricci è arrivato molto vicino a convertire l'imperatore Shunzhi, della dinastia Qing, che partecipò a circa 24 Messe nella stessa chiesa. La storia del mondo sarebbe stata molto diversa se ci fosse riuscito.

Oggi, quattro secoli dopo, lo Spirito Santo agisce ancora una volta in modo molto potente in questa terra tanto antica, risvegliando i cuori e le menti del popolo cinese all'amore e al perdono di Dio.

Il volto umano di questo amore e perdono può essere visto nella navata occidentale della cattedrale del Sud, sempre a Pechino, dove si trova una bella rappresentazione di Maria con il Bambino Gesù. Maria ha l'abito di una imperatrice manciù, mentre il Bambino è vestito come il principe ereditario manciù, quello che un giorno regnerà su tutta la Cina. Oremus!

Steven W. Mosher è il Presidente del Population Research Institute e autore di Population Control: Real Costs, Illusory Benefits.

[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]
sources: ALETEIA

[Modificato da Credente 28/11/2014 16:29]
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23/12/2014 15:01
 
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Il comunismo ha fatto «ciò che i missionari non sono mai riusciti a fare: favorire la cristianizzazione della Cina»





cina-frenesia-natale-comunismo-confucio-cristianesimo4






«Non parlare di Cristo» né di «festa della Sacra Famiglia», al massimo di «festa della religione di Gesù», e «non inviare sms, cartoline o lettere collegate al “Natale”». Sono solo alcune delle indicazioni fornite da dieci accademici cinesi per evitare di «facilitare la penetrazione del cristianesimo in Cina».


LIBERARSI DEL NATALE. In Francia, l’Istituto Ricci ha appena tradotto l’articolo “Il nostro punto di vista sulla ‘festa di Natale'”, realizzato da dieci accademici delle più importanti università cinesi e pubblicato nel 2006 sulla rivista Confucius 2000, che mette in guardia tutti i cinesi dal festeggiare la nascita di Gesù.
Gli accademici hanno scritto l’articolo con lo scopo di «richiamare i nostri compatrioti a riflettere seriamente sulla “festa di Natale” per liberarsi da un riflesso culturale collettivo incondizionato e difendere la soggettività culturale cinese». Tradotto: liberarsi da una festa straniera per tornare a coltivare le proprie radici culturali.

cina-frenesia-natale-comunismo-confucio-cristianesimo3CRITICA DEL COMUNISMO. Da una parte l’articolo scritto a 20 mani procede sulle orme delle preoccupazioni del partito comunista cinese, che fin dalla sua nascita teme e rigetta ogni tipo di religione, soprattutto il cristianesimo, professando l’ateismo. Non a caso, a maggio l’Accademia cinese delle scienze sociali ha definito le «infiltrazioni religiose» tra le quattro «più gravi minacce» che deve affrontare il Paese. Dall’altra però critica, anche solo indirettamente, ciò che il maoismo ha fatto al Paese in 65 anni di governo: distruggere la sua identità, spazzare via le sue radici spirituali, sradicare le sue conquiste culturali per creare un uomo nuovo. Ma quell’uomo nuovo, dopo 65 anni, «ha bisogno del trascendente».

«IL NATALE È UN FATTO». Gli autori notano con fastidio che «ogni volta che si avvicina la “festa del Natale”, i magazzini, i ristoranti, gli hotel addobbano un “albero di Natale”», mentre le maestra a scuola fanno disegnare ai bambini «la natività di Gesù». «Noi», scrivono, «sosteniamo la tolleranza religiosa e rispettiamo la libertà di credere, non vogliamo escludere la “cristianità”», che potrebbe anche servire a far riscoprire la moralità «al popolo cinese». Noi, insistono, sappiamo che «il “protestantesimo” è diventata una scelta possibile per una parte dei nostri compatrioti e che la “festa di Natale” è diventata un avvenimento culturale al quale i cinesi non possono scappare. È un fatto».

Cina, Statuette di cioccolato natalizieMAO E I MISSIONARI. «Però», c’è un però. Ora i cinesi «parlano di “religione di Cristo”» o di «”festa della Sacra Famiglia”» senza «essere cristiani». Questo «riflesso culturale collettivo incondizionato», usato anche come «grande avvenimento commerciale», «contribuisce senza volerlo a propagare il “protestantesimo”, facilitando la sua penetrazione e il suo arrivo tempestoso nel Paese, creando un ambiente culturale [favorevole] alla “cristianizzazione” della Cina, compiendo così quello che i “missionari” avevano invano cercato di fare».

CRITICARE LA CULTURA. Ecco il problema. E se i cinesi sono fragili davanti a questa “invasione” cristiana è perché «la cultura cinese ha perso il suo primato». Come mai? «Bisogna dire che dopo più di cento anni durante i quali i cinesi hanno sovvertito il corso della propria storia, violentemente criticato la loro propria cultura e denunciato le loro proprie tradizioni, la cultura cinese, e soprattutto il confucianesimo, è sparito con la conseguenza che la Cina non ha più dei valori forti a cui credere né una forma propria di cultura».

ma-daqin-cinaIL VENTO CRISTIANO. Alla Cina, continua l’articolo, non manca di per sé «una tradizione culturale in grado di dare ai nostri concittadini un sostegno spirituale efficace per affrontare la vita», ma questa è stata distrutta. Dal comunismo di stampo maoista, per la precisione, anche se gli accademici non lo dicono esplicitamente. E paradossalmente è proprio questa azione del comunismo cinese che distruggendo la cultura cinese l’ha resa vulnerabile a uno dei più grandi nemici del partito: «Il vento [cristiano] che soffia da Occidente».

FRENESIA DEL NATALE. Per i dieci autori «è necessario, dal punto di vista della sicurezza nazionale e culturale, riflettere profondamente sul problema del cristianesimo in Cina e (…) restare vigili sulla sua avanzata». Come? Non solo smettendo di augurarsi «”buon Natale”», ma invitando le autorità cinesi a «normalizzare in modo ragionevole la “frenesia del Natale”», ovviamente «nel rispetto della libertà religiosa», impedendo ad esempio che a scuola si festeggi. Bisogna poi far scoprire agli imprenditori cinesi «la possibilità di sfruttare economicamente e commercialmente anche le feste tradizionali cinesi».

cina-frenesia-natale-comunismo-confucio-cristianesimo2TORNARE A CONFUCIO. Si potrebbe ad esempio sostituire la «nascita di Gesù» con la «festa della natività di Confucio», facendone la «festa degli insegnanti cinesi» e conferendole «un’atmosfera solenne e sacra». Più in generale, è arrivato il momento di «comprendere sotto un lato positivo il valore e la funzione della religione», «riconoscere che la gente ha la preoccupazione ultima della trascendenza, insieme a quella di una vita religiosa, spirituale, culturale». Ecco perché, oltre a «rispettare i fedeli di religioni occidentali», bisogna a maggior ragione «valorizzare ragionevolmente il ruolo delle religioni autoctone cinesi come buddhismo e taoismo, in particolare sviluppare pienamente il ruolo sociale e religioso del confucianesimo».

«UN MONDO SENSATO PER I CINESI». In sintesi, affermano gli autori mischiando insieme il dramma dei cinesi, i loro bisogni negati per oltre 60 anni e una punta di patriottismo comunista, bisogna «ricostruire un sistema di credenze e un mondo che abbia senso per i cinesi. Tutti i cinesi che hanno audacia e volontà devono spontaneamente assumere questa missione culturale sacra. Noi dobbiamo, noi cinesi, muovere tutti i nostri sforzi in questa direzione! Andiamo avanti!».


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27/12/2014 17:17
 
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«L'ecumenismo c'è se io sono unito a Cristo»


di Diego Toigo


 - Il 32° Premio alla Cultura Cattolica è stato consegnato a padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana. Dalla bellezza della liturgia bizantina al "mal di Russia", fino all'esperienza del samizdat, per ribadire «la centralità dell'uomo nella storia»





Padre Romano Scalfi avanza con passo lento, appoggiandosi a un bastone nodoso che ben si adatta alla sua figura ieratica e barbuta. Sera di venerdì 17 ottobre, Bassano del Grappa. Il teatro della cittadina veneta, gremito di gente e di giovani, lo accoglie con un applauso. Sul palco campeggia la pergamena del Premio Internazionale alla Cultura Cattolica che quest’anno è stata assegnata a lui. Giunto alla XXXII edizione, l’annuale riconoscimento fu istituito nel solco dell’insegnamento di don Didimo Mantiero, sacerdote fondatore, a Bassano, dell’associazione La Dieci, delComune dei Giovani e della Scuola di cultura cattolica, per indicare, a credenti e non, alcune personalità che si sono impegnate per la promozione della cultura cristiana. E quest’anno è toccato al novantunenenne fondatore di Russia Cristiana.

Accanto a padre Scalfi siede Luigi Geninazzi, che ha il compito di condurre l’intervista. Prima domanda: «Com’è iniziato in lei il “mal di Russia”?». La voce di padre Scalfi si alza mansueta e decisa: «All’inizio della conoscenza c’è la meraviglia»; e subito racconta di quando, giovane seminarista a Trento, poté assistere per la prima volta alla divina liturgia celebrata da alcuni gesuiti del Russicum, il Pontificio Collegio voluto da Pio XI. «Tutto è cominciato quel giorno.La bellezza della liturgia bizantina mi conquistò. A qualcuno potrebbe sembrare una cosa sentimentale, ma Dio si serve anche delle piccolezze». Dalla bellezza della liturgia alla passione per la Russia il passo fu breve. E cominciarono i viaggi. 

«Padre Scalfi non ci ha fatto conoscere soltanto la grande tradizione ortodossa, gli autori del dissenso», osserva Geninazzi: «Ma anche parole ed esperienze nuove, come il samizdat». L’anziano prete si illumina: «Ricordo un operaio che, dopo aver lavorato per otto ore in fabbrica, ne dedicava altre otto al samizdat. I testi venivano battuti a macchina in sei copie e poi diffusi perché altri li copiassero. È così che centinaia e migliaia di libri proibiti hanno raggiunto gli angoli più remoti dell’impero sovietico. Il samizdat era un’iniziativa rischiosa, ma muoveva la responsabilità personale. Se Marx diceva che le forze produttive determinano la coscienza, il samizdat ribadiva la libertà e la centralità della persona nella storia».

L’intervistatore incalza: «Oserei dire che padre Romano è stato un vero “contrabbandiere” di libri e di idee». Scalfi si gira di scatto con un sorriso: «C’era una suora russa cattolica, in Polonia, che si era fatta capofila di una vasta rete di relazioni; attraverso di lei facevamo pervenire in Unione Sovietica migliaia di vangeli. E questo era possibile perchénell’apparente dominio dell’ateismo, in realtà la fede c’era ancora»

«In questo modo, il samizdat creò tante piccole comunità capillarmente diffuse», continua Scalfi: «E contribuì a far crescere un desiderio di pace, una mentalità non violenta. Anche oggi in Ucraina sta fiorendo un’esperienza simile. Le cose cambiano dal basso, dalla responsabilità della persona; io non spero nulla dalla politica; spero nella responsabilità del singolo». Il samizdat non voleva combattere il comunismo, ma aiutare le persone a crescere nella fede; né padre Scalfi, all’inizio, voleva fondare nulla; lui voleva soltanto fare il parroco in Russia e morire in Russia. E, invece, il 4 ottobre del 1957, nel giorno in cui l’Unione Sovietica ipotecava il futuro con l’impresa dello Sputnik, padre Scalfi fondava Russia Cristiana per aiutare il popolo russo a riannodare il filo con la sua tradizione. 

Quando Geninazzi lo interpella sulle prospettive dell’ecumenismo, Scalfi non ha esitazioni: «Io collaboro alla prospettiva ecumenica quanto più sono unito a Cristo. L’ecumenismo parte dalla persona. Occorre che i cattolici siano sempre più cattolici e che gli ortodossi siano sempre più ortodossi; se io sono unito a Cristo, allora il Signore farà l’unità delle Chiese». E qui il pensiero corre allo starets di Solov’ev, l’autore più amato dall’anziano sacerdote: «Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso.Lui Stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità».

Scalfi ha appena compiuto 91 anni; la vivacità delle sue risposte, la serenità del suo parlare stupiscono; e l’intervistatore si lascia andare a una domanda “fuori tema”: «Padre Scalfi, c’è un modo per invecchiare bene?». «Il punto non è invecchiare bene, ma vivere bene. Non è questione di anni, ma di fede. Se c’è la fede, non c’è difficoltà che possa toglierci la serenità. Il Signore si serve anche degli stracci per fare dei miracoli». 

È il momento della premiazione: lettura della motivazione, consegna dell’icona, della pergamena e della medaglia. L’incontro si conclude fra gli applausi. Padre Scalfi si alza in piedi a fatica, prende fra le mani l’icona, la guarda, la tocca, la bacia e si fa il segno della croce alla maniera ortodossa. Gli chiedono un augurio finale: «Che cresca la responsabilità della persona. Se cambia la persona, cambierà anche l’Italia. In Russia la libertà è stata goduta in una situazione terribile, del tutto ostile». 

Sceso dal palco, guadagna lentamente l’uscita. Molti gli si fanno incontro, molti gli parlano, alcuni lo abbracciano: lui ride e abbraccia a sua volta. È la bellezza di un incontro. Le parole di Pavel Florenskij, citate nel corso della serata, prendono carne: «La verità si esprime in amore e l’amore fiorisce in bellezza».


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19/01/2015 11:42
 
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L’88,5% degli studenti italiani
sceglie l’ora di religione

Ora di religione scuolaVentun’anni dopo che la religione cattolica a scuola è divenuta materia opzionale, si è assistito ad un calo di soltanto 5 punti decimali nella scelta. Nel 1993/94, infatti, gli studenti che si avvalevano di quest’ora erano il93,5% mentre nell’anno scolastico 2013/14 sono stati88,5%.

L’Osservatorio socio-religioso del Triveneto ha infatti rilevato che la materia viene scelta dal 90,8% degli studenti della scuola dell’infanzia (-0,2%), dal 92,3% di quelli della scuola primaria (-0,6%), dal 90,2% degli studenti della scuola media (-0,2%) e dall’82% di quelli delle superiori (-0,1%). Ci sono tuttavia eccezioni come la Lombardia, dove si è verificato un aumento generale del’1,5% degli alunni che ha scelto di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica (circa 20.000 in più) e, nella sola diocesi di Milano, la percentuale degli avvalentesi è aumentata più del 2%.

Nella scuola superiore, in particolare, è complice il fatto che l’attività preferita come alternativa è l’uscita da scuola (45,4%), anche perché molto spesso si tratta dell’ultima ora della giornata. Come ha spiegato una mamma, al liceo «molti ragazzi rifiutano di fare l’ora di religione a scuola non per una qualche solida convinzione ideologica, ma semplicemente per avere un’ora di buco in cui spassarsela e non fare nulla».

Il card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, ha spiegato che sull’insegnamento della Religione «c’è sempre stato un equivoco, perché in realtà non dev’essere intesa come catechesi, bensì come cultura religiosa. Nella scuola si parla di tante cose che devono essere conosciute per cultura generale, e così vale anche per Religione. Però deve essere condotta da chi conosce la materia, e dunque avviene che la insegnino dei sacerdoti che hanno studiato, oltre che i laici».


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14/03/2015 22:41
 
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sabana santa
Anche i ciechi potranno "vedere" la Sindone
Il 19 aprile prossimo inizierà a Torino un evento straordinario: l'ostensione della Sacra Sindone, evendo che non avveniva dal 2010. L'esposizione, che proseguirà fino al 24 giugno, sarà un momento di grazia per tutti i fedeli e i pellegrini che si recheranno a venerare il sacro telo, anche per le persone con handicap visivi.

Una rappresentazione fedele e tridimensionale della parte anteriore della Sindone è stata sviluppata in modo codificato perché i ciechi possano “vedere” attraverso il tatto l'uomo della Sindone. La replica, realizzata su un supporto di alluminio, è stata creata con strumenti automatici e con dettagli informativi che coincidono esattamente con quelli presenti nell'immagine bidimensionale.

“L'idea di rendere disponibile anche ai non vedenti i segni inquietanti della sofferenza che si leggono sulla Sindone è nata per una preoccupazione di ordine pastorale: è possibile farli incontrare personalmente con la Sindone in modo diretto senza l'intervento della parola umana?”. Questa la preoccupazione del Movimento Apostolico Ciechi di Torino alcuni anni fa, come riferisce la pagina web ufficiale dell'ostensione straordinaria del 2015.

In occasione dell'esposizione straordinaria della Sindone nel 2000, l'Associazione Piemontese Retinopatici e Ipovedenti si è messa in contatto con la Commissione Diocesana e ha proposto la realizzazione a grandezza naturale di tutta la figura sindonica.

Per questo, un'équipe di esperti ha iniziato a elaborare un modello matematico che potesse contenere la varietà di informazioni del santo sudario e trasformarla in un'immagine che al tatto rendesse possibile la sua percezione visiva.

A questo scopo, come si legge nella web, sono stati utilizzati filtri predisposti che hanno aiutato a eliminare o a ridurre il rumore dell'immagine e a separare la trama dalle impronte, per permetterne la lettura. Si è poi utilizzata una metodologia che ha determinato il rilievo dell'impronta corporea tenendo conto degli effetti delle macchie di sangue e di quelli provocati dai liquidi.

La Sacra Sindone in tre dimensioni è stata una delle novità a cui è stato dato più risalto nell'ostensione del 2000. Per l'occasione, più di 500 persone con handicap visivi hanno potuto avvicinarsi ai misteri del sudario grazie alla replica, situata nel percorso verso il Duomo di Torino, che custodisce la Sindone.

Nel 2015 la Sindone tridimensionale sarà disponibile anche per i non vedenti, rispondendo così alla prelazione che questa ostensione darà ai malati e ai portatori di handicap.

La replica è presente tutto l'anno nel museo di Torino dedicato alla Sacra Sindone.

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27/03/2015 12:46
 
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Il caso Dolce&Gabbana 




Un autogol clamoroso, come mostrammo allora, che aprì gli occhi di molti sul fenomeno che abbiamo definito “omofascismo”, ovvero l’incredibile capacità delle associazioni gay di produrre altissimi livelli di odio contro chi osa esporre pubblicamente un’idea contraria alle loro convinzioni, sopratutto se si tratta di persone con una certa notorietà. Smascherati, dunque, molti ipocriti proclamatori della libertà di pensiero e del noto “Je suis Charlie”, come è stato spiegato. Ricordiamo, ad esempio, i tentativi di Arcigay dibloccare perfino lo svolgimento del Festival di Sanremo pur di impedire al cantante Povia di esibirsi con il brano “Luca era gay” (diventato poi un successo vincendo il Premio Mogol 2009, a proposito di azioni controproducenti).


In questi giorni è riaccaduto: gli stilisti omosessuali Dolce&Gabbana hanno rilasciato un’intervista a “Panorama”, parlando del loro ultimo progetto basato sulla famiglia: «La famiglia è un senso di appartenenza sovrannaturale», hanno spiegato. «Non abbiamo inventato mica noi la famiglia. L’ha resa icona la Sacra famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo i figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. Ma lei accetterebbe di essere figlia della chimica? Procreare deve essere un atto d’amore». Domenico Dolce aggiunge: «Sono gay, non posso avere un figlio. Credo che non si possa avere tutto dalla vita, se non c’è vuol dire che non ci deve essere. È anche bello privarsi di qualcosa. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia».


Queste parole hanno incendiato il web, qualche militante Lgbt ha (giustamente) parlato di “decine di anni di battaglie gay bruciati in un attimo”. Molto peso lo ha avuto il commento del cantante gay Elton John«Come vi permettete di dire che i miei meravigliosi figli sono ‘sintetici’? Dovete vergognarvi per aver puntato i loro ditini contro la fecondazione in vitro. Il vostro pensiero arcaico è fuori tempo: proprio come le vostre creazioni di moda», unendosi alla campagna di boicottaggio del marchio D&G. Peccato che il giorno dopo sia stato fotografato con una borsa proprio di Dolce&Gabbana, ipocritamente alla faccia della coerenza. Il cantante inglese rivendica il fantomatico diritto di acquistare gli uteri delle donne (meglio se povere) per produrre artificialmente i figli che la natura non permette di avere. Eppure, nel 2010 proprio lui si pentì -incapace di consolare il disperato pianto del bimbo-, di aver violentemente reso orfano di madre il bambino che aveva strappato dalle braccia di chi lo aveva partorito: «Sarà straziante per lui crescere e realizzare che non ha una mamma»disse in un attimo di lucidità.


Ad accodarsi al “fondamentalismo gay di Elton John”come è stato definito, anche un pugno di alieni miliardari, come Sharon Stone, Ricky Martin, Victoria Beckham, la fidanzatina berlusconiana Francesca Pascale, la cantante Courtney Love (“voglio bruciare i loro vestiti”, ha detto) e altri vaghi quanto inutili personaggi mediatici.


A sostegno dei due stilisti, oltre tante persone normali, sopratutto lontane da questi dibattiti (basta leggere i commenti sui social network per verificarlo), anche profili di un certo peso come quello dell’omosessuale Enrico Oliari, presidente di GayLib, che ha scritto«Gli stilisti Dolce&Gabbana sono stati gli unici, sia pure con parole forse troppo forti, a trovare il coraggio di dire no a un pensiero unico fuorviante e mistificatorio che una parte del movimento gay vorrebbe imporre a tutti gli omosessuali. Per questa ragione noi siamo assolutamente contrari alla campagna internazionale liberticida di boicottaggio della nota griffe e anzi, senza la necessità di condividere ogni parte del pensiero espresso dagli stilisti in materia ma in una ferma e convinta difesa del bene supremo e primario che è la libertà d’espressione, lanciamo un altro hashtag: #SiamoTuttiDolce&Gabbana e siamo pronti a consegnare ai due stilisti la tessera onoraria della nostra associazione».


Anche l’omosessuale e scrittore Aldo Busi è intervenuto (sul “Corriere della Sera”, che ha pubblicato anche un ottimo commento del sociologo Mauro Magatti) ammettendo di provare «un istintivo orrore per quegli uomini» che affittano «uteri di donne […]. Gli appagati e trionfanti papà, diciamo pure contronatura e contro ogni buonsenso, di questi bambini con una madre senza come possono essere poi tanto appagati? Come possono questi padri surrogati di madri surrogate guardare questi figli amatissimi e doppiamente idolatrati quali premi di una hybris vittoriosa senza provare ribrezzo per se stessi al pensiero di quella mammifera incosciente, dolente, abbandonata a se stessa che glieli ha forniti e si è tolta di mezzo, anzi, che è stata di fatto tolta di mezzo magari con un bonifico conclusivo a sigillo di una lettera di credito iniziale? Di un credito di sangue mai più esigibile, estinto – come l’utero che l’ha pompato per nove mesi come se pompasse la ruota sgonfia di una bicicletta non sua? Voi, cantanti, stilisti e ormai anche droghieri, prefetti e borghesi gay, sapete chi sono queste donne da voi degradate a bestie produttrici di placenta? Qualche dovuto passaggio nella maturazione sentimentale e civile bisogna proprio averlo saltato per essere dei padri e degli educatori felici sulla pelle di madri alienate, lontane, allontanate, vive e morte a sé: vive in vitro». Molto più sintetico l’intervento dell’omosessualeCristiano Malgioglio«Credo che la presenza femminile sia fondamentale per la buona crescita di un bambino. Io ho adottato tre figli a distanza e sono felice così. E comunque se penso a una famiglia, resto fedele al modello tradizionale, formato da un uomo e da una donna”».


In difesa di D&G anche sei persone cresciute con genitori gay o lesbiche, che hanno sperimentato sulla loro pelle il disagio del crescere in questo modo. Nella loro lettera si legge: «Vogliamo ringraziarvi per aver dato voce a quanto abbiamo appreso dall’esperienza: ogni essere umano ha una mamma e un papà ed eliminare uno dei due dalla vita di un bambino significa privarlo della dignità, dell’umanità e dell’uguaglianza. Se tornerete indietro e vi scuserete per quanto avete detto, renderete ancora più vulnerabili e discreditati i bambini che vivono nelle case gay. Per il nostro bene, così come per quello di tutti i bambini italiani, è importante che non vi scusiate né che vi arrendiate».


Sembra comunque che non ci sia questo rischio, Dolce e Gabbana non sono certo il “cedevole” Guido Barilla. Anzi, hanno rincaratola dose: «Non me l’aspettavo da una persona che ritenevo — sottolineo: ritenevo — intelligente come Elton John. Ma come? Predichi comprensione, predichi tolleranza, e poi aggredisci? Tutto perché qualcun altro la pensa in modo diverso da te? E’ un modo autoritario di vedere le cose: se sei d’accordo con me bene, altrimenti ti attacco. E glielo ho scritto, nei commenti di Instagram:fascista. Vedo che ci sono, specialmente in Rete, anche i gay omofobi: quelli che offendono altri gay che esprimono idee diverse». Sorridendo hanno anche ridicolizzato la campagna di boicottaggio: ««Forse perderemo qualche fan di Elton John, forseguadagneremo qualche mamma, chi lo sa…». Questo ironico realismo è qualcosa di magico.


CitizenGo ha lanciato con grande successo una petizione on-line, che in poche ore ha già raggiunto le 40mila firme, così come l’hastag: #SupportDolceGabbana«Quando si tocca il mondo gay si alzano sipari su nervi scoperti, sollevando reazioni spropositate»,è stato invece il commento di “Panorama”, rivista su cui è partito il tutto.


Se purtroppo esiste il pregiudizio che il mondo gay sia un universo di immaturità, bisogna riconoscere che i militanti Lgbt sono bravissimi ogni volta a diffonderlo e confermarlo. Torniamo così alla citazione iniziale comparsa sul “Fatto Quotidiano”: «I nemici più pericolosi dei gay, spesso, sono i gay stessi. E’ il momento di crescere».



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03/04/2015 08:53
 
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In questi giorni si è parlato spesso del fatto che Mediaset ha intenzione di rinnovare il proprio palinsesto televisivo per offrire al pubblico dei format freschi e nuovi. Per questo motivo nasce La Strada dei miracoli, un programma televisivo ideato principalmente per i credenti e per tutti coloro che nella loro vita hanno vissuto delle esperienze divine e quindi un miracolo. Un ottimo esempio e una grande testimonianza per tutte quelle persone che vivono senza speranza e senza credere in Dio e quindi da “Atei“.Inizialmente sul web giravano tanti nomi per la conduzione, si parlava addirittura di Rita Dalla Chiesa che dopo aver avuto una grandissima delusione con Forum (programma storico condotto da lei per anni) sperava di tornare in tv. Ma purtroppo la conduttrice non sarà lei! A condurre il programma sarà Safiria Leccese, la presentatrice di Studio Aperto che avrà il compito di emozionare il pubblico e lanciare questo nuovo format che andrà in onda a partire dal 14 Aprile su Rete 4 in prima serata.

Il programma sarà strutturato in maniera molto elegante: in studio ci saranno degli ospiti, esperti e testimoni legati alla fede che racconteranno le guarigioni miracolose e i miracoli che hanno avuto nella loro vita che la scienza non riesce a spiegare. D’altronde anche Papa Francesco ha parlato in una sua omelia di eventi straordinari: “I miracoli esistono” ed ha aggiunto: “Per chiedere un’azione straordinaria occorre una preghiera forte“. Bisogna quindi credere ed avere fiducia in Dio.

Di certo sarà un programma molto forte e sicuramente le testimonianze serviranno a tutti noi per credere ed avere una fede più forte. Siamo certi che Safiria Leccese sarà all’altezza del ruolo che le è stato proposto, anche se i fans di Rita Dalla Chiesa ritengono che la decisione presa da Mediaset non sia giusta. Staremo a vedere, Safiria aveva già condotto un programma inerente alla fede nel 2011, la Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II ed ha già un’esperienza da non sottovalutare. Con la Strada dei miracoli, il palinsesto di Rete 4 subisce un altro cambiamento voluto dal direttore Sebastiano Lombardi.
[Modificato da Credente 03/04/2015 08:55]
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11/05/2015 08:12
 
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Parte il piano Caritas anti-spreco.

Nei primi tre giorni, grazie all’accordo con Coop, già oltre una tonnellata di cibo destinato a essere buttato è stato messo a disposizione delle parrocchie e delle mense per le persone fragili. "Vogliamo che Expo diventi il banco di prova per sviluppare un piano anti spreco- dice il vicedirettore di Caritas Ambrosiana e commissario Caritas in Expo, Luciano Gualzetti, inaugurando l’Edicola Caritas-. Abbiamo cominciato a farlo in questi giorni firmando un accordo con Coop per recuperare e ridistribuire le eccedenze alimentari che si producono nel supermercato che hanno aperto nel sito. Stiamo studiando il modo per allargare questo accordo anche ad altri soggetti che operano in Expo per continuare anche quando l’esposizione sarà finita. In qualche modo vorremmo che proprio la lotta allo spreco diventi l’eredità di Expo". "Il recupero delle eccedenze alimentari, sperimentato in questi giorni da Caritas, avrà pieno compimento con l’apertura del Refettorio Ambrosiano, dove i grandi chef del mondo, riuniti dal tristellato Massimo Bottura, dimostreranno come con gli avanzi si possono fare ricette di altissimo pregio. Caritas unisce ai messaggi tanta concretezza. È quello di cui abbiamo bisogno", ha commentato Giuseppe Sala, Commissario unico delegato dal Governo per Expo Milano 2015.Un riconoscimento alla concretezza dell’agire di Caritas è venuta anche dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, intervenuto alla cerimonia. Ai progetti sociali, Caritas associa anche una grande azione di mobilitazione. Nei mesi che hanno preceduto l’esposizione sono stati organizzati a Milano e nei comuni della diocesi, 250 incontri. Il programma continuerà anche nel semestre espositivo e avrà il suo fulcro appunto nell’Edicola, il piccolo e sobrio padiglione che Caritas ha aperto nel sito espositivo.
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21/05/2015 16:39
 
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Gli italiani contrari al ddl Cirinnà,
il 76% sostiene la famiglia uomo-donna

ddlcrinnàAnche in Italia si vuole replicare quanto accaduto in Francia, dove il matrimonio omosessuale è stato letteralmente imposto alla popolazione nonostante milioni di persone si siano radunate per giorni nelle piazze francesi a manifestare la loro contrarietà (nacque lì infatti la Manif pour tous, associazione poi diffusasi velocemente in tutto il mondo occidentale).

In Italia l’attuale governo, non eletto da nessun cittadino, ha messo in calendario il ddl Cirinnàche di fatto intende equiparare le unioni civili (anche omosessuali) al matrimonio, con tanto distepchild adoption (aprendo la porta all’adozione di bambini da parte di parte di coppie omosessuali). L’on. Ivan Scalfarotto, punta di diamante del mondo Lgbt nonché Sottosegretario di Stato al Ministero delle Riforme (noto per aver tentato di introdurre per la prima volta in Italia ilreato d’opinione tramite il ddl sull’omofobia), aveva annunciato ancora una volta trionfalmente -prendendo per l’ennesima volta in giro i suoi sostenitori- che la legge sui diritti civili sarebbe arrivata entro maggio, gli oppositori «se ne facciano una ragione». Siamo oltre la metà di maggio e il ddl Cirinnà –ha spiegato Il Fatto– è già andato in vacanza per una lunga pausa di riflessione anche grazie alla forte opposizione che ha ricevuto in Parlamento (ben spiegata dall’avvocato Filippo Martini dei Giuristi per la Vita).

Scalfarotto dovrebbe farsi una ragione anche del fatto che la popolazione italiana è a maggioranza contraria al ddl Cirinnà, notizia che nessun principale quotidiano ha riportato. E’ emerso infatti da una rilevazione effettuata negli ultimi giorni di marzo da Lorien Consulting, autorevole società di ricerche di mercato, che i favorevoli al disegno di legge sulle unioni civili sono il 47% degli Italiani, mentre il 50% si dichiara apertamente contrario e il restante 3% non risponde. Considerando che radio, quotidiani e televisioni sono un continuo ed enorme spot pro-Lgbt -la stessa strategia utilizzata con successo per promuovere la campagna omosex negli Stati Uniti-, possiamo dire che il responso è decisamente e positivamente sorprendente.

Altri dati interessanti emersi dal sondaggio di Lorien Consulting, ripresi soltanto dal quotidiano La Croce e dal quotidiano onlineFormiche, sono che il 44% degli italiani non vuole che vengano omologati unioni civili e matrimonio e il 76% ritiene la famiglia tradizionale un valore in sé per il quale è importante battersi e manifestare. Se inoltre consideriamo il responso di Eurispes del 2014, dove il riconoscimento delle coppie di fatto era allora visto positivamente dal 78,6% della popolazione, si potrebbe dire che nel solo giro di un anno si è verificata una massiccia inversione di rotta (troppo bello per essere vero, purtroppo). L’on. Scalfarotto se ne farà comunque una ragione?


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13/06/2015 18:38
 
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«I fedeli nel mondo ci chiedono
di unificare la data della Pasqua»

Francesco con Boutros Fahim Awad Hanna

FRANCESCO CON BOUTROS FAHIM AWAD HANNA

Il vescovo di Minya, Boutros Fahim Awad Hanna, commenta le parole di Papa Francesco: «Sarebbe bellissimo. La gente non capisce come sia possibile che per una Chiesa Gesù risorga quella domenica, per un'altra Chiesa una settimana dopo o addirittura un mese dopo»

ANDREA TORNIELLI
ROMA

 

 

«Sarebbe bellissimo... la gente, tanti semplici fedeli non capiscono come sia possibile che per una Chiesa Gesù risorga quella domenica, per un'altra Chiesa una settimana dopo o addirittura un mese dopo!». Boutros Fahim Awad Hanna, 53 anni, è vescovo copto cattolico di Minya, in Egitto. Le Chiese copte, quella guidata da Papa Tawadros II e quella cattolica in comunione con Roma, già festeggiano la Pasqua lo stesso giorno.

 

«Quando Tawadros II ha incontrato Francesco, due anni fa - spiega a Vatican Insider il vescovo egiziano - hanno parlato anche di questo. E Tawadros ha più volte ribadito pubblicamente, l'ultima volta ancora a Pasqua di quest'anno, l'importanza di celebrare nello stesso giorno la resurrezione di Gesù».

 

Il vescovo spiega che celebrare in un'unica data la festa più importante per la fede cristiana «sarebbe bellissimo, un segno visibile, tangibile, per i fedeli e per tutti. Le persone ci chiedono: "Quando è morto il vostro Cristo? E quando risorge?". Questo è particolarmente sentito nei Paesi orientali dove si trovano tanti cristiani di diversi riti».

 

Papa Francesco, nel novembre scorso, di ritorno dal viaggio in Turchia, aveva raccontato un esempio da lui vissuto in prima persona. «Ho sentito una volta a tavola, in via della Scrofa - aveva detto Bergoglio - si preparava la Pasqua nella Chiesa cattolica, e c’era un orientale cattolico che diceva: "Ah no, il nostro Cristo risuscita un mese dopo! Il tuo Cristo risuscita oggi?" – E l’altro: "Il tuo Cristo è il mio Cristo"».

 

A volte capita, a motivo del calcolo delle fasi lunari, che le date del mondo cattolico, che segue il calendario gregoriano, e di quello ortodosso, che segue il calendario giuliano, coincidano. «È una festa più grande - spiega il vescovo Boutros Fahim Awad Hanna - anche perché ci sono differenze nel modo di calcolare la data all'interno delle stesse Chiese ortodosse, ad esempio tra i siriani e i greci. Un'unica data è il desiderio dei fedeli, il desiderio dei cristiani in ogni parte del mondo. C'è stato persino un vescovo ortodosso che durante un incontro pubblico ha gridato: "Quando capiranno i nostri capi che dobbiamo celebrarle la Pasqua lo stesso giorno?"».

 

La discussione è aperta da decenni. Francesco, sul volo di ritorno da Istanbul, aveva accennato a una proposta avanzata a suo tempo già da Paolo VI, spiegando che se si continua a celebrare la Pasqua «nella data della prima luna dopo il 14 Nisan» si rischia, andando avanti con gli anni che i «nostri pronipoti» la celebrino «in agosto!». «Il beato Paolo VI - spiegava il Papa ha proposto una data fissa, una domenica di aprile, concordata». Francesco aveva ammesso che c'erano delle resistenze interne alle Chiesa e aveva ricordato, elogiandolo, il coraggio del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, il quale, nel caso della piccola comunità ortodossa della Finlandia, aveva detto: «Festeggiate la Pasqua con i luterani, nella data dei luterani». Perché in un Paese di minoranza cristiana non ci fossero due Pasque.


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22/02/2016 23:59
 
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 “Anno Domini – La Bibbia continua” 
 andra in onda a partire dal 21 febbraio su Canale 5. Si tratta del sequel della miniserie americana di successo ispirata agli Atti degli Apostoli e alle lettere di San Paolo. 

La Bibbia continua

La Bibbia è una serie tv statunitense ideata da Roma Downey e Mark Burnett per il canale di documentari via cavo History e trasmessa in America per la prima volta nel 2013. La fiction racconta le principali storie della Bibbia, a partire dall’Arca di Noè fino alla vita di Gesù ed è suddivisa in dieci puntate di cui le prime cinque puntate sono tratte dall’Antico Testamento, mentre le altre dal Nuovo. I creatori della miniserie durante la stesura della sceneggiatura hanno consultato molti ricercatori e teologi del Cattolicesimo ma nonostante questo “La Bibbia” ha ricevuto diverse critiche per vie di alcune incongruenze con la storia. Le riprese della serie tv americana vennero effettuate principalmente nel Marocco meridionale grazie ad un budget inferiore a 22 milioni di dollari. Dopo l’ottimo successo ottenuto dalla prima stagione che in America è stata seguita da oltre 10 milioni di spettatori, è stato prodotto prima un film “Son of God” e poi un sequel intitolato “Anno Domini – La Bibbia continua” andato in onda negli Stati Uniti sul canale NBC nel 2015. La miniserie statunitense è arrivata per prima volta in Italia nel 2014 su Rete 4 ed ora Mediaset ha deciso di trasmetterla a partire da questa sera, 21 febbraio, su Canale 5.

Trama e anticipazioni delle prime tre puntate di “Anno Domini – La Bibbia continua”

La miniserie statunitense “La Bibbia” è andata in onda in Italia due anni fa, a marzo del 2014, su Rete 4 durante il periodo pasquale. Quest’anno Mediaset, visto il successo registrato per la prima stagione, ha deciso di trasmettere anche il sequel della fiction ma sarà trasmessa in prima serata da oggi, 21 febbraio, su Canale 5. “A.D. La Bibbia continua” è composta da 12 episodi ma saranno suddivisi in cinque puntate che andranno in onda con molta probabilità ogni domenica al posto della soap “Il Segreto”. La storia, ispirata agli Atti degli Apostoli e alle lettere di San Paolo, racconterà i principali eventi accaduti subito dopo la crocefissione e risurrezione di Gesù. Scopriremo soprattutto quali conseguenze abbia avuto questo evento sulla politica dell’epoca in Giudea e su come gli Apostoli siano riusciti a diffondere la parola di Gesù prima nella regione e poi anche nelle altre nazioni nonostante le tante persecuzioni subite durante il loro percorso.


Stasera andranno in onda i primi tre episodi e si partirà dalla decisione di Ponzio Pilato e Caifa di crocifiggere Gesù in modo da riportare l’ordine a Gerusalemme. Il figlio di Dio, quindi, morirà ed i suoi dodici Apostoli dovranno affrontare momenti molto difficili. Il primo episodio si intitolerà “La tomba è aperta” e vedremo Pilato e Caifa scoprire che il corpo di Gesù è scomparso dal Sepolcro e faranno ricadere la colpa sugli Apostoli iniziando una vera e propria persecuzione nei loro confronti. In seguito i discepoli di Cristo fuggiranno verso la Galilea ed il figlio di Dio darà loro una missione da compiere. Negli altri due episodi in onda questa sera invece assisteremo al tentativo dei rivoluzionari zeloti di assassinare Pilato durante la festa della Pentecoste. Mentre gli Apostoli, dopo che lo Spirito Santo è disceso su di loro, iniziano a diffondere il Vangelo ma Caifa arresta Pietro e Giovanni.

Il cast de “A.D. La Bibbia continua” vede l’attore e modello argentino Juan Pablo Di Pace interpretare il ruolo di Gesù Cristo mentre Ponzio Pilato e Caifa avranno il volto rispettivamente di Vincent Regan e Richard Coyle. A vestire i panni di Maria sarà un’attrice di origini italiane, Greta Scacchi mentre la Maddalena sarà interpretata da Chip Chung. Tra gli altri componenti del cast ci sono: Adam Levy, Jodhi May, Babou Ceesay, Emmett J Scanlan, Fraser Ayers, Pedro Lloyd Gardiner, Jóhannes Haukur Jóhannesson, George Georgiou, Will Thorp, Morgan Watkins, Joanne Whalley.

A.D. La Bibbia continua

Anno Domini La Bibbia, dove vedere la diretta tv della miniserie americana

Tutti i fans della miniserie statunitense intitolata “La Bibbia”, potranno vedere i primi tre episodi del sequel della fiction a partire dalle ore 21 e 20 in diretta tv su Canale 5. Chi invece vorrà seguire la messa in onda de “A.D. La Bibbia continua” in diretta streaming al pc o sui vari dispositivi mobili potrà farlo sia sul sito internet www.mediaset.it nella sezione Live sia scaricando l’applicazione Premium Play, disponibile per tutti gli abbonati alla pay tv su tutti i sistemi operativi: Android, iOS e Windows Phone. Infine per tutti coloro che non potranno vedere la diretta televisiva o in streaming della miniserie americana, su Mediaset Extra è possibile trovare tutta la programmazione dei canali Mediaset con le repliche dei diversi programmi andati in onda sulla piattaforma digitale.

Anno Domini La Bibbia continua sta riscuotendo davvero un ottimo successo durante la prima tv di questa sera, domenica 21 gennaio 2016, e le anticipazioni che vi abbiamo fornito sopra potrebbero essere davvero un ottimo spunto per capire come potrà andare a finire (almeno per le prossime puntate) questa nuova fiction di Canale 5 basata sulla Bibbia. Una serie targata USA la cui trama, vista sopra, ha visto la collaborazione preziosa da parte di esperti del settore, che hanno così portato il regista a mettere in scena una fiction con un buon futuro, come già visto nella prima serie con gli ottimi ascolti televisivi. A questo punto, non possiamo che darvi appuntamento alle prossime settimane, quando vi aggiorneremo sui colpi di scena e le anticipazioni delle puntate successive.


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18/03/2016 20:39
 
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DONNE NELLA BIBBIA

Nella BIBBIA vi sono diverse figure di donna, a volte seduttrici, oppure dedite al meretricio, che comunque insegnano, attraverso la descrizione che ne viene fatta, a sapersi difendere per poter rimanere vincenti nonostante le situazioni analoghe in cui si potrebbe trovare.

A raccontarlo sono Antonella Anghinoni edElide Sivieri in “Donne di Dio. Scorci biblici” (edizioni San Paolo).

LA MOGLIE DI PUTIFAR

Normalmente, nelle Sacre Scritture, la donna, considerata nel suo aspetto negativo, è una straniera che cerca di corrompere gli ebrei. E’ il caso della moglie di Putifar, ricco signore d’Egitto. La donna si invaghisce, cercando di sedurlo, del giovane schiavo Giuseppe (uno dei figli minori di Giacobbe), acquistato dal marito e, per le sue capacità, posto a capo dell’amministrazione della casa.

Offesa dal rifiuto del giovane, la donna si vendica accusandolo di fronte al marito di aver tentato di farle violenza, mostrando come prova la veste dello schiavo, della quale Giuseppe si sarebbe liberato pur di fuggire dalle mani della moglie del padrone. Giuseppe, esempio di Misericordia, alla fine riesce a dimostrare la sua buona fede ed esce dal carcere a cui è stato ingiustamente costretto per le accuse della donna malvagia (Genesi 39,6-20).

IL PERDONO DI GOMER

La moglie del profeta Osea, Gomer, è invece ricordata meno per il suo adulterino abbandono del marito, che per il fatto di essere stata riscattata da lui. Il simbolismo della vicenda di Gomer ha il suo apice quando Dio ordina a Osea di riprendersi la sposa infedele. Dopo una prova, la donna ritorna con lui per iniziare una nuova vita fatta di fedeltà e amore e diventare un nuovo emblema: quello di Dio che recupera il suo popolo infedele.

LE ADULTERE

Anche l’Antico Testamento contiene occasionali caratteri positivi delle adultere. Gli esempi includono Tamar, la quale inganna il suo dissoluto parente presentandosi come una prostituta (Gen 38), e Raab, la prostituta che aiutò gli Israeliti a entrare in Gerico (Gs 2).




BETSABEA E DAVIDE

Anche Betsabea, il prototipo della bellezza e della tentazione, non è giudicata malvagia. E’ la moglie di Uria l’Ittita, uno degli ufficiali che stanno combattendo per re Davide. Proprio quest’ultimo perde la testa per lei. Soggiogato dalla passione,Davide la manda a prendere e si unisce a lei. Il testo non parla di lei come di un’adescatrice – al re non ci si può sottrarre – ma nemmeno ci fa pensare il contrario. Il re poi, soddisfatto il suo impeto di passione, congeda la donna. Ma Betsabea rimane incinta e lo manda a dire al re. Il figlio sarebbe una dichiarazione pubblica dell’adulterio.

A quel punto Davide prima mente (organizzando un banchetto a casa della moglie per fare in modo che il figlio venga attribuito a lui, ma Uria si rifiuta di partecipare), poi diventa il regista del suo omicidio (costringendolo a combattere nelle zone più roventi delle battaglia).

IL GIOCO DI DALILA

Dalila, una tentatrice filistea, diventa un simbolo del potere della lussuria che porta alla perdizione. Fa perdere la testa a Sansone. E’ una poco di buono: accetta di vivere con lui, ma non ne è innamorata. Lei è delicata solo nel nome: in realtà è pronta a raggirare quest’uomo per denaro. Infatti, conosciuta la relazione, i prìncipi dei Filistei le propongono un accordo in denaro in cambio di informazioni.

Sansone è un uomo molto forte: vogliono sapere da dove venga questa energia prodigiosa per catturarlo. Dalila lo raggira con la sua voce insistente, la seduzione, il fascino. Pone sempre la stessa domanda: «Da dove viene la tua forza?». Sansone per un po’ si diverte e inventa strani mezzi che dovrebbero togliergli la forza, ma Dalila lo capisce. Così Sansone, durante una piccola scaramuccia di coppia fatta di innocui scherzi amorosi, si lascia circuire dal male, rappresentato da Dalila.

Vi è la debolezza che esalta la potenza di Dio e la mollezza che porta alla perdizione. Dalila non è debole: è lasciva ed è mossa dall’avidità. Sansone le rivela che i suoi lunghi capelli raccolti in trecce sono la fonte della sua forza. Lei lo addormenta sulle sue ginocchia e chiama i Filistei che tagliano le trecce a Sansone e lo catturano. Il testo poi racconterà del riscatto di Sansone, ma rimane fisso l’inganno di Dalila. La sua figura ci ammonisce a non lasciarci circuire dal male che spesso sembra innocuo e giocoso, ha il fascino della delicatezza, ma è capace di portarci alla morte.

 


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01/05/2016 17:31
 
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di Giorgio Bernardelli

Re Abdallah di Giordania finanzia il restauro del Santo Sepolcro

Un nuovo gesto di vicinanza ai cristiani della casa reale giordana. 

 

 Christian Orthodox worshippers hold up candles lit from the 'Holy Fire' as thousands gather in the Church of the Holy Sepulchre in Jerusalem's old city on April 19, 2014 during the 'Holy Fire' ceremony on the eve of the Orthodox Easter. Believers hold that the fire is miraculously sent from heaven to ignite candles held by the Greek Orthodox patriarch in an annual rite dating back to the 4th century that symbolises the resurrection of Jesus. AFP PHOTO/GALI TIBBON / AFP PHOTO / GALI TIBBON

«Sua maestà Abdallah II ha inviato una beneficenza reale (makruma) per provvedere – a spese personali di sua maestà – al restauro della tomba di Gesù nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme»Ad annunciarlo è l’agenzia di stampa giordana Petra che cita una lettera ufficiale inviata dalla corte hashemita al patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III.Sarà dunque un Sovrano musulmano che si fregia del titolo di discendente diretto del Profeta Maometto a sostenere le spese del restauro dell’edicola del Santo Sepolcro, il luogo della Sepoltura e della Resurrezione di Gesù a Gerusalemme, da secoli il luogo più venerato dai cristiani di tutto il mondo.

Il restauro era stato annunciato due settimane fa – alla vigilia della Pasqua per il mondo occidentale – dalle tre confessioni cristiane che per ragioni storiche condividono la giurisdizione sulla chiesa più importante di gerusalemme: i greco-ortodossi, i latini (rappresentati dai Francescani della Custodia di Terra Santa) e gli armeni. Il restauro è necessario per via del degrado della struttura, dovuto all’alterazione progressiva delle malte creata dall’umidità causata dal respiro delle migliaia di pellegrini e dal fumo delle candele. C’è già uno studio e un progetto ben preciso per l’intervento elaborato dalla National Technical University di Atene sul quale c’è l’accordo di tutte le parti: i lavori dovrebbero durare otto mesi e concludersi all’inizio del 2017. Fino a ieri, però, si parlava di un intervento che sarebbe stato finanziato dalle tre confessioni, da contributi pubblici erogati dal governo greco e da benefattori privati.

L’annuncio giunto da Amman cambia ora le carte in tavola ed è stato subito salutato con grande favore dal patriarca Teofilo III, che guida la più folta tra le comunità cristiane della Terra Santa. «Sua Maestà re Abdallah incarna nei fatti, e non solo a parole, la convivenza tra musulmani e cristiani in tutto il mondo e in particolare in Terra Santa», ha dichiarato ancora all’agenzia Petra commentando la donazione. «Il ruolo svolto dalla Giordania nella protezione della presenza dei cristiani in Terra Santa è chiaro e innegabile – continua il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme – Re Abdallah sta guidando gli sforzi di tutti i giordani nel seminare i semi dell’amore e della fratellanza tra musulmani e cristiani in questa era in cui guerre settarie stanno bruciando intere nazioni, come tutti possiamo vedere».


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10/07/2016 22:17
 
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Un film nella realtà virtuale dedicato alla storia di Gesù Cristo. Che vi consentirà di seguirlo vivendo le scene dalla sua nascita, fino alla sua crocifissione.


COME “THE PASSION”


L’opera, scrive il portale specializzatohttp://www.spaziogames.it (30 giugno) è in lavorazione dall’ottobre 2015 e sta venendo girata con scenari a 360° e qualità 4K da Autumn Productions e VRWERX. Il titolo sarà “Jesus VR – The Story of Christ”, e sarà girato in Italia, a Matera, come The Passion di Mel Gibson.


LA CROCIFISSIONE


Oltre ad essere girato nello stesso luogo, aggiunge The Guardian (29 giugno), sarà utilizzato anche lo stesso consigliere religioso, Padre William Fulco, che offrirà suggerimenti sulla impostazione delle scene. Resta da vedere se il film sarà violento e sanguinario come The PassionAd esempio, nota il quotidiano britannico, scene come quella della crocifissione in 4K potrebbero rivelarsi estenuanti per gli spettatori.


LE NOZZE DI CANA


Tra le scene più attese, come hanno spiegato gli autori, è la trasformazione dell’acqua in vino. «Vi sembrerà di essere alle nozze di Cana».


Il regista, David Hansen, ritiene che grazie al film «potrete sentirvi come se foste con Gesù e i suoi discepoli. Si tratta della storia più potente di tutti i tempi, e la realtà virtuale è il modo perfetto di raccontarla».


IN USCITA A NATALE


L’opera sarà compatibile con i dispositivi: Oculus Rift, HTC Vive, PlayStation VR, Samsung Gear VR eGoogle Cardboard.


Il film sarà disponibile per essere acquistato o affittato presso i rivenditori autorizzati, ma nessuni prezzo è stato ancora fissato. La data di uscita è stata invece stabilita: Natale 2016 (www.polygon.com, 29 giugno).
The Passion - Jesus


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07/02/2017 20:55
 
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Un teologo rettore dell’Università di Strasburgo,
in barba al laicismo

Nella laicissima Francia capita anche che un teologo venga eletto rettore della seconda più grande università del paese, l’ateneo di Strasburgo, che vanta circa 46.000 studenti e oltre 4.000 ricercatori.

Il suo nome è padre Michel Deneken, sacerdote cattolico già decano della facoltà di teologia, nominato con 29 voti su 39 (1 astenuto), resterà in carica per i prossimi quattro anni. Dal 2009 era vicepresidente del consiglio di amministrazione d’ateneo. Non conosciamo il teologo, ma si apprende che è apprezzato dai colleghi di tutti i dipartimenti, senza differenze tra discipline umanistiche e scientifiche, ed è autore di un’opera intitolata La Foi pascale: rendre compte de la Résurrection aujourd’hui (La fede pasquale: la responsabilità odierna della Resurrezione).

Nella patria del laicismo non è sorprendente che vi siano state diverse polemiche per questa nomina, in particolare da parte del Sindacato nazionale dei docenti, dall’associazione federale degli studenti musulmani e di quella dei comunisti. La cosa inedita, invece, sono le numerose voci schieratesi a favore, come l’organismo di rappresentanza dei presidenti delle università di Francia (CPU), nonché l’Associazione federativa generale degli studenti di Strasburgo (AFGES), che ha apertamente sostenuto la candidatura di Michel Deneken.

Come è stato giustamente scritto, chi si è opposto alla nomina di Deneken ha «attaccato la laicità», non l’ha difesa. «Intendeva favorire l’invasione del secolarismo per mettere a tacere qualunque opinione religiosa, impedendo la libera espressione». Fortunatamente non è andata così e ci auguriamo possa essere l’occasione di una svolta per l’intera società francese: non è bello restare indietro di 200 anni.

La redazione


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10/05/2017 11:18
 
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Il segreto della felicità, secondo uno studio di Harvard



 



Gli scienziati hanno analizzato delle persone dall'adolescenza alla morte (lo studio è iniziato nel 1938!) e sono giunti a conclusioni sorprendenti


La psicologia positiva è l’area della psicologia che studia i fattori che fanno sì che le persone si sentano soddisfatte della propria vita. Visto che sono piuttosto scettica nei confronti dell’auto-aiuto, l’idea che ci sia un settore di studi serio che tratta strategie e abitudini che migliorano la nostra vita mi affascina.


Tempo fa ho assistito quasi per caso a un documentario splendido sulla felicità, “Happy”. Non è nuovo, è del 2011, ma era qui sul Netflix tedesco e mi è sembrato un’ottima cosa da guardare prima di dormire. Nel film vengono intervistati vari ricercatori di psicologia positiva e persone che si ritengono felici in generale, e la grande conclusione è che tutte le cose che la gente persegue freneticamente nel mondo occidentale (fama, denaro ecc.) non sono fattori importanti perché la gente si senta soddisfatta della vita.



In base alle deposizioni raccolte, per la gente contano i rapporti, l’attività fisica, il contributo alla società e il coltivare un certo senso di fascino nei confronti della vita. Una delle testimonianze più belle è quella di una donna splendida che ha subito un incidente automobilistico ed è rimasta col volto sfigurato. Il matrimonio è finito e non si è uccisa solo perché voleva aspettare che il figlio crescesse per potersi suicidare senza che le rimordesse troppo la coscienza. Ma poi ha conosciuto un uomo, si sono innamorati e lei è riuscita a ricostruirsi una vita. E alla fine della testimonianza dice che può sembrare una bugia ma è molto più felice ora e con questa relazione di quando era bella, prima dell’incidente, ed era sposata.


Un’altra cosa splendida a cui ho assistito sulla felicità è stata una conferenza TED. Il conferenziere era il 4° direttore di uno studio di Harvard sulla felicità umana iniziato nel 1938. È probabilmente lo studio più lungo sul tema mai realizzato al mondo. I ricercatori hanno analizzato degli uomini nell’adolescenza e in età giovanile e li hanno seguiti per tutta la vita. Facevano esami medici, rispondevano a questionari sulla loro vita e su come si sentivano. Alcuni partecipanti oggi hanno quasi 90 anni.


Il direttore della ricerca ha spiegato che dopo aver seguito la vita della persona per decenni, la conclusione più certa è che non è la fama né il denaro a dare la felicità, ma i buoni rapporti, e questo non ha necessariamente a che vedere con la quantità di amici che si hanno o col fatto di essere sposati o meno. Alla fin fine, ci sono molte persone sposate che si sentono sole.



Secondo i ricercatori, il cervello delle persone nella vecchiaia funziona meglio se sentono che ci sono persone nella loro vita su cui poter contare. E un’altra conclusione: la solitudine uccide! Sì, gli uomini che dicevano di sentirsi soli in media hanno vissuto meno!



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07/02/2018 21:42
 
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Il nuovo film parlerà della Resurrezione

USA Today ha riferito del coinvolgimento dell’attore Jim Caviezelnella realizzazione del sequel de La Passione di Cristo di Mel Gibson.

Caviezel, 49 anni, ha confermato che interpreterà Gesù anche nella nuova pellicola, che riguarderà la Resurrezione di Cristo.

“Ci sono cose che non posso dire che saranno uno shock per il pubblico”, ha affermato. “È fantastico. Rimanete sintonizzati”.

Gibson e il protagonista del suo nuovo film tacciono sui dettagli delle riprese, ma l’attore ha detto di essere rimasto ispirato nelle sue conversazioni con il regista dalla direzione che sta prendendo il progetto.

“Non vi dirò come lo sta organizzando”, ha dichiarato Caviezel, “ma vi dico che il film che girerà sarà il più grande della storia”.

La Passione di Cristo, del 2004, di cui Gibson è stato regista, produttore e co-sceneggiatore, è stato una pietra miliare nella realizzazione di film a contenuto religioso, e ha guadagnato oltre 611 milioni di dollari in tutto il mondo.

Parlando del sequel, Gibson ha affermato che si sta “cercando di realizzarlo in un modo avvincente e illuminante dal punto di vista cinematografico, di modo che possa gettare una nuova luce, se possibile, senza creare qualcosa di strano”.


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26/02/2018 15:49
 
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In questo periodo circola la notizia del ritrovamento tra le macerie del terremoto ad Arquata del Tronto, di una pisside chiusa con 40 ostie, rimaste integre a distanza di circa un anno e mezzo.
Si è detto e scritto che normalmente le ostie si rovinerebbero dopo poche settimane.
Forse è in qualche caso può essere ma non è sempre così.

CI tengo perciò a precisare quanto segue:
Come credente non escludo che si possa trattare anche di un miracolo, ma proprio perchè credente desidererei una buona dose di attenzione per non gridare al miracolo prima di aver verificato nel tempo il persistere dell'integrità delle ostie ritrovate all'interno di quella pisside RIMASTA CHIUSA, proteggendo le Ostie .

Infatti, personalmente ho in casa un'ostia NON CONSACRATA e tenuta all'aria SENZA ALCUNA PROTEZIONE, fatta DUE ANNI FA . Inoltre ne ho un'altra, ugualmente NON CONSACRATA, conservata da me senza additivi, in una piccola teca rotonda, DA BEN 5 (cinque) ANNI, che conservo perchè mi piace la bella croce che vi è impressa: a tutt'oggi la particola si è MANTENUTA PERFETTAMENTE INTEGRA, e senza mutamento nè di colore, nè di forma, nè di muffe.

Ci sarebbe quindi da chiedersi: quanti anni una particola, sia pure non consacrata, può rimanere intatta nel tempo?
Per esperienza diretta, sicuramente più di 5 anni, visto che la mia ostia, protetta solo da una piccola teca, ha già appena superato questo periodo.
Per cui, chi afferma che dopo poche settimane l'ostia ammuffisce o degrada, forse non ha fatto delle prove sperimentali, come quelle che io stesso ho fatto, o forse non è a conoscenza che in certe condizioni, le ostie possono rimanere intatte anche per molti anni, indipendentemente se siano consacrate o no.
Nulla da dire sul miracolo di Siena dove le Ostie sono ancora integre, ma in quel caso sono trascorsi circa 300 anni !!!
In questo caso invece, dopo appena un anno dagli eventi del terremoto, è ancora troppo presto per gridare al miracolo, prestando il fianco a coloro che non attendono altro che di denigrare la fede, attaccandosi a questi particolari.
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05/10/2018 18:58
 
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Danimarca, le nuove linee guida del governo:
riscoprire l'”eredità cristiana”

Danimarca e cristianesimo. Il ministro della Cultura ha reso pubblico il contratto di governo fino al 2023, spiegando che le emittenti statali dovranno sottolineare il valore fondante del cristianesimo per la società e la democrazia. Una scelta dovuta di fronte al secolarismo radicale che ha lacerato la società.

 

Da diversi anni giungono notizie che a Copenaghen gli ex terroristi islamici trovano aiuto, studi pagati e offerte di lavoro salvo poi, due anni dopo, apprendere che gli stessi hanno ringraziato prendendo di mira i locali pubblici, chiedendo loro il pizzo.

E poi ancora: gare pubbliche di auto-erotismo, abolizione del divieto di sesso con animali, aborto selettivo ai bambini con Sindrome di Down, guerra al Natale e alle feste cristiane, inverno demografico ecc. Insomma, quello che si dice un perfetto Paese progressista.

Questa premessa rende ancor più sorprendente la notizia che il Ministero della Cultura danese ha preso una decisione in forte contro-tendenza. Il 18 settembre scorso, in diretta su Danish Radio, ha infatti descritto quale sarà l’impegno del governo per il 2019-2023, annunciando che le emittenti pubbliche dovranno rafforzare il patrimonio culturale nativo della Danimarca e sottolineare il ruolo fondante del cristianesimo nella società danese. Radio e televisioni statali, quindi, avranno il compito di sottolineare che la società danese si basa sui principi della democrazia, che hanno le loro radici nel cristianesimo.

Ecco le parole del ministro Mette Bock: i media danesi «dovranno rafforzare la propria offerta per quanto riguarda i valori culturali, democratici e storici nella società danese, compresa una chiara diffusione della cultura danese e del patrimonio culturale danese. Dev’essere chiaro nei programmi e nelle piattaforme statali che la nostra società è radicata nel cristianesimo».

Di fronte ad una secolarizzazione pronunciata, un secolarismo radicale, un femminismo estremo, ed il conseguente lassismo dei valori sociali, sembra dunque che il governo cerchi di correre ai ripari, riscoprendo le proprie radici. La frase “kristne kulturarv”, traducibile come “eredità cristiana”, è ripetuta ben cinque volte nel contratto di governo, assieme a iniziative civiche come la conservazione della cultura e l’educazione pubblica.

In Danimarca dunque ci si vorrebbe ora difendere da una deriva che loro stessi hanno entusiasticamente abbracciato, volendo ricorrere all’eredità cristiana per contrastare il progressivismo distruttivo e l’islamizzazione della società che sta erodendo il carattere distintivo danese. Questa preoccupazione si riflette in gran parte dell’Europa, un continente che un tempo era ritenuto irreversibilmente laico e che ora, invece, pare voler riscoprire la cultura cristiana per mantenere l’unità nazionale e la stabilità sociale.

Siamo certamente favorevoli a questa ripresa culturale del cristianesimo ma, ben sappiamo, che una cristianità proclamata ma non vissuta ha poca credibilità ed è priva di quella vitalità e di quella novità che riesce a penetrare il radicato scetticismo. Proclamare un Dio senza Cristo, un Cristo senza Chiesa, una Chiesa senza popolo è proprio l’errore di molti conservatori attuali, che non sentono l’esigenza di convertire profondamente loro stessi all’eredità cristiana che tuttavia vorrebbero presente e viva nei loro Paesi. Per questo Giovanni Paolo II chiedeva il percorso inverso: è dalla fede che deve nascere la cultura, perché -disse- «una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini”, aprile 1985).


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