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IL MITO DI IPAZIA DI ALESSANDRIA

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2022 16:20
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17/03/2022 16:15
 
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4. L’ASSASSINIO:
MOVENTE POLITICO, NON RELIGIOSO

Ipazia finì drammaticamente coinvolta nella disputa politica tra il prefetto Oreste ed il vescovo Cirillo, spiegata nel precedente paragrafo, sostenuti l’uno dall’élitè cittadina e l’altro dal popolo. La fonte più affidabile sulla morte di Ipazia è l’unica contemporanea, quella di Socrate Scolastico, e senz’ombra di dubbio sostiene il movente politico.

Essendo una figura di spicco della città, Ipazia venne ritenuta una voce neutrale e moderatrice nella vita civile. Socrate Scolastico annota che «tutti gli uomini l’ammiravano per la sua straordinaria dignità e virtù» (Historia ecclesiastica, VII.13), mentre il filosofo pagano Damascio (scrivendo un secolo dopo Socrate Scolastico ed i fatti raccontati), concorda sul fatto che Ipazia «era abile e articolata nei suoi discorsi, saggia e politicamente virtuosa nelle sue azioni, la città apparentemente l’amava e si prostrava particolarmente di fronte a lei, e i governatori la salutavano sempre per primi quando venivano in città» (Vita di Isidoro, 43E).

Ipazia, tuttavia, apparteneva alla stessa classe sociale e politica del prefetto Oreste e Socrate Scolastico scrive che ne era una sorta di consigliera, tanto da avere «incontri frequenti con Oreste». Non sorprende quindi che la classe povera, rivale di Oreste, la associò al prefetto negli scontri che divisero Alessandria.

L’eminente studioso Edward J. Watts, docente di Storia alla University of California, ha sottolienato: «Gli storici che scrivono su Ipazia hanno avuto la tendenza a concentrarsi sulle dinamiche religiose alessandrine del IV e V secolo, ma le divisioni spaziali e socioeconomiche contavano molto più delle differenze religiose per i contemporanei di Ipazia. La maggior parte degli alessandrini e dei pagani del IV e V secolo non comprendevano le differenze religiose allo stesso modo delle moderne comunità religiose. Non vedevano forti divisioni tra cristiani e pagani e non sarebbero stati naturalmente ostili verso le persone con credenze diverse»4.

La stessa Ipazia, pur essendo pagana, intratteneva come già detto buone relazioni con la comunità cristiana. Numerosi dei suoi discepoli erano cristiani, il predecessore del vescovo Cirillo, Teofilo, nominò uno degli studenti di Ipazia, Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide, una delle principali città del Nord Africa. Sinesio rimase amico di Ipazia fino alla sua morte (sette delle sue lettere indirizzate a lei sono ancora esistenti).

La situazione politica era in stallo in quanto si attendeva una risposta da parte dell’imperatore di Costantinopoli alle petizioni del prefetto Oreste e del vescovo. Cirillo, tuttavia, decise di agire rafforzando la sua posizione: chiamò alleati da fuori città. Li trovò nei monaci ascetici (parabolani?) che vivevano nel deserto di Nitria, a sud-ovest di Alessandria.

Erano cristiani severi e ben poco contemplativi e «circa cinquecento di loro», scrive Socrate Scolastico, entrarono in città con il sostegno rumoroso del patriarca. Incontrarono Oreste, lo accusarono di essere pagano e la manifestazione si trasformò in rivolta. Il prefetto ne uscì ferito. Oreste fece torturare il monaco che lo ferì, Ammonio, tanto da ucciderlo. Questo generò ulteriori tensioni.

Cirillo decise allora di appoggiare le azioni dei monaci, inviò una seconda petizione all’imperatore e dal pulpito dichiarò Ammonio martire per la fede. Una mossa che fallì in quanto «i cristiani non accettavano la stima prevenuta di Cirillo nei suoi confronti poiché sapevano bene che aveva subito la punizione a causa della sua volgarità e che non aveva perso la vita per aver negato Cristo» (Historia ecclesiastica, VII.14). Questa annotazione di Socrate Scolastico illumina il fatto che tutti i soggetti coinvolti nel conflitto politico generatosi ad Alessandria erano cristiani. Lo era il prefetto Oreste, battezzato dal Patriarca di Costantinopoli, e lo era la folla che lo sosteneva, così come lo erano gli “avversari”: il vescovo Cirillo e i monaci dei monti di Nitria.

Fallito il tentativo del martirio di Ammonio, i sostenitori di Cirillo chiesero una riconciliazione tra il vescovo ed il prefetto, ma diverse voci iniziarono ad indicare nella consigliera di Oreste, Ipazia, colei che impediva tale riconciliazione.

Ecco come l’unica fonte contemporanea ai fatti, quella di Socrate Scolastico, descrive l’assassinio di Ipazia nel 415 d.C.:

«Cadde vittima della gelosia [φθόνος], politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei ad impedire ad Oreste di riconciliarsi con il vescovo. Alcuni di loro, perciò, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un lettore chiamato Pietro, le tesero un’imboscata mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono completamente e poi l’assassinarono con delle tegole. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono. Questo affare portò non poco sdegno contro Cirillo e contro alla chiesa di Alessandria: infatti, nulla può essere più estraneo dai seguaci degli (insegnamenti) di Cristo che uccisioni, lotte e cose del genere» (Socrate Scolastico, Historia ecclesiastica,, VII 15)


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