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RICERCA SU GIOVANNI BATTISTA NELLA STORIA

Ultimo Aggiornamento: 27/06/2018 11:40
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27/06/2018 11:40
 
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GIOVANNI BATTISTA “PREPARO’ LA STRADA A GESU”?


Solitamente la figura di Giovanni Battista viene descritta come un profeta escatologico che riconobbe in Gesù il Messia che stava annunciando, verso il quale sentì il compito di preparare la strada. Analizzando storicamente il Nuovo Testamento, tuttavia, le cose non sono così lapalissiane.


Sarebbe errato operare una rassegna dei ritratti del Battista contenuti nei quattro vangeli, dove emergono anche ampi tratti redazionali, piuttosto vorremmo raccogliere una tradizione storica attendibile su di lui ricavata dai vangeli. Per questo, è doveroso concentrarci sul documento Q, ovvero la tradizione comune tra Matteo e Luca, che è -sopratutto sul Battista- «il materiale chiaramente più attendibile e caratteristico» (J. Becker, Johannes der Täufer und Jesus von Nazareth, Neukirchen-Vluyn 1972, p. 16). Tralasciando, almeno in questa sede, la presentazione operata del quarto vangelo, impossibile da verificare storicamente. «Il criterio di discontinuità, così come a volte, la conferma da parte di Marco, Giovanni e Flavio Giuseppe, rendono abbastanza attendibile il nucleo della tradizione Q sul Battista» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 50).


L’annuncio di Giovanni Battista (si veda Mt 3,7-10) è privo di qualunque caratteristica specificatamente cristiana, privo di riferimenti a Gesù o di un mediatore umano nel giudizio finale di Dio. Tuttavia, nella successiva pericope di Mt 3,11-12 (presente nella fonte Q, in quanto condivisa da Lc 3,16-18), «si affaccia la possibilità di qualche mediatore ulteriore di salvezza oltre a Giovanni» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 62). Il Battista, infatti, introduce improvvisamente l’affermazione: «Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma viene dopo di me uno che è più forte di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile».


A chi si sta riferendo Giovanni? Alcuni esegesi, data l’assenza di ulteriori delucidazioni, hanno concluso che “il più forte” non può essere altro che Dio, già descritto in Q con l’immagine del rude contadino che taglia l’albero cattivo e lo scaglia nel fuoco. Tale interpretazione, tuttavia, ha diversi punti deboli. Giovanni si riferisce a qualcuno che è “più forte di me”, un’ovvietà se si riferisse a Dio. Chi penserebbe diversamente? Alludere in questo modo a Dio, dopo averlo citato direttamente pochi versetti prima, è piuttosto illogico. Ancor di più con la metafora di non poter “portargli i sandali” (o sciogliere i lacci dei sandali, secondo altre traduzioni). «Si tratta di una maniera incredibilmente contorta di proclamare una verità talmente lapalissiana come quella che Dio è superiore a Giovanni» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 67). Altri studiosi suggeriscono che il riferimento è ad Elia, al Figlio dell’Uomo apocalittico, ad un’altra figura messianica, a figure celesti come il sacerdote Melchisedek. Ma, nessuno è mai riuscito a portare argomenti totalmente convincenti.


La soluzione più logica è che l’indeterminatezza espressa da Giovanni potesse essere intenzionale, poiché nemmeno lui aveva una chiara idea di chi fosse l’emissario da parte di Dio che avrebbe portato a termine il dramma escatologico. E’ anche probabile che Giovanni non smise mai di considerarsi non sufficientemente potente per adempiere il compito escatologico che Dio aveva iniziato per mezzo suo. Il vangelo di Marco non offre alcun indizio sul fatto che Giovanni riconobbe in Gesù “colui che viene”, il documento Q, invece, lascia intuire che Giovanni ha, in realtà, interrogativi sulla persona di Gesù e sul suo ministero (Mt 11,2-3 // Lc 7, 18-19). Ma non possiamo dire di più, se non che l’autenticità storicadi tale passo è sicura: tra i principali argomenti la rara sovrapposizione di Marco/Q/Atti/Giovanni, cioè per molteplice attestazione è riportata nella fonte Q (Matteo+Luca); Mc 1,7-8; At 13,25 e Gv 1,26-27. In secondo luogo, l’indeterminatezza della profezia di Giovanni depone contro un’ipotetica invenzione posteriore del cristianesimo primitivo.


Maggior chiarezza arriva quando Giovanni invia i suoi discepoli da Gesù ad interrogarlo (Mt 11,2-6): «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». L’esatta formulazione è ho erchòmenos, cioè colui il cui avvento era stato profetizzato. La frase ricorda fortemente la sua stessa profezia (“viene dopo di me uno che è più forte di me”). Il Giovanni apocalittico, che profetizzava un imminente terribile giudizio, sembra così -come già detto- porsi un dubbio sul dover ripensare la sua visione sull’imminente epilogo della storia di Israele. Anche questo passaggio vanta una certezza storica, uno dei motivi formulati dagli studiosi (utili gli approfondimenti di Werner Kümmel, Promise and Fulfilment & Walter Wink, in Jesus’ Reply to John) è che la domanda di Giovanni a Gesù «stona con quanto ci aspetteremmo in un racconto inventato dalla chiesa primitiva per esaltare Gesù come la figura escatologica definitiva o per convertire i settari battisti, persuadendoli che “questo è ciò che Giovanni cercava” (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 187). Infatti, né il giudaismo precristiano né il documento Q utilizzano “colui che viene” come titolo usuale per indicare il messia o qualche altro personaggio escatologico.


Le cose diventano più comprensibili nella “risposta” che Giovanni dà a Gesù, che è anche «uno dei migliori argomenti a favore della fondamentale storicità» di questo dialogo. «Se i primi cristiani inventarono questa pericope come mezzo di propaganda contro la setta dei battisti della loro epoca, allora questi cristiani avevano davvero una strada idea di propaganda» (J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 191). Infatti, né nella fonte Q, né in altra tradizione del Nuovo Testamento viene riportata una risposta favorevole da parte del Battista all’appello di Gesù di riconoscere in lui la realizzazione del disegno di Dio. Questo “silenzio” di Giovanni soddisfa i criteri storici di imbarazzo e di discontinuità. Lo scettico professore di Nuovo Testamento all’Università di Heidelberg, Martin Dibelius, ha scritto: «Una tale domanda e una tale risposta rivendicano entrambe una credibilità storica, perché la leggenda non avrebbe permesso che il Battista, dipinto come l’araldo di Gesù, formulasse la domanda in un modo così semicredulo, così come non avrebbe permesso che il Salvatore rispondesse in modo così oscuro. Questa incredulità fa sì che, dal punto di vista storico, il racconto acquisti significatività sia per la nostra conoscenza dell’atteggiamento di Gesù rispetto al titolo di messia, sia per la nostra comprensione della visione che il Battista aveva di Gesù» (M. Dibelius, Die urchristliche Überlieferung von Johannes dem Täufer untersucht von, Frlant 1911, p. 37).


Un altro passaggio evangelico interessante è l’affermazione di Gesù: «La legge e i profeti arrivano fino a Giovanni; da allora in poi il regno di Dio è annunziato e ognuno si sforza di entrarvi» (Lc 16,16). In questo passo, Gesù vede «non solo Giovanni Battista, ma anche il tempo della sua apparizione in una transizione; nel medesimo tempo conclude il periodo d’Israele ed inizia o inaugura il periodo di Gesù» (J. Fitzmyer, The Gospel according to Luke, Yale University Press 1970, p. 1115). Numerosi studiosi, tra cui Ernst Kasemann, James Robinson, Joachim Gnilka e, sopratutto, Walter Wink, rinomato biblista progressista dell’Auburn Theological Seminary di New York, sono convinti dell’autenticità storica di tale passaggio, grazie al criterio di discontinuità e di coerenza.


Dopo tutte queste osservazioni possiamo confermare che, in qualche modo, è vero: Giovanni “preparò la strada”, annunciò Gesù. Tuttavia, paradossalmente, possiamo concludere questo più per l’auto-consapevolezza espressa da Gesù nel rispondere e nel riferirsi a Giovanni, che viceversa. Per quel che è possibile confermare storicamente (ci riferiamo all’antico testo Q), infatti, il Battista non sciolse i suoi dubbi sulla figura del messia. Come ha scritto David Noel Freedman, celebre professore di Storia e Studi Giudaici all’University of California, «Giovanni è in carcere, di fronte ad una possibile esecuzione capitale. Sorge spontanea la domanda su chi dovrebbe essere il sostituto o il successore di Giovanni. Gesù indica se stesso, lui è disposto ad essere quel successore ma indica anche qualcosa di più. Proclama di essere qualcosa di più di un semplice sostituto o successore di Giovanni, con il suo ministero di proclamazione e miracoli, è iniziata una nuova fase del dramma escatologico» (D.N. Freedman, Lettera a J.P. Meier, in Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 472).


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