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GIOVANNA D'ARCO

Ultimo Aggiornamento: 03/01/2018 18:37
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03/01/2018 18:07
 
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Giovanna d’Arco (1412-1431) proviene da una famiglia di piccoli coltivatori di Domrémy, villaggio dei Vosgi rimasto fedele al delfino Carlo di Valois (1403-1461) in una zona interamente dominata dagli anglo-borgognoni. Fa la sua comparsa sulla scena nel gennaio del 1429, in una fase avanzata della guerra dei Cent’anni (1337-1453). In quel momento ha circa 17 anni, non sa leggere, né scrivere, in teoria non dovrebbe essere capace di cavalcare, e tantomeno di combattere. Invece, indossati gli abiti maschili, si reca alla presenza di Carlo di Valois, dopo un lungo viaggio a cavallo attraverso il territorio nemico. Le «voci» che ode con insistenza, da lei attribuite all’arcangelo Michele, a santa Margherita di Antiochia e a santa Caterina di Alessandria, la esortano infatti a recarsi presso di lui perché gli riferisca che lei è inviata da Dio a liberare la Francia dagli inglesi.


 

Finisce per condurre l’armata francese all’assedio di Orléans (maggio 1429). Al suo seguito l’armata francese è trascinata di vittoria in vittoria: Orléans, Jargeau (dove Giovanna d’Arco è ferita nell’assalto alle mura), Patay; l’esito trionfale di quest’ultima apre la strada di Reims a Carlo di Valois, consacrato re di Francia col nome di Carlo VII (17 luglio 1429).


Subito dopo ha inizio la parabola discendente, con le esitazioni e i tentennamenti del re – sempre più propenso a trattative con il duca di Borgogna Filippo il Buono – e il fallimento dell’assedio di Parigi (8 settembre 1429) da parte di Giovanna d’Arco.


 

Giovanna preme per continuare la guerra. Nel tentativo di forzare la mano al re, decide di muovere senza preavviso in aiuto di Compiègne, sotto l’assedio del duca di Borgogna, al comando di truppe mercenarie da lei assoldate. Ed è sotto le mura della città che viene catturata il 23 maggio del 1430 da Giovanni di Lussemburgo, che la vende agli inglesi per la notevole somma di 10.000 scudi d’oro.


Da quel momento tutti le voltano le spalle, a cominciare da quel re che le deve vittorie e corona: nessun tentativo di liberarla, nessuna trattativa, nessun riscatto.


Per gli inglesi è l’occasione di liberarsi di Carlo VII e distruggere, attraverso l’umiliazione e la caduta di Giovanna d’Arco, quell’aura di guerra santa che da tempo circonda lui e il suo esercito. Quella ragazza che pretende di essere in contatto con i santi e con Dio deve essere dichiarata strega; bisogna che le sue «voci» e le sue profezie risultino un’impostura; le sue credenze eretiche; la sua sbandierata purezza una messinscena blasfema. Se tutto questo potrà realizzarsi quel re, lungi dall’essere l’Unto del Signore, si rivelerà la creazione di un’eretica.
Gli inglesi quindi non hanno pietà e la consegnano al tribunale dell’Inquisizione, certi della condanna.

Il processo istruttorio inizia nel gennaio 1431. Gli interrogatori, di cui sono giunti i verbali, restano la fonte più importante per ricostruire la vicenda di Giovanna d’Arco.

Sola e in catene davanti a un tribunale ostile, composto da alti prelati che manifestano apertamente di non credere alle sue «voci» e insinuano anzi la loro natura diabolica, Giovanna d’Arco risponde a tono e quasi sempre in modo pertinente, pur essendo analfabeta. A domande formulate con malizia sottile, tese a farla cadere in trappola, oppone una semplicità e una risolutezza stupefacenti, e per più di tre mesi tiene testa ai suoi giudici. Contro di lei vengono stilati 72 capi di accusa. Alla fine viene riconosciuta colpevole di idolatria, scisma e apostasia.

Il suo unico momento di cedimento si verifica il 24 maggio (1431) nel cimitero di Saint-Ouen, davanti alla pira già innalzata, quando, ormai stremata, firma la sua abiura. Era ciò che si voleva da lei: che rinnegasse le «voci», la chiamata divina, il carattere sacro della missione. Tutto quello che aveva costruito diventava così una menzogna. In cambio ha salva la vita, perché agli eretici pentiti era riservata la reclusione perpetua invece del rogo.

Firmata l’abiura, Giovanna d’Arco riprende gli abiti femminili, ma quattro giorni dopo torna a quelli maschili.

Cosa sia successo in quell’intervallo di tempo non è chiaro: testimonianze e documenti non concordano e offrono testimonianze contrastanti.

Nuovamente interrogata, Giovanna d’Arco riferisce di aver udito ancora le voci che le rimproveravano la debolezza dell’abiura e la paura della morte.

Giovanna d’Arco è consapevole che questo significa la sua condanna a morte in quanto relapsa («ricaduta»), termine che designava gli eretici tornati all’errore dopo l’abiura.

Mercoledì 30 maggio 1431, Giovanna d’Arco viene portata sulla piazza del mercato di Rouen. Il frate domenicano Martin Ladvenu l’aveva confessata e il vescovo Cauchonaveva permesso che si comunicasse. Desidera il conforto d’un crocefisso: pietosamente, un soldato inglese le confeziona una piccola croce legando insieme due pezzetti di legno rotti dalla punta d’un bastone. Frate Isembard de la Pierre corre alla vicina chiesa di Saint-Laurent: si fa consegnare una grande croce astile e gliel’avvicina al volto, dal basso, quanto più possibile, affinché dall’alto del rogo possa averla vicina e fissare fino ai suoi ultimi istanti il suo Signore crocifisso. Avvolta dalle fiamme, grida più volte ad altissima voce il nome di Gesù.

Nel 1455 viene stabilita la riapertura del processo, che si conclude con una sentenza di completa riabilitazione.
Il 18 aprile 1909 Giovannna d’Arco viene beatificata da papa Pio X. L’evento suscita grande scandalo e polemiche in quanti ricordano che era stata proprio la Chiesa a metterla sul rogo.

Nel 1920 Giovanna ottiene contemporaneamente la canonizzazione e la proclamazione di una festa nazionale in suo onore.


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