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I SETTE VIZI CAPITALI

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2017 12:29
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19/12/2017 12:08
 
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I VIZI CAPITALI


Di don Giuseppe Tomaselli


 


INTRODUZIONE


Uno scritto sui « Vizi capitali » è di grande utilità. Ordinariamente quando si scrive, si rivolge la parola a qualche categoria di anime. Il presente lavoro invece riguarda tutti, perché non c'è per­sona che possa dire: Io sono esente da ogni miseria morale! ... Non sento gli incentivi al male!


Benedica il buon Dio questo umile scritto!


 


PRELUDIO


Nell'anima umana, per effetto della colpa originale, ci sono i germi dell'i­niquità.


Tra i vizi che albergano nel cuore, i più importanti sono quelli chiamati capitali. Essi sono sette e cioè: super­bia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia ed accidia. Si dicono capitali perché danno origine a tutti gli altri vizi.


Si rileva il male che producono nell'a­nima e si suggeriscono i mezzi per com­batterli con le virtù opposte.


E’ bene notare che le mancanze che si commettono in forza dei vizi capitali, non sempre sono peccati gravi o mortali; ma lo possono essere, purtroppo non ra­ramente.


 


SUPERBIA


Dicesi superbia il desiderio disordi­nato della propria eccellenza. È un vizio molto radicato in noi, il quale è causa di una grande quantità di peccati.


Iddio odia la superbia e la punisce. Il primo peccato di superbia fu com­messo dagli Angeli in Cielo, allorché si ribellarono a Dio con a capo Lucifero. La punizione fu tremenda, poiché subito fu creato l'inferno e vi precipitarono tutti i ribelli, per starvi eternamente. Un altro grave peccato di superbia fecero i nostri progenitori Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre, quando fu­rono tentati dal demonio a mangiare il frutto proibito da Dio. - Perché non mangiate di questo frutto? – domandò il tentatore. - Non possiamo, risposero, perché Iddio ce l'ha proibito! - Se lo mangerete, continuò il demonio, diven­terete simili a Dio! - Adamo ed Eva prestarono fede e, mossi dal desiderio di diventare simili al Creatore, colsero il frutto e lo mangiarono. Il peccato fu grave, non solo per la disubbidienza, ma anche per la superbia. Iddio, fortemente sdegnato, tolse ai due peccatori i doni soprannaturali, già dati gratuitamente, li condannò a morire e li cacciò dal Pa­radiso Terrestre.


 


Il Redentore.


Dio, giusto punitore della colpa, non tralascia però di compatire l'uomo im­pastato di debolezza e gli dà un rimedio efficace contro la superbia. Infatti la se­conda Persona della Santissima Trinità, il Figlio Eterno di Dio, lascia lo splen­dore del Cielo e si riveste di umana car­ne. Lo scopo dell'Incarnazione è di ria­prire il Paradiso agli uomini e di dare un meraviglioso esempio di umiltà, in opposizione all'innata superbia.


La vita terrena di Gesù Cristo fu una lotta continua al vizio della super­bia. Avrebbe egli potuto nascere in un palazzo reale e farsi ricoprire di gloria dagli uomini; ed invece nacque in una stalla, visse in una bottega facendo il fa­legname e mori ignudo sulla Croce, tra due ladroni, come un malfattore.


 


Gl'insegnamenti di Gesù.


Il Vangelo è ricco di massime e di parabole, che hanno per scopo di abbat­tere la superbia e d'insegnare l'umiltà. Gli Apostoli domandarono a Gesù: Maestro, chi è il più grande nel regno dei Cieli? -


Egli prese un bambino, lo pose in mezzo a loro e poi disse: Chi si umilie­rà, facendosi piccolo come questo bam­bino, costui sarà il più grande nel re­gno dei Cieli. -


E vedendo che gli Apostoli tende­vano alla superiorità, disse loro: I prin­cipi di questo mondo signoreggiano i loro sudditi; per voi non sia così. Chi di voi vuole essere il primo, sia l'ul­timo. -


Trovandosi in un convito Gesù ed osservando che gl'invitati brigavano per avere i primi posti, parlò in questo mo­do: Quando tu sei invitato a pranzo, non andare a metterti al primo posto, poiché potrà darsi che sia stato invi­tato uno superiore a te ed allora il pa­drone dovrà dirti: Amico, lascia questo posto e mettiti in fondo! - Allora ne avrai vergogna presso tutti i commen­sali. Quando invece sei invitato a tavola, mettiti nell'ultimo posto, affinché chi ti ha invitato abbia a dirti: Amico, vieni avanti! Così ne avrai onore presso tutti i convitati. Poichè chi s'innalza sarà u­miliato e chi si umilia sarà esaltato. -


Essendo la superbia come una feb­bre che spossa ed anche il motivo dell'in­quietudine del cuore umano, Gesù Cristo si dà quale modello a tutti, dicen­do: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete il riposo per le anime vostre! -


Fortunati coloro che vivono in con­formità a questi divini insegnamenti!


 


Lo spirito di superbia.


L'amor proprio, o l'alta stima che cia­scuno sente di sé, fa sempre capolino e bisogna vigilare per non restarne vit­tima.


S. Giovanni Bosco confessa lui stesso di aver sentito nell'animo fin dalla fan­ciullezza una forte inclinazione allo spi­rito di superbia. Subito però si mise all'opera e riuscì vittorioso. Una volta potè dire in maniera lepida: Ho dovuto propormi di prendere per il collo la mia superbia, metterla sotto i piedi e cal­pestarla. -


Lo spirito di superbia porta ad es­sere ambiziosi, presuntuosi, vanitosi e rende ribelli all'autorità, per cui non si sopporta di stare soggetti ad altri e, quando lo si è costretti, internamente ci si rode. Veniamo ora alle particolari manife­stazioni della superbia.


 


I pensieri.


Il superbo nella sua mente ingran­disce i propri meriti e si gonfia come un pallone. Crede di essere qualche cosa di grande e perciò guarda dall'alto in basso, studiando i mezzi per eccellere sempre.


Se il superbo riceve un'offesa o una mancanza di riguardo, non sa darsi pace. Pensa e ripensa il torto ricevuto e con­cepisce desideri di vendetta. - A me fare questo affronto? ... Trattare in tal modo me, che ho tanti meriti? ... Ah! questo è troppo! - In preda a tali sen­timenti, perde la pace del cuore.


 


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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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