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SALMO 1 Commento tratto dalla serie "Il tesoro di Davide" di C.H. Spurgeon

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2018 09:38
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14/12/2017 10:00
 
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V. 1. In ebraico la parola beato è espressa al plurale, ashrey (beatitudini), cioè ogni beatitudine è eredità di quell’uomo che cammina in direzione opposta a quella dei peccatori. È come se si volesse dire: «Tutto va bene per quell’uomo che...». Perché stare lì a discutere e a trarre vane conclusioni? Se un uomo ha trovato la perla di grande valore, ama la legge di Dio e sta lontano dagli empi, e ogni beatitudine gli appartiene. Se, però, egli non ha trovato questo gioiello, pur cercando di ottenere ogni beatitudine, non la troverà! Questo perché come tutto è puro per i puri, così ogni cosa è amabile per chi ama e ogni cosa è buona per chi è buono; e, universalmente, come tu sei in te stesso, tale sarà anche Dio per te, sebbene egli non sia una creatura. Egli è perverso con i perversi e santo con i santi; per questo nulla può essere utile per salvezza di chi è malvagio. Nulla è dolce per colui al quale la legge di Dio non è dolce. La parola consiglio qui è senza dubbio da interpretare nel senso di decreti e di dottrine, dato che non esiste società umana che non sia formata e preservata da decreti e da leggi. Davide, però, con questo termine, colpisce l’orgoglio e la temerarietà degli empi. Lo fa prima di tutto perché essi non si umilieranno giammai a camminare sulla via del Signore, ma vorranno governare sé stessi secondo i propri consigli, e poi perché si tratta di ciò che essi considerano la sapienza e la via che a essi pare essere senza errore. Questa, infatti, è la condanna degli empi: il loro considerarsi saggi e stimarsi, rivestendo i loro errori in foggia di sapienza e di giusta via. Se, infatti, essi si presentassero agli uomini in foggia d’errore, non sarebbe segno di beatitudine, non camminare con loro. Davide qui non dice: «nella follia degli empi», o «nell’errore degli empi». Così facendo, egli ci invita a guardare attentamente ciò che è giusto solo in apparenza. Il diavolo, infatti, si traveste da angelo di luce per sedurci con la sua astuzia. Il Salmista, poi, mette in contrasto il consiglio degli empi con la legge del Signore, affinché possiamo imparare a guardarci dai lupi in veste d’agnello, che sono sempre pronti a dare consigli a tutti, a fare da maestri a tutti, e a offrire a tutti assistenza, mentre sarebbero i meno qualificati a farlo. Il termine si fermano rappresenta in modo descrittivo la loro ostinazione, il loro “collo duro” in cui si sono intestarditi, giustificandosi con parole di malizia, essendo diventati incorreggibili nella loro empietà. “Fermarsi”, nel modo figurativo in cui si esprime la Scrittura, significa essere fermi, fissi, com’è scritto nell’epistola ai Romani: Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piè, perché il Signore è potente da farlo stare in piè (Ro 14:4). Dal termine ebraico che indica “stare” deriva la parola “colonna”, come la parola “statua” dei latini. Questa è la scusa che gli empi utilizzano per rimanere sulle proprie posizioni: a essi pare di vivere rettamente e di brillare su tutti gli altri, nell’eterna mostra d’opere. Riguardo al termine si siede, ci si riferisce al seggio di chi insegna, di chi agisce come istruttore e maestro, come in Matteo: Gli scribi e i Farisei siedono sulla cattedra di Mosé ( Mt 23:2). Quelli che riempiono la Chiesa con le opinioni dei filosofi, con le tradizioni degli uomini e con il consiglio del proprio cervello, siedono sullo scranno della pestilenza. Essi, così facendo, opprimono coscienze miserevoli, lasciando da parte, per tutto il tempo, la Parola di Dio, che è l’unica Parola che può nutrire l’anima, può farla vivere e conservarla. Martin Lutero, 1536-1546. 
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