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PASSIONE E MORTE DI GESU' NEI 4 VANGELI

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2021 18:47
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24/10/2017 13:12
 
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Alcune donne assistono alla morte di Gesù

Alla morte in croce di Gesù assistono alcune donne, che l’hanno seguito dalla Galilea. La tradizione concorda sulla presenza di Maria di Magdala o Maddalena: Luca menziona la presenza di “tutti i suoi conoscenti” e delle “donne, che lo avevano seguito fin dalla Galilea”. Tutti questi, “da lontano”, stanno a guardare quello che succede, assieme a tutta la folla, che era venuta a vedere questo spettacolo (Lc 23,48-49). Il terzo evangelista non riporta i nomi delle donne, che assistono alla morte di Gesù, perché, a differenza di Marco e Matteo, li ha già segnalati nel racconto dell’attività itinerante di Gesù in Galilea (Lc 81-3). Anche nell’elenco lucano compare il nome di Maria di Màgdala. L’autore del quarto Vangelo racconta che “presso la croce di Gesù stavano quattro donne, due parenti anonime – sua madre e la sorella di sua madre – e altre due che si chiamano Maria: una Maria di Clèopa – moglie o madre di Clèopa – e Maria hé magadaléné. Solo nel quarto Vangelo si menziona, a parte, la presenza del “discepolo che (Gesù) amava”, posto in relazione con la madre (Gv 19,26). È l’unica presenza di un uomo tra il gruppo delle donne.
Non vi sono ragioni per dubitare dell’attendibilità di questa informazione sulla presenza del gruppo di donne parenti o discepole di Gesù. Esse possono assistere all’esecuzione capitale di Gesù senza il rischio di essere incriminate. Invece è comprensibile l’assenza dei discepoli maschi, che sono fuggiti al momento dell’arresto di Gesù. Il tentativo di Simon Pietro di seguire Gesù dentro il cortile del sommo sacerdote, con il successivo rinnegamento per paura di essere coinvolto nella sua faccenda, mostra quanto fosse pericoloso essere riconosciuto come suo discepolo.

L’assenza dei discepoli maschi alla morte di Gesù in croce è storicamente plausibile. Unica eccezione è il “discepolo amato”, che, nel quarto Vangelo, è anonimo. Anche la madre di Gesù è senza nome. Si tratta del ritratto del “vero discepolo”, che segue Gesù anche a rischio della sua vita?
Quello che nella tradizione giovannea è chiamato “il discepolo amato”, testimone qualificato e autorevole degli eventi della passione e morte di Gesù, è un personaggio reale, distinto dal gruppo dei “Dodici”, legato all’ambiente di Gerusalemme. Quando, nel racconto giovanneo, è in coppia con Simon Pietro, è chiamato ho àllos mathètés, “l’altro discepolo” (cf. Gv 20,2-8; 21,7). Nella notte dell’arresto Simon Pietro cerca di seguire Gesù «insieme a un altro discepolo» (Gv 18,15). Invece di usare la perifrasi “quello che Gesù amava”, qui si dice: «Quel discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote», e perciò può entrare con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece deve fermarsi fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, «noto al sommo sacerdote», torna fuori, parla alla portinaia, e fa entrare Pietro (Gv 18,1516). L’espressione ripetuta due volte – “noto al sommo sacerdote” –, per designare il discepolo amato da Gesù, spiega la sua presenza presso la croce di Gesù. Come nella notte dell’arresto egli può farsi vedere senza rischi perché è conosciuto nell’ambiente delle autorità del tempio, che hanno fatto catturare Gesù e l’hanno consegnato a Pilato.

La presenza del discepolo, accanto alla madre di Gesù, al momento della sua morte, offre lo spunto per riportare la sua disposizione “testamentaria” con la quale gli affida la madre. La scena ha un significato ideale per la comunità giovannea. La possibilità di stare vicino a Gesù crocifisso, trattandosi di un’esecuzione capitale sotto il controllo di un ufficiale e delle guardie, è improbabile. Più realistico è il quadro narrativo dei Vangeli sinottici, dove si dice che le donne “osservano da lontano”, anche se questo avverbio spaziale allude al Salmo 38,12: «I miei amici e i miei compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza» (cf. Lc 23,49). La presenza silenziosa delle donne al momento della morte di Gesù prepara il racconto della sua sepoltura e anticipa il loro ruolo nell’esperienza della risurrezione.


(Fonte: Gesù il “Nazareno”. Indagine storica, Cittadella 2011, pp. 749-760)
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