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ELOHIM: alieni , oppure Dio ?

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2021 12:02
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14/05/2017 18:47
 
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La falsità della seconda affermazione risulta evidente non appena si considera che per 132 pagine (e per troppe altre ancora) Biglino afferma che non ci si può fidare di nessuno, nella lettura della Bibbia, per non usciredall’interpretazione che lui ne dà. Dunque un interprete è certamente necessario, ed è lui. In effetti però “intermediatore” è meglio di “interprete”: dubito che Biglino voglia veramente fondare una nuova religione (le religioni sono cose che noi adamîm gestiamo a prezzo di fatiche sovrumane, e le sue fantasticherie sugli Elohîm dovrebbero averglielo insegnato);innegabilmente, però, egli si pone come chi offre una nuova rivelazione. Forse del nulla, dal momento che Biglino sembra foriero di una Weltanschauung nichilista, ma Biglino si pone come un mediatore.

E la prima affermazione? È vera o falsa? L’onere della prova spetta all’accusa, non alla difesa: l’accusa ha prodotto testi truccati, domande faziose, inferenze indebite, approssimazioni e minimizzazioni ad libitum… non si vede a che titolo possa chiedere che sia la difesa a rispondere. La Bibbia è stata letta da decine di secoli senza che nessuno – tra quanti l’ebraico lo parlavano agevolmente (e prima dei masoreti!) – abbia mai provato imbarazzo su quando e come tradurre Elohîm cometheós (dio) e quando tradurlo come theói (dèi). Se venti secoli dopo un italiano che ha studiato ebraico a Torino vuole convincerci che gli ebrei alessandrini dell’intetestamento non capivano quello che leggevano o che volevano perpetuare un inganno portato sul nostro pianeta da alieni di cui non sarebbe rimasto un solo reperto extratestuale oggettivo… noi ci sentiamo liberi di seppellire costui con una sonora risata.

Ma Biglino chiude il quarto capitolo con una sicumera contraddetta da quanto aveva scritto all’inizio del terzo, e la disposizione illogica delle parti (e dei modi) serve appunto per lasciare il lector simplex con un senso di fiducia nel “rivelatore” – senza omettere di indossare cautelativamente una foglia di fico da esibire ai meno sprovveduti tra i suoi lettori. Introducendo finalmente il primo dei capitoli dedicati alle questioni filologiche, il Nostro aveva infatti messo le mani avanti:

Le diatribe filologiche condotte su un singolo termine molto spesso non determinano risultati assodati e condivisi: la cosa non ci deve stupire perché le disquisizioni e le speculazioni “chirurgiche” non hanno la possibilità di produrre i risultati sperati a causa delle inevitabili incertezze connaturate alla conoscenza delle lingue antiche e per l’impiego che di queste facevano gli autori stessi i quali, a differenza nostra, non si sentivano sempre e necessariamente legati alla rigidità delle regole grammaticali.

(76)

Che dire? Nel momento in cui Biglino deve mostrarsi più solido – giacché è quello che ha promesso nell’introduzione – sfiora l’ineffabile:

[…] il prof. Garbini […] rileva che i masoreti non hanno operato su base linguistica e grammaticale, non hanno quindi scritto tenendo conto di regole precostituite, ma hanno invece operato su basi e, soprattutto, con intenti prettamente ideologici e teologici.

(Ibid.)

Al solito: l’appello a un’autorità forte, esterna e indipendente (la quale perònon sta avallando la tesi: vorrei sentirlo, Giovanni Garbini, dire con le sue labbra che Elohîm non significa “dio”), il generico richiamo alla difficoltà della ricerca da condurre, il vaso di Pandora additato nei fantomatici “intenti prettamente ideologici e teologici”… e potremmo risparmiarci di sfogliare le pagine seguenti: Biglino non può documentare che Elohîm significa ciò che vorrebbe darci a intendere. Non può perché la sua è una pura invenzione fantascientifica, che imbastisce una trama di ipotesi non verificabili su un ordito di argumenta ex silentio. Niente di più lontano da qualunque criterio di esegesi rigorosa. D’altronde

[…] spesso queste regole non esistevano neppure: sono il frutto dell’elaborazione che i grammatici moderni hanno condotto a |posteriori e purtroppo talvolta anche sotto il condizionamento, più o meno consapevole, determinato dal substrato culturale teologico indissolubilmente connesso con il cosiddetto “libro sacro”.

(76-77)

Ecco qui: il testo biblico è una trappola diabolica ordita dagli alieni, e basta leggerlo per rendersene conto; però bisogna leggerlo in un modo diverso da come fanno tutti gli altri, perché gli altri sono caduti nella trappola dell’alieno. E però alla fine sarebbero i teologi a fare petizioni di principio!

 

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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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